XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 179 di martedì 25 febbraio 2014

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

La seduta comincia alle 10,05.

ANNALISA PANNARALE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 20 febbraio 2014.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Leone, Orlando e Sisto sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente trentasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione sulle comunicazioni del Governo (ore 10,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sulle comunicazioni del Governo.

(Discussione)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Governo.
È iscritto a parlare il deputato D'Ottavio. Ne ha facoltà.

UMBERTO D'OTTAVIO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, nel suo discorso di insediamento lei ha posto al centro il tema dell'istruzione, il tema della scuola e il tema dell'edilizia scolastica. Anche questa è una scelta coraggiosa, non perché originale, ma per il fatto che tutti dicono che la scuola e l'istruzione sono importanti, ma poi non ci sono mai le condizioni per fare il salto di qualità, per raggiungere almeno la media europea.
In questo senso le attese verso questo Governo, verso il suo Governo, sono forti, ma non per mancanza di consapevolezza sulle difficoltà che sono reali, sono forti per la volontà di ridare dignità al nostro sistema di istruzione, al nostro sistema pubblico di istruzione.
Per questo mi permetto di ricordare che le nostre scuole prima di tutto devono essere aperte e pulite. Mai forse frase fu più infausta di quella dell'onorevole Gelmini, quando disse che ci sono più bidelli che carabinieri. Oggi non ci sono bidelli a sufficienza e, dove le pulizie e la custodia sono state appaltate, si sta rischiando fra pochi giorni di lasciare sulla strada migliaia di lavoratori delle cooperative sociali.
Un intervento urgente in questo senso è necessario e sarebbe un bel segnale di attenzione verso il mondo della scuola, che ormai, signor Presidente, alla parola riforma associa la parola tagli. Dobbiamo uscire da questa situazione. La nostra scuola ha bisogno di cambiare, ha bisogno di spendere meglio e in modo più efficace le risorse, ha bisogno di più risorse, perché l'istruzione è il migliore investimento che un Paese può fare per i giovani.Pag. 2
Per questo sono necessarie innanzitutto parole chiare per gli insegnanti. Abbiamo bisogno di rinnovare il contratto per gli insegnanti, abbiamo bisogno di lasciare andare in pensione molti insegnanti, abbiamo bisogno di assumere nuovi e più giovani insegnanti.
Lei poi ha centrato molto l'intervento sul tema dell'edilizia scolastica e vi ha posto l'accento in modo molto forte. La VII Commissione della Camera ha concluso l'indagine conoscitiva sull'edilizia scolastica. Accanto ai tragici dati sullo stato dei 40 mila edifici, di cui il 50 per cento ha bisogno di interventi di messa a norma e ci sono circa 10 mila edifici che sarebbe meglio sostituire, abbiamo potuto constatare che, grazie ai comuni, soprattutto grazie al lavoro dei sindaci, degli amministratori locali, abbiamo anche sparse sul territorio scuole bellissime, sicure, con spazi adeguati, addirittura autosufficienti energeticamente, così come dovrebbero essere tutte le scuole.
Io credo che, da questo punto di vista, sia necessaria un'inversione di tendenza e considerare l'edilizia scolastica il principale investimento anticiclico che il nostro Paese possa fare. Si è parlato della possibilità di aprire 5 mila cantieri. Questi 5 mila cantieri potrebbero essere veri, perché potrebbero dare lavoro a molte imprese locali, a molti artigiani. Potremmo fare un'operazione enorme.
Io credo che sarebbe ora di farla e vedo l'esempio che è stato dato con il decreto sull'istruzione, dove, per la prima volta, si è proceduto a un'inversione rispetto agli investimenti per la scuola. Ho trovato molto interessante – lo dico alla Ministra Giannini, soprattutto, che mi sta ascoltando – la decisione, cui bisogna dare seguito, di aprire un mutuo di 40 milioni di euro per 30 anni, in modo da poter mettere a disposizione dei comuni, già quest'anno, 850 milioni per l'edilizia scolastica.
Ma avremo modo, signor Presidente, signori Ministri, di fare tante cose, perché la scuola ha bisogno di parole tranquille, la scuola ha bisogno di investimento, la scuola ha bisogno di essere conosciuta da tutti noi come l'investimento più importante per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Biancofiore. Ne ha facoltà.

MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, mi consenta di dirle, apertis verbis, da parte di una che non può certo essere sospettata di «inciucismo», che lei è gagliardo, aggettivo che farà sobbalzare i grigi cantori dell'ammuffito cerimoniale verbale di palazzo; considerazione a titolo personale, che mi è venuta spontanea dopo avere ascoltato il suo discorso, ieri, al Senato, da sindaco d'Italia. Anche se si sta nell'altra metà del mondo, credo che ammettere il valore dell'avversario sia non solo segno di maturità politica e umana, ma sarebbe bello diventasse un must della nuova frontiera della politica italiana.
Lei lo ha fatto con noi, lei ha saputo riconoscere la credibilità istituzionale, il valore politico e il consenso del nostro leader Silvio Berlusconi, e di questo le siamo grati, anche perché non deve essere stato facile superare indenni lo shock scatenato all'interno del PD per avere semplicemente fotografato la realtà. Lei è gagliardo perché, a differenza dei plurimi leader della sinistra che si sono avvicendati negli anni, battuti sistematicamente nelle urne da Silvio Berlusconi, non è radical-chic e parla alla pancia del Paese, invita alla speranza e alla positività dopo la triste compostezza che caratterizzava i due precedenti euro Premier.
È gagliardo perché, come noi di Forza Italia, è chiaramente ispirato dall’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam, appartiene, come noi, alla generazione Apple di Steve Jobs, che raccomandava ai giovani, per l'appunto, «restate affamati, siate folli». Lei è gagliardo perché sembra – sottolineo, sembra – crederci a quello che dice e a quello che intende fare. Sembra che la sua sia autentica passione per il Paese.
Al Matteo Renzi descritto fino ad ora, quello che si assume la responsabilità Pag. 3dell'eventuale fallimento, quello coraggioso, quello che, come noi, ha individuato nella burocrazia italiana il vero freno allo sviluppo, quello che osserva e sa cogliere le difficoltà della vita di padri, madri, bambini e imprese, quello che inneggia all'educazione e ricostruirebbe le scuole, quello che marcia spedito sulle riforme istituzionali, che urla disperato le potenzialità dell'Italia, sperando che tutti bacino la «bella addormentata nel bosco», quello che, giustamente, ha detto che non va di moda in questa società chiedere la fiducia e che lei la chiede per cambiamenti immediati e radicali, quello che, per la prima volta, non ha fatto il manuale Cencelli del suo discorso, sotto dettatura dei partitini della variegata maggioranza, io, a quell'uomo, Matteo Renzi, la fiducia la darei.
Ma a Matteo Renzi come persona, non alla sua maggioranza, che è minoranza nel Paese, perché quell'uomo sembra promettere di governare con lo stesso approccio per il quale io, a 23 anni, ho deciso di scendere in campo accanto al presidente Berlusconi, impegnandomi per cambiare il mio Paese, per governare la cosa pubblica semplicemente seguendo la regola più sana possibile: farsi guidare dal comune senso di giustizia dei cittadini.
Ma qui si fermano i complementi, Presidente, perché, con la medesima sincerità, le devo dire che da lei mi aspettavo di più. Mi aspettavo che andasse oltre il coraggio, che potesse sfiorare l'eroicità. Mi aspettavo che trionfasse laddove Letta ha completamente fallito, il che avrebbe giustificato il cambiamento, la staffetta e la mancata restituzione della parola agli elettori, che sono le uniche mosse che non è ancora riuscito a chiarire agli italiani, e la cosa non le rende onore, perché oggi il suo Governo è composto, in larga parte, da quegli esponenti che hanno contribuito all'insuccesso del Governo Letta.
Mi aspettavo che Matteo Renzi, che dice molte verità agli italiani, ne dicesse una più vera delle altre, ovvero che all'Italia a rischio default, dove il 90 per cento dei comuni, ai quali lei fa spesso riferimento, sono in bancarotta perché hanno comprato derivati dalle banche, serve un vero Governo politico, bipartisan, di Grosse Koalition, alla tedesca, per riscrivere le regole dalla base, per debellare la burocrazia, per tagliare le tasse, per far fronte all'Europa, per dare lavoro ai cittadini, per far rifiorire le imprese e anche per proteggerla, Presidente; una Grosse Koalition il cui primo obiettivo non sia, come è stato per Letta, annientare quel Berlusconi grazie al quale è arrivato, suo malgrado, al Governo del Paese, ma scrivere, con Forza Italia, le regole di una nuova Italia, quella non rimandabile.
Non mi aspettavo, Presidente, che il Governo di Matteo Renzi fosse sostenuto da una somma di micro partiti dello «zero virgola», composti di plurimi «voltagabbana» pronti a taglieggiarla ad ogni incarico e capriccio.
Vede, Presidente – vado concludendo –, si parlava prima di comune senso di giustizia. Il comune senso di giustizia, Presidente, lo deve anche attuare quando si tratta delle singole regioni. Lei sa perfettamente che nella riforma elettorale predisposta insieme al presidente Berlusconi c’è da sanare una palese ingiustizia e una inspiegabile disparità di trattamento in favore del partito Südtiroler Volkspartei, che ha lo 0,40 per cento nazionale, rispetto ai partiti che saranno sotto il 4,5 per cento nazionale.
A un giovane che si è ripromesso di cambiare radicalmente il sistema non può sfuggire l'importanza di questo passaggio. Nell'Italicum, infatti, un sistema elettorale diametralmente opposto al sistema scritto per il resto d'Italia, per le sole regioni Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta, è presente un solo...

PRESIDENTE. Concluda.

MICHAELA BIANCOFIORE. Concludo, Presidente. In Italia, infatti, si voterà con un sistema proporzionale con collegi piccoli e liste corte; in Trentino-Alto Adige con il Mattarellum, ovvero con un sistema maggioritario con collegi uninominali, il tutto con il puro scopo di favorire un solo partito – come si diceva – con lo 0,40 per cento nazionale.Pag. 4
Non c’è un solo motivo, uno, Presidente, che giustifichi una simile disparità e ingiustizia per il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta, a discapito della comunità italiana dell'Alto Adige.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Biancofiore.

MICHAELA BIANCOFIORE. Infatti, nell'Italicum, come già nel Porcellum, è prevista la clausola di salvaguardia per le minoranze linguistiche del 20 per cento, che garantisce la rappresentanza. Mi auguro che il suo cambiamento si veda anche da queste piccole cose che caratterizzano la coesione e l'identità alle quali lei fa riferimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mauro Ottobre. Ne ha facoltà.

MAURO OTTOBRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati della Südtiroler Volkspartei, del partito autonomista trentino tirolese voteranno la fiducia al suo Governo, come ribadirà in dichiarazione di voto il collega Alfreider. Condividiamo le priorità indicate per l'azione di Governo e il ruolo che ha scelto di avere in ordine alla riforma della legge elettorale e alle riforme costituzionali.
La nostra convinzione, signor Presidente, è che la prospettiva del suo Governo possa essere la conclusione naturale della legislatura, a condizione che il percorso costituente sia segnato da scelte e riforme e non da logiche da rinvio. Occorre in tempi urgenti una nuova legge elettorale, sulla base degli accordi raggiunti, ed è ragionevole aver collegato la sua entrata in vigore alla riforma costituzionale che intende superare il bicameralismo paritario.
Come autonomie, giudichiamo importante che le istanze e la rappresentatività delle minoranze linguistiche siano riconosciute e salvaguardate. La riforma del Senato, con l'introduzione di una Camera delle autonomie, che sia non elettiva ma direttamente espressione della realtà territoriale, e la riforma del Titolo V devono concorrere – a nostro giudizio – ad ampliare la nostra sfera di autonomia, in primo luogo con la trasformazione delle competenze concorrenti in competenze primarie.
Dall'inizio della legislatura, come autonomie, abbiamo condiviso un percorso di dialogo e di collaborazione con il Governo centrale ai fini di una riduzione del contenzioso in atto, assumendo ulteriori competenze e rafforzando così il nostro autogoverno, senza oneri per lo Stato e contribuendo al risanamento dei conti pubblici.
Siamo consapevoli della profonda emergenza economica e sociale e giudichiamo urgente che il Governo adotti misure di forte riduzione del cuneo fiscale, intervenendo su IRAP e oneri sociali e con detrazioni IRPEF, e prosegua nelle politiche di revisione della spesa, al fine di recuperare risorse per una significativa riduzione delle tasse sul lavoro e sulle imprese. Occorre sostenere le imprese sane che devono poter essere competitive sui mercati, anche in ragione di interventi di semplificazione degli adempimenti in materia fiscale e tributaria e attraverso l'adozione di procedure più efficaci e semplificate. La condizione delle piccole e medie imprese è oggi di una gravità assoluta. Interventi a loro favore, dunque – prioritaria la riduzione delle tasse sul lavoro – dovranno ricondurle in una prospettiva di crescita.
Come autonomie, guardiamo all'Europa e riteniamo che questa deve essere la visione del Governo, se pensiamo, ad esempio, ai necessari progetti infrastrutturali, ai fondi strutturali europei che devono essere destinati ad innovazioni e nuovi investimenti, in particolare nei settori altamente qualificati, se ragioniamo seriamente in merito alle politiche di crescita. Non vi sono alternative a tali priorità né sarebbero tollerati dal Paese ritardi ed errori.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marguerettaz. Ne ha facoltà.

RUDI FRANCO MARGUERETTAZ. Signor Presidente, come rappresentante Pag. 5della minoranza linguistica della Valle d'Aosta vorrei innanzitutto ringraziarla, signor Presidente, per l'attenzione che ha dimostrato nei nostri confronti, ricevendoci nella fase delle consultazioni. In quel frangente, come pure nell'illustrazione del suo programma ieri, al Senato, abbiamo condiviso con lei la necessità e le urgenze che ha indicato per il Paese e che ha voluto illustrare usando parole molto forti. Lei ha parlato di cambio di passo, di svolta, di cambiamento radicale nelle politiche economiche.
È inutile negarlo, lei sta creando molte aspettative fra gli italiani, perché ha messo al centro del suo programma riforme che da troppo tempo attendono di essere attuate. Credo sia evidente a tutti che il lavoro, il fisco, l'abbattimento dell'eccessiva burocrazia siano punti decisivi per la ripresa del Paese. Sotto questi aspetti, come parlamentari valdostani, non faremo mancare il nostro contributo.
Signor Presidente, lei è oggi qui per chiedere ai deputati il voto di fiducia. A nostra volta, esattamente un anno fa, noi abbiamo chiesto la fiducia agli elettori e gli elettori valdostani, scegliendo il sottoscritto ed il senatore Laniece, hanno sostenuto il nostro programma, che metteva al centro di ogni rapporto con il Governo il riconoscimento e la tutela del nostro particolarismo, che si esplicita nel nostro Statuto speciale.
Ora questo riconoscimento e questa tutela andranno incontro ad un momento decisivo, che è la riforma del titolo V della Costituzione.
Come ho già avuto modo di dire in altre sedi, sotto questo aspetto lei ci ha rincuorati, garantendoci che le riforme non intaccheranno la nostra autonomia speciale.
Come ricorderà, le abbiamo chiesto che in questa fase si inserisca il principio dell'intesa, a definitiva tutela della nostra specialità.
Tuttavia, sulla riforma del titolo V si gioca una partita decisiva non solo per la Valle, ma per tutto il Paese.
Il nuovo ordinamento dello Stato potrà avvenire sotto due direzioni antitetiche: l'una che si richiama ad una visione centralista, l'altra che vede nel principio di sussidiarietà la strada da seguire. Noi crediamo fortemente alla seconda, che è alla base del nostro pensiero federalista.
Vede, signor Presidente, per noi essere federalisti non vuol dire avere un'ideologia astratta, ma nasce dall'esperienza, dall'esperienza di autogoverno che la Valle d'Aosta ha potuto esercitare in questi anni, un'esperienza che ci fa dire che più il potere di Governo è affidato ai territori, migliori sono le risposte che si riescono a dare a chi in quei territori abita.
E, a proposito di risposte, sono ancora tante quelle che i valdostani attendono.
Avevamo iniziato con il Governo precedente, in modo particolare con il Ministro Delrio, un percorso che vorremmo non si interrompesse.
Ma prima di entrare nel merito delle problematiche, vorrei fare una proposta, signor Presidente: lei ha giustamente accompagnato il suo programma con dei tempi precisi, soprattutto per quelli che saranno i suoi primi mesi di Governo.
Ora, perché non pensare di applicare lo stesso metodo, il cronoprogramma, anche per le esigenze delle autonomie speciali ?
Potremmo così organizzare meglio il nostro lavoro e darci delle priorità.
La sola tempistica fissata dalla legge di stabilità, per quando ci riguarda, è il mese di giugno di quest'anno, data in cui dovrebbero passare alla regione competenze e risorse per la gestione del servizio ferroviario.
Ora su questo tema c’è un'urgenza inattesa: è di questi giorni, infatti, la notizia che Trenitalia taglierà, a partire dal 2 marzo prossimo, il 50 per cento delle corse tra Aosta e Torino e il 70 per cento delle corse tra Aosta e Pré-Saint-Didier.
Chiediamo con forza che il Governo intervenga per evitare questa ulteriore penalizzazione ai tanti disagi che già subiscono i pendolari e gli studenti valdostani.
Chiediamo anche, tra le urgenze, che si concluda con la firma del Ministro l'accordo sul patto di stabilità 2013, per poi iniziare immediatamente dopo gli incontri per definire l'accordo sul patto 2014.Pag. 6
Su questo tema ci auguriamo anche che il nuovo Governo prosegua sulle impostazioni concordate con il Ministro Delrio per far nascere un tavolo delle autonomie speciali dove si trovino altri criteri nel riparto della spending review, attualmente decisamente troppo iniqui nei confronti della nostra regione. Si costituisca, poi, la commissione paritetica che attende ancora la nomina dei rappresentanti di parte governativa e si dia seguito alle tante norme di attuazione che attendono da troppo tempo di essere promulgate.
Ecco, Presidente, lei ha parlato di un cambio di passo, un cambio di passo che noi ci auguriamo ci sia anche nei confronti delle autonomie speciali e in particolare di quella Petite Patrie, come noi valdostani amiamo chiamare la nostra terra. È su questo che la misureremo, è su questo che ci misureremo, accordandole oggi la fiducia sulla parola, ma riservandoci di rinnovargliela o meno sui fatti. Del resto, sarà così per tutti. Lei ha lanciato una grande sfida, si è fatto carico di una grande responsabilità assumendosi in prima persona la colpa di un eventuale fallimento. Ora noi tutti la attendiamo alla prova dei fatti. Buon lavoro, Presidente Renzi, a lei e a tutto il Governo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, come capogruppo del Nuovo Centrodestra, a nome di tutto il nostro gruppo, le faccio un grande in bocca al lupo per la sua esperienza di Governo. Se farà bene lei, sarà il Paese a trarne i benefici maggiori, saranno gli italiani ad uscire dalla crisi, sarà la credibilità dell'Italia a riaffermarsi. Restituire fiducia ai cittadini è una sfida difficile che ha un presupposto essenziale e lei questo l'ha percepito molto bene. Il presupposto è quello di calarsi nei problemi, comprendere le difficoltà, le sensibilità e le sofferenze di ciascuno, lavorare non solo sui freddi bilanci, sulle cartine geografiche, sui progetti astratti, ma considerare il paziente nella sanità, l'allievo nella scuola, l'utente nei servizi pubblici, l'imputato o la parte nei tribunali, il volontario nella piccola associazione, l'operatore delle forze dell'ordine, l'artigiano, subissato di controlli, il commerciante che trepida perché perde clienti; e tutti costoro, e tanti altri, considerarli non numeri, non meri numeri, ma persone che vivono momenti di travaglio, di preoccupazione. Pensiamo a cosa significa per un innocente o per un creditore rimanere impigliato in un sistema giudiziario che ti risponde a distanza di anni. Sono depressioni, sono famiglie che si sgretolano, sono nervi che cedono, sono sorrisi che si spengono. E le statistiche non danno alcun riscontro di queste trepidazioni e di queste sensazioni.
Gli italiani, Presidente, tutti sono disponibili ai sacrifici e alle rinunce se vedono che lo Stato si mette a dieta, che la politica torna con i piedi per terra. E restituire la fiducia ai cittadini significa amministrare la nazione come un buon padre di famiglia; significa spendere ogni risorsa con parsimonia ed attenzione. Lo spreco e la spesa inutile non hanno colore politico. Lo spreco è trasversale. Lo spreco è soprattutto figlio delle troppe leggi che ci sono nel nostro Paese. Non siamo più in condizione neanche di contarle queste leggi che abbiamo in Italia. Abbiamo il professor Cassese che ci dice che sono 50 mila atti aventi forza di legge. Ci sono norme talvolta desuete, talvolta non più vigenti, che si intersecano tra loro e generano confusione e indeterminatezza. A queste si accompagnano migliaia di atti secondari che ormai è impossibile contare. Ma le troppe leggi che abbiamo, le migliaia di leggi che abbiamo, determinano quattro effetti gravissimi e vorrei che il Governo su questo facesse una riflessione. Primo effetto del grande numero di leggi e della grande burocrazia: rendono i dirigenti pubblici i veri padroni della macchina amministrativa. Solo loro sanno orientarsi in questo ginepraio di norme; nessuno può sapere se quello che fanno è corretto oppure no. Quindi, impossibilità assoluta del controllo, non solo giuridico, ma anche sociale.Pag. 7
Il funzionario diventa il vero dominus, il cittadino è suddito, il terreno è fertile per processi di prevaricazioni e anche talvolta di corruzione.
Secondo effetto delle troppe leggi del nostro Paese: la spesa pubblica che aumenta a dismisura. Ogni nuova legge crea strutture, direzioni generali, divisioni, uffici, spese di rappresentanza, spese per chi deve fare i controlli, per i beni e i servizi necessari, fossero solo anche fotocopiatrici o telefoni, spese per pubblicazioni, per celebrazioni, per viaggi, per benefit. Nascono le società pubbliche, quelle pubblico-private in cui il privato guadagna e il pubblico ci perde, ma se qualcuno ci guadagna, ci guadagna solo il privato. Si moltiplicano le poltrone, i gettoni, gli interessi e i consulenti.
Terzo effetto del grande numero di leggi del nostro Paese: un effetto zavorra per le imprese, ore ed ore dedicate ad adempimenti burocratici, a cercare di capire e spesso, nonostante l'impegno, a sbagliare. Lei girerà l'Italia: si metta nei panni dell'artigiano, del piccolo imprenditore che spesso è aiutato soltanto da moglie e figli che deve spendere per consulenti, oltre a sottrarre tempo dal suo lavoro per sbrigare le pratiche. Se in un settore entra in vigore una nuova norma, sarebbe bene che fosse chiara ed intelligibile. Prenda un provvedimento a caso, un provvedimento qualunque ed osservi quanti richiami ci sono: «vista la legge», «visto il regolamento ministeriale», «vista l'ordinanza», «vista la legge regionale», «visto il provvedimento europeo», norme che il semplice imprenditore senza consulenti non è in grado di comprendere. Lei pensi che un anno di Gazzetta Ufficiale cartacea conta 74 mila pagine. Ma come possiamo, come può il cittadino orientarsi in questo ginepraio ? Dobbiamo semplificare.
E le cito il quarto effetto di questa burocrazia. Il quarto effetto è quello per cui l'Italia, su 38 Paesi censiti in Europa, è il quarto Paese in termini di litigiosità. Ma siamo litigiosi perché troppe norme generano contenzioso. Ogni norma consente ad ogni cittadino di poter trovare l'appiglio per cercare di far valere le proprie ragioni anche quando queste ragioni non le ha.
Magari nel nostro Paese ci fossero meno norme, ci fosse un disboscamento ! Oggi la legge la fa la giurisprudenza. Noi abbiamo 50 mila leggi, ma chi decide sono i giudici con la giurisprudenza. Come vede, Presidente, ho voluto insistere su un terreno poco percorso in questo dibattito e nel dibattito che c’è stato ieri al Senato ma ho voluto toccare un aspetto che lei ha evidenziato nei suoi punti programmatici anche nell'ambito del cronoprogramma. Abbattere la burocrazia e soprattutto cercare di guardare con lungimiranza quando premiamo il bottone verde approvando una norma di legge: dobbiamo capire se questa norma di legge genera spesa, genera difficoltà, genera intrecci con altre normative; se attraverso questa legge si abrogano le leggi precedenti o si aggiunge a leggi precedenti, se questa legge è intelligibile per il cittadino che vuole cercare semplicemente di comprenderla oppure no. Ecco io penso che questo sia il nostro modo per affermare la presenza al Governo, il nostro modo per essere liberali.
Ebbene, il Nuovo Centrodestra la sosterrà, la sosterrà con convinzione, la sosterrà cercando di portare al Governo alcuni valori che sono essenziali nel nostro DNA e nella nostra storia liberale. Quali sono questi valori ? Sono la concorrenza, la competenza, il merito, il mercato, il profitto, il rigore nella spesa, la tutela del risparmio, la difesa del patrimonio, l'equità fiscale, il rispetto del «signor cittadino», la famiglia, le privatizzazioni, l'impresa, l'unità nazionale e la patria. Ebbene, con questi valori, attraverso questi valori, cercando sempre di tenere come punto di riferimento quella che è la nostra storia e le ragioni per cui siamo nati il 2 ottobre. Pensi, signor Presidente del Consiglio, ripensi a quel film Sliding Doors laddove per una mera coincidenza si possono generare destini diversi. Pensi se il Nuovo Centrodestra, il 2 ottobre, avesse fatto una scelta diversa, non avesse avuto il coraggio della scelta, il coraggio della decisione. Cosa sarebbe oggi il nostro Pag. 8Paese ? Forse saremmo in una campagna elettorale con una legge elettorale che è appena stata dichiarata incostituzionale. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra) !

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Nicola Fratoianni. Ne ha facoltà.

NICOLA FRATOIANNI. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, per motivare la nostra sfiducia al suo Governo potrei concentrarmi sulle molte, sulle troppe parole che non ha pronunciato o sulla visione che non ci ha descritto. Voglio, invece, discutere di quello che ha detto, perché, signor Presidente, è da lì che muove innanzitutto il nostro giudizio, come la scelta di partire dalla scuola, e ne siamo contenti. Pensiamo anche noi che la scuola, la formazione, la ricerca, siano e debbano essere l'architrave di un'altra idea di Paese. Tuttavia, glielo voglio dire, siamo rimasti un po’ colpiti quando, dopo aver giustamente annunciato un piano di rilancio dell'edilizia scolastica, ci ha spiegato che è necessario ridare dignità al ruolo educativo degli insegnanti e delle insegnanti italiane, ma ha aggiunto che per farlo non servono risorse, investimenti e riforme, quanto, più urgentemente, un cambio di forma mentis. Beh, io credo che dovremmo andarci piano con le parole, ricordando anzitutto che per ridare dignità al ruolo sociale della funzione educativa servirebbe dare ai nostri insegnanti, alle nostre insegnanti, anche uno stipendio europeo. Ridare dignità significa anche ridare riconoscimento e significa anche partire dal racconto di quello che è stata la scuola in questi anni. Forse lei, Presidente del Consiglio, non lo ha fatto perché nel suo Governo, seduto accanto a lei, c’è chi, protagonista di un altro Governo, ha partecipato alla più grande, gigantesca sottrazione di risorse pubbliche alla scuola e al sistema dell'istruzione: 8 miliardi di euro, negli anni scorsi, sono stati sottratti a questo settore cruciale; forse perché con lei, nella sua maggioranza, c’è chi è stato protagonista di una riforma, la riforma Gelmini, che ha umiliato in profondità il valore sociale della scuola e dell'istruzione.
Poi è passato a descrivere il dramma della disoccupazione, dell'impoverimento generalizzato. Ci ha raccontato di un suo amico che ha perso il lavoro, di un suo amico come l'amico di tanti, di tanti italiani che ogni giorno vivono questa disgraziata condizione disperante, ma ha omesso di dirci qualcosa sulle cause di quella condizione, sul perché quel suo amico, come l'amico di tanti, di tanti italiani, quel lavoro lo ha perso. Non ci ha detto una parola sulle scelte politiche che conducono alla crescita strutturale della disoccupazione, sulle politiche di austerità, sul sistema di impresa troppe volte poco coraggioso che prende i soldi pubblici e delocalizza in nome di un'idea della competitività fondata sulla riduzione del costo del lavoro invece che sull'innovazione. Forse, signor Presidente, non l'ha fatto perché nel suo Governo c’è chi, sul terreno delle delocalizzazioni, ha qualche esperienza.
E poi, ci ha raccontato che i diritti per lei sono il terreno privilegiato della mediazione, del compromesso, ci ha insomma riproposto una vecchia storiella, quella che il meglio è nemico del bene. No, signor Presidente, non siamo proprio d'accordo: i diritti o sono interi o non sono. I diritti non sono il terreno privilegiato della mediazione; sono sì, nel suo Governo, quello di una riproposizione delle larghe intese, il terreno di un compromesso, di un ulteriore cedimento, sono il terreno di un nuovo rinvio. Ha provato a dirci che non abbiamo ottenuto avanzamenti perché abbiamo chiesto troppo: non è vero ! Non abbiamo attenuto avanzamenti, e il nostro Paese vive una condizione insopportabile di arretratezza, perché in questi anni, sul terreno dei diritti civili e dell'uguaglianza per le coppie di fatto, per i migranti e per i nuovi italiani, abbiamo sempre chiesto troppo poco, non troppo.
E poi, signor Presidente, ci ha detto – siamo d'accordo – del problema della crescita che non c’è e dell'eccesso di burocrazia, della lentezza della pubblica amministrazione e della giustizia civile, ma Pag. 9non una parola sul ruolo delle oligarchie, degli abusi di potere, sulla grande finanza, sull'imperio dei mercati.
Non una parola sullo strapotere di troppe poche grandi aziende che stritolano quelle piccole e innovative, non una parola sui giganteschi conflitti di interesse che dividono gli italiani in cittadini di serie A e cittadini di serie B, forse ancora una volta perché di conflitti di interesse è pieno il suo Governo.
E poi, Signor Presidente, in quello che non ci ha detto abbiamo cercato, con gli strumenti che abbiamo, di rintracciare un'idea generale, un punto di vista, e forse lo abbiamo trovato in quel lungo saggio che Repubblica ha pubblicato, il suo contributo alla riedizione di un libro molto importante di Norberto Bobbio, che esce di nuovo in questi giorni, e lì, sì, forse lì abbiamo trovato un'idea, uno sguardo complessivo. In quel contributo lei spiega al Paese – perché oggi è al Paese che parla nella sua nuova veste – che, in fondo, nella coppia destra-sinistra è necessario fare qualche aggiornamento e che il tema della disuguaglianza non può esser più preso a riferimento di una distinzione che ci aiuta ad orientarci nel tempo presente. Ci ha spiegato che oggi la questione è tutt'altra, si muove su una dicotomia temporale, quella dell'innovazione contro la conservazione, dell'avanzamento contro la stagnazione. Ebbene, Signor Presidente, per la Sinistra, per le forze democratiche di questo Paese, l'innovazione, la modernizzazione, l'avanzamento contro la stagnazione e la conservazione hanno sempre coinciso in modo indissolubile con l'idea che a quella parola si affiancasse l'idea di un miglioramento nelle condizioni di vita, In questi anni è successo il contrario: tutte le volte che si è parlato di innovare, di modernizzare, quel che abbiamo visto è stato il peggioramento delle condizioni di vita. Siamo cresciuti in un Mondo in cui una certezza ce l'avevamo, e cioè che i figli avrebbero avuto un futuro migliore dei padri, anche quando nascevano in una condizione di svantaggio, perché il lavoro, la scuola avrebbero consentito di arrivare e di giungere ad una condizione migliore. Oggi questa storia si è rovesciata, oggi abbiamo un'intera generazione condannata a vivere nell'eterno presente, condannata dalla precarietà e da una gigantesca diseguaglianza a non poterlo neanche immaginare il futuro a cui lei spesso allude. E allora, signor Presidente, è questa visione che ci preoccupa un poco. Oggi la crisi drammatica che vive l'Europa, che vive il nostro Paese, è insieme la causa e l'effetto di una gigantesca disuguaglianza. Oggi innovare, guardare al futuro, mettere in campo il coraggio significa innanzitutto ricostruire la condizione di un'eguaglianza frantumata, ricostruire nell'eguaglianza delle opportunità un'idea di merito che non sia la selezione darwiniana del più forte contro il più debole.
Infine, Signor Presidente, ed ho concluso, abbiamo a lungo provato a capire in questi giorni, in queste ore, quale fosse la ragione di fondo di quello che è successo nel nostro Paese, perché – vede – lei non ce lo ha detto quale fosse il motivo per cui improvvisamente anche qui, in un singolare rovesciamento della sua narrazione, lei avesse deciso di prendere il posto di Enrico Letta, di venire qui, di prendere il posto di un Governo che noi abbiamo osteggiato, al quale ci siamo opposti, di venire a Palazzo Chigi, abbiamo faticato a capirlo. Lei forse ieri ce lo ha chiarito. Quel Governo che noi abbiamo osteggiato aveva dichiarato le larghe intese come la necessità in un contesto di emergenza, una necessità a tempo, una necessità che noi avevamo comunque giudicato sbagliata perché incapace di rispondere ai problemi del Paese. Lei ieri ci ha detto che le larghe intese, che oggi presiede in questo Governo, non sono più una necessità a tempo, sono la condizione strutturale di un Governo che ha come orizzonte la legislatura. Questo, Signor Presidente, insieme alle cose che ho detto fino ad adesso, è il motivo principale per cui noi le negheremo la fiducia in questa giornata. (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giuseppe De Mita. Ne ha facoltà.

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GIUSEPPE DE MITA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il passaggio politico che stiamo attraversando resta tutto dentro una logica di necessità. Credo che questo elemento debba esser tenuto presente dal Parlamento, dalla maggioranza che la sostiene e da lei. Il voto ieri in Senato testimonia questa condizione, ma la necessità vorrei collocarla non solo sul piano del comportamento del nostro gruppo al momento del voto, ma anche su un altro terreno e cioè quello di dirci, in maniera molto autentica, le questioni che sono sul tappeto e che per certi versi restano aperte nel momento in cui le votiamo la fiducia; ciò, anche perché il rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento non è un passaggio formale, non è una concessione, ma è il momento attraverso il quale si ricompone il rapporto tra il luogo che rappresenta la sovranità popolare e chi viene delegato dal Parlamento ad agire per realizzare le riforme possibili.
Devo dirle, con molta autenticità, che è difficile scorgere elementi di novità nel programma che ella ha presentato; rispetto anche alle note che erano state predisposte dal precedente Presidente del Consiglio non ci sono sostanziali elementi di novità. Non lo dico come limite, lo dico per registrare un fatto: certo, lei si propone di affrontare le questioni con un di più di voglia di cambiamento e di velocità. Però vorrei dirle che dentro queste parole si rischia di esprimere un giudizio implicito nei confronti del precedente Governo e c’è anche il rischio di una sottovalutazione delle difficoltà complessive. Perché se il rallentamento fosse stato dovuto soltanto ad una questione di ordine personale e soggettivo i problemi che abbiamo davanti sarebbero sicuramente minori. Allora vorrei sottolinearle alcuni punti d'ombra che, secondo me, restano sotto i titoli che lei ha posto all'attenzione delle Camere.
Il primo è la legge elettorale. Lei ha detto che se l'anno scorso ci fossimo trovati con la nuova legge a misurare il consenso non ci saremmo trovati nella situazione attuale perché sicuramente una delle due principali forze politiche avrebbe ottenuto la maggioranza. Io temo che in questo modo noi piuttosto che affrontare i problemi rischiamo di cancellarli, perché il punto non è dare una maggioranza numerica, il punto è capire perché la distribuzione del consenso tra le forze politiche nel Paese si è determinata in maniera così sparpagliata. Io direi che noi dovremmo partire dalla considerazione del fatto che nel 2008 le principali forze politiche sommavano il 70 per cento degli aventi diritto al voto e nel 2013 le principali forze politiche sommano circa il 30 per cento degli aventi diritto al voto (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia). Immaginare che il problema si risolva dicendo che uno che ha più numeri governa, uccide la rappresentanza parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).
L'altra questione sono ancora le ombre che ci sono nel disegno di legge di riordino delle province e delle città metropolitane. La questione non è il cancellare o meno le province, la questione è che in quel disegno di legge si determina una sproporzione nell'organizzazione delle funzioni e quindi della rappresentanza e della tutela dei diritti delle persone tra chi vive in aree fortemente urbanizzate e chi vive in aree non urbanizzate. Certo si possono cancellare le province, e forse sarebbe anche utile, ma questo non significa poi lasciare l'organizzazione della dimensione dell'area vasta a una sorta di logica del caso.
Allora il punto vero sarebbe partire dal riordino del Titolo V, non rinviarlo a dopo per dire di aver fatto un'altra riforma che poi andrà riformata, perché il punto vero è ridare la potestà legislativa primaria al Parlamento sulle questioni fondamentali, la potestà amministrativa primaria ai comuni, aggregati o singoli, e poi alle regioni alcune funzioni di governo del territorio.
Un'altra questione che resta sul tappeto, che forse può essere anche derubricata come un semplice fatto di ordine nominalistico: la circostanza di non avere più il Ministero della coesione territoriale rischia di essere una sottovalutazione del problema. In una delle campagne elettorali Pag. 11per le primarie che avete fatto io le ho sentito dire che il problema del Mezzogiorno non esiste più. Non ho capito a cosa facesse riferimento o come intendesse declinare in termini attualizzati la questione del Mezzogiorno, ma la circostanza che non esiste più questo Ministero che svolgeva comunque una funzione di raccordo tra le aree interne e le aree metropolitane temo sia un problema.
L'ultimo punto, quello più rilevante, sulla questione economica, che resta ancora indefinita. Io vedo delle novità che sono più sul piano politico che sul piano programmatico, però vorrei avvertirla che queste novità sono più cariche di ambiguità che di elementi di chiarezza. Signor Presidente, il Governo di larghe di larghe intese non era un Governo di pacificazione, era un Governo che nasceva transitoriamente sulla necessità di affrontare le riforme visto che nessuna forza politica aveva radicamento nel Paese. A un certo punto del percorso di questo Governo una forza politica si è sottratta per ragioni non politiche, e ha fatto bene l'onorevole Costa a ricordare questa circostanza. Io mi sarei aspettato che il Partito Democratico sostenesse questo percorso di progressiva evoluzione del sistema politico piuttosto che indebolirlo. L'indebolimento del sostegno al Governo del Presidente Letta ha portato alla situazione attuale, poi è stato teorizzato che le riforme si fanno con tutti, ma il Governo di larghe intese nasceva sul presupposto di voler fare le riforme con tutti. Cancellare questo fatto facendo riferimento a una tesi che mi sembra più accademica che realistica rischia di essere un problema.
Il Partito Democratico oggi mi sembra che si ponga in una posizione – più che lei, il Partito Democratico – molto ambiziosa ma anche molto rischiosa, quella di pretendere una sorta di centralità coatta, per cui si fanno le riforme istituzionali con alcuni, le riforme economiche con altri, le riforme dei diritti civili con altri ancora. Certo, se questo disegno dovesse riuscire noi avremmo una forma, ancorché stravagante, di equilibrio politico. Io temo che tutti questi nodi di contraddizione verranno al pettine, ma allora, pur con tutte le condizioni di necessità che accompagnano la nascita di questo Governo, noi ci siamo perché crediamo che il luogo del Parlamento sia il luogo nel quale dipanare questi dubbi e metterli in chiaro.
La natura di questo Governo non so se è politica – dipende dall'accezione che diamo a questa parola – la natura di questo Governo è un Governo di coalizione per fare le riforme, se poi nella discussione parlamentare questa maggioranza si amplia o si riduce poi lo vedremo qui, ma non credo si possano teorizzare schemi variabili sulla fase della convenienza di un solo partito.
Signor Presidente, io credo che il tema non sia l'uomo solo al comando, ma la civiltà del dubbio, accettare l'opinione dell'altro, ritenere che l'opinione dell'altro non sia un fastidio da risolvere con la logica dei numeri. Il tema vero che noi abbiamo di fronte non è ridurre la minima forza di «ricatto» dei piccoli partiti, il tema vero è quello di affrontare l'indifferenza e la rabbia delle persone nei confronti della politica. Allora, noi vogliamo accompagnare questo processo di cambiamento che esige, certo, grandi ambizioni ma esige altrettanta attenzione nel realizzarlo perché non crolli su sé stesso (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sibilia. Ne ha facoltà.

CARLO SIBILIA. Caro sindaco di Firenze, nominato Presidente del Consiglio (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico). Avete allergia alla verità ? È la verità: è il sindaco di Firenze, nominato Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Invidio molto la sua grande capacità di parlare tanto e non dire niente, invidio molto la sua capacità di dire una cosa e fare il suo esatto opposto, senza vergogna. Caro Renzi le primarie a due euro sono finite; ora sei al Governo: ben arrivato ! Immaginare un futuro diverso, nuovo; diremo, faremo: queste sono le parole del tuo linguaggio, parole vuote, caro mio...

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ANGELO CAPODICASA. Presidente... !

CARLO SIBILIA. Sento quasi riecheggiare gli insegnamenti dei vecchi democristiani che vi hanno fatto scuola: se non ti vuoi prendere la responsabilità in politica, sii sempre generico; se vuoi ipnotizzare la gente, non dire mai tempi e modi di ciò che vuoi fare; sii sempre un po’ vago. È questa la sintesi da marionetta di De Benedetti, da ultimo dei becchini della sinistra italiana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ieri hai parlato di un diverso atteggiamento verso la scuola, di affrontare in modo diverso il rapporto verso la pubblica amministrazione, di un fisco con connotati diversi, come se fosse Antani, mi verrebbe da dire. Da bravo paggetto di Arcore ha aggiunto: «Ogni settimana mi recherò nelle scuole per dare un segnale simbolico. Comincerò da Treviso». Dal Presidente del Consiglio di un Paese al tracollo c’è bisogno di fatti. Le scuole non hanno bisogno di simboli, hanno bisogno di carta igienica, di rifare i bagni, di rifare i tetti che crollano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Noi avevamo proposto con questo emendamento alla legge di stabilità 2,5 miliardi di euro di investimenti, in un Piano che si chiamava «Cantiere scuole» per ristrutturarle. Il tuo partito lo ha bocciato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), forse perché – come hai detto ieri – secondo il PD, la scuola non ha bisogno di denaro, ma ha bisogno di una nuova forma mentis. Cari professori precari, cari bambini, se vi cade il tetto in testa, se la vostra scuola è piena di amianto, non chiedete soldi per la bonifica o per le ristrutturazioni; cambiate forma mentis (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Riduzione del cuneo fiscale a doppia cifra entro il primo semestre 2014, quindi entro giugno, significa che bisogna trovare 20 miliardi, senza contare che già la Corte dei conti ha detto che ne mancano 13 nell'ultima legge di stabilità e senza contare che il prossimo ottobre ci sarà da onorare il «Fiscal compact», trattato europeo firmato da voi, che ci costringerà ad un ulteriore taglio di 50 miliardi sulla spesa pubblica. Dove pensi di trovare le coperture, signor Renzi ? Andrà di nuovo ospite a La ruota della fortuna ? Comprerà una vocale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Revisione organica della giustizia entro giugno 2014 perché dovrà discuterne con Berlusconi in maniera dettagliata, e questo è giusto.
Ancora: immaginiamo la capacità di attrarre investimenti – ha detto così – sì, la immaginiamo: un'altra ondata di svendite e privatizzazioni di ENI, ENEL e Finmeccanica, che fanno tanto bene alla sinistra delle larghe intese.
Fondo di garanzia per le PMI, ma è una svendita, il Fondo ci sta già (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi del MoVimento 5 Stelle...

PRESIDENTE. Usi un tono più consono quando si esprime e si rivolge al Presidente del Consiglio.
La prego, onorevole Sibilia. La prego !

CARLO SIBILIA. Mi vuole ghigliottinare come il 29 gennaio 2014 ?

PRESIDENTE. Questa ironia non ci serve. È totalmente gratuito questo tono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Continui con il suo intervento.

CARLO SIBILIA. Stavo solo sottolineando che il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese c’è già; bisogna metterci i soldi. Noi del MoVimento 5 Stelle ci tagliamo lo stipendio a metà e lo mettiamo in questo Fondo. Quindi, volevo capire se tu e i tuoi deputati siete disposti a fare la stessa cosa, o fate solo chiacchiere ? Almeno Letta si era giocato il colpo ad effetto dicendo che i suoi Ministri non percepivano indennità di carica. E i tuoi ? Madia, Boschi, Guidi e Padoan cosa faranno ? Incrementeranno ulteriormente il loro conto in banca o vogliono lasciare qualcosina alle casse dello Stato, così per sbaglio ?Pag. 13
Mentre lei e Letta vi facevate le scarpe per giochini di potere interni al partito, in Italia succedeva più o meno questo: per la crisi, tra il 2008 e il 2012, hanno chiuso circa 9 mila imprese storiche, con più di cinquant'anni di attività alle spalle: si tratta di un'impresa storica su quattro. Nel primo semestre del 2013 si sono registrate 6.500 nuove procedure fallimentari, in aumento del 5,9 per cento rispetto allo scorso anno, e la tendenza è in crescita. In sei anni, in Italia, sono sparite 134 mila imprese, a ritmo di 22 mila 330 imprese all'anno.
Questo è il dolore vero, non quello di cui parli tu dai palazzi della provincia, che prima ti ha dato da mangiare e ora dici di voler abolire. Bravo ! Noi abbiamo proposto il taglio dell'IRAP per le microimprese con questa proposta di legge. Te la mostro, così capisci come è fatta una proposta di legge.
I dati che le ho appena detto sono i dati della deindustrializzazione, della distruzione della domanda interna, dell’austerity, quella che ci ha fatto fare il Governo Monti, quella dei compiti a casa, gli stessi che dici di volere fare tu.
Si può allontanare cortesemente dai banchi del Governo, onorevole Polverini ?

PRESIDENTE. Sì, ma lei si esprima in modo adeguato. In modo adeguato per quest'Aula (Proteste dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

CARLO SIBILIA. Presidente, Presidente...

PRESIDENTE. Se lei vuole attenzione, sia in grado anche di esprimersi in modo adeguato (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Continui, continui, forza !

CARLO SIBILIA. Scusate, scusate. Mi sto esprimendo in italiano. Richiamavo il Regolamento.
Dunque, dicevo, questo era il compito a casa del Governo Monti: è lo stesso che ci vuole far fare lei. Io mi aspetto che lei me lo dica. Io lo sento che vuole dirlo: «Ce lo chiede l'Europa». Su me lo dica: «Ce lo chiede l'Europa».
Del resto, lei o Padoan siete figli di troika e lo spiego subito perché siete figli di troika: perché diversamente non si capisce il motivo...

PRESIDENTE. Concluda.

CARLO SIBILIA. ... per cui già il 7 gennaio 2014 il nome Renzi compare in un documento della UBS, la banca più influente del mondo dopo Barclays, che illustrava le linee programmatiche che lei seguirà da Presidente del Consiglio...

PRESIDENTE. Concluda. È già oltre il suo tempo. Concluda !

CARLO SIBILIA. Ma mi ha interrotto dodici volte grazie che sono oltre...

PRESIDENTE. Concluda, concluda !

CARLO SIBILIA. Va bene, io concluderò...

PRESIDENTE. Grazie..., concluda !

CARLO SIBILIA. ... perché altrimenti finisco per rimpiangere Letta.
Allora, caro Renzi, dopo averlo smacchiato, dopo averlo rottamato, mi domando solo quale sarà il vostro prossimo slogan vuoto, visto che state continuando a prendere indebitamente soldi pubblici e regalare soldi alle lobby e alle banche degli amici. Suggerirei questo...

PRESIDENTE. No, lei è già oltre il suo tempo. È già oltre un minuto...

CARLO SIBILIA. ... il lupo cambia il verso ma non il vizio ! Grazie Matteo, grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio.
È iscritto a parlare il deputato Gianfranco Librandi. Ne ha facoltà.

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GIANFRANCO LIBRANDI. Signor Presidente, cambiamo un po’ tono. Signor Presidente del Consiglio, nel suo intervento lei ha assunto su di sé la responsabilità di un eventuale insuccesso dell'esperienza di Governo. Ciò le fa onore in un Paese in cui la mancanza di assunzione di responsabilità è un'attività frequente.
Ha scelto di osare, consapevole dei rischi e delle opportunità. Da imprenditore che rischia ogni mattina sui mercati internazionali, oltre che da deputato, le dico che il rischio merita fiducia. Dunque, con un atteggiamento di fiducia nei suoi confronti e nella squadra solida e giovane che ha formato mi lasci ora riflettere su alcuni elementi cruciali per i prossimi anni. Ha posto la scuola come primo punto all'attenzione del Governo. «Education, education, education» diceva Tony Blair. Con Stefania Giannini come Ministro dell'istruzione Scelta Civica le mette a disposizione il massimo riformismo possibile. Solo nella costruzione di un sistema scolastico e universitario capace di formare i talenti ritroveremo competitività e creatività. I test PISA dell'OCSE mostrano il dramma del sistema formativo italiano, peraltro più accentuato nel Mezzogiorno.
Dopo il famigerato sessantotto la fantasia è andata al potere e la mediocrità ha spesso occupato il posto dell'eccellenza. Agli educatori migliori vanno invece riconosciuti ruolo, status, poteri disciplinari e remunerazioni migliori, anche a costo di chiudere la stagione dell'egualitarismo degli insegnanti. Alle scuole va riconosciuta vera autonomia e agli studenti la facoltà di scegliere quale scuola frequentare. Propongo di sostenere fiscalmente questa rivoluzione, permettendo alle famiglie di detrarre una quota significativa delle spese scolastiche ed universitarie, inclusi i canoni di locazione degli studenti fuori sede.
Il successo del suo Governo dipenderà in buona parte da quanto lo Stato allenterà la morsa fiscale sui contribuenti. Ma attenzione: se non vogliamo vanificare gli sforzi compiuti dall'Italia negli ultimi anni, a cominciare dalla stagione eccezionale e cruciale del Governo Monti, dobbiamo tenere la barra dritta. Ogni euro di riduzione fiscale dovrà venire da tagli certi e concreti della spesa pubblica corrente. Basta operazioni di maquillage come quelle viste fino al 2011. Il lavoro del commissario Cottarelli va sostenuto politicamente più di quanto fatto finora.
Possiamo anche essere più ambiziosi negli obiettivi di razionalizzazione della spesa per il prossimo triennio, come noi chiedevamo già nella scorsa legge di stabilità, in modo da recuperare più risorse per abbattere il cuneo fiscale, ma evitiamo uno sterile dibattito sullo sforamento del 3 per cento deficit-PIL: non è la panacea dei mali italiani.
Sa bene il Ministro Padoan che all'Europa possiamo chiedere più solidarietà solo se sappiamo offrire una piena assunzione di responsabilità fiscale. Lo stesso vale per il debito pubblico: il suo impegno per lo sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione verso i fornitori è cruciale, ma in nessun caso questo può compromettere l'andamento del debito pubblico, finalmente tornato sotto controllo.
Quando parla di «sburocratizzazione» non dimentichi le politiche di liberalizzazione dell'economia, altro elemento nel DNA di Scelta Civica. Le segnalo uno strumento normativo che colpevolmente i precedenti Governi, con l'eccezione del Governo Monti, hanno tenuto nel cassetto: la legge annuale sulla concorrenza. Liberalizzare vuol dire riformare a costo zero, aprire opportunità per i più giovani, promuovere l'approdo in Italia di nuovi investimenti. Dimostri, il Governo Renzi, che crede nella concorrenza come un bene pubblico da tutelare e promuovere.
Chiudo con un invito personale: lei ha dichiarato che visiterà spesso delle scuole, conservando un'abitudine da sindaco. Ebbene, visti anche molte aziende !

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANFRANCO LIBRANDI. Venga con me in azienda a Saronno, le mostrerò un'impresa che non chiede alcun sussidio allo Stato e alcun favore alla politica, che sperimenta innovazione e tecnologia, che Pag. 15porta e che offre ai suoi lavoratori un welfare aziendale aggiuntivo a quello pubblico. Venga a timbrare con me il cartellino ! Accanto a troppi imprenditori che cercano nella politica dei capri espiatori, ve ne sono tanti che vogliono aiutare le istituzioni, ma che vogliono essere lasciati liberi di fare e di rischiare: come il rischio in politica, anche quello imprenditoriale merita fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA. Signor Presidente, Presidente Renzi, lei ieri nel suo intervento in Senato ha concluso indicando, in riferimento ai risultati del Governo da lei presieduto, che: se dovessimo perdere, non cercheremo alibi, se perderemo questa sfida, la colpa sarà soltanto mia, lei ha detto. Sono parole generose, coraggiose, inusuali e forti. Però, non è così: se perderemo questa sfida, la colpa sarà di tutti noi, certamente di tutto il PD e di tutti coloro che oggi votano la fiducia al Governo da lei presieduto.
È così: i risultati dell'azione di Governo, in una democrazia parlamentare, sono responsabilità politica condivisa da chi vota i provvedimenti. E noi, Presidente, non lasceremo solo il Governo. La solitudine al comando non funziona. La storia del ventennio alle nostre spalle dovrebbe essere chiara. Non funziona soprattutto quando vogliamo andare contro vento, contro il vento del populismo regressivo. Noi condividiamo, tutti noi condividiamo la responsabilità politica del Governo da lei presieduto. Pertanto, sulla base di questo principio, vorrei provare a dare qualche contributo.
Lei ieri ha proposto e promesso un radicale cambiamento. Certo il cambiamento vi è stato nello stile comunicativo. Confesso, però, che l'ho percepito meno nella sostanza dell'analisi e dei rari riferimenti programmatici. Mi pare che ancora prevalga una sostanziale continuità con il paradigma culturale, economico e politico in corso, un paradigma che non funziona, e il punto di fondo – sul quale vorrei concentrarmi in pochissimi minuti – è il nostro rapporto con l'Unione europea.
L'Unione europea è questione interna, non è lo sfondo e oggi dobbiamo partire da un punto di analisi che oramai è diventato largamente condiviso, almeno nel dibattito, se non nelle agende politiche. L'Eurozona e l'Unione europea sono sulla rotta del Titanic. Lo schema dei compiti a casa non funziona. Prima i compiti a casa e poi l'Unione europea: non funziona. Ma non perché noi immaginiamo che vi sia qualcuno che risolva i nostri problemi, perché la nostra casa è l'Unione europea e l'Eurozona, e i nostri compiti a casa sono tanto europei quanto italiani.
E, allora, di fronte ad un'Unione europea e ad un'Eurozona che sono sulla rotta del Titanic, la retorica europeista non basta. Oggi chi è europeista come noi – come noi, che, come lei ha ricordato, abbiamo l'europeismo nei nostri geni – deve riconoscere che abbiamo bisogno di un'altra Europa. L'europeismo dei padri fondatori oggi è contraddetto e mortificato da chi guida l'Unione europea e l'Eurozona. E non è l'europeismo di maniera che salverà l'euro dal naufragio. Soltanto una radicale correzione di rotta può evitare il naufragio.
E cito le parole di un uomo insospettabile per fedeltà al sogno europeo e per amore verso la Germania. Habermas, in un appassionato discorso alla direzione nazionale dell'SPD di qualche settimana fa, ha detto così: il Governo federale tedesco ha portato avanti una posizione egemone nell'Unione europea e ha creato una situazione esplosiva.
Siamo dentro una situazione esplosiva e questa è la chiave con la quale affrontare la Presidenza italiana dell'Unione europea. Che vuol dire ? Cito soltanto alcuni titoli. Vuol dire realizzare una compiuta unione bancaria, dotata di un fondo autonomo per la risoluzione delle crisi, vuol dire euro project bonds per finanziare investimenti, vuol dire golden rule nei bilanci nazionali, vuol dire una politica monetaria aggressiva per scongiurare il Pag. 16rischio sempre più elevato di deflazione, vuol dire revisione del fiscal compact, vuol dire l'introduzione di un meccanismo di ristrutturazione dei debiti sovrani insostenibili. L'Eurozona è su una rotta che non va. Il mercantilismo liberista, alimentato dalla svalutazione del lavoro e dall'austerità cieca, guardate, non danneggia solo l'economia reale, i lavoratori e le imprese, ma fa aumentare il debito pubblico. È qua il problema. Nessuno di noi vuole lasciare ai propri figli una montagna di debiti da pagare, ma quello che abbiamo fatto in questi anni ha aumentato il debito pubblico non l'ha ridotto e, senza una radicale correzione di rotta, la situazione continuerà ad aggravarsi.
E sta qui anche la chiave per affrontare il punto decisivo, la bussola del programma di Governo, e cioè il lavoro, l'assenza e l'impoverimento delle condizioni della persona che lavora. Per favore «no» ad un altro intervento sulle regole del mercato del lavoro. Non funziona, aggrava il problema. Non è un discorso ideologico; è la realtà che ci dice che non funziona. La variabile decisiva è l'innalzamento della domanda aggregata, l'innalzamento del livello di attività produttiva che non si fa con gli interventi sul lato dell'offerta. E allora vuol dire investimenti, vuol dire equità. Oggi l'equità è la principale variabile macroeconomica sulla quale agire per sostenere la ripresa.
E attenzione: da questo punto di vista, lei ieri ha fatto un elenco molto consistente di interventi che richiedono ingenti risorse finanziarie. Attenti ad affrontare in modo disinvolto la spesa pubblica. La spesa pubblica italiana, come è noto, ha urgente necessità di riqualificazione e di riallocazione, ma ricordo a tutti noi che in termini pro capite è la più bassa d'Europa. Vi sono sprechi e inefficienze da eliminare, ma vi sono anche capitoli drammaticamente sottofinanziati da sostenere, come la scuola pubblica, che lei molto coraggiosamente ha messo al centro del programma, e le politiche sociali, in particolare gli strumenti di contrasto alla povertà.
Il cuneo fiscale va certamente affrontato. La riduzione della pressione fiscale è un obiettivo urgente. La pressione fiscale è insostenibile, ma l'alleggerimento può avvenire soltanto dal recupero di evasione fiscale.
Se noi portassimo la nostra evasione fiscale alla media dell'Eurozona, che vuole dire, quindi, ancora 8-9 per cento del PIL, recupereremmo 50 miliardi l'anno. Possiamo affrontare, attraverso la semplificazione burocratica e la riduzione delle aliquote effettive, quell'evasione di sopravvivenza che segna il nostro Paese e recuperare, invece, l'altra grande evasione, per ridurre, con ogni euro recuperato, la pressione fiscale sul lavoro e sull'impresa.
E attenzione anche al gioco dell'oca: lei, ieri, ha indicato due provvedimenti, due obiettivi che sono già legislazione. Sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni alle imprese non è un problema di risorse: le risorse sono a disposizione e la normativa prevede anche l'intervento della Cassa depositi e prestiti, è già legge. Il punto è che siamo di fronte, oggi, a una difficoltà di tanti enti territoriali a certificare i debiti che hanno verso le imprese, cioè i soldi ci sono, sono disponibili, ma non ci sono i pezzi di carta utili per poter certificare il debito, e questo è un problema più complicato.
Come pure abbiamo affrontato il capitolo del credito alle micro e piccole imprese. Nella legge di stabilità, che non conteneva solo «marchette», abbiamo introdotto un sistema nazionale di garanzie, una garanzia pubblica, illimitata, alla Cassa depositi e prestiti per comprare crediti bancari alle piccole imprese. Abbiamo rifinanziato in modo consistente il Fondo centrale di garanzia, abbiamo rifinanziato i consorzi fidi.
Infine, caro Presidente, dica una parola di rassicurazione alle decine di migliaia di persone cosiddette «esodate», vittime di interventi di brutale iniquità e che dobbiamo continuare a salvaguardare: 30 mila ne abbiamo salvaguardate per il 2014, ma ve ne sono ancora decine di migliaia che hanno bisogno di interventi.Pag. 17
Concludo: voto la fiducia al Governo da lei presieduto per consapevolezza della delicatissima fase politica che attraversiamo; voto la fiducia al Governo da lei presieduto per necessità politica di tentare anche la più minuta opportunità di ricostruzione morale, civile, economica e istituzionale del nostro Paese. Il mio voto di fiducia al Governo da lei presieduto non abbrevia la distanza di analisi e la lontananza di paradigmi, di cultura politica e di cultura economica.

PRESIDENTE. Deputato, concluda.

STEFANO FASSINA. Il mio voto di fiducia – concludo davvero – non è il conferimento di una delega in bianco per svolgere i temi da lei elencati sul piano programmatico. Sul piano programmatico – voglio essere chiaro con lei e con il mio gruppo – vi è la più ampia disponibilità possibile, ma valuterò esclusivamente il merito dei provvedimenti che il Governo porterà in Parlamento e offrirò, come sempre, il mio contributo costruttivo, attento al merito, e il merito guiderà le mie scelte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, parlerò subito della cosa che più mi sta a cuore, della quale mi sto più occupando con la Commissione difesa e con i colleghi che ringrazio per l'attenzione che hanno: la vicenda dei nostri due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che – l'espressione, l'avverbio giusto, signor Presidente del Consiglio, è questo – sono «ingiustamente» detenuti in India da oltre due anni; fucilieri di Marina che si stanno comportando con grande senso dell'onore e di responsabilità e ai quali voglio cogliere anche questa occasione per mandare il nostro affettuoso saluto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
Lei, signor Presidente del Consiglio, gli ha telefonato, e ha fatto bene. So che anche questa mattina i familiari sono stati incontrati dai Ministri, lei li ha incrociati, come abbiamo fatto noi in più riprese, da tempo. Signor Presidente del Consiglio, si è parlato di internazionalizzare la vicenda: è la stessa espressione che ha usato il Parlamento, dando un obiettivo di impegno al Governo, perché il Parlamento ha votato, nello scorso dicembre, un ordine del giorno che impegnava il Governo, e anche lei, a risolvere la faccenda in maniera che fossero rispettate le norme del diritto internazionale e assicurando, comunque, il rientro con onore in patria dei nostri fucilieri di Marina.
So anche che lei ha fatto altre telefonate, le ha ricevute come prassi in questi giorni, con il Presidente Obama, con gli altri leader europei. Ecco, signor Presidente del Consiglio, mi auguro e, comunque, la invito a fare in modo che in tutti i colloqui internazionali che lei avrà parli dei nostri due fucilieri di Marina. Non occorre solo parlare con loro, che è importante, perché non bisogna lasciarli soli – e poi verrò a dire qualcosa su questo –, ma per internazionalizzare la crisi occorre impegnare la comunità internazionale attivamente, anche perché, signor Presidente del Consiglio, signor Ministro Pinotti, tra poche ore il Parlamento sarà chiamato a votare il decreto-legge che rinnova la nostra partecipazione alle missioni internazionali.
Noi vorremmo sapere dal Governo – abbiamo le nostre idee – se ci sono le condizioni per continuare a impegnarci, ad esempio, a partecipare nella missione antipirateria, alla quale partecipavano Latorre e Girone. E queste condizioni devono essere assicurate dalla solidarietà e dall'impegno internazionale nell'aiutare l'Italia ad affrontare e a risolvere la vicenda dei due fucilieri di Marina. Se non c’è questo impegno internazionale, se la vicenda riguarda solo l'Italia e non riguarda anche l'Europa, la NATO, le Nazioni Unite, probabilmente dobbiamo fare insieme, Parlamento e Governo, una valutazione se continuare o meno a partecipare e a dare Pag. 18il nostro contributo, ad esempio, a quel tipo di missione. Lo dico perché domani o giovedì andrà già in Aula al Senato il provvedimento.
Quindi, questo significa internazionalizzare la vicenda. Lei sa che su questo troverà un Parlamento attento, che sosterrà il Governo sulla linea che il Parlamento ha dato, senza strumentalizzazioni, senza polemiche pretestuose, ma pretendendo, però, che la dignità dei nostri due fucilieri di Marina, che la dignità del nostro Paese e il rispetto che ci deve non solo l'India, ma la comunità internazionale per il contributo che noi diamo alle missioni internazionali e per il ruolo che l'Italia ha, ci venga assicurato costantemente e concretamente sino alla conclusione della vicenda.
C’è qualcosa che sta accadendo che non mi piace, signor Presidente del Consiglio. Lei giustamente ha detto che ieri è stato un successo dell'Italia e lo condivido. Quando ci sono dei successi questi vanno riscontrati. È inutile fare il «tanto peggio, tanto meglio». È stato un successo dell'Italia – espressione giusta –, del Parlamento, della Difesa, del Governo, di tutti quanti che l'India abbia rinunciato ad un'assurda applicazione della norma antiterrorismo al nostro Paese e ai due fucilieri di Marina. Rivendichiamo questo successo, ma la vicenda non solo non si è conclusa, ma vive delle contraddizioni enormi, sulle quali io vorrei, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, che i nostri fucilieri di Marina non fossero lasciati soli.
Oggi su qualche giornale leggo che, ad esempio, è una loro decisione se continuare o meno ad andare ad apporre l'umiliante firma che ogni settimana – lei lo saprà – i nostri fucilieri appongono in un commissariato a New Delhi. Non è una decisione loro, perché loro stanno lì in rappresentanza del nostro Stato, del nostro Paese e sono lì perché stavano facendo qualcosa per il nostro Stato, per il nostro Paese, per la comunità internazionale. Certo che la loro opinione conta su come va gestita e conclusa la vicenda, ma non dobbiamo lasciarli soli proprio quando ci sono decisioni importanti da assumere.
Oggi non si può dire che è una loro decisione se continuare o meno ad andare ad apporre la firma al commissariato e se questa loro – presunta loro – decisione legittima o meno il procedimento giudiziario in India che noi non vogliamo più riconoscere, perché pretendiamo che la soluzione sia, come ha votato il Parlamento, secondo le norme del diritto internazionale, che dicono tutt'altro.
Allora, non lasciarli soli significa anche questo, signor Presidente del Consiglio, che si tenga conto della loro opinione. Ma è stata richiesta la loro opinione o, quando sono rientrati in India, hanno eseguito e accettato un ordine dello Stato e del Governo ? Hanno accettato un ordine. Ora perché dovrebbe essere solo una decisione loro ? Che lo Stato, il Governo, che lei, Presidente Renzi, gli diciate cosa continuare a fare, cosa è meglio per il Paese e per loro continuare a fare. Non lasciarli soli significa anche questo. Significa che il Governo, lo Stato, il Paese e il Parlamento si assumano le proprie responsabilità in ogni sede.
Perché ora non siamo più presenti alle udienze ? È stata una decisione che ha assunto il Governo, non i nostri due fucilieri. Non sono più presenti come Stato, come rappresentanza politica e istituzionale gli ambasciatori. Ecco, io credo che vada continuato a fare questo: continuare a garantire, ad assicurare che loro non saranno lasciati soli dallo Stato e dal Governo e che le decisioni che saranno assunte saranno decisioni assunte in condivisione e in accordo con loro, perché si tratta della vita loro e delle loro famiglie che è in gioco, ma naturalmente sono decisioni che assume il Governo, perché loro rappresentavano lo Stato italiano.
Adesso dico subito, con il tempo residuo, che noi facciamo a lei, al suo Governo, alla sua bella compagine governativa gli auguri di buon Governo. A proposito della compagine governativa, signor Presidente del Consiglio, non è piaciuto che si sia rinnovata anche da parte sua Pag. 19una recentissima, bruttissima prassi: quella di non presentarsi in Parlamento a chiedere la fiducia con la compagine al completo, anche con i sottosegretari. Non solo è un atto di riguardo, è un fatto che il Governo ha diritto di chiedere la fiducia al Parlamento ed il Parlamento ha il diritto di votare la fiducia al Governo nella pienezza della sua composizione e della sua compagine. Prima non accadeva mai, adesso sono dei riformismi, diciamo, dal Governo Monti e poi da quello Letta e poi da lei, che vi presentate senza. L'avessimo fatto noi, di presentarci in Parlamento senza sottosegretari, può immaginare, Presidente Renzi, a quale colpo di Stato ci avrebbero richiamato (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia). Oggi invece vedo che accade così, come se nulla fosse e quindi mi pare giusto significarlo, perché poi la composizione del Governo e l'attività dei sottosegretari fa parte del giudizio politico che la Camera darà.
Auguri quindi di buon lavoro. Noi continueremo a guardare, come Forza Italia ha sempre fatto in questi anni – come Forza Italia ed il Presidente Berlusconi hanno sempre fatto in questi anni – all'interesse generale del Paese. E l'interesse generale del Paese ci chiede di stare all'opposizione, ma di pretendere che le riforme che oggi sono necessarie – quella del Regolamento, quella elettorale e quella istituzionale – vengano realizzate. Sulla strada delle riforme noi saremo attenti, determinati e responsabili (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Formisano. Ne ha facoltà.

ANIELLO FORMISANO. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio e signori Ministri, i deputati del Centro Democratico voteranno la fiducia al vostro Governo. Voteranno la fiducia ad un Governo politico di responsabilità democratica, perché per noi questo sta avvenendo. Voteranno la fiducia e devo dire subito che apprezzano il modo con cui lei, Presidente Renzi, si è presentato nell'aula del Senato ieri: dando quella che noi riteniamo essere una scossa politica, tra le tante che occorrerebbe a questa nostra politica. Un modo innovativo, un modo diverso di porre le questioni, un modo fuori dall'usuale e che in qualche modo forse potrà servire a riavvicinare le istituzioni ai cittadini. Noi ci auguriamo che sia solo l'inizio di un nuovo modo di rapportarsi con le questioni del Paese e sia anche un modo che in qualche maniera stimoli poi le istituzioni, che le risposte devono dare, a lavorare con maggiore alacrità, con meno formalismi e con più sostanzialità.
In dichiarazione di voto finale argomenteremo dal punto di vista politico il perché di questa scelta, che preannuncio a nome dei deputati di Centro Democratico.
Quello che mi preme dire però qui, in discussione generale, signor Presidente Renzi, signor Presidente del Consiglio e signori Ministri, è che noi abbiamo, tra i vari punti che le abbiamo sottoposto nei colloqui interpartitici che hanno preceduto la nascita del Governo, un punto in particolare e lei lo ha messo nella giusta evidenza. Noi abbiamo la necessità, e questo si attendono da noi soprattutto le giovani generazioni, di dare speranze, ma non solo speranze, anche proposte concrete. Noi abbiamo la necessità, tra le altre che ha il Paese, di lasciare immaginare che ci possano essere nuove opportunità, nuove possibilità di lavoro per i nostri giovani, che si possa creare un circolo virtuoso attraverso il quale i nostri giovani possano continuare a sperare che vale la pena vivere nel nostro Paese.
Io ricordo al Presidente del Consiglio ed al Ministro del lavoro che questo Parlamento, nell'estate scorsa, si è pronunciato su una proposta particolare, specifica, che in altre parti del mondo già viene realizzata – penso alla Francia – e che in altre parti d'Italia, per quello che possono fare oggi, con la normativa esistente – e concludo, Presidente – le regioni, già viene applicata: è la cosiddetta staffetta generazionale. In un momento di difficoltà acuta Pag. 20nella quale vive il nostro Paese, io credo che noi possiamo avere il diritto di chiedere ai nostri lavoratori sessantenni di dare una mano per fare sì che al loro posto possano entrare nel mondo del lavoro due giovani lavoratori venticinquenni o trentenni.
Queste sono quelle risposte concrete, innovative quanto si vuole, ma che riconsegnano un po’ di speranza ai nostri giovani. Questo le chiediamo, Presidente del Consiglio e Ministro del lavoro. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico) !

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fedriga. Ne ha facoltà.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, ieri lei ha ricordato la disoccupazione giovanile, che è arrivata al 41,6 per cento, e quella generale, al 12,6 per cento, dicendo che sono i numeri del tracollo. Presidente, però le comunico che questo tracollo l'ha voluto e l'ha votato il suo partito, il Partito Democratico, sotto dettatura dell'Unione europea. Ha detto che vorrà tagliare il cuneo fiscale a doppia cifra, un costo che si aggira tra i 25 e i 30 miliardi di euro all'anno. Capisco che per lei i numeri sono poco importanti, però credo le saranno utili per la sua futura attività di Governo, Presidente. Non ha mai citato dove reperire le risorse; non ha mai citato, per esempio, i costi standard con il federalismo fiscale, che prevede un taglio degli sprechi di 30 miliardi di euro all'anno; non ha mai citato... Presidente, io capisco che noi non siamo alla sua altezza, ma se avesse perlomeno la dignità di ascoltare quello che i deputati dicono durante la discussione generale sulla fiducia, mi farebbe piacere, grazie.

PRESIDENTE. Signor Presidente del Consiglio, richiamano la sua attenzione, per favore. Prego.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Le dicevo, Presidente, che non ha mai citato i costi standard e il federalismo fiscale: 30 miliardi di euro di risparmio per tagli agli sprechi; non ha mai citato i residui fiscali attivi che ogni anno vanno dal nord a Roma e non ritornano sotto forma di aiuti alle imprese e lavoro; non ha mai citato gli sprechi e le vergogne nazionali che ancora esistono nel nostro Paese. Le faccio un esempio su tutti, uscito in questi giorni: il 50 per cento di tasse e imposte a Napoli non sono pagate; non ha citato i forestali della Calabria: un forestale ogni mezzo chilometro quadrato di superficie boschiva. Questi sono gli sprechi sui quali bisogna agire. Ma, allora, quali mezzi lei utilizzerà per andare a reperire queste risorse ? Io l'unico mezzo che ho a disposizione per capire le sue intenzioni di Governo è quanto ha fatto a Firenze, Presidente del Consiglio e sindaco di Firenze, ovvero quando ha deciso di diminuire le tasse, abbassando dello 0,1 per cento l'IRPEF, per un totale di un milione di euro. Peccato che per fare questo ha aumentato il canone dell'occupazione del suolo pubblico del 50 per cento, le tasse cimiteriali, le tasse delle mense scolastiche del 26 per cento, la tassa sui rifiuti del 9 per cento, la tassa sul soggiorno da uno a cinque euro, i trasporti per gli alunni del 50 per cento, i servizi educativi per i bambini del 26 per cento. Non solo, lei ieri ha detto che non bisogna guardare soltanto ai mercati finanziari, ma anche ai mercati rionali. Peccato che ha aumentato del 170 per cento le tasse per i mercati coperti. È questa la coerenza della sua politica.
Ma adesso le posso dire, per quanto ci riguarda, di cosa avrebbe bisogno il mercato del lavoro nel nostro Paese. Presidente, avrebbe bisogno di un Presidente del Consiglio che vada in Europa non a prendere ordini, ma a pretendere stesse regole per il mercato del lavoro europeo. Il caso è quello di Electrolux: vanno in Polonia con regole del lavoro decisamente diverse e un costo del lavoro decisamente più basso rispetto al nostro Paese, quando qui in Italia per troppo tempo chi ci rappresentava è andato in Europa solamente a prendere ordini.Pag. 21
Presidente, è necessario, per rilanciare immediatamente l'occupazione, in particolar modo giovanile, abolire la riforma delle pensioni Fornero. Non è una cosa buona e giusta come ha detto lei, è un dramma sociale che ha creato 400 mila esodati e ha bloccato, in un momento di contrazione dell'offerta lavorativa, la possibilità ai giovani di subentrare in quei posti di lavoro. Bisogna avere il coraggio di imporsi in Europa. Anche in questo, quando governavamo questo Paese e ci era arrivata la famosa lettera europea per rivedere le pensioni, la Lega Nord aveva minacciato di far cadere quel Governo se le pensioni venivano toccate. Stessa cosa non è accaduta al suo partito perché quando è arrivato Monti e la stessa lettera l'ha letta Monti, il Partito Democratico in modo compatto ha votato il dramma degli esodati e la riforma Fornero.
Presidente, vado a concludere per il poco tempo. Presidente Renzi, quando però il fumo che ha alzato si dissolverà e le sue promesse si dovranno rapportare con la realtà – e concludo –, non sarà uno schianto solo per lei, ma sarà un drammatico schianto per tutto il Paese.
Ma almeno leggendo le dichiarazioni e ascoltando anche oggi in quest'Aula gli intenti di alcuni suoi colleghi di partito, sono convinto che avrà l'appoggio incondizionato di tutto il Partito Democratico: Matteo, stai sereno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rabino. Ne ha facoltà.

MARIANO RABINO. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, sono uno di quei deputati che hanno il tempo di svolgere un intervento europeo: tre minuti, tre minuti soltanto. E allora, accanto e in mezzo a tante e diverse sottolineature, io voglio ricordare al Presidente del Consiglio quello che in modo molto efficace ieri al Senato ha evocato, citando anche Renzo Piano, la necessità di «rammendare il nostro territorio». Ecco io credo che questo Governo, che nasce con grandi aspettative e grandi speranze, debba mettere al centro due grandi piani di ristrutturazione della nostra infrastruttura territoriale e della nostra infrastruttura scolastica. Abbiamo bisogno di interventi straordinari nel campo dell'edilizia scolastica, non di semplice manutenzione ordinaria ma di vera e propria rifondazione, riqualificazione e innovazione nell'edilizia scolastica. Così come abbiamo un Paese straordinario, l’asset del turismo naturalistico: il bel Paese va tutelato e salvaguardato e, quindi, un grande piano di riassetto, di messa in sicurezza sotto il profilo idrogeologico e su questo mi auguro, Presidente del Consiglio, che davvero l'Europa abbia la capacità di consentire al nostro Paese di mettere in movimento investimenti grandi, investimenti qualificati e che almeno su questi due versanti sia possibile ottenere un maggiore atteggiamento di flessibilità per quanto riguarda il parametro del 3 per cento.
Vengo da una landa, Langhe e Roero, una delle aree più belle del Paese, che proprio vent'anni fa in questi mesi veniva colpita da una tragedia, dall'alluvione. Ancora adesso, purtroppo, nonostante gli sforzi delle amministrazioni locali, delle amministrazioni regionali, anche dello Stato, ancora troppe strade, troppi argini, sono da mettere in sicurezza. Abbiamo bisogno di farlo, abbiamo bisogno che l'Europa si pieghi, attenta su queste esigenze, che il nostro Paese, mentre fa i compiti a casa, su tutti, anche su tanti altri versanti, su questo ottenga davvero la possibilità di intervenire con interventi incisivi.
Per quanto riguarda l'edilizia scolastica – mi avvio alla conclusione – c’è bisogno (la Ministra Carrozza si è indirizzata su questo versante e così aveva fatto anche il Ministro Profumo) di una flessibilità funzionale degli edifici, dell'apertura degli edifici scolastici ai contesti urbani, della connotazione degli edifici stessi come smart buildings in smart cities, dell'efficienza energetica, della sostenibilità ambientale, della sicurezza sismica.
Signor Presidente del Consiglio, buon lavoro. Avevo promesso di stare nei tre minuti, queste mi sembrano due grandi Pag. 22priorità per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, se anche mi costringessero, non potrei votare contro un Governo di donne e uomini alla pari, davvero non potrei. Ho seguito, anzi inseguito nel mondo queste esperienze, poche per la verità. Dal Cile del primo Governo Bachelet alla Svezia di oggi, dalla Spagna di Zapatero alla Finlandia del conservatore Katainen. Ora tocca al nostro Paese: benissimo. Adesso però bisogna passare dai numeri che contano alle politiche che pesano e che devono tenere in conto che quello che si fa impatta sulla vita degli uomini e delle donne in maniera diversa. Le conseguenze non sono uguali perché le donne e gli uomini sono diversi ma hanno lo stesso diritto ad una vita degna. Le politiche non sono neutre. Nel suo Governo, signor Presidente, qualcuno se ne deve occupare ed è un compito che richiede il lavoro a tempo pieno.
Mi permetto, quindi, di suggerire una figura nel suo Governo, presso la Presidenza del Consiglio, con il compito di valutare prima, e verificare poi, le conseguenze dell'impatto di genere di tutte le leggi approvate e da approvare nella legislatura. Le chiedo di applicare questo monitoraggio da subito, a partire dalla legge elettorale. Pensiamo alle ultime due tornate elettorali regionali: zero donne in Basilicata, come in Qatar; quattro donne in Sardegna, come nel Tuvalu. Abbiamo già valutato l'impatto della sua legge elettorale: per mantenere il Parlamento al livello del suo Governo, di questo Governo, ci vuole l'alternanza tra singole candidature e pari capilista. Crede o non crede nella bontà del suo Governo ? Se sì, allora ci si deve adeguare, e in questo modo renderemo il Parlamento, il nostro Paese, in linea con gli Stati più avanzati d'Europa.
Europa, una dimensione imprescindibile, e non solo in termini ideali, che pure hanno il loro valore. Le elezioni europee sono alle porte e crediamo, noi socialisti, di avere contribuito a renderle più europee con la mozione, sottoscritta poi da molti, ma approvata dal Governo, che impegna a recepire la raccomandazione della Commissione UE perché sulle schede elettorali sia indicata la filiazione europea dei partiti nazionali. Saremo il primo Paese a farlo e siamo orgogliosi di questo primato. Per una volta siamo noi, l'Italia, a fare da esempio al resto d'Europa. Grazie e auguri (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Raffaele Calabrò. Ne ha facoltà.

RAFFAELE CALABRÒ. Signor Presidente, non vedo il Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. C’è una pausa di servizio. Onorevole Calabrò, il Governo è rappresentato.
Se lei vuole fare il suo intervento, il Governo è rappresentato.

RAFFAELE CALABRÒ. Preferisco aspettare il Presidente, grazie.

PRESIDENTE. Allora, se preferisce aspettare, sospendo per cinque minuti la seduta.

La seduta, sospesa alle 11,45, è ripresa alle 11,50.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Riprendiamo la discussione sulle comunicazioni del Governo laddove l'avevamo lasciata. Ha chiesto di intervenire il deputato Raffaele Calabrò. Ne ha facoltà.

RAFFAELE CALABRÒ. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli Ministri, ho fiducia che questo Governo sappia imprimere quell'accelerata alle riforme istituzionali che il Paese attende con ansia da troppo tempo. Sono speranzoso che questa compagine governativa sappia dare risposte concrete all'Italia Pag. 23che lavora, ma arranca a fine mese; all'Italia dei giovani e dei disoccupati che un lavoro non ce l'hanno. Tuttavia, signor Presidente del Consiglio, voglio accogliere l'invito che ieri ha rivolto ai colleghi senatori, esortandoli ad essere di stimolo per il Governo, ad essere incalzanti, a raccontare nel dettaglio come possiamo cambiare il Paese.

PRESIDENTE. Per favore signor Presidente del Consiglio, le chiedo l'attenzione. Grazie.

RAFFAELE CALABRÒ. Grazie. Ebbene, nonostante un saldo ottimismo sulla sua capacità di poter dare una scossa al Paese temo che si rischia di restare «impaludati», come lei ha definito, se non poniamo il Mezzogiorno tra le priorità da affrontare. Come forse già saprà, l'assenza di un Ministro per la coesione territoriale nel suo Governo ha destato non poche perplessità nel sud, ma volendo essere pragmatici non mi preoccuperei tanto della mancata formalizzazione di un dicastero quanto della mancanza di una politica programmatica capace di rilanciare il sud. Un Ministero o un sottosegretario con delega al sud, che pur rappresenterebbe un segnale positivo per il Meridione, ma che non potesse disporre di risorse da investire in quell'area, che non avesse una visione politica su come azzerare il ritardo del Mezzogiorno, sarebbe inutile e demagogico.
Sia chiaro, non chiediamo una politica di mero sostegno al reddito, tanto cara ai politici della Prima Repubblica che evidentemente non ha dato i risultati sperati e che ha soltanto alimentato l'idea di un’ area parassita e inefficiente, privandola di ogni velleità di crescita.
Vogliamo che anche al sud ci siano quei servizi che lo Stato deve garantire, ossia mobilità (si completi almeno l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, che ormai non funge più neanche da ammortizzatore sociale); istruzione (si avvii una seria lotta all'evasione scolastica e si mettano in sicurezza gli edifici scolastici); salute (si autorizzi lo sblocco delle assunzioni che da sette anni penalizza la qualità dell'assistenza sanitaria); sicurezza (si incrementi un controllo delle forze dell'ordine sul territorio). Perché è ormai chiaro che se mancano i servizi di base, si radicano la malavita organizzata, la microcriminalità, la corruzione che, a dispetto di quanto si tende a credere, costituiscono gli effetti e non le cause del sottosviluppo.
Signor Presidente del Consiglio, dobbiamo lavorare affinché il Mezzogiorno attragga investimenti esteri, crei piattaforme logistiche, affinché i giovani cervelli non si sentano costretti ad emigrare. E lancio il mio primo accorato appello: vi sono provvedimenti recentemente adottati sui quali bisogna vigilare affinché non rimangano sulla carta. Mi riferisco alle decine di miliardi della Unione europea, che ammontano a oltre 50, riprogrammati per il credito alle piccole imprese, lotta alla povertà, creazione di piccole opere urbane; soldi programmati e non spesi che non possiamo perderci il lusso di non monitorare.
È stata istituita un'apposita Agenzia per la coesione: facciamo in modo che questa possa effettivamente lavorare e soprattutto monitorare che i soldi siano spesi e spesi bene. In questo Paese, i controlli latitano da sempre e forse dobbiamo ammettere che ne abbiamo bisogno per essere operativi al massimo. In questo Paese c’è la malsana abitudine di cancellare o comunque di non dare continuità al lavoro dei nostri predecessori, ma questa volta sono certo che quanto di buono è stato pensato e fatto, non andrà perso.
Non è questa la sede opportuna per scomodare le teorie o le riletture storiche sulle cause dell'arretratezza del sud, tanto in voga in questi giorni sui media nazionali. D'altronde, il compito della politica non è quello di schierarsi dalla parte di quelli che sostengono che il sud di oggi è il risultato di una depredazione sistemica e continua perpetuata nei secoli scorsi e chi, all'opposto, ritiene che tutti i mali derivino da una mancanza di senso civico, da una storica disabitudine al rispetto delle leggi dello Stato. Ad un Governo non Pag. 24spettano giudizi storici, ma la ricerca delle soluzioni ai problemi che rallentano la crescita della società.
Perché se anche si spossasse l'opinione di un Mezzogiorno in parte responsabile dei suoi mali, non risolveremmo nulla. Si tratta di vecchie logiche di cui i giovani e tutti i cittadini onesti non possono e non dovrebbero rispondere e, invece, sono proprio loro oggi a farne le spese.
Le cifre sono impietose: nel sud un giovane su due è disoccupato, in quest'area si concentra appena il 60 per cento del pro capite, da quest'area le migliori energie fuggono: 1 milione e trecentomila meridionali in dieci anni ha abbandonato la terra d'origine per trasferirsi al nord o in Europa. In un decennio la crescita del Mezzogiorno ha perso 10 punti percentuali, quasi il triplo in più del calo registrato nel resto del Paese. L'arretramento è iniziato molto prima del 2008 ma è sicuramente peggiorato negli ultimi due anni. Svimez e Banca d'Italia hanno già mandato il loro avviso ai naviganti: la mini ripresa annunciata per il 2014 quasi certamente non toccherà il Meridione, dove il PIL sarà praticamente stabile, dopo un crollo di quasi 2 punti nel 2013. Nel sud, oramai, ad investire sono pochi e coraggiosi imprenditori, tant’è che si sono praticamente dimezzati, segnando un tragico – 45 per cento, e ne ha risentito persino il settore manifatturiero, che pure al sud poggia su basi di eccellenza assoluta, un -25 per cento che si commenta da solo. Che cosa vogliamo raccontare ai nostri giovani ? Che ormai lo Stato ha scelto di non occuparsi del loro futuro ? Che è scritto nel loro destino che devono vivere in una condizione di disagio ? Questa sarebbe una resa di cui non se ne avvantaggerebbe il Paese.
Onorevoli colleghi, credo che siamo tutti ormai consapevoli che non ci sarà alcuna ripresa economica in questa nazione fino a quando si registreranno due PIL differenti, fino a quando le regioni da Roma in giù saranno percepite come zavorre. Ce lo insegna la vicina Germania, diventata una potenza di tutto rispetto solo dopo aver unificato non solo politicamente, ma soprattutto economicamente, il Paese.
Un secondo appello le rivolgo: si favorisca, con agevolazioni fiscali, l'attrazione di investimenti in un territorio più debole, solo così potremo risvegliare un tessuto imprenditoriale assopito.
Signor Presidente, lei è visto come il Premier che può invertire la rotta, noi ci aspettiamo che lo faccia a partire dal sud, che si impegni affinché al nord come al sud le scuole, gli ospedali, le infrastrutture siano di pari dignità, e per fare ciò c’è bisogno non di una politica di sussidi, c’è bisogno di un cambiamento culturale, della volontà che tutto il Paese decolli, di una concezione solidale del federalismo: ripartiamo tutti dalla stessa linea dei blocchi di partenza. So che andrà in giro per le scuole, sarebbe interessante se si fermasse per più tempo nelle scuole dal Garigliano in giù, così potrà vedere, anzi avrà la sensazione di toccare con mano, quella linea che trancia in due il nostro Paese. E se scegliesse di fare un tour negli ospedali, magari allocati in vecchi conventi, troverebbe, ampliata, la stessa sensazione di uno Stato unificato soltanto sulla Carta. Ieri al Senato ha dichiarato che il Paese è avanti rispetto alle Istituzioni, di fatto l'unico ad essere avanti è il nord, la macroregione dove vengono indirizzati i maggiori investimenti, il Meridione davanti a sé intravede soltanto un pericoloso precipizio.
Questo Governo ha davanti a sé il compito di accompagnare il sud a colmare le distanze: è una sfida che sono certo lei accetterà. L'Italia non è la macroregione del Nord, c’è un sud che in termini di popolazione e ricchezza, negli ultimi anni, ha ricevuto molto meno di quanto avrebbe dovuto. Lei ha affermato di non essere appassionato di dati, preferisce le storie, i racconti della gente. Anche io, e qualche volta un racconto di un intero popolo può essere racchiuso in una canzone che tra l'altro ha vinto il Festival di Sanremo «Giovani». A volte bastano quattro strofe – lei ieri ha citato Gigliola Cinguetti, io scelgo Rocco Hunt – per portare alla Pag. 25ribalta le speranze dei giovani del sud; a volte basta il grido di un rapper che canta: «la mia terra non deve morire, la mia gente non deve partire, cancellate quella linea tra nord e sud». È nu juorn buon o, come direbbe lei, è la volta buona (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra) !

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.

TITTI DI SALVO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signore e signori del Governo, lei ha detto ieri – questo voglio commentare – una cosa che io trovo giusta, lei ha detto che esiste un unico linguaggio della verità e che per questa ragione non si può parlare in modo diverso fuori e dentro l'Aula, perché il linguaggio della verità non è doppio, è unico. È vero. Ha citato Pertini e anche in questo caso concordo con la citazione e cioè con l'indicazione di Pertini, sull'esempio, come scelta necessaria per recuperare l'autorevolezza della politica che oggi è persa ed è un problema di tutti quelli che stanno qui.
Vorrei citare Foa, per aggiungere a queste due considerazioni importanti una terza considerazione, cioè che, insieme all'esempio, alla sobrietà e al linguaggio della verità, il tema proposto a noi tutti oggi è la coerenza per recuperare autorevolezza alla politica, la coerenza per ciò che si dice e per ciò che si fa: non solo la concretezza, ma la coerenza; non sono la velocità, ma la coerenza.
Allora, è questo che io voglio proporle, Presidente del Consiglio: su alcune delle cose che lei ha detto, non su quello che non ha detto, ma su alcune delle cose che ha detto. Noi non siamo di quelli che hanno fatto la faccia storta, un po’ piccata quando lei ha letto i nomi delle Ministre e dei Ministri. Io penso che il 50 per cento di donne e di giovani siano una scelta importante, in un Paese portato sull'orlo dell'abisso da una classe dirigente – lo dico non come giudizio, ma come constatazione – prevalentemente maschile e, per citare De Andrè, nelle citazioni diciamo dei cantautori, sicuramente una classe dirigente a cui non faceva difetto l'esperienza e la competenza. In un Paese così, che ci siano giovani e il 50 per cento di donne al Governo non esaurisce le politiche per dare futuro all'Italia, non esaurisce le politiche per i diritti delle donne, ma è un punto.
Ma, allora, e ricorrerà in questo breve intervento il quindi, questo dice che noi possiamo aspettarci che l'Italicum cambierà e che verranno cambiate quelle regole che attualmente sono dell'Italicum, secondo cui il numero delle donne oggi in Parlamento diminuirà sicuramente con quella proposta elettorale ? Certo, Presidente, perché i capi lista, se non si dividono al 50 per cento, produrranno questo effetto, se non si farà l'alternanza uomo-donna, si produrrà questo effetto; se non si darà rappresentanza a quattro o cinque milioni di voti con lo sbarramento dell'8 per cento, quale sarà la qualità della democrazia ? Naturalmente, io penso che invece più giovani e più donne sia qualità della democrazia, non la soluzione dei problemi, ma qualità della democrazia. Quindi, mi aspetto che anche l'Italicum tenga conto di questa scelta.
Quindi, a proposito di classe dirigente di questo Paese, non solo di politici, ma di classe dirigente, mi lasci dire che il suo Governo ha dato segnali di attenzione ai corpi intermedi, alle piccole imprese cooperative, alle grandi imprese. Non c’è attenzione al mondo del lavoro – anche quello è un corpo intermedio – ma forse questa è una lacuna che andrebbe spiegata. Ma dicevo con riguardo alla classe dirigente, c’è un banco di prova qui e ora. Quindi, tante nomine ai vertici delle aziende partecipate dal Tesoro. Qui c’è un banco di prova perché l'Italia è messa come è messa non solo per i problemi dei politici, della politica e dei partiti, ma per i problemi della classe dirigente nel suo complesso. Quindi, perché non approviamo subito quella proposta di legge che noi abbiamo presentato, per la quale è già prevista la procedura di urgenza, sulle retribuzioni dei top manager non soltanto nel pubblico, ma anche nel privato e anche Pag. 26nelle società che hanno finanziamenti pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ?
Lei ha parlato della scuola: noi siamo contenti, pensiamo che sia la cosa giusta. A proposito di strada giusta, vorrei dire all'onorevole Alfano, che quello è lo slogan di Sinistra Ecologia Libertà, se vuole farlo proprio, per carità, lo faccia, ma sappia che è di Sinistra Ecologia Libertà. Dicevo che la scuola è la strada giusta, ma se è la strada giusta non si dà valore alla scuola se non si dà valore agli insegnanti. Secondo lei, Presidente, si dà valore a persone a cui, da cinque anni, è bloccato il contratto ? È un elemento di rassicurazione o di riconoscimento di valore ? Non mi pare. Oppure a quegli insegnanti che non possono andare in pensione perché, siccome per loro l'anno lavorativo scavalca il 31 dicembre, la Fornero lì ha bloccati: i «Quota 96» sono fermi lì, non possono andare in pensione.
Quindi, lei ha detto: «Le regole del mercato del lavoro non creano lavoro». Io sono proprio d'accordo, sono proprio d'accordo.
E, quindi, ci aiuterà dentro al braccio di ferro nella sua maggioranza sulle dimissioni in bianco perché, Presidente del Consiglio, il fatto del contrasto alle dimissioni in bianco in modo semplice, facendo firmare le dimissioni su un modulo numerato, non ha un costo ma il Nuovo Centrodestra ha detto «mai, mai e poi mai». Lei lo sappia, Presidente del Consiglio ed è per questa ragione che io le dico: «e quindi, e quindi».
E ancora. Lei ha parlato del pagamento totale dei debiti nella pubblica amministrazione. Giustissimo ! È giusto, ma è giusto non solo perché immette liquidità. È giusto perfino immaginare che anche in Italia ci sia una banca pubblica e che quindi la Cassa depositi e prestiti si indirizzi in quella direzione, come in Francia, come in Germania, dove ha aiutato l'uscita dalla crisi. Ma è giusto non solo per questo, ma è giusto anche perché non si può, non può essere lo Stato a tradire un impegno, una promessa con le imprese. E, quindi, gli esodati sono il tradimento di un patto, determinato da una legge dello Stato, dalla «legge Fornero», che non solo ha costituito una fragilità di vita per quelle persone, ma ha violato un patto, un impegno e quindi, Presidente del Consiglio, sullo stesso piano e non su piani diversi, quell'impegno dello Stato a rinnovare la fiducia nelle persone, e quindi anche degli esodati, che non sono stati nominati; ma non è un fatto di ciò che c’è e ciò che non c’è, ma è un fatto di coerenza, di messaggio al Paese.
E, quindi, da penultima cosa, è già stato citato il suo saggio di accompagnamento alla nuova edizione di un bellissimo libro di Norberto Bobbio, Destra e sinistra. Lei trova delle giustapposizioni differenti per descrivere destra e sinistra, però lei non dice che non c’è più la destra e non c’è più la sinistra. Io poi ho delle opinioni differenti. Io penso che uguaglianza e disuguaglianza – dirò dopo – la fotografano. Ma se è così, lei, Presidente del Consiglio, pensa che si possa sospendere per quattro anni questa alternatività di visione ? Perché dire questo è sostenere che c’è un'oggettività nell'uscita dalla crisi e, quindi, se c’è un'oggettività, non c’è il problema, diciamo, della composizione politica, perché bisogna fare le cose che servono e quello che serve è «x».
Noi pensiamo, invece, che ci sia un modo alternativo. Per uscire dalla crisi bisogna fare alcune cose e queste cose sono, per esempio, finanziare un grandissimo piano per il lavoro, per la conversione ecologica dell'economia, per fare quelle cose che lei nominava, magari per mettere in sicurezza le scuole, il dissesto idrogeologico, la bellezza di questo Paese e il paesaggio. Per finanziarlo dove si trovano le risorse ? Noi pensiamo che la ridistribuzione della ricchezza sia un elemento giusto di finanziamento di queste politiche, perché è giusto e perché oggi ridistribuire la ricchezza in un Paese così diseguale e così frammentato non è soltanto un elemento di giustizia, di esempio, di coerenza, ma è una leva economica, economica (verrebbe da dire capitalista). È una scelta. Altri pensano altre cose. Sospendere questa alternatività di visione... Pag. 27cioè, abbassare le tasse certo che è giusto, ma siccome siamo in un Paese in cui le tasse le pagano praticamente solo il lavoro dipendente e i pensionati, allora bisogna capire come la ridistribuzione della ricchezza si sposa a tutto questo.
E, infine, lei ha parlato di Europa, di Stati uniti d'Europa. Noi siamo europeisti convinti, convintissimi, di quell'Europa che è stata tradita, mi lasci dire, dall’austerity, perché la vittima dell’austerity è il modello sociale europeo e l'Europa.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

TITTI DI SALVO. Ho finito, Presidente. Allora, noi pensiamo – e quindi – che c’è bisogno di civiltà del lavoro, di welfare come autonomia del sostegno all'autonomia delle persone; che reddito minimo e creazione del lavoro siano la via dell'Europa, quella che è fotografata nella Carta di Nizza, che mette insieme i diritti civili, i diritti sociali, i diritti interi. Non ci sono diritti a metà, signor Presidente, non ci sono diritti a metà nella Carta di Nizza, che definisce la cittadinanza europea. I diritti non possono essere a metà. Ci possono essere passi per arrivare alla completezza dell'esercizio di un diritto, ma non un diritto a metà.
E ho finito, signor Presidente, nel rassicurarla che in Sinistra Ecologia Libertà non ci sono governisti e non governisti, ci sono quelli che avrebbero voluto, vorrebbero un altro Governo, un Governo di centrosinistra, e alla domanda «non si poteva fare ?», la risposta è «forse si poteva tentare».
Per questo, signor Presidente, noi la rassicuriamo di un'opposizione di merito, puntuale e precisa, ma noi tifiamo per l'Italia e per questo le auguriamo buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. È adesso iscritto a parlare il deputato Gaetano Piepoli... è appena uscito. Il deputato Rampelli aveva chiesto di poter intervenire dopo, quindi direi di continuare con il deputato Andrea Colletti. Il deputato Colletti è in Aula ?

ANDREA COLLETTI. Certo, noi siamo sempre presenti !

PRESIDENTE. Benissimo. Prego, ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI. Presidente Renzi, mi scuserà se non mi metto le mani in tasca come fa lei, vede, però, non è che il mettersi le mani in tasca denoti scarso rispetto per le istituzioni, no ! Non siamo noi del MoVimento 5 Stelle così formali.
Lei, voi, in realtà non rispettate le istituzioni perché lei, qui, Presidente Renzi, è semplicemente un abusivo, entrato con una manovra di Palazzo da prima Repubblica, accoltellando alle spalle il suo compagno di partito. Purtroppo nessun voto popolare in libere elezioni la legittima. A differenza sua, abbiamo davvero rispetto per le istituzioni, ma lei, voi, non siete e non potete rappresentare queste istituzioni.
Lei piace, effettivamente lei piace molto. Infatti lei è un ottimo venditore di pentole. Lei è il Giorgio Mastrota della politica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! È ancora più bravo di Berlusconi, glielo dico davvero, ha del vero talento !
Abbiamo anche ascoltato il suo discorso di ieri al Senato, però si è sbagliato alla grande. All'Italia non servono sogni e proclami, servono fatti, certezze, cose concrete, realtà. Si ricorda la pubblicità di un certo Carlino, uno che anche fisicamente somigliava a Berlusconi ? Un palazzinaro: «non vendiamo sogni, ma solide realtà», diceva. Eh sì ! Lei, infatti, è una forma di pubblicità, è una abile manovra di marketing, cosmesi pura. Il mondo reale, quello di tutti i giorni, non ha più tempo per ascoltare le chiacchiere vuote di un parolaio di professione, mi dispiace.
Ad aprile, ormai dieci mesi fa, avevamo parlato del Governo Letta come una passata di vernice su una parete di muffa. Che cosa è cambiato veramente con lei ? Mi dispiace dirglielo, ma è cambiato solo il colore della vernice: meno bianco democristiano stile Letta, ma più azzurro Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).Pag. 28
Ed infatti, allo Sviluppo economico, ha messo il Ministro Guidi, figlia del falco di Confindustria, molto vicina oltretutto ai salotti berlusconiani. L'ha messa proprio nel Ministero dello sviluppo economico. Considerando che la Ducati Energia, la sua azienda, sta allegramente delocalizzando in Romania, Croazia e non so dove altro, forse dovrebbe fare il Ministro dello sviluppo economico della Romania. E guarda caso, il Ministero è proprio quello dove si discute di frequenze TV, proprio il Ministero dello sviluppo economico, dove c’è il Ministro Guidi.
Sarebbe interessante, quindi, sapere di cosa davvero avete parlato, anzi di cosa ha parlato lei, personalmente, con Berlusconi in quei sette minuti segreti. Per saperlo c’è un solo modo: se lei firmerà una legge sul conflitto di interessi, vorrà dire che non si è accordato con le aziende di Berlusconi. Lo faccia ! Lo faccia davvero, la sfidiamo a farlo, subito ! Vede, questa è la nostra proposta, dimostri di voler fare qualcosa, sto brandendo una proposta di legge, gliela consegno attraverso i commessi, così se la può studiare per bene, e parla proprio di conflitto di interessi. E che bel conflitto di interessi ha il Ministro Guidi.
La sua azienda di famiglia ha proprio nel Ministero che presiede chi controlla i mercati della sua stessa azienda, la quale oltretutto ha contratti con Poste, Finmeccanica, Ferrovie dello Stato, dove tra un po’ nominerete i vertici. E vogliamo parlare della Simest, di proprietà della Cassa depositi e prestiti, che controlla il 15 per cento della sua azienda ? Quando il sottosegretario Delrio parlava di legge sul conflitto di interessi – quando era: l'altro ieri ? – ma aveva letto la lista dei Ministri o doveva semplicemente fare la sua boutade di giornata come sui BOT (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? E gli accordi sulla legge elettorale fatti da Berlusconi, lei e Verdini ?
Mi hanno detto e mi viene in mente che posso citare Bruno, Buffalmacco e Calandrino. Lei è fiorentino, quindi li conosce sicuro. Per chi non se lo ricorda Calandrino diceva di essere il più furbo, ma veniva sempre beffato dagli altri due e, quindi, io auguro davvero a lei di non essere il Calandrino della situazione. Vede, Presidente Renzi, noi oggi vorremmo davvero abbracciare tutti quegli elettori del Partito Democratico, quelli che hanno votato PD turandosi il naso, quelli che ancora per poco ci credono alle sue favolette.
Presidente Renzi, noi la fiducia la diamo ogni giorno, ogni giorno che incontriamo i cittadini per strada, ogni giorno che parliamo con le persone nei banchetti, nei mercati, noi cerchiamo di dare fiducia all'Italia, a loro, al suo futuro (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Colleghi !

ANDREA COLLETTI. L'unico modo però per dare al fiducia al futuro dell'Italia è non dare fiducia a lei ed ai suoi compagni di viaggio, un viaggio che purtroppo porterà al fallimento di questo Paese, del nostro Paese, quello reale.
Noi la fiducia, a differenza vostra, la diamo direttamente agli italiani attraverso le libere elezioni. Che paroloni ! Di cosa avete paura ? Di lasciare le vostre comode poltrone qui dentro ? Noi non abbiamo paura. Allora, convinca Napolitano che il voto è sempre un bel bagno di democrazia, un bellissimo bagno, non ci si affoga mai in quel bagno. Presidente Renzi, Matteo, stai sereno che alle europee in realtà vinciamo noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, mi permetta di farle gli auguri, sia a lei sia al suo Governo, un Governo che, al di là di quello che si dice, noi apprezziamo per la presenza, per le capacità, ma soprattutto perché lei ha avuto l'intuizione di fare in modo che questo Governo fosse formato da otto donne capaci e che sono in grado di portare avanti un programma che lei ha sottolineato nell'intervento di ieri.Pag. 29
Questo programma noi lo condividiamo. Lo condividiamo pur essendo stato trattato per titoli e non certamente nel merito, perché riteniamo che quelli siano i punti importanti per rilanciare questo Paese. E dobbiamo però, come socialisti, sottolineare una sua mancanza, e cioè il problema del Mezzogiorno d'Italia, che non è stato affrontato con la debita considerazione e soprattutto non ci sono stati impulsi necessari perché questo Mezzogiorno d'Italia diventi un problema nazionale e un problema europeo.
Noi siamo profondamente convinti che c’è bisogno di rompere una situazione, perché vi sono lobby e perché ci sono incrostazioni. Siamo profondamente convinti che vi è la necessità di fare in modo che ci siano interventi nella scuola, nella ricerca, nelle piccole e medie imprese. E, a tal riguardo, siamo qui non solo per farle alcune domande, ma anche per darle alcune indicazioni.
Guardi, signor Presidente, questo Paese è l'unico Paese dell'Occidente che non utilizza i fondi pensione. Noi dobbiamo utilizzarli, perché ci sono 130 miliardi di euro che probabilmente, anzi senza probabilmente, verranno ad essere utilizzati nell'Europa in competizione con le nostre aziende.
E noi abbiamo la possibilità, già da oggi, di mettere in piedi...

PRESIDENTE. Deputato, concluda.

LELLO DI GIOIA. ... disponibilità – mi avvio alle conclusioni, signora Presidente – di 15-20 miliardi di euro, che possono essere utilizzati per quegli impegni che lei ha assunto, ieri, all'interno della sua relazione. Noi siamo qui, come socialisti, a guardarla con attenzione, sapendo che il suo impegno è il nostro impegno per lo sviluppo e per la crescita di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Piepoli. Ne ha facoltà.

GAETANO PIEPOLI. Signor Presidente, come lei sa, il gruppo dei Popolari per l'Italia, sia pur dentro un tormentato dibattito che lo ha visto coinvolto sino a ieri, ha accettato di darle la fiducia. E dunque, questo significa che noi non sospendiamo il giudizio, anche se ci riserviamo la valutazione sui singoli punti del programma, ma, soprattutto, riconosciamo che la sua è una sfida importante e che questa sfida dobbiamo raccogliere.
È la sfida dell'innovazione su questioni radicali. Ed allora, perché venga raccolta, credo che sia necessario un atto di verità anche da parte nostra, e personalmente non ho difficoltà a farlo, pubblicamente, perché è un fatto politico, non è un fatto personale. Devo riconoscere che la mia generazione ha largamente fallito, perché ha fallito pensando che il tempo fosse una risorsa inesauribile e non una risorsa scarsa, perché, per culpa in vigilando e culpa in eligendo, abbiamo assecondato processi che non andavano assecondati, credendo che vi fossero vie maestre che si sono rivelate, invece, vicoli ciechi, andando dietro a dei condottieri che si sono rivelati, in realtà, soggetti assolutamente inaffidabili.
Questa autocritica non significa, naturalmente, che non dobbiamo dare un contributo al progetto che lei ci ha indicato, ovverosia salvare il Paese e battere la crisi morale e politica, perché di questo si tratta. Noi, da anni, viviamo una crisi che è economica nei suoi risultati, ma che è, innanzitutto, una crisi politica, perché è una crisi delle regole legali e delle regole morali, è una crisi della nostra capacità di gestire e di coordinare le contraddizioni che la ricchezza e l'avidità hanno prodotto. Per questo, noi crediamo che l'orizzonte nel quale collocare questa sfida sia l'orizzonte che ci vede in chiave non domestica, ovverosia della stanchezza della democrazia.
Ma la stanchezza della democrazia, che è un tema europeo, in realtà, vede come proprium del nostro Paese la forbice insopportabile tra protetti e non protetti, e la politica deve farsi carico di questa forbice. Non possiamo, da questo punto di Pag. 30vista, abbassare la guardia e dobbiamo, anche qui, con un atto di verità, riconoscere che siamo dentro una grande crisi di sistema, che è cominciata con il fatto che l'ultimo grande partito di massa del XX secolo non ha vinto le elezioni, che è continuata con i giorni allucinanti dell'inconcludenza sulla Presidenza della Repubblica, che ulteriormente è andata avanti con la solitudine del Governo Letta e che adesso vede il testimone passato a lei.
Noi le chiediamo di non essere un capitolo di questa crisi, ma di essere uno strumento per la fuoriuscita da questa crisi. Ma perché questo avvenga, se mi permette, Presidente, vorrei invitarla, sia pure nella sua dimensione dialettica rispetto alle consuetudini o alle buone pratiche, per così dire, a cui siamo abituati, a non considerare il suo Governo un corpo estraneo rispetto alla tradizione politica e culturale nazionale, perché l'orizzonte del deperimento della democrazia è, innanzitutto, la frattura della società italiana con la sua cultura nazionale.
Noi speriamo che questa non sia, dunque, un'ennesima parentesi tra una crisi e l'altra e, da questo punto di vista, le garantiamo tutta la collaborazione del gruppo dei Popolari per l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bianconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, per valutare il discorso a braccio del Presidente del Consiglio ho ritenuto opportuno trovare uno scritto del Presidente del Consiglio, in modo da poterne valutare l'attendibilità. E ho preso il suo ultimo libro, proprio l'ultimo. Ne ha scritti cinque e l'ultimo è «Oltre la rottamazione». A pagina 28 di questo libro si legge: «Nella politica politicata – traduco – il mors tua vita mea è un valore indiscutibile, per cui, se vogliamo farci spazio, dobbiamo fregare quello che sta davanti a noi. No, grazie. È uno stile che non mi appartiene. Non è cosa per noi. Io mi ostino a credere che i tempi siano cambiati. Sarà una mia beata ingenuità, ma credo che essere leali non soltanto sia eticamente giusto, ma sia anche conveniente. Non è solo per amicizia personale verso Enrico Letta che mai accetterei di fare il segretario del PD per avere in mano la vita o la morte del suo Governo, ma è anche per una questione di dignità. Qui in ballo non ci sono semplicemente le carriere politiche o le ambizioni di singoli esponenti politici. Qui in ballo c’è l'Italia, che è il mio, il nostro Paese. Fare il tifo per l'Italia impone oggi di fare il tifo per Letta. Colgo al volo l'occasione della pausa caffè con tre o quattro dei miei ragazzi più scettici, domando retoricamente: “Perché facciamo politica, ragazzi ? Per gratificare il nostro ego o per cambiare il nostro Paese ?”. Bene, noi non stiamo cercando di prendere il potere a tutti i costi per cui va bene tutto purché ci diano l'agognata seggiola. Noi stiamo cercando di cambiare l'Italia. E se adesso il Governo è nelle mani di Letta, facciamo il tifo per lui e diamogli una mano. Non so se questo comporterà di saltare un giro. Non mi interessa saltare un giro, a me basta che non salti il mio Paese. Alcuni sociologi dicono che questo è il tempo dell'invidia. Io preferisco ammirare prima che invidiare. Preferisco collaborare prima che sabotare».
Questo diceva e scriveva lei qualche mese fa. Se dovessimo misurare l'attendibilità di quello che ha detto ieri, dovremmo alzarci tutti e andare via. Però, io so – perché siamo delle stesse parti, pochi chilometri – che c’è da noi un detto: «Promettere e mantenere è da vigliacchi». Ecco, lei è coraggioso ! Su questo non c’è dubbio, lei è coraggioso ! In più dicono che sia anche un uomo capace. Io lo so, la conosco bene, lei è capace, sì, ma di tutto (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare la deputato Fitzgerald Nissoli. Ne ha facoltà.

FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, signor Presidente del Consiglio, io sono stata eletta nella Circoscrizione Pag. 31Estero Nord e Centro America e, come lei ben sa, gli italiani che vivono all'estero sentono molto forte l'attaccamento al proprio Paese. Un attaccamento poco ricambiato sul piano istituzionale, visto che le urgenze manifestate nel corso di questi anni non hanno avuto un adeguato riscontro nelle azioni di Governo, nonostante il forte e costante impegno degli eletti all'estero.
Signor Presidente, lei ha parlato della bellezza dell'essere italiani. Mi ascolta ? Io devo aggiungere che all'estero questa bellezza l'abbiamo resa tangibile e se il nostro export tiene è proprio grazie alla presenza di quei tanti italiani nel mondo, che da sempre sono ambasciatori del made in Italy, della nostra cultura e del nostro stile di vita.
Essi devono entrare a far parte a pieno titolo delle politiche di valorizzazione del sistema Italia nel mondo e le politiche per gli italiani all'estero devono essere parte integrante della politica estera italiana. Se così fosse, si darebbe avvio ad un cambiamento, anche in questo settore, che farebbe bene a tutta l'Italia e servirebbe a tenere più unite le due Italie: quella che è dentro i confini nazionali e quella che vive all'estero e che ha dato un contributo importante allo sviluppo del nostro Paese in passato ed è ancora disponibile a mettersi in gioco in questo momento di perdurante crisi economica che lei, signor Presidente, dice di voler aggredire partendo da cose concrete e con azioni immediate. Vogliamo un'Italia che non ci faccia arrossire quando ci troviamo a parlare con i nostri amici e colleghi di altri Paesi, un'Italia che sappia accogliere quella voglia di investire che molti di noi all'estero hanno, prima di tutto per amor patrio, e di quelli che vedono nel nostro Paese un'opportunità.
Abbiamo una grande ricchezza che dovrebbe essere al centro di una nuova politica di sviluppo, che è il nostro patrimonio paesaggistico e culturale, un settore che, assieme al made in Italy tradizionale, può dare un contributo importante per la crescita, che non può essere sganciata dall'innovazione e dalla ricerca. Un altro settore, quest'ultimo, dove un'appropriata valorizzazione della rete dei ricercatori italiani nel mondo darebbe un contributo notevole allo sviluppo del nostro know how, in una realtà globale dove siamo chiamati a competere sul piano della qualità.
Certo, signor Presidente, lei ha citato la World Bank ed il suo index. Io vorrei che noi, insieme, lavorassimo affinché in questi rapporti sul doing business in Italy, quei fattori frenanti gli investimenti nel nostro Paese, possano svanire nel nulla o, più realisticamente, essere sostanzialmente ininfluenti.
Presidente, lei ha parlato di urgenza nell'agire e siamo d'accordo: lo chiediamo anche noi dall'estero per il bene dell'Italia e dei nostri concittadini che vivono su questo territorio. Tuttavia, abbiamo l'obbligo di ricordarle che c’è un'Italia che aspetta da tanto un piccolo segnale di attenzione: è l'Italia dell'emigrazione, vecchia e nuova che sia.
Allora, signor Presidente, invertiamo una tendenza: noi eletti all'estero ci stiamo mettendo la faccia, proprio come lei. Abbia l'attenzione che ci è dovuta e che è dovuta a chi, dall'estero, guarda con amore al proprio Paese.
Ci sono diversi punti, come quello del riacquisto della cittadinanza per chi, recatosi all'estero, l'ha perduta, quello della promozione della lingua e della cultura italiana, dei servizi consolari, del pari trattamento fiscale con i cittadini residenti sul territorio nazionale, solo per citarne alcuni. Ecco, le chiedo un impegno chiaro ed evidente: assumiamo insieme l'obbligo di portarne a termine almeno uno, solo uno. Sarà un segnale di inversione di tendenza e gli italiani all'estero gliene saranno molto riconoscenti. Molti italiani all'estero si sono fidati di me ed io mi voglio fidare di lei. Dia ai connazionali all'estero una risposta concreta in breve tempo: ne hanno e ne abbiamo bisogno.
Speriamo si riesca a cambiare questo Paese, anche costruendo una società a misura di bambini, instillando in loro il Pag. 32senso civico e l'amore per la nostra patria. Grazie Presidente e buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia) !

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signora Presidente, si scrive «Governo Renzi», ma si legge «Governo Merkel». Lei è il terzo Presidente che non riceve nessuna legittimazione popolare, ma che al contempo, invece, ha ricevuto una benedizione da parte di Bruxelles e da parte di Berlino. Questa è una delle motivazioni per cui la Lega Nord non voterà la fiducia, si colloca fieramente ed orgogliosamente all'opposizione, e noi non faremo sconti né a lei né al suo Governo.
Sappiamo che domani andrà in Veneto, andrà a Treviso. Le consiglio di passare dal governatore del Veneto Luca Zaia, che le dirà come poter risparmiare, ad esempio, sulla sanità, sui costi standard della sanità, circa 30 miliardi di euro con l'applicazione dei costi standard sul federalismo. Quindi è un consiglio che noi della Lega Nord le diamo.
Noi voteremo contro. Voteremo contro per quello che non ha detto ieri. Lei ieri non ha citato alcuni temi che a noi stanno particolarmente a cuore: non ha parlato di Nord, non ha citato la questione settentrionale.
E le voglio ricordare che ogni anno dalle regioni del Nord viene staccato a Roma un assegno di 50 miliardi di euro che finiscono nello Stato centrale e non si sa poi questi soldi dove vengono utilizzati. Al Nord si concentra la maggior parte delle piccole e medie aziende, al Nord c’è il PIL e, quindi, il rilancio del Paese passa necessariamente dall'affrontare la questione settentrionale che lei ieri non ha citato.
Non ha citato un altro tema che a noi sta particolarmente a cuore, che è il federalismo fiscale, che è la vera e unica riforma strutturale che può, da un lato efficientare il sistema Paese e, dall'altro lato, determinare quel principio di responsabilità fondamentale e quel meccanismo che può combattere gli sprechi e può recuperare quelle risorse oggi fondamentali per far ripartire il sistema Paese e il Nord in modo particolare.
Quindi, noi voteremo contro per quello che non ha detto e voteremo contro anche per quello che ha detto. E le porto un tema sul quale è stato particolarmente generico, è stato carente, è stato superficiale, che è il tema della giustizia, che è un tema particolarmente caro al nostro Paese. Su questo tema è apparso in modo evidente che non c’è nessuna condivisione del programma tra le forze politiche che la sosterranno. Lei ieri ha citato due telefonate, e le fa sicuramente onore. Ha citato la telefonata che ha fatto a Lucia di Pesaro, una donna trentaseienne che è stata sfregiata con l'acido dal suo ex fidanzato; e ha chiamato la mamma di Lorenzo Guarnieri che è un ragazzo di 17 anni che è stato ucciso in un incidente stradale. Queste due persone sono accomunate da un fattore, entrambe sono vittime di reati e nei confronti delle vittime dei reati serve tutela, serve sostegno e serve garanzia. Glielo dico perché in questi dieci mesi noi, in quest'Aula, per opera e per mano del suo partito, abbiamo dovuto, e con noi il Paese, sostenere e affrontare ben quattro provvedimenti «svuota carceri», ben quattro indulti mascherati che rappresentano la negazione dei diritti delle vittime. Presidente Renzi, i diritti delle vittime si tutelano, non a parole, ma si tutelano con dei provvedimenti che garantiscono loro i diritti che sono stati lesi a seguito di un reato. Lei, come noi, ha sicuramente a cuore l'istituzione del reato di omicidio stradale. C’è una proposta della Lega Nord; c’è una proposta che venne fatta all'epoca dall'ex Ministro dell'interno Roberto Maroni. La invitiamo a prendere questa proposta di legge, portarla in uno dei primi Consigli dei ministri e dare immediatamente esecuzione a questa richiesta che le vittime dei reati particolarmente chiedono.
I problemi della giustizia sono altri. Lei ieri ha citato solo ed esclusivamente dei titoli, ma non ha dato contenuti, non ha detto come pensa di poter affrontare uno Pag. 33dei fardelli principali che il sistema giustizia ha: nove milioni di cause civili e penali pendenti. E c’è il problema dell'irragionevole durata dei processi. In Italia un processo dura più di tremila giorni. Noi su questi temi, su una giustizia giusta ed efficace, ovviamente la sfidiamo.
Concludo Presidente, dicendole questo, che la Lega Nord non verrà a sciacquare i panni in Arno, probabilmente sarà lei che dovrà andare a sciacquare i panni in qualche fiume tedesco (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Monchiero. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, nel suo intervento di ieri al Senato lei ha forse difettato in concretezza, come stamattina commentava qualche editorialista, ma indubbiamente è stato molto ricco di suggestioni. Vorrei coglierne una di queste suggestioni che mi sta anche a cuore per la mia precedente vita professionale: la riforma della pubblica amministrazione. È indubitabile che questo Paese sia soffocato da un eccesso di burocrazia e che la produttività del nostro apparato burocratico sia complessivamente insufficiente. Tuttavia, non credo che si possa ottenere il rinnovamento della pubblica amministrazione insultando i dipendenti pubblici come avvenne qualche anno fa. Un Ministro pensò di ottenere chissà quale rivoluzione chiamando fannullona una parte dei dipendenti e individuandone anche la percentuale per legge.
Noi naturalmente preferiremmo criteri più oggettivi, più personalizzati per dire chi è fannullone e chi non lo è. Ma, in ogni caso, quel tentativo di riforma fallì miseramente perché alle spalle non aveva nessuna spiritualità, nessuna suggestione, nessuna idea.
Nel suo intervento di ieri ho colto un'altra suggestione: l'assunzione di responsabilità correlata alla capacità di dare l'esempio. Ebbene, quale esempio può dare il Governo e il Parlamento alla pubblica amministrazione ? Me lo sono chiesto e ho tentato di darmi una risposta. Credo che noi daremmo un grande esempio alla pubblica amministrazione se migliorassimo la qualità delle leggi. La qualità delle nostre leggi è tecnicamente scadente. Le leggi sono troppe, le leggi sono farraginose, le leggi sono incomprensibili, le leggi sono male applicate proprio perché incomprensibili. Noi che cosa dobbiamo fare per rendere le leggi più comprensibili ? Beh, intanto credo che sia indispensabile intervenire sul procedimento di formazione delle leggi. Lo so che questo richiede tempi anche lunghi, però il procedimento di formazione delle leggi sembra fatto apposta per produrre leggi incomprensibili. Le modalità con le quali vengono presentate al Parlamento, sottoposte alle Commissioni, dove ognuno di noi fa a gara a presentare emendamenti perché, chissà mai perché, pare che presentare emendamenti costituisca un merito mentre quasi sempre concorre soltanto alla confusione; direi che noi dobbiamo intervenire su questo e proporrei al suo Governo di dare un esempio su questo terreno. Vede, signor Presidente, dato che l'iniziativa normativa è prevalentemente esercitata dal Governo, oserei dire con qualche decreto-legge di troppo e qualche disegno di legge in meno, sarebbe meglio invertire le percentuali di disegni di legge e di decreti-legge. Poiché, dicevo, questa iniziativa è esercitata prevalentemente dal Governo, le darei un suggerimento che mi pare consono alla sua natura di giovane voglioso di cambiare. Lei legga i decreti-legge e le proposte di legge, le legga tutte, riga per riga, e provi ad applicarle. Quelle che non le sembrano ictu oculi applicabili, le rimandi semplicemente all'estensore. Passerà qualche giorno, il Paese non morirà per questo, ma le leggi usciranno certamente migliori. Una pubblica amministrazione che fosse stimolata con leggi migliori, che fosse stimolata con leggi che dessero significato concreto alla parola «merito» è una pubblica amministrazione che potrebbe funzionare. Di questo sono convinto. Sono anche convinto che questo sia un interesse primario del suo Governo e per questa ragione le daremo oggi la Pag. 34fiducia, ma stimolandola sempre a dare concretezza alle cose che oggi ci vengono promesse (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Civati. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CIVATI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, ciao Matteo, volevo dirti in due minuti che stai sbagliando. Anch'io ho sognato che la nostra generazione andasse al Governo, ma ho sperato lo facesse con il voto delle persone e non con una manovra che neanche ai tempi di Mariano Rumor. Perché per me il problema più grande non è un problema che riguarda soltanto le dinamiche interne al nostro partito e che mi dispiace sia risuonato pochissimo in quest'Aula, è che continuiamo a fare Governi senza passare dal voto dei cittadini, a volte a loro dispetto. E voglio ricordare oggi che dovrebbero sempre essere gli elettori a scegliere i politici e non viceversa. Credo di rappresentare il disagio di molti elettori, non la maggior parte, ma di molti elettori del Partito Democratico, un disagio che si è manifestato anche ieri in alcuni interventi al Senato, un disagio che è molto forte. Se ho deciso alla fine di un lungo travaglio di votare la fiducia e di prendermi per questo i fischi anche al posto tuo o di altri, diciamo, lo faccio solo perché penso, come ha detto Pier Luigi Bersani, che non si debba sfasciare tutto e non intendo solo il Partito Democratico. Intendo la possibilità di portare al Governo di questo Paese un cambiamento vero, creato con il consenso delle persone e maturato nella società.
Io non ho molto altro da aggiungere, perché ho cercato in questi giorni di convincere tutti voi – perché il Partito Democratico, al 90 per cento, si è espresso a favore di questa scelta – che fosse una strada sbagliata. Ho cercato di farlo e non ci sono riuscito, ma ti consiglio d'ora in poi di tenere altro viaggio, come dice un poeta a cui siamo tutti affezionati. Per quanto mi riguarda, lavorerò, come ho detto più volte in quest'Aula e fuori, perché si costruisca il centrosinistra, quel centrosinistra con cui ci siamo presentati alle elezioni – non lo dimentico – e che rimane davvero forse una mia ossessione, ma la mia vera speranza per questo Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Claudio Fava. Ne ha facoltà.

CLAUDIO FAVA. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, lei ci ha chiesto la fiducia, che noi non le daremo, ma merita la nostra franchezza, e franchezza è una parola che non può alimentarsi di pregiudizi. I pregiudizi sono la fuga dalla responsabilità di un confronto al quale noi non ci vogliamo sottrarre. Quindi, le dico subito che dal mio, dal nostro punto di vista, il suo Governo non è un rimpasto, sarebbe una lettura troppo superficiale. Ci sono Ministri che rappresentano scelte vecchie, prevedibili, in parte logorate, ma ci sono anche scelte coraggiose di una qualità che sapremo verificare. Credo che il suo discorso di ieri sia stato poco istituzionale; come è stato detto da molti commentatori, assai irrituale. Non mi sento scandalizzato per questo. Mi sembra che il credito che questo Parlamento ha accumulato negli anni attorno alle proprie liturgie lo abbia anche saputo sprecare. Per cui, non farei delle nostre liturgie una virtù. Credo che abbia anche scelto con coraggio – vedremo se anche con sapienza – di far irrompere la vita, quella materiale, nel suo profilo di Governo, ma la vita, la vita vera, la vita quotidiana, è anche una pretesa che ci obbliga a far di conto. La valutazione che è stata fatta da molti commentatori è che il suo programma, che può sembrare generoso, può sembrare presuntuoso, rischia di costare 100 miliardi di euro; e siccome le casse sono vuote, la domanda che si fa – e non è una domanda provocatoria, ma una domanda politica – è come si pensa di riempirle. È un programma che non può che essere condivisibile in alcuni punti che lei ieri ha indicato: intervenire sull'edilizia scolastica, intervenire con una Pag. 35percentuale a due cifre sul taglio del cuneo fiscale, la messa in sicurezza del Paese. Ma lei ci ha raccontato molte cose che piacciono, non ci ha parlato delle cose che piacciono meno. Vorremmo sentirle dire che queste cose che piacciono meno non stanno nelle intenzioni del suo Governo. Per esempio: tagli che umilino ulteriormente la spesa sociale, tagli che continuino ad intervenire, come avvenuto in passato, sulla ricerca, l'innovazione, l'università. Vorremmo sentirle dire che le risorse che lei intende recuperare le cercherà lì dove la spesa in questi anni si è fatta fonte di spreco e di vizio. Vorremo darle in questo senso qualche suggerimento, proporle qualche domanda: vorrà tagliare le spese militari superflue ? Noi siamo contenti che ci sia finalmente un Ministro della difesa donna, ci piacerebbe però che ci fosse finalmente un Ministro della difesa capace di tagliare in modo verticale il progetto di spesa per i caccia F-35 (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà); e questo non l'abbiamo sentito dire né da lei né da altri.
Vorrà tagliare le altissime retribuzioni ai manager pubblici, che sono i più pagati dell'OCSE ? Sono statistiche che non le offro io, che non le offre SEL: 482 mila euro è la retribuzione media. Signor Presidente, è il doppio della retribuzione media che hanno i manager pubblici in Germania o negli Stati Uniti d'America. Il suo amico disoccupato che le ha raccontato di aver perso il lavoro, come valuta il fatto che un manager medio di un'azienda pubblica italiana guadagna 108 volte di più di uno degli impiegati della sua azienda ? Io credo che questa sia non soltanto una questione di etica politica, ma anche la capacità di recuperare risorse di cui, se le sue intenzioni sono intenzioni serie, il suo Governo avrà grande bisogno.
Sulla giustizia, lei ci ha parlato della necessità di avere pene meno tolleranti per i responsabili degli incidenti stradali: mi sembra un po’ poco, sul tema della giustizia.
Mi sembra una reticenza pericolosa il fatto che lei non abbia ricordato che in questo Paese noi paghiamo alle tasche dei corrotti e dei corruttori la cifra più alta che si paga in Europa: più di 80 miliardi di euro.
Non ha parlato di lotta alla mafia: non sto qui a farne una questione di scandalo, non credo che evocare la lotta alla mafia, nella quale siamo todos caballeros, tutti sulla stessa linea, tutti orgogliosi, ansiosi di dare il nostro contributo, sia quello che cerchiamo da un Governo; ma vorremmo al sodo capire per esempio se il suo Governo intende impegnarsi per recuperare i 3 miliardi e mezzo di cash liquido e titoli che sono stati confiscati alle cosche mafiose, che sono stati affidati al Fondo unico della giustizia. In due anni è stato speso il 7 per cento; nel frattempo molte auto della polizia e dei carabinieri non possono andare in giro perché sono senza carburante. Cosa Nostra ha fatto perdere all'Italia 185 mila posti di lavoro: non so se il suo amico sia fra questi 185 mila poveracci che sono senza lavoro, ma certamente è un costo sociale del quale il suo Esecutivo dovrà farsi carico.
Beni confiscati: ci piacerebbe che lei si impegnasse perché la lotta alla mafia venisse percepita non come un obbligo istituzionale, ma come una scelta di convenienza, signor Presidente. E questa convenienza oggi manca: manca nelle scelte del Governo. Negli anni abbiamo sequestrato e confiscato 1.300 aziende: 30 sono ancora sul mercato, le altre sono state chiuse. Abbiamo un percorso ad ostacoli per ogni bene che viene confiscato alla mafia. Le stesse banche che fino a ieri concedevano ampio credito senza alcuna garanzia ai beni dei mafiosi, quando quei beni vengono confiscati, tagliano il credito a chi è andato a gestirli: di questo il suo Governo vuole occuparsi ? Vuole finalmente superare quest'approccio rudemente burocratico che ci è stato spiegato, per cui lo Stato non è imprenditore, è soltanto un custode giudiziario ? Basta togliere alla mafia, questo è sufficiente a liberare le nostre coscienze davanti a Dio. Non basta: le nostre coscienze davanti alla mafia verranno liberate soltanto se dimostreremo che questa è una battaglia di grande convenienza.Pag. 36
Serve un avviamento alla legalità, di cui non c’è stata traccia nei Governi che l'hanno preceduto. Servono molte altre cose; il tempo finisce e qui mi fermo. Signor Presidente, in quest'Aula c’è chi brucia al rogo i libri e i Governi insieme; c’è chi decide di votare la sfiducia senza sottrarsi al dovere, alla responsabilità, e anche alla fatica e alla complessità di un confronto. A ciascuno la propria parte; e in questo senso facciamo a lei, ma facciamo anche a noi, gli auguri di buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, signori Ministri, signor Presidente del Consiglio, abbiamo assistito a una lunga gestazione prima della crisi, di cui in questo dibattito poco si è parlato, ma si è parlato molto e diffusamente sulla carta stampata, sul circuito mediatico; e forse vale la pena comunque rammentare, perché c’è già a ben vedere una sorta di peccato originale nel suo esordio, signor Presidente del Consiglio, che non possiamo dimenticare, perché tutti siamo consapevoli, noi che rappresentiamo i cittadini italiani all'interno del Parlamento della Repubblica, così come ciascuna persona che rappresenta nel proprio lavoro, con la propria sensibilità, la propria educazione, il popolo italiano, siamo tutti consapevoli di quello che ha rappresentato in questi anni questa sorta di spinta al cambiamento, che lei ha definito, con una vecchia terminologia comunque mai desueta, originale, il principio della rottamazione.
Ci ha spiegato in più circostanze, anche scrivendolo nei suoi innumerevoli libri, che non voleva certamente rottamare le persone: che sarebbe stato di cattivo gusto immaginare questa sorta di trasferimento di concetto tra un oggetto che può essere rottamato, e di cui si possono recuperare degli elementi, e delle persone. Anche se va da sé che alcune personalità del suo partito sono di fatto completamente uscite di scena: potrebbero tranquillamente essere soggetti protagonisti di una sorta di special della trasmissione Chi l'ha visto. Quindi forse c'era anche il principio sotteso della rottamazione delle persone.
Ma voleva probabilmente rottamare alcune pessime consuetudini a cui ci ha abituato la politica italiana nel corso degli anni, voleva probabilmente rottamare, tra queste consuetudini, quella che ha attraversato praticamente l'intero secondo dopoguerra ma che si è manifestata anche recentemente, dopo una piccola stagione in cui era scomparsa dalla scena, dei Governi che vengono di fatto decisi altrove; i Governi che sono espressione non del popolo italiano, dei cittadini, della volontà popolare, ma che sono l'espressione di vere e proprie congiure di Palazzo.
La Rete, i social network, sono letteralmente infestati dalla immagine attraverso la quale lei si è presentato rassicurando il suo predecessore e dicendogli di stare sereno. Beh, forse ha fatto male, il Presidente Letta, a fidarsi di lei e delle sue dichiarazioni, è stato troppo sereno. Lei ha rottamato il principio della sincerità che pure l'aveva portato sugli scudi di buona parte del popolo italiano e di quella parte migliore che immaginava e riteneva che potesse rappresentare una sorta di discontinuità rispetto alle questioni che ho appena rammentato.
Non c’è, dunque, solo e soltanto la congiura in quanto tale che ci impressiona ma ci impressiona molto di più rispetto a quando gli attori protagonisti delle congiure potevano essere l'onorevole D'Alema rispetto a Prodi. Tutto sommato buona parte del popolo italiano, e chi parla, si aspettavano per filo e per segno che quelle congiure potevano accadere, erano all'ordine del giorno.
La gente non si attendeva che lei potesse essere frutto, anzi, potesse essere attore protagonista di una congiura. Questo di fatto è un principio di autorottamazione che si va ad affermare: lei ha rottamato una parte significativa dei valori che ha tentato di rappresentare in questi anni.Pag. 37
Ieri si è presentato con l'approccio un po’ da discolo che la caratterizza e che tutto sommato fa anche simpatia, al cospetto di Palazzo Madama, al cospetto dei senatori della Repubblica italiana; ha svolto la sua relazione programmatica, l'ha fatta a braccio, altro fatto apprezzabile non fosse altro – al di là dei contenuti – perché stabilisce anche un principio di familiarità, di confidenza nei confronti di ciascuno dei senatori e dei gruppi politici che lì sono rappresentati.
Però penso che non si possano omettere – l'hanno fatto diversi colleghi e lo faremo anche noi di Fratelli d'Italia – alcuni punti oscuri di quella relazione.
Intanto, gli argomenti non trattati. Ecco, per voler addirittura passare sopra un principio fondante la sua cifra politica e arrivare a Palazzo senza la legittimazione popolare, molti tra noi si aspettavano davvero faville, fuochi artificiali, cioè la giustificazione rispetto a questo incidente di percorso nel metodo poteva e doveva essere rappresentato dalla capacità di incidere nel corpo, nell'organismo, nelle sue incrostazioni, nelle tossine accumulate delle istituzioni che oggi si trova a rappresentare. Bene, diciamo che l'esordio non è stato esattamente dei più convincenti, non ci sono state queste grandi novità, non ci sono stati grandi annunci, non c’è stata una grande diversità rispetto anche alle scelte che ha fatto. Il Consiglio dei ministri è in perfetta e totale, a nostro giudizio, continuità rispetto a quello del Presidente Letta; ci sono ben dieci esponenti che vengono da quell'esperienza a vario titolo, o nel ruolo di ministri, di viceministri o in quello di sottosegretari. E se doveva essere un Esecutivo di discontinuità forse c’è troppa continuità.
E ancora, che cosa ha lasciato perplesso il popolo italiano rispetto all'esperienza terribile del professor Monti, successivamente di quello che noi simpaticamente abbiamo definito «Monti bis» e che cosa si osserva all'orizzonte come un autentico possibile spettro nel «Renzi 1» che diventa un «Monti ter» più che un «Letta bis» ? Ci spaventa il fatto che non ci sia stata alcuna sensibilità e quindi capacità di ascoltare – concetto anche questo fortemente citato e quindi abusato – i cittadini, abbiamo un problema, un problema serio, che penso debba essere affrontato in maniera seria, profonda, che non si possa guardare con superficialità e liquidare con le solite battute di circostanza o addirittura nascondendo la polvere sotto il tappeto. Il problema è il rapporto con l'Europa, l'Italia e l'Europa, l'Italia soggetto fondatore dell'Unione europea e l'Italia che comunque si è manifestata nel corso dei decenni attraverso quella antica consuetudine di avere dei Governi che duravano in carica pochi mesi – la media, come sapete e come sappiamo, è stata nella Prima Repubblica di un Presidente del Consiglio ogni otto mesi – e questo ha reso fragile l'Italia al cospetto della comunità internazionale e dell'Europa stessa. Non credo che si vada molto distanti dalla verità se si asserisce il principio che quando si è firmata la gran parte dei trattati capestro a Bruxelles i Presidenti del Consiglio o non erano perfettamente consapevoli di quello che firmavano o comunque non avevano l'autorevolezza necessaria per poterli puntualizzare, emendare o contestare. Quindi questo comunque è un principio che ci troviamo sulle nostre spalle e che ormai è diffuso nella pubblica opinione.
Lei sa, signor Presidente del Consiglio, di una forte allergia che si è sviluppata in Italia in tutti i ceti sociali nei confronti dell'euro. Io non so se sia giusto o sbagliato aprire una vertenza con l'Europa sull'euro, non so se sia giusto o sbagliato chiedere la fuoriuscita dell'Italia dall'euro, Fratelli d'Italia di recente ha svolto delle sue elezioni primarie e ha chiesto conto ai 250 mila cittadini che si sono avvicinati anche di esprimere un giudizio sull'euro. Certamente l'impressione è che attraverso lo scetticismo sull'euro si voglia far passare questa insofferenza, perché ricordo a lei, Presidente del Consiglio, nella speranza di poter essere utile anche alle sue future decisioni, che l'Europa ignora, direi in maniera strutturale e forse anche con una punta di maleducazione, tutte le principali esigenze, i principali bisogni della Pag. 38nazione Italia. L'Europa non si occupa di dissesto idrogeologico – e a guardare la sua relazione programmatica direi che è in buona compagnia, perché non se ne occupa neanche lei – l'Europa si occupa di alterazioni climatiche, chiede all'Italia e a tutti gli Stati membri di mettersi le mani nel portafoglio per contribuire da questo punto di vista a ridurre l'effetto serra, ma è come se non collegasse questo sacrificio con la conformazione morfologica dell'Italia stessa, che è una penisola, che è devastata letteralmente, nel caso delle coste, dal dissesto idrogeologico, dalle frane. L'Europa non mette a disposizione alcun investimento per tentare di contrastare questo fenomeno, nonostante l'Italia sia sovraesposta. L'Europa non interviene, né da un punto di vista strutturale, né da un punto di vista emergenziale, rispetto agli eventi sismici di cui ancora una volta siamo ahimè protagonisti, i principali protagonisti in negativo – ma non per colpa nostra – dell'Europa intera. Non c’è un euro, a meno che non si va con il cappello in mano a chiedere l'elemosina e solo successivamente alla richiesta di elemosina l'Europa, Bruxelles concede qualche centinaia di migliaia di euro per tentare di intervenire sui nostri ahimè reiterati eventi sismici.
Ma non ci sono interventi strutturali previsti, non c’è il consolidamento dei tessuti urbani, non c’è il consolidamento dei centri storici e quindi il loro recupero, non c’è nulla.
L'Europa, signor Presidente del Consiglio, è completamente sorda rispetto ad un'altra nostra necessità, che è un'eccellenza mondiale. L'Europa non interviene in maniera adeguata sulla valorizzazione del patrimonio culturale e del patrimonio archeologico, cioè il nostro petrolio: lo diceva il Ministro Franceschini qualche giorno fa, ma non è stato il solo. Penso che siano almeno cento anni che chiunque svolga il ruolo di Ministro dei beni culturali esordisca dicendo che il patrimonio culturale è il nostro giacimento petrolifero. Ma nel rapporto con l'Europa, pur essendo noi, nazione italiana, il maggiore contribuente in proporzione al nostro PIL e alle ricchezze che produciamo, non abbiamo alcun segnale al riguardo.
Signor Presidente del Consiglio, la informo anche che, per responsabilità o per colpa – che si capisce meglio – della Cancelliera Merkel e degli Stati del nord Europa non vengono attuate politiche di tutela del made in. Questo significa, in buona sostanza, che per tutte le eccellenze italiane – noi siamo specializzati nei prodotti di qualità e siamo storicamente strutturati in questa maniera – siccome i Paesi attualmente più ricchi, o comunque che hanno un maggior potere contrattuale in Europa non hanno nulla da esibire in termini di qualità, vengono viceversa fatte delle scelte dall'Europa tali da favorire di fatto la finanziarizzazione dell'economia, cioè si va in Europa anche dal punto di vista della produzione e della produzione industriale in direzione perfettamente contrapposta rispetto agli interessi della nostra comunità nazionale.
Così come l'Europa, per responsabilità e per colpa degli stessi soggetti citati, decide di non opporre alcuno sbarramento rispetto alle merci che vengono prodotte degli ex Paesi emergenti, attualmente ampiamente emersi, senza rispetto per i diritti dei lavoratori, per i diritti dell'ambiente, per i diritti sociali, per i diritti dei minori, per i diritti delle donne. Mi riferisco, in buona sostanza, tanto per non fare nomi e cognomi, prevalentemente alla Cina e all'India, di cui siamo viceversa partner insostituibili. Non c’è neanche a livello nazionale la capacità e l'orgoglio. Altro che cuneo fiscale ! Certo che è centrale la questione del cuneo fiscale, certo che è centrale la questione della tassazione del lavoro, ma non ci vuole esattamente una scienza per capire che, se un prodotto può essere realizzato non già nella lontanissima Cina, ma sulle coste dirimpettaie dell'Adriatico con un esborso dal punto di vista del costo del lavoro che è pari ad un decimo rispetto a quello che paghiamo qui in Italia, si favorisce la delocalizzazione e si favoriscono le chiusure più volte denunciate delle nostre piccole e medie aziende. Quindi, forse, contemporaneamente almeno Pag. 39alla grande questione della riduzione del costo del lavoro e delle tasse sul lavoro, andrebbe proposta una strategia rispetto a questo fenomeno della concorrenza sleale, che ormai è penetrata anche all'interno dei confini dell'Europa. Non bisogna soltanto essere attrezzati, fortemente attrezzati per potersi permettere da azienda italiana il trasferimento dei propri stabilimenti produttivi nella lontana Cina; ci si può arrivare a centocinquanta chilometri di distanza. L'Europa è ferma al palo.
Tra le cose non dette, Presidente – e mi avvio a concludere velocemente –, e su cui lei potrà trovare, se dovesse ripensarci, il conforto di Fratelli d'Italia, che è vero che non la pensa come lei, che è vero che non la sosterrà, che è vero che ha sempre avuto una sorta di moto d'impeto rispetto agli «inciuci» di palazzo e quindi anche alle cosiddette (è una metafora) grandi o larghe intese, Fratelli d'Italia pensa che sia opportuno e necessario mettere al primo posto l'Italia e gli interessi degli italiani.
Se lei, Presidente Renzi, deciderà o decidesse di promuovere un'iniziativa per mettere nella Costituzione italiana un tetto alla pressione fiscale ci avrà dalla sua parte; se lei deciderà di fare per davvero e con incisività, senza demagogia e senza colpire i poveri disgraziati, cioè gli artigiani, i commercianti, i piccoli imprenditori, le famiglie, la lotta all'evasione fiscale e la farà guardando alla grande evasione fiscale, lei avrà Fratelli d'Italia dalla sua parte; se deciderà di far pagare i 98 miliardi di euro evasi al fisco dalle grandi aziende che operano nel campo delle slot machine e dei giochi d'azzardo, in perfetta discontinuità con il suo predecessore – ma la maggioranza è la stessa e i dieci diciassettesimi del suo Governo sono gli stessi –, se lo farà, se farà pagare gli interi 98 miliardi evasi al fisco noi saremo dalla sua parte; se lei non condonerà i quattro quinti dell'evasione fiscale dei grandi istituti di credito, le banche italiane, così come invece è accaduto precedentemente – 5 miliardi di euro evasi al fisco e 1 miliardo soltanto pagato dalle banche allo Stato italiano –, Fratelli d'Italia sarà dalla sua parte, al suo fianco, la difenderà dai poteri forti che tenteranno di contrastare questi provvedimenti; se lei vorrà intervenire sulle politiche fiscali, Presidente Renzi, in maniera davvero determinata, scrivendo un capitolo nuovo e andando nella direzione dello «scarica tutto», cioè del contrasto di interessi a tutela dei cittadini e non dei grandi evasori, lei avrà Fratelli d'Italia dalla sua parte, pur stando all'opposizione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO RAMPELLI. Se deciderà – e vado a concludere – per la separazione delle banche commerciali dalle banche d'affari, cioè per sconfiggere la finanziarizzazione dell'economia e anche questa assurda deriva che hanno preso gli istituti di credito in Italia, premiati dal Governo Letta, premiati dalla sua maggioranza attraverso i noti accadimenti della riprivatizzazione della Banca d'Italia dopo la famosa legge del 2005, dopo i 7 miliardi e mezzo regalati alle banche private, lei ci avrà dalla sua parte. Così come quando dovesse intervenire sulla demografia, cioè andando incontro alle famiglie...

PRESIDENTE. Concluda !

FABIO RAMPELLI. ... cioè detassando, anzi individuando un'area no tax per le famiglie numerose.
Insomma, Presidente Renzi – mi stava scappando di dire Presidente Letta: chissà se ci sarà davvero una differenza –, se sarà coerente, diversamente da come è stato incoerente nelle ultime ore, noi siamo disposti a fare il nostro lavoro anche sulla legge elettorale, anche sulle riforme istituzionali, se si andrà nella direzione del 100 per cento democrazia, se si faranno eleggere le principali cariche dello Stato dai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Renato Balduzzi. Ne ha facoltà.

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RENATO BALDUZZI. Signora Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, signore Ministre, credo che Scelta Civica non possa che condividere il punto di partenza, signor Presidente del Consiglio, del suo intervento programmatico, cioè che questo Paese avrà bisogno di cambiamenti, cambiamenti delle regole, cambiamenti dei comportamenti, cambiamenti dei criteri. I cambiamenti economico-sociali si intrecciano con quelli istituzionali. C’è un problema certamente di efficienza dei procedimenti istituzionali per avere con più facilità cambiamenti economico-sociali. C’è anche un problema, però, di rappresentanza.
C’è un deficit forte di rappresentanza, nel nostro come in altri Paesi, ma nel nostro in modo molto acuto. Come risolvere questo deficit di rappresentanza ? Attraverso dei cambiamenti istituzionali ? Mi soffermerei su questo, Presidente del Consiglio.
Con la legge elettorale ? Sicuramente. Una legge elettorale capace di dare un messaggio di un di più di rappresentanza. Noi abbiamo condiviso, come Scelta Civica, l'impianto delle proposte cosiddette Italicum, abbiamo anche detto a lei, signor Presidente del Consiglio, che chiediamo alcune modifiche per poterle inserire dentro un quadro proprio di maggiore rappresentanza.
Con la riforma del bicameralismo ? Sicuramente. I francesi hanno un'espressione interessante per definire il loro Senato, che dicono essere l'espressione della Francia profonda. Ecco, in qualche modo anche noi vorremmo, Presidente Renzi, che il futuro Senato possa essere espressione di un'Italia profonda. Profonda in che cosa ? Profonda nelle sue autonomie, autonomie regionali e autonomie locali, anche nelle autonomie funzionali, cioè le università, le camere di commercio, le professioni. Un Senato capace non di duplicare quest'Aula, ma di fare qualche cosa di diverso e, quindi, da lei ci aspettiamo una risposta su questo qualcosa di diverso, in ordine al rapporto con l'Unione europea, in ordine al rapporto con le nomine, ai pareri sulle nomine governative, in ordine al potere di inchiesta e, perché no, anche delle risposte su ciò che resterà della funzione legislativa del Senato, per esempio sui diritti civili e sui diritti politici e sociali probabilmente è importante che la seconda Camera abbia una competenza piena.
Così, pure, c’è un problema di rappresentanza che deve avere una risposta per quanto riguarda le modifiche del Titolo V, e anche qui Scelta Civica dichiara la propria totale disponibilità, io aggiungo anche a livello personale nella qualità di presidente della Commissione bicamerale per le questione regionali.
Quindi, c’è tutto questo complesso di decisioni sulle quali credo, Presidente, che sia possibile fare presto e fare bene. È sufficiente dare una risposta ad alcune delle domande contenute in questo mio breve intervento, che già potremmo certamente fare un passo avanti. Un passo avanti che va nella direzione che noi auspichiamo. Noi non siamo tra coloro che vogliono opporsi alle riforme, siamo tra coloro che le hanno sempre sollecitate e credo che il 2014 possa essere davvero questo anno buono per la democrazia italiana, sapendo che non c’è soltanto da fare, anzi probabilmente non c’è proprio da fare una operazione di ingegneria istituzionale, ma c’è da dare una risposta alle domande di rappresentanza che il Paese chiede.
E queste domande di rappresentanza sono anche, in fondo, la capacità nostra di dare risposta e anche, in fondo, una risposta capace di dare più coesione a questo Paese. Rappresentanza e coesione sono i nodi scoperti dell'Occidente. Dentro questo Occidente, il nostro Paese ha forse qualche cosa di più, una domanda ulteriore e una sofferenza maggiore.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

RENATO BALDUZZI. La nostra fiducia sta proprio qui, Presidente Renzi, che le modalità, per molti aspetti nuove, attraverso cui questo Governo nasce, siano proprio quelle modalità capaci di dare una risposta in termini di rappresentanza e di coesione.Pag. 41
Buon lavoro Presidente, noi ci siamo, saremo esigenti, lo siamo stati sempre, fin dall'inizio con il Governo precedente e lo saremo anche con lei, ma con questa fiducia di fondo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto ora a parlare il deputato Simone Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Grazie, onorevole Presidente, io appartengo a quella parte di italiani, che credo sia la maggioranza, che crede che chi sieda nei banchi in cui oggi siede il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, debba passare per le elezioni, per una vittoria elettorale. Ci troviamo, quindi, oggi a discutere di questa fiducia attraverso un passaggio strano, democraticamente singolare, attraverso un'accelerazione improvvisa – qualcuno l'ha giudicata spregiudicata – che ci porta oggi qui con un Governo che chiede la fiducia.
E lei, Presidente del Consiglio, è una persona che ha catalizzato intorno a lei tante aspettative politiche, ha fatto un percorso interno al suo partito, ha vinto un congresso ed è oggi alla guida della forza a cui una legge elettorale giudicata incostituzionale conferisce in questo Parlamento una quantità assai importante di seggi, un premio di maggioranza che la porta a contare quasi trecento deputati. Attraverso di lei queste aspettative vengono girate all'interno di un meccanismo istituzionale in un Paese in cui stranamente tanti leader sono fuori dal Parlamento. È fuori dal Parlamento Grillo, è fuori dal Parlamento Nichi Vendola, è fuori dal Parlamento, per scelta di qualcuno che pensava che la democrazia ci guadagnasse, Silvio Berlusconi, è fuori dal Parlamento Matteo Salvini, è Ministro e quindi non può intervenire in questo Parlamento liberamente da capo di partito Angelino Alfano. Insomma, ci sono diverse anomalie. Ecco questa situazione anomala, e allo stesso tempo carica di tante aspettative, rischia di provocare una certa ansia da prestazione. L'incertezza programmatica che abbiamo visto ieri al Senato e letto qui, nello stenografico del suo intervento, rischia di portare a dei colpi di teatro che non solo non servono, ma che rischiano di essere persino dannosi. Noi sul Governo non abbiamo grandi aspettative – glielo dico onestamente Presidente Renzi – lei ha gli stessi numeri del Governo precedente, anche in grossa parte gli stessi Ministri, e ha anche le stesse risorse. Quindi, questo ci mette in una posizione di grande diffidenza e di grande criticità, una criticità serena, nel senso che noi valuteremo le proposte che lei farà, le valuteremo con serietà: saremo contrari quando si proverà a mettere le mani nelle tasche dei cittadini italiani, saremo favorevoli se queste risposte aderiranno alle nostre linee programmatiche. Ma crediamo che, lei, Presidente Renzi, che è un bravo comunicatore, avrà l'intelligenza e l'umiltà di sapere e di capire che, da questo Parlamento, lei ha molto da apprendere e forse meno da insegnare. Però io credo che, in questa fase di Governo, cui noi non partecipiamo, noi dovremo essere serenamente critici e costruttivi. La fase che, invece, ci interessa di più è quella della riforma delle regole, che impedirà, Presidente Renzi, se verrà affrontata con successo, che lei, come molti suoi predecessori, si trovi qui fra qualche mese o un anno, a fare quello che i suoi predecessori hanno fatto, cioè trovarsi in un Parlamento impantanato dai decreti, a subire gli insulti dell'opposizione e con una maggioranza che cercherà di tenerla appesa per i pochi numeri che rimarranno.
Allora, il salto di qualità, a mio avviso, si misura qui: sulla capacità di scrivere regole per trasformare un Paese strano in un Paese normale, in un Paese in cui chi vince le elezioni possa governare e soprattutto in cui non governi chi le elezioni non le vince, in un Paese in cui ci sia una legge elettorale che permetta di sapere chi vince le elezioni, che dia la possibilità di governare a chi ha più consenso e che dia la possibilità a chi diventa Presidente del Consiglio, come è oggi lei, Presidente Renzi, di poter attuare le politiche di Governo e di poter, se necessario, revocare i propri Ministri, di non essere risucchiato nelle sacche di un immobilismo che, per Pag. 42troppo tempo, ha rallentato, senza dare alternativa ai Governi, rispetto ai decreti i tempi delle nostre decisioni; di discutere con grande serenità e costruttività dei Regolamenti parlamentari, senza far prevalere logiche di maggioranza contro l'opposizione. Insomma di metterci nelle condizioni – e questa secondo me è la sfida perché lei, dal punto di vista del Governo, non ha né un numero in più né un euro in più dei suoi predecessori, ma dal punto di vista delle regole, quella sì, è un'occasione che lei ha – Presidente Renzi, di scrivere regole che valgano per il futuro, per poterci confrontare liberamente in un Paese che finalmente torni a scegliere chi governa e permetta a chi vince le elezioni di poter governare seriamente.
E le faccio un ultimo appello: si tenga al riparo e alla lontana, Presidente Renzi, dalle lobby e dalle pressioni che puntano a fare gli interessi loro con il patrimonio di questo Paese.

PRESIDENTE. Deputato Baldelli, concluda.

SIMONE BALDELLI. Voli alto, Presidente Renzi, scriviamo insieme le regole per fare in modo che chi governa in questo Paese finalmente lo decidano i cittadini con le elezioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Michele Bordo. Ne ha facoltà. Poi faremo una brevissima pausa di dieci minuti.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, nel suo intervento, che noi abbiamo apprezzato, lei ha sottolineato molto l'importanza dell'Europa e quanto fondamentale sia per l'Italia la presidenza del semestre europeo. L'Europa è straordinariamente importante per la vita di tutti noi: non c’è tema sociale, non c’è questione rilevante che non abbia un qualche risvolto comunitario. Tuttavia, sono ancora tante le forze politiche del nostro Paese che, per demagogia, ragioni elettorali o anche per fatto ideologico, non di rado si riferiscono all'Europa solo in termini negativi. Berlusconi, per esempio, solo qualche giorno fa ha detto che non vi è ragione per affannarsi nella preparazione del semestre, perché tanto – ha detto – quei sei mesi non serviranno a nulla. Bene, lo voglio dire chiaramente: questa è l'idea di chi è sempre stato contro l'Europa, di chi non vuole ammettere che, senza l'Europa, il nostro Paese sarebbe già saltato in aria di fronte a questa drammatica crisi.
Noi abbiamo un'altra idea e lei ha fatto bene a ribadirlo nel discorso alle Camere. Noi siamo consapevoli della forza dell'Europa, delle sue potenzialità; certo, è vero, in questi anni, purtroppo, l'Unione europea è parsa più come l'unione delle élite che non come l'unione dei popoli. Molte decisioni sono state prese con un deficit di legittimazione democratica, sono apparse imposte. Alcuni Paesi hanno sottovalutato gli effetti che avrebbero prodotto alcune scelte, l'austerità eccessiva, il rigore dei conti pubblici, gli effetti che avrebbero prodotto specialmente sull'economia dei Paesi più deboli, più indebitati, come è accaduto per l'Italia.
Al tempo stesso, l'Unione europea si è dimostrata incapace di rispondere ad altri fenomeni globali, come i flussi migratori, la criminalità transfrontaliera. Ma l'Europa, nonostante questi limiti, continua ad essere ancora un'opportunità straordinaria, senza alternative. Ma come avremmo potuto reggere noi la competizione globale, specialmente con i Paesi emergenti, che hanno una crescita del PIL a due cifre ? Con la lira ? Con la sua svalutazione ? Semmai con le scelte che si facevano negli anni Settanta e Ottanta ! Non avremmo avuto futuro, saremmo già falliti.
Diciamo la verità: in questi anni molti hanno contribuito a far passare solo il messaggio negativo dell'Europa e io oggi sono fra quelli che sono preoccupati per quello che potrà accadere alle prossime elezioni europee. Noi, a maggio, corriamo il rischio di eleggere un Parlamento europeo che può essere il Parlamento più anti-europeo della storia, e questo può accadere, potrebbe accadere, perché in Pag. 43questi anni sono passati i limiti, gli errori dell'Unione europea, e non anche i risultati positivi che grazie all'Unione europea abbiamo raggiunto anche nel nostro Paese.
Mi limito a ricordarne solo alcuni: la pace del nostro continente, che dura ormai da 70 anni, la stabilità economica dell'Unione europea grazie alla moneta unica, la crescita derivante, almeno nei decenni precedenti, dall'eliminazione delle frontiere, dalla concorrenza tra i Paesi, che ha consentito una crescita importante e la creazione di molti milioni di posti di lavoro. E poi il consolidamento della protezione dell'ambiente contro l'inquinamento, e poi la conservazione dell'identità del territorio, la conservazione delle produzioni europee attraverso la politica agricola comune. E poi l'Erasmus, che ha celebrato il suo 25 anniversario nel 2012 e che è il maggior programma di scambio al mondo, che ha dato la possibilità a tre milioni di studenti dell'Europa di girare il nostro continente.
È stata – lo voglio ribadire – soprattutto questo l'Europa in questi anni. E qualche volta io penso che questi risultati noi dovremmo rivendicarli con maggiore orgoglio. E, dunque, l'Europa rappresenta ancora una grande opportunità, soprattutto per il nostro Paese, e il semestre di presidenza italiana dell'Unione costituisce per noi un passaggio fondamentale, non soltanto per riaffermare il nostro ruolo centrale e il prestigio del nostro Paese, ma anche e soprattutto per contribuire al rilancio del processo di integrazione europea. La nostra presidenza può segnare una svolta. E a questo scopo io penso che il suo Governo si debba concentrare su alcuni obiettivi.
Il primo consiste nell'adozione di misure e impegni concreti per il rilancio della crescita e dell'occupazione e per alleviare l'impatto sociale della crisi e della austerità. Accanto a riforme strutturali c’è la necessità di dare risposte immediate per stimolare la ripartenza dell'economia.
Il secondo obiettivo deve essere quello di riavviare il processo di riforma dell'Unione, in senso federale e democratico. Insomma, noi dobbiamo pensare sempre di più ad un'Europa che abbia la capacità di unirsi anche sul piano politico. Infatti, se c’è stato un limite in questi anni è stato proprio questo.
Il terzo obiettivo io penso sia che dobbiamo sfruttare meglio le opportunità che ci derivano dal nostro essere parte dell'Unione europea. Dobbiamo spendere meglio i fondi europei, che avremo a disposizione per i prossimi anni e che probabilmente rappresenteranno l'unica possibilità di spesa per il nostro Paese, e non commettere gli errori che abbiamo commesso purtroppo in questi anni, quando quelle risorse le abbiamo disperse in migliaia di piccoli interventi, che servivano solo per piantare bandierine e non certamente per rilanciare il nostro Paese.
E poi, signor Presidente, bisogna fare ogni sforzo per presentarsi all'appuntamento del semestre chiudendo gran parte delle procedure di infrazione che l'Unione europea ha aperto nei confronti del nostro Paese e che costano all'Italia milioni di euro ogni giorno.
Insomma, l'Europa impegnerà molta parte dell'azione di Governo dei prossimi mesi. Ed è proprio per questa ragione che le chiedo di correggere una scelta sbagliata – secondo me – che è stata fatta nel momento in cui il Governo è nato, e cioè quella di non nominare il Ministro per gli affari europei. Poi, nei prossimi giorni probabilmente sarà individuato un sottosegretario, le deleghe saranno assegnate al Ministro degli affari esteri, non lo sappiamo. Però, avere uno che si dedichi a tempo pieno rispetto a tutti dossier dell'Europa, per me è assolutamente fondamentale.
Concludo, signor Presidente, ricordando che noi abbiamo avviato un'indagine conoscitiva, come Parlamento, per offrire a lei e al suo Governo spunti importanti in vista del semestre. Io penso che noi possiamo giocare all'attacco nei prossimi mesi, mettendo sul tavolo tutte le nostre carte. La nostra prova arriva adesso: dimostriamo che non è un caso se il Trattato da cui ha preso le mosse l'Europa è stato firmato proprio in Italia, a Roma.Pag. 44
Voglio concludere con una frase di Altiero Spinelli, dal Manifesto di Ventotene, che dice, riferendosi all'Europa: «La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà». L'Europa è difficile – lo sappiamo – e in questi anni ha dimostrato molti limiti, ma non ci sono alternative all'Europa. Per noi resta ancora un punto di riferimento importante (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sospendo la seduta per quindici minuti per una breve pausa.

La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Franceschini e Lupi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente trentotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione sulle comunicazioni del Governo.

(Ripresa discussione)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle comunicazioni del Governo. È iscritto a parlare il deputato Antimo Cesaro. Ne ha facoltà.

ANTIMO CESARO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, in questi pochi minuti in cui andrò ad approfondire il suo discorso al Senato, vorrei riprendere uno degli aspetti del suo discorso, in particolare quello che concerne la scuola, l'università e la ricerca. Lei ha fatto dell'attenzione straordinaria all'edilizia scolastica un punto di forza del suo discorso e si prevede che si possano mettere in moto circa cinquemila cantieri per ridare lavoro in un settore purtroppo depresso come l'edilizia partendo proprio dall'edilizia scolastica. E, poi, ha aggiunto, signor Presidente, che da mercoledì prossimo sarà presente nelle varie scuole d'Italia. Bene, in riferimento alla sua attenzione all'edilizia scolastica, ricordo, come rappresentante di una regione del sud, della Campania, che in Campania ci sono duemila plessi scolastici e oltre 1.300 abbisognano di un intervento di manutenzione urgente e straordinaria. Si immagini che solo il 10 per cento degli edifici scolastici del Mezzogiorno ha la certificazione antisismica. E visto che lei sta organizzando la sua agenda per visitare le scuole, vorrei suggerirle una destinazione. È una scuola che si trova nel centro di quella terra che è stata prima mortificata con il riferimento a Gomorra e poi alla «Terra dei fuochi». È il liceo classico «Domenico Cirillo» di Aversa; è il liceo che ho frequentato più di trent'anni fa e all'epoca facevo i doppi turni perché il plesso era fatiscente. Oggi è frequentato da mia figlia e ancora mia figlia è costretta a fare i doppi turni perché la succursale dell'istituto è inagibile. Se lei vorrà inserire nella sua programmazione anche questo istituto, mi farà piacere accompagnarla, perché sarà l'occasione per vedere tanti giovani che scommettono sul proprio futuro, in particolare frequentando un liceo classico. Ma su questo ritornerò tra poco. Tra l'altro, un liceo classico intitolato a Domenico Cirillo, un eroe della rivoluzione napoletana del 1799, che poteva scegliere tra un giuramento in extremis di fedeltà alla corona borbonica o la sua dignità. Scelse la sua dignità e, quindi, fu condotto al patibolo. Il liceo classico è un mix di cultura umanistica e tecnico-scientifica e noi abbiamo bisogno, fortissimamente bisogno, della valorizzazione della nostra cultura umanistica, in particolare con un Pag. 45ripensamento dell'eccellenza di una disciplina come la storia dell'arte o una valorizzazione straordinaria della nostra tradizione linguistica e filosofica. Si parla in questi giorni di liceo breve, magari con una fruizione da fast food della cultura filosofica e credo che questo non possa essere consentito.
In che cosa ravvisiamo, Presidente, la grande bellezza del nostro Paese e delle nostre città d'arte ? Lei ieri ha detto che, entrando in Palazzo Madama, aveva il passo incerto davanti a quel luogo che simbolicamente rappresenta la storia in filigrana delle nostre istituzioni. Ebbene, immaginiamo anche lo stupore che suscita la città di Firenze, la sua città, un unicum straordinario per un mix artistico, architettonico e umanistico, nei turisti, ma anche in noi tutti, città con cui ci relazioniamo e ci confrontiamo certamente con passi felpati e in punta di piedi, come lei ieri a Palazzo Madama.
Si immagini davanti a Palazzo Vecchio chi sa leggere in retrospettiva la storia e immaginare quanti hanno cavalcato quegli spazi, hanno abitato quei luoghi. Bene, occorre allora, sulla base di queste premesse, dare grande fiducia – è un termine che lei ha usato – a tutti i giovani che magari decidono oggi di dedicarsi a studi umanistici, per esempio alle lettere classiche, frequentare un conservatorio, scienze della formazione, giovani che magari aspirano a dare la loro forza al teatro, nel restauro, nella digitalizzazione dei beni culturali o affidarsi alla docenza. Quanto è importante valorizzare i nostri maestri, i nostri insegnanti...

PRESIDENTE. Onorevole Cesaro, ha concluso il suo tempo. Deve chiudere.

ANTIMO CESARO. Ma non avevo cinque minuti ?

PRESIDENTE. Sono tutti trascorsi, le assicuro, sono trascorsi anche venti secondi in più.

ANTIMO CESARO. Allora concludo dicendo al Presidente del Consiglio che noi di Scelta Civica daremo fiducia al suo discorso e al suo programma con un'attenzione straordinaria alla valorizzazione non solo del merito, ma anche e soprattutto del talento. Che Paese è quello che è costretto ad invocare la meritocrazia ? Noi vogliamo puntare sul talento dei nostri giovani perché siamo orgogliosi delle nostre radici e, in forza del talento, speriamo, con la fiducia che le diamo oggi, di puntare sul nostro futuro con grande speranza e grande consapevolezza di quello che è stato il nostro passato (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maestri. Ne ha facoltà.

PATRIZIA MAESTRI. Signor Presidente, ieri ho ascoltato con interesse il suo intervento al Senato, intervento ricco di spunti interessanti da cui si traggono già azioni importanti per il suo programma. È vero che alcuni sono stati solamente titoli non del tutto approfonditi, ma sappiamo che ci sarà comunque un lavoro che continueremo a fare insieme. Certamente l'azione che lei dovrà fare, da un lato, dovrà dare continuità al programma di Enrico Letta, al quale voglio anche cogliere l'occasione per esprimere un caloroso e sincero ringraziamento per il difficile impegno svolto con grande rigore e serietà nei dieci mesi di Governo, i cui risultati saranno forse evidenti nei prossimi mesi. Ma, dall'altro lato, lei Presidente, dovrà affrontare con la velocità che la caratterizza quelle emergenze che nel Paese non sono più comunque rinviabili. E se il suo agire ancora nelle vesti di segretario del Partito Democratico è stato rapido ed efficace nel poter riproporre all'agenda politica il tema delle riforme istituzionali a partire dalla legge elettorale, oggi le chiedo altrettanta velocità e concretezza – penso che lei questo lo abbia già comunque considerato – per focalizzare all'interno del suo programma il tema del lavoro e del rilancio economico del Paese.
Vede anch'io, come lei, in un ruolo diverso ma anche in quello attuale, tuttora, Pag. 46conosco bene alcune realtà. Sono realtà di uomini e donne che perdono il lavoro, che magari hanno cinquant'anni e non riescono più ad inserirsi dentro ad imprese che non sono più nelle condizioni di assumere. Conosco giovani che invecchiano senza aver conosciuto un contratto di lavoro che non sia partita IVA, artigiani e commercianti costretti a chiudere le loro attività nelle quali hanno speso un'intera vita. Centosessanta tavoli di crisi aziendali aperti al Ministero. I numeri della disoccupazione e della povertà li abbiamo conosciuti. Sette anni di crisi economica sottovalutata dai Governi precedenti e curata con cure evidentemente non adeguate: solamente austerità. Questo ha prodotto un grosso aumento delle disuguaglianze, della precarietà sociale, della disperazione anche e ondate di populismo pericoloso per la democrazia. La perdita di potere d'acquisto dei redditi ha fatto crollare la domanda. Il blocco dei consumi, un circuito vizioso che va interrotto con politiche industriali che da troppo tempo mancano dall'agenda dei Governi precedenti. Il Governo Letta aveva iniziato a lavorare su questi temi ma evidentemente in modo troppo lento. Investimenti nei settori strategici, in tecnologia, nel settore della cultura, del turismo, dell'ambiente, del made in Italy e, inoltre, Presidente, abbiamo visto, è un'esperienza che già abbiamo vissuto che non si crea occupazione solo con nuove regole o con la semplificazione piuttosto che con l'allentamento delle maglie della flessibilità.
Servono interventi forti, come lei stesso ha annunciato: cuneo fiscale, sostegno alle piccole e medie imprese, capacità di attrarre investimenti dall'estero, allentare il Patto stabilità dei comuni. Ma Presidente, c’è un'altra emergenza che le chiedo di inserire nel suo programma, e sempre in maniera urgente, come tutto oggi è in questo Paese: la modifica della legge Fornero sulla previdenza; una legge ingiusta e dannosa, una legge che ha provocato veri e propri drammi nella vita di quelle persone che si sono trovate da un giorno all'altro senza lavoro e senza pensione e che oggi, in modo dignitoso, chiedono di sanare quella ferita. Il Governo Letta aveva iniziato a dare risposta a quel dramma e circa 33.500 persone sono state fatte rientrare nella salvaguardia, ma sono ancora tanti, troppi, coloro che attendono una risposta diversa. Sappiamo che occorrono molte risorse, ma con il tema degli esodati si deve affrontare il tema complessivo della previdenza. L'età pensionabile a 67 anni ha portato certo un grande risparmio all'INPS (si parla di 80 miliardi di euro; sono veramente tantissimi), ma non tiene contro di quelle persone che lavorano in impegni faticosi, penalizza le donne con una finta parità, che non considera il lavoro di cura; blocca il turnover e l'assunzione dei giovani, condanna generazioni ad un futuro di pensionati poveri. C’è un disegno di legge del Partito Democratico, ma anche di altri gruppi, che affronta questo tema e che ha proposte precise: sono sicura che lei vorrà tenerne conto.
Presidente, so che l'attende un compito difficile nel quale lei ha anche affermato di volerci mettere la faccia con coraggio e responsabilità. Bene, questo le fa onore, questo veramente mi piace e ci fa sentire tutti partecipi e impegnati insieme a lei in un progetto alto e importante. Ma continuo a ripeterle: si esce dalla palude se si riconquista la fiducia dei cittadini dando priorità al lavoro, alla scuola, al welfare, se si riesce a dare un rilancio vero all'economia reale al posto della finanza. Non sarà facile, ma credo che un Governo moderno e democratico non possa non avere a cuore le condizioni concrete delle persone, quindi parliamo di lavoro, di imprese e di coesione sociale. Presidente, io voterò naturalmente, come tutti, nel mio gruppo, la fiducia al suo Governo, a lei, e voglio esprimerle davvero un forte augurio di buon lavoro. Le auguro di avere successo, di farcela, perché se ha successo lei abbiamo successo tutti, hanno successo l'Italia e gli italiani. Penso che in questo modo potremo provare a guardare con fiducia al futuro per questo Paese e per gli italiani. Grazie e buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il gruppo di Forza Italia non le voterà la fiducia, ma le rivolgiamo veri e sinceri auguri di buon lavoro. In questa legislatura ho l'onore di presiedere la Commissione finanze della Camera: sappia, signor Presidente, che il lavoro svolto finora dalla Commissione non solo non va «rottamato», ma merita davvero di essere conosciuto e soprattutto utilizzato.
Nei mesi passati, abbiamo realizzato all'unanimità una storica riforma di Equitalia, che, secondo le mie stime, darà respiro ad almeno 5 milioni di contribuenti. Abbiamo costruito un'architettura seria (impignorabilità della prima casa; impignorabilità della seconda casa, se non oltre limiti elevati; impignorabilità dei beni dell'azienda; allungamento della rateizzazione fino a 10 anni), e per la prima volta abbiamo forse reso possibile un nuovo rapporto tra fisco e contribuenti. Questa riforma, che adesso è in vigore, va assolutamente difesa.
E adesso, sempre grazie al lavoro della Commissione finanze, sta per giungere un secondo risultato storico. Come lei sa, stiamo per approvare, forse già questa settimana, una delega fiscale – da lei rapidamente citata ieri – che credo sia la più convincente pagina liberale in materia fiscale messa in campo da molti anni. Cito in ordine sparso alcuni temi a cui ho lavorato come relatore, ma con il concorso di tutti i gruppi. L'obiettivo fondamentale ovviamente è ridurre la pressione fiscale; poi, responsabilizzazione fiscale: deve essere chiaro, per ciascuna tassa, chi la mette e chi la incassa, senza la giungla delle addizionali. Ancora, riforma del processo tributario.
Ancora: una riforma del catasto finalmente dalla parte dei cittadini, con vero rispetto dell'invarianza di gettito. Ancora: il ricavato del contrasto all'evasione e all'erosione fiscale che dev'essere utilizzato per ridurre le tasse. Ancora: il contrasto di interessi, «scaricare tutto». Ancora, questo forse è il più importante: incentivi e contributi alle imprese, se vengono ridotti allora devono esserci meno tasse alle imprese. È una rivoluzione: si tratta di una montagna di denaro che può essere risparmiata, restituendola in riduzioni di tasse. Ancora: compensazione tra crediti e debiti fiscali; e molto altro, fino alla dichiarazione precompilata inviata al contribuente.
Mi fa piacere che lei abbia ieri citato quest'ultimo punto, la dichiarazione precompilata, anch'essa una nostra proposta; ma spero che lei abbia presto modo di considerare tutte le altre che ho citato ora, che abbiamo fortemente voluto. Se lei andrà veloce su questi binari con i decreti attuativi, ci troverà a fianco: anzi, mi permetto di dire, ci troverà un passo avanti.
Devo invece esprimerle grande preoccupazione su tre fronti. Il primo fronte è un dono avvelenato che viene a lei dal Governo Letta-Alfano, che, sbagliando, ha infarcito l'ultima legge di stabilità di «clausole di salvaguardia», cioè di tasse pronte ad esplodere nei prossimi mesi. Ora, tutto lo sforzo dev'essere quello di evitare che ciò accada, facendo funzionare la spending review. Lei sa come funziona in Italia ? Quando un Governo posticipa una tassa, poi dopo la colpa è del Governo successivo, non del Governo precedente: queste sono le abitudini antiche, queste sì da rottamare.
Il secondo fronte è quello della tassazione degli immobili, a partire dalla prima casa. È un problema che riguarda 1'80 per cento degli italiani, e quindi la propensione al consumo e alla fiducia praticamente di tutti.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DANIELE CAPEZZONE. Presidente, non sottovaluti quello che è accaduto con l'ultima legge di stabilità, con gravissima responsabilità – vado a concludere – del Governo Letta-Alfano. La tassa sulla prima casa è tornata, sotto falso nome, e sarà triplicata per il 2015. Per questo non Pag. 48ha senso quando qualcuno le dice: non metta la patrimoniale. No, la patrimoniale c’è già, e noi la sfidiamo in positivo ad attenuarla e a cancellarla, altrimenti presto anche quella tassa sarà la sua tassa.
La terza e ultima questione – e concludo davvero, signora Presidente – è la tassazione del risparmio. Anche su questo non basta, Presidente, nascondersi dietro la formula ambigua della «rimodulazione»: il risparmio è già stato colpito dal Governo Letta-Alfano con l'imposta di bollo, e anche rispetto alle rendite peggiorarne il trattamento non porterebbe gettito consistente, ma solo perdita di fiducia sui mercati.
Sto concludendo, Presidente. Nel «mattatoio fiscale» in cui gli italiani si trovano non c’è da promettere abbassamenti ad alcuni, ma a danno di altri: in questo non ci sarebbe alcun «cambiare verso», bensì lo stesso andazzo di sempre. «Cambiare verso», e noi su questo la incoraggiamo, Presidente, significa abbassare le tasse in tutte le direzioni, per quanto possibile, attraverso radicali tagli di spesa pubblica. Le ho già detto cosa trova su questo nella delega fiscale; peraltro, durante l'ultima legge di stabilità, abbiamo presentato invano emendamenti proprio per anticipare tagli di spesa e tagli di tasse.

PRESIDENTE. Deve concludere, presidente Capezzone.

DANIELE CAPEZZONE. Insisteremo. Davvero, da liberali ci trova su questa strada, pronti a riconoscere le cose buone; a criticare quelle negative, e a sfidarla sempre in positivo. Più veloce, più alto, più forte, per dirla in termini olimpici. Buon lavoro a lei, buon lavoro a noi ! (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Umberto Bossi. Ne ha facoltà.

UMBERTO BOSSI. Signor Presidente, al di là dei programmi che lei ha annunciato, il suo Governo dovrà occuparsi inevitabilmente di posti di lavoro e di costo del lavoro. A mio parere quindi lei dovrebbe rivedere tutte le leggi sbagliate che ci hanno portato fino a qui: in particolare parlo della legge Prodi-Damiano, che ha abrogato la legge di Maroni, la legge cosiddetta dello scalone. In realtà, la legge Maroni prevedeva la possibilità dei lavoratori di farsi una pensione integrativa partendo dal loro TFR. La legge Prodi-Damiano, invece, obbligò le piccole imprese, quelle con meno di 50 lavoratori, a dare il TFR all'INPS.
Logicamente il Governo Prodi fece una gran bella figura, si vantò di aver ridotto il debito del Paese, cioè di aver aumentato gli introiti dello Stato, ma era un artificio contabile o addirittura un imbroglio contabile. Aveva portato via il TFR ai lavoratori.
Ora diciamo che se lei non passa attraverso queste leggi, le rivede e non fa leggi che vanno in direzione opposta difficilmente riuscirà a risolvere i problemi delle imprese; con la legge di Prodi i lavoratori hanno perso il TFR e le imprese hanno perso la possibilità di autofinanziarsi, per di più avendo le banche che non davano prestiti, questa è la vera situazione. Il TFR era il sistema per autofinanziarsi delle imprese poi quando i lavoratori andavano in pensione, finiva il lavoro, le imprese davano loro il TFR e così altre imprese si sono finanziate per decenni. Con la legge Prodi non solo sono stati colpiti i lavoratori, ma è iniziata una grande crisi delle imprese data dall'impossibilità di avere finanziamenti dalle banche e avendo fatto scomparire il TFR Prodi con quella legge si è preso la responsabilità, non solo di danneggiare i lavoratori, ma tutte le piccole e le medie imprese sono state danneggiate enormemente per la scomparsa del TFR e la possibilità di autofinanziarsi.
Diciamo, a mio parere, che bisogna rivedere le leggi sbagliate che hanno contribuito a portarci qui. Una di queste, a mio parere, è proprio la Prodi-Damiano.
Allora la Lega, se lei agisce bene, se si ricorda che c’è la legge, una grande legge votata dal Parlamento ma mai applicata, il Pag. 49federalismo fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), ebbene noi non le saremo contrari sino alla morte, ciecamente, valuteremo se le cose che fa sono cose giuste e, quindi, non le spareremo per sparare, ma valuteremo passo per passo quello che farà. Io le faccio gli auguri che vada bene.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mirko Busto. Ne ha facoltà.

MIRKO BUSTO. Signor Presidente, io deve ammettere di essere confuso, signor Renzi, io pensavo di sapere chi fosse lei: lei è il sindaco che ha bocciato la mozione con cui il comune di Firenze avrebbe dovuto aderire alla strategia rifiuti zero; lei è quello che ha aggredito verbalmente l'oncologa Gentilini, dandole della terrorista, perché diceva, dati scientifici alla mano, che la diossina emessa dagli inceneritori provocava un aumento dei tumori. Lei è quello che ieri è riuscito a parlare per quasi un'ora senza pronunciare mai né la parola «ambiente» né la parola «ecologia» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Neanche una slogan.
Lei è quello che ha scelto come suo Ministro dell'ambiente il commercialista casiniano Gianluca Galletti, nessuna vera competenza in campo ambientale e un amore dichiarato per nucleare, privatizzazione dell'acqua e inceneritori. Lei è quello che ha scelto di mantenere alle infrastrutture un uomo come Maurizio Lupi, un appassionato amante della cementificazione, una sorta di Attila dei giorni nostri, sappiamo no ? Si dirà nei tempi futuri: «Dove passa Lupi non cresce più l'erba».
Eppure, detto questo, nonostante tutto questo, io devo ammetterlo: ieri io l'ho ascoltata con molta attenzione, mettendo da parte i pregiudizi che a volte involontariamente ci condizionano, e in tutta onestà devo dirle una cosa che probabilmente creerà stupore, soprattutto da parte dei miei colleghi, perché vede, ascoltando il suo intervento e le sue proposte, devo ammettere – mi consta dirlo – che lei ieri mi ha convinto. Dopotutto, come potrei non farmi convincere dalle raffinate tecniche manipolative utilizzate nel suo discorso, un capolavoro di cui maestri come Chomsky, Cialdini, Packard andrebbero davvero fieri, questa abilità nel creare problemi per offrire soluzioni o di parlarci come bambini da proteggere. Davvero sarebbe impossibile non farsi convincere dopo un utilizzo così sapiente della persuasione verbale e paraverbale, di cui ricordo un solo degno predecessore, ahimè però condannato in via definitiva.
È stato meraviglioso lasciarmi cullare dal suo tono deciso e comprensivo, e che dire dei suoi richiami al sogno e al bisogno di concretezza ? Beh, dopo tutto, non è così che si convincono le persone che hanno bisogno di illusioni ? Lei non solo mi ha convinto, ma ha fatto di più: lei mi ha sorpreso, perché davvero io non avrei mai creduto che si potessero usare le stesse tecniche di chi vi ha preceduto per vent'anni spacciandole per fresche, innovative, originali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Lei mi ha convinto. L'arte della manipolazione, come sempre, è più forte del valore della sincerità, al punto da far sembrare onesti i truffatori e disonesti quelli che cercano di mettere in luce la verità. Lei è un vero talento, complimenti ! E mi aveva convinto, lo ammetto, fino a quando qualcuno non ha schioccato le dita e mi ha fatto uscire dall'ipnosi, perché forse è proprio questo il vero compito del Movimento, far schioccare le dita, più forte, e ancora più forte, e ancora più forte, finché il popolo italiano non uscirà dall'ipnosi collettiva che avete creato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Porta. Ne ha facoltà.

FABIO PORTA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, colleghi, il suo è un Governo nuovo, non è solo un nuovo Governo. Chiedo scusa ai colleghi e a lei se apro questo mio intervento con un gioco di parole abusato Pag. 50e forse banale, ma mai come questa volta appropriato. È un Governo nuovo perché così è visto dagli italiani in Italia e nel mondo. Ho chiesto di intervenire, signor Presidente, come parlamentare del Partito Democratico eletto nella circoscrizione estero, ma anche come presidente del Comitato italiani nel mondo di questa Camera, a nome dei milioni di italiani che vivono nel mondo e che oggi seguono con grande fiducia e speranza la nascita del Governo da lei guidato. A tutti i membri dell'Esecutivo, a partire dalla signora Ministro degli esteri, chiediamo di guardare con concreta attenzione a questa realtà, costituita non soltanto dagli oltre 4 milioni di elettori italiani che vivono all'estero, ma anche da quello straordinario universo di almeno 100 milioni di italo-discendenti nel mondo. Un'emigrazione antica, ma anche una nuova leva di italiani che oggi hanno ripreso a cercare altrove nuove opportunità e spesso un nuovo progetto di vita. Sarebbe bello, signor Presidente, che questa grande epopea antica e recente venisse studiata nelle nostre scuole, le due compagne di banco alle quali lei più di una volta ha fatto riferimento nei suoi discorsi scoprirebbero così di essere figlie della stessa storia di migrazioni.
Se questo Governo vorrà davvero essere un Governo di svolta e di rilancio dell'economia e dell'occupazione, dovrà avere il coraggio e la lungimiranza di abbandonare vecchi cliché sulla presenza degli italiani nel mondo, cogliendone invece un dato a volte sottovalutato, ma incredibilmente forte, quello del suo potenziale unico e mai adeguatamente utilizzato per l'affermazione del made in Italy, la promozione e l'internalizzazione della nostra economia.
I dodici eletti all'estero presenti in questa Camera sono espressione di questo mondo e vogliono portare qui, anche oggi, la voce di quanti potrebbero e vorrebbero fare di più per il successo del nostro Paese.
Non voglio annoiarla, signor Presidente, e non starò a soffermarmi sulle nostre fondamentali rivendicazioni: la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, le rappresentanze democratiche degli italiani all'estero, l'informazione, il diritto di cittadinanza, l'assistenza, l'internalizzazione, la riforma del Ministero degli esteri – l'hanno fatto i miei colleghi qui alla Camera e al Senato e avremo modo di riprendere il confronto su questi temi proprio con il Ministro degli esteri – ma a lei, signor Presidente del Consiglio, chiediamo in primo luogo ascolto ed una reale attenzione nell'orientare le scelte del suo nuovo Governo al rafforzamento di tutte le politiche rivolte alla grande comunità degli italiani nel mondo, invertendo la rotta rispetto ai Governi degli ultimi anni, tornando a investire, non più a penalizzare una delle più grandi risorse che l'Italia può mettere in campo per tornare a crescere e a svilupparsi. Dia fiducia a noi e all'Italia nel mondo, solo così la nostra fiducia sarà piena, coerente e convinta e tutti i passaggi riformatori di questo Esecutivo ci vedranno attivi, propositivi e in prima linea. Segni in questo settore una vera discontinuità con i Governi che l'hanno preceduta, coniugando questa sua svolta con gesti e impegni concreti, mettendo da parte, come del resto è nel suo stile, frasi o ringraziamenti di circostanza, quasi sempre ripetuti in analoghe occasioni, ma quasi sempre contraddetti dagli atti dell'Esecutivo.
Ci sono aree strategiche che negli ultimi anni abbiamo abbandonato, con colpevole miopia e qualche accenno di vero e proprio masochismo, aree che invece meritano e necessitano una rinnovata attenzione da parte del Governo del nostro Paese. Ebbene, questa è una di quelle.
Da una nuova e diversa politica per l'Italia e gli italiani nel mondo potrà derivare una parte significativa e direi tangibile di quella svolta, di quella novità che vuole e che deve essere al centro della sua esperienza di Governo, che noi ci apprestiamo a sostenere e ad incoraggiare.
Se il Governo che nasce in questi giorni avrà il coraggio di comprendere e dare seguito a questa semplice, ma rivoluzionaria constatazione avrà fatto un primo, ma fondamentale passo nella direzione giusta, dimostrando che, sì, questo è davvero Pag. 51un Governo nuovo. C’è un'altra Italia oltre l'Italia, signor Presidente: è l'Italia che ha contribuito e ancora contribuisce a rendere eterna la grande bellezza italiana nel mondo. Non dimentichiamocelo mai (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Procediamo a questo punto ad una breve sospensione tecnica della seduta, che riprenderà tra dieci minuti.

La seduta, sospesa alle 14,40, è ripresa alle 14,45.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sandra Savino. Ne ha facoltà.

SANDRA SAVINO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi deputati, in questa giornata in cui lei, signor Presidente, chiede il voto della Camera per avviare la sua azione di Governo mi sento in obbligo, nei confronti degli elettori del Friuli Venezia-Giulia, che rappresento, di mettere un accento di particolare attenzione sulla mia regione, che presenta, per la sua storia e per la natura giuridica del proprio statuto, un esempio di specialità. Non vorrei, però, allarmarla o, meglio, non vorrei che lei pensasse che la mia sia una delle tante e innumerevoli rivendicazioni di autonomia suppletiva o di fondi statali che da oggi in poi saranno all'ordine del giorno, specialmente in questo momento di grande difficoltà economica.
Quello, invece, di cui voglio parlarle, signor Presidente, è la condizione di un territorio che rappresenta la testimonianza di come lo Statuto speciale possa essere sinonimo di concreta e reale capacità di autogoverno e di buona amministrazione, in particolare nella gestione dei bilanci, il tutto in una dinamica di responsabilità amministrativa assolutamente trasversale, dove ogni coalizione politica che ha guidato il Friuli Venezia-Giulia ha sempre portato avanti questi principi di buona amministrazione, contribuendo così al benessere e allo sviluppo del territorio. Una regione composta da una parte di quell'area che è erede della provincia giuliana, uscita fortemente ridimensionata dopo il secondo conflitto mondiale e alla quale sono legati i tragici fatti dell'esodo e delle foibe. Dall'altra parte c’è il Friuli, una cosiddetta «piccola patria» all'interno della quale viene riconosciuto l'uso paritario della lingua friulana.
Non voglio adesso ripercorrere gli oltre cinquant'anni di storia della mia regione, ma non posso certo dimenticare quello che ha comportato l'esperienza del terremoto del 1976 e la capacità di ricostruzione materiale e sociale messa in atto da una terra che ancora oggi, a distanza di anni, è citata come modello sulla capacità di risollevarsi dopo una catastrofe naturale. Ma, il punto è che proprio tutto ciò è potuto accadere grazie allo statuto speciale e all'oggettiva virtuosità che ha connotato le amministrazioni che si sono succedute negli anni e oggi c’è da dire che le condizioni che hanno motivato l'attribuzione dell'autonomia non solo non sono in buona sostanza mutate ma, per un certo verso, si sono evolute ad un livello più economico che storico o linguistico. Adesso, infatti, il Friuli Venezia-Giulia più di tutte le altre regioni si trova a competere con le nazioni confinanti, Slovenia ed Austria, che rappresentano, sul terreno della fiscalità e, nel caso austriaco, anche su quello dell'efficienza della pubblica amministrazione, un'area attrattiva per le nostre imprese, senza contare la concorrenza commerciale sul fronte dei carburanti e dei tabacchi, che comporta annualmente una perdita sensibile per l'erario.
Per questo se dovesse essere in qualche modo ridimensionata o addirittura del tutto eliminata ogni forma di autonomia, il Friuli Venezia-Giulia si troverebbe fortemente penalizzato e, aggiungo io, ingiustamente penalizzato, in virtù del fatto che non ci sono rendite di posizione o costi della politica da difendere, in considerazione della razionalizzazione della spesa e dei significativi tagli apportati dalle amministrazioni nel corso degli anni.
Concludendo, quello che le chiedo, signor Presidente, è di tenere a mente tutto Pag. 52ciò, dimostrando che lo Stato può essere credibile e giusto quando mette in atto una politica che riconosce il merito di chi, come la mia regione, ha saputo essere un protagonista positivo dell'autonomia dell'intera Italia, unita e democratica, che tutti noi amiamo e che rappresenta il motivo per il quale, a prescindere dal nostro voto finale, le auguro buon lavoro.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Khalid Chaouki. Ne ha facoltà.

KHALID CHAOUKI. Signor Presidente, caro Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ci apprestiamo a votare la fiducia al suo Governo, al nostro Governo, una squadra certamente innovativa e che trova tra i suoi nuovi ministri miei coetanei, trentenni anche loro, figli di un'Italia che è già cambiata. È l'Italia dove gli italiani e i nuovi italiani si sono già largamente mescolati. È l'Italia che vince gli europei di cricket grazie a una squadra composta quasi interamente da figli di immigrati pakistani.
È l'Italia dove ormai quasi il 12 per cento degli imprenditori sono di origine straniera, l'Italia dove finalmente iniziamo ad apprezzare i talenti figli di questa nuova nostra nazione, ormai fra i protagonisti nel campo della musica, del cinema, dell'impresa, tra le Forze armate. E a proposito di Forze armate, vorrei qui ricordare Karima e Romano due nostri soldati di origine marocchina ed eritrea che proprio a Lampedusa incontrai e che in quell'isola mediavano tra le autorità e i profughi.
E allora l'Italia è davvero già cambiata. È certamente molto più plurale e multiculturale di quello che parecchi purtroppo, anche qui dentro, immaginano o per lo meno vogliono farci credere. Sono cinque milioni gli immigrati residenti in questo Paese, tra questi circa un milione sono figli di immigrati, la cosiddetta seconda generazione. Stranieri di nome, ma italiani di fatto, italiani con il permesso di soggiorno nelle città dove sono nati. Semplicemente ancora una inaccettabile, ormai intollerabile e fastidiosa ingiustizia.
Quando venni eletto in questo Parlamento con il Partito Democratico, uno fra i nostri punti, forse il primo punto del programma era appunto la riforma della legge sulla cittadinanza: chi nasce e cresce in Italia è italiano. Fu una coraggiosa campagna promossa dal nostro Partito Democratico insieme a Pierluigi Bersani, che qui voglio abbracciare e spero torni presto tra di noi. Era la nostra risposta politica alle centinaia di migliaia di firme raccolte dal comitato L'Italia sono anch'io, promosso, coordinato e guidato dall'allora sindaco della mia città Reggio Emilia, Graziano Delrio.
E allora «L'Italia sono anch'io» non era solo uno slogan, ma era la constatazione di una sofferta rivendicazione di una propria identità. I nuovi italiani – e lo dico a quelli scettici per professione o per convenienza – non sono semplicemente un'idea, non sono semplicemente un immaginario, ma sono parte integrante di questo nostro Paese. Non tolgono nulla alla nostra identità. Barack Obama, Nicolas Sarkozy, Elio Di Rupo non hanno tolto nulla ai loro Paesi, anzi ne sono oggi tra i migliori interpreti e rappresentanti del mondo.
E allora, lo voglio dire con chiarezza: nessuno in questo Parlamento chiede lo ius soli secco, all'americana per intenderci. Tutti noi siamo consapevoli che la cittadinanza ai figli di immigrati nati o cresciuti in questo Paese deve tenere insieme il radicamento dei genitori in Italia e il diritto di questi bambini a crescere alla pari con i loro compagni, senza discriminazioni. Una nuova legge da realizzare certamente con il consenso più ampio possibile. L'intergruppo parlamentare voleva proprio fare ciò. E allora ci dispiace ovviamente che il Ministero dell'integrazione non è stato appunto ripresentato in questa compagine, ma siamo convinti che il tema deve rimanere, e deve rimanere con forza nell'agenda di questo Governo. Una migliore risposta a quelli che sono stati il clima velenoso contro anche la nostra collega Cécile Kyenge, gli insulti, le offese barbare, che appunto hanno danneggiato Pag. 53la nostra immagine in Italia e in Europa, per cui il Consiglio d'Europa più volte ci ha condannato.
Serve allora una risposta concreta e serve appunto tradurre in pratica e in azione quello che è stato anche l'appello di Giorgio Napolitano. Condivido, caro Presidente del Consiglio, che non serve appunto ogni volta ricordare la figura del Presidente solo come una retorica, magari appunto inutile. Allora traduciamo quell'appello del Presidente della Repubblica che disse che era folle e inconcepibile non riconoscere il diritto di cittadinanza. Traduciamolo concretamente perché il diritto alla cittadinanza è un diritto di «serie A» e non di «serie B» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Villarosa. Ne ha facoltà.

ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, Presidente Renzi, diciamoci la verità, lei i nostri programmi li conosce molto bene, i nostri venti punti sono on line da oltre un anno, non servono consultazioni. La realtà è che siamo diversi, troppo diversi. Noi viviamo di concretezza e voi di slogan. Ad esempio, voi la chiamate spending review, solo che noi intendiamo la soppressione degli enti inutili, i privilegi, intendiamo l'eliminazione delle auto blu, delle pensioni d'oro. Pensiamo all'eliminazione degli enormi sprechi della pubblica amministrazione. Voi invece volete solo svendere il patrimonio pubblico immobiliare e le nostre migliori aziende pubbliche.
Presidente, noi lo sappiamo che non vi piacciono le banche pubbliche. Lei non ha aperto bocca sui 7 miliardi e mezzo rubati alla nostra Banca d'Italia per darli alle banche private (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). D'altronde, lei poco tempo fa ha ricevuto le lodi di un'importante banca privata svizzera.
Ma addirittura pensare di vendere il 40 per cento di Poste: capisco che vi piace fare affari con Poste – Ducati Energia gli ha già venduto le macchine elettriche, la Piaggio dei Colaninno da poco ha venduto 30 milioni di euro di scooter, lo capisco –, ma con l'enorme sviluppo bancario e finanziario che questa azienda pubblica ha vissuto negli ultimi anni, può mai essere la svendita la soluzione ? E, poi, per quanto, mi scusi, Presidente ? Per 4 miliardi ? 4 miliardi un'azienda che, solo nel 2012, ha prodotto un miliardo e 32 milioni di euro di utile ? E per farci cosa ? Per ridurre il debito pubblico ? Quindi, la sua soluzione è quella di ridurre un debito pubblico pari a 2.100 miliardi con 4 miliardi di euro ? È assurdo: lo 0,2 per cento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Vede, Presidente Letta...Presidente Renzi, mi scusi, ma è facile confondersi, noi siamo troppo diversi: mentre lei pensa di tassare le rendite finanziarie – naturalmente, lei non saprà che noi abbiamo già presentato almeno cinque volte degli emendamenti per tassare giustamente quelle rendite, ma il suo partito ce li ha sempre bocciati, lei forse non lo sa –, ecco mentre lei, però, pensava di tassare BOT e CCT – vero Ministro Delrio ? BOT e CCT –, noi puntavamo a colpire gli speculatori, ovvero quelli che cercano nell'economia finanziaria solo lauti guadagni, nelle ventiquattro o quarantott'ore, fregandosene dell'economia reale e, a volte, scommettendo sui fallimenti delle aziende. È così.
Presidente, non prendiamoci in giro: lei parla di legge elettorale nelle stanze chiuse della sua sede con uno dei suoi migliori amici, tra l'altro, senza preferenze, nonostante la sentenza della Corte costituzionale. Perché lo vogliamo dire ai cittadini italiani che la sua legge elettorale non permetterà agli elettori di scegliere tutti i candidati ? Glielo vogliamo dire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Ebbene, mentre voi parlavate di welfare, di benessere sociale, di discorsi pregni del miglior politichese sentimentale – siete bravi, d'altronde –, mentre lei parlava di reddito minimo, in quei momenti, anzi, prima di quei momenti, noi – noi, però – del MoVimento 5 Stelle stavamo depositando un testo di legge base qui alla Camera sul reddito di cittadinanza. E questo testo è rimasto online tre mesi, Pag. 54perché noi il reddito di cittadinanza lo scriviamo con i cittadini, caro Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Noi, mentre voi parlavate sempre in quel politichese famoso, in quei momenti, eravamo impegnati a vagliare – guardi, Presidente – gli oltre 8 mila commenti alla nostra proposta di legge: perché per noi la democrazia è questo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Mi dispiace che non mi guarda, veramente. Però, purtroppo, Presidente, lei non durerà a lungo: lo sa bene lei, lo sappiamo noi, lo sa bene anche l'ex Ministro Barca, a quanto pare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! E le dico «purtroppo» – le dico purtroppo –, perché farà perdere altro tempo al nostro Paese, che di tempo, purtroppo, non ne ha. Quindi, vorrei chiedere il mio discorso, però, con un augurio, un augurio che ho sentito spesso in questi giorni rivolgerle, che ho sentito qua, in questo Palazzo, da molte forze politiche; lo stesso augurio, caro Presidente, che lei ha rivolto all'ex Presidente Letta prima di prendere il suo posto. Le volevo dire: stia sereno, Presidente. Stia sereno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bruno Bossio. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo dire che condivido il suo ottimismo nel discorso di ieri e la sua ambizione. È vero, questo Paese ha bisogno di un cambio di passo e questo Governo, che è il nostro Governo, deve essere all'altezza di questa ambizione. Penso che, però, mettersi in sintonia con il Paese significa affrontare concretamente i nodi strutturali della crisi, considerando che abbiamo approvato, nel non lontano dicembre, una legge di stabilità dove si faceva fatica a recuperare anche 100 mila euro.
Sono stati dieci mesi difficili, ma con i migliori risultati possibili. Oggi, appunto, il cambio di passo. Oggi, lei parla di interventi per decine di miliardi: non ci preoccupa, anzi accogliamo la sfida. Ma, appunto, è una sfida che riguarda i nodi strutturali, senza però dimenticare le emergenze che possono essere molto ravvicinate. Per esempio – e le voglio sottolineare questo, lo hanno fatto anche altri colleghi – se non si interviene subito per la proroga degli LSU scuola, personale di pulizia (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico), il 28 febbraio 2014 ventiquattromila lavoratori saranno licenziati, con disagi enormi a livello delle scuole e della tenuta sociale.
Dunque, il nodo è questo. Oggi molti commentatori chiedevano: «Ma dove si trovano i soldi ?». Certamente nella riduzione della spesa pubblica. Ma anche qui, una spending review non può essere un cieco taglio lineare che spesso uccide su alcuni territori i diritti fondamentali, come il diritto alla salute o, nel caso della chiusura di alcuni tribunali come a Rossano, lo stesso diritto alla giustizia. Questa spending review cieca spesso alimenta nuovi costi. Per questo io credo che la riduzione della spesa pubblica deve essere direttamente collegata alla riforma del Titolo V, ovvero intesa come riforma complessiva della pubblica amministrazione, riorganizzando il livello di governance dallo Stato fino ai comuni, tagliando la moltiplicazione dei centri di decisione che, quelli sì, hanno gonfiato la spesa, con le regioni che non solo devono tagliare i costi dei rimborsi, ma soprattutto devono riprendere la loro missione originaria, che era quella di ente di programmazione e controllo.
Quindi, rivedere il carico delle materie concorrenti per garantire maggiore efficienza, ma parità anche di diritti primari a tutti cittadini sull'intero territorio nazionale. È questo il tema del Mezzogiorno. Io non credo a un Ministero, a un'interpretazione residuale del Sud. È vero, i dati italiani negativi nel Mezzogiorno diventano esponenziali, ma bisogna, proprio per questo, affrontare i temi del Mezzogiorno per risolvere i problemi dell'Italia. È il semestre europeo l'opportunità per rinegoziare il tetto del 3 per cento nel rapporto Pag. 55debito/PIL. Io credo che questa politica di austerità avulsa dall'esigenza di redistribuzione della ricchezza e che ha depresso la domanda interna e i consumi ha rischiato di uccidere molto più degli sprechi. Vado veloce: infatti nell'ex opulento Occidente è tornata la povertà, una povertà che non riguarda solo le classi tradizionalmente povere, ma anche alcuni ceti che finora riuscivano a non essere risucchiati in quest'area, accentuando le disuguaglianze, diminuendo la possibilità di lavoro, e in questo lavoro, su 22 milioni di occupati, solo il 53 per cento ha un posto stabile a tempo pieno e la maggioranza di questi lavoratori, soprattutto della pubblica amministrazione, guadagna 836 euro netti al mese, senza nessuna garanzia. In questo caso, lo Stato non solo non tutela i diritti dei cittadini, ma nemmeno quelli dei suoi stessi lavoratori, facendosi «caporale» e facendo apparire un lavoro utile come parassitario. Voglio concludere dicendo: abbiamo bisogno di un nuovo sistema di welfare che non si basi più sull'obiettivo della piena occupazione. Oggi bisogna tutelare il lavoro partendo dallo sviluppo, dalla politica industriale, affrontare i grandi temi delle imprese italiane, investimenti pubblici, una grande opera pubblica per la messa in sicurezza del territorio...

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Bruno Bossio.

VINCENZA BRUNO BOSSIO....innovazione tecnologica – ho concluso – e detassazione. Bisogna affrontare la riforma del welfare, difendere il lavoro minimo garantito, il salario minimo garantito per chi il lavoro già ce l'ha...

PRESIDENTE. Grazie.

VINCENZA BRUNO BOSSIO. Ma anche il reddito per chi il lavoro minimo garantito, per chi il lavoro non l'ha mai avuto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Grazie, grazie. Ha finito il suo tempo, onorevole Bruno Bossio.

VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Simona Bonafè. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

SIMONA BONAFÈ. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ho molto apprezzato – è già stato ricordato – le sue parole nell'intervento di ieri al Senato, quando lei ha detto: «Ci avviciniamo a voi, senatori, in punta di piedi, con il rispetto che si deve a quest'Aula; ci avviciniamo con lo stupore di chi si rende conto della grandezza e del valore che questo luogo rappresenta».
Ho provato anch'io, non le nego, un forte senso di vertigine e una profonda commozione la prima volta che ho varcato la soglia di questo luogo, ormai quasi un anno fa, perché è bene ricordare, come è scritto proprio là, alla mia destra – lei sicuramente non lo vede, ma si fidi –, che qui dentro, il 22 dicembre del 1947, i padri costituenti della Repubblica hanno approvato una delle più belle carte costituzionali di tutti i tempi, un testo straordinario, frutto del lavoro congiunto di generazioni diverse, uomini dalle esperienze sociali e professionali diverse, dalle sensibilità talvolta diametralmente opposte, un po’ come succede in questi giorni.
Eppure, questi uomini riuscirono a individuare valori comuni, superiori a qualsiasi dissidio di parte. Un'Italia spaventata, certo, quella di allora, indebolita da anni di guerra, che, però, vedeva un futuro migliore del passato. Perché parlo della Costituzione proprio oggi, il giorno della fiducia al nuovo Governo ? Perché oggi, come allora, il Paese si trova ad una delle più grandi svolte della sua storia. Oggi, come allora, alla classe dirigente tutta, caro Presidente, sono chiesti visione, coraggio, capacità di tracciare un orizzonte altro, capacità di riformare e rilanciare un Pag. 56Paese che, dopo anni di crisi economica, è indebolito, ripiegato su se stesso, ha perso fiducia nelle proprie possibilità, e quello che è peggio, a mio parere, è che ha perso fiducia nella capacità di credere nella politica di risolvere i problemi del Paese.
Certo, per essere credibile, la politica deve avere per prima il coraggio di riformare se stessa; per essere credibile, deve partire, e non è strano, proprio oggi, dalla Costituzione. Già Meuccio Ruini, qui, in quest'Aula, disse: Questa Carta che stiamo per darci è, essa stessa, inno di speranza. Abbiamo la certezza che durerà a lungo, ma si verrà completando e adattando alle esigenze dell'esperienza storica.
Queste sono le esigenze dell'esperienza storica: primo, ridurre il numero dei parlamentari; secondo, superare un sistema bicamerale, che, a dispetto del nome, è tutto fuorché perfetto, anzi, fonte, oggi, della paralisi delle decisioni della politica; rivedere il Titolo V, soprattutto nelle materie concorrenti, senza necessariamente centralizzare le politiche (questo lo dico agli amici leghisti), ma liberando la Corte costituzionale dall'impegno di dirimere sempre più spesso questioni fra Governo e regioni.
L'alternativa, certo, c’è: si chiama paralisi, si chiama immobilismo, si chiama incapacità della politica di rispondere con efficacia alle sfide di oggi. Diceva Piero Calamandrei che la peggiore offesa che possiamo fare alla Costituzione è l'indifferenza alla politica. Io credo che ci siamo vicini. Ecco perché il compito più difficile, Presidente, per lei, ma lo dico anche per tutti noi, è abbattere l'indifferenza alla politica; una politica che, però, ha bisogno di produrre fatti, non parole.
E i fatti, purtroppo, per ora, sono quelli che ci dicono, invece, che nell'ultimo anno hanno chiuso i battenti 50 mila aziende. I fatti, per ora, ci dicono che quasi un giovane su due è disoccupato. Ecco perché è giusto, signor Presidente, dire che dobbiamo ripartire dal lavoro per ridare speranza. Il lavoro non si crea per decreto, ma la politica è chiamata a creare le condizioni migliori perché l'occupazione torni ad avere davanti a sé il segno più, abbattendo il costo del lavoro e, più in generale, le tasse che gravano sulle imprese, il costo dell'energia, i tempi della giustizia, il peso della burocrazia, che insieme rendono le nostre aziende meno competitive sui mercati globali.
Secondo uno studio recente, la burocrazia costa al sistema produttivo del Paese 30 miliardi e, se riuscissimo a ridurre di un punto percentuale il costo della burocrazia, quindi il sistema di lacci e lacciuoli che abbiamo, produrremmo quasi un punto per cento di PIL e un aumento dell'occupazione dello 0,2 per cento. Questo solo per dare qualche cifra.
Ma è chiaro, dobbiamo anche creare le condizioni perché riparta il mercato interno, difendendo i redditi a partire da quelli più bassi e sostenendo il potere di acquisto delle famiglie; per non dire come sia irrinunciabile, oggi, ragionare di una nuova politica industriale. Quindi, rilancio della manifattura, valorizzazione del turismo – una realtà che, per troppo tempo, ahimè, è stata sottovalutata in questo Paese –, difesa tenace del made in Italy, innovazione: sono alcuni dei titoli di un libro che dobbiamo scrivere insieme. Ma le ricordo, signor Presidente, che, come lei ha detto più volte, alla base di tutto questo rimane il capitale umano, il valore, le capacità, le competenze degli italiani. E allora, la centralità della scuola, della formazione dei saperi come grande leva della ripresa: non spesa, investimento per il futuro del Paese. Su tutte queste misure, che lei ha già ben individuato nel suo intervento programmatico, troverà sempre il Partito Democratico al suo fianco.
Per chi, come me, crede che oggi la grande differenza tra le culture politiche sia tra chi vuole innovare e chi, invece, desidera conservare, o fra chi crede nel valore del merito come spinta nella crescita individuale e, insieme, collettiva, questi impegni non possono essere parole vuote, ma devono trasformarsi nel nostro lavoro quotidiano.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Bonafè.

Pag. 57

SIMONA BONAFÈ. Sì, chiudo. Presidente, lei viene da una terra che ha visto nascere grandi campioni del ciclismo e, allora, sa bene che quella che abbiamo davanti non è la volata finale di un tour ancorché difficile, ma è una cronometro a squadre e non solo perché dobbiamo dare nel più breve tempo possibile risposte perché l'Italia non aspetta più. Nella cronometro a squadre il tempo non viene preso sul primo, il campione, ma sul quarto, perché il campione deve saper trascinare la squadra e questa squadra che lei deve trascinare si chiama Italia, perché torni ad essere vincente. Buon lavoro ! (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elena Centemero. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, lei ieri nel suo discorso al Senato ha posto il cuore della sua azione politica e dell'azione politica del suo Governo nella scuola e nell'educazione, una leva indubbiamente di questo Paese. E noi condividiamo questa impostazione e condividiamo questa scelta e lo dico non solo dal punto di vista di chi ha e ricopre una responsabilità politica in questo settore nel suo partito, ma lo dico innanzitutto e soprattutto come insegnante.
Per noi di Forza Italia sono fondamentali il binomio e l'equazione scuola e modernizzazione del Paese, educazione e modernizzazione, modernizzazione anche delle istituzioni, modernizzazione anche nelle scelte economiche. Certo, è una sfida alta. Affermare la centralità della scuola significa affermare un cambiamento culturale profondo, di cui questo Paese ha un estremo bisogno. Ma è un terreno che ci appassiona. E per questo mi permetto di tenere fermo il punto e di rilanciare, di rilanciare con delle sfide che per noi sono impegni concreti.
Noi non abbiamo solo il coraggio di dire, ma abbiamo la forza e la determinazione per voler perseguire e realizzare queste sfide e questi obiettivi. Innanzitutto, mi permetta di dirle che la scuola deve diventare il luogo dell'educazione, dove si ritorna ad insegnare l'educazione, che è il rispetto, il rispetto degli altri e poi e soprattutto il rispetto delle istituzioni e di questa istituzione, innanzitutto.
E poi mi permetta di lanciarle un po’ queste tre sfide. Vi è, innanzitutto, una sfida di libertà, che è la libertà di scelta educativa delle famiglie. Una sfida generazionale: io appartengo alla sua stessa generazione e credo profondamente nel cambiamento e, quindi, ritengo che parlare di insegnanti significa parlare di giovani insegnanti. Noi dobbiamo puntare su questo fondamentalmente. E poi vi è una sfida europea, cioè mobilità, occupabilità ed equità.
Partendo dalla prima sfida, Amartya Sen diceva che il problema che l'educazione ha è la mancanza di libertà. Vede, io la vorrei vedere impegnato su questo terreno: riconoscere la libertà di scelta educativa delle famiglie. E mi piacerebbe che si usasse in questo Governo – cosa che non si è usata nel precedente – il termine «scuola pubblica» non come sinonimo di scuola statale, ma «scuola pubblica» come scuola di tutti, come scuola di un sistema statale paritario, che è così in tutto il resto del mondo, che è così in tutto il resto d'Europa, rispetto al quale noi siamo vertiginosamente indietro. Questo Paese è vertiginosamente indietro, perché ancora oggi parliamo di contributi «congelati», che stanno mettendo in ginocchio le nostre scuole.
E guardi, quando si parla di libertà di scelta si parla di responsabilità e si parla anche di valorizzazione, quel riconoscimento sociale degli insegnanti di cui lei parlava ieri. Si parla di insegnanti da più di vent'anni. Ne parlano soprattutto i sindacati. Ma la vera rivoluzione è invertire il rapporto: prima gli studenti, poi gli insegnanti insieme ai genitori. Valorizzare gli insegnanti significa valutare, ma significa soprattutto una parola che noi abbiamo sdoganato dalla visione ideologica del 1968, cioè la parola «merito», che in Pag. 58questo Paese è ciò che i giovani chiedono, che significa riconoscimento del valore e del talento. E, quindi, ecco noi dobbiamo affrontare una seconda sfida generazionale: portare nelle scuole i giovani insegnanti; permettere, dare un'opportunità in questo Paese e non all'estero a quei 10 mila ricercatori che abbiamo perso, a causa del blocco del turnover. E poi, da ultimo, vi è una sfida europea.
Si parla di mobilità, si parla soprattutto di occupabilità, rapporto tra scuola e mondo del lavoro, università e mondo del lavoro, perché solo così questo Paese...

PRESIDENTE. Deve concludere.

ELENA CENTEMERO. ... può crescere, solo nella formazione professionale.
E poi l'ultima sfida, che per me è importantissima, su cui noi ci siamo impegnati, che è l'equità. Equità significa dare risposte diverse a bisogni diversi.

PRESIDENTE. Grazie, grazie onorevole Centemero.

ELENA CENTEMERO. Noi abbiamo intrapreso questa strada... (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Mi dispiace, state tutti facendo degli interventi molto interessanti, ma siamo fuori con i tempi e voi sapete che abbiamo concordato una diretta televisiva.
È iscritta a parlare l'onorevole Mariani. Ne ha facoltà, per otto minuti.

RAFFAELLA MARIANI. Signora Presidente, noi deputati PD voteremo la fiducia al suo Governo perché vogliamo raccogliere quella sfida al cambiamento di cui lei ha parlato ieri. Non è più il tempo delle parole, ne siamo tutti consapevoli e lo siamo, dovendo anche convincerci che è il tempo, forse l'ultimo, dei fatti concreti, delle azioni per le quali tutte le parole sono state spese, tutti i buoni propositi consumati. C’è un terreno sul quale emblematicamente potremo misurare la nostra capacità di indicare un cambiamento vero: mi riferisco alla sostenibilità dello sviluppo, alla tutela e valorizzazione delle nostre risorse ambientali, al lavoro che sapremo creare nei settori più innovativi della green economy. Una sfida, quella della sostenibilità ambientale, molto moderna, molto innovativa e molto diffusa tra i cittadini cui gli schieramenti politici del Novecento non hanno saputo attingere e che oggi, nel nostro Paese, stenta a decollare nella maggior parte della classe dirigente, per zavorre retrograde e conservatrici. Eppure, signor Presidente, noi ci auguriamo e non da oggi che si sia in grado di cogliere un'occasione storica per costruire misure destinate a far ripartire l'economia e creare lavoro a partire dall'ambiente e dalla green economy. Pacchetto riduzioni di emissioni di CO2: l'Italia affronterà la guida del semestre europeo dovendo dire la sua. I cambiamenti climatici lo impongono: green economy, nuovi indicatori nella definizione delle politiche economiche, fiscalità ambientale, e dovrà farlo in un contesto di crisi del sistema produttivo. Con cautela, sì, ma con visione e competenza.
La questione chiave per noi è: come possiamo far sì che le politiche e i principi fondamentali, i principi ambientali diventino parti della soluzione delle sfide che la politica economica dell'UE ha di fronte. Non vorremmo più assistere all'eterna, sterile contrapposizione tra industria ed ambiente. Mi riferisco alle politiche di supporto ed al consolidamento e potenziamento dell'uso delle energie rinnovabili, della gestione e dell'innovazione del ciclo dei rifiuti, del sistema delle bonifiche di molte aree, industriali e non, gravemente inquinate a danno della salute dei cittadini e dell'ambiente, della revisione del ciclo integrato delle acque.
Ventisei milioni di cittadini sul tema «acque e servizi pubblici» hanno scelto di affidarsi alle istituzioni pubbliche e di questo dovremmo farci responsabilmente carico.
Consumo di suolo, dissesto idrogeologico: dal sindaco del mio piccolo comune fino a quelli delle città metropolitane – e Pag. 59lei lo sa bene – arriva un appello. Più risorse, certo, con progetti e misure di prevenzione definiti e programmabili in tempo medio, con l'esenzione dal patto di stabilità degli investimenti destinati alla messa in sicurezza, con la netta eliminazione della sovrapposizione di competenze, cause di ritardi e spese eccessive.
Vorremmo, assieme al suo Governo, Presidente, risolvere definitivamente il grave problema delle diseguali misure per i cittadini colpiti da calamità naturali, eliminando il senso di ingiustizia e sfiducia generalizzati in molte parti d'Italia.
Gestione delle emergenze, prevenzione, stanno in un'unica cultura. La manutenzione del territorio costituisce un'opportunità occupazionale molto concreta per migliaia di imprese, oggi vittime di una crisi economica che ha visto, ad esempio nel comparto delle costruzioni, una perdita di 500 mila posti di lavoro negli ultimi anni.
Le imprese di quel comparto – è sempre importante ribadirlo – sono sopravvissute grazie al recupero ed alla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio innescato da intelligenti politiche di incentivi fiscali per le ristrutturazioni avviate dal Governo Prodi nel 2007 e poi difese e potenziate da questo Parlamento in ogni legge di stabilità. Oltre 283 mila posti di lavoro nel 2013 e ricadute per 19 miliardi, un punto di PIL, sono i dati Cresme, unico vero segno positivo nella nostra economia nell'ultimo anno.
Vogliamo continuare così, proporre anche per la messa in sicurezza sismica del nostro patrimonio edilizio queste misure diffuse. Nessun condono edilizio, ma incentivi e coerenza nelle politiche.
Lei ha affrontato di petto il tema della burocrazia e dalla nostra visuale possiamo affermare con altrettanta decisione quanto male abbia prodotto, in termini di scarsa trasparenza, di bassa concorrenza tra imprese e professioni e di mancata velocizzazione delle procedure, lo stratificarsi di norme, soprattutto in materia di appalti per lavori pubblici, servizi, forniture.
Per non dire che tutto ciò ha anche precostituito alibi per commissariamenti eterni, per scorciatoie, i cui unici risultati evidenti agli occhi dei cittadini sono stati i numerosi episodi di corruzione. Trasparenza, open data, riduzione della farraginosa macchina burocratica ci permetteranno anche di ridisegnare il sistema dei controlli a vantaggio delle imprese di qualità, dei cittadini onesti, e a tutela della salute, della sicurezza e della concorrenza. Portare a compimento la legge che introduce i reati ambientali nel codice penale per contrastare le ecomafie che tante risorse drenano al sistema sano delle imprese, sarà un risultato su cui il Parlamento e il Governo misureranno la loro credibilità nelle prossime ore. A noi servirà molto insistere su una clausola di flessibilità negli investimenti nell'interlocuzione con l'Unione europea, non solo per le politiche di messa in sicurezza del territorio, Presidente, ma anche su alcuni temi che riguardano il grave stato della mobilità del nostro Paese. Tutto il lavoro avviato sull'edilizia scolastica permetterà di rendere efficaci e rapidi i meccanismi di spesa delle risorse già destinate, da cui risulterà un improcrastinabile e fondamentale segnale di ripresa e di attenzione. Signor Presidente, su queste rapide considerazioni dovremo tornare e lì si misurerà la nostra capacità di cambiamento, la nostra sfida. Chiediamo a lei e al suo Governo un tasso di innovazione pari alla sfida del nostro tempo e noi lavoreremo con voi. Buon lavoro ! (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) !

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Simone Valente. Ne ha facoltà.

SIMONE VALENTE. Signor Presidente, benvenuto Presidente Renzi. Innanzitutto, vogliamo farle i complimenti per il clamoroso successo elettorale. Ah no, no, no, era solo una squallida manovra del Palazzo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Purtroppo, ascoltando il suo monologo dal palco del Senato, ci è venuto il forte dubbio che lei sappia davvero ben poco del sistema di istruzione italiano perché ha sciorinato slogan per cuori palpitanti e qualche linea Pag. 60programmatica raffazzonata e fuori dalla realtà. In sostanza, belle parole e un progetto a dir poco stitico. Parlando di istruzione, lei ha utilizzato parole come «fiducia», «credibilità», «credere». Presidente, qui la parola chiave per l'istruzione è una sola: soldi. Quei soldi che dalla Gelmini fino al Governo del suo amico Letta avete tagliato, e anche male, riducendo il nostro sistema di istruzione, il nostro presente e futuro, in ginocchio. Lei ha dichiarato che nei prossimi giorni andrà nel nord-est a visitare delle scuole. Lì e in tantissimi altri istituti del Paese la situazione di sporcizia è insostenibile. Prima di andare, si faccia raccontare dal suo Ministro Poletti, fino a ieri presidente di Legacoop, il sistema degli appalti delle pulizie affidate alle cooperative rosse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Le esternalizzazioni del servizio sono state un clamoroso errore che ha fatto comodo a molti. C’è un sistema dietro tutto questo: molte cooperative rosse finanziano le campagne elettorali del PD e poi, guarda caso, vincono gli appalti nella pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Naturalmente, non possiamo passare sotto silenzio le sue affermazioni sui necessari interventi di edilizia scolastica. Vede, noi sull'edilizia scolastica abbiamo le idee chiare e abbiamo fatto proposte concrete fin da quando siamo entrati in Parlamento. Non abbiamo preso queste idee da un bignami. Cito testualmente le sue parole: «Non possono spendere soldi che sono lì perché ci sono delle norme che si preoccupano della stabilità delle norme burocratiche e non della stabilità delle aule in cui vanno i loro figli». Presidente, ha scoperto l'acqua calda. Sì, è vero, in Italia abbiamo più di 10 mila istituti scolastici non a norma che ogni giorno costituiscono un pericolo per la vita dei nostri studenti.
La informo che se oggi finalmente è stata introdotta una norma che permetterà di devolvere l'8 per mille all'edilizia scolastica, è per merito del MoVimento 5 Stelle. Un'altra vittoria dei cittadini per i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ci chiediamo perché norme utili come questa non siano mai state approvate dal suo partito che spesso vota contro nostre proposte che sono solo ed esclusivamente di buonsenso.
Troppi interessi da difendere ? Oppure le proposte dell'opposizione vanno respinte a priori, alla faccia dei bisogni del Paese ? Eppure proprio voi dovreste sentirvi particolarmente responsabili per il buon funzionamento del comparto dell'istruzione, dal momento che, se è ridotto in queste condizioni, la colpa è di quei partiti di cui lei è parte integrante. L'avviso: anche per realizzare un'anagrafe dell'edilizia scolastica non c’è bisogno di mandare una lettera a tutti i sindaci d'Italia come lei intende fare. L'anagrafe esiste già. Va solo aggiornata e resa pubblica. Si informi allora presso il MIUR.
Passando ad altro punto, ieri non ha nominato neanche le scuole paritarie: una dimenticanza ? Crediamo proprio di no. Anche per questo, che i Governi siano di una parte o dell'altra, la musica non cambia: per le scuole paritarie i soldi si trovano sempre, mentre si continua a tagliare la scuola pubblica statale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Siamo certi – si fa per dire – che il suo Governo di «liberi e semplici» metterà fine a questa distorsione incostituzionale. Lei ha dichiarato che la scuola pubblica è la priorità: per noi la priorità è la scuola pubblica statale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Se davvero andrà a parlare con gli insegnanti, non si sorprenda quando molti le diranno che gli unici che gli sono vicini sono i ragazzi del MoVimento 5 Stelle. Il motivo è l'esatto opposto di quello che lei va berciando in giro, che cioè il MoVimento saprebbe dire solo di «no»: niente di più falso e ingannevole. Siamo noi che abbiamo denunciato il vergognoso tentativo messo in atto dal suo partito di sottrarre 150 euro al mese agli insegnanti. Lei è arrivato dopo. Siamo noi l'unico movimento politico che ha presentato una proposta di legge per evitare che vengano rubati ben 1.200 euro ai docenti precari per le ferie non godute mentre il Partito Pag. 61Democratico non ha alzato un dito. Noi, a differenza della gente del suo partito e dei politicanti di professione, le scuole le viviamo e le conosciamo. Non abbiamo nessun problema a metterci la faccia quando incontriamo studenti, docenti, ricercatori perché i cittadini sanno che noi siamo loro e viceversa.

PRESIDENTE. È esaurito il suo tempo, onorevole Valente.

SIMONE VALENTE. Finisco, Presidente. Signor Presidente, lei ha detto che per andare in Europa bisogna prima fare i compiti a casa. Considerando la sua conoscenza del mondo dell'istruzione, è il caso che torni al banco e si metta a studiare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cova. Ne ha facoltà per quattro minuti.

PAOLO COVA. Signor Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, gentile Presidente del Consiglio, nelle sue linee di programma non sono riecheggiati i temi dell'agricoltura, un mondo molto importante per l'Italia dei produttori e di chi trasforma in cibo di qualità il lavoro svolto dai nostri allevatori, agricoltori e pescatori. Ma questo non è un problema. Lo dico con sincerità, era impossibile per lei richiamare tutti gli argomenti e temi di un programma di Governo che vuole portare a un cambiamento di questo Paese. Però le devo dire che ritrovo anche nel comparto agricolo le linee del suo programma e ritrovo le possibilità di cambiamento che si vuole innestare per ridare sviluppo e slancio a questo nostro Paese, soprattutto per l'agricoltura. In particolare, mi sembra importante il collegato dell'agricoltura che è un ottimo strumento per cambiare velocità nel settore agricolo. È un passaggio per dare «gambe» a questo sviluppo. Più volte, lei ha citato che bisogna pensare a degli interventi dove la pubblica amministrazione restituisce soldi alle imprese e questo può avvenire anche per le imprese agricole. Allora, velocizzare i pagamenti della PAC: questo serve per rimettere liquidità nel mercato e nel settore agricolo. Attualmente, i tempi sono troppo lunghi. La pubblica amministrazione non può impiegare questi tempi. Dobbiamo anche andare a snellire le procedure per accedere ai piani di sviluppo rurale. Sono uno strumento importante per la vita degli agricoltori e fare questo consente di ampliare anche il numero degli agricoltori che possono accedere ai piani di sviluppo.
Va anche rilanciato il rapporto virtuoso tra il pubblico e il privato, come ha detto più volte. Questo soprattutto per quanto riguarda la tracciabilità dei prodotti alimentari ed agrozootecnici: questo può esser fatto, introducendo delle figure nuove, quella del veterinario aziendale e quella dell'agronomo aziendale: due figure che possono andare a velocizzare il rapporto fra il controllore e il controllato.
In tema anche di ottimizzazione della spesa pubblica, è importante anche liberare risorse, migliorando il rapporto tra la sanità pubblica veterinaria e quella libera professionale, perché bisogna garantire la sanità, la salubrità e la tracciabilità dei nostri alimenti, che hanno un grande apprezzamento all'interno del mondo proprio per la loro qualità. Vuol dire allora andare a ripensare a quel ruolo ormai anacronistico del veterinario pubblico, che si preoccupa di animali di affezione. Basta ! Bisogna che dedichino il proprio tempo e il proprio spazio solo alla catena ed alla filiera alimentare.
Anche il ruolo di Expo è molto importante. Lei ha voluto mantenere questa esperienza, soprattutto in questo periodo dove abbiamo tempi stretti, per cui bisogna dedicare attenzione. Sottolineo altri temi: quello del consumo del suolo agricolo, i prezzi dei prodotti agricoli, le energie alternative e gli impianti a biomasse, gli OGM. Sono questi tutti temi sui quali il PD in questi anni si è speso ed ha cercato di portare avanti queste politiche. Ora siamo nella condizione che possiamo farlo. Accolgo il suo invito, e credo che ci sia la disponibilità da parte di tutti noi per impegnarsi a far sì che anche l'agricoltura Pag. 62abbia un cambiamento e abbia uno sviluppo migliore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Guglielmo Picchi. Ne ha facoltà, per tre minuti.

GUGLIELMO PICCHI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, tocchiamo pochi punti del suo discorso programmatico; partendo dalla scuola, la scuola che io e lei abbiamo frequentato tra fine anni Ottanta e primi anni Novanta: quella era un'ottima scuola. Poi siamo passati per anni e anni in cui la sua parte politica ha ideologizzato tutto e tutti.

MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Il Picchi lo conosco...

GUGLIELMO PICCHI. Bravo.

PRESIDENTE. Scusate... (All'ingresso in Aula del deputato Bersani prolungati applausi) ?

GUGLIELMO PICCHI. Ha ideologizzato tutto e tutti. E allora veniamo...

PRESIDENTE. Onorevole Picchi, un secondo. Salutiamo l'onorevole Bersani.
Bene. Credo che il benvenuto all'onorevole Bersani sia stato molto caloroso e molto chiaro: mi associo a questo lungo applauso, pur non potendo farlo da qua. Onorevole Picchi, avevo ovviamente sospeso il suo cronometro: ha ancora 2 minuti e 28 secondi.

GUGLIELMO PICCHI. Dicevo che tutto è stato ideologizzato dalla sua parte politica.
Veniamo ad un punto che lei ha toccato ieri: lo ius soli. La informo che la nostra legge sulla cittadinanza lo ius soli già lo prevede: coloro che nascono in Italia hanno il diritto, al compimento del diciottesimo anno di età, di ottenere la cittadinanza italiana; e questo è un fatto che va ricollegato anche alla nostra emigrazione: tantissimi italiani hanno voluto mantenere per sé e per i propri figli nati all'estero la cittadinanza italiana. Credo sia giusto che un cittadino straniero che viene a vivere in Italia abbia la possibilità di scegliere se vuole essere cittadino italiano o se vuole tornare nel proprio Paese e mantenere la propria cittadinanza di origine.
Questo mi lega anche al dramma dei 140 mila giovani che ogni anno sono costretti ad emigrare, sono stranieri in Italia e stranieri all'estero, e noi a tutti questi cittadini non diamo niente, chiudiamo sedi consolari – il Governo precedente ne ha chiuse ben 33 – gli facciamo pagare l'IMU sulla casa magari ereditata dai genitori, viene considerata come seconda casa, come avviene peranco nel suo comune. Abbiamo 4 milioni e mezzo di cittadini italiani all'estero, sono la migliore catena distributiva per il nostro made in Italy, sono un capitale umano che noi dovremmo utilizzare, un capitale umano che può permettere al Paese di crescere per aumentare il nostro export. Tutto questo non lo utilizziamo. Anche di politica estera lei non ha affrontato niente, non sappiamo come l'Italia si collocherà nello scacchiere geopolitico internazionale, non sappiamo come interagiremo nel grande scacchiere geopolitico dell'Asia centrale per l'accesso alle risorse e per quant'altro. Tutto questo è stato tralasciato.
Si ricordi che lei ha detto: se fallirò io, la colpa sarà solo mia. Noi di questo siamo d'accordo e siamo sicuri anche che il Paese, se lei dovesse fallire, non ne risentirà, avremo la forza di rialzarci e andare avanti. Per quello che mi riguarda le dico solo: si ricordi che questo è il Governo del Paese e non la «chaltrons» (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà, per sei minuti.

MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, colleghi deputati, signor Renzi, le diamo il benvenuto nel suo nuovo ruolo di Presidente del Consiglio per mandato di re Pag. 63Giorgio Napolitano. Considerato che in quattro anni si è fregiato del titolo di sindaco più assenteista d'Italia e vanta già una condanna in primo grado, avremmo preferito consegnare il Paese a un qualsiasi cittadino fuori da questo palazzo (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Lei parla di novità, di diversità e noi invece vediamo un Presidente del Consiglio condannato, che ha idee di centrodestra e ha fatto cadere un Governo di centrosinistra, sostanzialmente un Berlusconi 2.0 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Lei ieri ha parlato di Europa ed è stato un déjà vu tra Monti e Letta. Ha parlato di Stati uniti d'Europa, di semestre europeo, di generazione Erasmus e di moneta unica, il tutto senza dimenticare di far prima i compitini a casa, ma chi ha usato prima di lei questa frase ? Glielo dico io Renzi, l'ha usata Mario Monti, il «sicario» mandatoci dalle banche per uccidere welfare e capitali privati italiani. In effetti il suo Governo, sostenuto pressoché dalla stessa maggioranza dei Governi Berlusconi, Monti e Letta, è in perfetta continuità con i precedenti. Avete anche gli stessi mandanti, ovvero le lobby bancarie e quelle finanziarie, ma in più avete la copertura mediatica del vostro vero capo, il signor Carlo De Benedetti. L'Europa di cui parla è la stessa dalla quale avete avuto mandato di affamare il Paese. In Italia un imprenditore si uccide ogni due giorni a mezzo, non siete riusciti a trovare 4 miliardi per bloccare la prima rata dell'IMU, secondo la Corte dei conti nella legge di stabilità avete sforato di appena 13 miliardi e per stare in questa Europa, che voi volete, dovete trovare 50 miliardi annui imposti dal pareggio di bilancio.
Sì, signor statista Renzi, perché al di fuori degli slogan elargiti negli studi di Maria De Filippi, magari con una bella giacchetta di pelle alla Fonzie, esiste un mondo reale fatto di diritti, doveri e accordi internazionali e quelli stilati da voi hanno condannato a morte noi cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Allora ci faccia una gentilezza: la smetta di usare parole generiche come «immaginiamo», «cambiamento», «progresso», «svolta», «cambiare verso», e una volta sola – non dico sempre, ma una volta – ci dica se ha uno straccio di idea concreta sulla sua Europa, inizi a dirci dove troverete quei 50 miliardi di cui parlavo prima, poi magari ci spieghi come garantirete i diritti civili a tutti e senza compromessi, o se ha intenzione di presentare una legge contro la corruzione, dato che l'Italia da sola ne fa il 50 per cento europeo. Ci dica anche la sua visione sulla politica estera e le spese militari, dato che mentre il Paese affonda spendiamo 90 miliardi per gli F-35 e 5 miliardi solo per la guerra in Afghanistan, sciocchezze.
Vede, sindaco, lei sarà anche giovane, ma non avendo mai lavorato in vita sua non ha idea di cosa sia la vera vita dei giovani. Il gruppo del MoVimento 5 Stelle alla Camera ha un'età media di 37 anni, siamo laureati, precari e disoccupati, esattamente come i nostri coetanei fuori di qui. Anche noi sogniamo l'Europa, ma la definiamo Europa dei popoli. Per questo il MoVimento 5 Stelle il 16 gennaio ha portato in quest'Aula una mozione per il superamento del fiscal compact (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) dando ai 173 deputati che lo votarono e che oggi siedono ancora qui la possibilità di redimersi, ma loro hanno scelto ancora le banche ai cittadini.
Beh, caro rottamatore il 16 gennaio lei era già segretario, questo era già il suo PD e lei ha preferito le banche ai cittadini. Noi cittadini italiani abbiamo sempre avuto grandi potenzialità, siamo quelli del Rinascimento, siamo i grandi inventori come Olivetti, siamo pieni di orgoglio e capacità. Insomma mi piace immaginarci come una Ferrari, pronta a scattare, a cui però lo Stato, invece di mettere la benzina, ha bucato le gomme. Noi del MoVimento 5 Stelle vogliamo farci meccanici per i cittadini italiani: vogliamo sostituire le gomme di queste Ferrari e già che ci siamo dargli una bella lustrata alla carrozzeria. Per questo vogliamo, badi bene, vogliamo non immaginiamo, ottenere i seguenti risultati e per farlo abbiamo già Pag. 64depositato le relative proposte in Parlamento e presentato il programma per le prossime elezioni europee che andremo a vincere: abolizione del fiscal compact; investimenti di innovazione e nuove attività produttive esclusi dal limite del 3 per cento di deficit di bilancio; referendum sulla permanenza nell'euro, badate bene non nell'Europa, nell'euro moneta unica, sono due cose diverse; adozione degli eurobond; alleanza tra i Paesi mediterranei per una politica comune; finanziamenti per attività agricole e di allevamento finalizzate ai consumi nazionali interni; abolizione del pareggio di bilancio. Questa è la nostra modesta proposta per l'Europa. Un'Europa che pretendiamo diventi finalmente una comunità in cui i suoi 500 milioni di cittadini si sentano parte dello stesso progetto, con gli stessi diritti e gli stessi doveri. Un'Europa dei diritti prima che delle banche.
Vede Presidente, è inutile che ci venga a parlare di cambiamento quando seduto al suo fianco c’è Alfano, lo stesso Ministro dell'interno dell'ultimo Governo, un Ministro che ha umiliato l'Italia organizzando a sua insaputa il rapimento di una bambina di sei anni e di sua madre e che voi avete salvato dal nostro voto di sfiducia, ricorda il caso Shalabayeva ?
Questa maggioranza che la sostiene è la stessa che ha approvato lo scudo fiscale, gli F-35 e ha bocciato il nostro provvedimento contro le pensioni d'oro. Ieri ha detto al Senato, e cito testualmente, che non è la signora Merkel e il Governatore Draghi a chiedere di essere seri con il nostro debito pubblico, è il rispetto che dobbiamo ai nostri figli. Allora le chiedo di avere rispetto per l'intelligenza di noi cittadini, vada a studiare così capirebbe che il nostro debito non è recuperabile alle attuali condizioni specialmente con un piano di austerity senza causare un tracollo sociale ben più grave di quello greco. Il nostro debito semmai va considerato come detestabile perché voi lo avete alimentato alle spalle di noi italiani senza creare benessere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Noi vogliamo una svolta per questo Paese, ma conoscendo lei e il sistema marcio che rappresenta non possiamo fidarci e continuiamo a combattere. Siamo certi che molto presto tutto questo finirà; le diamo giusto il tempo di scontrarsi con il mondo reale, quello fuori dai palazzi di marmo, dagli studi televisivi e dalle prime pagine. Dispiace solo vedervi sprecare ancora tempo mentre il Paese muore. Non è quello che volevano i vostri elettori ma d'altronde con 2 euro non potevano certo aspettarsi Che Guevara. In alto i cuori italiani, ancora pochi mesi e questo Paese lo cambiamo noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Renata Polverini. Ne ha facoltà.

RENATA POLVERINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, ho seguito con attenzione il suo intervento di ieri in Senato che ho ascoltato con mezzi di fortuna essendo in Friuli Venezia Giulia, in missione con altri colleghi della Commissione lavoro, per seguire la vertenza Electrolux.
Non mi iscrivo al folto gruppo di quanti, pur dalle colonne dei quotidiani, si sono soffermati soprattutto sul tono del suo intervento comportandosi come coloro che guardano al dito invece che alla luna. Mi interessa molto di più il merito delle sue parole che ho trovato, quelle sì, all'altezza della situazione in cui si trova l'Italia. Non glielo dico per partito preso, ma sulla base di una considerazione semplice, quasi empirica. Come le ho detto, infatti, ieri in Friuli Venezia Giulia, tra la gente, tra quella stessa gente alla quale lei ha affermato di volersi rivolgere, come a ricordarci e in questo modo imputarci, la distanza tra Paese reale e Paese legale.
Bene, avendo sentito il suo intervento al Senato, ieri ho provato ad estrarre da quelle parole una qualche risposta da dare a quei lavoratori e a quelle lavoratrici non certo in quanto tali ma come ultimi protagonisti, in senso temporale, di quei 160 tavoli di crisi aperti presso il Ministero del lavoro e dello sviluppo economico. Mi Pag. 65sono sforzata di trovare in quelle parole qualcosa di concreto da poter spendere tra la gente disorientata e preoccupata per la ancora non scongiurata fuga della propria azienda in un altro Stato.
Invece nulla, nulla che potesse segnare e indicare davvero quel cambio di verso, atteso e promesso per dare sostegno al lavoro e alle imprese. Ma c’è di più e di peggio: per ironia della sorte, proprio mentre lei pronunciava il suo discorso al Senato, le agenzie battevano la notizia che un altro pezzo della nostra pregiata industria della moda, Krizia, passava in mani straniere, come tanti altri marchi italiani negli ultimi mesi. Insomma, se quello di ieri è stato definito su L'Unità di oggi un discorso di confine tra la politica e l'antipolitica, ho l'impressione che il suo intervento al Senato sia stato di non politica perché, se dalla politica ci si deve attendere la soluzione dei problemi della gente, lei ha fallito l'obiettivo in modo clamoroso.
In Senato l'applauso più convinto se l’è guadagnato quando ha citato il suo predecessore e, a ben vedere e sentire, il programma di Governo è lo stesso, solo che Letta lo leggeva a 33 giri, mentre lei è più moderno e lo legge a 45 giri.
Quel bicchiere che, da sindaco e da semplice segretario del Partito Democratico, vedeva mezzo vuoto, oggi in Parlamento finge di vederlo mezzo pieno, ma ho l'impressione, anzi la certezza che gli italiani stavolta non se la berranno una medicina che rischia di non far neppure l'effetto placebo.
Non abbiamo ascoltato nulla di concreto sul Mezzogiorno, dove pure si gioca la partita più importante per portare questo Paese fuori dalle secche della crisi. Non sappiamo dove intende trovare le risorse per tagliare il cuneo fiscale, in doppia cifra, come lei ha detto, e neppure ci ha detto se la percentuale intende calcolarla sul costo per le aziende o se il riferimento è semplicemente all'importo, e qui lei sa che c’è una grande differenza.
Ha fatto generiche, quanto preoccupanti affermazioni sulla necessità di superare il sistema degli ammortizzatori sociali, mentre noi auspicheremmo che lei si occupasse della cura della malattia e non dei sintomi.
Non ci interessa la forma del suo intervento, come dicevo all'inizio, ma il fatto che lei non informi almeno il Parlamento delle sue intenzioni e del suo programma di Governo, al quale fanno fatica a dare fiducia anche le persone che appartengono al suo stesso partito.
Vede, Presidente, stamattina, mentre mi recavo in ospedale per una visita di controllo, ho visto un suo tweet diramato dalle agenzie – e concludo, Presidente – che dice: «Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio». Ecco, non vorrei che lei che è giunto a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio senza passare per una competizione democratica elettorale, consideri una perdita di tempo anche questo doveroso esercizio di democrazia all'interno delle Aule parlamentari. Grazie e buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a la deputata Giulia Sarti. Ne ha facoltà.

GIULIA SARTI. Buonasera Presidente, sindaco di Firenze, segretario del PD, le manca solo la carica di Cavaliere bis. Meno male che dite di essere contrari ai cumuli di cariche: quando si tratta dei vostri interessi, lo statuto del Partito Democratico lo fate diventare carta straccia (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) !
Parliamo di giustizia e del nuovo, anzi vecchio Ministro Orlando: il nulla. Forse, qualcosa da dire c’è e cito uno dei pochi giornalisti dalla schiena dritta di questo Paese: «Per diventare responsabile giustizia, ora Ministro, del PD, i requisiti sono essenzialmente due: non saperne nulla di giustizia e piacere a Berlusconi, con programmi copiati dal PdL (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)». Basta ricordare il paginone su Il Foglio del 2010, a firma del neoministro, dal memorabile titolo: «Caro Cavaliere, il PD ti offre giustizia».Pag. 66
Lo scorso febbraio poi Orlando si è detto pure disposto ad una revisione del 41-bis, il regime del carcere duro. I cittadini italiani l'hanno già sentita questa, direttamente dal papello di richieste pretese da Totò Riina e inviate ai suoi amici romani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Questo Governo di facce nuove che odorano di vecchio si propone di fare la riforma della giustizia, con l'appoggio di chi ?
Volete riformare la giustizia con Angelino Alfano ? La sentinella, nonché inviato speciale, del pregiudicato di Arcore presso le istituzioni italiane ? L'uomo passato alla storia per la legge, anzi il lodo, più anticostituzionale della Repubblica Italiana ? Colui che deporta a sua insaputa la signora Shalabayeva e sua figlia di soli sei anni in un Paese sotto dittatura ?
Noi, in Commissione antimafia, volevamo aiutarlo a ripulirsi un po’ il curriculum. Gli abbiamo segnalato la presenza all'interno del suo Ministero di un noto funzionario, tuttora in carica, a libro paga della camorra da almeno dieci anni. La sua risposta alla mia domanda è stata che al momento della nomina di Francesco Sperti all'interno del Ministero, lui, che non è in aula, frequentava l'università ed io le scuole elementari.
È vero, almeno in questo aveva ragione, come è vero che mentre io dopo la scuola giocavo con i miei compagni di classe, lui si divertiva ad andare ai matrimoni della figlia di un noto boss mafioso, Crocenapoli, con tanto di regalo di nozze, sempre, come dice lui, a sua insaputa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Presidente Renzi, si rende conto dei soggetti con cui vuole governare ? L'unica soluzione era tornare alle elezioni ! E non ci venga a parlare di responsabilità, lezioni dal sindaco più assenteista d'Italia non ne prendiamo. Al Senato ieri, lei non ha parlato di lotta alle mafie, alla corruzione, al riciclaggio, all'evasione fiscale. Presidente, le proposte contro la criminalità organizzata non si liquidano con un tweet !
E poi la parte sui diritti civili: lei ha detto che sui diritti si fa lo sforzo di ascoltarsi per trovare un compromesso anche quando non soddisfa del tutto. Della serie: ho diritto di voto, ma va bene anche il compromesso. Un compromesso tipo: mi fai votare ogni tanto, una volta sì e una volta no !
I diritti sono diritti e basta, o li riconosci oppure no ! A differenza delle sue chiacchiere da bar dello sport, le nostre proposte sono depositate da mesi: anticorruzione, falso in bilancio, revisione dell'istituto della prescrizione dei reati, wisthleblowing, class action, reati ambientali. Le ha lette ? O preferisce attendere i suggerimenti di Alfano ? O magari se le farà dettare da Berlusconi in persona, questa volta alla Leopolda ?
Eppure, per un attimo abbiamo sperato. Spieghi oggi a quest'aula perché non avete confermato Gratteri. La scusa che un magistrato non possa diventare Guardasigilli è una balla ! Lei è qui da poco e sappiamo che resterà per poco, ma le presentiamo il Parlamento italiano: è pieno zeppo di magistrati !
Si ricorda dell'ingegner Castelli che si muoveva alla Giustizia come un elefante in un cristalleria ? E Clemente Mastella, il giureconsulto rinviato a giudizio per corruzione ? Lo stesso dell'indulto e responsabile della caduta del Governo Prodi ? Su Alfano ho già infierito abbastanza. Parlare della Severino è come sparare sulla Croce rossa ! Dulcis in fundo la Cancellieri, il call center dei Ligresti !
Era un salto di qualità troppo elevato pretendere un Ministro della Giustizia competente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Chi si è premurato di far notare con viva, vibrante e calante soddisfazione che un magistrato come Gratteri non può diventare Guardasigilli ? Chi ha messo lo zampino, anzi direttamente lo scettro sulla formazione di questo Governo, che di innovativo ha soltanto il nome ? Sempre lui, il Presidente della Repubblica !
Lei Renzi, con una mossa gattopardesca, ha spodestato il suo compagno Letta con un semplice «Enrico stai sereno», Pag. 67montando questo governicchio da baraccone con l'intento di far le grandi riforme, ma siete sempre gli stessi. Coloro che siedono tra i banchi del Governo sino a ieri si trovano tra i banchi dei deputati e abbiamo già detto cosa sono stati capaci di votare. Uno degli ultimi decreti del precedente Governo ha persino liberato mafiosi regalandogli uno sconto di pena (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico) !
Presidente, dato che ella è po’ restio a parlare di lotta alle mafie concludo con un aneddoto che raccontava spesso Giovanni Falcone. L'aneddoto parla di un giudice che, durante un interrogatorio, chiede ad un mafioso: ma voi lo sapete cos’è questa mafia ? Il mafioso risponde: fate conto che ci sia un posto libero in Tribunale e che ci siano tre magistrati in corsa per quel posto. Uno è bravissimo, il migliore, e tutti lo sanno perché è molto conosciuto e ha già condotto inchieste importanti. Il secondo è raccomandatissimo, suo fratello è un onorevole. Il terzo è un fesso. Beh, sapete quale di questi avrà il posto ? No, dice il giudice. Il posto lo avrà il fesso, questa è la mafia signor giudice !
Sperando che questa non sia mai la sua parte diamo il benvenuto al ministro Orlando (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fico. Ne ha facoltà.

ROBERTO FICO. Signor Presidente, oggi voglio ringraziare di cuore Matteo Renzi. Grazie davvero. Sì, lo voglio ringraziare perché sta offrendo a questo Paese un'occasione importante, irrinunciabile: sta dando la possibilità a tutti i cittadini di potere guardare da vicino, con ancora maggiore nitidezza rispetto al passato, come si muove il potere in Italia. Ci sta dando un'occasione unica: osservare gli ingranaggi del sistema, comprendere le logiche e le priorità. Facendo tutto questo ci permette di smascherare questo sistema di potere, ci permette di smascherarlo definitivamente. Da questo momento in poi non ci sono più alibi, non si potrà più dire «non sapevo, non avevo compreso, non mi sembravano così queste persone». E invece sono proprio così.
Il sistema si è mostrato, ed eccolo qui ora davanti ai nostri occhi. Se il potere ha svelato in modo così chiaro i suoi meccanismi e le sue trame significa che non poteva fare altrimenti e ciò può voler dire solo e soltanto una cosa: questo sistema, questo potere è diventato vulnerabile, fragile, è a un passo dal disgregarsi, altrimenti non si spiegherebbero i tanti avvenimenti degli ultimi mesi: il Napolitano bis, il Governo Letta, la «ghigliottina», avvenimenti culminati nell'autoproclamazione di Matteo Renzi Presidente del Consiglio dei ministri.
Io vi guardo e non credo ai miei occhi. Vi ascolto e non credo alle mie orecchie e mi torna in mente Tomasi di Lampedusa: «Tutto deve cambiare perché nulla cambi davvero». Tutto deve cambiare perché nulla cambi davvero: è questo il senso politico di questo Governo e di questa operazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Ed ecco il potere che mescola le sue carte, sostituisce una faccia con un'altra, la sua, per fare di tutto per sopravvivere. Ma questa volta non ce la farete, non ce la farete. È una promessa che oggi questo MoVimento vi fa.
Tra l'altro, in questo gioco delle parti, così misero, non avete neanche peccato di fantasia. I nomi sono quelli, le correnti sono quelle, i partiti sono quelli. Che noia. Anche i conflitti d'interessi, immancabili, sono sempre quelli. Il sistema è sempre lo stesso. E allora, abbiamo di nuovo qui il Ministro Alfano, il Ministro Lupi, le facce del grande cambiamento di Matteo Renzi. Berlusconi avrebbe scelto esattamente gli stessi ministri, gli stessi ! Penso agli elettori del PD che hanno pagato due euro per votare alle primarie e che ritrovano seduti lì, di fianco a lei, il Presidente del Consiglio, i due grandi nomi che ho appena citato, che tanto hanno fatto per il nostro Paese. Neanche gli elettori del PD che hanno votato alle primarie possono credere ai loro occhi.Pag. 68
Sul Ministro Lupi non è un mistero la sua provenienza dalla famiglia allargata di Comunione e liberazione, che ha nella Compagnia delle opere il suo potente braccio economico, Compagnia delle opere che esprime una potenza di fuoco notevole: 36 mila aziende, oltre 70 miliardi di fatturato, leadership nel mercato dei servizi alla persona, nell'agroalimentare, nella formazione, nell'assistenza all’export. Poi, c’è il Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, con la sua azienda di famiglia, la Ducati Energia, che ha commesse con ENEL, Poste e Ferrovie. Ma dico: non riusciamo a trovare una persona libera, senza conflitti di interessi in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Mi ricordo quando ancora non esisteva il MoVimento 5 Stelle e andavamo come meetup nelle piazze in tutta Italia a raccogliere le firme per il Vday 1 e il Vday 2 e dicevamo che non c'era differenza tra i vari partiti seduti in Parlamento, soprattutto tra il PD e il PdL. Ci additavano sempre come qualunquisti, populisti, demagoghi, fascisti, comunisti, irresponsabili ! Ma ora voi siete lì, Renzi con Alfano, Lupi con la Madia, Boschi con Padoan, la Lorenzin con Delrio, Franceschini con Galletti e via discorrendo. Quindi, o in questo momento ho le traveggole o, cari Scalfari, Piggì Battista, Lerner, Maltese, Mazza, chi sono i qualunquisti, i populisti, i fascisti, gli eversori, i demagoghi e gli irresponsabili (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Ogni tanto rivedere le proprie valutazioni male non farebbe.
C’è una cosa che mi colpito tra le ultime che lei, Renzi, ha dichiarato riguardo i diritti. Ha parlato di compromesso sui diritti civili. Ebbene, i diritti sono diritti e basta, e non c’è alcun compromesso possibile, nessuno. Avete anche trovato un nuovo modo di usare i social network: incredibile. Noi li usiamo per condividere informazioni, creare partecipazione, consapevolezza; voi li usate per mentire. Prima Letta twitta: «Abbiamo abolito i rimborsi elettorali», mentendo al Paese; poi lei twitta a Letta di stare sereno (un'altra bugia).
Quindi usate i social per mentire al Paese e per smentire anche tra di voi. Niente da dire, un uso innovativo, non ci avevamo neanche pensato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Concludo, Presidente. A maggio ci saranno le elezioni europee e sarà un momento fondamentale, decisivo. A maggio il MoVimento 5 Stelle vincerà. Sì, vincerà le elezioni e sarà la vittoria di un popolo che si rialza e che, a testa alta e senza più la vostra mediazione inutile e macchiata, andrà nel cuore d'Europa a ridiscutere tutto: il Trattato di Lisbona, il fiscal compact, l'euro, il debito. E dopo aver vinto le elezioni questo Governo non potrà più sedere qui e sarà il momento dell'ultimo V-Day, il quarto. Lo chiameremo: Arrendetevi ! Arrendetevi ! (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico – Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Lo organizzeremo qui a Roma e quel giorno il Paese vi chiederà di uscire da questi palazzi, quel giorno i cittadini si riapproprieranno definitivamente delle istituzioni. Il vostro tempo è scaduto. Ripeto: il vostro tempo è scaduto (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico – Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Brescia. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, benvenuto Presidente Matteo Renzi. Un saluto anche all'onorevole Enrico Letta, che non c’è, mi dicono. Le mie parole di benvenuto sono sincere. Non aspettavamo altro che vederla qui. Prima è arrivato, prima potrà dimostrare chi è e prima potrà andarsene a casa restituendo finalmente questo Paese ai cittadini. Vede, Presidente qualcuno in questi giorni diceva: se Renzi è la risposta dei partiti, allora la domanda era sbagliata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). La domanda che si è posta questa classe politica corrotta è stata: ci siamo già Pag. 69giocati la credibilità, non possiamo riproporre la solita menzogna della volta buona; il MoVimento 5 Stelle è entrato in Parlamento, sono giovani, incensurati, incorruttibili, come facciamo a toglierceli dalle scatole ? Serve un volto giovane, di facciata, uno bravo a comunicare, che sappia attirarsi i favori della stampa. Chi ci mettiamo ? Lei, Renzi, la risposta a quella domanda la conosce fin troppo bene, perché la vede tutti i giorni davanti allo specchio.
Presidente, mi creda, non aspettavamo altro che vederla qui, fuori dagli studi televisivi, da cui innumerevoli volte, con il suo bon ton, ci ha insultati, senza che potessimo replicare. Non è mai mancato agli appuntamenti con il piccolo schermo, mentre è mancato praticamente sempre agli appuntamenti con il lavoro di sindaco di Firenze. Nel 2012 ha partecipato ai lavori comunali otto volte su quarantacinque, nel 2013 sette su diciassette, assicurandosi il primato di sindaco più assenteista d'Italia. Complimenti ! E mentre non lavorava aveva il coraggio di invitare noi del MoVimento 5 Stelle a farlo, noi che spesso siamo rimasti negli uffici di questi palazzi fino all'una di notte a lavorare (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Oggi è fuori da quegli studi televisivi, da cui...Presidente, se mi consente io vorrei continuare, grazie.

PRESIDENTE. Colleghi, abbiate pazienza.

GIUSEPPE BRESCIA. Gentilissima. Oggi è fuori da quegli stessi studi televisivi da cui, per assecondare la sua smisurata sete di potere, ha buttato quintali di melma sui membri del suo stesso partito. Non che la cosa ci dispiacesse, intendiamoci. Infatti, noi che siamo coerenti, con queste persone non abbiamo mai avuto nulla a che spartire. Lei invece, non solo è un loro collega di partito, ma oggi il suo Governo è addirittura sostenuto da quella stessa maggioranza che ha criticato fino a qualche giorno fa.
Presidente Renzi, mi permetta di leggerle una definizione, la definizione di parassita. Il parassitismo è una forma di simbiosi, ma a differenza della simbiosi, per antonomasia il parassita trae un vantaggio a spese dell'ospite creandogli un danno biologico. Matteo Renzi, lei oggi è seduto su quella poltrona perché si è nutrito degli errori di un Presidente del Consiglio del suo stesso partito. Lei ha preso voti criticando il suo pseudo-amico Letta. «Enrico stai sereno» gli diceva, un attimo prima di pugnalarlo alle spalle. Lei ha preso consensi criticando Berlusconi e poi alla prima occasione è andato a scrivere insieme a lui una delle leggi più importanti del Paese, la legge elettorale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ci chiediamo cosa ne pensino gli elettori del PD e il vostro capogruppo Speranza che, nel vano tentativo di screditarci, osò urlare: «Oggi votate come Berlusconi !». Chissà che cosa ne pensa Speranza della profonda sintonia tra lei e Berlusconi: perché di questo si tratta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Lei, il 19 gennaio 2014, è stato capace di definire il condannato Berlusconi «una persona seria», «uno su cui ho fatto bene a scommettere», dando, con quelle dichiarazioni, uno schiaffo a tutte le persone oneste di questo Paese. E, poi, ha il coraggio di venirci a parlare di onestà e di dolore vero. Questa è la sua cifra. Questa è la cifra dell'uomo Renzi. Ma ci chiediamo: lei è proprio così o qualche volta riesce anche a dire la verità ?
Vede, Presidente, poche volte ricordo di aver sentito Berlusconi elogiare pubblicamente qualcuno. Il primo fu lo stalliere mafioso Vittorio Mangano, che Berlusconi definì «un vero eroe» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Poi, elogiò l'allora presidente della regione Puglia, Raffaele Fitto, oggi deputato di Forza Italia, che, nel 2013, fu condannato in primo grado a quattro anni di reclusione e a cinque di interdizione dai pubblici uffici per reati di corruzione, finanziamento illecito ai partiti e abuso d'ufficio.

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RENATO BRUNETTA. Basta ! Vergogna !

GIUSEPPE BRESCIA. Berlusconi definì Fitto «un cavallo di razza». La terza persona a cui Berlusconi ha fatto pubblicamente i suoi complimenti è lei, Presidente Renzi: «Quel Renzi mi piace, è diretto, è franco, è uno che farà molta strada» disse di lei Berlusconi lo stesso 19 gennaio.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 16,20)

GIUSEPPE BRESCIA. Questo ci fa pensare, Presidente: sa, noi del MoVimento 5 Stelle siamo gente semplice, siamo persone che quando sentono un condannato elogiare qualcuno, si preoccupano. Siamo fatti così, siamo diffidenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Infatti, siamo così diffidenti che non voteremo la fiducia al suo Governo. La verità, come ha scritto qualcuno in questi giorni, è che i sette minuti in privato tra lei e Berlusconi sono di gran lunga più preoccupanti dei nove alla luce del sole tra lei e Beppe Grillo. Lei si è rivolto ai nostri elettori, chiamandoli «amici». A proposito, ci sono arrivate diverse proteste in merito: per evitare che la denuncino per diffamazione, gentilmente, dovrebbe evitare di definirli pubblicamente suoi amici, grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ora, però, vorrei rivolgermi anch'io agli elettori del PD. Quanti F-35 dovranno acquistare per farvi capire che non hanno nessuna intenzione di promuovere la pace ? Quante registrazioni di lobbisti vi dobbiamo portare ? Quanti miliardi devono ancora scontare ai concessionari delle slot machine per farvi capire che state riponendo fiducia in personaggi che non pensano ai vostri interessi, bensì ai loro e a quelli dei loro amici ? Come fate ancora a partecipare alle primarie del Partito Democratico, a pagare 2 euro per eleggere uno come segretario, che, poi, ritrovate Presidente del Consiglio ? Così come era successo alle scorse elezioni, alle quali avevate votato il PD di Bersani, che doveva smacchiare il giaguaro e, poi, vi siete ritrovati il Governo di Letta nipote, che inciuciava con Letta zio, Alfano, Berlusconi e tutta la compagnia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma com’è che non lo capite che il vostro parere non conta nulla per questi signori ? Quando gli toglierete la vostra fiducia ? Noi speriamo presto, speriamo il prima possibile.
Ad ogni modo, ora siamo qui, lei è Presidente del Consiglio, ma non è cambiato niente: la maggioranza che l'appoggia è sempre la stessa e, come prima, il programma è vago e indefinito. Chissà che fine ha fatto quel famoso file Excel. Quando si è fatto eleggere segretario, aveva detto che avrebbe abolito i rimborsi elettorali e, invece, la sua maggioranza ha regalato, solo qualche giorno fa, circa 350 milioni di euro ai partiti fino al 2018.
Nel discorso di ieri, non ha detto una sola parola sulla sanità: quindi, immagino che non se ne occuperà, d'altronde, è cosa di poco conto. E, poi, ha confermato la Lorenzin, quindi siamo in buone mani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Riguardo all'Europa, ha detto (il deputato Enrico Letta entra in Aula, si avvicina allo scranno del deputato Bersani e scambia con lui un saluto – Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)... grazie, grazie colleghi ! Presidente...

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, lasciamo finire il collega che stava facendo il suo intervento. C’è il collega Brescia che sta parlando, grazie. Colleghi, per favore. Per favore, continuiamo. Prego.

GIUSEPPE BRESCIA. Chiedo di poter recuperare il tempo, Presidente.

PRESIDENTE. Sì d'accordo, prego.

GIUSEPPE BRESCIA. Lo avevo salutato prima, l'ex Presidente Letta. Rinnovo i miei saluti: stai sereno, Letta !Pag. 71
Per quanto riguarda l'Europa – dicevo – bisogna fare i compiti a casa, ha detto: fiscal compact, pareggio di bilancio e stabilità. Da qui non si sfugge, altrimenti dubitiamo che la Merkel potesse dare il permesso a Napolitano di nominarla. Ha parlato anche di abolizione del programma F-35, lei come i suoi predecessori. La informiamo che abbiamo già pronta una risoluzione in Commissione che riprende la mozione che mercoledì 26 giugno 2013 il suo PD bocciò. Se ha davvero intenzione di farlo, noi siamo qui, ma non saremo qui per comprare altri Eurofighter, affare ben più ricco per le tasche di qualcuno a lei vicino !
E poi, le province. Questo voleva dire a Beppe Grillo ? Che il disegno di legge Delrio elimina le province ? Beppe Grillo per quello non l'ha fatta parlare. Noi lo abbiamo studiato bene il disegno di legge e sappiamo che non elimina proprio niente, anzi introduce pure le città metropolitane assieme alle province e ai consorzi dei comuni, con maggiori costi e più confusione e burocrazia per tutti.
In ultimo, vorrei accertarmi che non sia venuto anche lei qui con l'intenzione di abusare della decretazione d'urgenza. Vero che non lo farà ? Vero che permetterà al Parlamento di svolgere la sua funzione ? No, no, non è vero. Di questo siamo sicuri: lei continuerà sulla stessa falsariga di chi c'era prima, niente di nuovo, niente di diverso, purtroppo. Vede, Presidente Renzi, noi probabilmente non avremo la sua capacità di ammaliare le folle e di creare illusioni. Noi badiamo alla sostanza. Probabilmente non sapremo imitare le sue espressioni teatrali mentre parla di vero dolore della gente, ma quel vero dolore noi lo conosciamo bene, perché noi siamo stati quei cittadini fino ad un anno fa e torneremo ad esserlo alla fine di questo mandato, e lo siamo ancora. E ogni volta che lei ci insulta, sta insultando tutta la gente lì fuori. Ci perdonerà, Presidente, se a volte, come dice lei, urliamo. Ma quando vedi anziani che vivono con 400 euro al mese ed un partito che si professa democratico e poi non taglia le «pensioni d'oro» perché glielo ha detto il lobbista, ti riesce molto difficile rimanere calmo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ci perdonerà, Presidente, se preferiamo una persona che non ha paura di urlarvi in faccia che siete la causa di questo tracollo, come lei ha detto, a gente che come voi, in giacca e cravatta, senza mai alzare la voce – mi perdonerà, Presidente, devo finire il mio intervento – ha messo in ginocchio il nostro Paese. Meglio un uomo di spettacolo che non ha mai avuto paura di definirsi tale, che uno showman come lei, travestito da politico serio ! E siamo certi che perdonerà milioni di italiani se, per provare a far ripartire l'Italia, preferiscono l'onestà e la coerenza del MoVimento 5 Stelle ai suoi giochi di prestigio elettorali. Concludo: e adesso vada pure, Presidente Renzi, dia inizio allo spettacolo, ma stia pur certo che noi non staremo qui a guardare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Angelo Attaguile. Ne ha facoltà.

ANGELO ATTAGUILE. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio le confesso che ieri, ascoltando il suo discorso sono rimasto un po’ deluso. Non volevo intervenire, ma intervengo proprio per chiarire e per avere l'opportunità di parlare a lei e al suo Governo e a tutti i colleghi deputati.
Nel suo discorso non ho visto nessun accenno a una grossa opera che non riguarda solo il Sud, ma tutta l'Italia e, per dirlo, anche tutta l'Europa. Il mio non vuole essere un intervento polemico o di aggressione politica, ma un ragionamento, un ragionamento da deputato italiano, da cittadino italiano, da uomo del Sud e non soltanto del Sud, ma dell'Italia intera.
Infatti, la realizzazione di quest'opera, che è stata cancellata, indegnamente cancellata, dall'ex Governo Monti; proprio alla fine del mandato di Monti, è stata cancellata un'opera già cantierabile; il Governo deve pagare più di 400 milioni per il progetto, una penale di più di 700 mila euro e andiamo verso un contenzioso amministrativo fra Stato e imprese.Pag. 72
Lei, ieri, e lo condivido perfettamente, ha fatto un discorso importante, delicato e deciso sulle riforme, in modo particolare sulla riforma della giustizia penale, in cui io sono in prima linea sia contro la mafia sia contro la delinquenza sia contro l'arroganza anche di alcuni giudici (le farò avere un mio scritto), ma la riforma della giustizia è importante anche da un punto di vista amministrativo. Quindi, mi rivolgo alle sue parole, per evitare i contenziosi amministrativi, per accelerare i lavori, per evitare sprechi inutili.
Ebbene, vediamo che si può realizzare il ponte senza alcun costo per il Governo. Dico «senza alcun costo» perché i soldi da pagare per la penale e i soldi con cui le ditte devono intervenire – intervengono con fondi privati per il 60 per cento – realizzerebbero tutta l'opera. Succede che lo Stato tirerebbe fuori quanto dovuto, con la beffa di non realizzare l'opera. Questo lo dico non per un'assistenza al Sud, perché il Sud non deve avere alcuna assistenza, ma deve avere l'occasione per rilanciarsi ed entrare nel volano economico del nostro Paese.
Purtroppo, invece, mentre la società dello Stretto doveva essere liquidata entro un anno, siamo ancora, dopo un anno, alla prima udienza. Non voglio dilungarmi, signor Presidente, perché è giusto creare l'attenzione su argomenti importanti.

PRESIDENTE. Deputato, concluda.

ANGELO ATTAGUILE. Concludo subito, mi era stato detto che avevo cinque minuti; comunque, concludo subito. Signor Presidente del Consiglio, vista la sua giovane età, mi rifaccio alla storia: i romani avevano una vita media di 40 anni e progettavano per 2 mila anni, gli italiani hanno una vita media di 80 anni e progettano per 40 anni !

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'ultimo iscritto, volevo informare questa Assemblea che la scorsa settimana la nostra collega Lara Ricciatti ha dato alla luce un bimbo, Enrico Maria, a cui vanno i nostri migliori auguri; sia alla mamma che al bambino, chiaramente (Applausi).
Siamo adesso all'ultimo intervento e poi passeremo agli interventi a titolo personale.
È iscritto a parlare il deputato Nardella. Ne ha facoltà.

DARIO NARDELLA. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, colleghe e colleghi, tra i molti commenti al suo intervento programmatico, signor Presidente del Consiglio, tra quelli che mi hanno colpito, ve n’è uno che ha definito il suo discorso un «discorso di verità». Mi ritrovo molto in quella definizione, perché «discorso di verità» significa stare ben lontani dagli equilibrismi che i suoi avversari immaginavano di trovare nel suo Governo o nel suo intervento.
Significa affrontare di petto le emergenze, le questioni che affliggono la nostra Italia da troppi anni, come ha fatto a partire dal tema della burocrazia e dall'esigenza urgentissima di cambiare la pubblica amministrazione dello Stato. È sotto gli occhi di tutti il fatto che le esternalità negative del funzionamento della nostra pubblica amministrazione siano tra le principali responsabili della crisi economica, non solo quelle legate alla disoccupazione e al lavoro.
Eppure, come ha ricordato il presidente Amato in una bella intervista ieri, la battaglia contro la burocrazia può essere una delle tante battaglie retoriche contro un facile nemico, mettendo in guardia dal rischio di confondere la buona e la cattiva amministrazione. In effetti, come ricorda Max Weber, la buona amministrazione è espressione della razionalità dello Stato, serve come antidoto all'arbitrio, alla prepotenza dei poteri pubblici contro i cittadini.
Ma questo a noi pare stia venendo meno nell'osservare l'azione della pubblica amministrazione, con implicazioni drammatiche della burocrazia inefficiente, in termini di giustizia e di equità, per cui pagano sempre i più deboli, gli artigiani, i disoccupati, i piccoli imprenditori, i cittadini, con implicazioni sulla produttività delle nostre imprese, con implicazioni Pag. 73sulle regole, su un sistema di regolazione e di legiferazione. Ne abbiamo parlato tante volte.
Per cui è vero e rilevante modificare il bicameralismo, abolendo il Senato elettivo, come lei ha annunciato ieri, ed è altrettanto urgente cambiare il modo di fare leggi. Noi stessi legislatori non riusciamo a districarci in un sistema di regole, in una giungla di leggi. I suoi Ministri sanno bene che sui loro tavoli giacciono più di 800 dispositivi attuativi, decreti ministeriali, delibere, attuazioni di leggi e decreti-legge, che rendono il Paese difficile da vivere soprattutto per i lavoratori e gli imprenditori; un clima di incertezza normativa che, tuttavia – bisogna riconoscere –, già il Governo di Enrico Letta, che saluto e ringrazio – mi sento di dire – anche a nome di tutti i miei colleghi democratici per il lavoro svolto, ha fatto con impegno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Presidente, lei ieri ha detto che gli italiani non possono più aspettare. Noi qualche giorno fa abbiamo convertito il decreto-legge «milleproroghe»: è una parola tutta italiana, penso che non sia traducibile in altre lingue. Ebbene, io spero davvero, per quello che lei ha detto, perché le credo, che il suo Governo non approvi mai più un decreto-legge con questo nome, perché le milleproroghe significano i mille rinvii, significano i mille ritardi, significano le mille attese che i nostri cittadini non possono sopportare.
Il suo intervento è stato inusuale è vero, perché ha messo la scuola e la cultura in cima all'agenda del Governo. Ben venga ! Sono temi che noi del Partito Democratico abbiamo sempre affrontato, ci siamo sempre impegnati a trattare, pur dovendo sopportare, talvolta, chi da questi scranni ha detto che con la cultura non si mangia. La scuola come strumento per appassionare i nostri giovani alla conoscenza, alla bellezza del sapere; la cultura non come grimaldello in mano allo Stato e alle sovrintendenze contro il cittadino, ma come sistema che mette il cittadino al centro, poiché la nostra Costituzione quando parla di Repubblica intende dire prima di tutto i cittadini, coloro che sono chiamati a custodire il nostro patrimonio. E del resto tutti gli indicatori delle organizzazioni internazionali ci dicono che esiste una correlazione diretta tra Paesi sviluppati e Paesi con sistemi scolastici avanzati. Dunque, parlare di scuola non è parlar d'altro.
Così come l'Europa, un tema che lei ha affrontato con coraggio. E siamo ben consapevoli che quest'anno sarà un anno particolare per l'Italia, dopo le elezioni del Parlamento europeo e con la Presidenza del semestre europeo.
Signor Presidente, lei ha usato più volte la parola «politica». L'ha usata per richiamare il suo Governo, un Governo politico, sì, con molte donne. Donne di cui colpisce non tanto il numero, quanto le rilevanti responsabilità, che, sono certo, guideranno con grande entusiasmo e passione.
Ha usato la parola «politica», che negli anni in questa nostra Italia ha finito per assorbire tutte le accezioni negative. Vedete, colleghi, la cosa che più sorprende è che proprio qui, in quest'Aula i colleghi del MoVimento 5 Stelle si vogliono far chiamare «cittadini».
Ma dimenticano che la parola «politica» nasce da polis, da «città», dimenticano che si può parlare con orgoglio di parola «politica». Allora, o è ignoranza o è arroganza. In tutti e due i casi, rappresenta una debolezza di chi non ha argomenti, di chi ha cambiato idea cinque volte sulla legge elettorale, di chi ha saputo dire soltanto «no» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
È vero, un collega vostro, dei 5 Stelle, ha detto: «Abbiamo le idee confuse, siamo spaventati di essere manipolati». Allora io mi sento di fare un appello ai colleghi democratici: adottiamo un grillino (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), facciamolo per i loro elettori delusi, aiutiamoli ad uscire dal blog, aiutiamoli ad andare nell'Italia reale, in Friuli Venezia Giulia, in Basilicata, in Sardegna. Aiutiamoli a vedere che cos’è il Paese reale nelle migliaia di comuni dove i nostri Pag. 74amministratori sono stati eletti e governano, perché questo è il Paese reale, questa è l'Italia reale !
È vero: siamo diversi. Siamo diversi, perché noi, per i nostri principi e i nostri valori, difendiamo la libertà di parola e di pensiero anche quando ci tocca sentire le vergogne e le menzogne che avete detto oggi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). In questo siamo diversi: facciamo parlare. Ci chiamiamo democratici, non solo siamo democratici. Noi facciamo parlare, perché è un valore a prescindere, ahimè, dal contenuto che spesso ci tocca sentire.
Presidente, insieme alla parola «politica» ha utilizzato anche la parola «rischio».
Io sono convinto di questo e mi avvio a concludere: il suo Governo rischia molto, noi tutti rischiamo molto.
Sarebbe stato più facile scappare, come ha fatto il Movimento 5 Stelle in Sardegna. Sarebbe stato più facile scappare chiedendo elezioni anticipate e definendo un Parlamento «arlecchino». E invece rischiamo. A me piace l'idea di una classe politica che, invece di far rischiare i propri cittadini ogni giorno, con il lavoro, con la scuola, negli affetti familiari, decide prima di tutto di rischiare in prima persona, di rischiare prima degli altri.
Questa è una bella parola, come la parola della politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
E allora, signor Presidente, non si curi, lei e il suo Governo, dei professionisti dell'ineluttabilità. Ne abbiamo sentiti tanti in queste ore: «Non cambierà nulla», «Cambiano le figurine, ma l'Italia è sempre nelle stesse condizioni». Sono i professionisti del dubbio, che hanno interesse a che davvero non cambi nulla.
Vada avanti, perché, come diceva un grande scienziato che io amo molto, Einstein: Tutti sanno che le cose impossibili non si possono realizzare. Poi arriva uno che non lo sa e le realizza.
E allora le auguro, come deputato, come democratico e – mi permetta – anche come amico e come fiorentino, un grande, di cuore, un grande in bocca al lupo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) !

PRESIDENTE. Colleghi, oggi è ritornato fra di noi l'onorevole Bersani, a cui do il mio benvenuto (Generali, vivi e prolungati applausi – I deputati e i membri del Governo si levano in piedi).
Così come, colleghi, vorrei che tutti insieme dessimo il benvenuto ad un altro nostro collega, il deputato Stefano Quintarelli, che dopo sei mesi di lunga convalescenza è ritornato in quest'Aula: bentornato (Generali, vivi e prolungati applausi – I deputati e i membri del Governo si levano in piedi).
Bene, adesso ci sono quattro interventi a titolo personale di un minuto. Vi prego di attenervi ai tempi, colleghi.
È iscritto a parlare il deputato Buonanno. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente...

PRESIDENTE. Prego, onorevole Buonanno, ha un minuto. Prego, prego, non perda tempo, vada al suo intervento.

GIANLUCA BUONANNO. Volevo parlare al Presidente del Consiglio da amministratore ad amministratore. Volevo dirle due cose sintetiche sulle banche e sull'IMU: ci fosse un provvedimento da parte sua e del suo Governo per fare in modo che per chi ha un mutuo in itinere, sia nel privato, che nel commerciale, che nell'artigianale, siano le banche, che sono proprietarie degli immobili, a pagare l'IMU e non lo debbano pagare, invece, coloro che al momento pagano il mutuo o che sono comunque in attesa perché sono in difficoltà.
Volevo chiedere di ripristinare, ad esempio, il Fondo per la grave disabilità che il Governo Monti ha tirato via. È una cosa importante. Volevo ricordare il Patto di stabilità. I comuni sono la forza vera di questo Paese ed è giusto che lei intervenga sul Patto di stabilità. Volevo dirle che le piccole e medie imprese sono capaci di Pag. 75andare avanti, ma molto spesso chiudono o falliscono non per debiti, ma per crediti. Insomma, i delinquenti devono rimanere in galera e la gente per bene deve comunque stare tranquilla. E chiudo, signor Presidente amministratore: lei ha voluto la bicicletta ed è giusto che pedali, ma stia attento che la bicicletta non ha il sellino e se si siede si fa male. E in più...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Buonanno, ha terminato il suo tempo. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Bueno. Ne ha facoltà.

RENATA BUENO. Grazie Presidente Boldrini, è sempre difficile parlare dopo Buonanno, molto polemico come di solito. Salve Matteo Renzi, è un grandissimo piacere vederla come Presidente del Consiglio in questa casa. Io soprattutto seguo già la sua storia da un po’ di tempo e ho alzato la sua bandiera dalla prima volta che si è presentato come candidato del Partito Democratico e, quindi, oggi per noi è un piacere. Io, che sono inserita nel gruppo Misto, parlo anche a nome della mia componente, insieme a Ricardo Merlo, Bruno Franco e Mario Borghese. Noi siamo eletti in Sud America e dobbiamo dire che gli italiani nel mondo apprezzano soprattutto la politica italiana e quello che viviamo qua dentro. Il rispetto e l'amore che abbiamo per l'Italia è tante volte più grande di tanti che vivono qua dentro. Perciò, ci vuole qualche parola anche per noi italiani nel mondo perché la politica in Italia oggi non si parla da sola, ma la politica oggi si parla nel mondo. Lascio i miei auguri di tanto successo, a lei, alla sua squadra, soprattutto alle nostre donne, particolarmente a Boschi e Mogherini...

PRESIDENTE. Concluda.

RENATA BUENO. Lascio, quindi, la fiducia in nome degli italiani in Sud America e del Brasile (Applausi dei deputati dei gruppi Misto – Movimento Associativo Italiani all'Estero – Alleanza per l'Italia (API) e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Colleghi, atteniamoci ai tempi, per favore. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputato Oliaro. Ne ha facoltà.

ROBERTA OLIARO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, intervengo per parlare di un tema che a me, genovese e addetta ai lavori, sta molto a cuore ed è quello della portualità. Il settore dell'economia del mare, che conta oltre 120 mila aziende e un milione e mezzo di lavoratori, se stimolato e sostenuto nel modo giusto, non è solamente una possibilità di crescita per le imprese, ma lo è anche per il nostro Paese. Il 13,5 per cento dell'IVA incassata dall'erario proviene dagli scambi import ed export, nonché il 25 per cento di dazi ed il contributo al PIL nazionale è di oltre 3 punti percentuali. L'Italia è al cinquantaquattresimo posto nel comparto infrastrutturale. È necessario pianificare interventi sulle infrastrutture strategiche di collegamento alle reti TEN-T ed efficientare quelle esistenti. Basta finanziamenti a pioggia, basta dispersione di risorse pubbliche. Presidente Renzi, le chiedo di prendere in seria considerazione il rilancio della portualità con una nuova legge di settore, con un piano nazionale dei porti e dei distretti logistici in linea con le richieste di mercato, con politiche commerciali...

PRESIDENTE. Concluda.

ROBERTA OLIARO.... e core business tra pubblico e privato per promuovere l'offerta portuale italiana. E poi vi è la burocrazia, Presidente Renzi. Dal 2006 ad oggi...

PRESIDENTE. Deve concludere, è scaduto il suo tempo.

ROBERTA OLIARO. Concludo. Signor Presidente del Consiglio, avrei tanto altro da dirle, ma mi fermo qui. Abbiamo bisogno di interventi e di risposte certe.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Vecchio. Ne ha facoltà.

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ANDREA VECCHIO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, è con vero piacere che in qualità di decano di questa Camera, porto il saluto e l'augurio al più giovane dei Presidenti del Consiglio.
Signor Presidente, non faccio avanspettacolo, la voto. Le do fiducia con la testa e con il cuore. A mio avviso lei merita la fiducia che va data ad un giovane che rischia tutto se stesso, che rischia tutta la vita che ha davanti a sé. Lei ha detto: «Ci metto la faccia. Se sbaglio, me ne vado». No, se sbaglia, non sbaglia solo lei, sbagliamo tutti noi che le stiamo dando fiducia e che crediamo in lei, nella sua forza, nella sua energia. La gente si aspetta molto da lei, dal suo Governo e uso il termine «gente» che comprende tutti, tutto il popolo italiano e non l'abusato, da destra e sinistra, termine di «cittadini». La gente aspetta segnali e due segnali...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Vecchio.

ANDREA VECCHIO. ...che si potranno dare, lei e tutti noi. Mi permetto di suggerire al suo Governo e a quest'Aula l'immediato taglio dei compensi dei parlamentari. Possiamo rinunciare tutti con facilità a tre o quattromila euro e daremo un segnale forte al Paese, daremo un segnale forte alla gente che sta fuori.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Governo.
Avverto che è stata presentata la mozione di fiducia Speranza, Costa, Andrea Romano, Dellai e Pisicchio n. 1-00349 (Vedi l'allegato A – Mozione) che è in distribuzione.
Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta della replica del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.

(Replica del Presidente del Consiglio dei ministri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Presidente del Consiglio dei ministri.

MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli deputati, mi sono preparato una replica puntuale su tutti gli interventi che sono stati cinquantasette da questa mattina, quindi particolarmente interessanti, chi più chi meno naturalmente. Ma poi ho pensato che, entrando in quest'aula, a me non era capitato né da turista né quando ho collaborato con l'onorevole Pistelli perché stavo in altra parte, quindi neanche in tribuna, entrando in quest'aula si prova un senso di stupore vero. Vorrei dirlo in modo non formale: tutte le aule parlamentari danno un senso di vertigine, di bellezza, anche di intensità rispetto al ruolo della democrazia. Da sindaco di Firenze il Salone dei Cinquecento, che è un capolavoro di bellezza dove si sono confrontati Leonardo e Michelangelo, dove c’è la statua di Michelangelo, dove c’è tantissima storia da un punto di vista culturale e artistico, lascia una particolare emozione allorché si pensi al fatto che il Regno d'Italia, nei sei anni in cui Firenze è stata capitale fino al 24 giugno 1871, riuniva in quella sede i propri rappresentanti. Perché tutto questo accade ? Perché c’è questo senso di stupore ? Semplicemente perché è un luogo che siamo abituati a vedere ? Semplicemente perché è un luogo che esprime un senso di rispetto delle istituzioni e della nostra storia ? Non credo. Perché, tutto sommato, noi, quale che sia la tradizione politica e l'esperienza culturale dalla quale proveniamo, siamo abituati a pensare che la politica sia davvero la forma più straordinaria di servizio alla nostra comunità. Siamo davvero abituati a pensare che l'esperienza politica sia tentare; come diceva un fiorentino (lui sì che era grande), mi sono accorto che il mio problema è uguale al tuo: sortirne da soli è avarizia, sortirne insieme è la politica. E, allora, se questo è il punto di partenza, perdonatemi, a livello personale se prima di entrare nel merito (ma prometto che lo farò) puntualmente, concretamente, nella sostanza delle considerazioni che avete espresso in queste sei ore e mezzo, spendo un secondo per dirvi che tipo di sentimento ho provato entrando Pag. 77qui dentro. Magari qualcuno di voi potrà chiamare il telefono azzurro, sapendo che io appartengo a una piccola storia personale in cui, fin da bambino, mi interessavo di politica. La prima volta che ricordo di aver visto l'aula di Montecitorio era per l'elezione del Presidente della Repubblica, nel 1985: avevo dieci anni. Se l'opposizione vuole chiamare il telefono azzurro può farlo.
Però ricordo che, in quel momento, il 1985, il Presidente della Repubblica fu eletto nel modo più ampio, per lo meno fino a quel momento, attraverso un accordo tra forze politiche che si combattevano in modo aspro, in modo duro, in modo molto forte. Era forse una delle prime esperienze in cui, alla prima votazione, si andava a scegliere un Presidente della Repubblica che potesse rappresentare tutti, per rispetto delle istituzioni. Mi sono domandato quanto è rimasto in noi di quello spirito, di quel sentimento, che vede, da un lato, confrontarsi in modo molto duro sulle proposte concrete, ma, dall'altro, trovare un idem sentire, un minimo comun denominatore. E mi sono chiesto, mi sono detto, entrando in quest'Aula quanto siate fortunati voi tutti i giorni: perché poi noi ci facciamo il callo, ci abituiamo, ma sedete nei posti che sono i posti in cui grandissimi personaggi della nostra storia, di diverse estrazioni politiche e culturali, si sono potuti chiamare «onorevoli».
«Onorevole»: io non ho il diritto di chiamarvi in questo modo, ma voi siete onorevoli, degni di onore. Pensate a quanta grandezza e con quale riconoscimento persone che, magari votavano costantemente la Democrazia Cristiana, quando sentivano parlare di Enrico Berlinguer, dicevano: lui è onorevole, è degno di onore, è degno della mia stima. C'era un rispetto dell'altra persona ! E pensate, viceversa, quante persone, che votavano Partito Comunista, quando sentivano il nome di Aldo Moro, dicevano: lui è degno di onore, è una persona a cui comunque non darò mai il mio voto ma che rispetto per quello che è e che rappresenta.
Quest'Aula è un'Aula che ha visto grandi personaggi: il mio cuore in questo momento va naturalmente in primis ad un sindaco di Firenze che era molto più grande e più capace, più bravo non soltanto di me ma di molti altri che ci sono e che ci saranno nella mia città, Giorgio La Pira (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà e Per l'Italia). E mi piace pensare che il primo viaggio istituzionale che faremo con il nuovo Governo, assieme al Ministro Mogherini, non sarà a Bruxelles: ci saranno occasioni per andare a Bruxelles. Non sarà in America, non sarà in Russia: sarà nel Mediterraneo, sarà a Tunisi la settimana prossima, nel cuore di quel Mediterraneo, di quel mare nostrum che noi vogliamo che torni ad essere un luogo centrale della politica, direi internazionale ma anche europea.
Il pensiero va però anche, lasciatemelo dire (e finisco con la parte personale, che però credo doverosa in questo momento), ad un momento preciso della vita di alcuni di noi. In realtà, io non sono uno dei più giovani qui dentro: ci sono nelle file del mio partito, ma anche di altri partiti, deputati che sono decisamente più giovani di me. Però, chi ha la mia età, quindi sostanzialmente quarant'anni, ricorderà che c’è stato un momento particolarissimo nella storia istituzionale, in cui da questo banco, dal banco della Presidenza, il Presidente Oscar Luigi Scàlfaro, nel 1992, annunciava non soltanto un terribile momento della vita istituzionale, ma sostanzialmente accelerava l'elezione del Presidente della Repubblica, che poi sarebbe stato proprio lo stesso Presidente Scàlfaro, dopo ciò che era accaduto al giudice Falcone nella sua Capaci, nella sua Palermo.
Quella stagione lì, il 1992-94, è stato per la mia generazione il punto più basso della politica. È stato il momento in cui sembrava che non si potesse credere alla politica. Quanti di noi hanno deciso di iscriversi a giurisprudenza perché lo Stato sembrava inerte, lo Stato sembrava sconfitto, lo Stato sembrava incapace di dare Pag. 78una qualsiasi reazione; e i figli migliori del nostro Paese venivano mandati al massacro, al martirio. Ecco perché, quando sento parlare di mafia con la leggerezza con cui anche questa mattina è risuonata questa parola, avverto un brivido di dolore, di dolore a nome delle istituzioni quando sento parlare di pizzini (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà e Per l'Italia) ! Questo Palazzo ha visto momenti devastanti della vita democratica. Noi oggi siamo in un momento profondamente diverso. Perché ? Perché ci sono stati degli statisti che hanno avuto il coraggio di superare determinati momenti.
La mia generazione si è avvicinata alla politica quando tutti intorno dicevano che fare politica era folle, era assurdo, era allucinante. È capitata, credo in tutte le aree politiche dell'emiciclo, l'idea che fare politica fosse la cosa più assurda e controcorrente.
La generazione che ci ha preceduto ha vissuto un periodo forse ancora peggiore, ha vissuto il terrorismo, ha visto morire delle persone accanto e quindi io sono consapevole del fatto che la storia della mia generazione è soltanto parziale, però vi racconto la mia perché è quella che ho vissuto. Perché, quando si ha la responsabilità, l'onore di giurare sulla Costituzione, di rispettare la Costituzione, si ha il dovere di dire anche che non si porta semplicemente un bagaglio tecnico, si porta un bagaglio umano, un animo di quello che ciascuno di noi è.
Bene, la mia generazione, la nostra generazione oggi non ha più alibi; non ha più alibi perché il momento che stiamo vivendo non può farci avvicinare alle gravi questioni politiche che noi abbiamo di fronte con il senso tipico di chi accusa sempre gli altri del fatto che troveremo l'alibi giusto, troveremo la scusa giusta per dare responsabilità agli altri.
Se ci pensate, il grande dramma della mancanza di una legge elettorale chiara, al di là delle difficoltà governative istituzionali che sono evidenti e problematiche, è il fatto che impedisce al cittadino di dare la responsabilità a qualcuno se le cose vengono fatte e dare la colpa a qualcun altro se non vengono fatte. Guardate la storia anche di questi anni, c’è sempre qualcuno a cui attribuire la responsabilità e possono essere soggetti interni al Parlamento, nelle coalizioni, soggetti esterni, forze sindacali, c’è sempre qualcuno a cui dare la colpa.
Io credo che sia fondamentale che, per questo Governo, non ci siano alibi. Se riusciremo a fare ciò che abbiamo promesso, avremo fatto semplicemente né più né meno che il nostro dovere, se noi ci riusciremo, e ho apprezzato ciò che ha detto stamattina Stefano Fassina su questo; ma se non ci riusciremo, la responsabilità comunque sarà di chi si è assunto il compito di guidare il Governo e questo non è un atto di coraggio, è un atto di realtà e di realismo.
Allora, abbiamo il dovere di dire che cosa vogliamo fare, in che tempi lo vogliamo fare, con quali modalità lo vogliamo fare. Lasciatemi però prima dire una cosa in più, finale, in questa breve premessa. So che è difficile da capire per chi non ci è abituato, per chi non è abituato a un dibattito interno tra una comunità di donne e uomini, di persone e di storie diverse che si chiama partito.
In un partito, in questo caso parlo – mi perdoneranno gli alleati della coalizione – del mio partito, il Partito Democratico, del nostro partito, il Partito Democratico, noi siamo abituati a confrontarci in modo non formale.
Noi, quando dobbiamo confrontarci e discutere, quando dobbiamo litigare al nostro interno, lo facciamo e, quando lo facciamo, lo facciamo, avendo il coraggio di riconoscersi gli uni agli altri che chi vince ha la maggioranza e chi perde sta nello stesso partito. Quando io ho perso contro Pierluigi Bersani, Pierluigi Bersani non mi ha espulso, non mi ha cacciato dal Partito Democratico e il fatto che oggi Pierluigi Bersani sia qui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del Gruppo Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia), avendo idee molto spesso diverse anche da quelle che io Pag. 79rappresento, è un segno di uno stile e di un rispetto non semplicemente personale ma di un rispetto politico. Siamo il Partito Democratico. Noi siamo persone, donne e uomini, che quando c’è da discutere, confrontarsi e litigare lo fanno ma perdonateci (Commenti del deputato La Russa), comprendiamo la difficoltà di capire una cosa complicata: si chiama democrazia interna, provatela anche voi, non fa male e consente di essere persone semplicemente migliori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Entro nel merito delle discussioni politiche in modo rapidissimo. Il contesto politico nel quale noi ci troviamo è sintetizzabile, per evitare di fare troppi giri di parole, in tre brevissimi tweet.
Uno, il mondo corre ad una velocità doppia dell'Europa. Questo non significa che l'Europa sia meno bella del mondo fuori; le contraddizioni, gli squilibri, il dramma della povertà che pure si sta combattendo a livello internazionale, la difficoltà dei diritti, il riconoscimento di alcuni diritti sociali, civili, normali che in tutta Europa ci sono e che altrove non ci sono non possono che essere sottolineati con la matita rossa e blu ma il mondo fuori corre a una velocità doppia rispetto all'Europa.
All'interno dell'Europa, secondo tweet, l'Italia ha un grado di difficoltà che è maggiore rispetto ad altri Paesi.
Non nasce negli ultimi tre anni o nell'ultimo anno, non è responsabilità degli ultimi due Governi, è un problema che noi abbiamo – la mancanza di crescita del nostro Paese – almeno da quindici anni. È un elemento che poi può esser stato aggravato da alcune scelte piuttosto che da altre, ma è un dato di fatto, l'Italia non cresce come il resto dell'Europa.
Allora, se questo è vero, noi abbiamo un'unica chance che è quella di prendere ora, qui e adesso, l'occasione della timida ripresa che si sta affacciando con le difficoltà che sappiamo, confermate anche oggi dalle nuove previsioni che arrivano dagli istituti e organismi europei, di cogliere l'occasione della ripresa per fare l'unica cosa che possiamo fare: cambiare profondamente il nostro Paese, cambiare profondamente il sistema della pubblica amministrazione, cambiare profondamente il sistema della giustizia civile, amministrativa e penale, cambiare profondamente il sistema del fisco, cambiare profondamente, nella concretezza di tutti i giorni, la vita quotidiana delle lavoratrici e dei lavoratori e degli imprenditori, senza i quali non ci sarebbero lavoratrici e lavoratori.
Questo tipo di cambiamento radicale di cui parliamo avrebbe meritato un passaggio elettorale ? Lo dico a chi più volte lo ha sottolineato in queste settimane, in questi mesi e anche in questa discussione di stamattina: lo avrebbe meritato se ci fossero state le condizioni di creare il giorno dopo una maggioranza stabile, una maggioranza solida, una maggioranza in grado di avere quella corresponsione di responsabilità rispetto al mandato degli elettori. Se noi, avendo fatto il passaggio elettorale, ci fossimo trovati nelle identiche condizioni in cui ci siamo trovati esattamente un anno fa, il problema si sarebbe riprodotto tale e quale. Allora, di fronte a questo – capisco che possa essere più o meno apprezzato, più o meno condiviso – la scelta che noi facciamo rispetto al vostro consenso, rispetto al vostro voto di fiducia che tra qualche ora si concretizzerà in un consenso o in un dissenso, è quella di dire con chiarezza, punto per punto, ciò che noi vogliamo fare. Se volete negarci la fiducia, noi non lo faremo; se ci darete la vostra fiducia, noi avremo il compito e il dovere di realizzare ciò di cui stiamo parlando.
Ho visto alcuni intellettuali, giornalisti ed editorialisti dire: è mancata la chiarezza. Può darsi, può darsi che il mio intervento al Senato fosse tutt'altro che buono, non fosse granché, è assolutamente legittimo che vi siano delle critiche rispetto al tono, alle mani in tasca, alla composizione del Governo, a tutto ciò che ritenete più opportuno criticare, però ora faccio uno sforzo, perché se uno non si spiega bene deve provare a spiegarlo meglio, per dirvi concretamente le stesse cose che ho Pag. 80cercato di dire ieri, magari in modo più succinto, ma riprendendo i punti del dibattito di stamani mattina.
Noi pensiamo che il Semestre europeo sia una gigantesca opportunità; non pensiamo che il Semestre europeo sia una formalità, non pensiamo che l'Europa sia il nostro nemico, e continuare a pensare che i guai dell'Italia derivino dall'Europa significa non soltanto negare l'evidenza dei fatti ma significa tradire la storia istituzionale di questo Paese, che non ha «subito» l'Europa ma ha costruito l'Europa, a partire dal momento nel quale, in una cornice di difficoltà (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia e di deputati del gruppo Misto), come la Seconda guerra mondiale, qualcuno aveva intuito meglio e prima degli altri che l'unica soluzione per uscire dalla grave emergenza del secondo conflitto fratricida nell'arco di vent'anni era scommettere su istituzioni europee degne di questo nome. Ma non provate un brivido, pensando di essere oggi chiamati a realizzare e concretizzare quell'autentico sogno, che sembrava assurdo, degli Stati uniti d'Europa e che, invece, costituisce per noi il punto di riferimento tra una, tra due generazioni ? Ma, davvero, voi pensate che non sia un fatto straordinario prendere atto che, da settant'anni, questo continente vive una condizione di pace senza eguali nella storia dell'umanità ? Non era mai esistito. Ma davvero siete fermi sui vostri pregiudizi per non rendervi conto che il tema dell'Europa non è semplicemente il rispettare dei vincoli economici ?
Il tema dell'Europa è dire ciascuno di noi a se stesso e poi agli altri e, permettetemi, poi ai nostri figli – noi che siamo la generazione Erasmus dobbiamo per i nostri figli avere qualcosa in più – se è possibile, o non è possibile immaginare che l'Europa nella quale mio nonno ha combattuto sparando contro qualcun altro in Francia possa essere per mio figlio il luogo nel quale non soltanto si vive la dimensione del confronto e del dialogo, ma si vive la dimensione di istituzioni in grado di rappresentare una speranza, già la speranza.
L'Europa oggi non dà speranza. Perché ? Perché negli ultimi vent'anni abbiamo ceduto il passo oggettivamente, abbiamo lasciato che il dibattito sull'Europa diventasse soltanto questione di virgole e di percentuali. Abbiamo immaginato che negli ultimi vent'anni, una volta raggiunta l'unione monetaria, si fosse raggiunto l'obiettivo finale. Io vorrei che il nostro Governo meritasse la vostra fiducia raccontando che l'Europa che noi vogliamo, dico l'Europa che vogliamo perché era un claim che abbiamo utilizzato in tanti passaggi della nostra esperienza politica, sia in grado di essere un'Europa in cui l'Italia non va a prendere la linea, non va a farsi spiegare cosa c’è da fare, in cui l'Italia dà un contributo fondamentale perché senza l'Italia non c’è l'Europa. Non è che noi possiamo immaginare di dire semplicemente che non faremo la fine della Grecia: o noi siamo nelle condizioni di trainare l'Europa, oppure l'Europa non avrà quella spinta e quello stimolo di cui essa stessa ha bisogno. Per presentarci a quell'appuntamento, o noi sciogliamo da soli i nodi strutturali che abbiamo tenuto aperti fino ad oggi, oppure non saremo credibili. Se l'Italia arriva in Europa avendo mantenuto gli stessi problemi che ha avuto fino a questo momento, se l'Italia mantiene la stessa piattaforma di questioni aperte che ha da molti anni e che pure gli ultimi Governi hanno cercato di iniziare a risolvere – in particolar modo, il Governo guidato da Enrico Letta ha investito molto su questo punto: lo riconosco in modo chiaro, evidente e netto, al di là di qualsiasi facile ironia che è stata fatta nel dibattito di questa mattina, che costituirà un punto di riferimento in questo senso – se l'Europa che noi immaginiamo poter essere profondamente rimessa in discussione nel corso del semestre che noi avremo l'onore di presiedere ha bisogno dell'Italia, bisogna avere il coraggio di dire che l'Italia deve fare innanzitutto la riforma della legge elettorale, innanzitutto una riforma costituzionale che affronti i due nodi che sono terribilmente problematici in questo momento, da un lato, il bicameralismo, che perfetto non è, dall'altro, Pag. 81il rapporto con le regioni e con le autonomie, che costituisce il Titolo V della nostra Carta costituzionale, e che abbia però contemporaneamente una serie di interventi che rapidissimamente accenno nel replicare agli interventi di stamattina sul lavoro, sul fisco, sulla pubblica amministrazione e sulla giustizia.
Prima, però, il presupposto della scuola. Ho apprezzato molto alcuni interventi anche provenienti dalle opposizioni sul tema della scuola e dell'edilizia scolastica. Non vi è soltanto un problema di stabilità delle aule, che pure c’è. Lasciatevelo dire da un sindaco, lasciatevelo dire da una persona che, quando vede un confronto con le famiglie, vede sempre partire le preoccupazioni dei genitori dalla questione che riguarda i loro figli. Ma è normale: di cosa ti puoi preoccupare, come prima cosa, se non del luogo dove i tuoi figli passano più tempo ? Non è credibile un Paese che non mette in cantiere una gigantesca battaglia perché la stabilità delle aule e dei nostri edifici scolastici sia importante, io dico ancora di più della stabilità dei conti. La stabilità delle aule scolastiche è un fatto di credibilità, è un fatto di dignità, è un fatto di onore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Guardate che quando avete detto nel corso del vostro dibattito di questa mattina che il problema della scuola è ideologico, permettetemi di dire che non c’è niente di ideologico nel fatto di avere dei denari bloccati nel Patto di stabilità interno e non spesi dagli amministratori.
La lettera ai colleghi sindaci – ormai per me ex – lo dico sottolineandolo tre volte, nasce non dal bisogno dell'anagrafe scolastica, ma dal bisogno di poter coinvolgere la parte più vicina ai cittadini in questo processo di cambiamento.
Concretamente, sul tema dell'edilizia scolastica entro il 10 marzo attenderemo le risposte degli amministratori locali, ma vogliamo attivarci nel periodo tra il 15 giugno ed il 15 settembre affinché, tornando nelle aule all'inizio dell'anno scolastico 2014-2015 sia visibile, plastica, evidente la opera di investimento che verrà fatta.
Vi è poi certamente il tema degli insegnanti, della valorizzazione del loro ruolo. Ieri, al Senato discutevamo della credibilità del ruolo dell'insegnante. Penso alla mia piccolissima esperienza di studente cresciuto in un paese della provincia di Firenze: quando entravo al bar, in parrocchia o al circolo, la maestra elementare era vista da tutti come il riferimento del paese; quando la maestra elementare apriva bocca c'era il silenzio delle persone intorno. Questo perché la maestra elementare era considerata un valore prezioso per una comunità. Proviamo a domandarci oggi se di fronte agli insegnanti dei nostri figli abbiamo lo stesso atteggiamento che c’è nella vita quotidiana o a casa nostra. Per me non è più così come era prima, oggi l'insegnante viene contestato a prescindere. Non è soltanto un fatto economico, è la mancanza di prestigio sociale che noi abbiamo sottratto ad un valore come l'insegnamento. Se ciò rappresenta un punto fondamentale, anche il tentativo di iniziare la riforma del Titolo V non è solo la volontà di cambiare una norma costituzionale, ma anche quella di dare un segno simbolico. Chiedere ai nostri consiglieri regionali di adeguare le proprie indennità a quella del sindaco del comune capoluogo e di rinunciare ai loro rimborsi elettorali, cosa che l'accordo prevede all'unanimità di questa Aula, rappresenta per la politica il tentativo di recuperare prestigio sociale avvicinandosi alle esigenze delle persone.
Accanto a ciò, naturalmente, la serie di interventi di riforma. Abbiamo già concordato con chi, come ha fatto l'onorevole Balduzzi nel suo intervento, sottolinea come sia bello che la Francia chiami il Senato il luogo della Francia profonda.
Apprezzo in particolar modo gli interventi svolti dalle Autonomie, sia qui che ieri al Senato, che hanno sottolineato ciò che emergerà dalla riforma costituzionale complessiva che abbiamo deciso di intraprendere insieme a quella del Titolo V. Vi dovrà essere una maggiore presenza delle Pag. 82autonomie territoriali e un rapporto vero con le altre personalità che rappresentano le singole realtà dei territori. Prendiamo atto di questo suggerimento.
L'Italia «profonda» avrà un Senato senza che i senatori abbiano una indennità, senza che i senatori attribuiscano il loro voto di fiducia al Governo e senza che essi votino il bilancio dello Stato. Una sola Camera voterà il bilancio. Ciò naturalmente porterà ad una riduzione del numero dei parlamentari come tutti i partiti avevano proposto in sede di campagna elettorale, ma porterà anche ad una semplificazione e, perché no, anche ad una valorizzazione di ciò che può fare il Senato della Repubblica libero dal ruolo di Camera paritetica. Il Senato potrà essere particolarmente utile nel rapporto con l'Unione europea, potrà essere significativo nell'elaborazione e nell'approfondimento culturale.
Vogliamo dimostrare a chi si trova fuori dall'Aula di Montecitorio come essa non sia il set per i provini di qualche elemento vario del circo mediatico, ma sia oggettivamente il luogo della speranza per gli italiani. Noi andiamo a semplificare il percorso amministrativo e politico, a ridurre il numero dei parlamentari, a produrre un risparmio importante nei costi della politica, ma soprattutto a dare il segnale per cui, se si vogliono realizzare le riforme, prima di chiedere un passo in avanti ai cittadini, che tutti i giorni si mettono in gioco in prima persona, diamo noi il buon esempio.
Ecco il senso dell'accordo che dalla settimana prossima sarà in quest'Aula e che mette insieme la legge elettorale, una legge elettorale che se fosse stata in vigore l'anno scorso avrebbe visto il ballottaggio tra il centrosinistra e il centrodestra e non avrebbe prodotto questo schema che noi oggi ci troviamo a affrontare. Una legge elettorale che sia una legge elettorale a tutela e argine del bipolarismo e della responsabilizzazione del politico di fronte al cittadino, ma anche un impegno concreto sul tema delle riforme.
Può bastare ? No ! No, non bastano le riforme costituzionali ed elettorali, non si mangiano percentuali o soglie di sbarramento. Oggi esiste un'emergenza drammatica, da un po’ di tempo esiste un'emergenza drammatica: è l'emergenza occupazionale. Ancora oggi i dati portano la disoccupazione in Italia al 12,6 per cento, per lo meno questa è la percentuale che ho letto nel report che arriva da Bruxelles. Il dato del 12,6 per cento sulla disoccupazione non è un numero. Lo sapete meglio di me, ma lasciatevelo dire da chi ha vissuto come drammatico il momento nel quale incontri un cassaintegrato che potrebbe avere l'età di tuo padre e che ti dice: «io non ho il coraggio di guardare negli occhi mio figlio e trovo ingiusto che voi continuiate a dire che difendete una Costituzione di un Paese che si definisce una Repubblica democratica fondata sulla rendita, perché non è fondata sul lavoro, è fondata sulla rendita. Perché nel momento in cui voi continuate sempre con le solite persone non siete fondati sul lavoro. Io sono affondato sul lavoro, non fondato sul lavoro». È un elemento di un dibattito vero. Provate ad affrontare queste persone e guardarle negli occhi e capite che non è il 12,6 per cento, sono gli occhi di quelle persone lì.
Come rispondi a questa esigenza ? Io credo avendo il coraggio di rivoluzionare il sistema economico e anche normativo del Paese. Però, prima di tutto facendosi compagni di viaggio di questo dolore. Ecco perché ho chiesto al Ministro Poletti di essere in grado di portare non soltanto la sua esperienza, ma anche la capacità di vivere le relazioni di crisi occupazionali e di momenti di difficoltà sul lavoro con quella capacità di farsi vicino, di farsi prossimo. Talvolta in questi anni, in questi lustri, la politica ha dato l'impressione che su questo settore fosse importante semplicemente scrivere una norma fatta meglio di quella prima. Poi, si poteva discutere se era fatta bene o male, non voglio entrare nel merito, ma si è data l'impressione che il lavoro fosse questione da giuslavoristi. Il lavoro non è questione da giuslavoristi; il lavoro è questione di valori, Pag. 83di ideali, di condivisione, anche semplicemente di un momento di confronto e di ripartenza.
Ecco perché da domani mattina nel giro che faremo in Italia una volta alla settimana andando nelle scuole, come abbiamo detto, raccolgo, con grande convinzione e con grande soddisfazione, ciò che ha detto questa mattina l'onorevole Librandi quando ha detto: «Beh, però vai anche nelle aziende». Sì, andiamo anche nelle aziende. Domani a Treviso visiteremo un'azienda innovativa, H-Farm, o meglio, un contenitore di aziende innovative. Ma incontreremo anche i rappresentanti di alcune aziende in difficoltà. Cercheremo di portare fuori dal Palazzo le speranze che chi è in difficoltà affida a chi sta dentro al Palazzo.
Ma, abbiamo anche il coraggio di dire che le proposte concrete – e lo abbiamo fatto – possono piacere o meno. Lo sblocco totale dei debiti alla pubblica amministrazione deve costituire uno shock, come è accaduto in Spagna. L'aumento dei fondi di garanzia non ha altro obiettivo se non cercare di combattere il rischio del credit crunch che è particolarmente forte nel momento che stiamo vivendo. Soprattutto, la riduzione della pressione fiscale sul lavoro parte da un principio sacrosanto di rispetto: ma come è possibile essere credibili se la pressione fiscale su chi deve investire e creare lavoro è la più alta d'Europa ? La riduzione.
Nelle prossime settimane mostreremo la doppia cifra che si riferiva ai miliardi, non alla percentuale, concretamente le forme (Commenti)... Effettivamente se uno riduce di 10 miliardi la pressione fiscale è giusto che ci sia il sorriso ironico. Ma se nelle prossime settimane e nei prossimi giorni anche dalle opposizioni arriveranno contributi su questo tema, noi vi saremo grati, perché pensiamo che questa Aula non sia soltanto bella per come è rappresentata, ma anche per il valore culturale che può esprimere il dibattito. Certo non è sufficiente. Deve cambiare la pubblica amministrazione ? Sì, deve cambiare la pubblica amministrazione a partire da una cura dimagrante dei livelli istituzionali. Io ho fatto anche il presidente della provincia. Da presidente della provincia ho detto che per me le province andavano abolite. Non ho ottenuto un grandissimo entusiasmo su questa posizione. Oggi il tema del superamento delle province, che il Governo Letta con il disegno di legge Delrio ha visto qui approvato in prima lettura e che adesso è in discussione al Senato, è un primo passo. Ho chiesto alle opposizioni del Senato, lo chiedo alle opposizioni della Camera, di fare uno sforzo: se non siete d'accordo su quel disegno di legge, bene, aiutateci a modificarlo in sede di Titolo V. Ma consentiteci di evitare che il 25 maggio quarantasei nuovi presidenti della provincia siano insediati per i prossimi cinque anni. Perché è inutile stare a parlare e a discutere tra di noi aspettando il meglio che è nemico del bene, quando il 25 maggio per cinque anni avremo quarantasei presidenti delle province che saranno insediati in modo duraturo.
E accanto a questo tema – permettetemi di dire – che esiste una questione di semplificazione. Oggi c’è stato un intervento particolarmente significativo, tra i tanti naturalmente che abbiamo ascoltato, rispetto al modo con il quale si scrivono le leggi. Molteni ha detto delle cose da questo punto di vista molto interessanti. Molteni mi ha proposto: leggiti prima i decreti e poi fai passare soltanto quelli che capisci. Ora la battuta è scontata. Credo che se noi non riusciamo ad essere semplici nei confronti dei cittadini perdiamo la strada per tornare a casa. Però permettetemi di dire che non è soltanto un tema di semplificazione e di capacità di comprensione. È un tema più grande, più serio. Il tema della semplificazione porta ciascuno di noi a dire: ma come è possibile che, dopo un terribile episodio come quello di Fukushima, in Giappone in sette giorni si rifà una autostrada e da noi per riuscire ad avere l'autorizzazione contro le Conferenze dei servizi, contro le sovrintendenze, contro i vari organismi di autorità d'ambito, che noi abbiamo creato in questi anni, abbiamo bisogno di aspettare mesi ed anni. E non pensate di considerare che questa sia una responsabilità del Governo Pag. 84che ci precede, perché in questi venti anni, la semplificazione è rimasta nei Ministeri come nome. Ma fatevelo dire una volta di più da un sindaco: vi rendete conto che nei servizi pubblici locali ogni tre mesi cambiava la norma ? Ogni tre mesi c'era un cambiamento, per cui non facevi in tempo a studiare un progetto, un business plan, per la tua azienda che immediatamente dovevi rimetterlo in discussione. Ora se lo fa un sindaco dice: va bene, riparto daccapo. Ancora e ancora è comprensibile. Ma vi rendete conto quanto sia drammatico per un cittadino ? Si dice: ma questa è una cosa banale, la sappiamo. Bene, se la sappiamo, facciamola.
La delega fiscale che noi utilizzeremo nel momento in cui ci sarà affidata è una delega fiscale che sicuramente in prospettiva deve diventare lo strumento per abbassare le tasse. Trovatemi uno che nelle dichiarazioni programmatiche dica: voglio alzare le tasse (Commenti). Sì c’è però chi l'ha fatto di abbassare le tasse, perché nella mia esperienza di amministratore questo l'ho fatto, per cui credo che da questo punto di vista le ironie di chi ha promesso e non ha mantenuto siano abbastanza fuori luogo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma non è un problema, perché voglio essere il più istituzionale e dialogante possibile o almeno cerco di fare quello che per una volta prova a seguire il bon ton e il galateo istituzionale. Ma quelli da casa che vedono i dati di fatto e che non si rendono conto di come si possa semplicemente relazionarsi con il fisco oggi in Italia ?
Cambiano i nomi, costantemente, delle imposte: serve una gigantesca opera di semplificazione. Quando noi diciamo «un Paese semplice e coraggioso», diciamo un Paese che è nelle condizioni di raccontare a chi sta fuori di qui che, quando si pagano le tasse, si recupera un rapporto con la pubblica amministrazione che sia per lo meno chiaro. È evidente che anche questo non basterà senza una serie di interventi puntuali, che sono già stati messi in cantiere e che questa maggioranza composita si è presa l'impegno di mandare avanti.
Io penso che il servizio civile universale sia un valore educativo importante in una realtà in cui l'educazione civica ha lasciato spesso spazio alla maleducazione civica, in questi anni, in modo devastante, non soltanto all'interno delle istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia). Io penso che dire che sui diritti non si fanno degli accordi alla meno, ma si fa lo sforzo di ascoltarsi: perché se non ci si ascolta sui diritti, ciascuno di noi rimane arroccato nelle sue posizioni e accade che questi temi, queste nostre posizioni rimangono le stesse alla successive campagna elettorale. Se non si fa uno sforzo per fare un passo in avanti, continuiamo a vivere nel mondo magico e meraviglioso in cui ciascuno è convinto di avere le idee migliori, ma poi la concretizzazione non si realizza mai.
Allora, di fronte a questo e ad altri temi su cui mi piacerebbe discutere, rassicuro che, laddove i Ministeri non sono stati fatti, non è per una mancanza di attenzione ai singoli temi. A partire da quello che veniva ricordato nel corso di questo pomeriggio e, cioè, quello di consentire, molto semplicemente, molto banalmente, ai nostri figli, che stanno nella scuola di calcio insieme a bambini che hanno cognomi difficili da pronunciare, ma che sono nati nella stessa città, vissuti nella stessa scuola, cresciuti dallo stesso asilo, che hanno condiviso lo stesso ciclo scolastico e che, magari, sono collegati l'uno all'altro da un rapporto di amicizia, per cui frequentano gli stessi luoghi del cuore nella singola città: bene, non è un tema ideologico, è un tema di rispetto che noi dobbiamo ai bambini. Io continuerò sempre a portarmi nel cuore la discussione fatta tra due bambine: una si chiama Maria e una Fatima. Di fronte all'incontro con questa bambina, la compagna di classe con genitori italiani dice: perché lei non è cittadina italiana e io sì ? Eppure aveva la stessa «c» strascicata, eppure, probabilmente, condividevano gli stessi gusti, condividevano gli stessi valori.
Ecco, il tema di riuscire a trovare un punto d'intesa, magari, da chi parte dal Pag. 85presupposto che debba esserci uno ius soli all'americana e, dall'altro, da chi dice che non si debba far niente: non è un disvalore saper ascoltarsi, saper condividere non è un disvalore. Però, quello che è fondamentale – e vengo a concludere –, lo dico pensando ad alcuni degli interventi che sono stati fatti, mi permetterete di dire all'onorevole Vito che egli ha ragione, quando dice che avremmo fatto meglio a presentarci direttamente con i sottosegretari, ma dirgli anche – perché credo che sia doveroso riconoscere a una parte delle opposizioni, quando dicono cose corrette e puntuali – che, rispetto al tema che egli ha posto all'attenzione dell'emiciclo – quello dei fucilieri di Marina attualmente bloccati in India –, il senso dell'onore a cui egli ha fatto riferimento, che li ha caratterizzati, richiede da parte del nostro Governo un identico senso dell'onore, che non mancherà nel tentativo di risolvere rapidamente la vicenda (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia e di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
Ma dico anche che, in ordine ad alcune considerazioni che sono state fatte oggi, non tutte mi vedono d'accordo. Ad esempio, lo dico all'onorevole Di Salvo, ma anche all'onorevole Locatelli, che ringrazio per essere state fra quelle che hanno citato il tema della parità di genere all'interno di questo Parlamento – e ho scoperto nell'onorevole Locatelli un'esperta della materia, una cultrice della materia –, se è vero com’è vero che siamo il quinto Governo dopo Cile, Svezia, Finlandia e Spagna – per lo meno per come lei ha detto – a raggiungere questo obiettivo. Io non credo, però, che il punto possa essere raggiunto con un diktat su una legge elettorale se non vi è il consenso di tutti.
Penso che il Governo possa prendere un impegno serio in quest'Aula e l'impegno serio è che le realtà delle aziende pubbliche, o comunque nominate dal pubblico, cui ella ha fatto riferimento, debbano vedere anche nelle posizioni apicali la presenza di donne manager competenti indipendentemente dalle proprie idee politiche, ma che si sono affermate e che sono pezzi della classe dirigente del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà).
Qui tra voi ci sono storie diverse, ma in tribuna, tra le tante persone che sono presenti – così come probabilmente a casa – c’è una militante del mio partito che si chiama Pina, Pina Cocci, che ho visto prima, e che nel corso di tanti incontri di campagna elettorale mi ha spesso contestato il fatto che vi fossero dei problemi legati alla disabilità e alle barriere architettoniche – aveva ragione lei, in molti casi, non sempre, ma in molti casi sì – ma che mi ha accompagnato insieme a tante altre e a tanti altri, da un sentimento che vorrei che fosse il sentimento conclusivo con cui ci accingiamo a chiedere il vostro voto di fiducia. Rispetto ai temi di cui abbiamo discusso, e ai tanti altri che sono rimasti fuori ma sono stati toccati nella discussione (penso al tema dell'agricoltura dell'onorevole Cova, penso al tema dell'onorevole D'Ottavio sulla scuola, penso a ciò che è venuto dall'onorevole Maestri sul lavoro, penso a tanti interventi che sono stati fatti, all'intervento dell'onorevole Calabrò sul Mezzogiorno; potrei proseguire ed entrare nel dettaglio, rispondendo uno per uno ai singoli interventi), c’è un filo comune, un filo rosso, un minimo comune denominatore che collega questi punti: fuori da qui c’è gente che si aspetta da voi, anzi da noi, da noi tutti insieme, che la politica smetta di essere un fiume di parole vuoto e vano (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Perché questo accada, sicuramente vi è tra noi chi immagina che quest'Aula debba rappresentare il luogo nel quale tentare di intonare un condiviso schiocco delle dita, ponendosi nel circuito culturale, dalla Famiglia Addams in poi, che li vede particolarmente protagonisti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia) e che li vede probabilmente eredi di una gloriosa cultura sociale. Ma le espressioni di questa maggioranza, che è una maggioranza che ha dato vita ad un Governo politico che Pag. 86rispetta gli accordi elettorali e istituzionali e che si augura che questi accordi possano essere condivisi con un ampio ventaglio di forze politiche – ma intanto rispetta gli accordi che ha fatto – questa maggioranza, che è una maggioranza politica, all'interno della quale vi sono segretari dei partiti che sostengono la maggioranza come scelta, che dà sostanza nel bene o nel male, naturalmente, a questa valutazione, ebbene, questa maggioranza ha una responsabilità verso Pina, verso le militanti e i militanti del proprio partito, verso le cittadine e i cittadini che non ci credono più: è quella di dire che l'Italia non ha finito il proprio tempo.
Noi oggi viviamo un momento nel quale abbiamo rimpicciolito, fino a stringerli, le nostre ambizioni, i nostri sogni, i nostri progetti. Oggi, alla fine, tutto sommato anche noi sembriamo non crederci più, sembriamo immaginare che il valore politico e culturale di questa Assemblea sia quello di passare del tempo. Tra l'altro, bisognerebbe – diciamocelo tra di noi – davvero accelerare il processo di revisione dei Regolamenti parlamentari per poter consentire (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà e Nuovo Centrodestra) a noi di non fare decreti – o se non in casi eccezionali –, ma a voi di lavorare meglio e più rapidamente. Vi è però un passaggio che è ancora più grande. Il passaggio che è ancora più grande è che fuori di qui non ci crede più nessuno che le cose si possano fare. E allora, il motivo per cui, rischiando tutto ciò che possiamo rischiare, abbiamo scelto di accelerare su un percorso che preveda queste riforme in tempi certi e che preveda concretamente di essere valutati, perché dopo quello che abbiamo detto non c’è più scusa per nessuno, è l'unico strumento che noi abbiamo per poter dire che la politica è una cosa seria che serve.
Finisco con una frase di uno scrittore che io adoro: Chesterton.
Ha scritto delle cose meravigliose a tanti livelli, però ve n’è una che mi rende triste. Ha scritto: «Il mondo non finirà mai per la mancanza di meraviglie. Il mondo finirà per la mancanza di meraviglia». Andando a lavorare a Palazzo Vecchio cercavo di ripetermelo, vedendo la bellezza artistica del luogo, ma permettetemi di dire che questo sentimento è lo stesso sentimento che dovrebbe animare non per la bellezza artistica, ma per la bellezza di un Paese che continua ad avere 5 milioni di persone che fanno volontariato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che continua ad avere degli imprenditori che, nonostante tutto, sfidano la crisi e continuano ad innovare, che continua ad avere la seconda economia manifatturiera europea, che continua ad avere un livello qualitativo delle donne e degli uomini che svolgono il proprio lavoro che è straordinario.
L'Italia non finirà mai per la mancanza di meraviglie, ne ha in abbondanza. Finirà per la mancanza di meraviglia se voi, noi, saremo rassegnati; finirà per mancanza di meraviglia se noi penseremo, per primi, che non si possono più fare le cose, se noi penseremo che l'unica soluzione è rifugiarsi nella stanchezza e nella rassegnazione.
Noi siamo qui, oggi, prendendo il vento controvento, ma prendendo, soprattutto, il gusto di rischiare, in un momento in cui rischiare sembra difficile, per dire una cosa molto semplice: la pagina più bella che questo Paese deve vedere non l'ha ancora vista; toccherà a ciascuno di voi il compito di realizzarla. In bocca al lupo a tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Nuovo Centrodestra, Per l'Italia, Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia, Misto-Centro Democratico, Misto-Minoranze Linguistiche e Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)) !

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Avverto che la mozione di fiducia Speranza, Costa, Andrea Romano, Dellai e Pisicchio n. 1-00349 è stata sottoscritta anche dal deputato Alfreider.Pag. 87
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ricardo Antonio Merlo. Ne ha facoltà, per due minuti.

RICARDO ANTONIO MERLO. Signor Presidente, il Movimento Associativo italiani all'estero è una forza politica nata all'estero il cui scopo fondamentale è rappresentare in questo Parlamento le nostre collettività che vivono in tutto il mondo. La promozione del made in Italy, della nostra cultura e della nostra lingua e la ricostruzione del sistema Italia all'estero costituiscono veramente la nostra stella polare. Signor Presidente, la cosa più significativa per la nostra collettività è dare il segnale forte di discontinuità rispetto al passato di una politica che, purtroppo, è stata fatta solo di tagli e rigori.
Nel corso delle consultazioni, abbiamo constatato da parte sua un reale interesse per le questioni che riguardano gli italiani all'estero. Noi apprezziamo il suo coraggio, condividiamo i suoi sogni e le formuliamo i migliori auguri per il suo lavoro. Quindi, così come ieri al Senato il nostro partito ha votato a favore della fiducia, oggi siamo pronti, anche qui, ad aprire un credito al suo Governo, sperando che le azioni che da subito metterà in campo permettano di aiutare a fare le riforme tanto auspicate per il nostro Paese.
Inoltre, signor Presidente, voglio dirle che, quando viaggerà all'estero, venga con noi. La invitiamo fin d'ora a ripercorrere le vie degli italiani nel mondo: sono certo che rimarrà sorpreso dalla ricchezza umana, culturale ed economica rappresentata e prodotta dagli italiani all'estero. Lei ha detto che essere italiano è un dono, una bellezza. Io le assicuro che all'estero la sentiamo così, amiamo veramente questo Paese, anche quelli, come me, nati all'estero e cresciuti all'estero...

PRESIDENTE. Deputato, concluda.

RICARDO ANTONIO MERLO....a 14 mila chilometri di distanza, e siamo orgogliosi di essere italiani (Applausi dei deputati del gruppo Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Colleghi, per favore, dovremmo continuare i nostri lavori. È possibile avere un po’ di attenzione per gli interventi e un po’ di silenzio in quest'Aula ? Colleghi, vi ricordo che i nostri lavori stanno continuando, quindi, vi chiedo un po’ di attenzione, per favore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marco Di Lello. Ne ha facoltà.

MARCO DI LELLO. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, la deputata e i deputati socialisti le daranno il proprio voto di fiducia. Lo faranno perché condividono l'ambizione di cambiare l'Italia. Quintiliano definiva l'ambizione come un vizio, ma spesso causa di virtù: è quello che ci aspettiamo dal suo Governo.
Un'Italia virtuosa, un'Italia in cui è il merito e non la nascita, l'estrazione sociale a determinare il futuro di ragazze e ragazzi. Un'Italia che non distingue i bambini dal colore della pelle, che non discrimina tra i propri figli nati in Italia, che studiano Italia, da genitori che pagano le tasse in Italia. Un'Italia in cui, dopo anni di vita comune, non serve un certificato di matrimonio per poter essere vicino al tuo compagno o alla tua compagna in ospedale o in carcere o anche a un funerale, o subentrargli nell'affitto o nella pensione sociale. Un'Italia che investe sul sapere, che fa studiare i propri figli in edifici accoglienti, certo, ma che valorizza il corpo docente, anche stabilizzando quelle migliaia di supplenti, precari abilitati o idonei non vincitori, che già oggi con passione forgiano il futuro dei nostri ragazzi: i tanti professor Keating, che insegnano come parole e idee possano cambiare il mondo. Un'Italia che non mostri la faccia dura ai soli, tanti soggetti deboli, piccoli imprenditori oppressi dal fisco, poveracci reclusi perché non possono pagarsi l'avvocato, cittadini schiacciati dalla burocrazia.
In questi anni ha prevalso l'Italia dei furbi, dei condoni fiscali, di quelli edilizi, l'Italia che lucra, con il gioco d'azzardo, sul futuro dei propri figli. Noi le chiediamo di costruire assieme l'Italia delle Pag. 88opportunità, della giustizia sociale e della solidarietà, in cui chi ha di più dà di più, per farsi carico di chi ha già dato e non ha più nulla da dare, se non la speranza. La speranza, signor Presidente del Consiglio, per tante famiglie è il bene più grande, lo consegnano a lei e a tutti quanti noi, alla politica. Il suo Governo, fatto di giovani, donne, territori, ha anche questa straordinaria responsabilità.
Concludo, lei, il suo Governo, tutti noi non possiamo fallire. I socialisti non le faranno mancare idee, proposte, ma anche critiche costruttive, sincere, mai ideologiche. Pablo Neruda scriveva: «Lentamente muore chi non rischia per inseguire un sogno». Se dopo oltre un secolo i socialisti sono ancora qui è perché rischiando non hanno smesso di inseguire il sogno di un'Italia più libera e giusta (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, consideriamo il suo Governo una carta finale. Si possono anche avanzare interrogativi sul percorso politico da lei intrapreso, ma non sul fatto che la via obbligata dell'impegno diretto del Partito Democratico è l'ultima possibilità di questa legislatura. Un fallimento sarebbe gravemente pregiudizievole per l'avvenire del Paese.
In questo senso il voto favorevole del Centro Democratico al suo Governo è il frutto di una scelta di coalizione per noi già validata dal giudizio elettorale. Il principio di coalizione è fondamentale in un sistema politico che tende a ricostruire un bipolarismo virtuoso. Si può lavorare in questa direzione seriamente, diffidando di un bipartitismo costrittivo.
Apprezziamo la scelta di Alfano, che spero sia conseguente, nel far prevalere l'interesse alla soluzione dei problemi al presunto colore delle opzioni adottate. Ad esempio, il contrasto alla complicazione legislativa e amministrativa è di destra o è di sinistra ? E la lotta all'evasione fiscale ? Suvvia ! E non è qualunquismo politico, ma serietà di fronte alla durezza della crisi. Non innalziamo i nuovi feticci dell'ideologismo programmatico. Ci è bastata la vicenda tragicomica dell'IMU.
Ho apprezzato il senso informale del suo discorso al Senato. Ovviamente non è lo stile istituzionale che prediligo. Ma lo ho considerato un'abile risposta dialettica alle furbizie di questi mesi, all'uso disinvolto della rete, talvolta indotta al disprezzo istituzionale, come è accaduto nella recente consultazione di 5 Stelle.
Quelli come me si sono sentiti talvolta a disagio, come fuori campo.
Pazienza, si dirà. Ma se non si ripristina il campo del rispetto, della competenza, della rigorosa professionalità politica, della sobrietà del linguaggio, daremo un cattivo esempio. E la politica non può continuare a dare cattivi esempi. Diversamente, questo Paese non si salverà.
Ma con il voto di fiducia, il suo Governo sarà misurato alla prova dei fatti e le parole passeranno in secondo piano. Ora irrobustisca la sua squadra ed affronti i problemi: Europa, riforme strutturali, distribuzione dei carichi fiscali, difesa dei più deboli, semplificazione della pubblica amministrazione, Mezzogiorno, lavoro e ripresa dello sviluppo. Abbiamo il dovere della speranza e di investire tutte le nostre forze in questo percorso rischioso ma senza alternative. Lo dobbiamo per il futuro dell'Italia e delle generazioni più giovani. Invitiamo il Paese a credere in questa nuova possibilità. Noi ci stiamo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alfreider. Ne ha facoltà.

DANIEL ALFREIDER. Signora Presidente, con il Governo precedente, come autonomie speciali, abbiamo intrapreso, soprattutto per il ruolo che ha avuto anche il Ministro Delrio, un percorso concreto, verso ulteriori sviluppi di forme di governo e di responsabilità territoriale.Pag. 89
Giudichiamo importante, come parte degli accordi programmatici, che si sia inteso confermare e rafforzare la collaborazione in atto proprio tra Governo e autonomie speciali. Il confronto sulla riforma del Titolo V dovrà essere quindi coerente con questo impianto federale, affinché si possa continuare a lavorare proprio in questa prospettiva.
La fiducia al suo Governo, Presidente, è la fiducia nell'accordo per una legislatura costituente. La riforma immediata della legge elettorale, con norme di salvaguardia delle realtà e della rappresentatività delle minoranze linguistiche, le riforme costituzionali per un Senato non elettivo e la riforma del Titolo V ne sono l'architrave.
Signor Presidente, condividiamo pienamente quanto sottolineato nel suo intervento sul ruolo fondamentale dell'Italia in Europa, in riferimento soprattutto al semestre a guida italiana. Sarà un momento decisivo per riuscire a rafforzare politiche di coesione, politiche di sviluppo economico e sociale e soprattutto responsabilità territoriale.
In questo contesto, consideriamo fondamentale collegare anche fisicamente l'Italia all'Europa, realizzando e completando i corridoi di trasporto considerati strategici come quello nord-sud Helsinki-Valletta, utilizzando anche meglio i cofinanziamenti comunitari disponibili. Saranno condizioni per nuove politiche di occupazione, opportunità di sviluppo e di scambio culturale dell'intero Paese e anche del Mediterraneo.
Sotto questo profilo vorrei anche ribadire il valore del turismo come risorsa unica ed importantissima, sia economicamente ma anche di immagine dell'Italia nel mondo. Dall'altro lato apprezziamo l'impegno della lotta alla burocrazia, le opere di semplificazione tributaria e normativa, che attualmente stanno soffocando le nostre imprese.
Siamo di fronte ad un momento storico, il momento per cogliere veramente l'occasione di cambiare e di guardare ad un Paese giovane, che vuole essere competitivo, capace soprattutto di valorizzare e riconoscere le responsabilità, ma anche capace di partecipare politicamente.
Vogliamo tornare alla stabilità, ad un Paese che premi e non metta mai ai margini la volontà di fare e anche di rischiare.
Per queste ragioni, Presidente, noi deputati della Südtiroler Volkspartei e del PATT voteremo la fiducia. Buon lavoro a lei e al suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Meloni. Ne ha facoltà.

GIORGIA MELONI. Signora Presidente e onorevoli colleghi, per prima cosa voglio porgere le scuse di Fratelli d'Italia per il disturbo arrecato al Presidente del Consiglio e ai Ministri, perché purtroppo, vedete, questa nostra democrazia non è ancora abbastanza evoluta da consentire di dare la fiducia al nuovo Governo direttamente dalla sede nazionale del Partito Democratico.
Noi non abbiamo ancora, come Italia, raggiunto il fulgido esempio delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, della Repubblica Popolare Cinese e, quindi, abbiamo dovuto scomodare lor signori per venire a far ratificare dal Parlamento quanto già deciso dalla sapientissima direzione del partito. E, quindi, poiché questo stanco rito deve ripetersi, anche noi procediamo alla nostra dichiarazione di voto.
Fratelli d'Italia non darà la fiducia al Governo Renzi per le stesse identiche ragioni per le quali non abbiamo dato la fiducia al Governo Letta e per le quali eravamo contrari ancora prima al Governo Monti. Siamo fermamente convinti che la guida della nazione debba essere diretta emanazione della volontà popolare. Voi vi nasconderete dietro l'affermazione che noi siamo una Repubblica parlamentare, un modo per dire: è nostro diritto spartirci la torta e chissenefrega degli italiani che sono cittadini solamente quando devono pagare le tasse. Ma noi continueremo a gridare all'Italia e al Pag. 90mondo che, come viene sancito in quella Costituzione che esaltate a corrente alternata, la sovranità appartiene al popolo e che, quindi, non saremo mai complici di chi intende sottomettere la nostra libertà all'interesse di chicchessia.
Presidente Renzi, nello scorso fine settimana 250 mila persone hanno partecipato alle primarie di Fratelli d'Italia nonostante la solita cortina diciamo così fumogena che cade sulle nostre iniziative. Vuol dire che la gente vuole partecipare; vuol dire che la gente vuole dire la sua. E, allora, la nostra non è semplicemente una posizione ideale, è anche una posizione ideale, ma è soprattutto una posizione supportata da alcune certezze concrete. Infatti, se un Governo non risponde al popolo, semplicemente non farà gli interessi del popolo, ma farà gli interessi di chi ne ha consentito la nascita e di chi ne garantisce la sopravvivenza. È la storia di questi ultimi due anni. Nel 2011 l'ultimo Governo espressione della volontà popolare è stato esautorato, è stato sostituito attraverso manovre abbastanza torbide di Palazzo, con un Governo che era più gradito alla nomenclatura straniera. E quel Governo, il Governo Monti, ha perseguito fedelmente gli interessi dei suoi sponsor: la BCE, la finanza internazionale, le cancellerie europee. Non a caso, il più grande fan di Monti è stata Angela Merkel, entusiasta di vedere il Governo italiano lavorare per fare gli interessi della Germania, per di più con il plauso sentito delle nostre istituzioni e dei nostri media. Il Governo Letta ha fatto se possibile anche peggio perché ha mantenuto lo stesso servilismo nei confronti di Bruxelles, però ha anche aggiunto un proprio tratto personale e, cioè, ha esteso la sua subalternità agli interessi di tutte le lobby, non solamente quelle finanziarie; una specie di par condicio dei poteri forti. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: i 17 miliardi di euro contenuti nella legge di stabilità a favore delle banche, il condono vergognoso di miliardi di euro alle società delle slot machine, le leggi fatte ad hoc contro le sigarette elettroniche per favorire le lobby del tabacco o basterebbe ricordare su tutto la vergogna di quell'alto tradimento nei confronti del popolo italiano rappresentato dal decreto su Bankitalia quando, cioè, la nostra Banca centrale è stata svenduta e gli italiani sono stati privati di quel residuo di sovranità monetaria di cui disponevano.
Senza parlare della debolezza che questi Governi hanno avuto sul piano internazionale. Guardi, Presidente Renzi, glielo voglio dire sinceramente e sono contenta che lei intenda andare a Tunisi con il Ministro Mogherini, ma penso che sarebbe molto più sensato se lei prendesse un bell'aereo e andasse a New Delhi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), facesse, cioè, quello che questi Governi non sono stati in grado di fare per due anni, consentendo che due militari italiani venissero trattenuti in una nazione straniera in piena violazione del diritto internazionale. È tanto chiedere rispetto per i nostri militari e per due uomini in divisa che rappresentano lo Stato italiano ? Perché finora non l'abbiamo visto quel rispetto e lo vorremmo vedere. Allora, oggi quella stessa fallimentare maggioranza si ripresenta immutata con ben nove Ministri dell'attuale Governo che facevano già parte della squadra di Letta – perché si sa, in periodo di crisi, Presidente, si rottama poco e si ricicla il possibile – e ci regala il sogno di un futuro completamente nuovo, di una nuova ripartenza. Sembra un po’, questa operazione, quel sistema di scatole cinesi che certe aziende usano per frodare i creditori e il fisco, sa come quelle pizzerie che ogni anno attaccano il cartello con scritto «Nuova gestione»: l'oste è lo stesso, i camerieri sono gli stessi, si mangia male come sempre, però in compenso la società è nuova e, quindi, non risponde dei debiti della società precedente. Perché va bene tutto, ma non è che gli italiani sono scemi.
Il Partito Democratico è stato l'azionista di maggioranza del Governo Letta, è stato l'azionista di maggioranza del Governo Monti e ha votato tutti quei provvedimenti, li ha votati convintamente e sa cosa, Presidente Renzi, c'era anche lei, perché è stato il PD a guida Renzi a votare Pag. 91contro la legge di Fratelli d'Italia per la revoca delle pensioni d'oro, è stato il PD a guida Renzi a votare la vergogna di Bankitalia, è stato il PD a guida Renzi a votare le marchette alle lobby amiche. C'era anche lei e quindi è evidente che non possiamo prendere per buone le sue rassicurazioni.
Anche perché, abbiamo visto come è finita l'ultima volta che ha detto a qualcuno: «Stai sereno». Io non so se lei si rende conto che ormai nei bar le ultime parole famose di Renzi sono insomma qualcosa su cui si scherza: «Mai al Governo con Alfano», «Mai al Governo senza il voto popolare», «Letta, tranquillo, lavoriamo per rafforzarti», «Quando andrò al Governo metterò massimo dieci Ministri» eccetera, eccetera. Non staremo sereni perché, tra l'altro, lei con questa operazione dimostra di essere un tantino diverso dal sogno che aveva alimentato e che, sa, aveva coinvolto anche qualcuno di noi.
Il giovane rottamatore che doveva cambiare le regole del gioco ha finito alla fine per rottamare solamente tutti quelli che si frapponevano tra lui e la poltrona di Premier. Il messia che doveva traghettarci nella terza Repubblica si è, alla fine, rivelato così spregiudicato da fare impallidire i migliori mestieranti della prima Repubblica. Il Mastro Lindo che avrebbe ripulito l'Italia dalla partitocrazia ci consegna oggi un Governo così spartitorio da consentire a Massimiliano Cencelli, autore del più noto manuale, di dire sulla prima pagina de Il Tempo con un'enorme intervista: «Ho vinto ancora una volta io».
Né potremmo darle il nostro sostegno sulla base della sua relazione o della sua replica, entrambe devo dire abbastanza deludenti perché le commoventi storie belle che lei racconta purtroppo non riescono a nascondere l'assenza di idee chiare sul da farsi. Lei elenca tante priorità però non ci dice come le vuole affrontare. E sulle poche proposte che ci fornisce, mi corre l'obbligo di segnalarle che c’è un leggerissimo problema di copertura finanziaria perché questi provvedimenti che lei elenca costano qualche punto percentuale di PIL. Ma lei si guarda bene dal dirci dove intende prendere le risorse e, quindi, fa esattamente quello che fece, prima di lei, Letta. Ci chiede una fiducia in bianco e noi non possiamo dare una fiducia in bianco. Allora senza rancore, senza ipocrisie non intendiamo sostenere un altro Governo eterodiretto, un Governo di sinistra che, tra l'altro, per far inghiottire al proprio elettorato le misure a favore delle lobby tenderà a radicalizzare le proprie posizioni in materia etica e in materia sociale. Lo abbiamo già visto con il Governo precedente: da una parte si regalano i miliardi alle banche e, dall'altra, per far digerire quei miliardi all'elettorato di sinistra si fanno provvedimenti come l'abolizione del reato di immigrazione clandestina, gli indulti mascherati, i soldi trovati per l'accoglienza agli immigrati e tolti alle vittime della mafia, e tutto quello di cui abbiamo parlato in questi mesi.
E questo voglio dirlo anche agli altri partiti che si definiscono di centrodestra perché sono provvedimenti che avete votato tutti quanti: prima l'intero Popolo della Libertà, poi il Nuovo Centrodestra. Ora gli amici di Forza Italia si sono ricreduti e ci hanno raggiunto all'opposizione: speriamo che questa volta la facciano davvero. Però anche questo Governo nasce con il voto determinante dei colleghi del Nuovo Centrodestra che evidentemente accettano di fare i fiancheggiatori del Partito Democratico pur di non andare alle elezioni, pur di non confrontarsi con il consenso.
Voglio chiedere a loro come facciano a sostenere un Governo che sarà ancora più spostato a sinistra del precedente, con otto Ministri del Partito Democratico su sedici, con il segretario del Partito Democratico a capo del Governo, con due dei tre tecnici che sono uno il capo delle cooperative rosse e l'altro il direttore della fondazione di D'Alema. Come pensate di poter trovare delle convergenze sulle materie di politica economica, sulle materie del lavoro. Insomma se dovessimo guardare a quello che è accaduto finora, ci basterebbe il tema dell'IMU che infatti si paga ancora.Pag. 92
Allora Fratelli d'Italia non ci sta e decide, ancora una volta, di rispettare la parola data ai propri elettori...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIORGIA MELONI. Presidente, mi avvio a concludere, non votando la fiducia ad un Governo nato nella direzione del Partito Democratico e perfezionato nelle stanze della Banca Centrale Europea. Eppure, Presidente Renzi, voglio dirle questo prima di concludere: nel merito dei provvedimenti ci troverà più leali di altri.

PRESIDENTE. Concluda.

GIORGIA MELONI. Se saranno buoni provvedimenti – e concludo – non avremo problemi a votarli. Le daremo buone idee, come ha fatto oggi il collega Rampelli nel suo articolato intervento e in cuor nostro tiferemo perché lei riesca a smentirci per l'Italia, per gli italiani e per quella generazione che lei rappresenta che potrebbe non avere un'altra occasione.

PRESIDENTE. Deve concludere. L'ho richiamata tre volte.

GIORGIA MELONI. Presidente, ho concluso. Sia ambizioso in modo smisurato per l'Italia e noi saremo dei validi interlocutori. Sia ambizioso in modo smisurato per se stesso e ci troverà sulle barricate (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giancarlo Giorgetti. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, dopo averla ascoltata ieri in televisione e oggi qui mi sono detto: questo è veramente bravo come oratore, è bravo quasi quanto Berlusconi. Poi ho pensato come definire questo misto tra la pazzia e il coraggio, che mette in quello che si propone di fare; credo che la sintesi si possa trovare in una definizione, quella che riconduca all'incoscienza della volontà. L'incoscienza della volontà, che di per sé non è neanche un qualcosa di negativo, perché uno si potrebbe spaventare e scappare: l'importante è che questa incoscienza della volontà si coniughi con la coscienza della realtà, con quello che si può fare, si può realisticamente fare, e quello che non si può fare.
Al suo predecessore Presidente Letta, che è qui in Aula, in occasione della fiducia consigliai di volare alto: di volare alto e di guardarsi le spalle. A lei consiglio invece di volare un po’ più basso perché, secondo me, il salvare un'azienda e i lavoratori di un'azienda vale molto di più che mille tweet (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie); e quando lei andrà a visitare le scuole, le consiglio di portarsi anche con sé la carta delle fotocopie, così eviteremmo ai genitori di fare le collette poiché lo Stato non è più in grado di garantire neppure questo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Lei ha di fronte una montagna di problemi, che adesso deve scalare. Lei ha voluto la bicicletta, e adesso deve pedalare. Forse lei dirà: no, io non l'ho voluta, in realtà me l'hanno tirata dietro. Lo sappiamo che non è così, perché ha rifiutato la borraccia a chi gliela chiedeva, ha lavorato in qualche modo per bucargli le gomme. Adesso lei riparte, riparte per questo gran premio della montagna con il rapporto da discesa; perché a me sembra che lei la faccia un po’ troppo facile questa vicenda. La fa soprattutto facile, perché ? Perché lei non è passato a chiedere la spinta, la spinta credibile, formidabile del popolo sovrano attraverso le elezioni: ha preferito passare attraverso il chiuso del gran consiglio del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Quando lei parla di democrazia interna, dovrebbe sapere anche che le fiducie e sfiducie passano attraverso il Parlamento, non semplicemente attraverso i gran consigli dei partiti.
Detto questo, la sua forza oggi si fonda fondamentalmente sulla debolezza e sulla pavidità del Parlamento: un Parlamento tremebondo che, su tutto il discorso, talvolta Pag. 93vago, talvolta preciso, credo abbia apprezzato particolarmente un passaggio, il punto pregnante, e cioè che lei mira a durare fino al 2018. E questo forse è l'elemento fondamentale, che le permette oggi di ottenere una fiducia: una fiducia di un Parlamento tremebondo e fragile; e quando i Parlamenti sono tremebondi e fragili... Per cortesia... Grazie. E quando i Parlamenti sono tremebondi e fragili...

PRESIDENTE. È possibile liberare il banco del Governo ? Mi scusi, onorevole Colaninno: lei sa che il banco del Governo dev'essere liberato. Prego, onorevole Giorgetti.

GIANCARLO GIORGETTI. Lei ha citato il caso del 1992-94, periodo noto: in quel periodo il Parlamento tremebondo e fragile ha fatto delle cose importanti, ma ha fatto anche gravissimi errori. Quando il Parlamento è fragile possono succedere cose spiacevoli, come quella della svendita dei tesoro di Stato, piuttosto che la rapina a mano lesta a mezzanotte sui conti correnti di tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Certamente questo è un Governo, ed è il Governo Renzi: è Matteo Renzi, un uomo solo al comando. Lei l'impronta l'ha lasciata, e qualcuno di noi ha visto anche dei segnali di fumo che in qualche modo ci ha rifornito: ad esempio, lei è riuscito ad abolire tout court il Ministero dell'immigrazione ed il connesso Ministro Kyenge. Se l'avessimo proposto noi saremmo stati razzisti: l'ha fatto lei e nessuno si è sentito in dovere di ricordarglielo, anche perché probabilmente nessuno si è accorto neppure dell'esistenza di questo Ministero (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
È riuscito pure ad abolire il Ministero per l'Europa; se l'avessimo fatto noi, saremmo stati degli euro scettici, euro critici, condannati, invece lei l'ha fatto, sacrificando anche un ottimo Ministro, il Ministro Moavero Milanesi, a cui oggi rendiamo l'onore delle armi. Però lei è un intuitivo e per il Ministero dell'economia, il Ministero cuore del Governo, non ha trovato meglio che scegliere il professor Padoan, ottimo professore che ha ammesso, tornando dall'Australia, di averla incontrata una volta sola in vita sua. Devo dire che è stato evidentemente un amore a prima vista, però non vorremmo credere, diciamo così, a quello che, il Ministro, il sottosegretario Delrio oggi si è lasciato scappare, la tassazione dei BOT e dei patrimoni, perché, altrimenti, questo amore a prima vista è uno di quelli che non ci scorderemo mai più (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Lei arriva con la fama del rottamatore; sappiamo che demolire è po’ diverso da costruire e forse è più facile demolire che costruire, avremmo voluto nei suoi interventi, così lunghi e anche suggestivi, ascoltare qualche parola chiara e priva dei tabù che oggi circondano ad esempio il tema dell'immigrazione. Avrebbe dovuto avere il coraggio di dire e demolire il velo d'ipocrisia che fa dire che l'immigrazione è una cosa positiva perché garantisce le pensioni degli italiani, quando altro è il principio cardine di ogni principio di vivere civile tipico di Paesi civilissimi come la Svizzera, come la Gran Bretagna e il Regno Unito, come gli Stati uniti. Avrebbe dovuto venire qui a dirci sul federalismo, che quello che si dice in giro e che si legge sui giornali non è vero, che il principio di responsabilità è il principio fondante di qualsiasi democrazia che funzioni, che i comuni virtuosi vanno premiati e quelli viziosi vanno puniti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) e lei ci deve dire se il decreto «salva Roma», che affronteremo domani, lei lo vuole tenere in piedi sì o no, perché questo è un comune che oggi ha annunciato che il bike sharing è totalmente eliminato perché le biciclette le hanno rubate tutte qui a Roma, quindi Ladri di biciclette nel 1948, Roma 2014, evidentemente non è cambiato niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Volevamo sentire parlare più chiaramente sull'euro e l'Europa, questo tabù. Diciamoci chiaramente che, da quando è stato introdotto l'euro in questo Paese, Pag. 94l'Italia è l'unico in tutta Europa che ha avuto un PIL di crescita negativo ! Abbiamo avuto il coraggio di dirlo sì o no che questo ha ingrippato e ha fatto un'ecatombe di imprese e di posti di lavoro. Le ricordo peraltro, Presidente Renzi, che lei al Senato ha detto: siamo al record per quanto riguarda la disoccupazione; io le faccio presente che, con il Ministro Maroni, abbiamo toccato il tasso di occupazione più alto della storia repubblicana e abbiamo toccato il tasso più alto di disoccupazione con un Governo di sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Questa è la verità dei fatti, nei suoi discorsi abbiamo sentito grandi proclami, per carità sono ipotesi assolutamente condivisibili, peraltro per quanto riguarda le riforme su di lei e sul suo partito grava e non è andata in prescrizione la colpa per aver sabotato queste stesse identiche riforme approvate otto anni fa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) e che sono state cancellate per iniziativa della sinistra. Questa è una colpa, lo ribadisco, che non è caduta in prescrizione, ve la portate dietro perché buona parte dei risultati a cui oggi dobbiamo assistere dipende da questo.
Noi per questo motivo, non avendo sentito parole chiare su questi temi, che sono temi decisivi – l'euro per quanto riguarda l'economia, il federalismo fiscale per quanto riguarda il vivere civile, la burocrazia e la pubblica amministrazione, l'immigrazione per quanto riguarda la sicurezza dei cittadini – non le daremo la fiducia. Oggi lei arriva qui in un clima in cui sembra che «dopo di me, il diluvio»; lei arriva qui con un alone «Renzi l'uomo della provvidenza». Ecco, noi neghiamo la fiducia al Governo Renzi e ormai confidiamo solo nella provvidenza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Dellai. Ne ha facoltà.

LORENZO DELLAI. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, dagli interventi dei colleghi De Mita, Piepoli e Fucsia Nissoli avrà già colto due elementi chiari. In primo luogo, il nostro gruppo esprimerà un voto di fiducia al suo Governo, come è già accaduto ieri in Senato. In secondo luogo, noi non ci adeguiamo ad atteggiamenti conformistici. Siamo ben consapevoli che, dopo la brusca interruzione del Governo presieduto dall'onorevole Letta – che visto che è in Aula colgo l'occasione per salutare e ringraziare a nome del nostro gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia) –, sarebbe disastroso per il nostro Paese che il suo Governo non ricevesse la fiducia, ovvero subisse una sconfitta, che non sarebbe certo solo riferita alla sua persona.
Nel contempo, però, non intendiamo rinunciare a dire con lealtà, ma con sincerità le nostre libere convinzioni anche magari talvolta fuori dal coro, del quale peraltro le suggeriamo di verificare la sincerità.
Se fossimo in tempi normali prevarrebbero forse da parte nostra dubbi e perplessità sul metodo con il quale si è aperta la crisi di Governo, sulla rapida archiviazione di quella idea di contratto di governo alla tedesca, che qualche forza politica pretendeva da un Governo destinato a durare pochi mesi, ma ora non chiede più a un Governo che si pone giustamente l'orizzonte della legislatura.
Noi abbiamo fornito – prima al Presidente Letta, poi a lei – le nostre priorità da questo punto di vista. Ne voglio ricordare solo una, il tema della famiglia: siamo l'unico Paese d'Europa che non l'ha affrontato seriamente e ci auguriamo comunque di vedere questo tema sviluppato negli atti del Governo da lei presieduto.
Dubbi e perplessità di fronte alla cancellazione di un Ministero importante, soprattutto in questo momento, come quello delle politiche comunitarie: noi non siamo d'accordo nel vedere che si torna indietro, trasformando le politiche comunitarie in una «branchia» di attività del Ministero degli esteri.
Dubbi e perplessità anche di fronte alla composizione del suo Governo con promozioni ed esclusioni che riguardano da Pag. 95vicino anche il nostro gruppo parlamentare, delle quali peraltro non ci sfugge il senso politico. Ebbene, però noi non siamo in un tempo normale. Avvertiamo gli effetti drammatici di un lungo periodo di stagnazione del nostro Paese, che è oggi come una pentola a pressione, dalla quale il vapore cerca disperatamente di uscire, cogliendo ogni pertugio sotto forma di rabbia, di rassegnazione, ma anche di speranza e di sogno. Ma attenzione: cosa ha prodotto veramente questa stagnazione ? Certo, la mancanza di decisioni rapide, la paralisi di molta parte della pubblica amministrazione, l'inefficienza, l'irresponsabilità sedimentata in molti ambiti della vita collettiva, certo la pervicace resistenza dei reticoli corporativi e individualistici, certo ancora la percezione del tempo come variabile indipendente rispetto invece ad una società in rapida evoluzione.
Tutto questo è drammaticamente vero. Tuttavia, la stagnazione del nostro sistema è stata ed è anche e soprattutto conseguenza di un deficit di qualità e di spessore culturale della politica. Proprio mentre il Paese si avvicinava a cambiamenti epocali, la politica ha rinunciato alla sua funzione di guida e direi anche di pedagogia sociale e si è dissociata dalla sua cultura e dai suoi valori. In questi due decenni la politica si è personalizzata, banalizzata, semplificata fino al punto di parlare per slogan, si è arresa ad un rapporto solo mediatico con i cittadini, ha abdicato rispetto ai doveri di autonomia e di libertà verso i nuovi veri centri del potere. È su questo terreno noi crediamo, signor Presidente che serva la vera e radicale discontinuità.
Quella discontinuità che si può palesare, e noi lo apprezziamo, nei simboli, nei gesti, perfino negli stili, che deve però dimostrare di essere tale nei principi, nei valori e nella ricostruzione di una vita politica e di una dinamica istituzionale nuovamente sorrette da un'intrinseca robustezza di valori e da un'autentica autorevolezza di pensiero.
È questo l'ingrediente principale che può aiutare il nostro Paese a riaccendere i motori e a scommettere, come lei ha detto e noi apprezzato, sui suoi molti talenti. È anche lo sforzo di tornare a questa idea della politica e delle istituzioni che può legittimare anche lo stimolo al cambiamento ed al recupero di responsabilità che spetta a tutti gli italiani. Ai molti, ai moltissimi punti di fallimento della politica fa riscontro infatti anche l'inadeguatezza di parti importanti della società italiana, ad iniziare dalle strutture del suo capitalismo, che a differenza di quanto accaduto nel resto d'Europa, non ha usato le risorse dei tempi buoni per riorganizzarsi, qualificarsi, internazionalizzarsi, ma, in molti casi, ha preferito baloccarsi in spericolate operazioni di potere, ricercando successi nei settori protetti e al riparo dalla concorrenza, oppure ritirandosi con il bottino da settori strategici ma difficili, come accaduto di recente nel caso di Telecom Italia, mentre, per fortuna centinaia di migliaia di piccole imprese nei vari comparti tenevano duro seppure in condizioni sempre più drammatiche.
Non ci sono riforme strategiche senza buona politica e non c’è buona politica senza una capacità di condivisione e di partecipazione dei cittadini, dei corpi intermedi e delle comunità territoriali attorno a valori e visioni di futuro che non siano solamente gli interessi immediati e men che meno quelli oggi più tutelati. La velocità oggi è necessaria anche in politica, è vero, e l'irrompere, mi lasci dire, prepotente dello stile legato alla sua persona nei riti e nei ritmi di queste nostre istituzioni parlamentari costituisce una rottura che era da tempo nell'aria e che può certamente imporre a tutti cambiamenti e nuovo dinamismo. Tuttavia, non è affatto inutile, mentre si corre, sapere anche verso dove si va, e la direzione di marcia, l'orizzonte verso quale andare, non può che essere frutto di una intelligenza collettiva, maturata mediante la riproposizione di uno spirito di comunità, senza il quale ogni riforma sarà percepita come minacciosa, ogni speranza si infrangerà nella delusione, ogni novità degraderà nel «nuovismo» di maniera.Pag. 96
La gente chiede velocità ma anche lentezza nello stesso tempo. Chiede velocità perché stanca dei riti vuoti, delle decisioni non prese, dello scaricabarile, di una gigantesca rete di norme e di apparati che sta affossando tutto e tutti senza peraltro garantire trasparenza e legalità. La gente chiede però anche lentezza quando esprime il rifiuto degli annunci che seguono gli annunci, delle riforme evocate e mai praticate; quando, insomma, dimostra di avvertire, ed è un bene, gli scricchiolii dei modelli culturali, frenetici ma vuoti di senso, che hanno dominato l'opinione pubblica in questi venti anni, modellando intorno ad essi anche la stessa domanda politica.
L'opera che attende lei, il suo Governo e tutti noi, signor Presidente, è dunque molto più difficile e complessa rispetto al pur doveroso sforzo annunciato per semplificare e rendere razionale il sistema. Abbiamo di fronte, piuttosto, un'opera di ricostruzione del Paese nei suoi aspetti materiali e non materiali, economici, ma anche civili e sociali, e lo potremo fare soltanto recuperando, appunto, il senso della politica, il valore delle istituzioni rappresentative e lo spirito di comunità.
Signor Presidente del Consiglio, ieri ha affermato che il suo Governo ha natura di Governo politico. Ciò non deriva certo dal solo fatto che vi figurino i segretari di alcuni partiti della maggioranza, deriva semmai dalla scommessa politica che lo motiva e dalla volontà politica che lo sostiene.
Ma un Governo politico ha una e una sola maggioranza e risponde ad un solo patto politico: quello sottoscritto dai partiti che lo formano. Ciò vale per il programma economico e sociale ma vale, per noi, anche per i temi delle riforme istituzionali ed elettorali. Certo che le riforme in questo senso vanno approvate da una maggioranza più ampia di quella di Governo, ma non possono essere approvate da una maggioranza alternativa.
Signor Presidente, voteremo compatti la fiducia. La accompagniamo con parole di chiarezza e di lealtà che abbiamo pronunciato non con lingua biforcuta o con tono paludato. Le nostre preoccupazioni e le nostre sollecitazioni le saranno forse utili quando tra un po’ gli osanna di questi giorni si attenueranno e la strada del Governo, del Governo delle cose concrete, delle riforme serie e profonde, si farà stretta e ripida. Su quella strada noi c'eravamo prima del suo Governo: ci siamo stati con il Governo del Presidente Letta, auspice il Presidente Napolitano, e ci saremo anche in futuro. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.

ANDREA ROMANO. Signor Presidente, colleghi deputati, signor Presidente del Consiglio, il suo Governo a cui oggi il gruppo di Scelta Civica per l'Italia darà la fiducia ha davanti a sé un compito enorme e deve svolgerlo in fretta, rapidamente, senza usare il freno e senza alcuna ipotesi subordinata perché dal nostro punto di vista non esiste alcuna alternativa al successo di quello che rappresenta a tutti gli effetti l'ultimo tentativo di questa stagione politica di dare agli italiani il segno concreto che le cose possono cambiare in meglio, che si possono utilizzare gli strumenti della politica, del consenso, della decisione democratica, per imprimere una svolta concreta alla nostra comunità nazionale.
Non è solo lei ad avere fretta, signor Presidente. Hanno fretta gli italiani e le italiane. Hanno fretta di uscire da una condizione di declino che dura ormai da troppo tempo, quel declino che non può diventare il destino di una nazione come la nostra, perché l'Italia ha il diritto di tornare ad essere un grande Paese che guarda con fiducia al proprio futuro, come è stata l'Italia dei nostri padri e dei nostri nonni, quei padri e quei nonni che, anche quando uscivano da una stagione storica di grande difficoltà, sapevano di potere guardare al futuro con molta più speranza di quanto non accada oggi.
Gli italiani hanno tutte le ragioni del mondo per chiedere rapidità e decisione a Pag. 97questo Governo, a questo Parlamento e a questa politica e, quindi, di chiederla a lei e di chiederla anche a noi, che abbiamo il privilegio di sedere in quest'Aula e di rappresentare, seppure temporaneamente, una grande e nobile democrazia repubblicana perché, Presidente, al di là delle nostre appartenenze, abbiamo anche noi fretta di dimostrare che c’è un'alternativa alla strategia del «tanto peggio tanto meglio», quella strategia che vorrebbe davvero condannare l'Italia al declino per sempre, costringere i nostri figli a non avere più scelta e spingerla fuori dall'Europa. Da questo punto di vista, abbiamo apprezzato l'accento che lei ha voluto porre sull'europeismo concreto, non soltanto collegato alla grande tradizione europeista dell'Italia ma anche collegato agli interessi nazionali che questo Paese ha avuto e che continua ad avere soltanto nel contesto europeo.
La strategia del «tanto peggio meglio tanto meglio», Presidente e colleghi, non deve prevalere e non prevarrà, perché non è vero che è tutto un magna magna, non è vero che siamo tutti uguali e non è vero nemmeno che tutti rubano alla stessa maniera. Lo sanno gli italiani prima ancora di noi, lo sanno quei nostri concittadini che sanno distinguere tra bravo amministratore e cattivo amministratore, così come sanno distinguere tra una buona scuola e una cattiva scuola, tra un buon negozio e un negozio scadente. Gli italiani ancora una volta, voglio sottolinearlo, hanno sempre ragione. Non sono un legno storto da raddrizzare, ma sono un popolo meno ingenuo di quanto si pensi, sono un popolo da ascoltare e a cui dare risposte rapidamente e senza perdere altro tempo.
Ma oggi quelle risposte, signor Presidente del Consiglio, devono venire da lei e dal suo Governo. È un Governo che Scelta Civica per l'Italia non considera come un corpo lontano e distante a cui dare consigli, suggerimenti e critiche. Questo Governo è anche il nostro Governo. È un Governo politico, come è stato sottolineato varie volte, nel quale la presenza – e voglio citarla – di Stefania Giannini non rappresenta solo il segno di un'assoluta eccellenza nel campo delle politiche educative, ma anche il segno concreto di un investimento politico che il nostro partito intende fare e fa in questo Governo.
E nel nostro Governo noi di Scelta Civica ci impegniamo fin da subito perché si producano rapidamente quei risultati che gli italiani ci hanno chiesto con il loro voto nel campo delle politiche educative e culturali, nel campo della riforma radicale delle politiche per il lavoro, nel campo degli strumenti per la crescita economica, innanzitutto attraverso la creazione di un contesto finalmente favorevole alla libera iniziativa economica e imprenditoriale, nel campo della riduzione della spesa pubblica e anche in quello della revisione di una politica fiscale che deve finalmente premiare il lavoro e la produzione e interrompere quella spirale punitiva per cui a pagare sono solo e soltanto i soliti noti.
Sono tutti settori questi, colleghi, che qualificano la stessa esistenza di Scelta Civica, ma sono anche i settori – noi crediamo – sui quali il suo Governo, il nostro Governo, sarà misurato molto rapidamente, perché solo e soltanto se riusciremo insieme a ribaltare la spirale del declino attraverso il lavoro e la crescita potremmo dire di avere raggiunto l'obiettivo.
E affinché il cammino di questo Esecutivo sia spedito e misurabile chiediamo a questo nostro Governo, e quindi a lei, Presidente del Consiglio, di definire quanto prima già nei prossimi giorni un contratto di coalizione che metta nero su bianco le cose da fare e i tempi per la loro realizzazione. Lei ha già indicato alcune caselle di quello che potrebbe esser un contratto di coalizione, ma servono alcuni passi in più perché si possa parlare davvero di un contratto. Quindi, un testo che leghi tutti i partecipanti di questa impresa e che ci renda tutti responsabili verso gli italiani, quindi verso coloro ai cui dovremo rispondere già nelle prossime settimane.
Usciamo dal coro della lamentazione, lei ha detto ieri nel suo intervento al Senato. È vero: usciamoci in fretta, usciamoci Pag. 98insieme, senza pensare nemmeno per un attimo di poter galleggiare. È un lusso che non ci è più consentito, non è più consentito a nessuno di noi, perché il successo di questo Governo sarà anche il nostro successo e il suo fallimento sarà anche il nostro fallimento. Ma noi preferiamo scommettere sulla prima protesi e anche per questo oggi voteremo la fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, noi raccogliamo la sfida che è insita nel suo ragionamento sul rapporto difficoltà-innovazione. E le difficoltà sono notevoli: sono delle difficoltà per quello che riguarda il quadro economico e sociale per cui noi abbiamo un terreno disseminato di macerie. Rimangono in campo non più di sei-sette grandi imprese. C’è stata una moria di piccole e medie imprese, di negozi, di aziende artigiane, un impoverimento del ceto medio e l'area della povertà assoluta si è ampliata. Tutto ciò è il frutto della più lunga recessione verificatasi in Italia. La responsabilità di tutto ciò però è certamente della classe politica, ma non solo di essa. A parte uno Stato burocratico inceppato e un sistema istituzionale bloccato, esistono altri due fattori: da un lato, è sbagliato dare una interpretazione e una visione indifferenziata del mondo imprenditoriale. C’è stata una fascia di mondo imprenditoriale capace di innovazione che ha fatto un salto di corsia sul terreno tecnologico e che oggi si misura da pari a pari per quello che riguarda la concorrenza internazionale e c’è una fascia di mondo imprenditoriale che è rimasto statico sul terreno tradizionale e che viene massacrato dalla atipica concorrenza cinese. E poi c’è il nodo dell'Europa, che a mio avviso, signor Presidente del Consiglio, va visto, da un lato, con quello che lei ha detto, ma con una maggiore dialetticità. Perché è verissimo che noi per fare i conti con l'Europa dobbiamo fare tutte le riforme strutturali ed istituzionali che non abbiamo finora fatto, ma un interrogativo dobbiamo porcelo, perché se ci guardiamo intorno nel mondo vediamo che la linea seguita dagli Stati Uniti e dal Giappone è stata di segno opposto a quella seguita nel suo complesso dall'Europa e gli effetti per gli Stati Uniti e per il Giappone sono stati nettamente migliori degli effetti che hanno riguardato l'Europa.
Allora, è auspicabile che noi, forti di profondi cambiamenti, troviamo in Europa la possibilità di una dialetticità. E devo dire, da questo punto di vista, che il problema non è solo nostro: c’è un problema, drammatico, che riguarda la capacità del Partito popolare europeo e del Partito socialista europeo di misurarsi alla pari con la Germania in termini tali da equilibrare una linea che finora ha determinato delle situazioni certamente non positive.
E, poi, dobbiamo fare i conti con la crisi del sistema politico. Vede, signor Presidente del Consiglio, noi non dobbiamo mai dimenticare il risultato delle elezioni del febbraio 2013, solo un anno fa. Con quelle elezioni è finito il bipolarismo che abbiamo conosciuto dal 1994 al 2008 e con esso è finita anche la Seconda Repubblica senza che sia realmente decollata la Terza. In quelle elezioni, certamente il PdL ha rimontato, ma ha perso ben 6 milioni e mezzo di voti; a sua volta, il Partito Democratico, malgrado i sondaggi, ha perso 3 milioni di voti; e, invece, si è affermata una terza forza, globalmente protestataria e contrapposta a tutto e a tutti, come abbiamo visto in questo anno, che nessuno può pensare di usare e di «lisciarle il pelo», a pena di essere respinto con gravi perdite.
E, allora, nel febbraio-marzo del 2013, c’è stata la felice intuizione politica di Silvio Berlusconi: egli aveva capito, capì allora che si poteva uscire dall’impasse e dalla paralisi solo con un Governo delle larghe intese, che facesse i conti con la crisi delle istituzioni e con la crisi economica. E proprio per favorire quell'operazione, Berlusconi chiarì che le sue vicende Pag. 99giudiziarie non avrebbero condizionato quel nuovo corso e svolse un ruolo politico così decisivo che – lei, forse, lo ricorderà, signor Presidente del Consiglio –, dopo il rifiuto di Bersani a presiedere il nuovo Governo, fra lei ed Enrico Letta, Berlusconi scelse Letta. Poi, insieme, Berlusconi e Bersani, il PdL e il Partito Democratico scongiurarono Giorgio Napolitano a rimanere Presidente della Repubblica, impegnandosi a dar vita e a sostenere il Governo Letta.
Ecco, a nostro parere, dato loro il merito, l'errore successivo del Presidente Berlusconi e di Forza Italia è stato quello di rovesciare quella politica solo dopo pochi mesi, seguendo una deriva estremista che ha fatto solo danni. E a quel punto, noi, guidati da Angelino Alfano, ci siamo presi tutte le nostre responsabilità, andando anche di fronte alle accuse di essere dei traditori e degli utili idioti dei comunisti. Se, però, allora noi non ci fossimo presi quelle responsabilità, oggi il Paese sarebbe alla deriva, con una nuova esplosione dello spread, con una rissa senza esclusione di colpi, per poi andare a votare con una legge elettorale che non avrebbe prodotto maggioranza. E, signor Presidente del Consiglio, noi non staremmo adesso qui a discutere sul suo Governo, né su di un salto di qualità sul terreno della politica economica, né di riforme istituzionali e di una nuova legge elettorale fra loro collegate tecnicamente, politicamente e temporalmente.
Ma le cose non si fermano qui, sono più profonde. Vede, Presidente Renzi, al di là delle proposte che lei ha fatto e che noi condividiamo, ma che però richiedono molti approfondimenti nel merito, nel suo discorso c’è un elemento significativo, che personalmente avevo già trovato anni fa nel suo primo libro e, cioè, il tentativo di andare al di là del tipo di scontro frontale che c’è stato dal 1994 al 2008 fra quel centrosinistra e quel centrodestra.
Lei oggi cerca di realizzare un nuovo centrosinistra che è parallelo al nostro sforzo di costruire un nuovo centrodestra (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra). Infatti, quel bipolarismo muscolare fondato sulla reciproca demonizzazione è alla radice del collasso del sistema politico attuale. Infatti, per vincere quello scontro, entrambi gli schieramenti non guardavano troppo per il sottile nel reclutamento di persone e gruppi politici, con il risultato di dar vita a coalizioni inceppate e così contraddittorie che non c’è stata mai nella storia di questi anni una coalizione di centrodestra o di centrosinistra arrivata al Governo, che poi sia riuscita a vincere le elezioni successive, a testimonianza di un elemento di debolezza profonda che caratterizzava entrambi gli schieramenti contrapposti. Quando poi su questo sistema inceppato sono piombate, dal 2008 al 2010-2011, ben due crisi economiche e finanziarie, è saltato il sistema politico, è fallita la Seconda Repubblica, è entrata in crisi tutta la società italiana.
Due brevi annotazioni finali. Per ciò che riguarda il rapporto fra le riforme istituzionali (fra le quali è essenziale quella che riguarda il superamento del bicameralismo) e la riforma della legge elettorale, il nesso è strettissimo. Lei lo ha confermato dicendo, cito testualmente: «Noi affermiamo che politicamente esiste un nesso netto fra l'accordo sulla legge elettorale, la riforma del Senato e la riforma del Titolo V: sono tre parti della stessa faccia», fine della citazione. Per dare attuazione pratica a questa scelta ed evitare che si arrivi a due separati ballottaggi per la Camera e il Senato, con possibili risultati di opposti segni, allora la via maestra è l'approvazione dell'emendamento Lauricella.
Un'ultima notazione sul programma: per rendere praticabili alcune delle cose che lei ha proposto (il cuneo fiscale, i fondi di garanzia per le piccole e medie imprese, lo sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese e, più in generale, la crescita) è vitale, fondamentale tagliare in modo selettivo, ma assai incisivo, la spesa pubblica. Solo attraverso questa operazione si può rispettare i parametri e ridurre la pressione fiscale. Se non si fa questa operazione, signor Presidente del Pag. 100Consiglio, lei rischia di venirsi a trovare nelle stesse difficilissime condizioni in cui si è trovato il Governo Letta, al quale comunque facciamo – diciamo così – l'onore delle armi.
Sulla base di queste valutazioni, noi quindi diamo un voto favorevole e positivo al suo Governo, nel quale siamo impegnati con i nostri uomini migliori e nello stesso tempo...

PRESIDENTE. Concluda.

FABRIZIO CICCHITTO. ...riteniamo che questo impegno sia volto a innovare profondamente la società italiana, che è la condizione essenziale per salvare il nostro sistema istituzionale, economico e sociale...

PRESIDENTE. Grazie.

FABRIZIO CICCHITTO. ...e il nostro sistema dei valori (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gennaro Migliore. Ne ha facoltà.

GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghe e colleghi, signore e signori del Governo, signor Presidente del Consiglio, qualche settimana fa un importante settimanale titolava: «Precario come mio figlio». Siamo ormai già oltre il livello di guardia e di sopportazione. Dopo i figli che stavano peggio dei padri, ora sono le madri, i padri, cinquantenni spesso, operai, impiegati, tutti espulsi, espulsi dalla Electrolux, dalla FIAT, dalle piccole imprese. Sono loro che rincorrono la precarietà dei loro figli. Oggi, a questo titolo potremmo aggiungerne forse un altro: «Esodato come mio figlio». Perché io ho incontrato, nel corso di questo lungo anno che ci ha separati dalle elezioni, migliaia di esodati. Li ho incontrati qui, fuori da quest'Aula, a Napoli, in giro per l'Italia, e spesso mi sono chiesto per quale motivo non ci fosse una concreta risposta da parte di questo Paese e di questo Governo rispetto ai danni fatti dalla «legge Fornero».
A proposito, Presidente, il risparmio strutturale della legge Fornero è di 90 miliardi, non dei 20 che erano stati contabilizzati dalla Ragioneria generale dello Stato. Ce ne sono 70 che avanzano e che spettano a quelle persone che in questo momento non sono state messe in sicurezza, che spettano a quella generazione che, rispetto alla pensione, probabilmente, non ne avrà neanche una. Ma ho incontrato anche altri tipi di esodati, gli esodati figli, quelli che in questo momento sono fuori da questo Paese o che stanno andando via.
Noi siamo della generazione Erasmus, la generazione dopo di noi no. La generazione dopo di noi, soprattutto guardandola con gli occhi del Mezzogiorno, è la generazione della diaspora: non ha avuto neanche la possibilità di fare l'Erasmus, anche perché stanno diminuendo le iscrizioni all'università, così come stanno diminuendo le persone che si stanno laureando. Non sono persone come tutte le altre, sono persone che non stanno staccando, come direbbe lei, il biglietto per andare verso il loro futuro.
Sono la generazione che è il nostro punto di vista per osservare questa drammatica crisi nella quale siamo immersi. Diceva Bernardo di Chartres: «siamo nani sulle spalle dei giganti», ma i giganti – lei ne ha ricordato qualcuno di quelli che hanno calcato quest'Aula – non sono solo gli statisti del passato. Per me sono giganti quei giovani della diaspora, quelli che emigrano e quelli che fanno i pendolari, quelli che resistono e vanno avanti nonostante il loro contratto precario, quelli con la schiena dritta, quelli che sono tutti i giorni impegnati, magari, a curare i loro vecchi, quelli che vengono pagati ogni otto mesi, quelli che non smettono di sperare, ma, nello stesso tempo, non smettono di chiedere il loro diritto, fosse anche ad essere riconosciuti come una coppia di fatto, e non semplicemente come numeri da mettere in statistiche.Pag. 101
Abbiamo il dovere di essere pronti, si diceva quando eravamo ragazzi, di fronte alla crisi. Non si tratta semplicemente di agganciare la ripresa, perché questo potrebbe aspettarsi da qualcuno che si è acquattato nella posizione politica che aspetta che la ripresa ci sia nonostante le nostre iniziative. Noi la dobbiamo creare una ripresa, contro ogni resistenza, interna ed esterna. Non si tratta solo di crescita economica, ma anche di migliorare la qualità della vita delle persone. E alla politica, alla quale si chiede di essere più aperta e più inclusiva, oggi si chiede anche di decidere, e noi, che pure voteremo contro la fiducia a questo Governo, vogliamo essere parte di questa decisione.
E allora, mi faccia dire alcune cose concrete. Il Patto di stabilità interno: lei lo ha evocato su quelle che sono le spese per l'edilizia scolastica, ha aperto il vaso di Pandora. Bene, dentro quel vaso ci sono i fondi bloccati per il dissesto idrogeologico (ne abbiamo parlato anche in altre occasioni, quelle, per esempio, che hanno impedito al comune di Olbia di intervenire prontamente per rimettere in sicurezza quel territorio dopo l'inondazione), ci sono quelli per la messa in efficienza degli uffici pubblici, quelli, certo, anche per l'edilizia scolastica. Sa, queste cose le potrà leggere in una proposta che abbiamo già presentato: si chiama piano per il lavoro per un Green New Deal, perché noi riteniamo che si debbano cambiare, certo, le regole, per renderle più semplici, ma che, senza un investimento pubblico, dando al pubblico la vera funzione importante che esso ha nel contrastare anticiclicamente questa crisi, non si va da nessuna parte.
Ed è per questo che sulla riduzione del cuneo fiscale le faccio delle proposte, anche in questo caso, concrete: si faccia concentrata sulle fasce di reddito basse e medie, si faccia sulle imprese che investono in innovazione tecnologica, nuove assunzioni e conoscenza, si faccia alla revisione delle detrazioni fiscali marginali, per introdurre una vera progressività della tassazione. Vede, nel nostro Paese le tasse le pagano soprattutto i dipendenti e i pensionati, ma il problema del nostro Paese è la mancanza di una progressività che renda equivalente lo sforzo di chi deve arrivare fino a fine mese e di chi fa i soldi con i soldi, senza avere alcuna possibilità di essere intercettato.
La Cassa depositi e prestiti: bene, innanzitutto non la privatizzate, così come non dovete privatizzare le Poste; anzi, date alle Poste la licenza bancaria, per farla diventare, proprio con i fondi della Cassa depositi e prestiti, una leva importante.
E ascolti il suo collega Giuliano Pisapia quando dice che sull'emergenza abitativa bisogna affidare ai sindaci quella capacità di intervento anche commissariale.
E poi l'Europa. L'Europa deve essere l'urlo di chi vuole pace ovunque, anche in Kiev che è in fiamme, anche lì dove dobbiamo abbattere il Frontex, anche di fronte a quello scempio che è stato Lampedusa. Infatti, per noi Lampedusa, il Frontex, il reato di clandestinità, i CIE, i CARA, la cittadinanza, il diritto di voto ai migranti non sono parole, sono il lungo elenco dei fallimenti che innanzitutto il Ministro Alfano ha portato nel corso di tutta la sua esperienza (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Non sono parole !
E poi che si fa su «Giovanardi», che è diventato incostituzionale ? Facciamo un passo in avanti sulla legalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ? Facciamo un vero passo in avanti sulla lotta alla criminalità organizzata ?
E poi non lasciamo nessuno indietro. Lo dico sempre, perché questo è il motivo per cui vent'anni fa ho iniziato a fare politica. Per questo chiedo oggi il reddito minimo garantito e di cancellare gli F-35 o di aumentare il finanziamento ai teatri, ai musei, alle biblioteche, all'arte, a coloro i quali ci rappresentano in tutto il mondo.
Queste sono le riforme che innanzitutto noi vogliamo fare. Così come sulla legge elettorale c’è una grande occasione. C’è l'occasione di fare il conflitto di interessi in modo tale che non venga più paralizzato anche dai suoi nuovi alleati di centrodestra. Infatti, vede, questo è un Governo che si regge su una serie di veti Pag. 102reciproci. Ma quella che è la realtà è quella che è fuori, è quella che in Sardegna ci ha fatto vincere insieme. A lei sarebbe difficile andare in un mercato di Firenze con Angelino Alfano, mentre, invece, con qualunque rappresentante di Sinistra Ecologia Libertà magari le direbbero: «Perché non vi rimettete insieme ?» (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Con Angelino Alfano è assolutamente innaturale fare un Governo, che solo qui dentro vi può vedere insieme.
Allora noi che non amiamo i tatticismi diciamo una cosa semplice. Non abbiamo cambiato lo stile. Non confondiamo avversari con nemici. La nostra idea è sempre la stessa ed è dritta: vogliamo ricostruire il centrosinistra. Non si rassegni, Presidente, a sognare da solo. Non si rassegni. Bisogna sognare insieme agli uomini e alle donne che nel centrosinistra credono e che vogliono cambiare definitivamente questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Renato Brunetta. Ne ha facoltà.

RENATO BRUNETTA. Signor Presidente del Consiglio, signora Presidente della Camera, in tema di franchezza, non posso non rilevare un macroscopico paradosso. Il 18 gennaio al Nazareno, lei, neo segretario del Partito Democratico, si comportò come uomo di Stato, avendo il coraggio di una straordinaria pacificazione sul metodo e sul merito delle regole, pacificazione con Silvio Berlusconi, con gli italiani. Oggi, Presidente del Consiglio, Presidente del Consiglio di tutti gli italiani, si è comportato ancora come uomo di partito nel linguaggio, nei contenuti.
Signor Presidente del Consiglio, lei vuole il linguaggio della franchezza. Franchezza vuol dire libertà. Franchezza vuol dire non essere prigionieri di paure, di pregiudizi, di condizionamenti. Per questo francamente e liberamente noi oggi le diciamo di no. Non un no ancorato a un pregiudizio, ma a certi fatti dei quali lei non ha ancora voluto dare spiegazione. Alludiamo al «colpo di palazzo» che l'ha portata qui oggi.
Libertà e franchezza le impongono di dire, signor Presidente del Consiglio, la verità, di non essere più uomo di partito.
La sovranità appartiene al popolo e non alla casa del popolo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
Lei è il Presidente di tutti gli italiani, se lo ricordi.
Noi abbiamo in mente un numeretto, signor Presidente del Consiglio: 0,37 per cento, la differenza fra sinistra e centrodestra esattamente un anno fa. Lei, signor Presidente del Consiglio, non ci ha ancora spiegato perché ritenga bello e democratico cavalcare un numero così microscopico per ergersi ad interprete unico della volontà popolare, senza che il suo nome sia mai stato votato da alcuno, fuori da Firenze e provincia. Lei invece, da segretario del Partito Democratico, come ho già detto, ha dimostrato il suo valore, stipulando un patto molto chiaro non solo con il Presidente Berlusconi, ma con il popolo italiano, sulle regole elettorali ed istituzionali. Lei, in quell'occasione, è stato coraggioso e noi siamo sicuri che quel patto lei lo onorerà.
Ma lei viene qui a chiedere la fiducia per il suo Governo e questa fiducia, signor Presidente del Consiglio, lei se la dovrà meritare.
Se avessi dei pregiudizi, la potrei criticare ferocemente per la sua retorica del luogo comune, per la mano in tasca.
Ma queste sono banalità, ha ragione lei, ha avuto ragione lei, nella sua replica di ieri al Senato: sono banalità che non fanno onore a quei critici.
Sarebbe troppo facile criticarla per questa sua retorica, troppo facile ma sopratutto inutile.
La sfida, signor Presidente del Consiglio, sarà sulle riforme. Quella sulle regole, lo abbiamo già detto, è già stata accettata.
Io oggi qui la sua sfida, la sua agenda la accetto, a nome del mio partito, sulle Pag. 103riforme che soprattutto stanno a cuore agli italiani: lavoro, burocrazia, fisco e giustizia.
Su queste riforme, su questa agenda noi ci siamo: non solo accettiamo la sua sfida, ma la sfidiamo noi, signor Presidente del Consiglio.
Lavoro: lei sarà in grado di cancellare la riforma Fornero sul mercato del lavoro ?
Farà una riforma Fornero al quadrato o metterà sotto radice quadrata la Fornero ? Vale a dire: più flessibilità buona in entrata, più flessibilità in uscita, più partecipazione dei lavoratori agli utili di impresa, migliori ammortizzatori sociali, un mercato del lavoro finalmente europeo e non un mercato del lavoro a stretta somiglianza dei magistrati del lavoro o della CGIL. È questo che lei vuole ? È questa riforma che lei vuole ? Perché se vuole una riforma europea noi ci siamo. Se la sua riforma sarà quella della CGIL, noi saremo ferocemente contrari.
Sulla burocrazia le lascio il copyright, signor Presidente del Consiglio: merito, trasparenza, accountability, informatizzazione, sono tutti i valori della riforma che portava e porta il mio nome, tuttora vigente. La faccia sua, le regalo il copyright. La chiami riforma Renzi e noi saremo con lei (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
Le lascio il copyright come le lascio il copyright anche sui 100 miliardi di pagamenti della pubblica amministrazione. Informi il suo Ministro Padoan, che non sa ancora di che si tratta. Questa riforma è stata voluta dal Vicepresidente della Commissione europea Tajani e da noi. Io da questi banchi ho implorato il Presidente Letta perché realizzasse al 100 per cento quei pagamenti, pur con la variante Cassa depositi e prestiti. Lo faccia e noi saremo con lei.
Anche su questo ci metta pure il suo nome. Le lasciamo anche su questo il copyright.
Come le lasciamo il copyright sul fisco, sulla delega fiscale. È già tutto pronto, è fortunato in questo: dalle persone alle cose, riduzione della pressione fiscale, informatizzazione, i pagamenti online. Anche qui le regaliamo il copyright. Attui la delega, Presidente del Consiglio, e noi saremo con lei. E sulla giustizia: responsabilità civile dei magistrati ? Separazione delle carriere ? Fine dell'ipocrisia dell'obbligatorietà dell'azione penale ? Basta con i fuori ruolo ? È questa la sua riforma (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) ? Se sì, noi siamo con lei; se sarà ancora una volta, invece, una riforma dettata dall'Associazione nazionale magistrati o, peggio ancora, da Magistratura Democratica, saremo ferocemente contro. Basta con le intercettazioni a strascico ? È d'accordo, signor Presidente del Consiglio ? È questa la sua riforma ? Se queste saranno le sue riforme, noi ci saremo, signor Presidente del Consiglio, ma a scatola chiusa e vuota no.
Infine, signor Presidente del Consiglio, non si governa grazie a un premio di maggioranza costituzionalmente usurpato. Non si governa, né poco, né tanto, né tanto meno fino al 2018. Si può governare solo per fare e rifare le regole, regole elettorali e regole costituzionali, e poi al voto. Lei ha parlato di sogno. A noi piace quello di Martin Luther King, quello di una pacificazione vera, senza più discriminazioni ideologiche e guerre civili fredde o guerre per via giudiziaria. Noi sogniamo, noi ci auguriamo, le auguriamo, la fiducia che si ottiene dal popolo, solo quella (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi PresidenteCongratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Incà. Ne ha facoltà.

FEDERICO D'INCÀ. Signor Presidente, gentili colleghi, Ministri tutti e cittadini che ci seguono in diretta, per la terza volta le ingerenze dirette del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano permettono di usurpare la Costituzione e di legittimare un nuovo Governo che non ha le basi parlamentari promesse dai partiti Pag. 104al momento del voto del febbraio 2013. Cittadini, colleghi, questo è solo un Governo della propaganda, un Letta-bis, o meglio un «Napolitano-ter». Quando Matteo Renzi venerdì è entrato dal Presidente della Repubblica aveva un'unica novità: la figura del magistrato antimafia Nicola Gratteri come Ministro della giustizia. Ma il Primo Ministro, che da oggi è il «signor inciucio», ambizioso come nessun altro ha scelto il compromesso di Napolitano per accontentare Berlusconi senza nominare un Ministro della giustizia competente e onesto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Primo Ministro, lei sognava di farci uscire dalla palude, mentre, invece, siamo finiti nelle sabbie mobili. Voleva Delrio all'economia e ci siamo trovati con Padoan, consigliere di D'Alema e di Amato, nonché direttore esecutivo per l'Italia del Fondo monetario internazionale con responsabilità su Paesi quali la Grecia. Abbiamo, inoltre, ancora Alfano, Ministro dell'interno, la persona che lei, Renzi, definì: colpevole di una vicenda di cui come italiano mi vergogno, che coinvolge una bambina di 6 anni.
Ma non doveva essere cacciato ? E andando avanti in questa hit parade dell'orrore: Lupi, per fagocitare le infrastrutture, Poletti dalle coop rosse direttamente al Ministero del lavoro, ma chiaramente senza nessun conflitto d'interesse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)... Lorenzin e Franceschini, da lei definito «vicedisastro», che facevano parte del Governo «stai sereno».
Caro Presidente, visto il coraggio dimostrato in questi giorni e soprattutto la capacità di imporsi su vecchi schemi di potere, ci riferiremo a lei come Renzi «il Presidente del coniglio PD». In tutto questo noi di certo non vogliamo tenervi sulle spine, non avrete la nostra fiducia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
In questi giorni abbiamo assistito a consultazioni farsa, che hanno espresso un Governo farsa, e quello che oggi voglio aggiungere è che ci troviamo di fronte a una maggioranza farsa. Ma prima qualche informazione sul Premier, Matteo Renzi, l'uomo che prima ancora di insediarsi ha già collezionato la prima menzogna sulla finta abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Breve antologia del festival delle dichiarazioni di Matteo Renzi: «Voglio cambiare l'Italia, non cambiare il Governo»; «Punto a far lavorare il Governo, non a farlo cadere. Enrico ci ha chiesto un patto di coalizione e io sono d'accordo» (10 dicembre).
«Tutto il PD aiuterà Enrico nel semestre di Presidenza europeo» (15 dicembre). «Per il 2014 il Premier è e sarà Enrico Letta» (22 dicembre). «Nessuna intesa tra Letta, Alfano e me. Non voglio assolutamente essere accomunato a loro, integrato come in uno schema: io sono totalmente diverso, per tanti motivi.» (29 dicembre). «Enrico non si fida di me, ma sbaglia: io sono leale» (12 gennaio) (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
«Il Governo Letta deve lavorare per tutto il 2014» (13 gennaio). «Creiamo un hashtag “enricostaisereno”, nessuno ti vuole prendere il posto, vai avanti, fai quel che devi fare, fallo» (18 gennaio). «La staffetta Letta-Renzi non è assolutamente all'ordine del giorno. Io, sia chiaro, sto fuori da tutto» (5 febbraio). «Ma perché dobbiamo andare a Palazzo Chigi senza elezioni ? Ma chi ce lo fa fare ? E ci sono anch'io tra questi, nessuno di noi ha chiesto di andare al Governo» (10 febbraio).
Insomma, un uomo di parola. Non c’è che dire. Ma torniamo a quest'Aula parlamentare. Dal 29 aprile al 14 febbraio – giorno in cui di fatto è caduto il Governo Letta – sono passati 292 giorni, guarda caso l'esatto numero dei deputati del PD senza Letta, nemmeno l'aveste fatto apposta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Riesco a vedere uno per uno i deputati del PD che voltano la faccia al loro Primo Ministro, uno alla volta, uno al giorno. Epifani un giorno, Damiano il giorno successivo, poi toccava a Franceschini e via così finché capitan Letta è rimasto solo, senza poter nemmeno passare per l'Aula, cornuto e bastonato come Pag. 105nelle migliori trame della commedia politica nostrana. Non gli avete nemmeno concesso l'onore delle armi, tanto era succulento il toro Letta ferito e agonizzante al centro della corrida del Partito Democratico, con 292 spettatori urlanti e con il pollice verso il basso che gridavano a Renzi: finiscilo.
Ma torniamo ad un altro avvenimento che ha illuminato tutta questa vicenda. Prendiamo le parole dell'ex Ministro Fabrizio Barca, parole che fanno chiarezza su chi vuole in realtà questo Governo, parole testuali dell'ex Ministro Barca: È iniziata la Sarabanda de la Repubblica che continua. Io più vedo un imprenditore che fa un'operazione politica, più ho conferma di tutte le mie preoccupazioni. Un imprenditore che si fa sentire. Essendo una cosa priva di un'idea, c’è un livello di avventurismo, non essendoci un'idea siamo agli slogan: «salvare la patria» da un lato e dall'altro «cambiare la patria». Questo mi rattrista, sto male. Sono preoccupatissimo.
E ancora Barca: Vedo uno sfarinamento veramente impressionante. Sono colpito dall'insistenza, segno della loro confusione, disperazione ... sono fuori, sono fuori di testa. C’è una cosa che si chiama umanità. In tutta questa vicenda, oltre all'irresponsabilità politica, credo che ci sia un metodo disumanizzante. E infine ancora Barca: La cosa seria, il problema vero è un altro, ma tra trenta giorni, quando si capisce che non c’è niente, il Paese va via di testa.
Vergognatevi, vergognatevi tutti, non meritate di rappresentare gli italiani ! Le parole di Barca sono le fiamme ardenti dove oggi brucia la nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ci rivelano uno scenario inquietante di poteri forti come quelli rappresentati dell'ingegner Carlo De Benedetti che tramano nell'ombra con l'avallo del Presidente della Repubblica. Vergognatevi ! Mentre comprate cacciabombardieri obsoleti e non trovate i soldi per l'edilizia scolastica né per il dissesto idrogeologico, mentre regalate milioni ai concessionari di slot machine e alle banche, non trovate i soldi per il reddito di cittadinanza, vergognatevi !
La verità è che l'Italia si aspetta che tutti noi andiamo oltre questo tempo, oltre il tempo dei partiti, degli accordi di potere dove le parole sono il lenzuolo bianco disteso sopra il cadavere ancora tiepido che rappresenta il futuro del nostro Paese.
Le persone non credono più nelle parole cariche di ipocrisia, parole ingorde di soldi pubblici, parole che diventano firme di accordo tra antichi, finti nemici ma in realtà collusi amici di merende. I cittadini credono nella restituzione dei rimborsi elettorali, cosa che noi abbiamo fatto. I cittadini credono nei tagli ai costi della politica e noi ci siamo tagliati lo stipendio per aiutare le piccole e medie imprese.
Gli italiani vogliono parole guerriere, e fatti ancora più guerrieri. Vogliono gridare e battere il pugno su questo tavolo, vogliono che ogni discorso fatto in quest'Aula si trasformi in azione immediata.
Primo ministro, ieri ci ha parlato di «bisogno di indicare una prospettiva di futuro», ci parla di «segnali simbolici»; noi invece le parliamo di proposte di legge concrete e già depositate: reddito di cittadinanza, conflitto d'interesse, cancellazione dell'IRAP per le microimprese. Sono qui (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Questo non è un Paese che si può permettere segnali simbolici: questo è un Paese che ha bisogno di risposte e subito ! I cittadini chiedono di uscire dalle logiche dei partiti, chiedono aria pulita e acqua pubblica, vogliono banche di cui fidarsi, vogliono un futuro sostenibile e andare in pensione con 40 anni di contributi, che bastano e avanzano. In questo Paese vi è un'unica forza politica che può realizzare questo per le persone, ed è il MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi abbiamo l'onestà, il coraggio e l'orgoglio di rialzare la testa dopo anni di soprusi, noi abbiamo resistito ad ogni genere di attacco e nel frattempo Pag. 106abbiamo studiato, abbiamo aperto le porte di questo Palazzo e fatto entrare aria fresca, pulita e limpida.
Noi siamo pronti, e lo ripeto: noi siamo pronti a governare questo Paese. Oggi la maggioranza di quest'Aula darà la fiducia a questo Governo, e sarà l'ultimo Governo dei partiti. Non conosciamo ancora ora e giorno delle nuove elezioni, ma vi posso assicurare che il prossimo sarà il Governo del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni) !

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Roberto Speranza. Ne ha facoltà.

ROBERTO SPERANZA. Signor Presidente, c’è chi pensa che si possa cambiare il Paese con urla e insulti: noi crediamo che non sia così, ed è per questo che oggi siamo qui. Presidente, ci sono momenti, passaggi nella vita delle persone, ma anche nella vita di un Paese grande come l'Italia in cui si è di fronte ad un bivio, e bisogna scegliere: e noi siamo esattamente ad uno di questi momenti. Avevamo dinanzi a noi due scelte: la prima, arrenderci, lasciar stare, assecondare gli aventi, in qualche modo ritirarci; la seconda, assumersi fino in fondo la responsabilità.
Presidente, non è un tempo normale quello in cui noi viviamo, e non siamo chiamati a scelte normali. L'inquietudine dell'Italia è profondissima: siamo ad un incrocio pericoloso tra una crisi economica drammatica e una debolezza di rappresentanza politica. E il risultato delle elezioni di febbraio, esattamente di un anno fa da oggi significa uno specchio enorme di questa situazione.
Il Governo di servizio, il Governo che Enrico Letta ha guidato, a cui va a nome di tutto il gruppo del Partito Democratico un sentito, forte ringraziamento (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico), è servito per accompagnarci fuori da quel passaggio difficilissimo. E poi siamo arrivati, con i profondi cambiamenti di fine anno, a questo bivio; e a quel bivio il Partito Democratico ha scelto, e ha scelto con coraggio la svolta per il cambiamento, assumendosi fino in fondo tutte le responsabilità che sono di fronte a noi.
È la prima volta che il segretario nazionale del Partito Democratico svolge la funzione di guida di questo Paese. Cosa significa ? Significa per noi non rinunciare, significa non far finta di nulla, significa dire a testa alta che siamo la più grande comunità di donne e di uomini del Paese e che ci facciamo carico della storia dell'Italia. Presidente, lei ha usato una frase molto bella di Don Milani: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio: uscirne insieme è la politica, uscirne da soli è l'avarizia».
Ci facciamo carico, diceva Don Milani, una frase bellissima, il contrario del «me ne frego» del ventennio fascista che qualche giovanotto fuori tempo massimo vorrebbe ancora scimmiottare in queste Aule (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ci facciamo carico con coraggio, perché crediamo in questo Paese, crediamo nelle sue potenzialità, ci facciamo carico perché crediamo che questo sia il senso vero della politica, provare concretamente a cambiare in meglio la vita delle persone. A chi dice che tutto fa schifo, a chi dice che le istituzioni democratiche vanno abbattute rispondiamo, mettendo in campo ogni nostra forza e ogni energia per realizzare il cambiamento.
Il discorso di nuovo insediamento del Presidente Giorgio Napolitano resta per noi un faro, la politica – ha detto in quell'intervento – riacquista la fiducia se ha la forza di autoriformarsi, se sa dire che questa è una democrazia decidente. Voglio dire con forza, a Giorgio Napolitano va tutto il sostegno del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), ogni accusa a lui è un attacco alle nostre istituzioni di cui lui è cardine e noi ci opporremo con ogni forza a questa degenerazione, a questa violenza verbale senza limiti che anche lei, Presidente Boldrini, ha vissuto con difficoltà sulla propria pelle. Noi non vogliamo rassegnarci, lo diciamo a testa alta, con coraggio, noi non vogliamo rassegnarci al Pag. 107fatto che diventi luogo comune che le istituzioni democratiche sono parte del problema del Paese. Il nostro impegno, qui e ora, con questo Governo sta nel dimostrare che si può fare, che si può provare finalmente a cambiare le cose. Ci metteremo umiltà, forza, coraggio, tre parole chiave, ma ce ne metteremo anche altre due di parole chiave decisive: verità e consapevolezza, la consapevolezza della durezza di questo passaggio politico, una durezza vera che abbiamo vissuto, rispetto a cui nessuna leggerezza e nessuna superficialità ci è consentita. E poi la verità sullo stato del Paese, su cosa accade fuori da questa stanza. Noi sappiamo bene la crisi sociale crescente, lo smarrimento di fiducia, le imprese in difficoltà, i giovani che non vedono la luce, il dramma della disoccupazione e della precarietà. La nostra sfida è riaccendere una speranza con le nostre idee e con i nostri valori; per fare questo dobbiamo rimettere al centro prima di tutto il lavoro e per far questo bisogna ricominciare a far crescere l'Italia, ridare ossigeno alle nostre imprese e io penso che questa battaglia, che è la battaglia di fondo che ci troveremo a combattere, si fa prima di tutto in Europa. Qui voglio dirlo con nettezza, senza infingimenti: basta con l'europeismo di maniera, chi oggi crede nell'Europa deve dire con coraggio che l'Europa così com’è non va più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e che noi abbiamo bisogno con coraggio di invertire un ciclo di rigore che ha prodotto disastri sociali e che rischia di far spegnere il sogno europeo. Io penso, Presidente, che dobbiamo ripartire dagli ultimi, dobbiamo ripartire da chi ha di meno, dobbiamo ripartire dalle troppe persone che sono ai margini, che non riescono a immaginare un futuro possibile. Così un Paese non regge e la questione sociale drammatica alimenta questa distanza enorme fra istituzioni e cittadini. Così noi non riusciamo più a essere comunità, penso che bisogna far ben e fare presto. Bene puntare sulla scuola, siamo d'accordo, quello è il primo punto; nelle nostre aule si gioca fino in fondo il futuro del Paese e lei ha detto parole nuove sui nostri insegnanti. Io voglio dirle che per noi quello è il patrimonio e il Partito Democratico tutto sarà impegnato sempre per mettere le scuole al centro della nostra iniziativa politica. Noi scommettiamo sul futuro del nostro Paese, sul nostro patrimonio culturale, sulle risorse naturali, sui talenti, sulle reti civiche; c’è un Italia bella, vera, fatta di volontariato, terzo settore, associazionismo, a cui chiediamo di darci una mano, consapevoli dei limiti della politica, perché la politica da sola non ce la fa.
Allora, noi chiediamo a queste persone di starci a fianco in questa sfida. Abbiamo bisogno di voi, di chi si batte in silenzio contro le mafie, di chi ogni giorno opera per lenire disagi e povertà.
Io ci credo, credo in una nuova alleanza tra politica e società, credo che i soggetti sociali, oggi più che mai, debbano stare in campo, contare, incidere e noi come politica dobbiamo fare la nostra parte e dobbiamo farla con coraggio, a partire dalle grandi questioni che riguardano le riforme. Ne abbiamo parlato: la riforma elettorale, la grande questione del superamento del Senato così come lo abbiamo conosciuto in questi anni, la necessità di riformare il titolo V. Dobbiamo finalmente dimostrare che questa è la legislatura che passa dalle parole ai fatti.
Io mi chiedo con quale coraggio potremmo immaginare noi di ripresentarci agli italiani votando, ancora una volta, anche al Senato.
Io penso, Presidente, che siamo consapevoli delle difficoltà che sono di fronte a noi. Governare un Paese è una cosa bellissima e stupenda, che però fa tremare i polsi; io penso che noi ne abbiamo la forza: è la forza di tanti territori, di tante comunità, di tanti soggetti sociali ed è la forza anche di un rinnovamento vero che noi abbiamo avuto il coraggio di fare. È bello vedere finalmente la parità non così annunciata, ma fatta. Un Consiglio dei ministri costruito con una parità di genere, con otto donne, è uno straordinario passo avanti.
Oggi non abbiamo più scuse, oggi tocca a noi. Noi vogliamo vincere la sfida di Pag. 108ridare dignità alla politica, vogliamo ricostruire fiducia tra cittadini e politica e questo si può fare anche con la forza di una nuova generazione.
A questa nuova generazione – e concludo – Giovanni Paolo II, qualche anno fa, alla XVIII giornata della pace, disse: «Non abbiate paura e non stancatevi mai di ricercare le risposte vere alle domande che vi stanno di fronte». Bene, io oggi voglio dire che noi del Partito Democratico non avremo paura e voglio dire con forza che questa non è la sfida di uno solo, come qualcuno ha detto. Questa è la sfida della più grande comunità di donne e di uomini del Paese e noi ci batteremo con ogni forza per costruire un'Italia migliore.
Per questo, annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Labriola. Ne ha facoltà per un minuto.

VINCENZA LABRIOLA. Presidente, onorevoli colleghi, Ministre, Ministri, Presidente del Consiglio, in questa settimana molto ho pensato all'appuntamento inevitabile che ci avrebbe visto protagonisti: dare o meno la fiducia al Governo, a questo nuovo Governo. Ho seguito con attenzione i dibattiti politici in merito, ho seguito con interesse i suoi interventi alle Camere.
Signor Presidente, sento molto il ruolo istituzionale che ricopro, per questo dichiaro il mio voto di astensione, perché valuterò questo nuovo Governo, nato non senza polemiche, il quale ha sicuramente delle potenzialità, ma la fiducia viene acquisita sul campo e non a prescindere.
Auspico che questa mia presa di posizione cambi nei decreti che inevitabilmente approveremo in questa Camera; valuterò senza preconcetti il lavoro che ci propinerete, apprezzerò il suo impegno in termini di interventi seri e concreti per il bene dell'Italia, del sud e della mia città. Lei ci sta mettendo la faccia, ma io da questo scranno è da un anno che ce la metto. Buon lavoro a lei, alla sua squadra e anche a noi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione)

PRESIDENTE. Avverto che la mozione di fiducia Speranza, Costa, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio e Alfreider 1-00349 è stata sottoscritta anche dal deputato Di Lello.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione per appello nominale sulla mozione di fiducia Speranza, Costa, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio, Alfreider e Di Lello 1-00349.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).

La chiama comincerà dal deputato Manlio Di Stefano.
Avverto che, in relazione ad esigenze di natura istituzionale o a gravi motivi personali, la Presidenza, come preannunciato ai gruppi, accoglierà un limitato numero di richieste in proporzione alla consistenza numerica di ciascun gruppo.
Invito quindi il deputato Segretario di Presidenza a procedere alla chiama.

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 20,15)

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione per appello nominale sulla mozione di Pag. 109fiducia Speranza, Costa, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio, Alfreider e Di Lello n. 1-00349.
Presenti 599
Votanti 598
Astenuti 1
Maggioranza 300
Hanno risposto 378
Hanno risposto no 220.

La Camera approva (Vedi votazioni).

Hanno risposto sì:

Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Agostini Roberta
Albanella Luisella
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Alfreider Daniel
Alli Paolo
Amato Maria
Amendola Vincenzo
Amici Sesa
Amoddio Sofia
Antezza Maria
Anzaldi Michele
Argentin Ileana
Arlotti Tiziano
Ascani Anna
Balduzzi Renato
Baretta Pier Paolo
Bargero Cristina
Baruffi Davide
Basso Lorenzo
Battaglia Demetrio
Bazoli Alfredo
Bellanova Teresa
Benamati Gianluca
Beni Paolo
Berlinghieri Marina
Bernardo Maurizio
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Bianchi Dorina
Bianchi Mariastella
Biffoni Matteo
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bini Caterina
Biondelli Franca
Blazina Tamara
Bobba Luigi
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Bolognesi Paolo
Bombassei Alberto
Bonaccorsi Lorenza
Bonafè Simona
Bonavitacola Fulvio
Bonifazi Francesco
Bonomo Francesca
Bordo Michele
Borghese Mario
Borghi Enrico
Borletti Dell'Acqua Buitoni Ilaria Carla Anna
Boschi Maria Elena
Bosco Antonino
Bossa Luisa
Braga Chiara
Bragantini Paola
Brandolin Giorgio
Bratti Alessandro
Bray Massimo
Bressa Gianclaudio
Bruno Franco
Bruno Bossio Vincenza
Bueno Renata
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calabrò Raffaele
Campana Micaela
Cani Emanuele
Capelli Roberto
Capodicasa Angelo
Capone Salvatore
Capozzolo Sabrina
Carbone Ernesto
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carnevali Elena
Carocci Mara
Carra Marco
Carrescia Piergiorgio
Carrozza Maria Chiara
Caruso Mario
Casati Ezio Primo
Casellato Floriana
Casero Luigi
Cassano FrancoPag. 110
Castiglione Giuseppe
Castricone Antonio
Catania Mario
Causi Marco
Causin Andrea
Cenni Susanna
Censore Bruno
Cesaro Antimo
Chaouki Khalid
Cicchitto Fabrizio
Cimbro Eleonora
Civati Giuseppe
Coccia Laura
Colaninno Matteo
Cominelli Miriam
Coppola Paolo
Coscia Maria
Costa Enrico
Cova Paolo
Covello Stefania
Crimì Filippo
Crivellari Diego
Culotta Magda
Cuperlo Giovanni
D'Agostino Angelo Antonio
D'Alia Gianpiero
Dallai Luigi
Dal Moro Gian Pietro
Dambruoso Stefano
Damiano Cesare
D'Arienzo Vincenzo
D'Attorre Alfredo
Decaro Antonio
De Girolamo Nunzia
Del Basso De Caro Umberto
Dellai Lorenzo
Dell'Aringa Carlo
De Maria Andrea
De Menech Roger
De Micheli Paola
De Mita Giuseppe
Di Gioia Lello
Di Lello Marco
Di Maio Marco
D'Incecco Vittoria
Di Stefano Marco
Donati Marco
D'Ottavio Umberto
Epifani Ettore Guglielmo
Ermini David
Fabbri Marilena
Famiglietti Luigi
Fanucci Edoardo
Faraone Davide
Farina Gianni
Fassina Stefano
Fauttilli Federico
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Alan
Ferro Andrea
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fitzgerald Nissoli Fucsia
Folino Vincenzo
Fontana Cinzia Maria
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Fossati Filippo
Fragomeli Gian Mario
Franceschini Dario
Fregolent Silvia
Gadda Maria Chiara
Galli Carlo
Galli Giampaolo
Galperti Guido
Gandolfi Paolo
Garavini Laura
Garofalo Vincenzo
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gasparini Daniela Matilde Maria
Gebhard Renate
Gelli Federico
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacobbe Anna
Giacomelli Antonello
Gigli Gian Luigi
Ginato Federico
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giorgetti Alberto
Giorgis Andrea
Gitti Gregorio
Giuliani Fabrizia
Giulietti Giampiero
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Grassi Gero
Greco Maria GaetanaPag. 111
Gregori Monica
Gribaudo Chiara
Guerini Giuseppe
Guerra Mauro
Gullo Maria Tindara
Gutgeld Itzhak Yoram
Iacono Maria
Iannuzzi Tino
Impegno Leonardo
Incerti Antonella
Iori Vanna
Kyenge Cécile
Laforgia Francesco
La Marca Francesca
Lattuca Enzo
Lauricella Giuseppe
Legnini Giovanni
Lenzi Donata
Leone Antonio
Letta Enrico
Leva Danilo
Librandi Gianfranco
Locatelli Pia Elda
Lodolini Emanuele
Lo Monte Carmelo
Lorenzin Beatrice
Losacco Alberto
Lupi Maurizio
Madia Maria Anna
Maestri Patrizia
Magorno Ernesto
Malisani Gianna
Malpezzi Simona Flavia
Manciulli Andrea
Manfredi Massimiliano
Manzi Irene
Marantelli Daniele
Marazziti Mario
Marchetti Marco
Marchi Maino
Marguerettaz Rudi Franco
Mariani Raffaella
Mariano Elisa
Marrocu Siro
Marroni Umberto
Martella Andrea
Martelli Giovanna
Martino Pierdomenico
Marzano Michela
Matarrese Salvatore
Mattiello Davide
Mauri Matteo
Mazziotti Di Celso Andrea
Mazzoli Alessandro
Melilli Fabio
Meloni Marco
Merlo Ricardo Antonio
Meta Michele Pompeo
Miccoli Marco
Minardo Antonino
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Misuraca Dore
Mogherini Federica
Mognato Michele
Molea Bruno
Monaco Francesco
Monchiero Giovanni
Mongiello Colomba
Montroni Daniele
Morani Alessia
Morassut Roberto
Moretti Alessandra
Moretto Sara
Mosca Alessia Maria
Moscatt Antonino
Mura Romina
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nardella Dario
Narduolo Giulia
Nesi Edoardo
Nicoletti Michele
Oliaro Roberta
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orfini Matteo
Orlando Andrea
Ottobre Mauro
Pagani Alberto
Pagano Alessandro
Palma Giovanna
Paolucci Massimo
Paris Valentina
Parrini Dario
Pastorelli Oreste
Pastorino Luca
Patriarca Edoardo
Pelillo Michele
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pes Caterina
Petitti Emma
Petrini Paolo
Piccione Teresa
Piccoli Nardelli FlaviaPag. 112
Piccolo Giorgio
Piccolo Salvatore
Piccone Filippo
Picierno Pina
Piepoli Gaetano
Pini Giuditta
Pisicchio Pino
Piso Vincenzo
Pistelli Lapo
Pizzolante Sergio
Plangger Albrecht
Pollastrini Barbara
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Preziosi Ernesto
Quartapelle Procopio Lia
Quintarelli Giuseppe Stefano
Rabino Mariano
Raciti Fausto
Rampi Roberto
Realacci Ermete
Ribaudo Francesco
Richetti Matteo
Rigoni Andrea
Roccella Eugenia
Rocchi Maria Grazia
Romano Andrea
Rosato Ettore
Rossi Domenico
Rossomando Anna
Rostan Michela
Rotta Alessia
Rubinato Simonetta
Rughetti Angelo
Saltamartini Barbara
Sammarco Gianfranco
Sanga Giovanni
Sani Luca
Sanna Francesco
Sanna Giovanna
Santerini Milena
Sberna Mario
Sbrollini Daniela
Scalfarotto Ivan
Scanu Gian Piero
Schirò Gea
Schullian Manfred
Scopelliti Rosanna
Scuvera Chiara
Senaldi Angelo
Sereni Marina
Simoni Elisa
Sottanelli Giulio Cesare
Speranza Roberto
Stumpo Nicola
Tabacci Bruno
Tancredi Paolo
Taricco Mino
Tartaglione Assunta
Tentori Veronica
Terrosi Alessandra
Tidei Marietta
Tinagli Irene
Tullo Mario
Vaccaro Guglielmo
Valente Valeria
Valiante Simone
Vargiu Pierpaolo
Vazio Franco
Velo Silvia
Venittelli Laura
Ventricelli Liliana
Verini Walter
Vignali Raffaello
Villecco Calipari Rosa Maria
Vitelli Paolo
Zampa Sandra
Zanetti Enrico
Zanin Giorgio
Zappulla Giuseppe
Zardini Diego
Zoggia Davide

Hanno risposto no:

Abrignani Ignazio
Agostinelli Donatella
Aiello Ferdinando
Airaudo Giorgio
Alberti Dino
Allasia Stefano
Archi Bruno
Artini Massimo
Attaguile Angelo
Baldassarre Marco
Baldelli Simone
Barbanti Sebastiano
Baroni Massimo Enrico
Basilio Tatiana
Battelli Sergio
Bechis Eleonora
Benedetti Silvia
Bergamini Deborah
Bernini MassimilianoPag. 113
Bernini Paolo
Bianchi Nicola
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Boccadutri Sergio
Bonafede Alfonso
Bordo Franco
Borghesi Stefano
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brescia Giuseppe
Brugnerotto Marco
Brunetta Renato
Buonanno Gianluca
Busin Filippo
Busto Mirko
Calabria Annagrazia
Cancelleri Azzurra Pia Maria
Caon Roberto
Caparini Davide
Capezzone Daniele
Cariello Francesco
Carinelli Paola
Caso Vincenzo
Castelli Laura
Castiello Giuseppina
Catalano Ivan
Catanoso Genoese Francesco Detto Basilio Catanoso
Cecconi Andrea
Centemero Elena
Cesaro Luigi
Chiarelli Gianfranco Giovanni
Chimienti Silvia
Cicu Salvatore
Ciprini Tiziana
Cirielli Edmondo
Colonnese Vega
Cominardi Claudio
Corda Emanuela
Corsaro Massimo Enrico
Costantino Celeste
Cozzolino Emanuele
Crimi Rocco
Crippa Davide
Currò Tommaso
Dadone Fabiana
Daga Federica
D'Alessandro Luca
Dall'Osso Matteo
D'Ambrosio Giuseppe
Da Villa Marco
Del Grosso Daniele
Della Valle Ivan
Dell'Orco Michele
De Lorenzis Diego
De Rosa Massimo Felice
Di Benedetto Chiara
Dieni Federica
D'Incà Federico
Di Salvo Titti
Distaso Antonio
Di Stefano Fabrizio
Di Stefano Manlio
Di Vita Giulia
Duranti Donatella
D'Uva Francesco
Faenzi Monica
Fantinati Mattia
Farina Daniele
Fava Claudio
Fedriga Massimiliano
Ferrara Ciccio
Ferraresi Vittorio
Fico Roberto
Fitto Raffaele
Fontana Gregorio
Fraccaro Riccardo
Fratoianni Nicola
Frusone Luca
Fucci Benedetto Francesco
Gagnarli Chiara
Galan Giancarlo
Galati Giuseppe
Gallinella Filippo
Gallo Luigi
Gallo Riccardo
Garnero Santanchè Daniela
Gelmini Mariastella
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Giordano Giancarlo
Giordano Silvia
Giorgetti Giancarlo
Grande Marta
Grimoldi Paolo
Guidesi Guido
Iannuzzi Cristian
Invernizzi Cristian
Kronbichler Florian
L'Abbate Giuseppe
Lacquaniti Luigi
Laffranco Pietro
Lainati GiorgioPag. 114
La Russa Ignazio
Latronico Cosimo
Lavagno Fabio
Liuzzi Mirella
Longo Piero
Lorefice Marialucia
Lupo Loredana
Maietta Pasquale
Mantero Matteo
Marcolin Marco
Marcon Giulio
Marotta Antonio
Marti Roberto
Martino Antonio
Marzana Maria
Matarrelli Toni
Melilla Generoso
Meloni Giorgia
Micillo Salvatore
Migliore Gennaro
Milanato Lorena
Molteni Nicola
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Mucci Mara
Nardi Martina
Nesci Dalila
Nicchi Marisa
Nuti Riccardo
Paglia Giovanni
Palazzotto Erasmo
Palese Rocco
Palmieri Antonio
Palmizio Elio Massimo
Pannarale Annalisa
Parentela Paolo
Parisi Massimo
Pellegrino Serena
Pesco Daniele
Petraroli Cosimo
Petrenga Giovanna
Piazzoni Ileana Cathia
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pilozzi Nazzareno
Pinna Paola
Piras Michele
Pisano Girolamo
Placido Antonio
Polidori Catia
Polverini Renata
Prataviera Emanuele
Prestigiacomo Stefania
Prodani Aris
Quaranta Stefano
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Rizzetto Walter
Rizzo Gianluca
Romano Francesco Saverio
Romano Paolo Nicolò
Rondini Marco
Rostellato Gessica
Rotondi Gianfranco
Ruocco Carla
Russo Paolo
Sannicandro Arcangelo
Santelli Jole
Sarro Carlo
Savino Elvira
Savino Sandra
Scagliusi Emanuele
Scotto Arturo
Segoni Samuele
Sibilia Carlo
Sisto Francesco Paolo
Sorial Girgis Giorgio
Spadoni Maria Edera
Spessotto Arianna
Squeri Luca
Tacconi Alessio
Terzoni Patrizia
Tofalo Angelo
Toninelli Danilo
Totaro Achille
Tripiedi Davide
Turco Tancredi
Vacca Gianluca
Valente Simone
Valentini Valentino
Vallascas Andrea
Vella Paolo
Vignaroli Stefano
Villarosa Alessio
Vito Elio
Zaccagnini Adriano
Zan Alessandro
Zaratti Filiberto
Zolezzi Alberto

Si sono astenuti:
Labriola Vincenza

Pag. 115

Sono in missione:
Lombardi Roberta
Mannino Claudia
Ricciatti Lara

Sospendo la seduta per cinque minuti, prima di passare alla discussione sulle linee generali del decreto enti locali.

La seduta, sospesa alle 20,35, è ripresa alle 20,40.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

Discussione del disegno di legge: S. 1215 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151, recante disposizioni di carattere finanziario indifferibili finalizzate a garantire la funzionalità di enti locali, la realizzazione di misure in tema di infrastrutture, trasporti ed opere pubbliche nonché a consentire interventi in favore di popolazioni colpite da calamità naturali (Approvato dal Senato). (A.C. 2121).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2121: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151, recante disposizioni di carattere finanziario indifferibili finalizzate a garantire la funzionalità di enti locali, la realizzazione di misure in tema di infrastrutture, trasporti ed opere pubbliche nonché a consentire interventi in favore di popolazioni colpite da calamità naturali.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2121)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Fabio Melilli.

FABIO MELILLI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, come è noto il decreto-legge che stiamo esaminando reca disposizioni di carattere finanziario indifferibili, finalizzate a garantire la funzionalità di enti locali, la realizzazione di misure in tema di infrastrutture, trasporti e opere pubbliche nonché a consentire interventi in favore di popolazioni colpite da calamità naturali.
Il provvedimento si compone di sette articoli e credo vada segnalato preliminarmente che il disegno di legge di conversione di questo decreto, all'articolo 1, comma 2, dispone la salvezza degli atti e dei provvedimenti adottati e degli effetti dei rapporti giuridici sorti in base alle norme del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio, la cui procedura di conversione in legge non si è conclusa – come è noto – per il ritiro dello stesso da parte del Governo. La mancata conversione è stata dichiarata con comunicato del Ministero della giustizia del 31 dicembre 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello stesso giorno.
Si rammenta che il ritiro è intervenuto mentre il disegno di legge di conversione era in corso di esame presso la Camera dei deputati, dopo essere stato approvato, con modificazioni, da parte del Senato in prima lettura (atto Camera n. 1906).
Prima di esaminare il decreto-legge, credo vada sottolineato come i tempi molto stretti che ci sono concessi nell'esame di questo decreto-legge hanno comunque consentito alla Commissione bilancio di riunirsi e di esaminare gli emendamenti che sono stati presentati. Ma, senza dubbio, non posso non sottolineare Pag. 116come c’è un rapporto di criticità nella relazione tra i due rami del Parlamento, che ha costretto questa Camera a esaminare il decreto-legge, che scade – come è noto – il 28 febbraio, con tempi molto brevi, che non hanno consentito alla Commissione probabilmente l'approfondimento necessario per alcune disposizioni che hanno un'estrema rilevanza per la vita non soltanto di alcuni enti locali, tra cui la capitale, ma anche per altre vicende che incidono anche sulla vita dei cittadini.
Nonostante ciò, la Commissione bilancio ha proceduto all'esame dei numerosi emendamenti presentati, sottolineando come l'approvazione di emendamenti, anche da parte dell'Aula, avrebbe significato senza dubbio sostanzialmente la decadenza del decreto-legge e si è deciso – almeno da parte del relatore, così come del Governo – di invitare i commissari che avevano presentato emendamenti al ritiro degli stessi e comunque inequivocabilmente alla bocciatura.
Il decreto-legge prevede una serie di norme. La prima di queste è una serie di modifiche alla legge 27 dicembre 2013, n. 147, che è la legge di stabilità per l'anno 2014. In particolare, il comma 1, come modificato nel corso dell'esame presso il Senato, rinvia dal 1 gennaio al 1 luglio e dal 1 gennaio al 30 aprile l'applicazione, rispettivamente, delle disposizioni di cui ai commi 33 e 529 dell'articolo 1 della legge di stabilità per l'anno 2014, che riguardano l'acquisto di spazi pubblicitari online e la stabilizzazione di personale con contratto a tempo determinato presso le regioni. Per quanto riguarda l'acquisto di spazi pubblicitari online, la relazione tecnica evidenzia come il rinvio dell'applicazione della disposizione al 1 luglio risponderebbe all'esigenza di verificarne la compatibilità comunitaria.
La lettera 0a) del comma 2 è stata introdotta, invece, dal Senato, modificando il comma 91 dell'articolo 1 della legge di stabilità. Essa prevede che i diritti aeroportuali introitati dalla società di gestione dell'aeroporto di Trapani Birgi, in particolare i diritti di approdo, di partenza e di sosta e ricovero per gli aeromobili, rimangono nella disponibilità della medesima società di gestione, a fronte di un'idonea certificazione circa il loro esatto ammontare da parte dell'ENAC. Si ricorda che, invece, il vigente comma 91 dispone che tali diritti aeroportuali siano versati al bilancio dello Stato per essere riassegnati nello stato di previsione del Ministero dell'interno.
La lettera a) del comma 2 elimina la disposizione, introdotta dalla legge di stabilità, con la quale si prevede che le spese di acquisto di mobili, a cui si applica fino al 31 dicembre la detrazione del 50 per cento – come è noto – fino ad un ammontare massimo di 10 mila euro, non possano essere superiori alle spese per i lavori di ristrutturazione La norma dispone, invece, che, ai fini della detrazione, le spese per l'acquisto di mobili possono anche essere superiori e più elevate delle spese per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10 mila euro.
La lettera a-bis) del comma 2, anch'essa introdotta dal Senato, interviene sul comma 161 dell'articolo 1 della legge di stabilità e posticipa di un anno, cioè differisce al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014, l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 160, che prevede che per gli atleti professionisti, ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente ai fini Irpef, si considera altresì il costo dell'attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche nell'ambito delle trattative che hanno ad oggetto le prestazioni sportive degli atleti professionisti medesimi, nella misura forfettaria del 15 per cento.
La lettera b) del comma 2, soppressa nel corso dell'esame presso il Senato, invece interviene sempre sulla legge di stabilità, sopprimendo la previsione ivi contenuta secondo cui la nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF) deve contenere una valutazione dell'andamento della spesa primaria corrente.
La lettera c) del comma 2 modifica il comma 514, precisando che il vincolo della Pag. 117copertura del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all'articolo 117 della Costituzione, rimanga a carico, per la Sardegna, del bilancio regionale.
La lettera c-bis) del comma 2, introdotta anch'essa dal Senato, interviene sul comma 550 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014, stabilendo che agli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico in materia bancaria e finanziaria non si applicano le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 95 del 2012, in materia di composizione dei consigli di amministrazione.
La lettera d) del comma 2 modifica i termini per la riproposizione nell'anno 2014 della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale da parte degli enti locali che abbiano avuto il diniego d'approvazione del piano di riequilibrio, disciplinata dal comma 573 della legge di stabilità 2014.
Le lettere d-bis) e d-ter) del comma 2, sono state introdotte nel corso dell'esame presso il Senato ed intervengono sui commi 620 e 623 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2014, differendo dal 28 febbraio al 31 marzo 2014 il termine entro il quale i contribuenti interessati dovranno versare, in un'unica soluzione, le somme dovute per accedere alla definizione agevolata di cui al comma 618 della citata legge.
La lettera d-quater), parimenti introdotta dal Senato, interviene sul comma 624 ed estende, inoltre, l'ambito di applicazione della predetta definizione agevolata anche al caso in cui il debito tributario derivi da ingiunzione fiscale.
La lettera e) del comma 2 modifica il comma 680 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014, precisando che il versamento della maggiorazione standard Tares, da effettuare entro il 24 gennaio 2014, non pregiudica l'accertamento delle relative somme nel 2013.
L'articolo 2, al comma 1, novella l'articolo 2-bis del decreto-legge n. 120 del 2013 e prevede che, ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, le amministrazioni dello Stato, così come le regioni e gli enti locali, possono comunicare, entro il 30 giugno 2014, il preavviso di recesso dai contratti di locazione di immobili in corso al 15 dicembre 2013.
Il comma 2 modifica il comma 389 dell'articolo 1 della legge di stabilità, sopprimendo il riferimento ivi contenuto all'articolo 2-bis.
La norma recata dal comma 3 è volta invece a semplificare il trasferimento ai comuni degli alloggi costruiti per i profughi, rimuovendo l'ostacolo della preventiva pubblicazione di un bando locativo da parte dei comuni stessi.
Il comma 4 snellisce il procedimento di alienazione in blocco di immobili pubblici ed il comma 5 agevola il completamento di queste operazioni immobiliari con riguardo all'acquisizione dell'attestato di prestazione energetica, nel rispetto degli obblighi imposti dalla normativa europea.
La disposizione di cui al comma 6 autorizza una spesa di 20 milioni di euro per l'Agenzia del demanio, volta a semplificare e a pagare gli oneri di urbanizzazione connessi alle operazioni di valorizzazione degli immobili dello Stato.
La disposizione di cui al comma 6-bis, introdotta nel corso dell'esame presso il Senato, prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze continui ad avvalersi del Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni.
I commi da 1 a 3 dell'articolo 3 recano disposizioni per garantire gli obiettivi del piano di rientro, in corso di approvazione, dal disavanzo accertato delle società che esercitano il trasporto regionale ferroviario nella regione Campania.
Il comma 4 consente al Ministero dell'economia e delle finanze di trasferire ad Anas Spa, in via di anticipazione, le risorse finanziarie disponibili per l'anno 2013, per consentire alla società di far fronte ai pagamenti dovuti, sulla base degli stati di avanzamento dei lavori.Pag. 118
Il comma 5, nelle more della conclusione della procedura di approvazione del Contratto di programma-parte investimenti, da realizzarsi entro il 2014, autorizza il proseguimento della regolazione dei rapporti tra lo Stato e il Gestore dell'infrastruttura ferroviaria sulla base del Contratto di programma.
Il comma 6 dell'articolo 3, nelle more della stipula del nuovo contratto di servizio pubblico per i servizi di trasporto ferroviario per le regioni a statuto speciale, autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a corrispondere a Trenitalia Spa alcune somme.
Il comma 7 dell'articolo 3 dispone il pagamento diretto, da parte dello Stato a Trenitalia, della quota di 23 milioni di euro quale corrispettivo dovuto per i servizi ferroviari di interesse locale che derivano naturalmente da un accordo riferito esclusivamente alla regione Valle d'Aosta. Il comma 8 prevede la copertura degli oneri derivanti dall'applicazione del comma 7, con una riduzione di 10 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per le assunzioni a tempo indeterminato. Il comma 9 sospende fino al 30 settembre gli effetti di un decreto del Presidente della Repubblica che ha annullato alcuni articoli del regolamento di esecuzione del Codice degli appalti. Il comma 1 dell'articolo 4 autorizza il commissario straordinario del Governo del comune di Roma ad inserire, per 115 milioni di euro, nella massa passiva di cui al documento predisposto dallo stesso commissario per l'accertamento definitivo del debito, eventuali ulteriori partite debitorie rivenienti da obbligazioni anteriori al 2008. Questo, com’è noto, ha consentito al comune di Roma di approvare il bilancio del 2013.
I commi da 1-bis a 1-quater dell'articolo 4 affidano al comune di Roma la predisposizione di una documentazione illustrativa in ordine ai rapporti con la gestione commissariale. Il comune di Roma, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, trasmette al Ministero dell'interno, al Ministero dell'economia e delle finanze e alle Camere un rapporto che evidenzierà le cause della formazione del disavanzo di bilancio di parte corrente negli anni precedenti e l'entità e la natura della massa debitoria. Questa è la sintesi che è stata costruita dalla Commissione bilancio del Senato, dopo una lunga discussione che si è avuta nelle aule del Senato che, probabilmente, è stata la causa del ritardo dell'arrivo alla Camera dei deputati del presente provvedimento.
Il comma 2 destina 6 milioni di euro per il 2013, poi 6,5 milioni e 7,5 milioni di euro per gli anni successivi, per il superamento della crisi in atto nel ciclo di gestione integrata dei rifiuti, sempre al comune di Roma. Il comma 3 dell'articolo 4 dispone che alla compensazione degli effetti finanziari di fabbisogno e di indebitamento netto si provveda mediante un utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente.
L'articolo 5 rientra, invece, tra le disposizioni che sono volte ad agevolare la realizzazione degli interventi previsti per Expo 2015, attribuendo al comune di Milano un contributo di 25 milioni di euro a titolo di concorso al finanziamento delle relative spese. L'articolo 6 reca alcune disposizioni di interesse per le province. Si tratta di una redistribuzione e di un riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio.
L'articolo 7 reca disposizioni in favore della regione Sardegna in connessione agli eventi meteorologici che hanno colpito la regione nel novembre 2013. Il comma 2 prevede che i soggetti che abbiano subito danni possano chiedere ai soggetti autorizzati all'esercizio del credito, che operano nei medesimi territori interessati dagli eventi del 2013, un finanziamento assistito dalla garanzia dello Stato della durata massima di due anni, naturalmente autorizzando i soggetti finanziatori a contrarre finanziamenti con la Cassa depositi e prestiti.
I soggetti finanziatori poi comunicheranno all'Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che omettono i pagamenti previsti nel piano di ammortamento. Pag. 119È una norma molto rilevante per la regione Sardegna. Il comma 6 introduce un credito d'imposta a favore dei soggetti finanziatori, che copre gli interessi relativi ai finanziamenti erogati, nonché le spese strettamente necessarie alla loro gestione. Il comma 7 demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate l'approvazione del modello per le dichiarazioni telematiche. I commi 9 e 10 recano disposizioni finanziarie, in relazione agli oneri indicati al comma 1, concernenti la sospensione dei pagamenti dei tributi e degli adempimenti per i contribuenti; si riducono di 90 milioni di euro per l'anno 2013 le dotazioni finanziarie della missione di spesa relativa. Il comma 11, infine, nello stabilire che i finanziamenti agevolati di cui al comma 2 sono concessi nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, prevede che il commissario verifichi l'assenza di sovracompensazioni dei danni subiti per effetto degli eventi alluvionali del 2013.
Per quanto riguarda gli aspetti concernenti la quantificazione degli oneri e la copertura finanziaria, gli uffici hanno predisposto la relativa documentazione che abbiamo esaminato in Commissione bilancio e che abbiamo ritenuto corretta.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Guidesi.

GUIDO GUIDESI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, premetto che non so quanto sia produttiva questa discussione sulle linee generali visto che noi ci auguriamo che il Governo si renda conto delle difficoltà che potrebbe avere il lavoro su questo decreto-legge nei prossimi giorni.
Detto questo, come tutti sappiamo il decreto n. 151 del 2013 che oggi questa Assemblea è chiamata a convertire in legge non è altro che la riproposizione, nel testo originariamente presentato alle Camere, del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio, meglio conosciuto come decreto «salva Roma» ed infatti è stato subito ribattezzato, questo decreto, come «salva Roma-bis».
A nostro avviso, la riproposizione della maggior parte degli articoli del decreto «salva Roma» non convertito è talmente palese da rendere incostituzionale questo stesso decreto, e non abbiamo mancato di segnalarlo con una pregiudiziale mirata che purtroppo non è stata valutata con il dovuto approfondimento e che comunque verrà valutata domani, se l'intenzione è quella di proseguire con la valutazione di questo decreto-legge.
Basta leggere il comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione di questo decreto, che fa salvi gli effetti di tutti gli atti, i provvedimenti, gli effetti ed i rapporti giuridici sorti in base alle norme del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126. Non spetta al Governo fare salvi gli effetti di un decreto non convertito, ma solo, eventualmente, alle Camere, come afferma chiaramente l'ultimo comma dell'articolo 77 della Costituzione.
Il decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126, come è noto, è stato ritirato dal Governo allora in carica, dopo che era già stato approvato dal Senato della Repubblica e dopo che, durante l'esame alla Camera dei deputati, il medesimo Governo aveva posto sulla conversione del decreto stesso la questione di fiducia, attribuendo dunque alle norme ivi contenute un valore discriminante ai fini della stessa permanenza in carica del Governo. Il decreto è stato poi ritirato dal Governo, che ha in questo modo sconfessato la valenza della questione di fiducia posta sul decreto, ma al tempo stesso, reiterando le misure del decreto, ha adottato un percorso schizofrenico ritirando un provvedimento che intendeva invece subito dopo riproporre.
Il decreto nel suo complesso è davvero un cattivo esempio di esercizio del potere di decretazione del Governo; le «disposizioni a carattere finanziario indifferibili finalizzate a garantire la funzionalità di enti locali» non sono altro che pezze (costose) messe dal Governo a carico del Pag. 120bilancio pubblico a tutti i buchi o alle voragini prodotti irresponsabilmente da amministrazioni di vario livello, dai comuni alle regioni, che non hanno bene amministrato e non hanno risparmiato e operato tagli come tutti gli altri enti ed invece di essere per questo puniti, vengono addirittura premiati.
Questo è il decreto «salva dissestati», che copre con fondi della collettività i comportamenti dissennati di pochi, ma allo stesso tempo continua a permettere a zone del Paese di perpetrare condotte irresponsabili mentre il resto del Paese e dell'Europa si rende conto che la situazione economica e sociale generale impone un totale cambio di mentalità.
Questo provvedimento, oltre che dannoso per i conti pubblici, è profondamente immorale.
Questo è il decreto del cattivo esempio: un decreto per salvare il bilancio di una capitale di questo strano Paese che si è data uno status speciale, definito per legge, interpretando quel titolo come diritto all'impunità e all'egoismo nei confronti del resto del Paese.
Il debito di Roma, oggi è pari a circa 18 miliardi totali (stando a notizie di stampa, perché pare impossibile avere numeri ufficiali, visto che sono stati già fatti almeno tre piani di ricognizione del debito senza addivenire ad un dato definitivo), è al di fuori di qualunque congiuntura sfavorevole e di qualunque esigenza straordinaria: è un debito generato per colpa e incapacità.
È un debito di cui tutti gli amministratori romani hanno una responsabilità grave ed evidente, eppure nessuno viene chiamato a risponderne. Il succedersi di amministrazioni diverse che scaricano le colpe sulle amministrazioni che le hanno precedute diventa così la panacea assolutoria per tutti. Perché nessuno viene chiamato a rispondere di questi ammanchi, ci chiediamo ? Con quale faccia mano a mano che si insediano personaggi nuovi fanno spallucce sul debito pregresso e chiedono nuovi finanziamenti ?
Analizziamo attentamente l'articolo 4, interamente dedicato a Roma. Analizziamolo a fondo perché è scritto in perfetto stile politichese burocratico al fine di celare la vera portata economica delle misure a favore della città di Roma, tanto che qualcuno, a dicembre, si è permesso di dire in quest'Aula che questo decreto non dà soldi alla Capitale.
Come sappiamo, nel 2008, con una norma che rappresenta credo uno degli errori gravi di un Governo del quale ci assumiamo in parte anche la responsabilità, di fronte al debito plurimiliardario della capitale fu adottata una norma di commissariamento; ma non un commissariamento uguale a quello che interviene per gli altri enti locali. Nel solo caso della capitale il concetto di commissariamento assume un significato del tutto diverso: non una gestione affidata ad un soggetto indipendente incaricato di rimettere in ordine i conti, applicando per cui ai cittadini romani le maggiorazioni fiscali previste dalla legge, imponendo ristrutturazioni e tagli delle municipalizzate ed in generale applicando misure di austerità a carico di coloro che hanno determinato o beneficiato di politiche di bilancio troppo superficiali. Nel caso di Roma, gestione commissariale significa, invece, scorporare i passivi del comune, cancellarli con puro artificio contabile dal bilancio del comune, creare una bad company, inserirli in una contabilità diversa e in sostanza rovesciarli sul bilancio dello Stato, cioè su tutto il resto del Paese.
Nel 2008 quasi 17 miliardi di debiti di Roma, accumulati dalle gestioni di Rutelli e di Veltroni, furono trasferiti in gestione commissariale. Da allora, e fino all'esaurimento del debito (non prevedibile ma finora stimato almeno fino al 2048), lo Stato deve rimborsare ogni anno 500 milioni di euro; ma da allora Roma è riuscita già ad accumulare quasi un altro miliardo di debiti.
Nel frattempo, a differenza di ciò che è stato imposto ad altri comuni, nessun sacrificio è stato richiesto ai romani dal comune di Roma: nessun pedaggio sul raccordo, nessun aumento dell'aliquota IRPEF, nessuna rivoluzione nella malagestione dell'ATAC, nessuna dismissione Pag. 121di partecipate in perdita e nessun taglio agli stipendi dorati dei loro dirigenti. Per dare la dimensione della situazione: le società partecipate dal comune di Roma occupano 37 mila dipendenti, che si sommano ai 25 mila impiegati dell'amministrazione comunale. La sola azienda di trasporto occupa una quantità di personale paragonabile a quello dell'Alitalia, e negli ultimi dieci anni ha accumulato perdite per 1 miliardo e 600 milioni di euro. Le società comunali sono ben 26, ma a questo numero si deve sommare quello delle loro partecipate: quelle di ATAC, AMA e ACEA sono una cinquantina. E nello sterminato arcipelago comunale sono comparse sigle come Risorse per Roma, una società con 565 persone e il compito di fare da consulente ad un'amministrazione che paga 25 mila stipendi. Società che poi a sua volta ha creato un'agenzia battezzata Roma city investment, il cui scopo, si legge nell'ultimo bilancio, è di promuovere la crescita del sistema informativo territoriale romano e l'attrazione degli investimenti necessari per la realizzazione dei progetti di rigenerazione urbana.
Facciamo un esempio meno noto: le farmacie comunali di Roma sono le uniche in Italia che, anziché fare utili, fanno perdite. In totale hanno 352 dipendenti e il Campidoglio ha già tirato fuori 15 milioni per tappare i buchi pregressi; ma per metterle in sesto ce ne vorranno altri 20. Dice tutto la verifica affidata alla Ernst & Young che si è resa necessaria per comprendere la reale situazione. Gli esperti hanno scoperto uno scostamento di 7,3 milioni nell'attivo rispetto ai dati scritti nel bilancio 2011. Quasi tre milioni solo la differenza fra le rimanenze di magazzino contabilizzate e quelle accertate...

PRESIDENTE. Onorevole Palese, chiedo scusa: non dia fastidio al Ministro. Prego, continui.

GUIDO GUIDESI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente, 9,1 milioni contro i 6,2.
Veniamo all'AMA. Questo decreto-legge stanzia anche 20 milioni in tre anni per la crisi della gestione dei rifiuti a Roma, perché tutto ciò che negli altri comuni di Italia è un'attività da organizzare e da gestire, a Roma è sempre emergenza e problema. La società di gestione della discarica di Malagrotta ha avviato tutta una serie di arbitrati, alcuni dei quali già conclusi nel 2012...

PRESIDENTE. La invito a concludere: sta esaurendo il tempo.

GUIDO GUIDESI, Relatore di minoranza. Mi scusi, credevo richiamasse il collega Palese: non mi ero accorto che...

PRESIDENTE. L'onorevole Palese è stato richiamato e l'ha raggiunta al Comitato dei nove: è alla sinistra e sostiene la sua causa. Però lei concluda.

GUIDO GUIDESI, Relatore di minoranza. È opportuno che io concluda, visto che è qua vicino a me.

PRESIDENTE. Esatto: anche la Presidenza ne conviene.

GUIDO GUIDESI, Relatore di minoranza. In conclusione, Presidente, mi rivolgo al neo Presidente del Consiglio e al Governo, idealmente, anche se non presente – per lo meno il Presidente del Consiglio – in quest'Aula: so che questo decreto è un'eredità del Governo precedente, ma sarà comunque il primo provvedimento approvato dall'Aula nella neo iniziata «era Renzi». Non si può certo dire che questo inauguri una nuova era basata sulla politica del merito, sulla buona gestione da sindaci, non costituisce un taglio ma una riaffermazione della vecchia politica dell'irresponsabilità e del privilegio.
La vera rivoluzione sarebbe stata, e può ancora essere, il ritiro di questo abominevole decreto. Ci dimostri il Governo che è davvero nuovo e diverso dal precedente.

Pag. 122

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marroni. Ne ha facoltà.

UMBERTO MARRONI. Signor Presidente, onorevoli presenti, Ministro – al quale ovviamente rivolgo gli auguri per il nuovo incarico, al Ministro Boschi, per i rapporti con il Parlamento, voglio dire che alcune delle cose che ho sentito qui dal relatore di minoranza della Lega e i comunicati e affermazioni che sono state fatte dai colleghi del MoVimento 5 Stelle mi trovano abbastanza basito, perché noi stiamo discutendo un decreto per la seconda volta, che è stato anche riscritto e distinto nelle sue parti a dicembre dal Presidente Napolitano, che non riguarda solo la capitale. Questo viene chiamato decreto «salva Roma» ma, come il relatore Melilli ha spiegato bene, solo un articolo di questo decreto riguarda la capitale, mentre gli altri sei riguardano innanzitutto una norma che il MoVimento 5 Stelle ha chiesto e che gli era stata giustamente accordata nella discussione del decreto precedente, quella sugli affitti d'oro, che, se il MoVimento 5 Stelle con il suo ostruzionismo paventato, dovesse far scadere i termini, sarebbe una delle prime norme che viene a decadere.
La seconda cosa è che vi è una norma riguardante gli interventi di emergenza maltempo in Sardegna, assolutamente necessaria rispetto agli eventi che sono accaduti, e anzi alcuni senatori della Sardegna hanno persino detto che era insufficiente quell'intervento. La terza norma riguarda il comitato di privatizzazioni e, come è stato detto, un'altra norma sul TPL, su Trenitalia, sulla Campania – c’è stato un intervento di 50 milioni di euro sulle norme che riguardano la Campania – sull'ANAS e su altro ancora.
Ecco, io quindi innanzitutto rigetterei subito il tema che qui stiamo parlando di «salva Roma» perché è un decreto che affronta alcune emergenza, fra cui quella della Capitale. Il secondo punto – voglio anche dirlo con grande chiarezza – è che il Senato sicuramente si è tenuto questo decreto per troppo tempo, perché il 28 dicembre dell'anno scorso è stato reiterato dal Governo Letta dopo le indicazioni del Presidente della Repubblica; siamo ormai a fine febbraio e devo dire che gli sforzi delle Commissioni della Camera sono stati volti più che altro a chiudere velocemente, in una giornata sostanzialmente, ma per più di un mese e mezzo questo decreto è stato fermo nell'Aula del Senato e anche con qualche intervento della senatrice Lanzillotta, che ha fatto un po’ la crociata sulla questione romana, per cui oggi il Governo, cari colleghi, caro collega della Lega, non ha nessuna responsabilità su questo decreto, tanto più il Governo Renzi. Ha la responsabilità, probabilmente, di un eccesso di lungaggine di discussione al Senato che ha messo a rischio, per i tempi previsti dalla Costituzione, l'approvazione e la conversione del decreto entro il 28 febbraio.
Terzo punto, diciamoci la verità: qui c’è un attacco alla Capitale, questo va detto. Sicuramente la norma prevede un intervento su Roma e poi interverrò al riguardo velocemente; la Lega ovviamente non lesina mai attacchi a Roma, ne ha sempre fatta una questione identitaria, di qualsiasi tipo, però poi si dimentica che stiamo facendo una norma che deroga al Patto di stabilità sull'Expo di Milano, una norma giusta e non c’è stato un deputato di Roma o del centro-sud che l'ha messa in discussione. Stiamo derogando, per un motivo giusto, in questo decreto al Patto di stabilità per garantire gli investimenti nella città di Milano mentre per gli altri comuni invece, sostanzialmente, rimane il Patto di stabilità che gli blocca gli investimenti.
Ecco, qui si deroga per Milano, ma non si dice niente in tal senso. Per cui, Pag. 123come al solito, i due pesi e le due misure della Lega Nord. L'altra cosa sono i 5 Stelle.

EMANUELE PRATAVIERA. Collega, i numeri ?

UMBERTO MARRONI. I numeri sono questi. Poi dirò anche i numeri. Stia, tranquillo, onorevole. I numeri sono questi, nel senso che qui non si sta facendo alcun regalo alla capitale: stiamo dando 50 milioni di euro alla Campania, vi sono quelli che sono stati dati dal comune di Napoli per Roma, quelli che sono stati dati a Catania, quelli che il Governo Berlusconi ha dato tante volte alle città, a prescindere da quelle che potessero essere le esigenze generali. Qui si sta sostanzialmente ricontrattando le partite sulla gestione commissariale, ma che sono comunque sempre un debito che il comune di Roma deve onorare, con 500 milioni annui di mutuo, di rateizzazione in un mutuo più lungo. Per cui, si sta sostanzialmente facendo un'operazione, peraltro con alcune norme che sono state inserite al Senato – questo sì – non punitive, come ad esempio quelle secondo noi, o almeno secondo me, di carattere non costituzionalmente corretto sulle società partecipate, seppur da razionalizzare, si sta facendo un lavoro – questo decreto lo vede – ed è persino più cogente di tante concessioni che sono state fatte ad altre città perché si chiede un piano di rientro dettagliato, sia con il Governo sia con le Camere, in 60 giorni alla nuova amministrazione di centrosinistra.
Comunque, per noi è inaccettabile che ci sia un atteggiamento pregiudiziale, assolutamente fuorviante contro la capitale e contro la nuova amministrazione di centrosinistra a Roma.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà.

GIANNI MELILLA. Signor Presidente, sarò estremamente breve, ma credo che, dinanzi ad alcune osservazioni che sono state svolte, che distorcono completamente la realtà, non possiamo non riaffermare che questo provvedimento innanzitutto non riguarda solo Roma, ma ci sono tantissimi altri capitoli che riguardano altre realtà del nostro Paese ed altri problemi; poi dobbiamo dire che al Senato è stato fatto un lavoro molto positivo anche per iniziativa del Presidente Grasso, che ha dichiarato inammissibili 15 emendamenti che erano stati approvati su 26 in Commissione e quindi ha sfrondato questo decreto di tante materie aggiuntive, proseguendo l'utile lavoro fatto dal Presidente della Repubblica, il quale, con riferimento al decreto originario, aveva detto che era un provvedimento che trattava materie totalmente disomogenee da non avere una legittimità costituzionale.
Detto questo, noi non possiamo non evidenziare che Roma è la nostra capitale e che Roma non può essere trattata dal Parlamento, dallo Stato come la Grecia. La BCE, la troika, non affrontando per tempo i problemi della Grecia, ha determinato una situazione incontrollabile da ogni punto di vista, con dei riflessi sociali gravissimi.
Ora, la nostra capitale ha una situazione debitoria a tutti nota. Con le norme approvate, i bilanci della capitale sono messi al sicuro, sia quelli del 2013, chiusi caricando sulla gestione commissariale 350 milioni, sia il bilancio previsionale per il 2014, alleggerito di 180 milioni. Questa intenzione si determina, ampliando la massa passiva dal piano di rientro dall'indebitamento pregresso di Roma capitale e ciò non comporta effetti negativi – questo è importante – sui saldi di finanza pubblica, in quanto restano invariati sia il contributo a carico del bilancio dello Stato, destinato annualmente al finanziamento del predetto piano – 350 milioni di euro – sia gli spazi finanziari di cui dispone la gestione commissariale: 500 milioni di euro.
Data la delicatezza della questione, i senatori di Sinistra Ecologia Libertà hanno votato al Senato favorevolmente su questo provvedimento, pur mantenendo integralmente tutte le critiche pesantissime che merita il Governo uscente per la mancata Pag. 124positiva iniziativa che avrebbe dovuto assumere in ragione delle disposizioni di legge – anche questo è importante ripeterlo – che erano state già approvate, anche con fiducia a quel Governo, sia dalla Camera sia dal Senato. Parliamo di problematiche che risalgono nel tempo, un tempo in cui la Lega Nord faceva parte anche del Governo e sapeva benissimo come stavano le cose e quali erano gli impegni che lo Stato doveva assumere.
Io sono fiero – e lo dico con grande orgoglio – di essere un cittadino italiano che ha come capitale Roma, che non è solo la città più bella del mondo ma è una città carica di storia che non ha eguali in tutto il mondo ed è veramente indecente, dal mio punto di vista, che noi stiamo svilendo un problema che, invece, dovrebbe essere affrontato con ben altra serietà da tutte le forze politiche del Parlamento se hanno un grammo di orgoglio nazionale.
Per questo io ritengo che, pure in presenza di questioni che hanno una loro importanza anche da un punto di vista diciamo negativo, come per esempio le questioni che sono state sollevate soprattutto da Scelta Civica, dalla senatrice Lanzillotta al Senato, che potevano portare ad un netto peggioramento di questo decreto-legge, il fatto che quegli emendamenti siano stati cassati è un ulteriore motivo che ci fa ritenere che, al di là delle posizioni su singole questioni di questo decreto, non si possa che confermare un giudizio positivo e, quindi, cercare di convertire nei tempi previsti dall'ordinamento costituzionale questo decreto-legge.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vincenzo Piso. Ne ha facoltà.

VINCENZO PISO. Signor Presidente, componenti del Governo, onorevoli colleghi, il Nuovo Centrodestra voterà a favore del provvedimento in esame in ragione del fatto che in esso sono contenute norme urgenti la cui mancata approvazione creerebbe problemi non solo alla funzionalità degli enti locali, nel caso in questione la città di Roma, ma anche ad ANAS, ferrovie e trasporto pubblico locale in diverse regioni. Questo provvedimento tratta, ad esempio, il trasporto pubblico locale su ferro di Val d'Aosta, Campania e Sicilia. Per cui, su questo tema siamo assolutamente in linea con quanto detto dai colleghi che mi hanno poc'anzi preceduto, ovvero il collega di Rifondazione comunista e il collega Marroni del Partito Democratico, quando affermano giustamente che questo decreto, noto come...

GIANNI MELILLA. Non Rifondazione comunista, ma Sinistra Ecologia Libertà. Non sono mai stato di Rifondazione comunista !

VINCENZO PISO. ...SEL, scusami. Pardon ! Comunque, insomma, sempre area di sinistra.
Ma, insomma dicevo che questo decreto, che per tutta una serie di motivi legati più che altro al nome probabilmente di Roma, che evoca cose forti e noto appunto come «salva Roma», in effetti contiene al proprio interno una serie di norme che riguardano un po’ tutta la nostra penisola, tanto è vero che, come è stato giustamente ricordato, vi rientra anche Milano, perché, per quanto riguarda Milano e l'Expo, ci sono 25 milioni destinati quale contributo agli oneri che il comune di Milano sostiene per la realizzazione dell'Expo 2015, risorse indispensabili per quella che sarà la vetrina dell'Italia l'anno prossimo. Di conseguenza, noi riteniamo risorse assolutamente da investire e che opportunamente – lo ricordava poc'anzi anche il collega Marroni – sono state escluse dal computo del saldo finanziario del Patto di stabilità interno.
Per quanto riguarda poi il metodo, il nostro gruppo, pur facendo parte di questa maggioranza, non può che sollevare su questo decreto una serie di perplessità proprio sul metodo.
Perché il sistema di approvazione adottato non ha consentito una discussione approfondita a livello di Camera, una prassi a cui speriamo che il nuovo Governo potrà porre fine. In attesa della riforma dell'architettura costituzionale e Pag. 125del procedimento di approvazione delle leggi tramite modifica del bicameralismo perfetto, è corretto che i Governi adottino ogni misura possibile per incrementare l'efficienza del procedimento parlamentare. Riteniamo assolutamente fuori luogo, fuori contesto, arrivare a discussioni svolte nella condizione in cui stiamo svolgendo appunto questi nostri interventi. Peraltro, ritornando anche ad altro tema che è stato motivo di polemica anche poc'anzi da parte dei colleghi della Lega, noi riteniamo che questo decreto sia sicuramente più centrato di quello passato, perché in effetti l'unico fil rouge che unisce tutti i temi trattati nel decreto in questione è quello appunto dell'emergenza, ed è su questo, su questa necessità di intervenire subito che il Governo si è attivato per arrivare alla formulazione ex novo di questo decreto.
Per quel che riguarda il nucleo centrale delle norme previste appunto in questo provvedimento, ovvero le norme su Roma contenute nell'articolo 4, il decreto introduce elementi di chiarezza contabile prevedendo l'ampliamento della massa passiva per 115 milioni di euro, iscrivendo nei conti partite debitorie anteriori al 28 aprile 2008. Pure su questo tema, il tema di Roma, cerchiamo di essere chiari. Allora, è di tutta evidenza che Roma ha accumulato nel corso degli ultimi lustri, oserei dire, una situazione economico-finanziaria sicuramente non ottimale, anzi direi decisamente negativa, però è anche vero che Roma, come capitale d'Italia, e con tutte le specificità che carica sulle proprie spalle, meriterebbe, sia sul piano puramente normativo sia sul piano economico-finanziario, ben altro tipo di attenzioni.
Noi abbiamo una capitale d'Italia che di fatto è governata attraverso prassi che sono quelle di un normalissimo comune della nostra penisola, così non può essere, perché soltanto a citare alcune specificità della nostra capitale veniamo a sapere e veniamo qui a rappresentare che per esempio Roma ha strade per 5.500 chilometri e credo che rappresenti un unicum non solo nella nostra penisola per quanto attiene a questo dato. Roma è uno dei più grandi comuni europei in termini di estensione territoriale e tutta un'altra sequela di cose sulle quali sinceramente sarebbe tedioso continuare ad intervenire. Rispetto a questa specificità in tutti questi anni si è fatto ben poco e se non vogliamo ritrovarci nei prossimi anni a dover reintervenire in maniera affrettata, forse sarebbe il caso, al di là di quello che è stato fatto recentemente con la legge per Roma capitale, di intervenire in maniera più sostanziosa e sostanziale a sostegno della nostra capitale, che peraltro, come è stato poc'anzi ricordato, è un patrimonio che ci dovremmo tenere ben stretto e che dovremmo cercare di valorizzare in tutti i modi possibili ed immaginabili.
Questa precisazione non è fatta per polemica e giova osservare che tutte le amministrazioni che hanno guidato la capitale si sono ritrovate con una macchina amministrativa creatrice di debiti, ed infatti questo decreto introduce un elemento che noi riteniamo assolutamente positivo che è quello di iniziare a spingere il comune di Roma a fornire un piano di rientro fattibile, concreto, che possa effettivamente dare una mano a sostenere l'impegno che i Governi che si stanno succedendo negli ultimi anni stanno cercando di intraprendere nei confronti della nostra capitale.
Nelle norme aggiunte al Senato si è previsto che il comune di Roma rediga ed invii alle Camere la redazione di un piano per il riequilibrio strutturale del bilancio, nell'ambito del quale dovranno essere previste misure volte: ad estendere a tutte le società comunali i vigenti vincoli in materia di acquisto di beni e servizi e di assunzioni di personale; ad operare una ricognizione dei fabbisogni di personale nelle società partecipate, prevedendo per quelle in perdita il necessario riequilibrio con l'utilizzo degli strumenti legislativi e contrattuali esistenti; a dismettere le società partecipate che non risultino avere come fine sociale attività di servizio pubblico; e tutta un'altra serie di interventi che dovrebbero servire alla bisogna.
Per quanto riguarda il contratto del trasporto che è uno dei talloni d'Achille Pag. 126della nostra città, della nostra capitale, vorrei qui sommessamente ricordare che, nel contempo, essendo la problematica del TPL una problematica di valenza nazionale che rischia di scaricare sul nostro territorio, direi, una serie di «Alitalia», con una serie di controindicazioni molto pesanti, su questo tema, nella Commissione trasporti, abbiamo varato una indagine conoscitiva, che è arrivata a termine, esiste già una prima bozza. Rispetto al problema del trasporto pubblico locale, noi riteniamo sia opportuno dare una risposta di sistema, della quale ci faremo promotori insieme ai colleghi della Commissione competente. E speriamo che rispetto a questo tema il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Lupi, sia sensibile, perché, ribadisco: non è un problema soltanto di Roma – e chiaro che nelle grandi aree metropolitane questo problema è più sentito e più forte –, ma è un problema, oramai, di rilevanza nazionale.
Per quanto, poi, riguarda, sempre rimanendo a Roma, la crisi in atto nel ciclo di gestione integrata dei rifiuti nel territorio di Roma capitale, il decreto assegna al comune 20 milioni di euro per il triennio 2013-2015, per assicurare l'attuazione degli interventi previsti dal Protocollo d'intesa del 4 agosto 2012 (il cosiddetto Patto per Roma). Appare chiaro, quindi, che ci si sta muovendo nella logica del risanamento, resa più stringente da un opportuno controllo parlamentare.
Un secondo gruppo di norme che hanno importanza riguarda i lavori pubblici, le strade e il trasporto pubblico locale in genere, lo ricordavamo poc'anzi; riguarda l'ANAS, che con questo provvedimento viene aiutata, per così dire, a sostenere erogazioni inevase che ammontano a circa 850 milioni di euro. Insomma, ci sono una serie di provvedimenti che vanno nella direzione, come ricordavamo all'inizio, di ottemperare ad una serie di emergenze. E questo anche per quanto riguarda il trasporto in Valle d'Aosta, Sicilia e Campania.
Concludo, per cercare di non essere troppo lungo, con due osservazioni. La prima è relativa alla proroga di un mese, e cioè fino al 31 marzo 2014, della definizione agevolata delle somme iscritte a ruolo, prevista dalla legge di stabilità per il 2014. Com’è noto, non si tratta di una sorta di condono fiscale, in quanto si paga una somma pari all'importo originariamente iscritto a ruolo, più le somme dovute a titolo di remunerazione del servizio di riscossione, con esclusione di interessi e more.
Questa disposizione è estremamente interessante per tutti coloro che hanno bisogno di chiudere conti in sospeso in essere da più anni, in relazione ai quali more e interessi hanno carattere predominante. La sua validità può esplicarsi anche in termini di riduzione del contenzioso. Per questo, facciamo appello al Governo di pubblicizzare questa opportunità per i contribuenti, che ha il duplice vantaggio di aumentare le entrate e chiudere partite pregresse, aperte da molti anni.
La seconda osservazione è relativa alla web tax, la cui applicazione è sospesa e rinviata al 1 luglio, in attesa della verifica della compatibilità comunitaria. La disposizione, introdotta nella legge di stabilità con un emendamento proprio del Nuovo Centrodestra è stata aspramente criticata, in particolare dalla rete. Ora, la norma sarà anche imperfetta, ma il principio che la sostiene, a nostro modo di vedere, è valido e, cioè, le attività economiche sovranazionali (o, se vogliamo, extraterritoriali) debbono pagare le tasse nel Paese in cui hanno realizzato i profitti. La Francia si è già mossa in questo senso, ma è chiaro che è l'intera Unione che deve prendere decisioni.
Chiediamo, quindi, al Governo Renzi un preciso impegno su questo punto: non si tratta di colpire la new economy, ma di favorire ragioni di equità e di tutela rispetto alla concorrenza sleale. Non è, infatti, possibile che le nostre piccole e medie imprese paghino imposte per oltre il 40 per cento del loro reddito, mentre le multinazionali realizzano profitti enormi, pagando le imposte dove fa loro più comodo.

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cosimo Latronico. Ne ha facoltà.

COSIMO LATRONICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il decreto che stiamo esaminando sostanzialmente rappresenta una parte di un precedente decreto, il decreto-legge n. 126 del 2013, che è stato fatto decadere anche a seguito dei sopraggiunti rilievi del Presidente della Repubblica – che è utile ricordare – attraverso un messaggio inviato ai Presidenti delle Assemblee legislative di Camera e Senato. Quel rilievo del Presidente ha di fatto evitato l'inserimento di norme aggiuntive nella procedura di conversione, che incidevano su ambiti territoriali non riconducibili a quelli originariamente trattati dal testo. Una circostanza che noi abbiamo sempre denunciato in questa legislatura, e che ha indotto il Capo dello Stato a bloccare quell'iter legislativo, la cui confusione niente affatto casuale aveva infatti arricchito il decreto, decaduto il 30 dicembre scorso, con una serie di misure del tutto incoerenti.
L'attuale decreto che giunge questa sera in Aula – come è ormai consuetudine in questa legislatura, insieme a tanti altri – a pochi giorni, diciamo, a poche ore, dalla sua scadenza e conseguentemente anche in questa occasione con la ristrettezza dei tempi necessari per la conversione, lede fortemente – è inutile nasconderlo – le prerogative di questa Assemblea nella valutazione delle disposizioni, e naturalmente impedisce quel necessario approfondimento del contenuto proprio.
Il disegno di legge risulta composto – è stato già riferito – da sette articoli e, tra questi, alcuni commi aggiunti in Senato. L'inserimento di queste disposizioni introdotte dall'altro ramo del Parlamento disattende, anche in questa circostanza, il contenuto dei richiami sollevati dal Presidente della Repubblica più volte, nonché dalla Corte costituzionale ripetutamente, con riguardo all'innesto di interventi modificativi che avvengono nel corso dell'esame parlamentare, rispetto al contenuto originario del testo.
Siamo dunque di fronte ad un ennesimo provvedimento d'urgenza che affronta temi i più disparati, che si nascondono all'interno del titolo e con cui la funzionalità degli enti locali c'entra ben poco. Interventi che vanno dal differimento dei termini per l'acquisto degli spazi pubblicitari, per carità, tutte questioni utili, ma..., alla modifica di disposizioni in materia di compensazione dei danni subiti dalla società di gestione aeroportuale di Trapani per la vicenda militare della Libia, dalle detrazioni fiscali per l'acquisto dei mobili, all'applicazione di nuove modalità di determinazione del reddito di lavoro dipendente degli atleti professionisti, all'esclusione degli intermediari finanziari dal computo dei componenti dei consigli di amministrazione, alla definizione di somme iscritte a ruolo, e ancora misure per l'Expo, e potremmo continuare.
Si tratta perciò di un decreto-legge dai profili di evidente incostituzionalità, signor Ministro, che si aggiunge ai precedenti, presentati al Parlamento nel corso di questa legislatura, e pone seri quesiti sul proseguimento di un modo e di un metodo nell'utilizzazione degli strumenti di normazione d'urgenza, da parte del Governo uscente – vedremo quello attuale – così scarsamente osservante sia dei severi richiami del Capo dello Stato, che dell'enunciato della Corte costituzionale.
Una situazione che non appare indubbiamente più sostenibile nel quadro costituzionale del sistema delle fonti e dei rapporti fra Governo e Parlamento con riguardo alla produzione normativa.
Sono state accostate infatti – lo abbiamo già detto – in maniera quasi arbitraria, disposizioni volte alla definizione dei rapporti finanziari tra Roma capitale e la gestione commissariale, attraverso un piano triennale di rientro in cui si prevede la liquidazione di alcune società partecipate, la liberazione dei servizi e del trasporto urbano, interventi in materia di infrastrutture e di trasporti e, abbiamo detto, nuove normative che intervengono Pag. 128sulla questione dell'Expo, dell'ANAS, delle calamità naturali, una modifica sulla web tax, ed altro.
Ulteriori profili di criticità, di complessa valutazione in ordine alla coerenza delle procedure legislative, si evincono dalla sovrapposizione delle norme sulle province all'interno del medesimo decreto-legge, valutata la contemporaneità del disegno di legge sulle città metropolitane, all'esame, in sede referente, del Senato. Reiterare questa prassi cattiva anche per quanto riguarda il debito del comune di Roma, con tutto il rispetto che noi portiamo alla capitale, naturalmente rischia di determinare il perdurare di politiche non rigorose sul piano del bilancio da parte del comune di Roma e, contestualmente, non può che aumentare la frustrazione di tanti altri amministratori locali, che quotidianamente affrontano, con mille problemi, tortuosi vincoli finanziari per mantenere i bilanci virtuosi.
Quanto alla parte dispositiva della gestione commissariale, risulta più che evidente come lo stock del debito accumulato nel corso degli anni dalle società municipalizzate, che sono la fonte principale del dissesto finanziario del comune, imponga una misura radicale ed urgente e un'inversione delle politiche della finanza pubblica. Proprio in tema di public utility, il gruppo di Forza Italia aveva proposto, nel corso dell'esame del disegno di legge di stabilità per il 2014, di dare un taglio netto ad una situazione ormai ingestibile per la finanza pubblica. Avevamo, infatti, previsto la liquidazione e il relativo commissariamento per tutte le società limitatamente a quei comuni che, alla data del 31 dicembre 2013, non avessero provveduto allo scioglimento o, in alternativa, alla privatizzazione delle società direttamente o indirettamente controllate da amministrazioni pubbliche, ma anche questa proposta non fu accettata.
Dunque, per concludere, l'ennesimo provvedimento d'urgenza che conferma un modo di operare del precedente Governo insensibile ai ripetuti rilievi degli organi di garanzia. L'auspicio è che con l'insediamento del nuovo Governo vi sia una sostanziale inversione sia nell'impostazione delle procedure della decretazione, così palesemente disattese nel corso della presente legislatura, che dei percorsi argomentativi legati alla verifica del rispetto, in riferimento alle specifiche fonti normative governative, degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità e urgenza richiamati dall'articolo 77 della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Daga. Ne ha facoltà.

FEDERICA DAGA. Signor Presidente, i cittadini non sono sereni mentre, a colpi di decreto, passando da un Governo all'altro, si smembra l'Italia, e non stanno sereni neanche i cittadini e i lavoratori romani, sotto ricatto per un debito che non hanno contratto loro. E non siamo sereni per niente mentre vendete l'anima del nostro Paese al diavolo delle privatizzazioni e liberalizzazioni. Mentre noi oggi eravamo qui ad assistere all'ennesimo teatrino della fiducia al Governo, fuori dal palazzo i movimenti sociali contro l’austerity hanno occupato la Piramide Cestia, per segnalare la distanza siderale che esiste tra il Paese reale, precarizzato, indebitato e impoverito, e i palazzi della politica, tra chi lotta per sopravvivere alla crisi e chi tratta le tematiche sociali come problemi di ordine pubblico. In nome della nazione cominciò a tradirne tutte le bandiere storiche, svuotandole completamente dal loro contenuto ideologico. Allo stesso tempo, costruì le basi di una nuova alleanza, di nuovo tipo: grandi gruppi finanziari, creditori esteri, dirigenti populisti e tecnocrati. Quella nuova configurazione del potere si impegnò a stabilire quattro riforme strutturali, che saccheggiarono letteralmente il Paese: privatizzazione di imprese pubbliche, deregulation assoluta dello Stato nell'attività economica, riforma del lavoro e svuotamento del sistema previdenziale. Storia già sentita ? Esatto, è la storia argentina all'epoca di Menem: suona come un incubo, eppure Pag. 129è molto simile a quello che ci aspetta, se passa questo decreto così come ci è arrivato dal Senato. Oltretutto, a quattro giorni dalla sua scadenza. Anche il primo «salva-Roma» di dicembre ci è arrivato a pochissimi giorni dalla scadenza, lo analizzammo in 48 ore. Anche in quel caso, al Senato, si aggiunse una parte, quella della vendita della città, che non piacque quasi a nessuno, se non alla promotrice dell'emendamento.
Poi è successo qualcosa: la città si è mobilitata, i movimenti cittadini si sono mobilitati, il comune di Roma ha approvato una mozione contraria all'emendamento vendi Roma e il Presidente della Repubblica decide di far decadere tutto il decreto. E rieccoci di nuovo, nuovo decreto, vecchio salva Roma e nuovo emendamento a firma PD, «cugino» del vecchio emendamento ripresentato giovedì scorso al Senato. Mentre fuori i cittadini attendevano di capire le sorti della capitale.
E con questo emendamento «cugino», di nuovo si chiede di vendere, licenziare, dismettere o mettere in liquidazione le aziende partecipate in perdita (cioè licenziamenti), liberalizzare e nel contempo bloccare gli investimenti per i servizi pubblici locali, tranne per le quotate in borsa. Le conseguenze mi sembrano le stesse.
Non mi basta sapere che ACEA resterà per il 51 per cento del comune di Roma, perché questa è già la situazione attuale. Ed è scorretto insistere nel dichiarare che ACEA sia rimasta pubblica. La SPA è una azienda di diritto privato e il suo scopo è quello di realizzare utili da distribuire agli azionisti. Se fossimo di fronte ad una azienda speciale, quindi di diritto pubblico, e magari anche partecipata dai lavoratori e dai cittadini romani, tutti gli introiti resterebbero in mano al comune (e non solo una parte) che potrebbe aumentare gli investimenti nei servizi che eroga.
Crediamo fermamente che per salvare Roma, e salvare i cittadini e le cittadine che vi vivono, servano ben altro che privatizzatori senza scrupoli. Gruppi economici come Suez sono stati cacciati persino da Parigi perché si occupavano esclusivamente del loro profitto, piuttosto che di garantire un servizio efficiente alla cittadinanza. Vogliamo salvare questa città dall'incuria e dalla malagestione delle passate amministrazioni, sia di destra che di sinistra ! E vorremmo evitare un altro sacco di Roma !
Vogliamo una Roma diversa: senza parentopoli, senza privatizzazioni, senza lottizzazioni di nessun tipo, senza discariche o inceneritori, senza cementificazioni selvagge, senza più CIE, senza più persone e famiglie costrette a vivere in macchina o nelle roulotte... una Roma dove discutere del debito del comune (non contratto dai cittadini) attraverso un'auditoria pubblica; una Roma dove ci sia un maggior controllo da parte della cittadinanza che subisce le decisioni politiche, giuste o sbagliate che siano; una Roma dove i servizi pubblici siano accessibili e garantiti a tutte e a tutti attraverso tariffazioni sociali per giovani, precari e disoccupati; una Roma dove invece di vendere il patrimonio pubblico immobiliare per fare cassa, si agisca per recuperarlo e metterlo a disposizione delle tantissime famiglie in emergenza abitativa; una Roma che invece di soffocare nell'emergenza rifiuti avvii concretamente la raccolta differenziata col fine di recuperare e riciclare il più possibile creando nuovi posti di lavoro e chiudendo davvero le discariche ! Una Roma che rispetti la volontà popolare dei referendum votati da un milione e duecentomila cittadini e che riporti nel pieno possesso dei cittadini la gestione dell'acqua; una Roma che rappresenti un nuovo modello di città, da esportare in tutta Italia !
È quanto dichiarammo al sindaco Marino quando chiese aiuto a tutti i parlamentari romani una sera di pochi mesi fa al Campidoglio. La partita di sicuro non si ferma qui in Parlamento. I movimenti cittadini sono ancora una volta mobilitati per opporsi alle politiche speculative, di austerity e di precarizzazione della vita. Alle istituzioni, la responsabilità di scegliere da che parte stare: o con i profitti o con gli interessi comuni della collettività.
E, come per tutto il paese, Roma non si vende !

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo decreto ci vede assolutamente contrari per diverse questioni, a partire dal fatto che il suo testo presenta evidenti profili di incompatibilità con diverse norme costituzionali, sia sotto il profilo del metodo con cui è stato adottato sia dal punto di vista dei contenuti. Per tanto, abbiamo presentato una questione pregiudiziale di costituzionalità, che verrà dibattuta nella giornata di domani, in quanto crediamo che il decreto-legge n.151 del 2013 riporti in modo sostanzialmente identico le misure contenute nel testo originariamente presentato alle Camere nel decreto-legge n. 126 del 31 ottobre 2013, recante misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali, e interventi localizzati nel territorio, meglio conosciuto come decreto salva Roma, del quale il decreto in esame costituisce pertanto una reiterazione.
Ciò è confermato dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge oggetto della presente questione pregiudiziale, che fa salvi gli effetti di tutti gli atti, i provvedimenti e i rapporti giuridici sorti in base alle norme del decreto-legge 31 ottobre 2013.
Infatti, poi la Corte costituzionale, già con una sentenza del 1996, ha avuto modo di esprimersi chiaramente sulla legittimità costituzionale della reiterazione dei decreti-legge non convertiti. Ciò in quanto la reiterazione lede la previsione costituzionale sotto numerosi profili. Altera la natura provvisoria del decreto-legge, procrastinando di fatto il termine invalicabile per la conversione in legge. Toglie valore al carattere straordinario della necessità ed urgenza, stabilizzando e prolungando nel tempo i motivi già posti a fondamento del primo decreto. Attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito, alimentando l'aspettativa nell'ordinamento di una sanatoria finale degli effetti da esso prodotti. Altera i caratteri della stessa forma di Governo, compromettendo l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento: pratica, quest'ultima, purtroppo ormai ricorrente. E, infine, minaccia il valore della certezza del diritto nei rapporti tra diversi soggetti, per l'impossibilità di prevedere sia la durata nel tempo delle norme reiterate sia l'esito finale del processo di conversione.
Il combinato disposto dei due decreti citati realizza la paradossale situazione nella quale dal 31 ottobre 2013 ad oggi – cioè da quasi quattro mesi – sono in vigore e producono effetti giuridici disposizioni legislative mai approvate dal Parlamento, avallate da un Governo che le ha prima ritirate e poi riproposte, ed oggi viene portato alla conversione da un nuovo Governo, che non ha mai approvato direttamente tali norme, contrariamente a quanto previsto dall'articolo 77, comma 2, della Costituzione, che prevede che il Governo adotti un decreto-legge sotto la sua responsabilità.
Il decreto appare doppiamente illegittimo. Il potere legislativo, di competenza costituzionalmente riservata al Parlamento, ai sensi dell'articolo 70 della Costituzione e di cui il decreto-legge rappresenta una mera eccezione, dovuta a situazioni di necessità ed urgenza, viene, invece, espropriato dal Governo, non solo adottando a suo tempo un decreto privo dei necessari requisiti, ma reiterandone gli effetti, pur non essendo intervenuta la conversione ad opera del Parlamento. Questa pratica, a lungo stigmatizzata quando negli anni Ottanta era diventata patologica, sembrava essere stata definitivamente cancellata dall'elenco dei tanti mali della nostra democrazia parlamentare negli anni Novanta e Duemila. Ma viene oggi riaffermata senza alcuna vergogna dai Governi di larghe intese.
La sanatoria prevista dal «salva Roma 1», operata dal citato comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 151 del 2013, rappresenta ancora di più una forzatura autoritaria da parte del Governo nei confronti del Parlamento. L'articolo 77 della Costituzione, infatti, stabilendo la natura derogatoria e, per questo meramente provvisoria, Pag. 131dell'emanazione legislativa operata dal Governo, stabilisce chiaramente che i decreti-legge perdono efficacia sin dall'inizio se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. La possibilità di farne salvi alcuni effetti o di regolamentare le conseguenze della non conversione non spetta affatto al Governo, tanto meno a mezzo di un ulteriore decreto-legge. L'ultimo comma dell'articolo 77 della Costituzione stabilisce, infatti, che sono le Camere l'unica istituzione che può, tuttavia, regolare con leggi i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge non convertiti. Non c’è traccia nella Costituzione di alcuna facoltà del Governo di anteporsi alle Camere in tale ambito. La salvaguardia degli effetti è, infatti, costituzionalmente contemplata come mera facoltà delle Camere, che non vi sono affatto obbligate, ma rispondono politicamente della scelta di coprire, con proprio atto legislativo, normative adottate sotto la responsabilità esclusiva del Governo.
Le norme del decreto n. 151 del 2013 in esame, che non costituiscono una reiterazione del decreto n. 126 del 2013 sono altresì correttive della legge di stabilità per il 2014, promulgata solo 2 giorni prima del decreto stesso. Derivano dunque la loro urgenza non dalla natura e dal contenuto della norma, ma esclusivamente dal dover correggere in corsa errori appena tradotti dal Governo nella legge fondamentale di bilancio.
Dal punto di vista dei contenuti, in molte sue parti il decreto in esame non presenta i presupposti di urgenza e di necessità essenziali per la legittimità di un decreto, requisiti che oggi discendono invece dal volere mantenere in vigore norme del precedente decreto non convertito; in merito la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che «la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale dell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura in primo luogo un vizio di illegittimità costituzionale del decreto-legge, che risulti adottato al di fuori dell'ambito applicativo costituzionalmente previsto, e (...) il difetto di presupposti, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge, dovendosi escludere l'eventuale efficacia sanante di quest'ultima».
Alcuni articoli del decreto, per il loro contenuto, non presentano i requisiti di urgenza: nello specifico, l'articolo 1, comma 2, lettera Oa) stabilisce l'introitazione di diritti aeroportuali dell'aeroporto di Trapani per la compensazione di non quantificati danni derivanti dalla guerra in Libia del 2011, peraltro senza stabilirne le modalità. Vista la distanza temporale, l'urgenza non può essere attuale e la dinamica finanziaria della compensazione non pare garantire l'equità della misura.
L'articolo 2, comma 6, stanzia a favore dell'Agenzia del demanio fondi per gli anni a venire (2015 e 2016).
Benché consti di soli 8 articoli, il decreto n. 151 del 2013 contiene numerose norme, come è evidente dai quasi 40 commi contenuti e dalle altrettanto numerose lettere che articolano i commi stessi, ampliando a dismisura la portata delle misure disposte.
Ciò comporta che il decreto in esame abbracci materie tra loro disomogenee, dall'acquisto di spazi pubblicitari on-line alle stabilizzazioni di personale, dal reddito di atleti ai contratti di locazione della PA, dall'Expo ai trasporti ferroviari, alle disposizioni finanziarie in materia di Province.
È evidente che la tattica ricorrente da parte del Governo di ampliare il titolo dei provvedimenti citando vari settori di intervento che nulla hanno a che fare l'uno con l'altro non può costituire la «pezza» con cui coprire l'eterogeneità del contenuto. La coerenza non si riscontra nemmeno all'interno dei singoli articoli, perché ciascun comma in realtà costituisce a sua volta un settore autonomo di intervento. Il risultato è un aumento esponenziale della difficoltà di lettura e di applicazione delle norme, più volte criticato da organismi nazionali ed internazionali con giudizi Pag. 132impietosi sulla fruibilità della nostra legislazione e sull'ostacolo da essa rappresentato per la salute economica e sociale del Paese.
Lo strumento del decreto-legge è ritenuto dalla Corte costituzionale palesemente inadeguato «a realizzare una riforma organica e di sistema», tanto più quando tale riforma è motivata da «esigenze manifestatesi da non breve periodo» e «richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge, secondo il disegno costituzionale».
Si tratta delle cosiddette norme a carattere ordinamentale che non dovrebbero trovare dunque spazio nella decretazione d'urgenza e che, invece, in questo decreto-legge sono previste in numerosi articoli: l'articolo 1, comma 2, lettera c), incide sul sistema di fiscalità di vantaggio per la regione Sardegna, stabilendo un principio ordinamentale e non d'urgenza; ancora più palese, la violazione della sentenza n. 220 del 2013 è operata dall'articolo 1, comma 2, lettera c-bis), che interviene sui limiti al numero dei componenti dei consigli di amministrazione di talune società pubbliche strumentali; inoltre, l'articolo 2, commi 3, 4 e 5, opera semplificazioni per il trasferimento di immobili pubblici, disponendo norme a valenza indeterminata; l'articolo 3, comma 9, interviene a modifica di norme a valenza generale del Codice dei contratti pubblici.
Vanno, infine, stimmatizzate tutte le norme del decreto-legge che a vario titolo stabiliscono deroghe all'ordinaria disciplina di bilancio a favore di alcuni, e solo di alcuni, enti locali e territoriali. Si ricorda, infatti, che la legge costituzionale n. 1 del 2012 ha introdotto in Costituzione il principio del pareggio di bilancio e ha modificato, con effetto dal 2014, l'articolo 119, primo comma, sull'autonomia finanziaria di entrata e di spesa degli enti territoriali richiamando il rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci e prevedendo che tali enti «concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea». Ciò significa che ogni deroga a questi principi, da qui in avanti, va considerata come violazione costituzionale, e in tal modo vanno considerati gli articoli del decreto-legge che prefigurino la possibilità di tali violazioni.
In tal senso, le norme che intervengono a sanare il debito di Roma Capitale, previsto dall'articolo 4, le agevolazioni finanziarie per il trasporto regionale della regione Campania (articolo 3) o per il trasporto ferroviario della Sicilia, integrano evidenti profili di incostituzionalità, oltre a determinare vantaggi solo per alcuni territori e, dunque, solo per alcuni cittadini, in violazione di uno dei principi fondamentali della Costituzione, il principio di uguaglianza. Nello specifico, poi, l'articolo 4 del provvedimento prevede che Roma Capitale possa riacquisire l'esclusiva titolarità di crediti, inseriti nella massa attiva, verso le società dalla medesima partecipate, anche in via compensativa, e che a tal fine Roma Capitale può avvalersi di appositi piani pluriennali per il rientro dai crediti così riacquisiti verso le proprie partecipate stabilendo, altresì, che il commissario straordinario è autorizzato «ad iscrivere nella massa passiva, ai fini del loro reintegro, le somme erogate al comune di Roma per l'anno 2009 per effetto del comma 3 dell'articolo 5 del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154 (...), e trasferite alla gestione commissariale nelle more dell'utilizzo del contributo di cui all'ultimo periodo del citato comma 3», prevedendo come gli importi così ottenuti possano essere utilizzati per garantire l'equilibrio di parte corrente del bilancio di Roma Capitale per gli anni 2013 e 2014 e che gli stessi non vadano considerati tra le entrate finali, rilevanti ai fini del Patto di stabilità interno, di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183.
Nonostante la relazione tecnica riferita al provvedimento affermi che la norma, pur determinando l'ampliamento della massa passiva del piano di rientro dall'indebitamento pregresso di Roma Capitale, non comporta effetti negativi sui saldi di Pag. 133finanza pubblica, in quanto restano invariati, sia il contributo a carico del bilancio dello Stato destinato annualmente al finanziamento del predetto piano, che ricordiamo essere di 350 milioni di euro, sia gli spazi finanziari di cui dispone la gestione commissariale, di ulteriori 500 milioni di euro, si ravvisa come la medesima norma determini un incremento dell'esposizione debitoria della gestione commissariale a vantaggio del bilancio di Roma Capitale.
Non risulta sia stato verificato se le risorse a disposizione della gestione commissariale siano idonee ad attuare il piano di rimborso dell'accresciuto debito e si evidenzia altresì come l'incremento della consistenza della massa passiva potrebbe creare sollecitazioni per un incremento del contributo a carico del bilancio dello Stato e degli spazi finanziari a disposizione della gestione commissariale, oltre che portare ad un possibile incremento dei tempi di rientro dell'indebitamento.
La vigente normativa non chiarisce inoltre la natura delle partite debitorie anteriori al 28 aprile 2008 e, in particolare, se si tratta di debiti fuori bilancio non riconosciuti e ancora non considerati ai fini del debito pubblico e che, in tal caso, la disposizione potrebbe incrementare la consistenza del debito pubblico ed avere effetti sui saldi di finanza pubblica.
Il medesimo articolo 4 non fornisce dettagli circa l'esigibilità degli importi a credito finalizzati a garantire l'equilibrio di parte corrente del bilancio di Roma capitale per gli anni 2013 e 2014, e, allo stesso tempo, l'idoneità degli stessi a contribuire realmente al conseguimento dell'equilibrio corrente dell'ente, in ragione del fatto che il grado di affidabilità dell'equilibrio di bilancio corrente dell'ente è strettamente proporzionale al grado di esigibilità dei propri crediti.
Le disposizioni previste al quarto articolo in favore del comune di Roma rappresentano una grave sperequazione nei confronti del sistema dei comuni nel suo complesso, favorendo chiaramente un singolo ente a discapito anche degli altri e tale norma non si colloca affatto nel percorso di responsabilizzazione degli amministratori pubblici, nonostante questo, anche alla luce della grave crisi economica, sia definito come una delle priorità della pubblica amministrazione.
Quindi, ad avviso della Lega Nord la riproposizione della maggior parte degli articoli del decreto già ribattezzato come «salva Roma-1» e non convertito è talmente palese da rendere incostituzionale questo stesso decreto e non abbiamo mancato di segnalarlo proprio con una questione pregiudiziale che dovrà essere discussa e votata dall'Aula.
A questo proposito basta leggere il comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione di questo decreto-legge che fa salvi gli effetti di tutti gli atti e i provvedimenti e gli effetti dei rapporti giuridici sorti in base alle norme del decreto-legge 31 ottobre 2013, n. 126; non spetta al Governo far salvi gli effetti di un decreto non convertito ma solo eventualmente alle Camere come afferma chiaramente l'ultimo comma dell'articolo 77 della Costituzione. Il decreto-legge del 31 ottobre 2013, n. 126, è stato ritirato dal Governo allora in carica, dopo che era già stato approvato dal Senato della Repubblica e dopo che, durante l'esame alla Camera dei deputati, il medesimo Governo aveva posto sulla conversione del decreto stesso la questione di fiducia, attribuendo dunque alle norme ivi contenute un valore discriminante ai fini della stessa permanenza in carica del Governo.
Il decreto è stato poi ritirato dal Governo che ha in questo modo sconfessato la valenza della questione di fiducia posta sul decreto stesso ma, al tempo stesso, ritirando le misure del decreto, ha adottato un percorso schizofrenico ritirando un provvedimento che intendeva invece subito dopo riproporre. Il decreto nel suo complesso è davvero un cattivo esempio di esercizio del potere di decretazione del Governo. Le disposizioni di carattere finanziario indifferibili finalizzate a garantire la funzionalità di enti locali non sono altro che pezze costose messe dal Governo a carico del bilancio pubblico a tutti i buchi o alle voragini prodotte irresponsabilmente Pag. 134da amministrazioni di vario livello, dai comuni alle regioni, che non hanno ben amministrato e non hanno risparmiato e operato tagli come tutti gli altri ed, invece, per essere per questo puniti vengono premiati. Questo è il decreto «salva dissestati» che copre con fondi della collettività i comportamenti dissennati di pochi ma, allo stesso tempo, continua a permettere a zone del Paese di perpetrare condotte irresponsabili mentre il resto del Paese e dell'Europa si rende conto che la situazione economica e sociale generale impone un totale cambio di mentalità. Quindi noi non possiamo fare altro che ribadire, alla luce di tutte queste argomentazioni, il nostro totale dissenso e la nostra totale contrarietà a questo decreto-legge.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baroni. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO BARONI. Signor Presidente, oggi siamo qui per salvare veramente Roma dalla svendita-bis, dal vostro salva-Roma, che si dovrebbe chiamare svendi-Roma-bis, che pone dei soprusi su tutti quei servizi, dall'acqua, ai trasporti, ai rifiuti, proprio tutti quei punti decisi da 27 milioni di cittadini che avevano detto di farli tornare pubblici e partecipati, e non delle Spa divoratrici e devastatrici attraverso abili giochi d'azzardo e soprusi finanziari. Quei 27 milioni di cittadini sono per un'economia pubblica e partecipata che possa essere lontana dal profitto. Un profitto generato da nomi che abbiamo incominciato a conoscere e che abbiamo il coraggio di dire: Caltagirone, Tonelli, Tagliaferri, eccetera. Non ci fermeremo qui, perché stiamo preparando un elenco: semplicemente e con chiarezza vogliamo comunicare e cerchiamo di vedere quello che minaccia il bene della collettività.
Salva-Roma-bis: questo decreto-legge cade per l'ennesima volta dentro la zona grigia della decretazione d'urgenza. Come voi tutti sapete, il decreto-legge è un atto avente forza di legge che il Governo accoglie in situazioni singolari di bisogno e di urgenza: come recita l'articolo 77 della Costituzione italiana, dove si rappresentano le forme ed i limiti entro i quali il Governo ha facoltà di emanare norme giuridiche. Quindi, la Costituzione italiana pone dei limiti, ma altrettanti vincoli sono stati espressi dalla sentenza n. 360 del 1996 della Corte costituzionale, che ha collocato rigide limitazioni alla consuetudine del Governo di dipendere dal decreto-legge quale strumento normativo e di prendere il posto, un volta fondamentale, che fu del Parlamento.
Tuttavia, non stupisce più nessuno che il Governo si arroghi il diritto di sostituirsi al Parlamento: ciò, tra l'altro, in palese contrasto con il principio della separazione dei poteri. Ma d'altronde, cosa ormai ci deve stupire ? In questo mese siamo vittime di una sit-com, con una happy family tutta italiana dove un sindaco del PD meno L fa fuori il suo stesso membro di partito, riesuma con un fulmine illegittimo i pezzi di carne morta del Frankenstein italiano pluricondannato e diventa Presidente del Consiglio, snaturando ogni qual forma legislativa del Parlamento. È il nuovo miracolo italiano: abbiamo Renzi come Presidente del Consiglio, e in questo caso abbiamo ancora un miracolo delle lobby.
Infatti, torniamo alla Corte costituzionale, con riferimento a questo atto della Camera, decreto-legge n. 151 del 2103: perché non tutti sanno che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 22 del 2012, ha osservato che «l'inserimento di norme eterogenee rispetto all'oggetto o alle finalità del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere e i provvedimenti provvisori con forza di legge». Sempre la Corte costituzionale ha posto come limite al divieto di reiterazione l'individuazione di nuovi motivi di necessità ed urgenza.
In verità, ciò che inficia il decreto cosiddetto salva-Roma è appunto la reiterazione di norme contenute in altro decreto-legge decaduto. Ricordo a tutti le disposizioni sul finanziamento di Roma Capitale, le misure in materia di infrastrutture Pag. 135e trasporto, ANAS, servizi ferroviari, Expo 2015 e persino sulle province. L'unica novità inserita riguarda le misure per la regione Sardegna in ordine alla ripresa dei versamenti sospesi per i contribuenti colpiti dall'alluvione dello scorso mese di novembre 2013.
È possibile non comprendere che la reiterazione e l'eterogeneità dei contenuti privano di valore il carattere straordinario dei requisiti della necessità ed urgenza ? Questa modalità operativa ha alterato gli equilibri istituzionali, ha alterato la stessa forma di Governo, ma soprattutto continua a minare il campo della funzione legislativa del Parlamento. Vi invito, pertanto, ad ammettere non a noi, ma ai cittadini, che di necessario ed urgente in questo momento non c’è di sicuro l'Expo 2015.
Di necessario e urgente c’è una questione molto importante da combattere: la corruzione e tutto quello che può girare intorno a questi decreti. Nel mio intervento dello scorso 22 dicembre 2013 vi ricordavo quanto segue: dopo l'Expo i terreni agricoli e circostanti su cui verrà realizzato l'evento verranno in buona parte cementificati. Gli appalti pubblici in Italia costano mediamente il 40 per cento in più della media europea a causa della corruzione. In Italia, solo per i sovraccosti della pubblica amministrazione vengono letteralmente bruciati in corruzione 60 miliardi, il che significa che la metà del volume di tutto il malaffare nell'Unione europea, ossia 120 miliardi di euro, è in Italia. Ma misteriosamente questa non è mai – e l'abbiamo sentito anche dai discorsi del presidente del Consiglio insediatosi, Renzi – la priorità del Governo, né per i mass media di regime in Italia, quindi mai si parla della corruzione.
Quindi l'urgenza è di nuovo in formazione, siamo al settantesimo posto, quindi l'urgenza è nella lotta alla corruzione, siamo al settantesimo posto, ma torniamo all'atto Camera n. 2121, disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge n. 151 del 2013. Noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo impegnato il Governo – era lo scorso dicembre – a prendere misure e a stimolare il raggiungimento di un'efficiente politica della connessione ferroviaria a livello regionale, strutture strategiche fondamentali per lo sviluppo economico, turistico e territoriale dell'Italia e della Sicilia, avviando operazioni di programmazione e ricerca di risorse economiche volte al rafforzamento della rete su ferro, al fine di assicurare la ripresa dei lavori di raddoppio delle tratte a binario unico, sospesi da anni, nonché l'avvio della realizzazione di nuovi raddoppi lungo le principali direttrici della Sicilia e delle zone sottoprogrammate dell'Italia. Il Governo si è altresì impegnato a procedere ad una puntuale ricognizione sullo stato dei lavori di ammodernamento e adeguamento delle infrastrutture della rete ferroviaria siciliana ed italiana, ma qui è la TAV ciò che conta, così le risorse economiche per le piccole opere sfumano via. Basterebbero una moltitudine di piccole opere attive per generare un'immensa opera di risanamento del nostro Paese. Al contrario, ci troviamo di nuovo un provvedimento con cui si autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a corrispondere a Trenitalia le somme previste dal bilancio di previsione dello Stato per l'anno 2013. Mi piace che daremo circa 111 milioni a chi pianifica soprattutto per applicare strategie industriali che, in passato, non hanno fatto altro che sopprimere molti treni a lunga percorrenza, riducendo nettamente le corse regionali e relegando la Sicilia ad un esilio geografico di non indifferente importanza. Qui c’è un comportamento che è una bella rappresentazione piatta. Noi, d'altro canto, ambiamo a ben altro, ad esempio a far valere il principio di economicità ed efficienza dell'azione amministrativa, sancito anche dalla Costituzione della Repubblica italiana, e soprattutto, per far contenere i costi gravanti sull'amministrazione per la gestione delle procedure di reclutamento, perché, noi, l'Italia vorremmo restituirla un attimo alle proprie condizioni iniziali, la sua storia.
Ventotto, questo è il ventottesimo provvedimento d'urgenza eterogeneo ed incoerente che il Governo Letta o Letta rimpastato Pag. 136a destra si accinge ad approvare: dal «salva Roma» al «salva Roma-bis». Abbiamo avuto modo di leggere una vasta gamma di emendamenti, bizzarri e personalistici, di parlamentari che mirano a coltivare i propri interessi, ad alimentare con i soldi pubblici le proprie clientele, come una sorta di grande ritorno delle mance. Si tratta di emendamenti che, seppur rientrino nella giusta visione di migliorare il trasporto e il territorio, sono molto, forse troppo, localistici. Tali richieste possono creare discriminazione da territorio a territorio. La messa in sicurezza delle scuole deve essere a livello nazionale, così come il risanamento del territorio che ha subito danni idrogeologici. Non possiamo continuare a fare differenze: cittadini di «serie A» e «serie B» solo perché alcune zone hanno o non hanno parlamentari eletti. Credo che dibattere della questione degli enti locali non possa prescindere dal ricordare che i numerosi scandali che hanno riguardato le amministrazioni pubbliche scaturiscono proprio da un sistema di finanziamenti a pioggia e di controlli quasi inesistenti, dalla totale mancanza di trasparenza, non solo negli enti locali, ma in tutte le pubbliche amministrazioni, a partire dal Parlamento.
Vedete, per noi parlare di trasparenza vuol dire dotare il cittadino di garanzie: ciò vuoi dire non solo poter controllare l'operato di chi, con i soldi pubblici, amministra il Paese, ma anche puntare ad ottenere il massimo dell'efficienza a vantaggio del cittadino in termini di servizi da parte dell'amministrazione pubblica.
A questo, per logica e per natura, avrebbe dovuto tendere questo provvedimento. Persino la Convenzione ONU contro la corruzione, ratificata dall'Italia, fa espresso richiamo alla trasparenza, ma per l'Italia essere sanzionata e richiamata continuamente è diventata un'abitudine di cui vantarsi, evidentemente per il Governo.
C’è bisogno di trasparenza contro la corruzione. Abbiamo anche presentato un emendamento che prevedeva di inserire il controllo delle spese nei consigli regionali, affinché la Corte dei conti potesse controllare il rendiconto generale dell'Assemblea o dei consigli regionali, verificarne le spese e le entrate e se queste sono state effettivamente sostenute o percepite, direttamente a monte e non a seguito di un giudizio penale. Addirittura, si cerca di stravolgere quel poco di buono che si stava tentando di fare: quello di realizzare una vera spending review, permettendo ad amministrazioni, regioni, enti locali e organi costituzionali di recedere dai contratti.
In una nota di lettura emerge la stessa ridefinizione del termine per l'esercizio del recesso al 30 giugno 2014, anziché al 31 dicembre 2014, unitamente all'obbligo di un preavviso di non meno di centottanta giorni: si traduce nel far salve, di fatto, le sole risoluzioni per cui risultino ad oggi già notificati, da parte delle amministrazioni locatarie, gli intenti di interruzione del rapporto di locazione. In definitiva, tutti i fattori, quelli innanzi considerati, sembrano operare, se non l'abrogazione dell'istituto, di certo una sorta di neutralizzazione della sua efficacia.
Così una delle poche cose buone che si stava cercando di fare viene compromessa e il provvedimento in esame adotta la logica della riparazione emergenziale con un'eterogeneità, senza puntare affatto alla programmazione e ad un'ipotesi di futuro e non c’è bisogno di andare alle maestre elementari per farlo.
Si proferisce di norme riguardanti la dismissione di edifici pubblici, di beni di tutti, ma anche di azioni di bonifica, fino ad entrare nella contabilizzazione dei bilanci di enti locali. Come nei decreti-legge che sono passati da queste parti, si snatura il potere esecutivo del Parlamento, quasi fosse un problema incurabile delle istituzioni. Basterebbe trovare una prevenzione di cura a questo problema incurabile.
Basterebbe che la materia del decreto-legge fosse omogenea, come prevede il nostro dettato costituzionale. Allora il Parlamento si ritroverebbe a convertire un disegno di legge con una migliore determinazione.
Anche qui, il tutto ci appare con una continua presenza di proroghe, che sono Pag. 137l'espressione evidente dell'incapacità di fornire soluzioni di lungo respiro per risolvere problemi accidentali.
Vi ricordo che nel 2008 (come ci spiegò Causi lo scorso 22 dicembre) fu creata la bad company e la good company al comune di Roma per risolvere i problemi dei debiti di Roma e ha omesso di dire, però, il nostro collega Causi, deputato del PD che, fino a quel momento, con l'arrivo di Alemanno, quel buco – che poi è stato richiesto a Berlusconi di sanare – era stato creato dalle amministrazioni del centrosinistra, che aveva creato e che a sua volta usufruiva di ingenti somme varate dal Governo e dallo Stato per sopperire a tutte quelle difficoltà di cui parlava Causi.
Quindi, dicevamo di esperti per le privatizzazioni di fama internazionale, e qui non è un caso che mi fermo al deputato Causi, perché tutti gli amministratori locali di Roma sanno che questi provvedimenti vengono considerati in una maniera per cui non possiamo rispondere che il Parlamento deve essere di sano stimolo agli amministratori locali perché stiamo prendendo in giro i cittadini perché questi provvedimenti sono scritti da quelle stesse le lobby contro cui noi stiamo lottando, come MoVimento 5 stelle. Quindi qui vi è una questione di prendersi delle responsabilità, di voler fare un certo tipo di amministrazione, di voler stare dalla parte del pubblico – e non solo durante la campagna elettorale, quando poi si creano le coalizioni con SEL e il PD per il bene comune, e qui di bene comune non c’è assolutamente niente – e non dalla parte del privato.
È qui che si continua a creare la zona grigia. Infatti, il PD ha fatto una potente campagna elettorale, cercando di affermare che era dalla parte del pubblico, come ha fatto nell'ultima campagna referendaria sull'acqua pubblica, in cui è uscito fuori dal cappello – non si sa bene dove stava prima – all'ultimo momento, schierandosi a favore del referendum. E, ancora una volta, disattende se stesso perché, anche se in questo caso il «salva Roma-bis» è stato «ammorbidito» si prevedeva una potente privatizzazione per quanto riguarda i servizi Acea.
Il PD prese lo slogan della campagna referendaria un mese prima del voto del 12 e 13 giugno 2013. «Acqua bene comune» lo adottarono per «Italia bene comune». Ora come allora la coerenza del PD torna: happy family !
Gli esperti per le privatizzazioni di fama internazionale si muovono, quindi, nel mare magnum delle privatizzazioni perenni – prima la mia collega ha citato la compagnia Suez – con il rischio altissimo di adesione al lobbismo internazionale. Abbiamo così un fritto misto di molte questioni: l'Expo 2015, dove potremo cambiare lo slogan da «nutrire il Paese» a «nutrire gli amici» e in dettaglio misure e finanziarie urgenti volte a favorire l'esecuzione delle opere dell'Esposizione universale di Milano, con gravi problemi economici e di pianificazione urbana che ricadranno nel tempo e sul territorio di Milano e del nostro Paese. A livello economico ci riferiamo all'Expo 2015 che ha già assorbito 1 miliardo 468 milioni di euro distribuiti dal 2008 ad oggi e ad un enorme consumo di suolo. Anche la Corte dei conti si è espressa nel merito dell'acquisizione dei terreni, sull'aspettativa del futuro aziendale, e potremmo dire altro.
Infine, il problema degli appalti senza una vigilanza sulle procedure di affidamento. Oltre agli 1,5 miliardi di euro già citati, troviamo che l'articolo 1, comma 7, precisa che per l'anno 2013 è attribuito al comune di Milano un contributo di 25 milioni di euro a titolo di concorso al finanziamento delle spese per la realizzazione. Non sarebbe meglio indirizzare questa cifra, Ministro Boschi, verso servizi di primaria importanza, non in un'esposizione partita già fallimentare ? Le promesse sono sempre le stesse: lavoro, ricchezza, benefici per l'intera città, ma la realtà è differente. Dal punto di vista lavorativo – vedi articolo 1, comma 8, adesso non so se è stato cambiato con il nuovo articolato – si parla di assunzioni a tempo determinato fino al 2016 e ormai Pag. 138tutti gli italiani hanno capito che questi contratti a tempo determinato servono per favorire la logica delle clientele, perché se io non vengo votato alla prossima tornata elettorale, dice il vecchio politico navigato – e lei, Ministro Boschi, è troppo giovane per esserlo, però potrebbe intuire insieme a me che è proprio lì che dobbiamo andare a colpire se vogliamo cambiare qualche cosa – può darsi che non verrà rinnovata la commessa – dice il vecchio politico navigato – e il tuo appalto non avrà la commessa. «E, quindi, come facciamo ?», chiede il vecchio politico navigato. Mettiamoci d'accordo. No, noi non ci stiamo. Quindi, instabilità lavorativa come modello da seguire per tutto il Paese. Questo ancora è il vostro programma vero.
Sul lato economico sappiamo che in Europa le esposizioni degli anni precedenti sono state un fallimento economico. L'esempio è quello di Lisbona. Dinanzi a tale evidenza viene, allora, da chiedersi come un Paese stremato, impoverito, con costanti tagli alle risorse più essenziali come sanità e istruzione, un Paese interessato da un debito pubblico senza precedenti storici, un Paese in cui per far quadrare i conti si continua ad esercitare una pressione fiscale ormai intollerabile per gran parte della popolazione, riuscirà ad affrontare gli investimenti ingenti che un progetto come Expo 2015 richiede, traendone un profitto reale, senza incorrere nel pericolo di un ulteriore fallimento ? Si ha la forte sensazione che si va avanti a tentoni dinanzi allo sfacelo economico, sociale e morale di questo Paese. L'Esecutivo ha perso persino la più tenue velleità di poter mettere in atto riforme incisive – non stiamo parlando di questo, ovviamente, stiamo parlando di quello che è appena stato fatto fuori – condivise e soprattutto coraggiose. Non si ha uno sguardo rivolto al futuro, non vengono messi in atto interventi di lungo periodo che mirino ad evitare il dissesto idrogeologico, che tutelino la salute e la vita delle persone in ogni sua forma. Si autorizza e si attua la cementificazione di immensi territori, che poi devono essere riparati con provvedimenti tampone estremamente dispendiosi.
Torniamo al concreto che, in quanto tale, a norma di legge, secondo la Costituzione, deve essere imprescindibilmente legato ad elementi di necessità e di urgenza. Ammesso che il titolo, estremamente vago, del provvedimento possa utilizzare l'individuazione di un nesso tra disposizioni tanto diverse, non se ne scorge, quindi come abbiamo detto, la necessità e l'urgenza, come se il buco, lasciato dall'amministrazione «Alemagno», di 860 milioni di euro fosse qualcosa di non prevedibile, come se a un certo punto si sa che lo Stato deve andare a sopperire a questo tipo di amministrazione locale. I commi 1 e 2 dell'articolo assicurano indennizzi in relazione allo svolgimento di opere strategiche. Siamo davanti a disposizioni che si era tentato di inserire in un altro testo e che ora si trovano nel decreto in esame.
Queste misure urgenti di compensazione per le imprese danneggiate dai fatti dolosi legati alle proteste per la realizzazione della TAV sono state giustificate, da esponenti del Governo, con il rischio concreto di una estesa delocalizzazione delle aziende, con conseguente perdita di base imponibile che, indirettamente, si rifletterebbe in modo negativo sulle entrate degli enti territoriali. Continuiamo con queste menzogne. Mi scusi il termine, volevo dire supercazzole però mi sono automoderato, perché è entrato nell'idioma dell'istituzione, cioè della logica in cui ci sono delle bugie che vengono vendute da anni e ancora pensiamo che i cittadini non se ne siano accorti. Quindi, l'urgenza non dovrebbe riguardare le grandi opere, ma una moltitudine di micro-opere, Ministro Boschi, disseminate nel Paese, come la riqualificazione degli acquedotti senza la privatizzazione dell'acqua, così come richiesto da 27 milioni di cittadini, pensando di dare un lavoro a migliaia di cittadini, artigiani e maestranze che sono alla base per il risanamento ed il mantenimento conservativo dell'immensità che abbiamo in questo Paese; lo ribadisco, Pag. 139parlo di immensità, perché dobbiamo essere in grado di attuare politiche che siano in grado di agire e prospettare degli interventi di ampio respiro, che vedano il futuro come una prospettiva di vita non a tempo determinato, politiche che vadano dal territorio al cittadino per salvaguardare la stessa vita sociale e culturale del nostro Paese. Invece qui dentro, in questo cimitero sconsacrato, stiamo diventando veramente schiavi di questo ritmo, che non ci permette di analizzare a fondo i decreti-legge. Si dice che questo decreto-legge verrà ritirato. A questo punto io veramente metto in discussione la prima programmazione di questo Governo, perché non mi pare veramente che ci voglia una fine intelligenza per capire che noi ci saremmo opposti. Dovremmo calendarizzare in Aula dei decreti-legge, se proprio si vuole parlare di decreti-legge, che ci permettano di lavorare seriamente e non nel modo fino ad oggi voluto, pensato e pervertitamente seguito, perché questo decreto-legge non era stato calendarizzato prima, ma è stato calendarizzato, ritirato, ricalendarizzato con urgenza e adesso verrà di nuovo ritirato. Io veramente non ho parole, e vi lascio a voi la faccia.
Nel provvedimento si evince che il Governo stia usando i comuni per raccogliere imposte da mettere a bilancio senza lasciare nulla per gli amministratori locali e tagliando in modo drastico i trasferimenti verso gli enti locali. Ricordo a tutti che nel 2009 e nel 2010 i comuni gestivano l'ICI, un'entrata allora a beneficio dei soli comuni. Nel 2011 l'ICI fu abolita, nel 2012 viene introdotta l'IMU, del cui gettito un'importante fetta spetta allo Stato. Nel 2012 veniva inoltre introdotta la TARES per il 2013, senza dimenticarci anche della TARSU: la logica pertanto è sempre la stessa, quella di usare i comuni, come già abbiamo visto con il tentativo fatto con il gioco, per quanto riguarda gli esercenti che utilizzano macchinari sul gioco d'azzardo, come cravattari dello Stato. Questo non mi sembra federalismo fiscale, questo non mi sembra uno Stato che dà il buon esempio strangolando anche e soprattutto i comuni virtuosi.
Continuiamo, perché questo è un provvedimento impressionante, presenta un contenuto vasto ed articolato recante un insieme di misure che incidono sulla finanza degli enti locali, nonché specifici interventi in favore di alcuni territori; vi sono disposizioni che prorogano regimi transitori e che in alcuni casi prorogano persino regimi transitori che fanno riferimento a norme che risultano abrogate. Nel corso dell'esame al Senato sono state persino introdotte, al comma 3, le proroghe di tre termini delega, in dispregio dell'articolo 15, comma 2, lettera a) della legge 23 agosto 1988 n. 400, la quale vieta che il Governo possa, mediante decreto-legge, conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione. Siamo quindi al paradosso, un Governo che attraverso un decreto-legge delega se stesso: è come un malato che si fa la diagnosi e poi si scrive la ricetta medica di proprio pugno. È molto importante a questo punto fare una piccola parentesi, perché da questo tipo di delega sappiamo scaturire tutta la materia relativa al gioco d'azzardo, che rappresenta un'enorme filiera di denaro, perché di denaro stiamo parlando qui, da cui lo Stato ha deciso, in una zona grigia delle lobby non ben specificata, di non attingere in maniera adeguata con annualità in cui, a fronte di un aumento del giocato, diminuisce ciò che lo Stato incassa. Quindi, abbiamo un aumento del giocato e diminuisce ciò che lo Stato incassa. Questo lascio a lei, Ministro Boschi, l'eventuale possibilità di approfondire questo mistero della tassazione italiana. Vengono analizzati i trend da parte dei professionisti e dei colletti bianchi in cui viene detto al Governo di aumentare le tasse dei giochi che, praticamente, diminuiscono il giocato, mentre nei casi in cui il gioco è in crescita viene chiesto al Governo di diminuire quelle tasse.
Quindi, a voi vi permettono di fare una bella figura, perché vi dicono: potete aumentare le tasse su questo giocato; ma quel giocato lì è destinato ad andare sempre di più a diminuire il proprio raccolto.Pag. 140
Questo è un vecchio gioco in cui, praticamente, voi potete cantarvela, dicendo di aver aumentato le tasse sulle slot machine, che ne so, dello 0,4. Di fatto, però, le slot machine sono in calo; quelli in crescita sono i giochi online, il poker online, i casinò online, le videolottery, che sappiamo bene essere una sorta di slot machine 2.0, in cui poter fare giocate da 10 euro a partita, senza tempi minimi tra una giocata e l'altra, in cui si inseriscono banconote, e sono aumentate in maniera praticamente spropositata negli ultimi anni.
Sappiamo bene, quindi, che ha tutte le informazioni, perché, quando noi andiamo a vedere le leggi, le leggi sono estremamente bene articolate e sono chiuse dentro un sistema di scatole cinesi, per cui noi sappiamo che non potremo intervenire per aumentare le leggi, cioè il Parlamento non può intervenire per aumentare le leggi sui giochi online, perché è tutta materia su cui ha un potere assoluto e regale il Governo. Tra l'altro, domani avremo anche l'articolo 14 della delega fiscale. Questo è stato già oggetto di diverse osservazioni. Salto la prossima parte, così vi faccio andare.
Io, veramente, su alcune cose che ho sottolineato questa sera non ho parole. Alcuni giochi, molti giochi, forse, quasi tutti, sono stati scoperti: noi stiamo cercando le prove. Qui ci sono potenti fenomeni di dissimulazione: dissimulare che vengono fatte le cose male, dissimulare che vengono fatte le cose fuori termine, dissimulare che vengono fatte le cose per interessi di alcuni, di cui neanche voi siete coscienti.
Voi credete che non abbiamo i numeri, credete che non abbiamo le informazioni e proponete aumenti nelle tasche dei cittadini. Anche la prossima parte la salto, perché sarà materia di un altro mio intervento.
Quindi, noi speriamo che la prossima mossa sarà quella di iniziare con una proposta di legge in Parlamento, perché, dal punto di vista costituzionale, se voi ritirerete o decadrà questo decreto, dovrete comportarvi in questa maniera. Speriamo che in un settore e in tutti i settori in cui noi vi abbiamo dato precedentemente dei lobbisti, ci siano, invece, degli elementi che possano smentirci: perché, in questo momento, anche su questo provvedimento, ci sono ancora tutti gli elementi convergenti, affinché noi reiteriamo questa accusa, cioè quella di essere dalla parte dei lobbisti. Quindi, guardatevi allo specchio ogni tanto, perché i cittadini sono molto arrabbiati su questa cosa.

PRESIDENTE. A questo punto, secondo le intese intercorse, il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani, a partire dalle ore 10.

(Annunzio di una questione pregiudiziale – A.C. 2121)

PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata, a norma dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, la questione pregiudiziale Borghesi ed altri n. 1. So che lei era preoccupato che io non la annunciassi, ma vede che siamo sul pezzo perfettamente.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 26 febbraio 2014, alle 10:

Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1215 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 151, recante disposizioni di carattere finanziario indifferibili finalizzate a garantire la funzionalità di enti locali, la realizzazione di misure in tema di infrastrutture, trasporti ed opere pubbliche nonché a consentire interventi in favore di popolazioni colpite da calamità naturali (Approvato dal Senato) (C. 2121).
Relatori: Melilli, per la maggioranza; Guidesi e Castelli, di minoranza.

La seduta termina alle 22,35.

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TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO VINCENZA BRUNO BOSSIO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE COMUNICAZIONI DEL GOVERNO

VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signora Presidente, signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido il suo ottimismo e la sua ambizione.
Questo paese ha bisogno di un cambio di passo; questo Governo che è il nostro Governo deve essere all'altezza di questa ambizione; mettersi in sintonia con il Paese significa affrontare i nodi strutturali della crisi. Abbiamo approvato nel vicino dicembre una legge di stabilità dove si faceva fatica a recuperare 100.000 euro per i precari; sono stati 10 mesi difficili con i migliori risultati possibili. Ma oggi serve il cambio di passo.
Oggi lei parla di interventi per decine di miliardi: non ci preoccupano, anzi accogliamo questa sfida. Ma è una sfida che guarda ai nodi strutturali della crisi senza dimenticare le emergenze che possono essere come sono talmente ravvicinate.
Ad esempio: se non si interviene subito per la proroga degli LSU scuola il 28 febbraio 24.000 lavoratori saranno licenziati con disagi enormi a livello delle scuole e della tenuta sociale.
Questioni strutturali ed emergenze. Questo nodo è la sfida del Governo. In molti commentatori, analisti, questa mattina si chiedono: dove trova i soldi ? Certamente in una riduzione della spesa pubblica. Ma la spending review non può essere cieco taglio lineare che spesso uccide in alcuni territori i diritti fondamentali come il diritto alla salute o, nel caso della chiusura di alcuni tribunali, lo stesso diritto alla giustizia come a Rossano, in Calabria, dove è altissimo il tasso di criminalità.
Non ha senso una spending review ingiusta che spesso alimenta nuovi costi.
Per questo la riduzione della spesa pubblica deve essere direttamente collegata alla riforma del titolo V intesa come occasione per la riforma complessiva della PA, razionalizzando e riorganizzando il livello di governance dallo Stato fino ai comuni, tagliando la moltiplicazione dei centri di decisione che hanno gonfiato la spesa, con le Regioni che non solo devono tagliare i costi dei rimborsi, ma devono riprendere la loro missione originaria che era quella di ente di programmazione e controllo.
In tal senso rivedere il carico delle materie concorrenti per garantire maggiore efficienza, ma anche parità di diritti primari a tutti i cittadini sull'intero territorio nazionale.
Questo è anche il tema del Mezzogiorno: un tema non residuale ma strutturale dentro questa sfida. Tutti i dati negativi italiani nel Mezzogiorno diventano esponenziali. Non credo serva un ministero o ancor peggio un sottosegretariato del Mezzogiorno.
Il Ministero per la coesione spesso si impallava nel giro assurdo dell'effettivo utilizzo delle risorse.
Autoimprenditorialità approvata ad agosto 2013 non ancora operativa, ma bisogna affrontare le questioni del Mezzogiorno per dare la risposta ai problemi del paese.
Il semestre europeo è una opportunità per rinegoziare il tetto del 3% nel rapporto debito/PIL come dato di partenza di qualunque iniziativa di Governo.
Gli sprechi e le inefficienze hanno colpito pesantemente l'economia italiana, ma una politica di austerità avulsa dall'esigenza di redistribuzione della ricchezza e che deprime la domanda interna e i consumi rischia di uccidere quanto gli sprechi.
Infatti, nei paesi una volta opulenti dell'Occidente sta tornando la povertà. Una povertà che non riguarda più soltanto gli emarginati, gli esclusi.
La povertà investe ormai campi ai quali era riservato un livello decente di esistenza. Comincia ad interessare la piccola e finanche la media borghesia, tocca il mondo del lavoro, lavoratori precari e occasionali che non riescono a superare la soglia di povertà e che si aggiungono ai poveri tradizionali, travolge aree sociali Pag. 142che finora riuscivano, seppure con grandi sacrifici, a non essere risucchiati nell'area della povertà.
Tutto ciò non solo accentua le disuguaglianze, ma radicalizza la relazione tra condizioni materiali di esistenza e diritti fondamentali della persona.
Nel 2012, il 15,8 per cento dell'intera popolazione è sotto la soglia di povertà, con evidenti segnali di peggioramento che si rilevano in tutte le ripartizioni geografiche: ma a proposito del Mezzogiorno, nel Nord l'incidenza di povertà è passata dal 4,9 per cento al 6,2 per cento, dal 6,4 per cento al 7,1 per cento nel Centro e dal 23,3 per cento al 26,2 per cento nel Mezzogiorno.
L'Italia scende dal 42 posto al 49 nella classifica delle economie più competitive del pianeta, i consumi anche alimentari sono tornati agli anni sessanta, il reddito disponibile della popolazione è inferiore a quello di cui poteva disporre nel 1988, cioè 25 anni fa.
Il mercato del lavoro, nel frattempo, ristagna, anzi peggiora. Su 22 milioni di lavoratori solo il 53 per cento ovvero poco più di 12 milioni ha un posto stabile e a tempo pieno; scendendo nel dettaglio i precari nella pubblica amministrazione sono circa un milione e guadagnano in media 836 euro netti al mese (927 per i maschi e 759 per le donne, sic) attraverso una miriade di tipologie di contratti di lavoro.
La maggioranza di questi lavoratori sono concentrati nel Mezzogiorno (il 35,18 per cento) e sono a bassa qualificazione scolastica.
In questo caso lo Stato non solo non tutela i diritti dei cittadini ma nemmeno quello dei suoi stessi lavoratori, facendosi caporale e facendo apparire un lavoro utile come parassitario.
Ancor di più i dati della disoccupazione: nel Mezzogiorno passa dal 15,5 per cento del 2012 al 18,5 per cento del novembre 2013 (il Nord passa dal 6,8 al 7,6 per cento). Nella fascia d'età 15-24 anni il tasso di disoccupazione è al 48,8 per cento (il 51 per cento tra le donne).
Il tasso di inattività continua ad essere un problema soprattutto meridionale: passa dal 47,8 per cento del 2012 al 48,4 per cento del 2013, mentre rimane sostanzialmente invariato al Nord (dal 30 per cento al 30,1 per cento).
Nel sistema del Welfare di un modello di sviluppo che immaginava l'obiettivo della piena occupazione, il nesso che si determinava tra il meccanismo produttivo e il mondo del lavoro consentiva di acquisire attraverso il lavoro le condizioni materiali per una esistenza dignitosa con pienezza di diritti. Il lavoro era la porta di accesso al regime delle tutele, attraverso il lavoro si acquisiva la dignità che compete ad ogni persona.
Quel modello sociale oggi è scosso dalle fondamenta, per questo per tutelare il lavoro, bisogna partire dallo sviluppo, ovvero da quale politica industriale (affrontare il nodo delle grandi imprese italiane) quali investimenti pubblici (piano nazionale per la messa in sicurezza del territorio, la più grande opera pubblica), quali investimenti soprattutto nell’ innovazione tecnologica (Agenda digitale), quali detassazioni (cuneo fiscale) siano necessari per riavviare la crescita. Sul tema del lavoro bisogna difendere i diritti acquisiti, tutelando però anche chi non è in grado di garantirsi i diritti più elementari con l'introduzione del salario minimo per tutti i contratti e del reddito minimo per chi il lavoro non lo ha mai incontrato.
Occorre affrontare con forza il tema della riforma degli ammortizzatori sociali in Italia (CIG, assegni ordinari di disoccupazione, assegni di mobilità) che costano circa 18 miliardi di euro all'anno e proteggono solo un lavoratore dipendente su quattro.
Restano esclusi completamente gli inoccupati, cioè quelli che non hanno mai incontrato il mercato del lavoro o quelli che lo incontrano in forme irregolari e l'enorme esercito di coloro che vengono giudicati inattivi, vale a dire coloro che non solo non hanno un lavoro ma hanno anche cessato di cercarlo.Pag. 143
In questo senso si può affermare che il Welfare in Italia è costoso e ingiusto.
L'introduzione del reddito minimo garantito è, dunque, in tutti i paesi che lo adottano, una misura che tende a rendere più efficace ed efficiente il Welfare e, nello stesso tempo, uno stimolo al mercato interno perché sostiene il livello dei consumi. Una misura europea che ci allinea al livello di uno Stato moderno in grado di tutelare il diritto all'esistenza.
Il tema della durata del Governo non è un tema per alchimisti o per futurolgi ma è legato alla capacità di risolvere i problemi come tutti i cittadini si aspettano.
Per questo è un augurio a lei, ma soprattutto a tutti noi.
Questa è la sfida e come diceva, tra gli altri, il mio vecchio maestro hic Rodhus hic salta.

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