XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 77 di venerdì 13 settembre 2013

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

La seduta comincia alle 9,05.

FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Balduzzi è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Intendimenti del Governo in merito alla realizzazione di impianti eolici in Puglia, con particolare riferimento alle possibili criticità sotto il profilo della compatibilità ambientale, paesaggistica e degli ecosistemi – n. 2-00155)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Cariello n. 2-00155, concernente intendimenti del Governo in merito alla realizzazione di impianti eolici in Puglia, con particolare riferimento alle possibili criticità sotto il profilo della compatibilità ambientale, paesaggistica e degli ecosistemi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Cariello se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

FRANCESCO CARIELLO. Signor Presidente, intendo illustrarla. Signor Presidente, gentile Ministro, colleghi e cittadini, oggi siamo ad interpellare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su una questione riguardante l'installazione di una serie di turbine eoliche al largo del golfo di Manfredonia.
Tale interpellanza ha perso, purtroppo, il suo carattere di urgenza, visti gli eventi che si sono verificati dalla data di presentazione ad oggi. In particolar modo, risulta superata da una valutazione di impatto ambientale già emessa dallo stesso Ministero. Ma poiché noi vogliamo continuare a fornire speranze ai cittadini, siamo qui a ribadire con forza le nostre ragioni, le ragioni sottoscritte in questa interpellanza, e a richiedere, se possibile, le motivazioni che sono alla base della decisione già presa dal Ministro e della fretta con cui lo stesso ha voluto esprimersi, considerando il fatto che aveva nel suo carico un'interpellanza da parte del MoVimento 5 Stelle.
Senza polemica alcuna, ma per dovere di cronaca, ci preme sottolineare come sia potuta accadere questa interposizione di eventi, ovvero la valutazione di impatto ambientale precedente alla risposta del Ministro all'interpellanza urgente, frutto delle istanze poste in essere dai cittadini.Pag. 2
La risposta è sempre la stessa: la congestione di decreti-legge governativi da approvare prima della pausa estiva. Siamo alle solite, potrebbe dire qualcuno. Io direi che siamo alla prassi che diventa regola. Infatti, codesta interpellanza è stata annunciata nella seduta del 23 luglio, periodo in cui, sotto l'alibi perenne delle urgenze del Paese, questo Governo ha monopolizzato il Parlamento, costringendolo a dedicare totalmente il tempo a disposizione per l'approvazione finale dei decreti, che, seppur altrettanto importanti, hanno fatto sì che tutte le azioni di sindacato ispettivo, prerogativa di controllo dell'operato del Governo da parte di noi parlamentari, fossero rinviate a settembre.
Facciamo un passo indietro di oltre un mese: era nostro obiettivo porre lei, Ministro, e il suo Ministero nelle condizioni di valutare gli impatti sul territorio, sul paesaggio, sulla cittadinanza e sull'avifauna, al fine di supportarvi tecnicamente nell'esprimere un parere che tenga conto di tutte le istanze dei cittadini qui da noi rappresentati. Questa interpellanza pone una serie di interrogativi, ai quali noi auspichiamo di avere risposta certa, soprattutto perché, ad oggi, la valutazione di impatto ambientale è già stata emessa.
Sono lieto di citare le associazioni di cittadini che hanno contribuito alla formulazione dell'interpellanza, le quali associazioni si sono costituite in un comitato denominato «Mare Nostrum» e hanno richiesto di portare la loro voce in Parlamento, visto che le lettere inviate al Ministero non hanno ricevuto risposta.
Le associazioni sono le seguenti: Fidas Zapponeta, Lipu Foggia, Italia Nostra, Impegno Comune Manfredonia, Città Dinamica, Fondo Ambiente Italiano, Oasi lago Salso Manfredonia e Centro Studi Naturalistici-Onlus, Associazione Delfino Manfredonia, Rifiuti Zero, Associazione Altura, Associazione AICO e ACLI di Foggia e tante altre che si sono aggiunte in seguito.
Nel corso degli ultimi anni sono stati sottoposti a parere di valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare quattro progetti per la realizzazione di parchi eolici off-shore, tre dei quali nei mari di pertinenza della regione Puglia, segnatamente in provincia di Foggia.
Un altro in Sicilia al largo di Trapani, così come si evince dal portale del Ministero dell'ambiente nel quale, tramite una applicazione satellitare, si geolocalizzano le procedure di valutazione di impatto ambientale in corso. Il nostro aggiornamento era al 30 giugno 2013.
Stranamente il Ministero si esprime, da una parte, con parere negativo al progetto n. 1296 in data 19 luglio 2013 dell'impianto eolico off-shore nella zona Banco di Pantelleria e Banchi Avventura a largo delle coste siciliane, presentato dalla Four Wind Srl, confermando il parere negativo espresso dalla Regione Sicilia, mentre, dall'altra parte, esprime parere favorevole al progetto n. 1303 in data 26 luglio 2013 relativo al parco eolico marino Gargano sud, presentato dalla WPD, disattendendo il parere negativo espresso dalla Regione Puglia.
Il totale dei progetti iscritti sul portale del Ministero dell'ambiente prevede l'installazione di oltre 230 torri eoliche di cui oltre la metà saranno collocate all'interno del golfo di Manfredonia a meno di 7 miglia dalla costa. Proprio nel golfo di Manfredonia sono stati localizzati due parchi eolici a poca distanza l'uno dall'altro senza tenere conto, evidentemente, delle correlazioni e delle sovrapposizioni di effetti derivanti da una distinta progettazione dei due significativi impianti eolici.
Questi parchi eolici, in particolari casi, a causa della loro estensione e della loro disposizione planimetrica, costituiscono un'estesa barriera per le rotte migratorie dell'avifauna, anche internazionale, che rappresenta un patrimonio dell'intera comunità internazionale, la cui tutela è disciplinata a livello comunitario dalla direttiva 79/409/CEE, cosiddetta «direttiva uccelli».
La collocazione dei parchi sopra citati si inserisce in un territorio con importanti peculiarità, caratterizzato, come nel caso di Manfredonia, sia dall'antica presenza di saline, risalenti al IV secolo A.C., sia per la Pag. 3presenza delle zone umide, habitat essenziale per la tutela della fauna acquatica, tra l'altro sottoposto al regime di tutela previsto dalla Convenzione internazionale di Ramsar, sottoscritta da 150 Paesi tra cui l'Italia.
Alcuni degli impianti citati risultano essere ubicati in aree tutelate dal punto di vista ambientale, in quanto appartenenti a parchi nazionali ed inseriti in zone a protezione speciale (le ZPS) e in siti di interesse comunitario (i SIC).
La regione Puglia ha espresso giudizio negativo di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di incidenza ambientale in merito all'installazione di parchi eolici a poche miglia dalle proprie coste.
Pertanto il comitato Mare Nostrum e noi cittadini la interpelliamo per sapere se il Ministro ha avviato una mappatura completa della fascia di mare costiera, al fine di individuare le aree da assoggettare a tutela nei confronti della crescente quanto incontrollata proliferazione dell'installazione sul territorio nazionale di questa tipologia di impianti eolici, e per avviare una programmazione strategica dei parchi eolici per la cui realizzazione sarà necessario scegliere zone che non presentino possibili criticità sotto il profilo della compatibilità ambientale, paesaggistica e degli ecosistemi; se il Ministro interpellato ha ritenuto opportuno, in fase di valutazione dei progetti presentati, tenere conto dell'eventuale processo di ripristino ambientale a seguito della dismissione degli impianti eolici; se siano stati fatti studi approfonditi, avvalendosi eventualmente degli organismi e degli istituti di ricerca competenti, per valutare gli effetti sull'avifauna, sulla fauna ittica e sull'equilibrio della biosfera marina della realizzazione dei parchi eolici.
A tal proposito faccio notare che il monitoraggio e la valutazione della mortalità di uccelli a causa di episodi di collisione con piattaforme e infrastrutture off-shore, è misurata mediante la ricerca delle carcasse. Risulta quindi ancora più difficile rispetto ai siti terrestri, per l'ovvia circostanza che le carcasse in mare non vengono quasi mai ritrovate.
Sono state invece sperimentate tecniche, quali sistemi radar, sistemi di rilevamento termico di animali e rilevamento acustico. Ci chiediamo allora se tali tecnologie siano state prese in considerazione per la valutazione di impatto ambientale già effettuata.
Chiediamo, inoltre, se il Governo ha tenuto in debito conto le prevedibili ricadute sulle attività della pesca, con particolare attenzione allo sviluppo turistico e alla salute dei cittadini.
Mi permetto di aggiungere considerazioni a margine della stessa interpellanza per fornire, come è nostra consuetudine, un approccio critico e nello stesso tempo propositivo all'azione del Governo, anche attraverso questi semplici atti di sindacato ispettivo.
In Italia, dove l'azione legislativa e amministrativa del Governo in tutti i settori è sempre effettuata con un approccio lobbistico-emergenziale, non poteva essere diversamente anche in questa occasione di sviluppo energetico da fonti alternative. La localizzazione dei parchi eolici off-shore non risulta determinata da alcuna programmazione strategica nazionale. È altresì lasciata all'iniziativa privata delle multinazionali, che spesso perseguono finalità speculative e di sfruttamento delle risorse pubbliche.
Spesso, ed il caso di Manfredonia è emblematico, si opera addirittura in contraddizione con investimenti infrastrutturali e di sviluppo del turismo. Infatti, qualche settimana prima che lo stesso Ministero dell'ambiente si esprimeva favorevolmente alla realizzazione del parco eolico, che dissemina l'intero Golfo con oltre 130 torri eoliche, il 18 luglio 2013 è stato inaugurato a Manfredonia il porto turistico Marina del Gargano.
La realizzazione delle torri eoliche e delle opere ad esse accessorie ha come primo più vistoso ed evidente effetto la devastazione irreversibile dei valori paesaggistici e panoramici: per esempio, cavidotti interrati che devastano in maniera irreversibile i percorsi terrestri e marittimi, inglobati in perimetri di territori protetti e rilevanti da un punto di vista Pag. 4faunistico-venatorio. Anche l'effetto visivo e prospettico, da qualsiasi punto si osserverà il Golfo di Manfredonia, è tale che l'intero aspetto dei luoghi risulterebbe pesantemente trasformato e ciò, unitamente all'impatto delle pale sui flussi migratori dell'avifauna, fa decadere in modo definitivo qualsiasi valenza turistico-ambientale del territorio.
Sia chiaro che le fonti rinnovabili rappresentano un importante investimento nel futuro energetico dell'Italia e dell'Europa. Soprattutto il MoVimento 5 Stelle ne promuove lo sviluppo ma, allo stesso tempo, sostiene che anche questo processo deve essere pianificato nel rispetto del territorio e del paesaggio, tutelando gli ecosistemi locali e le economie preesistenti ed inserendo un programma strategico di sviluppo ben definito.
Il numero di impianti eolici installati nell'Unione europea è evidentemente destinato a crescere a un ritmo significativo dal breve al medio periodo in alcune zone d'Europa. L'Italia è quella più esposta a questo sviluppo. L'energia eolica è universalmente riconosciuta come una fonte di energia pulita e rinnovabile e, in quanto tale, come una delle principali forme di energia in grado di contribuire alla mitigazione degli effetti di cambiamenti climatici. Ma, alla luce di tali considerazioni, sarà importante garantire che la sua espansione sia sostenibile sotto tutti i punti di vista e che avvenga senza pregiudicare l'ambiente naturale e il patrimonio naturale italiano e europeo.
Invitiamo, pertanto, lei Ministro ad assumere iniziative normative, volte ad assoggettare a procedura di valutazione di impatto ambientale, in maniera completa e globale, tutti i progetti eolici off-shore industriali con una visione di insieme, coordinati con il piano energetico nazionale, nonché con i piani paesaggistici regionali.
Esattamente come ogni altra attività industriale che comporta l'utilizzazione della terra e del mare, lo sviluppo dell'energia eolica off-shore ha inevitabilmente un'impronta ambientale che occorre considerare e affrontare con un approccio sistemico. Contrariamente all'energia generata da parchi eolici terrestri, la produzione di energia eolica off-shore sta ora muovendo i suoi primi passi e rappresenta solo il 2 per cento circa della capacità installata di energia eolica in Europa. Gran parte dello sviluppo di questo settore si è avuto nel Mare del Nord e nel Mar Baltico, prevalentemente in acque basse, di profondità inferiore ai 30 metri e a meno di 40 chilometri di distanza dalla costa. Ma rispetto agli altri parchi eolici terrestri, gli impianti off-shore sono più complessi e costosi da realizzare.
La tecnologia è soggetta a requisiti più gravosi se si considera l'ambiente operativo più duro e meno accessibile. Le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell'energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'energia e del 23 aprile 2009 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle vecchie direttive del 2000, nonché le direttive del Consiglio cosiddette «direttive uccelli» e la stessa direttiva «Habitat» non ostano all'adozione da parte di uno Stato membro di provvedimenti nazionali più rigorosi che vietino l'installazione di impianti eolici non finalizzati all'autoconsumo all'interno di un sito Natura 2000.
Cos’è Natura 2000 ? Natura 2000 è una rete ecologica di aree protette, istituita per garantire la sopravvivenza delle specie e degli habitat più preziosi d'Europa. Natura 2000 si basa sulla direttiva «Uccelli» e sulla direttiva «Habitat» del 1992.
La situazione off-shore è alquanto più complessa, in quanto vi è ancora un grosso divario nella designazione dei siti marini Natura 2000, in parte a causa della conoscenza scientifica più scarsa per quanto riguarda specie e habitat in ambiente marino, compresi i mammiferi.
Ecco perché è importante fare in modo che gli Stati membri provvedano quanto prima a designare aree marine protette ai sensi delle direttive «Habitat» e «Uccelli», in modo da eliminare le incertezze legali Pag. 5riguardo alla potenziale adeguatezza alla costruzione di centrali eoliche in un dato sito marino.
Concludo, Presidente, Ministro, riassumendo quelli che riteniamo passaggi fondamentali di questa interpellanza. I siti devono essere selezionati nel quadro di un approccio strategico alla pianificazione, tenendo conto, tra l'altro, di condizioni del vento e valori naturalistici (comprese le denominazioni Natura 2000 delle aree marittime), visibilità e anche collegamenti alla rete.
Non è accettabile che, come invece è diventata prassi usuale, la localizzazione e la dimensione degli impianti vengano decisi solo in base a contrattazioni tra le ditte produttrici ed i comuni interessati che spesso svendono per pochi soldi i valori ambientali più significativi dei loro territori.

PRESIDENTE. Deve concludere, deputato Cariello, ha esaurito il suo tempo.

FRANCESCO CARIELLO. Sì. Occorre che anche le regioni varino piani energetici accurati, che tengano conto dei valori ambientali e che, in attesa di tali piani, venga imposta una moratoria alla realizzazione di nuovi impianti eolici.
Vi è un alto livello di disinformazione – ho concluso, Presidente – in merito anche alle centrali eoliche viste da molti, anche titolari di responsabilità decisionali in questo settore, come a basso impatto ambientale ed assai utili per la riduzione dell'effetto serra. Occorre, quindi, un'attenta opera di sensibilizzazione e di informazione in merito alla situazione reale del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.

ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In riferimento all'interpellanza parlamentare in oggetto, relativa alla realizzazione di parchi eolici off-shore, si rappresenta quanto segue.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato tre decreti di compatibilità ambientale rispettivamente per il parco localizzato nella rada del porto di Taranto, il parco localizzato al largo della costa di Termoli e il parco localizzato al largo della costa siciliana di Butera.
Oltre a questi, sono in corso di istruttoria altri cinque progetti, ma nessuno risulta interessare direttamente aree tutelate, ossia aree marine protette e siti di interesse comunitario (SIC) o zone di protezione speciale (ZPS).
Per quanto attiene ai SIC e alle ZPS presenti nell'area vasta di localizzazione dei progetti sono state ovviamente effettuate le valutazioni di incidenza tese ad accertare le eventuali influenze, seppur indirette, sugli habitat di specie.
In merito alla richiesta credo che questo sia il cuore del ragionamento e anche della risposta all'insieme di considerazioni poste dagli onorevoli interpellanti. Il punto è questo: quando si chiede «se il Ministro non ritenga opportuno, in fase di valutazione dei progetti presentati, tenere conto dell'eventuale processo di ripristino ambientale a seguito della dismissione degli impianti eolici», è necessario evidenziare come, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006, negli elementi per la valutazione di impatto ambientale si intende «l'alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell'ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell'attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti».
Cioè, nella valutazione di impatto ambientale questo insieme di elementi dovrebbe essere ricompreso. Se così non è, allora probabilmente c’è da fare una riflessione, come a livello comunitario si sta facendo, su quanto non è riconducibile e Pag. 6su quanto non si riesce ad affrontare attraverso l'utilizzo della valutazione di impatto ambientale.
Altrimenti, l'insieme delle domande che lei pone dovrebbero trovare risposta – io dico trovano risposta – nel procedimento di valutazione di impatto ambientale, che, come lei sa, non è un atto discrezionale del Ministro, ma una valutazione che, pur avendo un carattere istruttorio si svolge e si realizza presso un organo tecnico composto sulla base di presupposti di legge.
Appare pertanto chiaro che nelle istruttorie di valutazione di impatto ambientale viene, quindi, obbligatoriamente considerato l'impatto delle opere derivanti dalle attività di dismissione e dell'eventuale processo di ripristino ambientale.
Al fine di garantire l'elevazione al massimo grado della compatibilità dell'intervento proposto, è prassi procedere a specifiche prescrizioni in merito alle modalità di decommissioning: il provvedimento di pronuncia di compatibilità ambientale impone, nell'ambito della verifica dell'ottemperanza delle dette prescrizioni, che siano verificate in dettaglio e, se necessario, aggiornate, le previsioni progettuali, gestionali e di dismissione.
Nell'ambito della valutazione di impatto ambientale viene effettuata una verifica degli impatti cumulativi e sinergici che derivano dalla realizzazione di un'opera sull'ambiente, dunque una valutazione globale che tiene conto dell'impatto conseguente alle opere di complesso delle nuove opere, comprese quelle scaturenti dal quadro prescrittivo del progetto oggetto di pronuncia di compatibilità e, pertanto, anche delle attività di dismissione.
In merito alle considerazioni «se siano stati fatti studi approfonditi, avvalendosi eventualmente degli organismi e degli istituti di ricerca competenti, per valutare gli effetti sull'avifauna, sulla fauna ittica e sull'equilibrio della biosfera marina della realizzazione dei parchi eolici» e «se il Governo abbia tenuto in debito conto le prevedibili ricadute sulle attività di pesca, del turismo e, con particolare attenzione, sulla salute dei cittadini !», si evidenzia che, così come dettato dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 dicembre 1988 recante norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità, nel quadro di riferimento ambientale dello studio di impatto ambientale, devono essere puntualmente definiti e descritti i diversi fattori e componenti ambientali interessati dall'impatto dell'opera o progetto: atmosfera, ambiente idrico, suolo e sottosuolo, vegetazione, ecosistemi, salute pubblica, rumore e vibrazioni, radiazioni ionizzanti, paesaggio.
La prima parte del quadro ambientale ha ad oggetto l'illustrazione del sistema ambientale interessato (considerato per singoli fattori e globalmente), mentre la seconda parte riguarda la rappresentazione dei prevedibili effetti su di esso conseguenti alla realizzazione del progetto.
Pertanto, si evidenzia che, nell'ambito delle istruttorie di valutazione di impatto ambientale condotte dal Ministero sui parchi eolici di cui trattasi, così come per ogni altra tipologia di impianto, sono stati debitamente valutati gli effetti su tutte le componenti ambientali sopra richiamate, anche attraverso l'accertamento dell'esistenza o meno di elementi di incompatibilità del progetto con riferimento alle specifiche caratteristiche di sensibilità, vulnerabilità, rarità dell'ambiente e del territorio interessati dal progetto.
È stata altresì condotta un'analisi comparativa delle eventuali alternative progettuali al sito finalizzata all'individuazione dell'alternativa a minore impatto, nonché un'analisi preliminare degli impianti (eventualmente in termini comparativi, con riferimento alle alternative considerate) e la definizione delle linee generali per la mitigazione e la compensazione.
Va quindi concluso che si condivide l'opportunità di istituire una mappatura completa degli impianti eolici che si collocano lungo la fascia costiera; in più occasioni ho detto come nel passaggio da una strategia energetica nazionale ad un piano energetico nazionale, quindi ad una definizione di dettaglio dell'utilizzo delle Pag. 7diverse fonti, sia necessario anche dare un regime e una programmazione allo sviluppo delle rinnovabili, che, come voi, ritengo vadano ulteriormente implementate.
Contemporaneamente va però ribadito come le procedure di valutazione di impatto ambientale siano, appunto, costruite in modo tale da valutare le criticità dei diversi impianti previsti; quindi, da un lato, si pone l'esigenza, che condivido, di sviluppare una programmazione, ma, dall'altro, va anche detto che i diversi impianti, seppure in un quadro probabilmente disarmonico in assenza di una programmazione, non vengono collocati soltanto sulla base dell'impulso del richiedendo, ma anche sulla base di un insieme di valutazioni che tengono conto dell'insieme delle questioni che sono state poste dagli interpellanti.

PRESIDENTE. Il deputato Giuseppe L'Abbate ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Cariello n. 2-00155, di cui è cofirmatario, per dieci minuti.

GIUSEPPE L'ABBATE. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la risposta, però noi non siamo affatto soddisfatti, perché ha appena ammesso che non c’è in realtà una mappatura, un piano, per questi parchi eolici off-shore, però, nel frattempo, li facciamo realizzare comunque. Ad essere insoddisfatti di questa ennesima sconsiderata scelta non sono soltanto, solamente, i discoli del MoVimento 5 Stelle. Sarebbe sufficiente citarvi le parole dell'allievo di Francesco Forte, quel Giorgio Ragazzi economista del Fondo monetario internazionale, direttore esecutivo della Banca mondiale per quattro anni, uno più vicino a voi che a noi, per intenderci. Bene, Giorgio Ragazzi dice: i sussidi alle energie rinnovabili sono forse una delle peggiori vicende di malgoverno, di cui nessuno vuole parlare, probabilmente perché la responsabilità è condivisa da destra e da sinistra. Guarda un po’, un altro dannato moralista !
La favoletta dell'Italia green, del Bel Paese ricco di sole e di vento che avrebbe soddisfatto la sete energetica dell'intera Nazione, forse avrà ingannato gli ingenui. È una favoletta che, però, non ha portato al sonno delle menti più colte, che, sfortunatamente in pochissime occasioni, ci aprono gli occhi sulle scellerate scelte perpetuate negli ultimi vent'anni. Quando nel 2008 il decreto del duo Bersani-Pecoraro Scanio fissò gli obiettivi di potenza da installare, si prevedeva il raggiungimento di 3 gigawatt di potenza entro il 2016. Ad oggi – e oggi, se non erro, siamo ancora nel 2013 – siamo a 17 gigawatt, una potenza ben sei volte superiore, ma continuiamo tranquillamente ad approvare nuovi progetti. Verrebbe da chiedersi: ciò avviene perché c’è bisogno di energia rinnovabile o c’è fame di incentivi ? Degli ultimi incentivi a disposizione ! La storia delle rinnovabili in Italia è una storia fatta di Governi di sinistra prima e di destra poi, che hanno distorto il mercato volutamente, che non hanno ridotto gli incentivi mentre crollava il costo dell'investimento, offrendo quindi l'opportunità di lauti e sicuri profitti alle tante aziende straniere, imprese che non fanno impresa, non creano posti di lavoro, distruggono il paesaggio e che portano a casa (a casa loro) la quasi totalità dei profitti, mentre i cittadini italiani non hanno visto calare neppure di 1 centesimo la loro bolletta.
Queste imprese straniere hanno costruito la redditività dei loro business plan sui lauti incentivi dello Stato italiano, mentre in tutti questi anni non ci si è curati minimamente di realizzare una rete in grado di recepire tutta questa energia rinnovabile da utilizzare immediatamente e senza avere ancora certezze sul possibile stoccaggio: un'assenza di visione che ci costa 12 miliardi di euro l'anno ! Dodici miliardi l'anno che paghiamo puntualmente in bolletta con la componente A3 ! È un'operazione colossale equivalente a tre punti di IVA, mentre il teatrino va avanti sul presunto aumento di un solo punticino. Per ridurre questi oneri sulle bollette, l'unica Pag. 8idea che ha questo Governo è l'ulteriore strumento di ingegneria finanziaria: l'emissione di obbligazioni pari a 3 miliardi di euro l'anno. Rimaniamo sgomenti dinanzi a queste politiche !
Ma vediamo in che territorio, con queste premesse, volete avallare la costruzione di questo ennesimo parco eolico. La Puglia produce il triplo dell'energia che riesce ad utilizzare; è una regione che con le poesie e le favole ecologiche ha riempito i campi di pannelli fotovoltaici, sottraendoli all'agricoltura; ha puntellato la capitanata con 2 mila spilli, 2 mila pale eoliche che in pochissimi anni hanno intasato la rete, dove sprechiamo 500 gigawattora all'anno e che paghiamo per restare ferme anche quando c’è vento, che non hanno impedito l'utilizzo di centrali a carbone, come quella di Brindisi nord, e con il traffico del trasporto marittimo di carbone quadruplicato, in barba all'impegno preso dall'Italia con il Protocollo di Kyoto.
L'unico a salvarsi era stato, sinora, il mare; ma, giustamente, non si poteva non mettere mano anche lì. E se la giunta regionale, dopo lustri, si desta e non dà l'ok, ci pensa il Ministro. Per giunta ciò avviene in quel Golfo di Manfredonia già vittima del disastro Enichem nel 1976, quando l'area del petrolchimico fu scenario dell'esplosione di una colonna di lavaggio dell'ammoniaca che disperse 10 tonnellate d'anidride arseniosa e 18 tonnellate di ossido di carbonio: un toccasana per la salute dei cittadini. Città evacuata ben due volte, Manfredonia, e 17 operai morti fino ad oggi, con il tribunale che, ovviamente, ha archiviato il tutto senza colpevoli e con il contemporaneo fallimento dell'Enichem.
In un territorio martoriato da speculazioni e fallimenti e che solamente ora, dopo aver pagato un salato scotto alla modernità industriale, cerca di rialzarsi per camminare sulle gambe del turismo, si decide di distruggere in un colpo solo il mare, l'economia, la pesca, la fauna ittica e l'avifauna, nonché l'equilibrio della biosfera marina. Stentiamo ancora a comprendere di cosa, secondo il Governo, dovranno vivere i cittadini del Golfo di Manfredonia: forse potremmo aprire proprio qui, nella terra degli spilli, scuole in grado di realizzare finalmente una mappatura completa della fascia costiera per individuare dove installare gli impianti eolici off-shore, per scegliere finalmente zone che non presentino criticità di compatibilità ambientale, paesaggistica e degli ecosistemi e che non incidano negativamente sull'economia locale.
Con incentivi smisurati, che drogano il mercato, innalzano il livello di tassazione dei cittadini, non producono sconti per la bolletta dei consumatori, senza accumulatori in grado di stoccare l'energia in eccesso, senza una rete elettrica idonea, stentiamo a comprendere la strategia sottesa a questa approvazione di nuovi parchi eolici. Stentiamo a comprendere la ragione di collocarli in una Puglia che non sa cosa farsene di questa energia e stentiamo ad accettare che tutto ciò accada senza che vi sia una chiara, esplicita e definitiva strategia energetica nazionale. L'ha appena ammesso !
In conclusione, non posso che augurare a lei, Ministro, visto tutto quello che c’è da fare, e non posso augurarlo purtroppo ai miei corregionali sipontini, un buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Intendimenti del Governo in merito alla realizzazione di una discarica nel territorio del IX Municipio di Roma – n. 2-00174)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00174, concernente intendimenti del Governo in merito alla realizzazione di una discarica nel territorio del IX Municipio di Roma (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Renato Brunetta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, signor Ministro, nell'illustrare l'interpellanza voglio ricordare che in questi giorni, nell'ultimo mese, ma non solo, gli organi di informazione hanno dato risalto all'ipotesi di realizzazione di una discarica Pag. 9in sostituzione della famigerata Malagrotta nel municipio di Roma IX, nelle aree comprese tra la via Laurentina e la via Ardeatina, e in particolare in località Selvotta e località Falcognana.
In tale area, contrariamente a quanto si vuol far credere, vi sono numerosi insediamenti abitativi che contano decine e decine di migliaia di cittadini: Castel di Leva, Divino Amore, Falcognana, Spregamore, Selvotta, Monte Migliore, Colle dei Pini, Santa Palomba, Santa Fumia, Palazzo Morgana, Paglian Casale.
La notizia che l'area possa essere individuata come possibile sito per una discarica, insieme ad alcune dichiarazioni contraddittorie e per nulla rassicuranti rese da coloro che avrebbero dovuto essere i responsabili di una decisione così importante per la Capitale, hanno determinato particolare allarme nella cittadinanza, nei comitati e nelle associazioni del territorio per le ripercussioni previste.
A tal proposito, il consiglio del municipio XII Eur, nella seduta del 21 marzo 2013, ha approvato all'unanimità un ordine del giorno con cui è stata ribadita l'assoluta contrarietà alla realizzazione di discariche nel municipio. Sempre con una risoluzione, la n. 15 del 2012, approvata nella seduta del 2 agosto 2012, il consiglio del municipio IX ha espresso l'assoluta contrarietà alla realizzazione di discariche di rifiuti anche nel territorio del municipio IX, proponendo in alternativa il potenziamento della raccolta differenziata di rifiuti cosiddetta «porta a porta», già avviata, come unica soluzione percorribile per l'incremento dei livelli di riciclo e il recupero dei materiali e presupposto per la costruzione di un ciclo virtuoso dei rifiuti.
Lo sforzo richiesto ai cittadini per la realizzazione della raccolta differenziata mal si concilia con le difficili conseguenze che derivano dalla presenza sul medesimo territorio di un sito di stoccaggio dei rifiuti.
La vigente normativa europea, recepita dalla legislazione italiana, impone infatti agli Stati membri un processo progressivo di riduzione dei rifiuti e la stessa normativa indica come elemento determinante la limitazione al ricorso alle discariche. In particolare, l'articolo 13 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti, prevede – lei conosce bene, signor Ministro – che la gestione degli stessi sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare, senza recare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora e la fauna, senza causare inconvenienti da rumori od odori, senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse.
Mi aspetto che da un Governo e da un Ministro così attento all'Europa si tenga in dovuta considerazione tutto questo ed anche il fatto che la Commissione europea ha già avviato nei confronti dell'Italia numerose procedure di infrazione riguardo alla situazione di molte discariche presenti sul territorio nazionale.
Così come mi aspetto, dopo il recente varo di un apposito decreto-legge cosiddetto «valore cultura» da parte del Ministro Bray, che si tenga in considerazione la delibera emessa dal Ministero per i beni e le attività culturali, ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modifiche, che, con decreto ministeriale del 25 gennaio 2010 ha sottoposto gran parte del quadrante interessato a vincolo paesaggistico con la dichiarazione di notevole interesse pubblico (il cosiddetto vincolo Bondi). Nell'area in cui dovrebbe allargarsi la discarica di Falcognana vi sono il parco regionale di Decima-Malafede, istituito con legge regionale n. 29 del 6 ottobre del 1997, e l'area monumentale del santuario del Divino Amore, nonché aree archeologiche e dimore storiche di valore.
Il territorio del municipio Roma IX ha all'attivo numerose altre discariche, signor Ministro: due a Porta Medaglia, due in via Ardeatina, una a Fioranello, una a Selvotta, nonché diversi recuperi ambientali tra via Laurentina e Santa Palomba ed un'enorme discarica di rifiuti pericolosi proprio a Falcognana; ricordo che, nei territori limitrofi, sono presenti la discarica Pag. 10di Albano, il previsto inceneritore del Roncigliano e la discarica di amianto di Pomezia.
La scelta di creare un'enorme discarica in questa zona rischia di innescare situazioni di pericolo per l'ordine pubblico, che si vanno a sommare alla difficile condizione viaria: la via Laurentina, a causa dei lavori di ampliamento fermi da un anno e mezzo, è in condizioni disastrate ed è motivo di continui incidenti; la via Ardeatina, unica senza svincolo a quadrifoglio del Grande raccordo anulare, con un manto stradale pessimo, da dicembre 2012, ha un divieto di transito per i mezzi pesanti oltre i 3,5 metri di altezza e alle 6,5 tonnellate di peso (ordinanza della provincia di Roma n. 35 del 2012) e mal si concilia a sopportare un ulteriore aggravio di traffico pesante.
A tutto ciò si aggiungono le ricadute sulla salute degli abitanti della zona e le gravissime conseguenze sull'agricoltura e viticoltura di eccellenza, che rappresentano anche una determinante economica di rilievo.
Per tutte queste ragioni, signor Ministro, le chiedo di chiarire in maniera inequivocabile che nessuna discarica sarà autorizzata nel territorio del municipio di Roma IX.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, onorevole Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.

ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito all'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Brunetta, riguardante la realizzazione di una discarica a Roma in sostituzione di quella di Malagrotta, nelle aree comprese tra via Laurentina e via Ardeatina, con la richiesta di chiarire se nessuna discarica sarà autorizzata nel municipio Roma IX, si rappresenta quanto segue.
Un inquadramento sufficientemente esaustivo della questione prospettata dall'onorevole interpellante non può prescindere dalla considerazione che la gestione dei rifiuti urbani nella regione Lazio è caratterizzata, ormai da qualche anno, dal perdurare di criticità e inadempimenti rispetto alle norme vigenti in materia.
La situazione è stata posta al centro dell'attenzione delle istituzioni europee e ha dato luogo all'apertura di diversi casi di contenzioso comunitario tra cui la procedura aperta nel 2011 terminata con il deferimento in Corte di giustizia in data 21 marzo 2013, nella quale la Commissione contesta la non conformità della discarica di Malagrotta con la disposizione della direttiva del 1999 n. 31 (1999/31/CE) relativa alle discariche di rifiuti, in particolare in ordine a carenze nel trattamento dei rifiuti conferiti e le violazioni alle disposizioni della «direttiva quadro sui rifiuti» in relazione alla mancata creazione nel Lazio di una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento di rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti urbani non differenziati.
Le problematiche generali della regione Lazio che hanno condotto all'attuale situazione riguardano: il tasso di raccolta differenziata insufficiente; l'utilizzo cronico delle discariche come modalità preponderante di gestione dei rifiuti in violazione dei criteri di priorità della gestione dei rifiuti; la mancata realizzazione dell'impiantistica prevista dal piano con conseguente insufficiente capacità di pre-trattamento ed incenerimento dei rifiuti.
Il suddetto scenario è aggravato per la provincia di Roma dalla cronica dipendenza dall'utilizzo della discarica di Malagrotta come rimedio principale allo smaltimento dei rifiuti urbani, dal suo progressivo esaurimento e dalle contestazioni formulate dalla Commissione europea relativamente alla non conformità di tale impianto alle norme comunitarie.
L'azione del Governo, negli ultimi mesi, è stata caratterizzata dalla volontà di adottare ulteriori iniziative, coordinate tra le autorità nazionali e locali competenti. Ho sempre chiarito come il Commissario andava interpretato come una struttura di servizio al tavolo tecnico composto dagli enti locali e non invece come un soggetto che si sostituisse alle decisioni che in Pag. 11fisiologia dovrebbero essere assunte da tali enti territoriali. Tutto questo al fine di garantire il superamento delle suddette criticità e il rispetto di chiari impegni con la Commissione europea, in particolare per la chiusura della discarica di Malagrotta e la realizzazione di un sito alternativo conforme ai dettami comunitari. Il che significa non una nuova Malagrotta qualunque sarà la soluzione, ma una discarica nella quale potrà andare soltanto il trattato e non così centrale nel sistema di smaltimento dei rifiuti come invece, ahimè, è avvenuto per la discarica di Malagrotta. Cioè la discarica non può essere la risposta principale al problema dei rifiuti della città di Roma.
Con decreto ministeriale n. 203 del 27 giugno 2013, è stato prorogato l'incarico del Commissario delegato precedentemente nominato ai sensi delle disposizioni contenute della legge di stabilità per il 2013, nell'obiettivo del superamento definitivo della criticità nella gestione dei rifiuti urbani nella provincia di Roma.
Anche in questo caso vorrei fare una specificazione politica: la scelta di rinnovare il commissariamento nella stessa persona, nasce dall'esigenza di non ricominciare tutto daccapo. Questo è il punto fondamentale. Non stiamo scrivendo una pagina bianca. Stiamo valutando una vicenda nella quale, per esclusione, tanti altri siti che hanno problematicità analoghe e superiori, diverse da quella che viene richiamata, sono già stati presi in considerazione e affrontati nel corso degli anni. E, quindi, io ritenevo mio dovere sostanzialmente non ripartire da un anno zero, ma provare a far tesoro del lavoro di ricognizione che nel corso di questi anni, anche sotto l'egida di Governi e di amministrazioni diverse da quelle attuali, si è sviluppato.
Nell'ambito dei poteri a tal fine conferitigli, il Commissario, con ordinanza del 28 giugno, ha prorogato l'autorizzazione a conferire, nella discarica di Malagrotta, fino al 30 settembre 2013 solo il rifiuto trattato. La proroga è stata autorizzata nelle more del completamento delle attività necessarie alla realizzazione di una discarica alternativa, la cui localizzazione doveva essere proposta, entro il 31 luglio, agli enti locali competenti in materia.
Anche qui però la lettera della norma non rende conto del percorso che ci siamo invece dati. Ho sempre detto che la proposta che sarebbe stata formulata agli enti locali non ci sarebbe stata se non ci fosse stata la piena condivisione degli enti locali stessi. Anzi, devo aggiungere che la elaborazione della proposta è emersa solo – e questa era per me una condizione essenziale – con il concorso attivo degli enti locali fisiologicamente competenti.
Il suindicato decreto ha altresì previsto che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare approvasse la proposta del Commissario dopo aver sentito il presidente della regione Lazio, appunto, il presidente della provincia di Roma e il sindaco di Roma Capitale.
In proposito, la struttura commissariale ha chiarito che nel territorio di Roma Capitale e della provincia di Roma non vi sono aree idonee per la pronta realizzazione di una nuova discarica per rifiuti speciali non pericolosi, tale da poter sopperire alla prossima chiusura di Malagrotta da un lato e all'esigenza di avere una discarica di supporto e di servizio, anche in un'ottica di riconfigurazione del sistema di smaltimento dei rifiuti nel suo complesso.
Per tale motivo il Commissario, sulla base delle indicazioni del tavolo tecnico, ha individuato una diversa soluzione, proponendo di utilizzare una discarica già autorizzata ed in esercizio dal 2003 per lo smaltimento di rifiuti pericolosi e non, nel sito gestito dalla società Ecofer Ambiente S.r.l. in via Ardeatina al Km 15, con una capacità volumetrica di abbancamento ancora disponibile di 1.500.000 di metri cubi circa.
Per tale motivo, le volumetrie residue autorizzate consentirebbero un utilizzo stimato della discarica per circa due anni, con riferimento all'attuale produzione di rifiuti urbani e, quindi, degli scarti trattati da conferire.
In data 8 agosto, la proposta che è stata elaborata è stata esaminata in un incontro Pag. 12svoltosi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al quale hanno partecipato il presidente della regione, il commissario della provincia di Roma e il sindaco di Roma, esprimendosi tutti con parere favorevole al sito quale soluzione immediata e temporanea, e fatta salva l'individuazione, da parte delle autorità competenti in via ordinaria, di uno o più siti, con le procedure ordinarie o di altre soluzioni.
L'opportunità di utilizzare l'impianto di Falcognana si fonda su due presupposti: tale impianto è idoneo in quanto già autorizzato come discarica di rifiuti pericolosi, e quindi in grado di ricevere rifiuti non pericolosi come quelli urbani trattati; la conversione da un impianto di smaltimento di fluff ad un impianto di rifiuti urbani già trattati è poco onerosa in termini di minore impatto ambientale dell'opzione prospettata.
Dal punto di vista della compatibilità ambientale, sono state fornite ampie rassicurazioni dalla regione Lazio in merito alla tutela dei presidi ambientali e della salute in quanto la discarica, essendo stata allestita anche per lo smaltimento di rifiuti pericolosi, presenta un livello di tutela ambientale superiore a quello delle discariche per rifiuti non pericolosi.
In effetti, sono in atto diverse autorizzazioni: decreto commissariale n. 28 del 3 aprile 2003, come rinnovato dalla determinazione della Regione Lazio del 20 aprile 2010, n. B2211, ed autorizzazione paesaggistica n. 16 del 19 febbraio 2003.
Va tuttavia sottolineato che tali autorizzazioni andrebbero in parte integrate al fine di un completo adeguamento all'uso prospettato della discarica. In particolare, la discarica andrebbe autorizzata a ricevere rifiuti con codici CER ancora non coperti dalle autorizzazioni in essere.
Attualmente, l'impianto è autorizzato esclusivamente allo smaltimento dei codici CER 19 10 04, 19 10 03, 19 10 06, 19 10 05, 16 01 03 e non del CER 19 12 12.
Sulla base delle informazioni ricevute dalla regione Lazio e dal Commissario straordinario, l'ottenimento di tali autorizzazioni può avvenire nell'ambito della capacità volumetrica di abbancamento già autorizzata ed ancora disponibile, atteso che quest'ultima è pari a circa 1.500.000 di metri cubi mentre la capacità complessiva autorizzata della discarica è di 2.200.000 metri cubi.
Non vi è quindi la necessità di aumentare né la volumetria né la capacità della discarica per l'utilizzo proposto.
Nei termini dianzi illustrati si può quindi rispondere conclusivamente che allo stato non v’è la necessità di autorizzare una nuova discarica nel municipio IX – naturalmente non mi sfugge il senso politico della domanda –, sottolineando però che l'uso della menzionata discarica già in essere in tale quadrante per il conferimento di rifiuti urbani comporterà l'afflusso di una significativa minor quantità di rifiuti pericolosi, con una sensibile diminuzione del potenziale impatto.
Parlo semplicemente di quello dei rifiuti conferiti. È chiaro che l'insieme delle problematiche che l'interpellante ha posto sono tutte all'attenzione e alla valutazione degli enti competenti. Aggiungo un fatto, che nell'ultima fase del confronto tra la proprietà e il Commissario è emerso il dato rispetto alla questione della possibile movimentazione giornaliera dei camion. E dobbiamo dire che, per quanto questo non può escludere che ciò comporti un aggravio del traffico su quell'arteria, su cui c’è poi tra l'altro un'ulteriore interpellanza dello stesso onorevole Brunetta, dobbiamo pur dire che i quantitativi potenzialmente movimentabili sono assai più modesti di quelli di cui si è parlato all'inizio della discussione che riguardava questa discarica, poiché la discarica stessa non è nelle condizioni di raccogliere il carico di un numero significativo di camion.

PRESIDENTE. Il deputato Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, signor Ministro, capisco il suo imbarazzo e la sua difficoltà, però non posso che dichiararmi assolutamente insoddisfatto denunciando, con parole chiare, Pag. 13l'imbroglio che si sta attuando, anche attraverso le sue parole, questa mattina. E dico con molta chiarezza: l'imbroglio. Infatti, questa decisione presa l'8 agosto, una decisione presa in totale opacità, senza alcun coinvolgimento delle popolazioni e delle istituzioni competenti, si basa, appunto, su un imbroglio, cioè quello di far passare una discarica per rifiuti industriali, il trattamento del fluff derivante dalla rottamazione delle automobili, per una discarica potenzialmente capiente di rifiuti urbani trattati.
E l'imbroglio è di varia natura. Innanzitutto – e poi ne parleremo anche nella prossima interpellanza urgente – a Roma continua ad esistere il tal quale, vale a dire i rifiuti urbani indifferenziati, in quanto la capacità di trattamento del TMB, ossia il trattamento meccanico biologico, non è assolutamente sufficiente a coprire il fabbisogno di Roma, tal che in Malagrotta continua, contrariamente a quanto affermato dal commissario Sottile, ad essere conferito il tal quale e una parte solo di TMB. Quindi se si chiuderà, come si chiuderà, Malagrotta, ne deriverà che nella discarica scelta come nuovo sito verrà collocato tal quale e TMB, in quanto la capacità di trattamento degli impianti di TMB è semplicemente una frazione di quello potenzialmente necessario. Quindi già questa è una falsità che continua ad essere detta, anche personalmente, dal commissario Sottile, che da aprile a Malagrotta non si conferisce più tal quale. Non è vero. E quando si chiuderà Malagrotta, il tal quale continuerà ad essere conferito o all'esterno, se ci sarà un'esportazione dei rifiuti urbani, o nel sito, se dovesse essere confermato, di Falcognana.
Secondo imbroglio, signor Ministro, e vorrei che lei ne fosse pienamente consapevole: da indagini specifiche svolte, non è assolutamente possibile cambiare il codice dei rifiuti senza una nuova autorizzazione e senza una nuova procedura che investa tutte le amministrazioni competenti. La prego di verificare questo perché ne deriverebbero, se fosse presa una decisione di questo tipo, responsabilità personali da parte del commissario Sottile e da parte di chi si dovesse assumere questo azzardo di decisione. La normativa è chiarissima: quando cambiano i codici dei rifiuti, devono esserci nuove autorizzazioni, non solo da parte della connivente regione, ma da parte di tutte le altre amministrazioni, in particolar modo di quelle sanitarie (penso all'Istituto superiore di sanità) e di quelle di tipo paesaggistico (penso al vincolo Bondi).
Non è pensabile che si porti a termine questo imbroglio istituzionale, tecnico, amministrativo, politico, di far passare una discarica per rifiuti industriali per una discarica per rifiuti urbani, fermo restando, poi, che si metterebbe in crisi anche il tema dei rifiuti industriali, perché la discarica di Falcognana è l'unica per questo tipo di rifiuti, per cui se dovessero arrivare i rifiuti urbani si metterebbe in crisi il conferimento dei rifiuti industriali.
«Imbroglio» dico, signor Ministro – e la prego di verificare tutto questo –, perché non è nei poteri del commissario Sottile attuare questo tipo di trasformazione né è nei poteri della regione, sic et simpliciter, in maniera opaca, senza nessun coinvolgimento istituzionale, senza nessuna conferenza di servizi, dare queste assicurazioni che sono fuori legge. Sono fuori legge nei confronti delle normative europee, fuori legge nei confronti delle normative italiane, fuori legge nei confronti delle regole di convivenza istituzionale-politica che questo Paese si è dato. Non è possibile, signor Ministro, che si attui uno scempio istituzionale, legislativo e politico di questo tipo.
Né vale il discorso che si utilizzerà per un paio d'anni e per quantità residuali. Falso ! Il commissario Sottile mi ha parlato direttamente di novanta camion al giorno, poi diventati dieci camion al giorno. Dove sono i progetti ? Dove sono le stime ? Dov’è la trasformazione ? Dove sono le conferenze di servizio ? A chi avete chiesto autorizzazione ? Nessuno dei ministri competenti è stato coinvolto da voi o dal commissario Sottile e queste risposte stanno venendo semplicemente perché ci sono state le mie interpellanze e le mie interrogazioni. Non è stata fatta alcuna Pag. 14conferenza di servizio, nulla di nulla ! Il sindaco Marino si è lavato le mani. Il presidente Zingaretti è rimasto in un fragoroso silenzio, nei confronti non miei ma della popolazione interessata.
Per questa ragione, signor Ministro, conoscendo la sua sensibilità la prego di non farsi complice di questo imbroglio, di questo imbroglio che prevede la chiusura di Malagrotta, che prevede l'emergenza rifiuti e, sulla base dell'emergenza, il conferimento di ulteriori pieni poteri al commissario Sottile per attuare lo scempio di Falcognana.
Io non dico «non nel mio giardino», signor Ministro. Io dico che a Roma non ci deve essere mai più una discarica, e che la soluzione era stata trovata dal Ministro Clini ed era una soluzione di chiusura di Malagrotta e dell'ottimizzazione degli impianti esistenti, dell'ottimizzazione dell'AMA, dell'esportazione dei rifiuti e della raccolta differenziata. Nessuna di tutte queste cose è stata fatta e realizzata. Nessuna ! Incremento della differenziata a Roma espressamente nel quadrante considerato. Nessuna ottimizzazione dell'AMA. Nessuno ! Aspettiamo il fatidico 18 per il bando per l'esportazione dei rifiuti in altre parti d'Italia, ma sarà molto difficile, signor Ministro, esportare rifiuti tal quale quando non siano trattati. Sarà molto difficile farlo.
Chiedo a lei: qual è lo stato del tal quale a Roma ? Qual è lo stato del TMB a Roma ? Qual è lo stato degli impianti di trattamento a Roma ? Non si può continuare con le falsità, signor Ministro, non da parte sua, cui riconosco la buona fede, ma da parte di tanti operatori e di tanti attori che hanno giocato sulla pelle della cittadinanza. Non è possibile mettere nella disperazione un'intera comunità per tutto il mese di agosto, per metà del mese di luglio e per il mese di settembre con queste considerazioni risibili, che non reggeranno a nessun TAR e che non reggeranno a nessuna denuncia specifica.
Per questo mi ritengo insoddisfatto della sua risposta, signor Ministro. Per questo chiederò ai Ministri competenti la prossima settimana, martedì, e al Ministro Bray di dare una risposta certa – io ce l'ho già – sulla risibile affermazione del commissario Sottile e del presidente Zingaretti circa il vincolo paesaggistico.
Per questo il Ministro Moavero verrà la prossima settimana a spiegare i condizionamenti delle direttive europee, per questo il Ministro Lorenzin verrà a spiegare perché l'Istituto superiore di sanità non sia stato interpellato da voi, per questo il Ministro De Girolamo verrà a spiegare come le attività agricole sarebbero distrutte da questa localizzazione, per questo il Ministro Alfano verrà a spiegare la natura non perfettamente limpida – so che su questo lei è particolarmente sensibile – della proprietà di Falcognana. Su questo avremo, anche nella prossima interpellanza, delle ulteriori specificazioni, che vengono dal Ministero dell'interno.
Ho presentato un'ulteriore interrogazione al Ministero della giustizia per sapere quale sia la situazione, dal punto di vista giudiziario, della proprietà del sito di Falcognana. Non credo che lei, signor Ministro, si voglia infilare in questo pasticciaccio brutto della discarica di Falcognana e della foglia di fico della chiusura di Malagrotta come pretesto per l'emergenza. Non si governa così, signor Ministro, non si governa così !

(Intendimenti del Governo in merito alla realizzazione del raccordo autostradale interregionale Mortara-Stroppiana – n. 2-00181)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mazziotti Di Celso e Dellai n. 2-00181, concernente intendimenti del Governo in merito alla realizzazione del raccordo autostradale interregionale Mortara-Stroppiana (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Mazziotti Di Celso se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, la illustrerò brevemente. Pag. 15Signor Presidente, signor Ministro, la ragione dell'interpellanza è di conoscere lo stato delle attività del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul progetto dell'autostrada cosiddetta Broni-Mortara.
Cosiddetta in quanto, in realtà, si tratta di un progetto più ampio, che prevede due tratte: una da Broni a Mortara, nell'ambito della provincia di Pavia, e un'ulteriore tratta che va da Mortara a Stroppiana, in Piemonte, che collegherà, se realizzata, le autostrade A21 e A26.
Il motivo della richiesta è che il progetto della Broni-Mortara, che è partito nel 2007 con un'approvazione da parte di una conferenza di servizi all'uopo creata dalla regione Lombardia, è stato gestito nell'ambito della legislazione regionale lombarda, che prevede una VIA, il processo di valutazione di impatto ambientale, successivamente almeno a parte delle procedure autorizzative.
In particolare, la conferenza di servizi regionale ha approvato il progetto preliminare della Broni-Mortara prima di qualsiasi valutazione di impatto ambientale, e questo nonostante il Ministero avesse chiesto specificamente di sospendere la procedura, in quanto non la riteneva legittima.
Non l'aveva ritenuta legittima per un motivo assolutamente corretto, e cioè che si tratta di un'autostrada che non è regionale, nel senso che collega due regioni, e in base alla normativa, sia nazionale sia comunitaria, questo tipo di infrastruttura avrebbe dovuto essere soggetto a VIA preventiva. Ciononostante, il progetto è andato avanti, si è firmata la convenzione con la società concessionaria nel 2010 e la regione è andata avanti come se niente fosse, sostanzialmente.
Vi è stata una sospensione delle attività richiesta dal Ministero da metà del 2012 al 2013 e, a conferma del fatto che si tratta di un progetto unico, nel 2013 è arrivata anche l'approvazione del secondo tratto, con la stessa procedura, tra Mortara e Stroppiana.
Diciamo che ora non è chiarissimo quale sia lo stato del procedimento di VIA. Vi è una serie di ricorsi al TAR, motivati sia dalla necessità del fatto di avere una VIA preventiva sia anche dal fatto che è evidente, in questo caso, che si è spezzettato il progetto per evitare di ricadere sotto la normativa nazionale. Esistono vari precedenti, tra l'altro sempre sulla regione Lombardia, che confermano che, quando un progetto viene spezzettato in questo modo, il ricorso alla normativa locale è illegittimo, anche perché qualsiasi procedimento di VIA, anche un progetto di massima, dovrebbe riguardare l'intera infrastruttura, mentre in questo caso il secondo pezzo, quello che va da Mortara a Stroppiana, e cioè quello che entra in Piemonte, è stato lasciato fuori, e il sospetto che questo sia avvenuto per evitare di «trasferire» il procedimento dal livello regionale al livello nazionale è abbastanza forte.
Sotto il profilo sostanziale, vi è poi una serie di considerazioni che ci hanno fatto chiedere al Governo e al Ministero dell'ambiente quali siano le valutazioni attuali sul progetto dal punto di vista ambientale, e anche strategico in realtà, perché si tratta di una autostrada che attraversa la provincia di Pavia, avendo visto sostanzialmente l'opposizione di quasi tutti i comuni interessati – per quel che riguarda il secondo tratto di tutti i comuni della Lomellina interessati –, in una zona dove non esistono flussi di traffico particolarmente elevati e dove esiste un rischio forte per tutta l'agricoltura della zona, che è chiaramente a vocazione agricola. Il sospetto è che si tenda a trasformarla in una zona meno a vocazione agricola utilizzando l'autostrada come strumento di, diciamo, urbanizzazione, con una fortissima erosione del suolo e anche con conseguenze negative legate al fatto che il progetto è previsto con un rialzo minimo di due metri e mezzo, che richiede, a sua volta, una quantità di materiale di cava enorme – 13 milioni di metri cubi, mi pare – che avrebbe ulteriori effetti negativi sul territorio. A questo va anche aggiunto che vengono toccate delle aree di interesse ambientale elevato, dal Parco del Ticino alle Risaie della Lomellina che sono Pag. 16particolarmente a rischio e per le quali la normativa comunitaria richiederebbe una attenzione ancora maggiore e delle limitazioni ancora maggiori. Quindi la richiesta al Governo e al Ministro è di chiarire se ritenga legittimo il progetto seguito fino ad ora, e cioè sostanzialmente l'adozione di delibere formali di approvazione in mancanza di VIA a livello regionale, e quale sia, comunque, lo stato dei processi di valutazione dal punto di vista ambientale del progetto, a livello ministeriale.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.

ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in ordine all'interpellanza urgente degli onorevoli Mazziotti Di Celso e Dallai, riguardante l'opera autostradale Broni-Pavia-Mortara, si evidenzia l'insieme di considerazioni seguente. Sullo stato dell'iter amministrativo di valutazione dell'impatto ambientale, si rappresenta che è tuttora in corso l'istruttoria presso la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA/VAS, sospesa su richiesta del soggetto proponente, la Società Infrastrutture Lombarde spa, per presentare integrazioni volontarie della documentazione progettuale. In merito a ciò preme evidenziare che, nell'accordare la sospensione con nota del 12/07/2012, la Direzione competente disponeva che, al momento della presentazione della documentazione, la società dovrà procedere ad una nuova pubblicazione per la necessaria informazione del pubblico, per consentire la partecipazione alla procedura di valutazione di impatto ambientale, ex articolo 24 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
In ordine poi alla paventata interferenza dell'opera con il sito comunitario ZPS si rappresenta che la valutazione di incidenza è integrata nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale in corso, ai sensi dell'articolo 10 dello stesso decreto legislativo n. 152. A tal fine risulta oggetto di valutazione lo studio di incidenza presentato dal soggetto proponente. Da parte sua, la regione Lombardia ha fatto presente che l'autostrada regionale Broni-Mortara è da tempo un elemento della programmazione regionale; concorre all'attuazione dell'obiettivo di completamento e sviluppo del sistema autostradale della Lombardia, delineato nel Programma regionale di sviluppo della VII legislatura, la cui proposta è stata approvata con deliberazione del consiglio regionale numero VII/39 del 10 ottobre 2000.
La coerenza programmatoria con le linee strategiche dell'azione di governo regionale è stata via via confermata con i Programmi regionali di sviluppo della VIII legislatura, con una deliberazione del Consiglio regionale n. VIII/25 del 26 ottobre 2005, della IX legislatura, con una deliberazione del Consiglio regionale n. IX/56 del 28 settembre 2010, e della X legislatura, con una deliberazione del Consiglio regionale n. X/78 del 9 luglio 2013.
Il Piano territoriale regionale dell'anno 2013, aggiornato con il Programma regionale di sviluppo della X legislatura, conferma che il perseguimento di un efficiente sistema autostradale regionale si fonda, oltre che sull'accessibilità viaria di rilevanza centrale, anche sulla creazione di connessioni dirette tra gli assi e sul rafforzamento di collegamenti interpolo, comunque funzionali anche a un disegno di rilevanza sovraregionale. In quest'ottica si inquadrano le autostrade regionali di cui alla legge regionale n. 9 del 2001, attualmente in corso di sviluppo, tra le quali la Broni-Mortara, che, con l'autostrada regionale lombarda Cremona-Mantova, l'autostrada regionale veneta Nogara-Mare (entrambe già approvate a livello di progetto preliminare ed aggiudicate ad altri concessionari), la connessione Mortara-Stroppiana A26 e l'utilizzo del tratto esistente di A21 Broni-Piacenza-Cremona, concorre all'integrazione del Sistema transpadano.
L'autostrada regionale ha una sostenibilità economico-finanziaria propria e autonoma. È d'altronde evidente che la realizzazione delle altre infrastrutture appartenenti Pag. 17al Sistema transpadano concorreranno a stabilizzare e, verosimilmente, a incrementare i flussi di traffico e conseguentemente a incrementare i proventi e la sostenibilità finanziaria dell'autostrada regionale.
Riguardo il tratto interregionale Mortara-Stroppiana A26, la conferenza di servizi regionale sul progetto preliminare, conclusasi il 18 dicembre 2012, ha consentito di attestare la possibilità di prosecuzione della progettazione. Infatti, la conferenza di servizi ha maggioritariamente espresso posizioni prevalenti a proseguire con la progettazione definitiva, condizionata alle prescrizioni, osservazioni, elementi di criticità, espressi da tutti i soggetti intervenuti nella conferenza di servizi, in qualità di enti, soggetti gestori di servizi di pubblica utilità, soggetti portatori di interessi.
Con deliberazione della Giunta regionale della Lombardia del 4 luglio 2013, n. X/359, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione Lombardia n. 29 serie ordinaria del 16 luglio 2013, è stato preso atto delle determinazioni della Conferenza di servizi sul progetto preliminare e della deliberazione della regione Piemonte 6 maggio 2013, n. 10-5747, avente a oggetto «Raccordo autostradale interregionale Mortara-Stroppiana. Conferenza dei servizi sul progetto preliminare indetta dalla regione Lombardia ai sensi della legge n. 241 del 1990 e della legge regionale della Lombardia n. 9 del 2001 e della legge regionale del Piemonte n. 9 del 2007. Parere unico regionale e approvazione del progetto preliminare».

PRESIDENTE. Il deputato Mazziotti Di Celso ha facoltà di replicare.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta su dove sia il procedimento dal punto di vista della VIA, il resto della risposta sinceramente, invece, è totalmente insoddisfacente perché sostanzialmente riflette quello che è stato il percorso a livello regionale e conferma due cose. La prima è che un progetto definito «regionale», perché di interesse sicuramente della regione Lombardia – è evidente –, è stato considerato esclusivamente regionale nonostante riguardi due regioni e questo rappresenta un'anomalia, perché pensare che il collegamento tra due autostrade, uno in una regione e uno nell'altra, sia di interesse di una regione sola è quanto meno discutibile.
Quindi, sotto questo profilo, permangono tutte le perplessità sul fatto che la procedura seguita sia legittima. Dal punto di vista della posizione del Ministero su questo punto, non mi ritengo, quindi, soddisfatto in quanto credo che il Ministero dell'ambiente dovrebbe prendere posizione sulla correttezza del procedimento seguito. Perché, se ogni volta in cui si deve realizzare un collegamento autostradale tra due autostrade situate in due diverse regioni, ma realizzato prevalentemente in una, si considera l'infrastruttura esclusivamente di una regione e si salta la VIA nazionale, sostanzialmente quello che si sta dicendo è che si può costruire un'autostrada che attraversi diverse regioni, a pezzi, facendo autorizzazioni e perseguendo percorsi autorizzativi regionali di regione in regione, pezzo per pezzo, separatamente, che è esattamente l'opposto di quanto previsto dalla normativa nazionale e comunitaria, nonché di quanto richiesto dalla giurisprudenza. Quindi, sotto questo profilo, direi che la posizione adottata fino ad ora dal Ministero è stata ed è, forse, eccessivamente passiva, se non è stato detto chiaramente, come fu detto nel 2006, che il percorso che si realizza attraverso un'approvazione in Conferenza dei servizi, seguita dalla procedura di VIA, non è conforme alla normativa né italiana, né comunitaria.

(Elementi in merito alle attività del commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma con specifico riferimento alla realizzazione della discarica di Falcognana – n. 2-00195)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00195, concernente Pag. 18elementi in merito alle attività del commissario delegato per l'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma con specifico riferimento alla realizzazione della discarica di Falcognana (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Brunetta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, signor Ministro, questa interpellanza urgente era rivolta al Presidente del Consiglio per le ragioni che poi esprimerò. Ringrazio l'amico Orlando, che risponderà per conto del Presidente del Consiglio e non me ne voglia se in alcune parti della mia illustrazione mi rivolgerò direttamente al Presidente del Consiglio, perché questo, come dire, è il punto di riferimento sostanziale della mia interpellanza urgente.
Nel corso dell'ultimo mese, ho voluto porre all'attenzione del Governo – dell'intero Governo – la questione legata alla realizzazione della nuova discarica per lo stoccaggio dei rifiuti di Roma, la cui area dovrebbe essere individuata in località Falcognana, ossia all'interno del quadrante Ardeatina-Laurentina. Tale decisione sembrerebbe essere necessaria a causa della chiusura della discarica di Malagrotta per raggiunti limiti di capienza.
Secondo quanto riferito da organi di stampa, tale decisione pare sia stata presa i primi di agosto, l'8 agosto, durante un incontro avvenuto tra il Ministro dell'ambiente, Orlando, il presidente della regione Lazio, Zingaretti, e il sindaco di Roma, Marino, che hanno incaricato il commissario Sottile di verificare ulteriori aspetti tecnici e logistici del sito stesso.
La questione, come è noto, è molto articolata e complessa ed è più articolata e complessa di quanto si possa immaginare, perché all'interno dell'area che sarebbe stata individuata come possibile sito per la realizzazione della discarica sussistono varie situazioni di criticità, che è bene esaminare con molta attenzione e che coinvolgono, a vario titolo, diversi membri del Governo, che sono stati opportunamente già interpellati dal sottoscritto attraverso atti di sindacato ispettivo specifici e puntuali sui diversi aspetti interessati.
Ho poi ritenuto opportuno, altresì, interpellare direttamente il Presidente del Consiglio, in quanto responsabile in ultima istanza, Ministro Orlando, delle diverse decisioni e iniziative che i vari Ministeri coinvolti sono chiamati a porre in essere per fronteggiare la situazione emergenziale che abbiamo davanti.
Iniziamo dalla questione legata ai trasporti e alla rete stradale, e quindi anche alla sicurezza su strada. Le condizioni della viabilità dell'area interessata dall'eventuale decisione di realizzare la discarica a Falcognana – quadrante Ardeatina-Laurentina di Roma – sono particolarmente critiche, poiché la zona è già al collasso ed è inadeguata a sopportare un ulteriore aggravio di traffico pesante; la via Laurentina, a causa dei lavori di ampliamento, che sono fermi da un anno e mezzo, è in condizioni disastrate ed è teatro di continui incidenti stradali. La via Ardeatina, unica senza svincolo a quadrifoglio del Grande raccordo anulare di Roma, è rivestita da un manto stradale pessimo e, da dicembre 2012, è interessata da un divieto di transito ai mezzi pesanti.
La scelta del sito di Falcognana presuppone, quindi, la definizione di un nuovo ed ulteriore piano di viabilità e il coinvolgimento dei Ministeri competenti per verificare tutti gli aspetti tecnici e logistici per l'accesso al sito.
Prima di tale piano non è possibile prendere alcun'altra decisione.
Altra questione è quella legata alla conservazione dei beni culturali. Gran parte del quadrante, inoltre, è stato sottoposto, nel gennaio 2010, a vincolo paesaggistico con specifica dichiarazione di notevole interesse pubblico, emessa dal Ministero dei beni e delle attività culturali. Nell'area sono presenti siti di altissimo pregio, come l'area monumentale del Santuario del Divino Amore, luogo di culto famoso in tutto il mondo, che attira giornalmente migliaia di pellegrini ed è sottoposto Pag. 19a vincolo monumentale, nonché aree archeologiche e dimore storiche.
Nel sito individuato si è, poi, in presenza di un'alta permeabilità del terreno testimoniata dal fitto reticolo idrografico secondario dell'affluente fosso dei Radicelli al fiume Tevere; inoltre, secondo quanto previsto dal codice ambientale, l'eventuale estensione dei codici europei dei rifiuti per il conferimento anche dei rifiuti urbani trattati sarebbe comunque una modifica sostanziale dell'autorizzazione allo smaltimento di rifiuti nell'impianto attuale della Falcognana e, come tale, richiede una nuova domanda. Risibile, gliel'ho già detto, signor Ministro, pensare a una mera estensione delle vecchie autorizzazioni. Si rende conto, signor Ministro, in quale guaio si sta cacciando, da questo punto di vista ?
Veniamo al tema dell'agricoltura; nella zona interessata da tale decisione sono attive importanti aziende agricole e vinicole biologiche che verrebbero a trovarsi in difficoltà a causa dell'inquinamento che potrebbe essere causato dalla realizzazione di questa enorme discarica di rifiuti. Il tutto può essere utilmente legato al tema dei rapporti con l'Unione europea e al rispetto della normativa comunitaria. La vigente normativa europea, recepita dalla legislazione italiana, impone agli Stati membri processi progressivi di riduzione dei rifiuti e la stessa normativa indica come elemento determinante la limitazione al ricorso alle discariche per rifiuti.
È bene altresì ricordare che la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 prevede che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana, senza recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare, senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo, la flora o la fauna, né causare inconvenienti da rumori né odori, né danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse. Tutti aspetti che all'interno dell'area di Falcognana sono assolutamente in pericolo.
Ho chiesto ai parlamentari europei di presentare un'interpellanza urgente e una petizione per chiedere all'Unione europea una visita degli ispettori nel più breve tempo possibile per analizzare l'intero ciclo dei rifiuti a Roma ed, in particolar modo, la chiusura di Malagrotta e l'individuazione di discariche alternative. Quindi, prepariamoci per la venuta di ispettori europei nei prossimi giorni.
Inoltre, va rilevato che la Commissione europea ha già avviato nei confronti dell'Italia numerose procedure di infrazione riguardo la situazione di molte discariche presenti sul territorio nazionale; in particolare, nel marzo 2013 l'Italia è stata denunciata alla Corte europea di giustizia dalla Commissione europea, in quanto parte dei rifiuti di Roma non avrebbe subito il trattamento meccanico biologico richiesto dai regolamenti europei per ridurre la consistenza volumetrica dei rifiuti e facilitare un loro eventuale possibile recupero.
A questo riguardo, signor Ministro, gliel'ho già chiesto, può dire una parola definitiva di chiarezza rispetto al «tal quale» a Roma e ai trattamenti di TMB a Roma e agli impianti di trattamento di TMB a Roma ? Le ricordo che siamo in Parlamento e in Parlamento non si può mentire; le sto dicendo e le sto chiedendo, una volta per tutte, dello stato del «tal quale» a Roma, del conferimento del «tal quale» a Malagrotta, dello stato di efficienza e di funzionamento degli impianti di trattamento meccanico biologico a Roma e della loro adeguatezza per il presente e per il futuro, a Roma. Le chiedo, le sto chiedendo ufficialmente una parola di chiarezza su questo punto perché questo è dirimente, signor Ministro.
Altra questione è legata all'ordine pubblico: la presenza di numerosi insediamenti abitativi di decine di migliaia di cittadini nelle immediate adiacenze ai siti interessati rischia di innescare situazioni di pericolo per l'ordine pubblico. I cittadini della zona, infatti, dopo i blocchi di via Ardeatina e dell'uscita 24 del Grande raccordo anulare, hanno avviato, nella serata dell'8 agosto 2013, lo sciopero della fame e della sete contro la realizzazione di tale discarica. I cittadini della zona hanno nuovamente bloccato la via Ardeatina Pag. 20nella notte tra il 3 e il 4 settembre 2013, protestando ulteriormente contro un'eventuale realizzazione della discarica. A tutti questi miei concittadini e a decine di anonimi dico: grazie, grazie per i loro sacrifici, grazie per la loro generosità. Non è stato corretto il trattamento che hanno subito, non sono stati informati di nulla.
Il sindaco Marino se ne è lavato le mani; il presidente Zingaretti, dopo aver risposto in maniera volgare e violenta al Ministro della difesa, che aveva dato la sua disponibilità per siti alternativi, da allora è sparito dalla circolazione; gli uffici regionali rifiutano la documentazione ai cittadini che richiedono informazioni; nulla è successo in consiglio regionale.
Questo è un atteggiamento, signor Ministro, assolutamente inaccettabile. Non si può usare la democrazia quando si è all'opposizione, non si può imporre opacità quando si governa. La democrazia è biunivoca, signor Ministro: vale quando si è all'opposizione, vale quando si governa. Non si può usarla in forma alternata.
Da organi di stampa si apprende, inoltre, che sono in corso da parte della Direzione distrettuale antimafia e della Guardia di finanza indagini tese ad accertare la reale proprietà dell'assetto societario dell'area individuata su cui non c’è affatto chiarezza. E mi hanno molto colpito le indiscrezioni di stampa tendenti a dimostrare che tutto era trasparente e che tutto era normale quando le relazioni della Guardia di finanza, del questore e del prefetto sono ancora riservate.
Per questa ragione le chiedo, signor Ministro, anche su questo punto di fare chiarezza; e su questo punto ho chiesto anche al Ministro Cancellieri, come Ministro della giustizia, di fare chiarezza sulle altre situazioni pendenti rispetto alla proprietà della Falcognana.
Altro tema da non sottovalutare è la questione salute. Nel territorio del Municipio Roma IX sono, tra l'altro, già operanti numerose discariche: due a Porta Medaglia, due in via Ardeatina, una a Fioranello, una a Selvotta, nonché diversi recuperi ambientali tra via Laurentina e Santa Palomba ed una discarica di rifiuti pericolosi, appunto, a Falcognana. Nei territori limitrofi è presente la discarica di Albano, il previsto inceneritore del Roncigliano e la discarica di amianto di Pomezia. Si rendono quindi assolutamente necessari opportuni approfondimenti e una valutazione della sostenibilità dell'impatto sulla salute pubblica che la presenza della prevista discarica provocherebbe.
È stato coinvolto, signor Ministro, l'Istituto superiore di sanità ? Non mi pare. Da una dichiarazione esplicita del Ministro Lorenzin si evince – e me ne darà conto la prossima settimana – che all'Istituto superiore di sanità non è stata richiesta nessuna valutazione preventiva rispetto all'utilizzazione della Falcognana come discarica di rifiuti urbani.
E veniamo alle responsabilità della decisione, quindi al ruolo del commissario per l'emergenza rifiuti nel Lazio. Con decreto ministeriale n. 203 del 27 giugno 2013, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha prorogato l'incarico del commissario delegato con l'obiettivo di superare definitivamente le criticità emerse nella gestione dei rifiuti urbani nella provincia di Roma, e ha inoltre disposto ulteriori compiti da portare a termine per superare l'emergenza.
Va comunque rilevato che l'ordinanza della Protezione civile del 6 settembre 2011 dispone che, per i progetti di interventi e di opere per cui è prevista la normativa vigente e la procedura di valutazione e di incidenza o di impatto ambientale statale o regionale, in caso di mancata espressione del parere o di motivato dissenso espresso, alla valutazione stessa si procede in un'apposita conferenza dei servizi. Nei casi di mancata espressione del parere o di motivato dissenso espresso in ordine a progetti di interventi ed opere di competenza statale in sede di conferenza dei servizi dell'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistica e territoriale, storico e artistico, la decisione è rimessa al Presidente del Consiglio dei ministri.
Le questioni sul banco sono quindi molteplici e tutte particolarmente critiche. In particolare, per quanto riguarda il lavoro Pag. 21del commissario, vorremmo capire quali siano i limiti e i poteri di deroga alla legislazione vigente in materia di disciplina delle autorizzazioni ambientali e delle valutazioni paesaggistiche che gli competono, e se questi fossero stati travalicati nel caso che stiamo esaminando.
In poche parole: si chiude Malagrotta, il commissario assume ulteriori pieni poteri, espropria. È questo l'iter previsto ? Chi pagherà i 140 milioni di euro di valore di esproprio ? Questo dicono le cronache, questo dicono i giornali. Centoquaranta milioni di esproprio per una discarica opaca ! E di questo poi parleremo anche successivamente, signor Ministro.
È fondamentale poi capire se i Ministri su cui ricadono a vario titolo le competenze citate sono stati coinvolti, e quali sono state le loro valutazioni. In caso di mancata espressione del parere o di motivato dissenso espresso è opportuno sapere se si sia proceduto o si intenda procedere con apposita conferenza di servizi.
Va poi chiarito se tra i poteri attribuiti al commissario per l'emergenza dei rifiuti a Roma rientra la possibilità di procedere all'acquisto o all'esproprio a fini di utilità pubblica di una o più aree da adibire, anche temporaneamente, a discarica per i rifiuti urbani, senza che sia completamente esaurito il percorso amministrativo di autorizzazione alla realizzazione dell'impianto di smaltimento nell'area individuata.
In altre parole, una parola chiara una volta per tutte: signor Ministro, si esproprierà a Falcognana ? Lo farà il commissario Sottile ? E se sì, con quali soldi ?
In sintesi, sono state prese in considerazione le possibili conseguenze di questa decisione ? Tutte le autorizzazioni necessarie sono state richieste ? Le amministrazioni competenti e le imprese attive nel ciclo dei rifiuti a Roma hanno espresso la loro valutazione ? Esistono soluzioni alternative, ovvero, in base alle tecnologie, alle soluzioni organizzative, industriali, logistiche o infrastrutturali esistenti, è possibile evitare non solo questa, ma qualsiasi nuova discarica stile Malagrotta nell'area di Roma ?
Poche parole per concludere e per sintetizzare il caso Falcognana, oppure il pasticciaccio brutto di Falcognana: centinaia di mezzi pesanti su strade già intasate, inquinamento delle falde e degli affluenti del Tevere, rumore, disagi, terreni agricoli in stato di abbandono, valori immobiliari ridotti a zero, alcuni dei luoghi simbolo della cristianità da proteggere.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

RENATO BRUNETTA. E poi un parco archeologico, una riserva naturale, una rete idrica delicata, svincoli stradali non adeguati, grandi insediamenti residenziali, centri di ricerca scientifica e di cura sanitaria di profilo internazionale: tutto questo buttato in discarica !
La situazione pare evidente: le carte non sono in ordine, signor Ministro, vi è scarsa trasparenza, assenza di autorizzazioni, superficialità degli studi di valutazione degli impatti, inerzia burocratica, affossamento delle soluzioni alternative, e tanto, tanto opportunismo politico.
Credo che il problema non sia Falcognana, ma il governo dei rifiuti a Roma, la gestione dell'intero ciclo amministrativo e industriale dello smaltimento. In queste condizioni, signor Ministro, un blitz di Ferragosto a Falcognana, quella vostra riunione dell'8 agosto, non è certamente la soluzione: come altrove, non è accettabile questo blitz, e non sarà accettato. Prima le carte in tavola, poi la discussione sul merito, con grande senso di responsabilità: non «non nel mio giardino», ma semplicemente grande senso di responsabilità per risolvere il problema del ciclo dei rifiuti a Roma.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.

ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, onorevole Brunetta, alcune considerazioni preliminari, Pag. 22perché credo opportuno non lasciare dubbi riguardo ad alcuni presupposti: in particolar modo riguardo ad alcune ombre, che lei ha sollevato e che porterebbero ad ipotizzare il fatto che io di fronte al Parlamento dica cose non vere.
La prima questione riguarda il conferito nella discarica di Malagrotta ed il funzionamento dei TMB. Siccome questa è una vicenda non solo che è sotto procedura di infrazione, che è oggetto dell'attenzione dell'Unione europea, ma è anche un dato ricorrente ed una notizia che è emersa più volte sulla stampa prima ancora che si ipotizzasse l'ubicazione di Falcognana, il giorno 26 giugno 2013 ho chiesto al NOE di verificare il funzionamento dei TMB della Capitale. Il risultato è il seguente (sto ad un rapporto dei carabinieri, non ad una mia autonoma valutazione): il TMB della via Salaria funzionava quel giorno all'85,63 per cento (si trattava chiaramente di una verifica non comunicata preventivamente, quindi di una verifica fatta a campione e senza preavviso); al 106 per cento l'impianto di Rocca Cencia; al 104 per cento quello di Malagrotta 1; al 105 per cento quello di Malagrotta 2.
Oltre a questo devo aggiungere: naturalmente il fatto che si sia insediato un commissario non fa venir meno la funzione delle autorità di controllo sul ciclo di smaltimento di rifiuti, da quelle che presidiano la legalità dal punto di vista penale a quelle che hanno funzioni più strettamente di tutela dell'ambiente (penso all'Agenzia regionale per l'ambiente).
Io ho scritto nel mese di agosto per precisare ulteriormente, non per la discarica di Malagrotta o, eventualmente, per quella di Falcognana, ma per tutte le discariche italiane, quale deve essere la qualità del conferito in discarica.
Per cui se, eventualmente, vi fosse del conferito difforme da quanto prescritto dalla mia circolare – non soltanto dalla legge, ma dalla mia circolare, che precisa ulteriormente che, per esempio, la tritovagliatura non può essere equiparata al trattamento e che il trattamento ha dei requisiti specifici che trasformano il rifiuto in modo significativo per considerarlo trattato –, se non vi fosse rispetto di questi elementi, si tratterebbe di una violazione di legge, che tutte le autorità competenti hanno il diritto-dovere di poter accertare.
Io quello che posso fare – siccome questa questione è stata ulteriormente posta anche l'altro giorno in Commissione, quando si discuteva di procedure di infrazione – è inviare ulteriori verifiche da parte del nucleo dei carabinieri specializzato; ma, ad oggi, devo dire – lo dico con grande serenità – che tutti gli atti necessari a far sì che si spingesse in quella direzione e che si disincentivasse, si impedisse o si contrastasse la possibilità di portare il tal quale non a Malagrotta, ma in tutte le discariche italiane, è stato fatto, ed è stato fatto con costanza, a prescindere, lo ripeto, dalla vicenda romana. Perché non soltanto questo, eventualmente, comporterebbe l'apertura di altre procedure di infrazione per altre realtà nel Paese, ma contrasterebbe con un obiettivo ambientale, che credo debba essere al centro dell'azione di questo Governo e di tutti i governi che ritengono di dover tutelare il valore ambientale.
In secondo luogo, l'altro aspetto che lei poneva era la questione che riguarda la qualità soggettiva della società che è chiamata a svolgere la conduzione della discarica, della proprietà della discarica. Le verifiche che io ho chiesto non sono quelle previste dalla legge: la legge prevede che prima della gara di appalto e prima della stipula del contratto, vi siano verifiche che riguardano i requisiti soggettivi di chi è chiamato a contrarre. Le verifiche che io ho chiesto, e che ho chiesto al prefetto Pecoraro, nascono semplicemente da una notizia di stampa. Non eravamo ancora arrivati nella fase in cui si doveva stipulare il contratto e verificare quali erano i requisiti soggettivi eventuali, che, come sapete, è un adempimento di legge che poi andrà fatto, in tutti i casi. Io, semplicemente, sulla base di una notizia di stampa ho chiesto una cosa molto semplice alla prefettura di Pag. 23Roma: c’è la possibilità che attorno a questa discarica ci siano fenomeni di infiltrazione criminale mafiosa ? Questa è la domanda. Allo stato dell'arte, sulla base dei riscontri e della documentazione, mi è stato risposto che questo non c’è.
E l'altra domanda, preventivamente, per cautelare l'amministrazione, è la seguente. Perché, qual è il mio ragionamento, onorevole Brunetta: non si può andare avanti in un iter e aspettare, poi, il momento in cui la legge ti prescrive di verificare i requisiti soggettivi, per poi scoprire che quei requisiti soggettivi non ci sono.
Noi, ad oggi, non avremmo il dovere di fare quelle verifiche, perché la legge dice di farle più in là; però, credo che sia un criterio di buona amministrazione verificare preventivamente se ci fossero degli elementi di carattere ostativo: non le qualità morali di chi è chiamato a contrarre, non la condotta esistenziale di chi sarà chiamato a contrarre, ma se esistono degli elementi di carattere ostativo per la stipula del contratto.
Ad oggi, sulla base degli elementi che sono emersi e dei riscontri che ci sono stati dati, non esistono degli elementi ostativi che impediscono la capacità di contrarre con la pubblica amministrazione; poi, impregiudicate tutte le ulteriori verifiche che la legge prescrive, tanto per la definizione di quello che, a mio avviso, dovrebbe configurarsi come un rapporto di appalto per la gestione di servizi, quanto, poi, per la stipula definitiva del contratto.
Lei rileva il fatto che non sono state fatte verifiche nel rapporto con altri Ministeri da parte del commissario, poi su questo tornerò. Vorrei soltanto dire che non da parte del commissario, ma da parte del sottoscritto, nel momento in cui è emersa un'ombra che poteva, in qualche modo, pregiudicare in prospettiva o creare anche soltanto la possibilità che ci fosse un tipo di quadro di quel genere, ho chiesto io al prefetto di Roma, nonostante questo naturalmente abbia comportato inevitabilmente un ritardo anche nello svolgimento e nell'assunzione della decisione, perché si tratta di verifiche che la legge prevede vadano fatte più avanti e che probabilmente hanno inevitabilmente un tempo lungo di approfondimento.
Lei ci rimprovera di avere deciso ad agosto. Noi abbiamo deciso ad agosto perché il 30 settembre chiude Malagrotta e abbiamo deciso ad agosto perché mettere insieme tre enti locali che per molti anni non hanno trovato un punto di equilibrio non è un'operazione politicamente semplice. Io rivendico il fatto che abbiamo deciso ad agosto, perché ad agosto abbiamo continuato a lavorare su questo scenario, così come su altri scenari. Quindi, onestamente, non c'era alcuna volontà di sottrarsi a un confronto, che peraltro – lo devo dire – in questo caso, siccome lei ricorda che è bene che ognuno si assuma le sue responsabilità, non era mio compito provocare e promuovere, nel senso che non è compito di chi si surroga in qualche modo alle funzioni ordinarie degli enti locali promuovere la partecipazione e il confronto con i cittadini.
Venendo, invece, allo specifico delle domande che lei pone, riguardanti la realizzazione della discarica richiamata, e a completamento delle informazioni rese con risposte date con riferimento all'interpellanza precedente, tengo a dire che l'ambito di azione del commissario straordinario è delimitato dalle disposizioni di cui agli articoli 1, comma 358 e seguenti, della legge n. 228 del 2012, della legge di stabilità per il 2013, e all'articolo 41, comma 5, del recentissimo decreto-legge di rilancio dell'economia, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nel quale gli hanno attribuito parti dei poteri previsti dall'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 3963 del 2011, precisamente quello di cui agli articoli 1, comma 2, e agli articoli 2, 3 e 4 della ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, al fine di non determinare soluzioni di continuità nelle azioni in corso del precedente commissario delegato all'emergenza.
Fra tali poteri si ricordano quelli di adottare, nelle more del completamento del sistema impiantistico regionale, i provvedimenti Pag. 24necessari per assicurare la prosecuzione, senza soluzione di continuità, dello smaltimento dei rifiuti nell'area interessata e quello di sostituirsi, previa diffida, nei casi di accertata inerzia dei soggetti preposti alla gestione, manutenzione o implementazione degli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti nell'area interessata, nonché quello di provvedere all'autorizzazione e alla realizzazione della gestione delle discariche per lo smaltimento dei rifiuti urbani nonché di impianti per il trattamento di rifiuto urbano differenziato e indifferenziato, nel rispetto della normativa comunitaria tecnica di settore.
In particolare, con il menzionato articolo 41, comma 5, del decreto-legge di rilancio dell'economia, convertito dalla legge del 9 agosto 2013, n. 98, si è stabilito che il commissario è autorizzato a procedere con i poteri di cui all'ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri anzidetta soltanto nel caso in cui tali poteri siano attribuiti in tutto o in parte con il decreto di nomina.
Nell'esercizio dei propri poteri il commissario, fermo quanto detto in precedenza, è autorizzato, per effetto del richiamo legislativo fatto dalla legge di stabilità per il 2013 all'articolo 4 dell'ordinanza della Presidenza del Consiglio menzionata, a derogare alle norme ivi indicate, ove dal medesimo ritenute indispensabili sulla base di specifica motivazione, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, della direttiva del Presidente del Consiglio di ministri 22 ottobre 2004 e dei vincoli derivati dall'ordinamento comunitario.
Non risulta a questo Ministero che il commissario, nell'effettuare gli adempimenti di competenza, si sia discostato dall'osservanza di quelle procedure e dal quadro normativo che ho appena illustrato e che non abbia interloquito con le istituzioni e con gli organi competenti. Naturalmente – e questa è una valutazione di opportunità politica – i riscontri a questi confronti e gli elementi di approfondimento, che sono sempre auspicati e auspicabili, possono non esserci stati o possono non essere stati adeguatamente sviluppati.
Il fatto è che, sulla base dei poteri che sono stati conferiti, a noi pare che i passaggi formali necessari e l'acquisizione delle valutazioni di altre amministrazioni necessarie all'azione all'interno dei poteri conferiti ci sia stata.
Ciò non toglie che, poiché questa è una vicenda tanto delicata e poiché da questa vicenda dipende la possibilità di superare l'emergenza rifiuti nella Capitale del nostro Paese, mi riservo ulteriori approfondimenti e verifiche per capire se ci siano stati eventualmente elementi di sottovalutazione del punto di vista di altre amministrazioni o indicazioni che dovevano essere acquisite e non lo sono state. Ma, sulla base di una prima verifica che abbiamo realizzato, ci pare che, all'interno dei poteri conferiti, quei poteri siano stati esercitati in conformità della legge.
In ordine alle implicazioni dell'utilizzo della discarica individuata dal commissario relativa alla viabilità provinciale e comunale di accesso al quadrante Ardeatina-Laurentina, il Ministero delle infrastrutture e trasporti da me sollecitato ha rilevato la necessità di operare una preventiva verifica delle condizioni infrastrutturali delle arterie interessate, al fine di accertare l'effettiva sostenibilità del traffico veicolare aggiuntivo connesso all'aumento del passaggio di veicoli pesanti. A tal proposito, il commissario prefetto a riposo Sottile ha evidenziato che, con riferimento alla viabilità di accesso al sito, si terrà conto delle ordinanze vigenti e quindi tale viabilità non interesserà il tratto dell'Ardeatina su cui insiste il santuario del Divino Amore, essendo stata verificata la possibilità, con il supporto della polizia stradale, di un percorso alternativo che, dal grande raccordo anulare di Roma, prevede il passaggio dei mezzi sulla via Laurentina, per poi giungere sull'Ardeatina mediante via di Porta Medaglia, in adiacenza direttamente al sito.
In ordine alle implicazioni concernenti la tutela della salute, il Ministero della salute, da me interpellato, ha evidenziato Pag. 25di non essere stato ad oggi formalmente interessato, come pure l'Istituto superiore di sanità, dalla regione Lazio, dal comune di Roma Capitale e dalle altre istituzioni competenti nell'ambito delle procedure amministrative espletate per l'individuazione del sito. Lo stesso Ministero ha evidenziato la propria disponibilità e intenzione di fornire, con l'ausilio – per i profili di competenza – dell'Istituto superiore di sanità e nel rispetto della disciplina vigente comunitaria e nazionale, il proprio supporto tecnico a tutela della salute pubblica e degli interessi protetti dei cittadini residenti nell'area interessata dalla discarica.
Pertanto, nel rispetto del decreto legislativo n. 36 del 2003, che attua la direttiva n. 1999/31/CE, relativa alla discarica di rifiuti e tenuto conto dei vigenti protocolli dell'Istituto superiore di sanità, il suddetto Ministero, per il tramite dell'Istituto superiore di sanità medesimo, assicurerà l'effettuazione ante operam di un'estesa caratterizzazione delle matrici ambientali, acque sotterranee e suolo circostante la discarica, al fine di valutare l'eventuale alterazione della qualità delle stesse matrici ambientali, acque sotterranee e suolo circostante.
Inoltre, in corso di esercizio della discarica, sarà valutata l'opportunità di monitorare la qualità dell'aria in prossimità dei centri abitati, al fine di verificare anche in quest'ambito l'eventuale alterazione della stessa sostanza tracciante, che potrebbe essere, nello specifico caso, visto che si tratta di RSU, pretrattati o meno, il CH4 metano, per garantire una corretta valutazione dell'impatto sanitario sulla popolazione residente in prossimità dello stesso impianto, un'apposita indagine epidemiologica, sempre a cura dell'Istituto superiore di sanità e, per i rispetti di rilevanza totale, a cura della competente ASL per il territorio. Per le medesime finalità di tutela della salute umana, potrebbe rendersi opportuno valutare, secondo i venti prevalenti, quali siano le aree geografiche maggiormente a rischio.
Il tipo di analisi credo verrà fatta anche nell'ipotesi di conferimento di non trattato, posto però che in quella discarica non può andare nessun tipo di non trattato. Lo vorrei dire proprio perché mi impegno, in questo caso formalmente, ad istituire un presidio fisso di polizia giudiziaria per verificare, dal momento dell'avvio della gestione della discarica, che la circolare da me emanata sia puntualmente rispettata, data la strategicità di questo o di altri impianti che dovranno essere individuati nell'ambito della Capitale.
Questo rischio non lo possiamo correre. Non possiamo correre il rischio che vada del «tal quale» in qualunque tipo di impianto venga attivato ex novo. Non lo possiamo correre, perché non possiamo infilarci di nuovo in una vicenda Malagrotta. Non lo possiamo correre, perché non possiamo aggirare le indicazioni dell'Unione europea. Non lo possiamo fare, perché si tratta di Roma anche se, naturalmente, qualunque posto in Italia deve essere messo sotto la vigilanza dal punto di vista delle indicazioni che sono contenute nella mia circolare, ma ritengo che, a maggior ragione in una vicenda così delicata, possiamo anche permetterci il lusso di avere un presidio fisso per verificare il tipo di conferimento che si realizza in quel tipo di impianto.
In ordine alle implicazioni relative alla compatibilità con le disposizioni di tutela paesaggistica, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha confermato che l'area individuata dal commissario rientra in un più vasto perimetro dichiarato di notevole interesse pubblico con decreto del direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio del 25 gennaio 2010. Nello specifico, la zona di Falcognana è definita di paesaggio agrario di rilevante valore in quanto caratterizzata, secondo l'articolo 12 delle prescrizioni d'uso allegate al suddetto decreto, da una naturale vocazione agricola, di grande estensione, profondità e omogeneità, con rilevante valore paesistico per l'eccellenza dell'assetto percettivo, scenico e panoramico. Le citate prescrizioni prevedono in tali casi il rispetto di una serie di vincoli con riferimento al recupero e all'ampliamento di discariche già esistenti.Pag. 26
In particolare, la tabella B dell'articolo 12 delle prescrizioni d'uso consente, con riferimento alle discariche collocate in tale perimetro, la possibilità di procedere ad interventi modificativi e di recupero delle stesse, previa valutazione di compatibilità con i valori riconosciuti del paesaggio agrario e subordinatamente alla realizzazione di misure ed opere di miglioramento della qualità paesaggistica del contesto.
Viceversa, la realizzazione di nuove discariche non è consentita. Conseguentemente, deve evidenziarsi, in primo luogo, che la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area considerata non impedisca di per sé qualsivoglia intervento modificativo in relazione alla discarica in essere, purché, come si verifica per il caso di specie, risulti legittimamente autorizzata precedentemente al 25 gennaio 2010. In secondo luogo, è da evidenziarsi come, al fine di assicurare il rispetto dei valori propri del paesaggio agrario, ogni opera modificativa deve essere sottoposta alla preventiva valutazione di compatibilità paesaggistica, alla stregua dei valori paesaggistici tutelati e dei criteri definiti nel ripetuto vincolo del 2010. Tale valutazione dovrà esprimersi nel provvedimento autorizzatorio del competente sopraintendente ai sensi dell'articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio.
A tal proposito, si è peraltro precisato, con riferimento all'altra interpellanza urgente dell'onorevole Brunetta, come per la discarica individuata dal commissario non si debba procedere ad alcun ampliamento o aumento della capacità di abbancamento o delle volumetrie già autorizzate, dovendosi procedere soltanto all'integrazione dell'autorizzazione già rilasciata per il conferimento dei rifiuti con il codice CER 19.12.12. Lei su questo ha già espresso le sue valutazioni e le sue interpretazioni della legge. Si tratta, pertanto, di un'integrazione non sostanziale dell'autorizzazione già rilasciata riguardante la mera estensione dei codici CER della famiglia 19 già autorizzati. Per tale integrazione nemmeno occorre una modifica dell'autorizzazione essendo sufficiente un mero nulla osta. Resta peraltro fermo l'eventuale potere del commissario delegato di derogare alle suddette disposizioni del codice di settore del 2004, ai sensi del quadro normativo complessivo in precedenza richiamato. Allo stato non risultano presentate agli uffici territorialmente competenti del Ministero né domande di autorizzazione né atti progettuali inerenti agli ampliamenti in questione.
Quanto ai pericoli di infiltrazione della criminalità organizzata ho già detto. Un approfondimento sulla compagine societaria di Ecofer ad opera del prefetto di Roma e la documentazione sinora trasmessa dal prefetto di Roma hanno escluso sia che ci sia un pericolo di infiltrazione, sia la sussistenza a carico di amministratori e soci di Ecofer di condanne penali definitive ostative della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione. Naturalmente fino al momento dell'eventuale stipula del contratto questa è una verifica che deve essere sempre svolta e la fotografia va fatta il giorno in cui eventualmente il contratto dovesse essere portato alla sua realizzazione.
Da ultimo, si precisa che, pur rientrando nei poteri del commissario quello di procedere ad atti espropriativi, il medesimo ha espresso l'avviso di non volere intraprendere questa direzione, atteso che agli alti costi e ai tempi lunghi richiesti dalle procedure espropriative appare preferibile la strada della integrazione dell'autorizzazione rilasciata alla discarica individuata, in modo da consentirle il ricevimento dei rifiuti urbani. Non c’è, quindi, una volontà di procedere all'esproprio e non ci sono – io credo – anche realisticamente le risorse e ritengo che anche dal punto di vista della tempistica la strada dell'esproprio porterebbe inevitabilmente a dei tempi molto più lunghi.
Vorrei precisare, infine, una cosa. Per quanto possibile, in una condizione di emergenza e allo stato dell'arte, facendo la fotografia e partendo da quella che era la condizione della raccolta differenziata a Roma nel momento in cui si è posto il tema della chiusura di Malagrotta, io credo che gli obiettivi contenuti nel piano Pag. 27per Roma, cioè gli obiettivi indicati anche dal mio predecessore, vadano rispettati. Noi non dobbiamo realizzare un nuovo sistema di scarico centri, ma dobbiamo ipotizzare Falcognana, o quale sarà l'altro sito che verrà individuato alla fine di questo iter, come una discarica di servizio, ipotesi che era contenuta anche nel piano per Roma.
Oggi, anche con lo sviluppo della differenziata e anche con il conferimento fuori regione, che noi abbiamo agevolato – vorrei ricordare che il 18 agosto è stato emanato (sempre in questo famigerato agosto) un decreto per consentire il conferimento di rifiuti con un determinato potere calorico anche fuori dalla regione e in più c’è, come lei ha ricordato, una gara che si terrà il 18 di questo mese per il rifiuto trattato –, nessuno può ragionevolmente ipotizzare il fatto che con l'insieme di queste politiche, anche accelerate, con il pregresso che si è venuto a determinare a Roma, si possa fare totalmente a meno di qualunque tipo di discarica, tant’è che anche il mio predecessore, anche in interviste recenti, ha parlato di una mera discarica di servizio. Ci possiamo mettere d'accordo su che cosa intendiamo per discarica di servizio. Io ritengo che la discarica di Falcognana o la discarica che verrà individuata, se siamo in grado di lavorare rapidamente per l'attuazione di ciò che è contenuto nel piano per Roma, possa assumere davvero una funzione residuale e non vada in alcun modo, né per il tipo di rifiuto conferito, né per la funzione che deve assolvere all'interno del sistema di smaltimento dei rifiuti, comparata a Malagrotta, perché non ci sono più le condizioni normative, né dal punto di vista comunitario né dal punto di vista nazionale, e soprattutto perché non credo sia giusto pensare a un sistema che ancora dipenda così tanto dal conferimento in discarica.
Ora, io non sono in grado di dire quale sia stato il salto di qualità dal punto di vista della differenziata nel corso di questi due mesi. Mi rendo anche conto che probabilmente in due mesi il salto di qualità non può che essere modesto, ma ritengo che Roma non si possa in alcun modo sottrarre a una crescita e anche soltanto se si allineasse ai livelli medi del Paese, senza raggiungere obiettivi mirabolanti, il conferimento in discarica – e anche eventualmente il conferimento fuori regione – avrebbe una riduzione significativa.
Per questo io ritengo davvero che sia sbagliato in assoluto, al di là di come vada questa vicenda, continuare a parlare di una nuova Malagrotta. Noi dobbiamo agire tutti insieme, rispettando le leggi, e operare perché il nuovo assetto del sistema dei rifiuti della Capitale non ipotizzi più uno squilibrio come quello che si è venuto a determinare nel corso di questi anni e che ha fatto sì che in questa città si sia anche realizzata la più grande discarica d'Europa.

PRESIDENTE. Il deputato Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, grazie signor Ministro, devo dire che sono rimasto sconcertato da questa sua ultima risposta, perché lei ci dice sostanzialmente, in primo luogo, che l'8 agosto abbiamo deciso. Non si sa sulla base di quale progetto, non si sa sulla base di quali competenze, non si sa sulla base di quale conferenza dei servizi.
Però lei ci dice: l'8 agosto abbiamo deciso. Quello che è noto è che avete deciso chiedendo al commissario Sottile di proseguire nelle istruttorie valutative. Ebbene, lei ci dice poi, lei mi ha detto durante questa sua esposizione, che è sicuro che queste istruttore valutative siano state fatte, salvo che, anche grazie alle mie interrogazioni e interpellanze, si è evidenziato, signor Ministro, che queste istruttorie, da parte del commissario Sottile, non sono state assolutamente fatte.
Lo ha detto il Ministro dell'interno, che non è stato interpellato dal commissario Sottile. Lo ha detto il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che non è stato interpellato, e questo risulta per tabulas, Pag. 28non sono miei pareri, risulta per tabulas: questi elementi saranno esplicitati martedì.
Quindi, il Ministero dell'interno non è stato interpellato dal commissario Sottile, e questo è ufficiale, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non è stato interpellato dal commissario Sottile, il Ministro per i beni e le attività culturali, Bray, non è stato interpellato dal commissario Sottile, il Ministro De Girolamo non è stato interpellato dal commissario Sottile, il Ministro Lorenzin non è stato interpellato e coinvolto dal commissario Sottile, il Ministro Moavero non è stato interpellato e coinvolto dal commissario Sottile.
Non so se il commissario Sottile abbia interpellato lei, Ministro Orlando. So che tutti i Ministeri interessati, oggetto delle mie interrogazioni e interpellanze, alla data dell'altro giorno, non erano stati in alcuna maniera coinvolti ed interpellati dal commissario Sottile, cui era stato dato – gliene do atto – l'incarico di fare questa operazione, né il commissario Sottile si è interfacciato con la popolazione.
È talmente vera questa affermazione che io faccio che, con la sua onestà intellettuale, nella sua dichiarazione, lei dice che queste verifiche ha dovute farle lei, anche, forse, sulla base delle interrogazioni e interpellanze che ho presentato, e le ha fatte, penso, nei giorni scorsi, compreso ieri, con una sorta di conferenza impropria di servizi, alle ore 17.
Ma se le ha dovute fare lei, è perché non le aveva fatte il commissario Sottile ! Quindi, vuole dire che voi, nella riunione dell'8 agosto, avete preso una decisione che non potevate prendere, in mancanza degli atti istruttori, in mancanza del parere vincolante del Ministero per i beni e le attività culturali, in mancanza del parere vincolante dell'Istituto superiore di sanità, in mancanza degli altri pareri vincolanti degli altri Ministeri.
Queste verifiche non le aveva fatte il commissario Sottile. Ma, nonostante questo, voi avete comunque deciso che Malagrotta si chiude a fine settembre e, nonostante questo – lo avevate deciso prima, lo avete ribadito – avete deciso che Falcognana fosse il sito individuato. Io chiederò, ovviamente, le registrazioni del suo intervento, perché il suo intervento, nella sua onestà intellettuale, sarà la miglior prova per qualsiasi TAR o per qualsiasi tribunale della Repubblica dell'assoluta inconsistenza della decisione che voi avete preso l'8 agosto, per suo dire, e dell'illegittimità di quella decisione.
Avete deciso senza le istruttorie, senza le conferenze dei servizi, senza i poteri, che lei, poi, ha detto questa mattina avere chiesto ieri, due giorni fa, ai vari Ministri interessati, ribadendo le regole del gioco. Certamente, il Ministro Bray non poteva che dire che quella era un'area sottoposta al vincolo Bondi. Ma non lo sapeva prima ? Non lo sapevate prima ? Dove sono le cartografie ? Dove sono i progetti ? Dove sono le analisi di impatto paesaggistico-ambientale ? Dove sono ? Chi le ha prodotte ? Dov’è il progetto per Falcognana ? Non esiste il progetto per Falcognana, non esiste ! Ed in ogni caso, non è stato sottoposto a queste amministrazioni. Quindi, cosa avete deciso ? Su quale base ? Di una volontà politica ?
La volontà politica del sindaco che se ne è lavato le mani con numerose dichiarazioni alla stampa («Io non so, non ho visto, non ho sentito, non parlo, i miei poteri sono molto limitati») o del silenzio assordante del governatore Zingaretti, non essendoci purtroppo il Presidente della provincia ? Su quale base avete deciso quell'8 agosto che a Malagrotta ci dovesse essere una discarica di servizio ? Cosa vuol dire servizio ? Dove sta scritto servizio ? Qual è la definizione giuridica di servizio ? Non esiste, signor Ministro, come lei ben sa ! Non esiste tenere appesa una intera popolazione e dire «faremo delle cose, esporteremo i rifiuti, cercheremo di fare il TMB, faremo forse la differenziata». Le do un'informazione: la differenziata iniziata ad aprile nella zona del Divino Amore, è terminata una settimana dopo con totale fallimento. Glielo dice un testimone, perché sono un residente in quella zona, come ben si sa. Quindi, la differenziata non è mai partita. Non è mai partita. Pag. 29Altro che 60 per cento ! Per questo, le dico dalla sua deregistrazione onesta, ma sconcertante, si evince che con l'8 agosto voi non potevate decidere nulla, e questo sarà, ovviamente, portato alle autorità competenti. Per questo avevo interrogato e interpellato il Presidente del Consiglio, perché voglio rendere edotto il Presidente del Consiglio di quello che si è fatto quell'8 agosto senza i poteri per farlo. Lei ci dice che non sarà espropriata. Me ne compiaccio, primo, perché non ci sono soldi, e poi, vivaddio, perché non ci sono i tempi.
Ma vorrei leggerle i caratteri soggettivi dei proprietari della discarica di Falcognana. É accertato che la proprietà, variamente e legittimamente schermata da fiduciarie, sia di Fiori Valerio e di Maio Francesco. Fiori Valerio è stato condannato con sentenza del Tribunale in composizione monocratica di Bologna, irrevocabile, il 28/9/2004 per violazione delle disposizioni in materia di tutela delle acque dall'inquinamento (articolo 45 del decreto legislativo n. 152/1999), reato commesso il 29/3/2000 in Crespellano, recidiva generica. Il signor Maio Francesco, proprietario e rappresentante legale della Maio Srl, socio di maggioranza dell'Ecofer ambiente Srl, è stato sia condannato per violazione dell'articolo 58 del decreto legislativo n. 152/1999, che addirittura, in data 4/7/2003, tratto in arresto su ordinanza del GIP del Tribunale di Trani per i reati di cui all'articolo 58 del decreto legislativo n. 152/1999 e articolo 163 F.F.F. Quindi, anche in forma di associazione a delinquere, il Maio, ha ripetutamente e specificamente commesso reati violando il testo aggiornato del decreto legislativo n. 152 dell'11 maggio 1999, ovvero quella che è la disciplina madre sulla tutela delle acque dall'inquinamento in recepimento della direttiva 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonte agricola. Inoltre, come lei ben sa, sono in atto altre indagini da parte di numerose procure italiane rispetto a questa proprietà, e sulla base di questa informativa io ho fatto una interpellanza urgente al Ministro della giustizia per conoscere quali altre indagini – e su quali elementi e sui quali tipologie di reato – siano in corso rispetto a queste normative. Già però le caratteristiche soggettive che le ho letto dimostrano la incapacità a contrarre da parte della proprietà. Su questo sarà opportuno avere il parere del Ministero dell'interno oltre che del Ministero della giustizia.
Concludo, signor Presidente. Io le avevo chiesto, Ministro, certo, lo stato di efficienza degli impianti di TMB, ma anche la capacità di soddisfare il fabbisogno dell'area, perché se mi si dice che un impianto è operativo al 105 per cento e l'area ha un fabbisogno del 500 per cento, quand'anche un impianto sia operativo al 105 per cento rimane un 395 per cento di capacità insoddisfatta.
Le do un'altra informazione, signor Ministro, io le avevo fatto...

PRESIDENTE. Deve concludere. Ha finito il suo tempo.

RENATO BRUNETTA. ... se lei potesse darmi una risposta definitiva sul fatto che a Malagrotta non sia conferito più il tal quale. Ho chiesto ai servizi satellitari delle società aerospaziali italiane le fotografie in continuum degli ultimi mesi del sito di Malagrotta, in maniera tale da poter avere una documentazione efficace, efficiente ed esaustiva sul fatto che a Malagrotta si sia conferito o meno, dopo aprile, ancora tal quale. Questo è un elemento di chiarezza che le renderò poi noto, lo renderò noto anche attraverso ulteriori interrogazioni e interpellanze, al fine di dirimere questo aspetto.
Infine, signor Ministro, questa è una partita troppo importante, troppo grossa, non tanto per quanto riguarda Falcognana o Malagrotta, ma per quanto riguarda l'assetto finale del trattamento del ciclo dei rifiuti a Roma, nella capitale. Non può essere gestito in questa maniera, non può essere gestito legittimamente, con una riunione quasi carbonara l'8 agosto tra istituzioni che non avevano titolarità o senza Pag. 30le istruttorie necessarie. Non è possibile pensare di chiudere Malagrotta, procurare l'emergenza rifiuti, mettere alla disperazione un'intera città, un'intera capitale e poi, sulla base di questo pathos, di questa emergenzialità, dire: «Va bene, accontentiamoci di questa discarica...

PRESIDENTE. Deve proprio concludere, Presidente.

RENATO BRUNETTA. Ho finito... di questa discarica di servizio».
Questo non è governare, questo è fare pasticci, signor Ministro, e per questo intendo interpellare di nuovo il Presidente del Consiglio, perché voglio che il Presidente del Consiglio venga lui qui a rispondere, nella sua suprema responsabilità, di tutta questa situazione. Non è possibile continuare così. Queste mie interrogazioni e interpellanze lo hanno dimostrato, la sua onesta e paradossale difesa lo ha dimostrato. Non sarà più possibile continuare così. Malagrotta si chiuderà, ma non si aprirà nessun'altra discarica nella città di Roma.

(Iniziative urgenti in relazione alle affermazioni del pentito Carmine Schiavone in merito ai rifiuti tossici interrati illegalmente in Campania e nel basso Lazio – n. 2-00201)

PRESIDENTE. La deputata Picierno ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00201, concernente iniziative urgenti in relazione alle affermazioni del pentito Carmine Schiavone in merito ai rifiuti tossici interrati illegalmente in Campania e nel basso Lazio (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).

PINA PICIERNO. Signor Presidente, intendo illustrare l'interpellanza, data anche la rilevanza del tema di cui discutiamo questa mattina. Ministro, Presidente, colleghi, se questa fosse la sceneggiatura di un film, se questa fosse la sceneggiatura di un film dell'orrore, naturalmente, sarebbe in qualche modo la storia di un mostro, di uno degli assassini più brutali e feroci che siano mai esistiti. Un mostro a tre teste – come è stato definito –, capace di nascondersi nel buio, come fosse invisibile, assumendo le forme più tranquillizzanti, e capace anche di viaggiare nel tempo, capace di viaggiare nel futuro. Perché questo mostro è un ladro di futuro, appunto.
Perché è dagli anni ’80 che la camorra, la prima delle tre teste di questo mostro, ha usato il territorio campano e il territorio del basso Lazio, prima, come luogo di transito di rifiuti speciali e tossici verso l'Africa e, poi, come sito di stoccaggio di quei veleni, creando le condizioni per la più grande mattanza di vittime innocenti mai realizzata e conosciuta in tempi moderni.
Si tratta di tonnellate di rifiuti pericolosi, tonnellate di rifiuti tossici provenienti dalle aziende del nord, nord Italia e nord Europa, e smaltite illegalmente attraverso l'interramento nelle campagne nel territorio napoletano e casertano fino ad arrivare al basso Lazio. E tutto questo è avvenuto grazie al consenso e grazie al silenzio di imprenditori senza scrupoli e politici corrotti, le altre due teste del mostro, appunto.
Camorra, imprenditori, politici collusi: questi i tre nomi di questo mostro che ha causato e continua a causare migliaia di morti ammazzati, Ministro. Ammazzati, Presidente, Ministro, colleghi, anche dall'incuria dello Stato. È bene ricordarlo stamattina. Io avevo già portato all'attenzione di quest'Aula, nella scorsa legislatura e nei mesi scorsi, i rilievi di studi scientifici – ce ne sono a centinaia ormai – che documentano, che certificano la correlazione esistente tra il numero di morti, l'incremento di patologie tumorali e l'interramento e la presenza di questi rifiuti.
Ne cito qualcuno: quello realizzato dalla procura di Santa Maria Capua Vetere nel 2006, nel corso delle indagini sui reati ambientali legati allo smaltimento di rifiuti tossici; la procura di Santa Maria ha ordinato una ricerca sul numero di richieste di esenzioni ticket per malattie tumorali, scoprendo che dal 1999 vi è stato un Pag. 31incremento del 400 per cento dell'incidenza dei tumori presenti nei comuni che sono stati interessati dallo smaltimento illegale di quei veleni.
Raffaele Cantone – voglio ancora citarlo qui in quest'Aula – ha parlato di una portata devastante dal punto di vista ambientale e della salute dei cittadini di quegli sversamenti; ha parlato di un qualcosa che è addirittura impossibile da quantificare e da decifrare; è una storia incredibile, una storia sconvolgente, questa ! Ma ciò che la rende ancora più insopportabile, Presidente, Ministro, colleghi, è che tutto questo è noto da oltre vent'anni e che in questi vent'anni nessuna azione è stata intrapresa, nessuna bonifica, nessuna iniziativa da parte dello Stato e della politica.
Le recenti dichiarazioni del pentito Schiavone hanno riportato alla ribalta nazionale questa verità devastante. Io vorrei ricordare che le dichiarazioni di questo stesso pentito, però, sono note da troppi anni, perché tra il 1995 e il 1996 lo stesso pentito era stato già ascoltato dalla Criminalpol di Roma, su delega, appunto, della procura napoletana, e si era già provveduto a ispezioni e a sopralluoghi sui siti indicati da Schiavone. E le dichiarazioni di Schiavone sono state già riscontrate, già nel 1995, perché quei rifiuti c'erano eccome, cari ricolleghi e caro Ministro, e non devo qui ricordare le dichiarazioni di Vargas, di Vassallo, di Di Caterino, di tutti quei pentiti che hanno già identificato i luoghi di questa mappa dei veleni enorme, che avvolge la regione Campania, che avvolge il territorio tra la provincia di Caserta, il napoletano e il basso Lazio.
Ricordo anche che il pentito Schiavone fu ascoltato dalla Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti presieduta da Massimo Scalia, quindi parliamo anche qui di molti anni fa, e anche in quella sede Schiavone presentò e dichiarò cose che furono poi secretate. Il Partito Democratico con un'altra interpellanza, a prima firma Realacci, ha chiesto che queste dichiarazioni siano rese pubbliche quanto prima, perché i cittadini campani, i cittadini italiani, hanno diritto – noi crediamo – di sapere cosa è accaduto veramente in quegli anni, cosa è accaduto veramente in quel territorio !
Vede, Ministro, vent'anni sono trascorsi dalle prime dichiarazioni e vent'anni sono tanti, vent'anni sono troppi, vent'anni sono tanti da aver reso certamente più onerose e più complicate ora le operazioni di bonifica necessarie, ma sono anche tanti perché hanno compromesso in maniera ormai irrimediabile la salubrità di quelle terre e il diritto alla salute dei cittadini campani, e sono tanti anche perché hanno ormai corroso in maniera irrimediabile anche i fusti di metallo che contenevano quei veleni e che ormai hanno cominciato a sversare i liquami anche nelle falde acquifere. Questa è la verità più drammatica che abbiamo di fronte.
Allora, signor Ministro, prima ancora che da parlamentare di quel territorio, come cittadina, vorrei dire, come figlia di quella terra, e mi sento di farlo, dando voce anche ai tanti cittadini campani che sono impauriti, che sono sconvolti, che sono terrorizzati, che sono arrabbiati, le chiedo cosa questo Governo, che io sostengo, ha intenzione di fare per scrivere, in maniera definitiva e chiara, la parola «fine» a questo scempio; cosa, questo Governo, cosa, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha intenzione di fare per mettere fine a questo orrore, per mettere fine, Ministro, a tutte quelle incomprensibili, oscure e inaccettabili omissioni che in questi anni, per troppo tempo, noi abbiamo registrato. E scrivere la parola «fine» a quanto è successo in questi vent'anni, significa fare delle cose precise, Ministro, ed è quello che noi le chiediamo con questa interpellanza urgente, significa procedere con una mappatura definitiva, certa, dei siti inquinati, significa procedere al sequestro immediato di quelle aree e significa, soprattutto, programmare una certa e seria bonifica di quel territorio. Noi siamo tutti consapevoli che nessuno ha la bacchetta magica, sappiamo che lei non è dotato della bacchetta magica e sappiamo che queste sono operazioni costose ma che Pag. 32sono, anche, però, necessarie, Ministro; e allora noi le chiediamo un timing preciso per partizione e per grado di pericolosità di quei siti e le chiediamo così di restituire, finalmente, dopo troppi anni di morte, dopo troppi anni di disperazione, un minimo di speranza di diritto alla salute e di certezza per quei cittadini che si aspettano dallo Stato risposte certe e definitive.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.

ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signora Presidente, con riferimento a quanto riportato nell'interpellanza dell'onorevole Picierno, dove si chiede quali iniziative il Governo intenda assumere per verificare le affermazioni del pentito Schiavone in merito alla localizzazione dei rifiuti tossici e pericolosi interrati illegalmente in Campania e nel basso Lazio, sulla scorta delle informazioni assunte dalle istituzioni interessate si rappresenta quanto segue: la regione Lazio, così come richiesto dalla normativa vigente, sta già mettendo in atto tutte le azioni volte al completamento dell'anagrafe dei siti inquinati ed alla conseguente mappatura dei siti contaminati presenti nel territorio regionale. Inoltre, la stessa regione sta predisponendo una convenzione con il nucleo operativo ecologico dei carabinieri al fine di costituire una task force volta all'individuazione di tutti i siti interessati da gravi problematiche di inquinamento, anche derivante da pratiche di occultamento di rifiuti di qualsiasi natura.
La maggior parte dei siti ex discarica sono sottoposti ad attività di messa in sicurezza e caratterizzazione come deciso nella conferenza di servizi e sarà cura della regione Lazio trasmettere, non appena disponibili, i risultati delle suddette attività.
Già, in data 18 luglio 2011, la regione Lazio ha approvato il progetto «Indagine finalizzata alla individuazione delle anomalie magnetiche rilevate nel corpo della discarica in località Borgo Montello – Piano operativo di indagine»; tale progetto è stato presentato dal comune di Latina in seguito alle prime dichiarazioni del pentito Schiavone ed è stato eseguito attraverso indagini atte ad individuare la presenza di rifiuti pericolosi occultati nella discarica di rifiuti solidi e urbani di Latina. I risultati delle indagini, dirette e indirette, eseguite hanno dimostrato che nella discarica in questione non sono presenti rifiuti tossici interrati. È stata eseguita anche una prova di radioattività con il contatore Geiger che non ha riscontrato fonti radioattive anomali.
La regione Campania con delibera di giunta regionale, pubblicata il 3 ottobre del 2011 nel BURC, ha effettuato, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, una revisione e un aggiornamento del piano regionale di bonifica. Attualmente, conclusa la valutazione ambientale strategica, la proposta del piano regionale di bonifica è stata adottata in via definitiva dalla giunta campana con deliberazione n. 129 del 27 maggio del 2013 e trasmessa al consiglio regionale per l'approvazione definitiva.
Questo piano prevede tre diversi elenchi: l'anagrafe dei siti da bonificare; il censimento dei siti potenzialmente contaminati locali; il censimento dei siti potenzialmente contaminati, siti di interesse nazionale (SIN).
Oltre a questi indicati, sono state individuate sette aree vaste costituite, nella maggior parte dei casi, da siti inclusi nel terzo elenco e dalle relative aree di interconnessione, tra le quali sono comprese alcune di quelle che vengono citate dall'ex pentito Schiavone. Per ciascun sito sono indicati specifici interventi di risanamento ambientale. È, inoltre, in corso di attuazione l'accordo di programma denominato Programma strategico per le compensazioni ambientali nella Regione Campania, sottoscritto il 18 luglio 2008, alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Pag. 33Consiglio dei ministri, dal presidente della regione Campania e dal commissario nominato con ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri n. 3654 del 2008. L'accordo è corredato da un allegato tecnico contenente l'elenco delle criticità ambientali e degli interventi di compensazione richiesti dai comuni sede di impianti di gestione dei rifiuti e di quelli già sede di impianti di discarica.
Tale accordo è stato modificato in data 8 aprile 2009 con apposito atto in cui sono state stanziate risorse FAS pari a euro 282 milioni, di cui euro 141 milioni a carico della regione Campania e 141 milioni a carico del Ministero dell'ambiente. Rispetto allo stanziamento complessivo dell'accordo sono stati previsti interventi di rimozione di rifiuti abbandonati e messa in sicurezza di discariche e siti di stoccaggio rifiuti per circa 60 milioni di euro. La progettazione e realizzazione di tali interventi è stata affidata alla società Sogesid, nell'ambito di un'apposita convenzione con il Dicastero stipulata in data 12 settembre 2011, nonché di due ulteriori convenzioni per l'area di Cava di Giugliano in Campania e per il sito di Pianura. Il Ministero dell'ambiente ha inoltre sottoscritto una convenzione con la regione Campania e il commissario di Governo e la Sogesid in data 7 ottobre 2010, finalizzato alla predisposizione di interventi urgenti per la messa in sicurezza e bonifica delle aree di Giugliano in Campania e dei Laghetti di Castelvolturno, stanziando oltre 39 milioni di euro. Rispetto al finanziamento complessivo sono stati previsti interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree di discarica nella cosiddetta area vasta, nel comune di Giugliano in Campania. Gli accordi citati sono in corso di attuazione, abbiamo trasferito queste risorse poche settimane fa. In ragione di ciò, il Ministero sta definendo il provvedimento concernente la ripartizione delle risorse finanziarie disponibili sul capitolo di bilancio 7503, da designare all'attuazione di interventi in materia di bonifiche.
Non da ultimo, si segnala che le affermazioni rese da Carmine Schiavone in merito al sistema di smaltimento illecito di rifiuti perpetrato sul territorio campano trovano conferma in molteplici elementi contenuti negli atti di un processo pendente innanzi al tribunale di Napoli, nel quale questo Ministero è costituito parte civile per il risarcimento dei rilevanti danni riscontrati. Nell'ambito del procedimento, che si inserisce nel contesto delle attività illecite del cosiddetto clan dei Casalesi, sono contestati molteplici e gravissimi reati quali l'associazione mafiosa finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti, la falsità in atti, l'estorsione, la truffa aggravata ai danni dello Stato, nonché l'avvelenamento di falde acquifere e il disastro ambientale.
Inoltre, la procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli, a riscontro di una specifica richiesta avanzata dal Ministero al fine di acquisire aggiornamenti sullo stato delle complessive indagini in corso, ha riferito in data 1 agosto ultimo scorso che nell'ambito di un ulteriore procedimento penale, che risulta connesso ai medesimi fatti, si è proceduto alle notifiche, ex articolo 415-bis del codice di procedura penale, di avviso di conclusioni delle indagini preliminari. È intenzione di questo Ministero accertare mediante ISPRA i danni ambientali cagionati dagli ulteriori fatti emersi e procedere alla costituzione di parte civile per il relativo risarcimento.
Vorrei concludere con due considerazioni. Certo, si fa e si è fatto meno di quello che è necessario, però credo sia sbagliato dire che non si è fatto niente, nel senso che trasmettiamo anche alla popolazione un'impressione che è peggiore della realtà, che è già abbastanza grave. Nel corso di questi anni alcune attività di bonifica sono state realizzate e soprattutto alcune attività di messa in sicurezza, affinché le discariche abusive che si sono realizzate non provochino ulteriori danni in falda, come purtroppo, negli anni precedenti, è avvenuto.
Soprattutto su un punto credo ci sia anche da precisare un dato: l'attività di caratterizzazione deve fare un salto di qualità ulteriore. Il fatto che l'opinione pubblica giustamente si allarmi per le Pag. 34dichiarazioni di personaggi, anche di dubbia attendibilità, è il segno del fatto che c’è un quadro di riferimento incerto e che la mappatura non è completa, e che quindi da questo punto di vista non c’è la possibilità di avere un riscontro.
Dobbiamo dire due cose diverse: uno, per quanto riguarda i fatti che Schiavone ha raccontato, si tratta di elementi che erano già emersi nelle indagini e che erano all'attenzione delle autorità inquirenti. Ho fatto un'ulteriore verifica, chiedendo riscontro al NOE; e poi chiedendo direttamente riscontro alla procura di Santa Maria Capua Vetere e alla DDA di Napoli. Mi è stato confermato come si trattava appunto di fatti che erano già all'attenzione degli investigatori, e che erano oggetto di procedimenti penali già aperti.
Tuttavia, sul fronte del monitoraggio, credo che si possa, si debba fare un salto ulteriore di qualità, ed è mia intenzione attivare l'ISPRA, affinché possa sovrintendere ed anche implementare una rete, che però si è già progressivamente costituita; e questo non per merito delle autorità amministrative, ma per impulso delle procure competenti. La procura di Santa Maria Capua Vetere ha realizzato un sistema di monitoraggio dei suoli, che ha necessità di un ulteriore sviluppo, ma che ha definito una mappatura significativa delle maggiori criticità presenti nell'area interessata.
Si tratta quindi di aiutare e far fare dei passi avanti a cose che si sono già fatte, anche e soprattutto per merito dell'attività della magistratura; si tratta però anche di rendere certo il riferimento ed anche accessibile ai cittadini, perché poi è questo l'elemento che consente di avere delle risposte in tempo reale rispetto alle dichiarazioni che possano emergere, anche per ragioni non meglio precisate, da parte di pentiti, collaboratori di giustizia. Non quindi il problema di inseguire di volta in volta le dichiarazioni, ma il problema fondamentale è di avere un quadro certo, sul quale ritengo si possa fare un salto di qualità: come annunciato nei giorni scorsi anche a Napoli, intendo mettere a disposizione l'ISPRA, affinché tale salto di qualità abbia il supporto scientifico e di ricerca di un soggetto importante come quello che ho richiamato.
Non partiamo quindi dall'anno zero, non partiamo perché c’è stata questa segnalazione, nel senso che sul fronte controllo dell'area c’è già stato un lavoro molto importante della procura: non vanto meriti che non sono né miei, né del mio Ministero. Adesso, piuttosto che costruire un altro strumento parallelo che si sovrappone, si tratta invece di implementare il lavoro che è stato fatto, di coordinare l'insieme di analisi; perché poi di studi, di ricerche su quest'area se ne sono fatti molti. Si tratta di coordinarli, di metterli tutti insieme e di costruire una banca dati che consenta di dare una risposta certa e definitiva, in ordine appunto allo stato complessivo di quell'area e ai danni che sono stati provocati nel corso del tempo.

PRESIDENTE. La deputata Picierno ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

PINA PICIERNO. Signor Presidente, intendo innanzi tutto ringraziare il Ministro per la puntualità; vorrei dire anche la competenza con cui si è espresso, con cui ha rappresentato quanto sta accadendo. Si è parlato finalmente di cifre stanziate per le bonifiche, si è parlato di un piano, di un censimento: insomma, si è parlato finalmente di fatti, finalmente di cose precise, finalmente abbiamo delle risposte da poter dare ai cittadini.
Non posso non prendere atto di un significativo cambio di registro, signor Ministro, me lo lasci dire, rispetto alla sciatteria inaccettabile mista ad ignoranza, che ho dovuto riscontrare nelle parole di altri Ministri, in altre circostanze. Perché lei ha ragione quando ricorda che non è vero che siamo all'anno zero, lei ha ragione quando ricorda e ringrazia la procura di Santa Maria, insieme alla DDA di Napoli e ai magistrati coraggiosi che hanno fatto per davvero il loro lavoro in un territorio molto complicato, ma io non posso non ricordare che, in quest'Aula, altri Ministri hanno avuto l'indecenza di ricordare che i Pag. 35morti per tumore in Campania sono dovuti allo stile di vita. Il Ministro Balduzzi, nella scorsa legislatura, rispose ad una mia interrogazione, dicendo che in Campania si muore perché si mangia troppo, si corre poco e si fuma troppo.
Parole inaccettabili, Ministro, inaccettabili quando vengono pronunciate da esponenti di istituzioni dello Stato. E devo qui ricordare che il Ministro Lorenzin, non più tardi di qualche mese fa, si è espresso con le stesse parole del Ministro Balduzzi. Questo è quello che risulta assolutamente inaccettabile, perché, vede, quando noi ricordiamo le cifre che abbiamo ricordato stamattina, quando noi ricordiamo i numeri di quei morti ammazzati, sappiamo di raccontare cifre che fanno paura, che fanno rabbia, che suscitano indignazione; sono cifre quelle che urlano – urlano – un'unica verità: che per troppi anni è esistito un pezzo d'Italia rimosso, abbandonato; c’è stato un pezzo d'Italia che, per troppo tempo, si è fatto finta di non conoscere, si è fatto finta di non vedere.
Perché è vero, signor Ministro, che se quello che è accaduto in Campania si è potuto realizzare, tutto questo è accaduto anche perché c’è stato il silenzio colpevole di pezzi dello Stato, c’è stato il silenzio colpevole di amministratori corrotti, di politici corrotti locali. Tutto questo è avvenuto, è la storia di quella terra, è la storia della mia terra, è la storia di questo Paese.
E tutto questo dimostra quello che dicevo all'inizio, dimostra in maniera incontrovertibile che, per vent'anni, si è lasciato andare. Io apprezzo, sono contenta, sono soddisfatta delle parole del Ministro e sono felice che finalmente si possa mettere in campo un'inversione di tendenza chiara e netta, ma che non può non passare questa inversione di tendenza dal riconoscimento della violenza che è stata perpetrata in quella terra per troppi anni. Non può non passare dalla consapevolezza delle responsabilità enormi che ci sono state da parte dello Stato in questi anni e, Ministro, cancellare quelle responsabilità è impossibile. Sono responsabilità che, ovviamente, io non imputo a lei, sono le nostre responsabilità, vorrei dire, sono anche le mie, sono di tutti noi, sono le responsabilità di parlamentari che, in questi anni, si sono seduti in quest'Aula, dei Ministri che in questi anni hanno fatto i Ministri. Cancellare quelle responsabilità è impossibile.
Per questo un'inversione di tendenza deve passare dal riconoscimento di quelle responsabilità, dalla necessità di chiedere scusa ai cittadini campani e, poi, dalla necessità, appunto, che abbiamo tutti insieme ora di cambiare pagina. Perché tutti quanti insieme dobbiamo dire forte «mai più». E io sono felice che il Ministro dell'ambiente si sia preso degli impegni puntuali, seri e precisi e che stia lavorando in maniera seria. E, però, dobbiamo insieme dire: mai più permetteremo che un territorio venga violentato come è stato violentato in questi anni; mai più sentiremo dichiarazioni vergognose di Ministri, che continuano a dire che i morti sono causati perché mangiamo male, corriamo poco e fumiamo troppo; mai più abbandoneremo cittadini alla loro disperazione.
È il tempo questo non più delle parole – io questo lo so –, è il tempo in cui i cittadini hanno bisogno di fatti, i fatti che lei elencava, i fatti che lei elencava con precisione e con puntualità. Questo è il tempo in cui la speranza che noi dobbiamo restituire a quella terra, dopo che quei cittadini hanno ascoltato veramente di tutto, è fatta di cose concrete: è fatta di ruspe che scavano, è fatta di bonifiche che vengono realizzate, è fatta di pezzi di territorio che vengono sequestrati.
Questo è il tempo del fare. La speranza che noi dobbiamo restituire a quei cittadini passa attraverso le cose che lei diceva e che noi insieme dobbiamo fare. Perché, vede, mentre noi continuiamo a discutere, là la gente continua a morire. Non si contano più i morti. Quei cittadini hanno imparato sulla loro pelle – vorrei ricordarlo qua ancora una volta – che la camorra non ammazza soltanto con le pistole. Ammazza soprattutto con i rifiuti tossici. Migliaia di cittadini che per troppo tempo si è fatto finta di non vedere, che Pag. 36non hanno scelto dove nascere, signor Ministro, perché non si sceglie dove si nasce. E però hanno imparato sulla loro pelle che al Sud si è meno uguali degli altri. Questa è la grande verità che io vorrei fosse riconosciuta in quest'Aula e anche da questo Governo. Questa è la grande ammissione di responsabilità che io mi aspetto da questo Governo. Solo se noi riusciremo a riconoscere che tutto questo è avvenuto, avremo la forza per poter cambiare pagina. Avremo la forza di poter invertire questa tendenza e avremo la forza insieme, signor Ministro, insieme a quei cittadini, insieme a quelle famiglie, insieme a quelle vittime innocenti, perché in quel territorio si è realizzata la più grande mattanza di vittime innocenti mai conosciuta.
Solo riconoscendo questo noi avremo la forza di costruire un tempo nuovo che è fatto di impegno preciso e finalmente di speranza, dopo troppi anni di incuria, dopo troppi anni in cui lo Stato è stato percepito come distante, come assente, come lontano, come colpevole. Noi abbiamo il dovere di dire a quei cittadini che c’è uno Stato, invece, capace di dimostrare presenza, attenzione, protezione. Abbiamo bisogno di dire a quei cittadini che c’è uno Stato che non solo sta a fianco di quei cittadini ma che gli è davanti, che è pronto a intervenire, che è pronto a difenderli, che è pronto a camminare insieme a loro in quella battaglia che è la vera battaglia che noi abbiamo di fronte, che è la battaglia di liberazione di quelle terre dal malaffare, dalla malapolitica, dalla camorra e dalla corruzione, da quel mostro a tre teste che ne ha causato la disperazione, che ne ha causato la morte, che ne ha causato la distruzione.
Ed allora io sono contenta che questa mattina, in quest'Aula, il Ministro abbia pronunciato parole chiare, precise, convinte e puntuali che ci danno la possibilità di restituire un pezzettino di speranza a quei cittadini: percorso che però abbiamo di fronte ancora a lungo. Mi auguro per davvero che si possa percorrerlo insieme, che si possa finalmente riprendere a camminare insieme, Stato, cittadini, istituzioni e associazioni. Le persone perbene di quel territorio hanno diritto di riprendersi quella terra e noi abbiamo il dovere di assicurare loro la nostra presenza, la nostra attenzione, la nostra vicinanza. Le parole del Ministro mi lasciano intendere che per davvero questa volta sarà così.

(Intendimenti del Governo in merito alla realizzazione di un termovalorizzatore nel territorio di Giugliano in Campania anche alla luce del rischio di apertura di una procedura di infrazione comunitaria – n. 2-00203)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Micillo n. 2-00203, concernente intendimenti del Governo in merito alla realizzazione di un termovalorizzatore nel territorio di Giugliano in Campania anche alla luce del rischio di apertura di una procedura di infrazione comunitaria (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Micillo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SALVATORE MICILLO. Signor Presidente, colgo anche l'occasione dell’assist che faceva la mia collega Picierno: oltre a tutto quello che è ha detto, adesso si pensa anche ad un inceneritore su questi territori.
Ministro Orlando, mi rivolgo a lei per ricevere una risposta che sia indicativa della linea che il Governo Letta intende tenere sulla situazione ambientale di Giugliano, in Campania, in provincia di Napoli. Una situazione che ha davvero pochi eguali al mondo e che proprio ieri su un noto quotidiano della Campania il commissario delegato per le bonifiche, Mario De Biase, ha rappresentato nella sua surreale ed effettiva drammaticità, riportando dati e parametri medico-sanitari frutto di uno studio fornito tra l'altro dall'Istituto superiore di sanità e che io medesimo ho voluto acquisire nella serata di ieri.
Non ci sono nel nostro Paese altri interlocutori ai quali rivolgere il nostro appello se non lei, Ministro, interlocutore Pag. 37unico dal quale mi aspetto ora non una risposta di circostanza, ma una risposta di coscienza.
Dal monitoraggio compiuto dal commissario De Biase e riportato ieri su un noto giornale, viene fuori un quadro di fuga da Giugliano, nel quale la costruzione dell'inceneritore dà il colpo finale ai cittadini per emigrare verso altri territori sicuramente più vivibili. Le cito solo alcuni passaggi, a firma di Gerardo Ausiello: «L'enorme zona avvelenata nel territorio di Giugliano è grande dieci volte il quartiere Vomero e quattro volte Posillipo. Si tratta di un quinto dello stesso comune di Giugliano, equivalente a 2.600 campi di calcio come quello dello stadio San Paolo». Sempre nel servizio si legge: «Nella zona rossa, tra la Resit e le discariche sotto sequestro, non c’è futuro. Ma l'inquinamento non si ferma lì. La falda acquifera risulta contaminata da sostanze cancerogene volatili anche nei 2 mila ettari circostanti. Parliamo di 20 chilometri quadrati (...). Realisticamente la bonifica appare impossibile – ammette il commissario di Governo, Mario De Biase –: per legge infatti bisognerebbe raccogliere tutti i materiali, rimuoverli e trasportarli altrove. Stesso discorso vale per le acque. Un'impresa proibitiva. Ciò che invece è necessario fare è la messa in sicurezza, per fermare l'avanzata di percolato e biogas. Un obiettivo a cui stiamo lavorando senza sosta. E in parallelo bisogna pensare ad una massiccia riconversione «no food», sostituendo gli alberi da frutto con pioppi, boschi ed essenze arboree». Le date dichiarazioni del commissario De Biase si commentano da sole.
In data 12 agosto 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando di assegnazione dei lavori per la costruzione dell'impianto inceneritore di Napoli est nel territorio di Giugliano, in Campania. Tale bando di gara dà il via alla procedura per la concessione dell'appalto per la progettazione definitiva ed esecutiva della realizzazione e gestione dell'inceneritore per i rifiuti stoccati in balle nella regione Campania. La costruzione dell'impianto sarà avviata entro dicembre ed ultimata nel giro di tre anni. Troppi però sono i dubbi circa l'organicità delle ecoballe, combustibile solido secondario, dato che, a causa della fermentazione, la frazione organica si è trasformata in una FOS, cioè frazione organica stabilizzata.
Da oltre dieci anni il territorio del Giuglianese, nell’hinterland a nord di Napoli, ha un gravame di circa 35 discariche, legali e non. Tra queste la discarica di Taverna del Re, dove sono depositate circa 7 milioni di ecoballe, mai sottoposte ad alcun procedimento di caratterizzazione ed occupanti una superficie equivalente a quasi 360 campi di calcio.
Il decreto-legge n. 61 del 2007, convertito dalla legge n. 87 del 2007, vieta la realizzazione di impianti di smaltimento finale in questo territorio. L'articolo 4 della direttiva 75/442/CEE del Consiglio del 15 luglio 1975 relativa ai rifiuti stabilisce che gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti vengano smaltiti o recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente.
La direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento dei rifiuti, dispone severe restrizioni in materia. Si registra la violazione dell'articolo 14 della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti in Italia, l'ultima nel dicembre 2012.
Mentre negli anni gente senza scrupoli avvelenava i terreni, la gente manifestava nelle strade, ricevendo anche manganellate, compreso me. Lo Stato rassicurava di stare tranquilli, perché la situazione era sotto controllo e che qualsiasi intervento, inteso come discarica, sarebbe avvenuto nel rispetto della legge. Quante violazioni del territorio ci sono state in nome della legge ? Quanti terreni depredati ? Non vogliamo più che sia così. Anche oggi si vorrebbe che la gente si facesse avvolgere dal suono del silenzio. Invece no. La gente è stufa di una politica che sceglie, tra le soluzioni ad un disastro, quella per aggravarlo.
E ci chiamavano allarmisti. Ci chiamavano «il popolo del no», quelli che non Pag. 38volevano capire che non vi fosse altra soluzione che lasciare aperta la porta del proprio territorio ad ogni tipo di rifiuto. Mercoledì 11 settembre si è svolta a Giugliano una manifestazione assolutamente pacifica con migliaia di persone in piazza che reclamavano e reclamano il diritto alla vita rispetto alle costruzioni sul territorio dell'inceneritore e la richiesta ferma e decisa di bonifiche mirate e capillari. Oggi diciamo «no» all'inceneritore e lo diciamo ancora più convinti, forti dell'esperienza passata. Ci avevano detto che Taverna del Re sarebbe stata una discarica provvisoria e, invece, è diventata decennale. Ci dissero che sarebbero arrivate ecoballe e, invece, c’è di tutto al punto che ho dovuto attendere di diventare deputato per varcare quei cancelli.
Se il Governo Letta ha deciso che l'inceneritore debba essere la bara nella quale chiudere Giugliano, allora noi non ci stancheremo di ricorrere finanche agli organismi europei. Già, cosa dice l'Europa, Ministro ? Noi vogliamo essere europei non solo nello spread, ma anche e soprattutto nel rispetto della normativa europea in materia ambientale. Altrove differenziano, riusano, riciclano, ecovivono, a differenza dell'ecomorte, tutta italiana. Mi sono procurato le procedure di infrazione in materia ambientale. Nessun Paese membro dell'Unione europea ha accumulato così tante infrazioni come l'Italia. Al 10 settembre 2013 al Dipartimento per le politiche comunitarie risultano ben 29 procedure di infrazione con messa in mora riguardanti la protezione delle acque, gestione del rumore ambientale, stoccaggio del mercurio metallico, cadmio, piombo, restrizione dell'uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, emissioni industriali, quote di emissioni di gas a effetto serra.
Come facciamo a starcene tranquilli ? L'Europa ha messo all'indice gli inceneritori e noi facciamo un appalto da ben 450 milioni di euro. Le buste saranno aperte l'11 ottobre prossimo. Fermiamo oggi questa scelta scellerata piuttosto che arrivare tra quattro o cinque anni a piangerci ulteriormente addosso, magari perché come al solito è sempre arrivata la magistratura. Quale impresa del Nord deve favorire questo bando ? Quante imprese saprebbero costruirlo ? È ovvio che saranno sempre i soliti nomi. La cosa ci infastidisce e ci ha fatto pensare non appena appresa la notizia di inizio agosto. Un mese anomalo, dove si consumano da sempre le iniziative più discutibili. Tale bando è stato pubblicato il 12 agosto, a ridosso del Ferragosto. Già, questo è un dato alquanto anomalo.
Ho voluto fortemente questa interpellanza, Ministro, per chiedere il rispetto delle normative europee anche in Italia. Altrove vengono chiusi gli inceneritori, mentre noi ne costruiamo uno, da record, destinato a lavorare forse per un anno e mezzo circa e poi essere messo al bando dall'Unione europea e senza riuscire nemmeno a smaltire le sette milioni di ecoballe. Il buonsenso fa una fatica enorme ad interpretare tale scelta. Chi deve campare su questo programma di inceneritore ? Altrove si recupera. Noi amiamo le vie brevi, inceneriamo. Ma prima di incenerire abbiamo analizzato balla per balla la composizione di questi rifiuti a Taverna del Re ? Quando mi dicono che bisogna rispettare le competenze territoriali, le autonomie fra Parlamento e regione Campania, mi sento offeso come cittadino. La divisione delle autonomie copre molte malefatte. Il più delle volte serve a fare lo scaricabarile di Stato.
La regione deve avere competenza ? Dialogate. In nome del popolo vale la pena ? Non è possibile considerare il popolo sovrano nel voto e suddito nelle scelte regionali e statali. Fai così e basta. Martedì 10 settembre lo stesso governatore Caldoro, mediante un post su Facebook, ha aperto a soluzioni alternative all'inceneritore. È il momento di creare un ponte tra le parti. Il termine «termovalorizzatore» non esiste. Lo hanno inventato per addolcire l'amara verità. L'ipocrisia ambientale inizia da un dolo terminologico. Dopo le discariche, roghi tossici, sversamenti illeciti e illegali, l'inceneritore appare come la sfida della Pag. 39politica alla società civile. Invece di tutelare la popolazione, si rende complice di un abominio sociale. Nel luglio 2012 l'istituto Pascale di Napoli ha pubblicato un rapporto sui casi di morte verificatesi dal 1998 a causa delle neoplasie.
Un quadro a tinte fosche, che evidenzia un aumento dei tumori stimato fino al 47 per cento. Il dossier evidenzia anche la correlazione tra inquinamento ambientale e patologie, mettendo in risalto che la crescita dei malati oncologici in quelle zone va di pari passo con i roghi di immondizia e i fumi tossici che le fiamme liberano nell'aria. Tra la provincia di Napoli e il casertano viene sottolineato, nel rapporto, l'aumento delle neoplasie, stimato nel 28,4 per cento negli uomini e nel 32,7 per cento nelle donne. Da oltre dieci anni il territorio a nord di Napoli ha un gravame di circa 35 discariche, legali e non, e tra queste la discarica di Taverna del Re. Esistono innumerevoli studi di settore che rilevano un'incidenza mortale di malattie incurabili e svariate patologie, addebitabili alle polveri prodotte dagli inceneritori.
Il quinto programma politico e di azione della Comunità europea a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile, completato dalla decisione n. 2179/98/CE, sul suo riesame, indica come obiettivo il «non superamento dei carichi e dei livelli critici» di alcuni inquinanti quali gli ossidi di azoto, il biossido di zolfo, i metalli pesanti e le diossine, mentre in termini di qualità dell'aria l'obiettivo è un'effettiva protezione di tutti i cittadini dai rischi riconosciuti per la salute provocati dall'inquinamento atmosferico. La direttiva n. 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento dei rifiuti, dispone severe restrizioni in materia. Si registra, inoltre, la violazione dell'articolo 14 della direttiva n. 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti in Italia, l'ultima nel dicembre 2012.
L'idea di costruire un nuovo inceneritore nel territorio di Giugliano, atteso che il quadro normativo comunitario non contempla il termine «termovalorizzatore», vede un territorio già compromesso dalla presenza del sito di stoccaggio di Taverna del Re. Da anni si chiede l'istituzione di una commissione tecnico-scientifica indipendente per analizzare e valutare la composizione delle balle: l'analisi delle balle decennali taglia fuori dai fondi CIP 6 il programmato impianto, e se così non fosse sarebbe un abuso. Richiamo il decreto-legge n. 90 del 2008, convertito dalla legge n. 123 del 2008. Nell'articolo 8-bis, primo comma, il riferimento alla parte organica dei rifiuti rende difficile immaginare che ci si riferisca alle balle che, invece, secondo il bando è il materiale che si vuole inviare all'incenerimento. Tra l'altro, per beneficiare dei cosiddetti CIP 6 dovremmo avere a che fare con fonti di energia rinnovabile il che, secondo quando definito all'articolo 2 della direttiva del 2001, esclude la frazione non biodegradabile dei rifiuti dalla categoria delle fonti energetiche rinnovabili.
Le alternative sì ci sono, signor Ministro. Come per tutte le cose che fanno bene occorre, però, la buona volontà per realizzarle. Occorre aumentare i livelli di raccolta differenziata. Un inceneritore disincentiva il cittadino a differenziare. Poi, trattamento meccanico manuale a freddo dei rifiuti, riciclo degli stessi, apertura dei siti di compostaggio, piani di arginamento per l'avanzata del percolato e di biogas, come dichiarato dal commissario De Biase, siti autentici di riqualificazione, attivazione del Sistri. Tale sistema di tracciabilità per il trasporto dei rifiuti non è mai andato in funzione ma è già stato pagato dai contribuenti e comporta un aggravio sulla situazione ambientale ed espansibili conseguenze. Inoltre, promozione di coltivazioni no food e bonifica radicale e capillare profondissima.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere.

ANDREA ORLANDO, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, vorrei partire dall'Europa, dalla considerazione che è Pag. 40stata fatta. Ventinove sono le procedure di infrazione, però credo di potere annunciare in quest'Aula che entrò la fine di quest'anno saranno meno di quindici. Quindi, credo che questo sia un fatto significativo, che va sottolineato.
Tra quelle, però, che non credo che saranno risolte c’è esattamente quella che riguarda l'interpellanza che è stata proposta. Infatti, lei, onorevole Micillo, contesta il bando ad agosto. Il bando ad agosto è il frutto del fatto che il 20 giugno noi siamo stati deferiti alla Corte per non avere rispettato gli impegni che erano contenuti all'interno del piano regionale della Campania per lo smaltimento dei rifiuti.
Per questo io credo che sia erroneo dire che il Governo intende realizzare il termovalorizzatore. È una previsione contenuta dal 2010 all'interno della pianificazione regionale, che pure recepiva l'azione di protezione civile che precedentemente era stata svolta.
Quindi, il punto fondamentale è questo: come si fa ad adempiere alle indicazioni europee, che ci chiedono, sostanzialmente, due cose. La prima è chiudere il ciclo e la seconda è affrontare il tema delle ecoballe. Il piano regionale deve affrontare questi due punti diversi.
Io sono stato il primo a prendere atto di alcune dinamiche positive che si sono realizzate in Campania, cioè il fatto che la crescita della raccolta differenziata e la diminuzione della produzione di rifiuti in generale rendevano sovrastimato il fabbisogno di impiantistica, in particolar modo di termovalorizzatori previsti dal piano, e ho aperto a una riflessione per rimodulare le previsioni che erano contenute nel piano. Ho stimolato questo tipo di confronto, che poi, naturalmente, passa, però, attraverso una statuizione – non è uno scaricabarile – della regione. Questo risolve una parte del problema o ne affronta una parte, cioè quello dei rifiuti solidi urbani; non affronta il tema delle ecoballe. Quello di Giugliano è un impianto dedicato a questo.
Io, come ho detto in più occasioni, fino all'ultimo giorno utile sono disponibile a verificare altre ipotesi. Ho visto che è stato anche scritto che io avrei dato un diktat rispetto al fatto che gli impianti vanno fatti lì. No, semplicemente, il punto è che o si trova qualcuno che si prende le ecoballe da un'altra parte o si bruciano o si trattano, ma tutte cose che si possano realizzare in loco, perché è difficile ipotizzare lo spostamento di 6 milioni di tonnellate di ecoballe per il Paese o all'estero.
Quindi, ragionevolmente, la risposta che dobbiamo dare all'Europa è: facciamo il termovalorizzatore oppure non lo facciamo più e affrontiamo un'altra metodologia di trattamento delle ecoballe, ma, ragionevolmente, quel trattamento non potrà essere realizzato molto distante da dove sono le ecoballe. Questo mi sembra un criterio assolutamente elementare rispetto allo stato dell'arte.
Tuttavia, anche in questo caso, non voglio in alcun modo dare l'idea di trascurare alcun tipo di ragionamento. Io adesso chiamerò, nei prossimi giorni, tutti i principali istituti di ricerca del Paese per chiedere se vi sono elementi per poter dire che vi sono altre strade da percorrere. Infatti, ritengo che sia molto importante che nessuna ipotesi, nessun approfondimento sia scartato, anche perché la stessa strada del termovalorizzatore ha molti elementi di incertezza procedurale e di fattibilità economica. Quindi, non è che noi stiamo procedendo verso una direzione che è in grado di essere certamente realizzata.
Più ipotesi abbiamo, più possibilità abbiamo, più, credo, saremo in grado di assumere una decisione, quando le avremo messe tutte sul tavolo, consapevole e anche difendibile di fronte ai cittadini. Il punto fondamentale, però, è che, mentre si cercano altre strade, non possiamo disapplicare una normativa vigente in questo momento. Questo è il punto.
Io però, fino all'ultimo momento utile, fino all'ultima finestra utilizzabile, sono per ricercare tutte le strade alternative che si possono mettere in campo, compresa – questa è una richiesta che accolgo, perché è mia stessa determinazione – una raccolta Pag. 41degli elementi definitivi sulle caratterizzazioni che fino ad oggi vi sono state e quelle che, invece, vanno ancora fatte.
Infatti, sicuramente una parte del ragionamento è carente per l'assenza di una raccolta sistematica delle indicazioni che sono necessarie a capire esattamente il tipo di prodotti che sono contenuti all'interno delle ecoballe. Si sono fatte caratterizzazioni, però ora è bene che tutti gli studi che sono stati fatti siano resi pubblici e che si sappia esattamente quali sono gli elementi sui quali siamo chiamati a decidere.
Io credo che da questo punto di vista sia però importante – mi permetto di suggerirlo – distinguere l'insieme di fenomeni illegali che sono stati richiamati, rispetto invece ad una impiantistica che, qualunque essa sia, ha una natura diversa, perché non si può mettere sullo stesso piano la discarica abusiva e la realizzazione di un termovalorizzatore.
Credo che da questo punto di vista si può dire che il termovalorizzatore è una soluzione meno idonea di altre. Se individuiamo le altre, io sono molto contento, perché tra l'altro – lo annuncio a quest'Aula – intendo anche prevedere una moratoria rispetto alla previsione di nuovi termovalorizzatori.
Ma il punto fondamentale è, in questo momento – questa è la cosa su cui invito tutti ad una riflessione – non mescolare vicende che sono tra loro diverse. La realizzazione di un termovalorizzatore può essere discutibile, opinabile, può essere superata da soluzioni diverse, ma non si può mettere sullo stesso piano della realizzazione della discarica ex Resit, perché credo che sia un modo sbagliato di affrontare un problema reale, che io non sottovaluto in alcun modo e penso di poterlo dire in ragione di atti assunti.
Nel «decreto del fare» ho vietato l'importazione di rifiuti industriali nella regione Campania, nell'attuazione del SISTRI ho ritenuto che la regione Campania dovesse avere un regime specifico in ordine alla tracciabilità dei rifiuti. La mia prima visita istituzionale è stata esattamente in quel territorio, quindi sono assolutamente consapevole che si tratta di un territorio delicato, in cui – per ragioni che sono state anche in qualche modo richiamate nell'interpellanza precedente – è caduta la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e ci vorrà molto tempo per poterla riconquistare.
Faccio un'unica raccomandazione. Combattiamo tutte le ipotesi, se non le riteniamo ragionevoli. C’è un'apertura, una disponibilità a discutere anche su altre strade, nel senso che io chiamerò ENEA, CNR, chiamerò l'ISPRA, a un tavolo, per verificare se ci sono altre strade, assumerò tutti i dati in ordine alla caratterizzazione delle ecoballe, esplorerò tutte le strade possibili e ne darò conto anche a tutti i comitati che si sono costituiti contro il termovalorizzatore e per la bonifica delle aree. Farò tutti i passi necessari affinché tutte le altre possibili strade siano esplorate. L'unica cosa che chiedo – naturalmente ognuno usa le argomentazioni che crede – è non mescolare delle vicende che sono gravissime con delle ipotesi che sono percorse e seguite in tutti gli altri Paesi europei. Riguardo alla realizzazione di termovalorizzatori, infatti, per quanto l'Europa oggi ragioni sul fatto che ne sono stati costruiti troppi, ne sono stati costruiti. Non è che negli altri Paesi europei i termovalorizzatori non siano stati realizzati ! Ma su questo non è necessario interloquire, perché su questo io sono convinto, ve l'ho detto: per gli RSU il punto fondamentale è che c’è un sovradimensionamento delle previsioni. Giugliano è una specificità, perché Giugliano è un termovalorizzatore dedicato a quel tipo di rifiuti. Se si trova un'altra soluzione, io sono molto contento di esplorarla e di svilupparla anche nel confronto con i comitati. Tuttavia non si può dire che questa sia una decisione del Governo Letta. Questa è una decisione che – come ho ricordato – era contenuta all'interno di un piano regionale che dal 2010 aveva avuto vigenza sulla base di indicazioni dell'autorità di protezione civile precedentemente, e per la quale l'Unione europea ci rimprovera l'inadempienza e l'inerzia nella sua attuazione.Pag. 42
Quindi, credo che la posizione sia sufficientemente chiara: disponibilità ad esplorare altre strade, disponibilità ad un confronto, disponibilità all'approfondimento scientifico.
Credo che sia molto importante da questo punto di vista ragionare anche su come è possibile ripristinare una corretta comunicazione. Io ho visto come nel corso di queste settimane spesso si siano forzate parole in una direzione piuttosto che nell'altra. Noi vogliamo ripristinare un dialogo con le autorità locali, con le amministrazioni. Io promuoverò un confronto con i sindaci e i commissari dell'area direttamente interessata, perché è giusto che questa decisione, la si assuma quando sarà il momento ultimo, con la massima condivisione e con la massima consapevolezza della scelta che dobbiamo fare.
Quello che non credo sia giusto è ipotizzare che, dietro una scelta o l'altra, ci siano interessi inconfessabili. Lo dico con molta franchezza, perché questa è una tesi che può valere per qualunque tipo di soluzione. Se decidessimo di trasportare quelle ecoballe, qualcuno potrebbe sostenere che è nell'interesse di chi fa i trasporti, o se decidessimo di tombarle – ammesso che sia possibile – qualcuno potrebbe sostenere che è nell'interesse di chi le vuole tombare.
Quindi, io penso che da questo punto di vista si debba chiedere – siccome la legge lo prescrive – il massimo della trasparenza, qualunque sia la soluzione che alla fine verrà assunta e non costruire illazioni sulle diverse ipotesi, che – ripeto – in un'area come quella sono utilizzabili per qualunque tipo di scenario e di scelta, perché pensiamo anche soltanto se si aprisse la strada alla possibilità di aprirle e di trattarle in loco quali sarebbero i pericoli anche dal punto di vista dell'infiltrazione dei soggetti criminali che sono presenti sul territorio.
È un rischio che corriamo qualunque strada si segua, ma proprio per questo non credo sia utile alla nostra discussione fare in modo tale che una soluzione piuttosto che l'altra sia associata a interessi inconfessabili. Da questo punto di vista, credo che la parola definitiva ce la possano dare le autorità scientifiche più significative del Paese, che ci possono dire appunto se esistono delle altre strade. Io naturalmente, nel momento in cui le chiamo a una riflessione, mi rimetto anche alla loro decisione. In questo senso, per quanto di competenza del Ministero – che, come ho ripetuto, è una funzione in parte di surroga, in parte di monitoraggio –, terrò una linea che non potrà prescindere anche dalle indicazioni che assumerò in questo tipo di confronti.

PRESIDENTE. Il deputato Micillo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Le ricordo che ha al massimo dieci minuti.

SALVATORE MICILLO. Signor Presidente, ovviamente non sono soddisfatto perché non si è capito cosa c’è in quelle ecoballe. Non possono essere bruciate da nessuna parte, l'ho spiegato prima. Le alternative, per adesso: avete fatto un bando e adesso dite che farete un comitato tecnico-scientifico. Il bando per adesso che facciamo, lo blocchiamo ? O nel momento in cui il bando lo vincerà qualcuno dobbiamo pagare anche altri che hanno vinto quel bando ?
Allora, o si decide di abbandonare quel bando, metterlo da parte, si mettono in atto delle misure di sicurezza per quelle balle, si studiano dai suoi istituti, da quelli dei cittadini, e si capisce insieme – glielo sto dicendo Ministro, «insieme» – cosa c’è là dentro. Per adesso quel bando lo abbandoniamo, perché non è possibile incenerire quelle balle con un «termovalorizzatore» – come lo chiama lei – o «inceneritore» – come lo chiamiamo noi –, perché altrimenti da qui non se ne esce. Qui, oltre a quello che c’è su quel territorio, incenerire anche quelle balle, oltre al terreno, non ci sarà più aria da respirare. La procura di Napoli – non il MoVimento 5 Stelle, non i cittadini – ha detto che su quel territorio nel 2064 non ci sarà più vita !
Ministro, con tutta la passione che abbiamo, le stiamo dicendo: abbandoniamo Pag. 43quel bando ! Insieme studiamo quelle balle con i suoi istituti, che saranno sicuramente i maggiori esperti, ma per il momento abbandoniamo quel bando (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative volte a garantire il corretto utilizzo dei fondi europei, con particolare riferimento alla Sicilia – n. 2-00150)

PRESIDENTE. La deputata Di Vita ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00150, concernente iniziative volte a garantire il corretto utilizzo dei fondi europei, con particolare riferimento alla Sicilia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Avverto che, per un mero errore materiale, tra i firmatari dell'interpellanza urgente Di Vita n. 2-00150 figura la deputata Marzano anziché la deputata Marzana.

GIULIA DI VITA. Signor Presidente, Vice Ministro, colleghi, nel corso del tempo dalla gestione amministrativa tutt'altro che virtuosa nel settore della formazione professionale è emerso un quadro criminale e intricati rapporti di malaffare, mirati allo scopo di distrarre ingenti somme di denaro pubblico per scopi personali, tali da porre l'intero settore all'attenzione dell'opinione pubblica per le accuse di inefficienza e corruzione.
La formazione professionale nel territorio siciliano, oltre a non aver assicurato gli standard richiesti dal mercato del lavoro, ha soprattutto generato nel tempo eserciti di addetti, costretti a rincorrere annualmente le istituzioni e la politica per i rinnovi dei contratti di servizio e il pagamento delle spettanze.
L'idea iniziale di ottenere un finanziamento e poterlo gestire liberamente senza alcun rendiconto, ma solamente con l'obbligo di raggiungere l'obiettivo dell'erogazione del servizio formativo, si è rivelata essere alquanto azzardata.
Con il tempo e con il verificarsi di alcuni risvolti evidenziati dall'autorità giudiziaria, si è avuta la certezza che proprio tale impostazione criminale era perseguita in modo pervasivo e continuativo, al punto da dar vita a veri e propri «sistemi».
Il Ministro sarà certamente a conoscenza delle recenti inchieste giudiziarie delle procure di Palermo e di Messina in merito al famoso scandalo della formazione professionale in Sicilia.
Quanto al caso palermitano, il cosiddetto «scandalo Giacchetto», le indagini condotte dalla Guardia di finanza hanno accertato che i 15 milioni di euro per avviare all'apprendistato circa 1.500 giovani disoccupati, stanziati dal Ministero del lavoro, sarebbero finiti in buona parte nelle tasche di politici e manager per viaggi, cene, escort; è stato scoperto anche un reticolo di fatture inesistenti e appalti pilotati; insomma, un vero e proprio sistema di corruzione e distrazione di fondi pubblici.
Gli arresti hanno svelato quello che si ritiene essere un vero e proprio comitato d'affari al cui vertice vi sarebbe, secondo la procura, il manager Faustino Giacchetto, che, per anni, anche corrompendo politici e dirigenti pubblici e ricorrendo a fatture per operazioni inesistenti, avrebbe pilotato numerosi appalti in Sicilia e si sarebbe appropriato di rilevanti fondi comunitari che, almeno sulla carta, avrebbero dovuto essere destinati ai principali progetti per la formazione professionale.
I militari della Guardia di finanza di Palermo hanno eseguito diciassette ordinanze di custodia cautelare nei confronti di imprenditori, dirigenti regionali e politici.
Preme a tal proposito rimarcare in quest'Aula la trasversalità di tutti i partiti politici coinvolti nella vicenda; dalle carte della procura emerge, infatti, che il «sistema» in questione è stato scoperto anche grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di Giacchetto, i quali, pentendosi, hanno rivelato i nomi dei politici coinvolti nello scandalo e attualmente indagati, tra i quali: Francesco Scoma (PdL), appoggiato dal sindaco Di Matteo alle ultime elezioni regionali, Gaspare Vitrano (PD), Francesco Cascio (PdL) e i due Pag. 44politici monrealesi più «influenti» degli ultimi anni, Nino Dina (UdC) e Salvino Caputo (FdI), deputato regionale decaduto in seguito alla condanna definitiva. Ogni tanto succede.
Dalle notizie diffuse dalla stampa si apprende, inoltre, che il 10 luglio scorso, su richiesta della procura regionale, la Corte dei conti ha decretato e notificato a dodici persone un provvedimento di sequestro che riguarda case, terreni, conti correnti e macchine. Un sequestro conservativo basato sull'ipotesi che nella vicenda «Ciapi» si possano configurare delle colpe gravi.
L'elenco delle persone raggiunte dal sequestro si apre con l'ex presidente del Ciapi, Francesco Riggio, al quale sono stati bloccati beni per oltre 5 milioni di euro, e prosegue con Gaspare Lo Nigro, ex direttore dell'agenzia regionale per l'impiego, che ha approvato il progetto e dato il via libera all'integrazione dei fondi per il Co.Or.Ap. (sequestro da un milione e mezzo di euro). Ci sono poi tutti i componenti del comitato tecnico scientifico del progetto, in rappresentanza del Ciapi o della regione siciliana: Daniela Avila, Calogero Bongiorno, Luigi Gentile, Giuseppe Gattuso, Giuseppe Bonadonna, Rosario Candela, Santo Conti, Natalino Natoli, Enzo Testagrossa, Salvatore Schembri. Per loro, il sequestro ammonta ad 850 mila euro ciascuno.
Per scoprire come sono stati spesi i soldi, i finanzieri del nucleo di polizia tributaria hanno ascoltato alcune delle 278 persone (troppe, secondo la procura della Corte dei conti) che hanno lavorato al progetto. E tutti hanno raccontato di «giornate intere in cui non vi era nemmeno un utente» agli sportelli informativi aperti in diverse città siciliane. «Sportelli che non disponevano nemmeno di un computer», hanno aggiunto alcuni di loro. Ecco spiegato il risultato imbarazzante su cui si è concentrata la Corte dei conti: 15 milioni di euro spesi, diciotto giovani indirizzati all'apprendistato e zero posti lavoro creati.
Per quanto riguarda, invece, il più recente scandalo messinese, le indagini della procura hanno condotto all'applicazione di dieci ordinanze di custodia cautelare, agli arresti domiciliari e ad una misura di sospensione dall'esercizio dei pubblici uffici nei confronti di altrettante persone accusate di associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche destinate al finanziamento di corsi formativi nell'ambito di progetti approvati dalla regione e finanziati anche con fondi dello Stato e dell'Unione europea.
L'inchiesta giudiziaria in questione vede coinvolti in provincia di Messina l'Aram, la Lumen e l'Ancol, tutte ONLUS senza scopo di lucro, gestite da molti politici e i loro parenti come Chiara Schirò e Daniela D'Urso, mogli degli ex sindaci Francantonio Genovese, adesso deputato di questa Camera, e Buzzanca, come Melino Capone, ex assessore comunale, Elio Sauta, ex consigliere del PD, Franco Rinaldi, deputato regionale e cognato di Genovese, Elena Schirò, moglie di Franco Rinaldi, e Concetta Cannavò, tesoriere del PD di Messina.
Gli enti di formazione suddetti, avrebbero percepito indebitamente oltre 13 milioni e 600 mila euro dalla Regione siciliana dal 2006 al 2011. In particolare sarebbero state rilevate prestazioni simulate per sovrafatturare le spese di gestione da parte di soggetti o società compiacenti, tutte documentalmente nella disponibilità e nel controllo dei medesimi soggetti inquisiti. Questi, sono gli ultimi fatti.
Il fenomeno delle irregolarità e delle frodi sull'utilizzo dei fondi pubblici non è per nulla nuovo in Sicilia. Dati alla mano della Corte dei conti, con 153,5 milioni di euro da recuperare a seguito di irregolarità, la Sicilia risulta la regione più negligente, anche se a non brillare è tutto il meridione. In particolare la Corte dei conti si sofferma sul fenomeno delle frodi, ritenendo estremamente preoccupante che fra i sistemi utilizzati è frequente la mancata realizzazione delle attività finanziate, soprattutto nel settore dei contributi pubblici. Una condotta che risulta, quindi, strumentale alla illecita distrazione dei fondi concessi, pregiudicando, altresì, le Pag. 45finalità specifiche a cui le sovvenzioni sono indirizzate, rivolte alla riqualificazione professionale dei lavoratori e allo sviluppo delle attività imprenditoriali, vanificando l'obiettivo di incentivare le occasioni di crescita nel settore e nelle regioni interessate. Questo, quindi, è lo stato dell'arte.
In attesa che la giustizia faccia il suo corso, intanto, la Regione siciliana e il presidente Crocetta, sull'onda dello scandalo mediatico, hanno inaugurato una infuocata stagione di repulisti trasversale, deliberando la revoca di alcuni accreditamenti degli enti di formazione professionale coinvolti, con la conseguenza però di mettere seriamente a rischio la posizione di numerosissimi lavoratori siciliani. Ed è proprio questa la ragione del mio intervento: accendere i riflettori sulle conseguenze che una così scarsamente ponderata decisione può determinare a scapito dei lavoratori.
Oggi voglio lanciare, dunque, un allarme molto forte, oltre ad un'esplicita richiesta di intervento rivolta al Governo, perché siamo estremamente preoccupati dal silenzio della Regione siciliana in merito alla salvaguardia del personale dipendente che, ad oggi, risulta assolutamente estraneo ai fatti contestati dall'autorità giudiziaria. Oltre al mantenimento del posto di lavoro emerge nella sua drammaticità, la questione delle mensilità maturate e non percepite dai dipendenti dei citati enti. Quale futuro per i dipendenti già precarizzati dall'attuale situazione del settore della formazione ed in generale dalla crisi economica ? Qualcuno è stato scoperto con le mani nella marmellata e altri ne pagheranno le conseguenze ? Si potrebbe applicare l'ipotesi di commissariamento, in attesa che la legge faccia il suo corso ? Chi salverà i conti delle mensilità pregresse maturate dai lavoratori ?
Mentre noi ci poniamo questi interrogativi, circa diecimila lavoratori sono in attesa che qualcuno abbia la cortesia di dire loro quale sarà il destino che li aspetta e vivono l'attesa delle decisioni che verranno come una spada di Damocle che pende sulla loro testa. Se la regione non paga, infatti, non sono i responsabili a pagarne le conseguenze, ma solo e soltanto i dipendenti di questi enti «mangiasoldi»; molti di essi sono già stati licenziati, a molti altri toccherà presto la stessa sorte. Gli effetti di questa situazione non hanno tardato a mietere le prime vittime; esseri umani umiliati e mortificati dall'onta di non potersi più far carico delle necessità della propria famiglia hanno preferito farla finita togliendosi la vita. Non c’è più il tempo per aspettare le grottesche acrobazie di una politica sempre più lontana dai bisogni e dai drammi quotidiani dei cittadini.
La vicenda oggetto di questo mio intervento non è recente, sono anni che va avanti in mezzo al totale disinteresse di chi ha distolto lo sguardo, chissà quanto inconsapevolmente. È indispensabile che Governo e amministrazione regionale riflettano seriamente sulla situazione, e che si dia attenzione e priorità alla condizione dei lavoratori.
Il Governo deve assumere provvedimenti ed azioni concrete per stare più vicino ai lavoratori ed evitare che allo sconforto e ai problemi di ogni giorno, si aggiunga la perdita della speranza. Ci si chiede, infatti, come si intenda affrontare l'attuazione del programma comunitario Youth Guarantee, previsto già per il 2014, in una regione che presenta tali e delicate criticità, fin troppo consolidate.
Viene sinceramente da chiedersi, inoltre, come sia possibile che nonostante la questione vada avanti ormai da anni non si sia riusciti, ancora, ad intervenire efficacemente sul fenomeno. Il semplice buon senso spingerebbe a provvedere, nell'immediato, a un controllo straordinario, atto anche a chiarire il ruolo e la responsabilità degli ispettori e delle direzioni territoriali del lavoro in Sicilia.
Eventuali segnalazioni su frodi e irregolarità andavano indirizzate direttamente all'OLAF, ma nulla si sa arriva al riguardo. Pertanto, chiediamo di sapere quali siano gli elementi di cui il Governo dispone sulla vicenda e se sia intenzione del Ministro interpellato, per quanto di sua competenza, porre in essere iniziative utili a rendere effettivamente fruibili gli strumenti Pag. 46offerti dall'Europa ai nostri giovani, in particolare a quelli residenti nella regione Sicilia, senza che la mala gestio delle risorse renda ancor più complessa una situazione occupazionale già di per sé drammatica. Chiediamo, infine, che il Governo si faccia carico dei lavoratori e delle loro famiglie, travolti da vicende di cui non sono responsabili, ma solo vittime (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il Viceministro del lavoro e delle politiche sociali, Cecilia Guerra, ha facoltà di rispondere.

MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, nell'intervento l'onorevole Di Vita ha illustrato una situazione molto ampia e posto problemi e interrogativi in aggiunta rispetto a quelli che sono contenuti nell'interpellanza. È legittimo, ovviamente, ma io preciso che mi limiterò a rispondere ai precisi quesiti posti nell'interpellanza. Eventualmente, se ve ne saranno altri più precisi su altri aspetti, si risponderà anche su di essi. Vorrei anche sottolineare che, nel dare gli elementi informativi e nel rispondere quindi ai due quesiti che sono stati posti, l'aspetto cruciale che bisogna considerare è ovviamente la ripartizione delle competenze. Quindi, io posso dire quello che i Ministeri interpellati possono fare, ma non quello che può la regione Sicilia, che pure abbiamo interpellato, come dirò. Le informazioni che riceviamo le mettiamo ovviamente a disposizione.
L'interpellanza riguarda, come è stato ricordato, le frodi o presunte frodi ed irregolarità nell'utilizzo dei fondi pubblici destinati all'organizzazione di grandi eventi e nella gestione della formazione professionale in Sicilia.
Preliminarmente è opportuno precisare che la competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che qua rappresento, in materia di fondi strutturali europei, si esaurisce nel coordinamento del Fondo sociale europeo. Pertanto, il nostro Ministero non svolge e non ha il compito di svolgere indagini ispettive sulle risorse del Fondo sociale europeo dei programmi regionali. Secondo le disposizioni europee, che sono al proposito piuttosto stringenti e sono previste dai regolamenti UE, in materia di controlli sui Fondi strutturali, ogni singolo POR (Programma operativo regionale) gestito comunque dalla regione deve dotarsi di specifiche piste di controllo e di sistemi di monitoraggio. Queste piste di controllo e sistemi di monitoraggio, unitamente ai sistemi di gestione e di controllo, sono, fra l'altro, oggetto di verifica e controllo da parte della Commissione Europea e delle altre competenti istituzioni dell'Unione europea, ad esempio la Corte dei Conti UE, nonché, a livello nazionale, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, mentre, in questo ambito, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non ha competenza.
Tanto premesso, con specifico riferimento a quanto rilevato con l'interpellanza, informo che la regione Sicilia, che abbiamo espressamente interpellata con i nostri uffici competenti, ha reso noto di aver posto in essere una serie di attività finalizzate al recupero delle risorse finanziarie rendicontate per il progetto Co.Or.Ap. (consulenza, orientamento, apprendistato), affidato in house providing al centro internazionale addestramento professionale integrato di Palermo.
In particolare, dopo aver preso conoscenza delle irregolarità poste in essere dal C.I.A.P.I di Palermo nella gestione dei fondi pubblici destinati al progetto Co.Or.Ap., la Regione siciliana ci ha informati di aver provveduto, dapprima, a revocare l'accreditamento al medesimo ente e, successivamente, ad annullare il finanziamento al predetto progetto e alle successive integrazioni, disponendo nel contempo l'attivazione delle procedure per il recupero coatto di circa 15 milioni di euro. Successivamente, la legge regionale di stabilità per l'esercizio 2013 ha disposto la soppressione del C.I.A.P.I di Palermo, prevedendo altresì la nomina, da parte del presidente della regione, su proposta dell'assessore regionale per la famiglia, le Pag. 47politiche sociali ed il lavoro, di un commissario liquidatore per gli adempimenti di competenza.
Inoltre, l'assessore regionale del turismo, dello sport e dello spettacolo della Regione siciliana ha reso noto di aver già da tempo attuato una riorganizzazione dell'assetto della struttura dipartimentale competente in materia di grandi eventi e manifestazioni, nonché di aver adottato una pluralità di provvedimenti finalizzati a garantire trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa.
Nello specifico, si è provveduto: all'avvicendamento del personale impegnato nell'attività di gestione dei fondi; al rafforzamento della dotazione organica della predetta struttura dipartimentale; all'adozione, da parte del Governo regionale, di uno schema di disegno di legge, attualmente all'esame dell'Assemblea regionale, volto ad accrescere l'imparzialità e la trasparenza dell'azione amministrativa attraverso l'introduzione di più stringenti ipotesi di astensione ed incompatibilità.
Abbiamo poi chiesto informazioni anche al Ministero della giustizia, che ci ha reso noto che per i fatti denunciati con l'interpellanza, la procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo ha avviato un procedimento penale, iscritto al n. 20636/12 del registro generale delle notizie di reato, tuttora in fase di indagini preliminari.
Nell'ambito di questo procedimento, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo ha emesso, lo scorso 17 giugno, su conforme richiesta della procura, un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 36 indagati, che è stata in gran parte confermata dal tribunale per il riesame.

PRESIDENTE. La deputata Giulia Grillo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Di Vita n. 2-00150, di cui è cofirmataria.

GIULIA GRILLO. Signor Presidente, gentile Ministro, purtroppo dobbiamo dire di non essere assolutamente soddisfatti della risposta del Viceministro. Quanto al tema, che abbiamo portato alla ribalta, non è un caso che sia io che la collega Di Vita siamo entrambe siciliane; e parliamo di un argomento che ha a che fare con una terra che ha purtroppo esportato, in Italia prima e in Europa poi, un metodo, il metodo del malaffare e della commistione delinquenziale, che esiste ormai da quasi cento anni nella mia terra, tra le organizzazioni criminali e gli esponenti politici della mia stessa terra.
Abbiamo presentato questa interpellanza per denunciare all'opinione pubblica un fatto che in un certo senso incide sulle nostre vite, Viceministro. Non so da quale area territoriale lei provenga; però purtroppo chi è siciliano – come chi è campano, ci sono qui sotto i miei colleghi –, chi vive in queste terre purtroppo è abituato a doversi scontrare o a dovere fare parte di questo sistema; e non c’è una via di mezzo: o sei contro o sei con.
Non possiamo ritenerci soddisfatti di questa sua risposta, Viceministro, perché capisco che è una risposta relativa specificamente alle sue funzioni: noi abbiamo interpellato anche altri Ministri, probabilmente bisognava interpellare direttamente il Presidente del Consiglio in un caso come questo, anche se non sembra specificamente tale. Perché per noi andava anche interpellato ? Perché quello che è successo ha coinvolto e coinvolge anche deputati di questa legislatura, Ministro: il fatto gravissimo è anche questo, deputati in carica. Naturalmente questi coinvolgimenti vanno dimostrati poi dal punto di vista giudiziario; però è sotto gli occhi di tutti, perché è un dato ufficiale, che la moglie del deputato Genovese – messinese peraltro, quindi siciliano – sia coinvolta in questa gravissima vicenda. C’è quindi un'attualità, un'attualità anche fisica, di spazi, un'attualità di questa Camera, alla quale io e Giulia Di Vita apparteniamo, che non può non farci tremare, Viceministro, che non può non spaventarci, che non può non scandalizzarci.
Questo di cui stiamo parlando rientra allora in un fenomeno molto ampio, che voi conoscete molto bene: il fenomeno della corruzione in Italia. Il fenomeno che Pag. 48è ormai diventato parte del nostro DNA, è diventato una mutazione genetica di questo Paese, alla quale sembra veramente che nessuno riesca a fare fronte; una mutazione genetica che incide anche sull'attività del suo Ministero, sui risultati di esso: perché non lo diciamo noi, lo dicono illustri professori, illustri studiosi, che la corruzione depriva, che la corruzione distrugge la crescita economica di un Paese.
Vorrei richiamare alcune asserzioni fatte nell'ultima relazione della Commissione del Governo Monti sulla corruzione in Italia. Ci tante cose da dire, per esempio questa: la corruzione è profondamente radicata in diverse aree della pubblica amministrazione, nella società civile, così come nel settore privato; il pagamento delle tangenti sembra pratica comune per ottenere licenze e permessi, contratti pubblici, finanziamenti, per superare addirittura gli esami universitari, esercitare la professione medica e stringere accordi nel mondo calcistico.
La corruzione in Italia è un fenomeno pervasivo e sistemico, che influenza la società nel suo complesso. Le dico anche, non so se lei lo ha mai sentito dire, ma, addirittura, i dati rilevati da questa Commissione parlano di quasi 10 milioni di italiani ai quali è stata richiesta una tangente. Parliamo di cifre inaudite, che veramente pongono l'Italia, la politica del lavoro, la politica economica, la politica della giustizia di fronte ad una porta di vetro: ci si sbatte contro, ma non si riesce a passare.
È anche acclarato che vi è una relazione inversamente proporzionale fra la diffusione della corruzione e la crescita economica, che è quanto è dato comprendere se si considera che la diffusione del fenomeno corruttivo, in primo luogo, altera la libera concorrenza, favorendo la concentrazione della ricchezza in capo a coloro che accettano e beneficiano del mercato delle tangenti, a scapito di coloro che, invece, si rifiutano di accettarne le condizioni.
Denunciare questo scandalo siciliano – ma secondo noi non solo, Viceministro – significa chiedere che il Governo preveda delle misure preventive affinché ciò non accada. Il fatto che sia stato casualmente scoperto nel corso di un'indagine giudiziaria non ci pone assolutamente al riparo dal ripetersi di questi fenomeni, non ci dà alcuna garanzia che coloro – dirigenti, funzionari, organismi – che sono preposti al controllo della correttezza dell'uso di queste somme stiano effettivamente svolgendo in maniera adeguata questo lavoro.
Noi siamo preoccupati, Viceministro, perché qua si parla spesso di coperture economiche, di coperture finanziarie, quando la distrazione di soldi per via corruttiva, 120 miliardi di euro, ogni anno, in Europa – l'1 per cento del PIL europeo –, vengono puntualmente distratti dalle casse italiane con questo sistema, un sistema che riguarda anche la formazione professionale e che, forse, riconosce in questa esternalizzazione – maledizione a questa parola, diciamolo – della formazione professionale e, quindi, l'impossibilità di controllare questi flussi finanziari, anche una delle cause della corruzione italiana. 700 miliardi nel mondo noti, e ce ne saranno molti altri non noti.
Allora io dico, ma anche lei, Viceministro, può sentirsi impotente davanti a questo fenomeno ? Può non pensare di dover trovare delle soluzioni ? Può non pensare di poter dare lei, che ha un potere enorme e sa di avere questo potere, una risposta a noi cittadini ? Questo stiamo chiedendo, signor Viceministro, io questo le chiedo da cittadina e da deputato. La prego, la invito e la sprono a trovare una soluzione a questo fenomeno, andando oltre il discorso delle autonomie e delle regioni, perché, comunque, ci sono dei fondi sociali europei: noi abbiamo anche interpellato il Ministro per gli affari europei e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie.
Quindi, è veramente con tutta la mia intenzione, la mia concentrazione su questo fenomeno, che non si ferma qua, perché porteremo avanti questo lavoro, che le porgo appunto questa occasione e questa opportunità – e lo può fare, secondo noi – di dare una risposta reale, perché, naturalmente, quello che chi ha Pag. 49detto un po’ ce lo aspettavamo. Quindi, stiamo cercando di portare avanti uno strumento politico per combattere questo fenomeno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative per garantire un'adeguata accoglienza ai minori stranieri non accompagnati, con particolare riferimento al «Centro Umberto I» di Siracusa – n. 2-00171)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Beni n. 2-00171, concernente iniziative per garantire un'adeguata accoglienza ai minori stranieri non accompagnati, con particolare riferimento al «Centro Umberto I» di Siracusa (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Beni se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

PAOLO BENI. Signor Presidente, illustro brevemente il problema. Signora Viceministro, credo che sia opportuno anche perché, come è ovvio, la vicenda a cui si riferisce l'interpellanza del 30 luglio ha avuto sviluppi nel mese di agosto che è il periodo caldo. Ci riferiamo al tema dell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che è un aspetto specifico e particolarmente delicato del più ampio fenomeno dell'afflusso di migranti nel nostro Paese provenienti dalla sponda sud del Mediterraneo che ogni anno si intensifica nella stagione estiva.
Fenomeno che quest'anno ha fatto registrare anche un fatto nuovo, cioè l'arrivo di consistenti flussi direttamente verso le coste sud orientali della Sicilia probabilmente a causa del ridimensionamento della rotta tra Libia e Lampedusa o dell'intensificarsi dell'esodo dall'Egitto e dalla Siria per le note vicende. L'interpellanza fa riferimento in particolare alla situazione di Siracusa dove, dall'inizio di quest'anno, sono arrivati circa settemila migranti dalla Siria, Somalia, Eritrea, Egitto, Afghanistan e, in molti casi, da zone di guerra o persecuzione. Fra di essi ci sono richiedenti asilo, ci sono molti minori, famiglie con bambini. Il 70 per cento sono siriani. Ora, fino ai primi di agosto tutti gli arrivi in quella zona, anche i minori, sono stati accolti presso il «Centro Umberto I» in condizioni di totale promiscuità, in ambienti sicuramente igienicamente precari, senza che venisse offerta loro un'attività sufficiente di informazione e di accompagnamento.
L'Umberto I non è un centro di primo soccorso e accoglienza sulla base dei parametri previsti dalla legge per l'accoglienza dei migranti. È un luogo attivato in condizioni di emergenza, gestito da un'impresa di pulizie, che, in base al verbale di affidamento della prefettura, dovrebbe occuparsi dei nuovi arrivati solo per 72 ore, quelle necessarie a fornire i primi generi di conforto e poi per l'identificazione e il trasferimento in strutture più idonee. La struttura per questo non è dotata di un presidio sanitario, di psicologi, di operatori sociali o legali o persone comunque in grado di informare i migranti dei loro diritti, ascoltare le loro esigenze e accompagnarli nel percorso dell'integrazione.
Nonostante la buona volontà degli operatori del centro, il centro ha evidenti carenze. Successivamente, dall'8 agosto è stato allestito in effetti un altro centro di prima accoglienza in zona Priolo dove vengono accolti i minori non accompagnati e anche le famiglie quando l'Umberto I è saturo. La struttura di Priolo è più dignitosa. Può ospitare 120 persone in tutto e i minori sono distribuiti nelle camere per nazionalità ma anche qui ci sono dei limiti legati alla gestione: soprattutto la mancanza di mediatori culturali, di operatori qualificati, adeguati a lavorare con i minori stranieri.
Complessivamente dei 7 mila arrivi da gennaio, di cui parlavo, mille sono minori non accompagnati. Quindi, un fenomeno molto consistente. Di questi alcuni in questi mesi sono scappati, si sono dispersi nel territorio con rischio evidente di venire coinvolti in circuiti di sfruttamento e di tratta.
Nelle ultime settimane la situazione è un po’ migliorata grazie anche all'impegno Pag. 50dei volontari delle associazioni, del tribunale dei minori, del prefetto, dell'assessore alle politiche sociali.
Dal 2 agosto il tribunale dispone di un elenco di 40 tutori volontari. Sono diminuiti i casi di allontanamenti, di sparizione. Alcuni ragazzi hanno trovato accoglienza presso le comunità per i minori delle regioni ma la situazione resta comunque esplosiva. I comuni della provincia sono al collasso. Solo a Portopalo, paese di 6 mila abitanti, faccio questo esempio, sono sbarcati più di 300 minori non accompagnati. I comuni non hanno fondi sufficienti. Sono in perenne contenzioso con la prefettura, tra l'altro, su chi debba assumersi i costi dell'accoglienza e inevitabilmente, a farne le spese, sono i ragazzi che restano parcheggiati in luoghi a loro non idonei. Parliamo di Siracusa ma potremmo fare altri esempi. Il fenomeno sociale è molto ampio e destinato a crescere visto che le coste italiane sono sempre più spesso meta di trafficanti di esseri umani che hanno l'Italia come tappa di transito verso altri Paesi europei.
È un tema che io capisco che qui non possiamo trattare compiutamente, perché dovremmo chiamare in causa il tema più ampio delle carenze della nostra legislazione in materia di immigrazione, in particolare per quanto riguarda la regolazione dei flussi di ingresso, perché io penso che la sostanziale chiusura delle frontiere operata dalla nostra attuale legislazione finisca per favorire di fatto gli ingressi irregolari e quindi il fenomeno degli sbarchi di cui parliamo. Questo errore di fondo è anche all'origine della contraddizione per cui, di fatto, ogni anno noi affrontiamo come se fosse una nuova ed imprevista emergenza un fenomeno che invece sarebbe del tutto prevedibile e quindi finiamo per farci trovare impreparati sul piano dell'accoglienza.
Così succede che Marina navale, Guardia Costiera e Guardia di Finanza fanno il possibile per portare i migranti in salvo sulle nostre coste, ma poi non ce la facciamo a gestire l'accoglienza di queste persone nel rispetto dei diritti umani e della loro dignità. Il problema è la gestione emergenziale dell'accoglienza. La prima accoglienza viene spesso approntata in luoghi improbabili come palestre o Palasport, senza una chiara definizione giuridica delle procedure, spesso. Quindi l'accoglienza rischia di tradursi in un trattenimento amministrativo – attenzione – ben oltre le 48 ore previste, in attesa che l’iter burocratico decida se si è accolti o espulsi, però nel frattempo parcheggiati in condizioni spesso degradanti (carenza di letti, di cibo, di condizioni igieniche). Il problema è evidente che diventa ancora più grave nel caso dei minori non accompagnati: per l'assenza di strutture idonee alla loro condizione specifica, di strumenti per la loro tutela giuridica, di personale qualificato per la loro assistenza. Le strutture di accoglienza per minori noi sappiamo, Viceministro, che devono soddisfare standard stringenti, ai quali purtroppo per l'emergenza si finisce per derogare ormai abitualmente. Sindaci e prefetti spesso riescono a fronteggiare l'emergenza grazie alla collaborazione anche del volontariato, ma l'eccezionalità non può essere il modo ordinario di affrontare il problema. È vero che proprio il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha promosso e gestisce con l'ANCI il Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati, sperimentazione che coinvolge una rete di comuni in un sistema nazionale di presa in carico e di integrazione, con particolare riguardo proprio alla fase della pronta accoglienza. L'obiettivo è lodevole ed è quello di accrescere la tutela dei minori, sostenendo i comuni nella messa a punto di servizi specifici e nella sperimentazione di strumenti innovativi, in una logica di condivisione delle responsabilità e degli oneri fra amministrazione centrale ed autonomie locali, quindi questo io lo apprezzo. Il problema è che probabilmente le risorse del programma non sono sufficienti a far fronte al fenomeno in tutta la sua ampiezza, in tutta la sua complessità e nella sua crescente ampiezza.
Per questo, in conclusione, chiedo con l'interpellanza al Governo: con quali misure e con quali provvedimenti si intenda Pag. 51affrontare questo fenomeno – che con la stagione invernale diminuirà di intensità ma poi ricrescerà inevitabilmente – per garantire l'accoglienza di questi ragazzi in strutture idonee, con la dovuta assistenza sanitaria, con delle professionalità specifiche necessarie a garantirne la tutela; come si intenda procedere per fornire agli enti locali delle maggiori risorse che sono necessarie per poter disporre appunto di strutture e di personale adeguato; se non si ritenga di dover riservare una quota per i minori non accompagnati nell'ambito del sistema di protezione per i rifugiati richiedenti asilo; e infine se non sia il caso di dare a questi luoghi di accoglienza una più chiara definizione giuridica, cioè di definire gli standard della loro gestione, perché questo è un problema che troppo spesso a livello del territorio nazionale riscontriamo, con situazioni disomogenee ed anche contraddittorie.

PRESIDENTE. Il Viceministro del lavoro e delle politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, ha facoltà di rispondere.

MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, la problematica dei minori stranieri non accompagnati è una problematica sicuramente di grande rilievo, come sottolineato nell'interpellanza. Noi, come Ministero del lavoro e delle politiche sociali, monitoriamo il fenomeno, anche in ragione dei nostri compiti istituzionali. Al 31 agosto di quest'anno risultano presenti sul territorio nazionale 6.044 minori stranieri non accompagnati. I dati che sto dando sono aggiornati periodicamente dalla Direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero in attuazione di quanto previsto nel decreto-legge n. 95 del 2012, che è il decreto-legge che ha fatto sì che questa direzione abbia assunto le funzioni che precedentemente erano del Comitato per i minori stranieri disciplinato dal DPCM n. 335 del 1999.
La rilevante presenza di minori stranieri non accompagnati sul territorio nazionale ha portato all'adozione di interventi specifici di tutela e integrazione. Va precisato, come l'interpellante ricordava, che ci sono competenze differenziate e vorrei dire qualcosa prima sul sistema di accoglienza e poi sul problema del finanziamento. Per quanto riguarda il sistema di tutela e accoglienza al momento dell'arrivo sul territorio nazionale, vorrei sottolineare che l'arrivo non è solo attraverso gli sbarchi, ma molto frequentemente è via terra e, quindi, non interessa soltanto le zone di sbarco, che in questo momento sono particolarmente stressate dall'arrivo conseguente a fenomeni di guerra e di difficoltà di Paesi che ben conosciamo, così come lo è stato nel caso di emergenza Nord Africa, ma interessano anche molte altre regioni d'Italia.
Sin dal loro arrivo sul territorio nazionale i minori devono essere accolti nei centri di primo soccorso e accoglienza in aree riservate e dedicate esclusivamente alle categorie vulnerabili. Quindi, esistono delle regole precise che devono essere osservate, così come esiste l'obbligo di attenersi agli standard che per questi centri sono definiti con legislazione regionale. Devono essere trattenuti per il tempo strettamente necessario per prestare le prime cure e, ovviamente, si pone anche il problema della necessità di accertare l'età per sapere se si è di fronte ad un minore o ad un non minore, perché le regole dell'accoglienza e le modalità dell'accoglienza sono diverse nel nostro Paese per adulti e minori stranieri. Questo si rende necessario, ovviamente, quando c’è difetto di documentazione e di evidenza a vista. È chiaro che se arriva un bambino di tre anni il problema non si pone. E deve essere fatto anche questo secondo delle modalità codificate.
Anche nella disciplina dell'ingresso e soggiorno del minore straniero prevale una particolare forma di tutela. I minori, infatti, non possono essere espulsi. Il divieto è previsto nell'articolo 19 del Testo unico sull'immigrazione. In questi casi, infatti, il questore rilascia al minore un permesso di soggiorno per minore età ovvero un permesso di integrazione sociale e civile. Come sappiamo, nel caso dell'emergenza Pag. 52Nord Africa, che si è chiusa a dicembre dell'anno scorso, ci siamo trovati di fronte a sbarchi eccezionali. In quel caso si trattava effettivamente in larga parte di sbarchi e, quindi, il problema, che è stato descritto anche dall'interpellanza, è emerso nella sua rilevanza, cioè il problema del fatto che l'accoglienza deve essere affrontata attraverso una governance multilivello che coinvolga anche le istituzioni centrali e locali competenti in materia.
Per questa ragione, a seguito della chiusura dello stato di emergenza umanitaria legato, appunto, come dicevo, a questo afflusso straordinario, abbiamo aperto – ho aperto, perché ero sottosegretario nel precedente Governo – un tavolo interistituzionale nel quale proseguire, attraverso le amministrazioni competenti in materia (il Ministero dell'interno, il Ministero della giustizia, ma anche ANCI, UPI e coordinamento delle regioni), la proficua collaborazione istituzionale che si era sperimentata nel tavolo di coordinamento che era stato istituito, nel caso dell'emergenza Nord Africa, presso il Dipartimento della protezione civile e presso il Ministero dell'interno. Il tavolo ha fatto già dei passi avanti proprio nell'organizzare l'accoglienza. È un fatto molto importante.
Abbiamo approvato – e, quindi, iniziato anche l'effettiva attuazione con la sperimentazione in zone diverse per caratteristiche e per collocazione geografiche, decise congiuntamente al tavolo – la realizzazione di un sistema informativo online, finalizzato alla tracciabilità del loro percorso di accoglienza dal momento dell'arrivo nel territorio italiano. Questo sistema ha la funzione di permettere a tutti gli attori coinvolti, questure, regioni, comuni, comunità, tribunali et cetera, di accedere a una base dati condivisa nella quale ciascuno, in relazione alle proprie competenze, possa inserire e visualizzare le informazioni sul minore. Questo serve per organizzare in modo più funzionale i percorsi di accoglienza e di integrazione dei minori.
È molto importante questo sistema perché può essere funzionale anche a politiche che ancora non abbiamo intrapreso. La conoscenza dei passaggi che i minori fanno fra i diversi centri di accoglienza ma anche della eventuale «sparizione» del minore, che viene accolto e poi in uno spostamento scappa o altro ancora e si perde sul territorio, è fondamentale, aggiungo, anche per altre politiche che noi stiamo considerando. Lo dico adesso, con il cappello del delegato alle pari opportunità, perché noi sappiamo che dietro l'immigrazione molto spesso – anche l'immigrazione dei minori – ci sono fenomeni di tratta. La sparizione dei minori è un fenomeno preoccupante, perché i minori possono essere e sono poi dirottati verso la prostituzione minorile, l'accattonaggio, lo spaccio di droga e, quindi, il monitoraggio della presenza sul territorio che, appunto, abbiamo pazientemente costruito con questa rete informativa integrata, è uno strumento potentissimo anche per impostare le politiche in questo campo.
Per quanto riguarda, in particolare, il problema della regione Sicilia, abbiamo chiamato e abbiamo fatto una riunione apposita a questo tavolo, attivando interlocuzioni con Sicilia e Calabria – avevamo invitato anche la Puglia, ma in questo momento l'allarme in Puglia è più limitato – per la ricerca di soluzioni nel quadro normativo esistente, che ha una ben chiara definizione delle competenze, per tentare il più possibile di cercare soluzioni alla problematica dell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. È stata presentata dalla regione Sicilia, proprio alcuni giorni fa, una proposta che richiede, però, una copertura finanziaria che in questo momento non siamo in grado di dare a legislazione invariata.
Questo è il punto sicuramente più esposto e, cioè, i costi per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Il sistema che noi abbiamo costruito al tavolo è in grado di strutturare l'accoglienza in un modo organizzato e articolato sul territorio. Stiamo definendo linee guida che hanno due caratteristiche. Ci sono linee guida per quanto riguarda l'azione dei ministeri e in relazione alle evoluzioni normative e linee guida per quanto riguarda Pag. 53gli enti territoriali. Abbiamo intenzione di portare queste linee guida all'approvazione della Conferenza Stato-regioni proprio anche per rispondere a criteri di omogeneizzazione e in questo rientra tutta l'accoglienza, compresi i protocolli per l'accertamento dell'età, che sono ormai protocolli internazionali definiti su tavoli in cui il Ministero dell'interno e quello del lavoro e delle politiche sociali, attraverso il Ministero dell'interno, che è il titolare della partecipazione, stanno dando un contributo rilevante.
I costi in base all'attuale normativa sono a carico degli enti comunali. Come sappiamo è il comune che deve farsi carico dell'accoglienza del minore, sia straniero sia non straniero quando risulti non accompagnato e, quindi, non tutelato da adulti, e si tratta del comune sul cui territorio il minore è rintracciato.
In occasione dell'emergenza Nord Africa è stato riconosciuta, appunto, una situazione di emergenza. In questo caso si è attivato un finanziamento straordinario, straordinario di tipo nazionale, e la direzione generale del Ministero ha provveduto ad effettuare tutti i pagamenti relativi all'anno 2011, mentre per quanto riguarda l'anno 2012, tenendo conto che le relative risorse sono state trasferite soltanto nel mese di marzo del corrente anno, l'erogazione è ancora in fase attiva. Però, insomma, tutto sta procedendo.
Al fine di assicurare le prosecuzione degli interventi finanziari centrali a favore dei minori stranieri non accompagnati è stato poi istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo nazionale che in realtà aveva la funzione di cofinanziare questa accoglienza. Il Fondo è stato finanziato per il 2012 con 5 milioni di euro e abbiamo provveduto – adesso semplifico un po’ rispetto all'informazione –, stabilendo i criteri della ripartizione di questo Fondo sempre al tavolo che ho prima menzionato, ad assegnarlo ai diversi territori e l'abbiamo dedicato esclusivamente ai minori fuori dall'emergenza Nord Africa, in quanto fino al 31 dicembre 2012 l'emergenza Nord Africa era comunque coperta, come ho detto, dai fondi veicolati dalla Protezione civile.
Per l'anno 2013, però, nonostante il pressing del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del sottosegretario dell'epoca, cioè me stessa, il Fondo non è stato rifinanziato con la legge di stabilità. Quindi, il Parlamento non ha approvato un emendamento che era stato appositamente proposto ed il Fondo è attualmente pari a zero. Comunque noi, attraverso un apposito intervento nel decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, abbiamo previsto la riassegnazione a questo Fondo dei residui maturati nella gestione emergenziale, che abbiamo quindi potuto canalizzare, ancora una volta, all'accoglienza.
Per l'anno 2013, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nella consapevolezza della grave situazione di criticità in cui comunque ci si trova, poiché il finanziamento ordinario, che passa attraverso il finanziamento ordinario dei comuni, può rivelarsi non sufficiente, abbiamo stabilito, in accordo con le regioni, e quindi con l'intesa raggiunta in Conferenza unificata, di destinare 5 milioni del Fondo per le politiche sociali a questo scopo.
Come lei sa, onorevole, il Fondo per le politiche sociali ha subito varie traversie nel corso dell'anno: siamo riusciti a sbloccarlo con un intervento normativo, ancora una volta, patrocinato dal mio Ministero, e siamo in grado di affermare adesso che il Fondo verrà distribuito entro l'anno. Abbiamo già concordato un percorso, sempre al tavolo, per definire criteri e distribuzione di questo Fondo.
La drastica riduzione, però, di questo Fondo, l'insufficienza di questo Fondo, si è accompagnata alla drastica riduzione del Fondo per le politiche sociali, di cui la responsabilità, ovviamente, è dei Governi precedenti. Come lei sa, esso è stato rifinanziato soltanto con la legge di stabilità del 2012 per il 2013. Quindi, siccome era nell'ambito di quel Fondo che veniva richiamato il programma nazionale che lei ricordava, realizzato in collaborazione con l'ANCI, quel Fondo non è più stato rifinanziato e ha esaurito le Pag. 54sue risorse. Quindi, quello che lei ha citato è un programma che non è più attivo; di fatto, è stato finanziato per due fasi, dal 2007 al 2012.
Con riferimento agli interventi in corso, posso illustrarle una serie di interventi che, negli ambiti delle dotazioni che noi comunque abbiamo, abbiamo intrapreso. Glieli sintetizzo, poi avrà a disposizione la risposta scritta, che è un po’ più sintetica rispetto a quello che le sto dicendo. Comunque, in particolare, come Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la nostra attività è stata finalizzata a costruire un programma di finanziamento di «doti individuali». Praticamente, il nostro problema è che i minori che arrivano sono spesso fra i 16 e i 17 anni, e quindi molto prossimi ad uscire dal programma di accoglienza, ed è importante che siano quindi accompagnati ad un inserimento lavorativo e di autonomia.
Abbiamo previsto «doti qualificazione» di 3 mila euro e «doti occupazione» di 5 mila euro e siamo riusciti a finanziare, con Fondi sia europei che nazionali, un totale di 1.126 doti, per un ammontare complessivo di 5 milioni e mezzo di euro. Altri progetti di questo tipo li abbiamo previsti nell'ambito del progetto «Autonomia e integrazione per giovani donne straniere», dove vi è una parte specifica dedicata proprio alle giovani donne migranti di 16-17 anni.
Lei ha fatto una richiesta specifica per quanto riguarda la possibile utilizzazione dei fondi che riguardano i richiedenti asilo. Bene, la competenza sui minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo non è in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ma è specificamente in capo al Ministero dell'interno, che ha destinato una somma di 5 milioni di euro per il rimborso dei costi degli enti locali per le spese sostenute per l'accoglienza di tali minori.
Stiamo ragionando in sinergia: non possiamo mescolare fondi, ma agire insieme dal punto di vista del sistema informativo sì, e quindi i dati sono congiunti. Quella cifra, al momento, si sta rivelando più che sufficiente, perché non sono tantissimi i minori stranieri richiedenti asilo. È stato fissato il limite massimo del costo dell'accoglienza rimborsabile pro die e pro capite in 70 euro, che è una cifra assolutamente adeguata.
È stato previsto l'ampliamento del sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati, lo SPRAR, che era già stato implementato nel 2012 di 702 posti ed è stato ulteriormente incrementato di 800 nuovi posti, portando complessivamente la ricettività a 4.500 posti.
Vi è poi un progetto molto importante, Praesidium, finalizzato a rafforzare le capacità di accoglienza rispetto ai flussi migratori che interessano le località strategiche di frontiera, quelle a cui lei si riferisce cioè quelle situate sulle coste meridionali del Paese. Il progetto – al quale partecipano la Croce Rossa italiana, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e Save the Children – fornisce un primo orientamento legale e un supporto informativo relativamente alla legislazione italiana in tema di immigrazione, tratta di esseri umani e riduzione schiavitù. Anche sulla tratta stiamo lavorando con l'istituzione di un tavolo tecnico presso il Dipartimento per le pari opportunità, collegato alla Commissione interministeriale. In realtà la Commissione interministeriale non esiste più come tale ma stiamo ricostituendola sotto forma di tavolo. Il Ministero dell'interno ci ha comunicato di avere promosso, in partenariato con diverse organizzazioni internazionali, il progetto pilota europeo «Analisi delle politiche di accoglienza, protezione e integrazione dei minori non accompagnati nell'ambito dell'Unione europea », che è finanziato anche dalla Commissione europea e ha la finalità di adottare particolari misure e procedure a garanzia dei minori non accompagnati nell'ambito dell'Unione europea.
In conclusione, sottolineo come mia la preoccupazione che è stata qui evidenziata,cioè la necessità di arrivare ad una strutturazione del finanziamento del Fondo minori stranieri non accompagnati, in modo da sollevare i comuni più esposti Pag. 55dall'onere finanziario, cosa che dal mio punto di vista è anche funzionale a permettere di attivare al meglio la struttura che comunque abbiamo implementato – questo è un passo avanti significativo che sostengo come positivo – per poter poi anche distribuire in modo più ordinato questa accoglienza sul territorio nazionale. Questo tema è stato posto con forza dal Ministero del lavoro e delle politiche sociale nel quadro esigenziale che stiamo preparando ai fini della legge di stabilità. Mi auguro che anche il Parlamento mostri sensibilità su questo tema perché, come dicevo, l'anno scorso il Parlamento non ha approvato un emendamento che pure finanziava il Fondo per l'anno 2013.

PRESIDENTE. Il deputato Paolo Beni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

PAOLO BENI. Signor Presidente, ringrazio la Viceministro. Sicuramente la ringrazio per l'attenzione che ha mostrato – d'altra parte non è una novità – al fenomeno, per la condivisione della preoccupazione rispetto alla non sottovalutazione di un fenomeno di questa rilevanza, per le iniziative, e quindi da questo punto di vista sono pienamente soddisfatto per le iniziative che ha illustrato e soprattutto per l'impegno che ha espresso qui, in questa sede, rispetto alla risoluzione di alcuni problemi. Dovrei dirmi – mi consenta – parzialmente soddisfatto perché lei sta esprimendo un impegno, che io condivido pienamente e che mi soddisfa pienamente, ma dall'impegno alla soluzione del problema intercorre qualcosa ancora.
Questo è il problema vero: condividiamo questa preoccupazione, condividiamo questo impegno, ma dobbiamo provare a risolverlo positivamente. Ma questo riguarda sicuramente la questione dei fondi, che mi sembra poi alla fine del discorso il nodo critico, e non solo. Perché poi questo si trascina dietro tutto il resto di cui stiamo discutendo, la questione delle regole. È vero – lei lo ricordava – esistono le regole. Il problema è che spesso vengono derogate. Vengono derogate – e si può capire – in situazioni di emergenza (quando si fa riferimento all'emergenza Nord Africa e a quella stagione lì, chiaramente ci trovavamo in emergenza), ma sempre più spesso l'emergenza diventa permanente. Dovremmo quindi provare a strutturare un sistema coordinato tra l'amministrazione centrale, le istituzioni locali e tutti gli enti preposti per rendere meno permanente l'emergenza, per farci trovare più preparati rispetto a questi eventi. Penso che questi problemi rimangono aperti. Rimane aperto il problema dei fondi. I comuni non hanno fondi.
Quindi, al di là dell'oggettiva precisazione che lei ha fatto rispetto alle competenze, sappiamo benissimo che il problema è quello di trovare il modo di finanziare un fondo nazionale che sollevi i comuni da oneri che non sono in grado di sostenere. Il finanziamento dell'ex Fondo emergenza nord Africa – e quindi di tutto quello che non riguarda specificamente i minori stranieri non accompagnati – è un problema. Aggiungo che rimangono anche aperte alcune questioni, a cui io facevo riferimento, che mi auguro che, anche grazie al lavoro del suo Ministero, si possano chiarire, ma che necessitano un'interlocuzione con le altre competenze coinvolte.
Rimane aperto il problema del profilo giuridico dei centri e della definizione degli standard certi per la loro gestione e quindi dei requisiti certi che devono avere gli enti gestori. Non sempre e non in tutte le situazioni nell'emergenza si rispettano standard adeguati.
È chiaro che il problema alla fine è che su questa materia insistono competenze diverse, di diversi Ministeri, sicuramente del Ministero dell'interno, oltre che del Ministero delle politiche sociali, e insistono le competenze degli enti locali. Io penso che istituzioni centrali, Ministero del lavoro, Ministero dell'interno, prefetture, enti locali, le organizzazioni del privato sociale, che sono molto impegnate, debbano trovare un modo di coordinare le Pag. 56proprie azioni e che le istituzioni debbano trovare un modo un po’ più coordinato di intervenire sulla materia.
Credo che questo sia un impegno – lei stessa lo stava dicendo – e per quanto mi riguarda apprezzo le proposte che ha fatto. Penso che fintanto non si sarà fatto fino in fondo questo sforzo il problema resterà un problema da affrontare e da risolvere. Comunque, grazie.

(Orientamenti del Governo in merito alla procedura autorizzativa in materia di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi in Irpinia, anche in considerazione delle obiezioni espresse dalle istituzioni e dai comitati locali – n. 2-00189)

PRESIDENTE. Il deputato Famiglietti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00189, concernente orientamenti del Governo in merito alla procedura autorizzativa in materia di attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi in Irpinia, anche in considerazione delle obiezioni espresse dalle istituzioni e dai comitati locali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).

LUIGI FAMIGLIETTI. Signor Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, con l'interpellanza di oggi, sottoscritta da oltre 40 colleghi, non solo del PD, intendo portare all'attenzione politica di quest'Aula e del Governo un tema estremamente delicato e sensibile, che riguarda sicuramente il futuro dell'alta Irpinia, zona ad alto rischio sismico e nel contempo tra le prime in Italia per numero di impianti eolici e per produzione da rinnovabili. Ma, più in generale, questo tema attiene alle scelte di medio e lungo periodo che il nostro Paese intende adottare in materia di politica energetica nonché di sviluppo e valorizzazione delle diverse aree del suo territorio, caratterizzate da specificità geofisiche, morfologiche e culturali, e che richiedono necessariamente un approccio diverso caso per caso.
Venendo brevemente ai fatti, ricordo che con decreto del direttore generale del 21 ottobre 2010 il Ministero dello sviluppo economico-Dipartimento per l'energia ha conferito alla società Italmin Exploration srl il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominato «Nusco». Il permesso ha una validità di sei anni, riguarda un'area di 698 chilometri quadrati e comprende 47 comuni campani, di cui 46 irpini e uno sannino.
Questa società petrolifera ha localizzato e definito gli interventi da realizzare nel comune di Gesualdo e, nel settembre 2012, ha inoltrato le richieste all'autorità di competenza. Le amministrazioni comunali irpine interessate dall'opera in questione, di concerto anche con le associazioni ambientalistiche locali e su sollecitazione dei comitati civici, in particolare «No trivellazioni petrolifere in Irpinia» e «No petrolio in alta Irpinia», si sono prontamente mobilitate, dichiarandosi contrarie al progetto e hanno sottoscritto, in data 24 gennaio 2013, un documento di intenti, con il quale si sono impegnati a formulare e a trasmettere alla regione Campania motivate osservazioni, al fine di ottenere, in vista dell'adozione della decisione VIA, un approfondimento di tutta la documentazione tecnica depositata concernente, in particolare, gli effetti dannosi per l'ambiente e la salute conseguenti a queste trivellazioni petrolifere.
Vista l'esiguità del tempo a disposizione, non mi soffermo a ripercorrere tutte le fasi dell'iter del procedimento autorizzatorio fin qui avviato, di cui il sottosegretario sarà sicuramente a conoscenza sulla base di quanto rappresentato dalle competenti strutture ministeriali. Tuttavia, mi corre l'obbligo di sottolineare che queste forti preoccupazioni delle comunità locali derivano principalmente dalla circostanza che il cosiddetto permesso «Nusco» insiste su una delle zone a più alta pericolosità sismica d'Italia: l'Irpinia.
Tra l'altro, fra poco – il 23 novembre – ricorreranno trentatré anni dal terremoto dell'Irpinia, per questo noi chiediamo Pag. 57rispetto al Governo, rispetto sia pubblico che politico, per un territorio che è continuamente vessato a causa della crisi economica e della spending review. Tra pochi giorni si chiuderanno ben due tribunali in alta Irpinia, si è chiuso un ospedale e si stanno ridimensionando altri due ospedali.
Per cui, noi chiediamo sostanzialmente al Governo se, considerata la motivata e comprensibile opposizione delle amministrazioni locali e delle popolazioni delle aree coinvolte alla realizzazione dell'opera in questione, i Ministri interpellati non ritengano opportuno, ferma restando la competenza regionale a valutarne la compatibilità ambientale, prendere atto di questa volontà contraria espressa dalle istituzioni e dai comitati locali e interrompere la procedura autorizzativa del progetto che ha per titolo «Perforazione del pozzo esplorativo Gesualdo 1, nell'ambito del permesso di ricerca idrocarburi denominato Nusco, nel comune di Gesualdo».
Si chiede, inoltre, di conoscere se e quali ulteriori iniziative di competenza, anche di vigilanza e di controllo, si ritenga altresì necessario adottare alla luce della volontà contraria espressa dai comuni, al fine di tutelare i principi di partecipazione, coinvolgimento e autonomia territoriale e la corretta tutela degli interessi in materia ambientale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, ha facoltà di rispondere.

SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, l'interpellanza in questione tratta un argomento strettamente connesso con i temi di politica energetica – per cui vorrei chiedere al collega un attimo di pazienza se svolgo una premessa un po’ più ampia – sui quali questo Governo ha più volte rimarcato l'esigenza e l'opportunità di assicurare la continuità di azione con il precedente Esecutivo, ritenendo valide le linee strategiche definite nel documento finale della Strategia energetica nazionale (SEN), citata, tra l'altro, dalla stessa interpellanza.
La SEN, di cui al Decreto interministeriale dell'8 marzo 2013, è stata approvata dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro dell'ambiente, grazie a un procedimento partecipativo che, come sappiamo, ha coinvolto tutti gli attori interessati, le amministrazioni centrali e territoriali, la Conferenza Stato-Regioni, le Commissioni parlamentari competenti, gli operatori del settore e le associazioni portatrici di interessi diffusi.
Questo documento, peraltro, si colloca nell'ambito di documenti strategici a più ampio respiro quali il pacchetto clima-energia 20-20-20 e della Energy Road Map 2050 dell'Unione europea, ed è prioritariamente orientato alla promozione del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, ma è specificamente previsto, sia pur in misura sussidiaria, anche il ricorso alla produzione nazionale di fonti fossili (cioè, il gas e l'olio), ritenuto necessario per garantire la sicurezza strategica degli approvvigionamenti nel processo di transizione verso la decarbonizzazione.
La linea da seguire è, quindi, a nostro avviso, in gran parte tracciata e con obiettivi e priorità chiari: non resta, dunque, che accelerare sulle misure concrete per raggiungere gli obiettivi prefissati, così da ridurre il gap di costo energetico con il resto dell'Europa: elemento, quest'ultimo, che rappresenta un fattore di grave appesantimento per la competitività del sistema economico italiano.
In secondo luogo, come sappiamo, l'Italia ha una situazione piuttosto critica in termini di sicurezza e indipendenza degli approvvigionamenti, visto che 1'84 per cento del fabbisogno energetico italiano è coperto da importazioni. Il dato si confronta con una quota di importazioni medio nell'Unione europea significativamente più basso: la media in Europa è del 53 per cento.
Il fenomeno ha un forte impatto macro-economico per il Paese, con una fattura energetica pari a circa 60 miliardi di euro (importazioni nette di energia), che porta la bilancia dei pagamenti in forte passivo da anni.Pag. 58
Inoltre, data la nostra dipendenza dalle importazioni, è essenziale garantire una forte diversificazione delle fonti di approvvigionamento.
Nella parte relativa allo sviluppo sostenibile della produzione nazionale di idrocarburi, si sottolinea la previsione di importanti benefici economici e di occupazione, sempre, evidentemente, nel rispetto dei più elevati standard internazionali in termini di sicurezza e tutela ambientale. Su questo posso assolutamente garantire che l'Italia non è seconda, ad oggi, a nessuno, in termini di controlli e di sicurezza. Si prevede, infatti, e con prospettiva al 2020, di garantire il raddoppio della produzione nazionale di idrocarburi e, quindi, di attivare almeno 15 miliardi di euro di investimenti privati, creare 25 mila posti di lavoro stabili e addizionali, ridurre la bolletta energetica di 5 miliardi di euro l'anno, ricavare 2,5 miliardi di euro l'anno di entrate fiscali sia a livello nazionale che a livello locale.
Consapevole dell'importanza di queste cifre, che possono inequivocabilmente condurre ad una agognata crescita del PIL, se ne dibatteva poc'anzi, il Governo si è attivato verso un riordino della materia, come è avvenuto, ad esempio, con il decreto ministeriale del 9 agosto di quest'anno, con il quale si razionalizzano le zone marine aperte alla ricerca e produzione di idrocarburi, sancendo, da un lato, un dimezzamento delle aree a disposizione e, dall'altro, lo spostamento delle nuove attività verso aree promettenti e lontane dalle coste.
Inoltre, con particolare riferimento ai temi dell’onshore, è già pronto un importante decreto scritto grazie ad una continua e proficua collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze, con cui si istituisce il Fondo per gli interventi infrastrutturali nei territori interessati da attività di ricerca e produzione di idrocarburi, come previsto dall'articolo 16 del decreto-legge sulle liberalizzazioni, convertito con la legge n. 27 del 2012: con tale strumento normativo, una quota delle maggiori entrate per l'estrazione di idrocarburi viene destinata allo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori che ospitano le infrastrutture produttive e dei territori limitrofi: 50 milioni di euro l'anno, quindi, sono destinati ad infrastrutturare i territori interessati. Questo è il quadro generale dove oggi noi ci muoviamo.
Le energie del Governo sono, quindi, rivolte verso uno sviluppo sostenibile di un settore nel quale il nostro Paese, come sappiamo, ha enormi potenzialità, che potranno trovare una concreta applicazione solo per il tramite di opportune iniziative di prospezione e ricerca di idrocarburi, come quelle nell'ambito del permesso di ricerca NUSCO, le quali sono funzionali ad una stima delle reali potenzialità economiche dell'eventuale giacimento presente.
L'importanza delle citate attività di ricerca è accresciuta dagli associati minimi, se non inesistenti, impatti ambientali residui, visto che esse sono legate perlopiù a indagini geofisiche e devono prevedere, al più, la realizzazione di un pozzo esplorativo, il quale è a sua volta, o sarà se dovesse essere, oggetto di nuovo iter autorizzativo con relativa valutazione di impatto ambientale.
Difatti, l'interpellanza in oggetto concerne il progetto di perforazione di un sondaggio esplorativo, quindi non un'attività, denominato «Gesualdo 1» che la Società Compagnia Generale Idrocarburi intende seguire nell'ambito del permesso di ricerca NUSCO, rilasciato il 21 ottobre 2010. Tale perforazione assume particolare rilevanza ai fini di una più compiuta e soddisfacente perimetrazione geologica dei reali limiti dei giacimenti lucani, che si sospetta potrebbero estendersi fino alla sub-regione irpina, a riprova delle enormi potenzialità del settore minerario nel nostro Paese.
È quindi questo un tipico caso in cui è primario interesse dello Stato, più che del privato richiedente, assumere tutte le conoscenze del proprio sottosuolo, per poi valutarne, di concerto – su questo sono particolarmente convinta – con le autorità Pag. 59presenti sui territori, la consistenza e l'effettiva opportunità di valorizzazione nell'interesse generale.
Il permesso di ricerca NUSCO, nel cui ambito è prevista la perforazione del pozzo oggetto dell'interpellanza, è stato conferito previa acquisizione di intesa favorevole rilasciata dalla competente regione Campania, ed è stato approvato il programma dei lavori che, a mente delle vigenti norme minerarie, prevede la perforazione del sondaggio esplorativo Gesualdo 1.
L'autorizzazione alla perforazione del pozzo, per conoscerne la potenzialità, potrà essere accordata con provvedimento del competente ufficio territoriale del MiSE, a conclusione di un procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni interessate, e svolto nel rispetto dei principi di semplificazione di cui alla legge n. 241 del 1990.
Gli enti locali, quindi, a nostro avviso, sono pienamente coinvolti nella decisione, come previsto, tra l'altro, anche dal decreto direttoriale del 22 marzo 2011. Questo decreto contempla, infatti, la partecipazione, oltre che della regione interessata, anche della provincia, delle soprintendenze e dei comuni.
Ciò premesso, si precisa che nell'ambito del permesso in argomento, con istanza datata 11 settembre 2012, il titolare ha richiesto l'autorizzazione alla perforazione del pozzo esplorativo «Gesualdo 1» ubicato nel territorio del comune di Gesualdo in provincia di Avellino.
Al contempo, la stessa società, ha presentato alla regione Campania istanza di valutazione di impatto ambientale il 19 settembre 2012. L'ufficio territoriale di Napoli del MiSE ha richiesto l'intesa alla regione Campania per la perforazione del pozzo, nonché i pareri agli enti territoriali interessati. A riscontro, il comune di Gesualdo ha trasmesso parere sfavorevole alla perforazione del pozzo «Gesualdo 1» e analogamente la provincia di Avellino si è espressa negativamente.
Attualmente il procedimento risulta ancora in corso, in attesa sia del pronunciamento di intesa della regione Campania, sia degli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale, di esclusiva competenza della stessa regione Campania.
Quanto alla richiesta di interruzione della procedura autorizzativa, si rammenta che, purtroppo, la materia oggetto dell'interpellanza riguarda un procedimento amministrativo, il quale, come precisato, si incardina su norme ben precise. Occorre pertanto attendere la determinazione finale, positiva o negativa, del procedimento di autorizzazione in corso, che si baserà certamente sulla obiettiva valutazione degli aspetti ambientali e di tutti i pareri degli organismi intervenuti nel procedimento.
Riepilogando brevissimamente: le indagini hanno un percorso, che in termini di tempo sono pari a tre o quattro mesi, mentre per le autorizzazioni all'estrazione occorrono tre o quattro anni. L'indagine e la perforazione hanno evidentemente anche impatti ambientali, seppur minimi rispetto ad un'attività continua.
Conoscere le potenzialità, anche secondo buon senso, è il presupposto necessario, ma non sufficiente, affinché si valuti l'opportunità legata a tutta una serie di aspetti. La conoscenza è il presupposto principale per poter programmare e continuare ad inserirsi come Paese in una logica che riguarda la SEN e quanto da me detto in premessa.
Per cui, capisco la grande sensibilità, l'interesse e la preoccupazione dei territori; è giusto che ci sia e si mantenga un'alta attenzione su quello che avverrà. Tuttavia, i procedimenti, purtroppo, per legge non possono essere interrotti, ma conclusi, negativamente o positivamente, e, qualora si dovesse verificare un interesse particolare di quantità e soluzioni eventuali che possono trovarsi senza compromettere le ragioni, anche geofisiche, di cui lei parlava, nel territorio dell'Irpinia, saremo tenuti obbligatoriamente a valutarli insieme non soltanto alla regione, che, come ha visto, ha una parte da protagonista nel procedimento, ma, soprattutto, Pag. 60con l'obbligo di tenerli presenti e di sentire, in fase di valutazione, anche i territori interessati.
Ad oggi mi sento di dire di poter andare avanti su questa strada, avendo grande consapevolezza dell'importanza di ciò di cui stiamo discutendo e posticipando la questione ad una valutazione complessiva. Anche nei prossimi decreti-legge, che spero arriveranno in Aula al più presto, ci saranno delle norme che liberalizzeranno la conoscenza delle quantità di carbonio presenti nel nostro sottosuolo; in quella logica si farà una valutazione complessiva, e si riterrà di andare avanti su ciò che è più opportuno da un punto di vista, non soltanto economico, ma anche di impatto ambientale, o dove fermarsi.
Il decreto-legge che è stato appena emanato va verso questa direzione sulle zone a mare (qui trattiamo evidentemente di zone a terra). Concludo ricordando, e dando particolare enfasi, se posso, al decreto-legge che ho citato e che è pronto alla firma conclusiva del nostro Ministro, che finalmente può restituire ai comuni interessati – non per le perforazioni, ma per le attività – una parte ingente di risorse. Tali risorse, tolte dalle casse dello Stato e destinate agli enti territoriali, obbligatoriamente dovranno essere destinate ad infrastrutturare, a bonificare o a creare occupazione nei territori, non soltanto nel comune, ma in un raggio complessivo di comuni limitrofi, con ingenti risorse. Credo sia stata una battaglia seguita dalle Camere e da tutti i partiti, per iniziare un reale federalismo fiscale anche su questo aspetto.

PRESIDENTE. Il deputato Famiglietti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

LUIGI FAMIGLIETTI. Signor Presidente, sono soddisfatto dell'impegno che ha messo il sottosegretario nel lavorare a questa risposta, ma sarò ovviamente e completamente soddisfatto nel momento in cui – con questi nuovi decreti-legge che sono stati annunciati, così come è avvenuto per il riordino delle zone marine aperte alla ricerca e coltivazione di idrocarburi, come diceva il sottosegretario, dove comunque c’è stato un primo segnale di un'inversione di tendenza in materia di attività di ricerca, coltivazione ed estrazione di idrocarburi –, anche per quanto riguarda le estrazioni sulla terraferma si tenga conto in particolare delle zone ad alto rischio sismico.
Qui infatti, per quanto riguarda questi comuni irpini (tra l'altro io sono anche sindaco di un comune limitrofo), noi non chiediamo un ristoro: siamo semplicemente preoccupati di quello che potrà succedere a seguito delle trivellazioni, perché anche in Val d'Agri, in Basilicata, a seguito delle trivellazioni ci sono stati comunque dei danni all'ambiente circostante, alle coltivazioni, e poi c’è questo problema connesso con la sismicità elevata del territorio.
Noi oggi abbiamo scelto lo strumento dell'interpellanza perché questa non era una semplice richiesta di informazioni circa l'attività estrattiva del pozzo «Gesualdo 1», ma una domanda al Governo con peso politico, ferme restando le precise responsabilità e competenze normative attribuite alla regione Campania. Si voleva, quindi, chiedere un intervento al Governo per avere più garanzie di sicurezza per il territorio e maggiore partecipazione e trasparenza nel processo autorizzativo in corso. Per quanto riguarda sia la partecipazione, sia la trasparenza, sia le garanzie di sicurezza, posso ritenermi soddisfatto della risposta del sottosegretario.
Prima di concludere, voglio aggiungere che, per le stesse ragioni che sottostavano a questa interpellanza, l'onorevole Cominelli e il gruppo PD in Commissione ambiente hanno presentato una risoluzione, per chiedere al Governo impegni precisi sul tema delle trivellazioni a terra, in particolare, per ottenere maggiore trasparenza, pubblicizzazione dei risultati e misure per diminuire la dipendenza da fonti energetiche fossili e la diffusione di fonti energetiche non inquinanti e rinnovabili.
Come ho detto in apertura, l'Irpinia è un territorio che sta dando molto dal punto di vista energetico, sotto forma di Pag. 61energie rinnovabili: siamo forse la provincia italiana che presenta più impianti eolici e più impianti da fotovoltaico. Gradiremmo, quindi, che il Governo, in ottemperanza al pacchetto clima-energia 20-20-20, si impegni sempre di più sul fronte delle rinnovabili, rinunciando magari alle estrazioni del fossile. Il verde dei boschi e il blu dell'acqua sono infatti due dei colori di un arcobaleno che si chiama «speranza di un futuro diverso», che tutti noi, soprattutto noi che abbiamo funzione di rappresentanza istituzionale, abbiamo il dovere di costruire insieme, partendo dalle ragioni delle comunità.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare per la semplificazione (ore 13,43).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 12 settembre, ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare per la semplificazione la senatrice Rosa Maria Di Giorgi, in sostituzione del senatore Bruno Astorre, dimissionario.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 13,44).

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 12 settembre 2013, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VII Commissione (Cultura):

«Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca» (1574) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, IX, X, XI, XII, XIII e XIV.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14 per il seguito dello svolgimento delle ulteriori interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 14.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente cinquantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Problematiche riguardanti la prospettata chiusura della sezione distaccata del tribunale di Cesena – n. 2-00170)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Molea n. 2-00170, concernente problematiche riguardanti la prospettata chiusura della sezione distaccata del tribunale di Cesena (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Molea se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

BRUNO MOLEA. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'interpellanza urgente ha per oggetto la chiusura della sezione distaccata del tribunale di Cesena Pag. 62che, per effetto del decreto legislativo n. 155 del 2012, che ha per oggetto il riordino della geografia giudiziaria dovrebbe cessare l'attività proprio oggi, 13 settembre. Tra i criteri e principi direttivi stabiliti nella legge delega si fa riferimento «alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi, nel rispetto dei criteri di cui alla lettera b)», e cioè «ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane».
Dati alla mano, appare evidente che la soppressione della sezione di Cesena e il suo accorpamento al tribunale di Forlì non rispetta i criteri relativi al numero degli abitanti, all'estensione del territorio, ai carichi di lavoro e alle sopravvenienze.
Infatti, il circondario di Cesena, che dovrebbe essere soppresso, comprende un numero di abitanti non solo uguale, ma addirittura superiore di oltre ventimila unità a quello della sede cui si intenderebbe accorpare, oltre ad avere una maggiore estensione territoriale (250 chilometri quadrati, rispetto ai 228 chilometri quadrati del comune di Forlì), servendo anche un territorio assai ampio che si estende dal confine con la Toscana fino al Mare Adriatico.
Inoltre, per limitarsi al processo civile, dalle statistiche ufficiali del tribunale si ricava che di totali 5.129 processi pendenti alla data del 31 dicembre 2012 (relativamente al contenzioso unificato), presso la sezione di Cesena pendono ben 2.862 processi, mentre gli altri 2.267 pendono dinanzi al tribunale di Forlì; allo stesso modo, la prevalenza del numero delle iscrizioni nella sede centrale non è preponderante rispetto alla sezione distaccata, ma è spiegabile con l'attribuzione di talune materie ad una esclusiva cognizione.
In merito l'ordine forense, consapevole del gravissimo danno che la chiusura della sezione distaccata di Cesena comporta anzitutto per i cittadini e poi per l'intera comunità socio-economica del territorio, ha più volte richiesto, a fronte della soppressione della sezione distaccata, che venisse disposta l'istituzione del tribunale di Forlì come ufficio unico, avente, però, una dislocazione territoriale dei suoi uffici anche nella città di Cesena (che insieme a Forlì è il capoluogo della provincia Forlì-Cesena).
A causa della soppressione della sezione distaccata, la città di Cesena sarà completamente priva di ogni ufficio giudiziario, in quanto anche il giudice di pace (per la cui sede il comune non è stato in grado di reperire le risorse economiche sufficienti), unitamente agli ufficiali giudiziari che svolgevano la loro funzione a Cesena, verranno accorpati per intero agli uffici di Forlì.
Inoltre, la situazione già critica della funzionalità operativa del sistema giustizia del tribunale di Forlì subirà un grave peggioramento determinato dall'afflusso del carico di lavoro proveniente da Cesena.
La chiusura della sede di Cesena non comporterà alcun risparmio sotto il profilo economico, in quanto gli uffici attualmente utilizzati in quella città, rimarranno comunque per i prossimi cinque anni nella disponibilità del Ministero della giustizia che intende utilizzarli come archivio.
Tra l'altro questa decisione – mi consento di osservare – non rappresenta un servizio di interesse pubblico, tanto meno un servizio per la collettività: una contraddizione questa rispetto invece alle esigenze di concentrazione, risparmio di spesa ed incremento di efficienza che prospetta la riforma.
Al contrario, il comune di Forlì vedrà invece aumentare proporzionalmente i propri costi, dovendo trovare i locali dove far confluire gli uffici chiusi a Cesena; l'attuale tribunale non è in grado di Pag. 63ospitare ulteriori uffici e ulteriori impiegati: mancano, infatti, le strutture dal punto di vista logistico per ricevere dipendenti da Cesena, come dicevo, emergono serie difficoltà nella programmazione delle udienze, risultano inadeguati gli spazi per gli archivi, per non parlare degli aggravi agli accessi per l'utenza (basti pensare agli abitanti di Sogliano o Verghereto, che sono due comuni della comunità montana tosco-romagnola, che saranno costretti a raggiungere il tribunale di Forlì, quindi con una percorrenza maggiore, anche solo per depositare un atto, per la contestazione di una multa oppure per discutere o sostenere una qualsiasi causa amministrativa).
Francamente non si conoscono i vantaggi che si produrranno in conseguenza della chiusura del tribunale di Cesena ed appare, inoltre, assai grave che sia mancata anche una qualsiasi possibilità di interlocuzione fra i soggetti che operano nel settore giustizia.
Un riassetto complessivo dell'organizzazione giudiziaria è sicuramente necessario ma, nel caso di Forlì-Cesena, il preventivato trasferimento presso il palazzo delle poste di Forlì di buona parte delle strutture ora presenti a Cesena, deve aprire un'attenta riflessione. Innanzitutto, sugli effetti che questa decisione di sopprimere gli uffici del giudice di pace di Bagno di Romagna e di Cesena avrà sulla collettività più generale, penalizzando appunto le zone periferiche di tutto il territorio cesenate, che è abbastanza vasto.
Inoltre, occorre effettuare una precisa valutazione delle effettive economie di scala dell'operazione e delle soluzioni che dovranno essere date al problema della concentrazione di traffico sulla città di Forlì, dovuta allo spostamento pressoché quotidiano di oltre 350 avvocati ed ovviamente dei loro assistiti, fenomeno che porterà sicuramente gravi disagi alla città di Forlì, data l'inadeguatezza delle attuali infrastrutture.
Vanno inoltre considerate anche le preziose ore di tempo aggiuntive che perderanno ogni giorno gli agenti delle forze dell'ordine e della polizia municipale in servizio a Cesena, che in futuro saranno convocati sempre a Forlì per le udienze e per tutte quelle questioni legate a ricorsi, processi ed altro. Eliminare questo importante servizio di prossimità a tutela dei diritti dei cittadini comporterebbe, oltre al grandissimo disagio in termini di spostamento sopra rilevato, un rallentamento dei tempi della macchina giudiziaria, la cui dilatazione costituisce un serio handicap per il nostro Paese ed anche per le aziende, già fortemente provate da una dura crisi economica, le quali non usciranno comunque indenni neanche da questa situazione.
Chiedo pertanto se il Ministro non intenda rivedere la decisione presa, mantenendo l'istituzione del tribunale di Forlì con uffici funzionanti anche presso la sede di Cesena, soluzione auspicata, che restituirebbe alla gran parte dei cittadini della provincia interessata la fiducia di essere adeguatamente tutelati nei loro diritti da un tribunale efficiente e capace di dare adeguata risposta alla loro esigenza di giustizia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, ringrazio anche l'onorevole Molea e coloro che hanno firmato questa interpellanza urgente al signor Ministro. Devo dire che è un problema certamente attuale ed è forse anche l'occasione per davvero riflettere, ma allo stesso tempo fare un appello sia ai parlamentari dei vari territori sia all'avvocatura sia ai cittadini, spiegando l'importanza però anche di questa riforma e l'impegno che il Governo – anche quello precedente, perché poi è una riforma del Governo Monti – ha messo nel portarla avanti.
Cerco di spiegarlo rispondendo all'interpellanza, non dimenticando e sottolineando che la mia esperienza di magistrato, presso, tra l'altro, una sezione distaccata, mi porta anche a sottolineare l'importanza di questi uffici territoriali, Pag. 64dove per tanti anni anch'io ho svolto le funzioni giudiziarie e su cui non si può generalizzare, perché in molte di queste sedi la giustizia funzionava in maniera efficiente e anche rapida. E alcune delle peculiarità che sono state ora segnalate con onestà intellettuale dall'onorevole Molea, sono riprese riguardo alla lontananza, riguardo anche al problema delle zone montane e, quindi, dopo parleremo anche di Portoferraio e delle zone delle isole.
Detto questo, però, dobbiamo anche trovare il coraggio e la responsabilità oggi di lavorare tutti insieme per far funzionare questa riforma e poi verificarla, perché lo stesso legislatore ha previsto un termine, ha già stabilito dall'inizio un termine di verifica proprio nella consapevolezza che è una riforma importante, è una riforma epocale che comunque merita attente verifiche e, quindi, occorre che tutti insieme, sia il Ministero che i deputati del territorio, che, appunto, gli operatori a cui prima facevo cenno, aiutino a capire se veramente si ottengono quegli obiettivi che ci siamo prefissati. Infatti, la riforma è importante, ci crediamo, la chiedevano tutti perché la chiedeva la magistratura, la chiedeva in parte anche l'avvocatura, la chiedeva, quindi, l'economia perché occorre risparmiare e credere in un servizio giustizia che davvero sia efficiente.
Ho voluto fare questa premessa non per dare delle speranze o delle illusioni, però per richiamare tutti a grande attenzione e serietà nel fare questa verifica, ma nello stesso tempo nel far funzionare la riforma, a farla partire e spiegarne ai cittadini sul territorio anche gli aspetti positivi, perché non devono avere l'idea che venga meno un presidio, ma devono avere l'idea che la giustizia può funzionare in modo migliore, può essere più celere e si può recuperare in termini di efficienza. Questa è la sfida. Se si ottengono questi obiettivi, l'abbiamo raggiunta tutti insieme; se non si riesce ad ottenerli, occorre riflettere e dove non si sono raggiunti, porre dei correttivi.
Al riguardo devo, quindi, rilevare che le sezioni distaccate, così come espressamente consentito dalla legge delega del 14 settembre 2011, n. 148, come sappiamo sono state integralmente soppresse a seguito dell'emanazione del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, che ha previsto l'eliminazione della relativa tabella del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, che poi è l'ordinamento giudiziario. A tale decisione si è pervenuti sulla base delle conclusioni del gruppo di studio in materia di revisione delle circoscrizioni giudiziarie formalizzate nella relazione finale approvata nel marzo 2012 che proprio l'integrale soppressione dell'istituto aveva proposto in linea principale, anche se poi c'erano delle subordinate. Il legislatore delegato ha ritenuto di dover procedere alla soppressione totale delle sezioni distaccate di tribunale, sia in funzione dell'obiettivo di razionalizzazione e di riequilibrio complessivo delle strutture giudiziarie sul territorio, così eliminando un modello organizzativo che si è dimostrato foriero di inconvenienti sotto il profilo dell'efficienza del servizio e del buon andamento dell'amministrazione, sia per finalità di risparmio e contenimento della spesa pubblica.
Sotto quest'ultimo profilo è stato calcolato che la riduzione del numero degli uffici giudiziari derivanti dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 155 del 2012 comporterà un intervento strutturale di riduzione della spesa pubblica, in particolare consentendo complessivi risparmi di spesa pari a 17.337.581 euro per l'anno 2013 e a 31.358.999 euro per l'anno 2014 determinati dalla riduzione delle spese di gestione e funzionamento delle strutture giudiziarie che verranno soppresse.
E sottolineo questi dati – e sono cifre importanti – che devono richiamarci a una grande responsabilità. Si riferiscono alla gestione e al funzionamento e, quindi, sono davvero spese che vengono risparmiate, perché ci sono meno sedi e, chiaramente, ci sono meno spese di gestione e di funzionamento.
Si prevedono, inoltre, anche positive ricadute in termini di migliore e più razionale organizzazione dei mezzi e dei servizi giudiziari e di buon andamento dell'amministrazione della giustizia. Da un Pag. 65lato, infatti, le ragioni giustificatrici, che fondavano la previsione in passato delle vecchie preture ed ora delle sezioni distaccate di tribunale, rappresentate dall'esigenza di avvicinare la giustizia al cittadino, che è un tema in cui chiaramente occorre credere e nessuno vuole venire meno a questo rapporto tra cittadini e domanda di giustizia e, quindi, sede giudiziaria, sono, però, oggi un po’ superate, perché chiaramente sono cambiati i tempi ed è cambiato il sistema anche dello sviluppo delle reti stradali e dei mezzi di trasporto, che ha ravvicinato le distanze se ci rapportiamo all'epoca in cui, appunto, sono stati introdotte ed in parte perseguibili con altri mezzi.
E si pensi – e questa è un'altra sfida che voglio sottolineare – all'istituzione di servizi telematici, denominati «sportelli della giustizia», ormai utilizzati da molti uffici giudiziari e, comunque, facilmente realizzabili e più in generale anche utilizzati ricorrendo a strumenti come la posta certificata e il processo telematico.
Quindi, esiste una strada per avvicinare il cittadino – e in questo caso parlando anche di Cesena – alla sede e, quindi, creiamo sportelli dove l'utente può andare, valorizziamo il processo telematico. Quindi, l'avvocato dal proprio studio e, quindi, anche dal proprio studio legale di Cesena, deve potere partecipare e fare funzionare il processo telematico e, quindi, il tribunale deve creare questi modelli organizzativi su cui il legislatore sta puntando molto e anche il Consiglio superiore della magistratura, perché è chiaro che questo facilita l'organizzazione e il lavoro senza costringere necessariamente il professionista a chiudere il proprio ufficio legale.
Dall'altro, le ridotte dimensioni e le connesse difficoltà organizzative, proprie delle sezioni distaccate, hanno in alcuni casi imposto ai presidenti dei tribunali l'adozione dei provvedimenti organizzativi volti a trasferire la trattazione di procedimenti dalle sedi distaccate alle sedi centrali dei tribunali. Infatti, non nascondiamo che, purtroppo, tante sono le carenze di mezzi e di personale, sia di magistrati sia di cancellieri, che molte volte gravano e si sentono maggiormente nei piccoli tribunali. E vi è anche un altro aspetto, che è quello del minor livello di specializzazione dei magistrati di tali tribunali e la conseguente minore efficienza di tali uffici giudiziari. Sono aspetti probabilmente da tempo noti che hanno a fortiori interessato le sezioni distaccate, in quanto uffici giudiziari di dimensioni ancora più ridotte di quelle dei piccoli tribunali. Ed è anche per tali motivi che si è imposto il superamento delle sezioni distaccate.
È chiaro che dinanzi a questo discorso, che è utile a livello generale, mi si può obiettare che Cesena è una realtà anche con dimensioni grandi e, quindi, non rientra in questa fattispecie. Però, nel criterio generale, che poi ha spinto sul risparmio, sono argomenti che comunque devono essere considerati. Inoltre, non dimentichiamo che questo Governo e il Ministro della giustizia hanno aspettato e, comunque, non hanno posto in essere alcun intervento nel rispetto anche della decisione della Corte costituzionale, perché c’è stato un vaglio di fronte alla Corte costituzionale che ha confermato la legittimità delle scelte operate con il decreto legislativo n. 155 del 2012 e cito qui, appunto, la Corte costituzionale con la sentenza n. 237 del 3 luglio scorso.
Pertanto, sulla base di queste considerazioni, in attuazione della delega legislativa per la riforma della geografia giudiziaria, riscontrato che, nel distretto di Bologna, non erano presenti tribunali sub-provinciali, l'unico possibile intervento di razionalizzazione non poteva che essere individuato nella soppressione, mediante accorpamento ai rispettivi tribunali provinciali, di tutte le sezioni distaccate, tra cui, appunto, quella di Cesena.
Tale intervento, secondo le stime del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del Ministero della Giustizia, consentirà, peraltro, il recupero di 112 unità di personale amministrativo. Del resto, è intuibile che, allo stato, avendo i tribunali già provveduto a fissare le udienze, anche un eventuale rinvio, anche di breve durata, Pag. 66nell'entrata in vigore della riforma, produrrebbe con assoluta certezza il caos.
Peraltro, come già comunicato dal Ministro al Parlamento, il Governo si riserva di valutare nel prossimo futuro l'eventuale necessità di interventi correttivi entro i limiti previsti dalla delega.

PRESIDENTE. Il deputato Molea ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

BRUNO MOLEA. Signor Presidente, signor sottosegretario, sono soddisfatto della risposta e, soprattutto, anche della premessa esaustiva che lei ha fatto prima di rispondere puntualmente all'interpellanza. Del resto, il decreto legislativo n. 155 del 2012 mi trova concorde sulle posizioni che lei ha illustrato, soprattutto per quanto attiene alla necessità di risparmiare e di ridistribuire le risorse nel territorio.
Tuttavia – lo diceva lei in chiusura della risposta – Forlì e Cesena sono due situazioni che forse esulano un pochino da quello che era l'obiettivo vero che il decreto legislativo si è dato, proprio per la loro consistenza.
Poi non è un caso che anche l'articolo 7 dello statuto della provincia di Forlì e Cesena enunci la suddivisione del territorio provinciale in due circondari, quello di Forlì e di Cesena, spiegando che tale suddivisione è effettuata in relazione alla particolare conformazione territoriale e socio-economica, al fine anche di corrispondere alle esigenze economiche e sociali e alle tradizioni culturali della comunità locale e per meglio tutelare anche le specifiche caratteristiche ambientali, paesaggistiche e storiche dei territori.
Quanto sopra, quindi, chiarisce che il circondario di Cesena corrisponde non solo a una classificazione storica, paesaggistica e culturale, ma ad una vera e propria circoscrizione amministrativa, istituita da fonte a ciò abilitata. Dico questo a sostegno dell'interpellanza e dell'obiettiva necessità di soprassedere, almeno in casi simili a questo, alla decisione di sopprimere la sede.

(Problematiche riguardanti la localizzazione del tribunale di Napoli nord – n. 2-00178)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Palma ed altri n. 2-00178, concernente problematiche riguardanti la localizzazione del tribunale di Napoli nord (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo alla deputata Giovanna Palma se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

GIOVANNA PALMA. Signor Presidente, intendo illustrarla. Con questa interpellanza noi oggi intendiamo riportare all'attenzione del Governo un tema, a mio parere, trattato con troppa fretta e senza il dovuto approfondimento. Non si tratta, come si potrebbe immaginare, della complessa e articolata materia dei tribunali soppressi, che pure sta attraversando il Paese con un'ondata di malessere, proteste ed insofferenza.
Non intendo, infatti, in questa sede e ora, mettere in discussione il provvedimento assunto nel 2012 con il decreto legislativo n. 155, che ha ridisegnato la mappa giudiziaria in Italia. È un atto ormai compiuto, su cui è legittimo avere opinioni diverse, su cui montano nel Paese le polemiche, ma su cui il Governo è stato chiaro, dicendo che si va avanti.
Sarebbe, quindi, inutile da parte mia insistere su questo. Invece, l'interpellanza che illustro fa riferimento a quello che io continuo ancora a chiamare, in maniera ostinata, il «tribunale di Giugliano in Campania», un tribunale di nuova istituzione che si è scelto di localizzare ad Aversa. Ho già illustrato un'interpellanza in questo senso, su cui la risposta, in verità, non è stata esauriente e convincente.
Torno sull'argomento perché, a mio parere, ci sono nuovi elementi di cui discutere e su cui, sono certa, il Governo vorrà fare una riflessione. Il tribunale di nuova costituzione accorpa la competenza Pag. 67di una serie di comuni che attualmente afferiscono al tribunale di Napoli e al tribunale di Santa Maria Capua Vetere e che ad oggi formalmente formano una nuova sede giudiziaria. Sulla carta tale nuovo tribunale viene denominato Napoli nord, ma viene curiosamente allocato a Caserta sud. Localizzare il tribunale di Napoli nord in provincia di Caserta mi sembra una scelta un po'originale, decisamente singolare, quasi un paradosso. Il mandamento su cui avrà competenza il nuovo tribunale di Napoli nord conta poco meno che un milione di abitanti. La stragrande maggioranza di essi è residente in vari comuni della provincia di Napoli, che annovera cittadine molto popolose come Giugliano (terza città della Campania, con circa certo 20 mila abitanti, primo comune d'Italia), Marano (60 mila abitanti), Afragola (che ne sfiora i 63 mila), Frattamaggiore (30 mila abitanti) e tutta una serie di comuni limitrofi. I comuni dell'area casertana che affluiscono nel nuovo tribunale di Napoli nord sono invece di dimensioni piccole, e direi quasi ridotte al minimo. Appare evidente quindi che localizzare il tribunale di Napoli nord in provincia di Caserta, costringerà la stragrande maggioranza dell'utenza ad enormi disagi legati a spostamenti e a vari problemi logistici. Meglio sarebbe stato, a parere degli scriventi, che il tribunale di Napoli nord fosse localizzato nella sua destinazione originaria, che è quella di Giugliano in Campania, una destinazione che è stata individuata il 3 dicembre 1999 con il decreto legislativo n. 491 che istituiva appunto il tribunale di Giugliano, mai aperto. Con il decreto n. 155, il tribunale di Giugliano in Campania muta semplicemente la sua denominazione, viene nominato tribunale di Napoli nord. In nessun atto però, con il cambio di denominazione e con una diversa mappatura, si decide che questo presidio debba essere localizzato ad Aversa, cioè Caserta Sud. La scelta quindi, a mio parere, come si spiega nell'interpellanza, contravviene ad una ben precisa disposizione di legge. Non risulta agli interroganti, infatti, l'esistenza di documenti ufficiali a contenuto normativo nei quali venga individuata la diversa ed inopinata destinazione di Aversa del nuovo tribunale di Napoli nord. L'intenzione del legislatore era chiarissima: localizzava il secondo tribunale di Napoli nell'area metropolitana del medesimo capoluogo regionale, specificatamente nel comune di Giugliano in Campania, non certo a Caserta sud. Le ragioni sono ovvie. Alcune le ho elencate e riguardano la mappa territoriale, il numero degli abitanti e la conformazione dei comuni. Mi sembra francamente singolare che si assuma un cambiamento di questa natura con una decisione del Ministro assunta unilateralmente, senza concertazione, senza interventi normativi, ma con una sorta di «dietro le quinte» senza alcun atto ufficiale.
In ragione di questa premessa con l'atto ispettivo che illustro, chiediamo al Governo con quale atto ufficiale è stata assunta la decisione di stravolgere la voluntas legis, localizzando il tribunale di Napoli nord, anziché a Giugliano, ad Aversa in provincia di Caserta, e se non sia necessario, prima di dare corso a questa oscura determinazione – a parere di chi scrive, palesemente illegittima ed assunta in violazione di legge – dotarsi appunto, di uno strumento normativo avente forza di legge, non prima di aver compiuto un'adeguata ed approfondita indagine ed adottato una convincente motivazione che valga a scongiurare il ragionevole sospetto di un «colpo di mano» in danno della città di Giugliano in Campania.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Palma e do atto dell'impegno che il deputato ha messo nell'affrontare questa questione, che segue da diverso tempo evidenziando al nostro Ministero le varie criticità sempre in modo costruttivo. Occorre però guardarci negli occhi e assumerci ciascuno le proprie responsabilità e rispondere ad un quesito, Pag. 68a una domanda che dobbiamo farci. Napoli nord deve partire, proprio oggi è la data che è stata stabilita, il 13 settembre.
Il Consiglio superiore della magistratura ha già pubblicato i posti, sta cercando di reclutare i magistrati, perché anche in questo ci sono stati dei problemi. Però è tutto pronto, o meglio in parte, perché poi ci saranno dei problemi che il Ministero sta cercando di risolvere. Oggi cambiare la sede o trovare una soluzione diversa è impossibile, perché l'unica soluzione era quella di prorogare l'entrata in vigore dell'ufficio giudiziario.
Non dimentichiamoci che c’è stata già nel passato un'esperienza negativa, che è quella del tribunale e della procura di Giugliano, dove addirittura il Consiglio superiore della magistratura aveva già nominato il presidente e il procuratore della Repubblica e poi questi uffici giudiziari mai sono partiti. Quindi, penso che sia importante – e davvero faccio un appello alla responsabilità e all'impegno anche dell'onorevole Palma – partire. È importante che Napoli nord funzioni, che si inizi questa attività giudiziaria anche in quel circondario e che la giustizia funzioni, sia quella civile che quella penale, perché questo chiedono i cittadini sia al Parlamento che al Governo.
Debbo però ricostruire la storia, per far capire quale è stata la scelta del Ministro – che poi non è questo Ministro, ma quello precedente – di individuare la sede di Napoli nord nella città di Aversa. La decisione di localizzare il tribunale ad Aversa è maturata a seguito di una serie di contatti con i sindaci dei diversi comuni, ove erano collocate le sedi distaccate soppresse (parlo di Aversa, Afragola, Casoria, Frattamaggiore e Marano), facenti parti del nuovo circondario del tribunale di Napoli Nord.
All'esito di tali contatti è emersa quale unica possibile collocazione del Tribunale – in grado di consentire l'avvio nei tempi previsti della nuova sede giudiziaria, con un concreto risparmio di spesa – quella presso l'immobile denominato «Castello Aragonese» di Aversa.
Si tratta di un immobile già interamente ristrutturato, in quanto destinato a sede della Scuola di formazione della polizia penitenziaria, e, dunque, già nella diretta disponibilità del Ministero della giustizia. In tale sede sono stati già completati i sistemi informatici dell'area civile e penale con le relative postazioni di lavoro informatizzate. Inoltre, il comune di Aversa ha già provveduto alle dotazioni di telefonia ed alle opere edili di adattamento, opere di minima entità ed eseguite in economia. Si consideri anche che, in una parte della struttura, sono già da tempo operativi gli uffici della soppressa sezione distaccata di Aversa, il che evidentemente consentirà una ancora più agevole entrata in funzione del nuovo tribunale. Quanto agli arredi, la gran parte sono stati recuperati dalle soppresse sezioni distaccate dei tribunali di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere e, per la restante parte, è stata già sostenuta una spesa ampiamente inferiore a 100.000 euro.
Inoltre, per il nuovo tribunale è previsto anche l'utilizzo di altri due immobili, poco distanti dal Castello Aragonese, uno dei quali (destinato ad archivio), di proprietà del comune di Aversa, è attualmente tra l'altro inutilizzato e non necessita di opere di ristrutturazione, mentre l'altro sarà completato nell'arco dei prossimi 18-24 mesi a cura e a spese del comune di Aversa.
Quanto al comune di Giugliano, non è stata possibile la localizzazione del tribunale di Napoli nord in tale territorio, in quanto, ad oltre tredici anni dalla formale istituzione del tribunale di Giugliano – peraltro con una competenza territoriale ed un bacino di utenza sensibilmente inferiori rispetto alle dimensioni dell'attuale tribunale di Napoli Nord –, il comune non è stato in grado di reperire una sede adeguata e che presentasse almeno analoghi vantaggi rispetto a quelli poc'anzi evidenziati a proposito della sede di Aversa.
Per ciò che concerne i paventati disagi per la popolazione dovuti alla collocazione del nuovo ufficio giudiziario ad Pag. 69Aversa, piuttosto che a Giugliano, le perplessità prospettate risultano fortemente ridimensionate dal fatto che la distanza tra i due comuni appare assolutamente esigua, essendo, come è noto, di appena 6 chilometri.
Quanto poi alla collocazione geografica del nuovo tribunale nella provincia di Caserta, va considerato che la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari non è dipendente dall'assetto amministrativo del territorio stesso (in particolare da quello delle province), essendo invece basata sul sistema dei distretti di Corte di appello e dei circondari di tribunale, oltre che dei circoli per le Corti di assise, sistema che è organizzato su criteri di efficienza ed ottimizzazione delle risorse – anche materiali – disponibili, diversi da quelli (anche politici e di rappresentanza democratica) valevoli per le province.
Inoltre, la norma primaria ha previsto l'elenco dei comuni costituenti il circondario del tribunale di Napoli nord (di gran lunga maggiori di quelli ricadenti nella giurisdizione del tribunale di Giugliano), tra i quali è appunto compreso quello di Aversa, dove, per le ragioni esposte e nell'esercizio delle potestà organizzative ministeriali, è stata costituita la nuova sede giudiziaria.
Segnalo, infine, anche che il Ministero ha già fissato, con il decreto ministeriale 25 aprile 2013, le dotazioni organiche del personale amministrativo necessario per il nuovo ufficio giudiziario; ha, inoltre, già provveduto ad espletare le relative procedure per il trasferimento del predetto personale nei nuovi uffici giudiziari. In particolare, il 14 settembre assumeranno servizio presso il tribunale quarantaquattro unità di personale e presso l'ufficio NEP trentasette unità di personale. In aggiunta, sono stati anche interpellati coloro che formalmente risultavano trasferiti presso il tribunale che si voleva istituire a Giugliano e, tra costoro, e con il loro consenso, verranno destinate altre undici unità al nuovo tribunale, tre all'UNEP e cinque alla procura. Inoltre, a seguito di un bando interno pubblicato il 30 luglio scorso, sono in corso di svolgimento anche le procedure per il trasferimento di ulteriore personale amministrativo, in particolare si tratta di sessantasette unità per il tribunale, una per l'UNEP e quarantacinque per la procura.
Concludo, quindi, ribadendo che, allo stato, non può che essere confermata la scelta del Ministero di localizzare ad Aversa il nuovo tribunale, fermo restando, comunque, l'impegno del Governo, ribadito dal Ministro nella sua informativa al Senato dello scorso 11 settembre, a seguire costantemente gli effetti della riforma e a valutare nel prossimo futuro l'eventuale necessità di interventi correttivi entro i limiti previsti dalla legge delega, tenendo nel massimo conto i contributi che vorranno fornire le forze politiche e tutti i soggetti interessati.
Aggiungo, davvero, chiedendo anche all'onorevole Palma di aiutare il Ministero della giustizia a far funzionare questa nuova sede giudiziaria, a migliorarla e a farla partire, perché penso che in questo momento sia importante che in quel territorio vi sia una nuova sede giudiziaria, che da tredici anni quel territorio aspettava, e oggi fermarla non era davvero conveniente.
Sono contento che sia presente il Viceministro Fassina, perché, nel segnalare i risparmi in termini di costo che sono stati indicati in questa risposta che ho cercato di dare, in una sede che era già pronta possono esserci problemi di funzionalità. Il Ministro ha avuto la sensibilità, nei giorni scorsi, di riunire e di convocare sia il procuratore generale della Corte d'appello, che il presidente della Corte d'appello di Napoli, di capire le criticità, che sicuramente ci sono – e in più occasioni, anche la stampa, l'onorevole Palma giustamente le ha segnalate – e quindi cerchiamo di intervenire per far sì che questa sede parta. È una sede che, comunque, è di proprietà dell'Amministrazione, quindi del nostro Ministero, e, allo stato, dopo quella riunione con tutti i sindaci, era stata individuata come la sede più idonea.
Rimaniamo disponibili a valutare e a intervenire di fronte a qualsiasi disfunzione e a qualsiasi criticità, perché è giusto Pag. 70che sia i lavoratori, che i professionisti – e parlo degli avvocati, dei consulenti, dei dipendenti comunque amministrativi, oltre che dei magistrati – abbiano la loro dignità, abbiano un luogo di lavoro consono e accessibile a tutti, così come i cittadini, che sono poi i nostri utenti e a cui dobbiamo guardare nel rendere un servizio di giustizia efficiente.

PRESIDENTE. La deputata Palma ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

GIOVANNA PALMA. Signora Presidente, signor sottosegretario Ferri, intanto la ringrazio della risposta e della cortesia che da sempre dimostra, tuttavia, non posso, assolutamente, ritenermi soddisfatta. Anch'io sono contenta di avere in Aula il viceministro Fassina, per un semplice motivo; innanzitutto e in primo luogo le rispondo perché l'oggetto della mia interpellanza aveva solo ed esclusivamente un riferimento di carattere normativo: mi chiedevo, in qualità di cittadina del comune di Giugliano, come era possibile spostare la sede di un tribunale da una parte all'altra senza che ci fosse a monte un decreto. Ritengo, quindi, pertanto, e lo sottolineo, che questa per me rappresenta una scelta arbitraria, palesemente illegittima e veramente assunta in violazione di legge. Pertanto, ritengo che il comune di Giugliano sicuramente provvederà, nei prossimi giorni, ad avviare un ricorso nei confronti del Ministero.
Per quanto riguarda l'aspetto economico voglio far presente anche al viceministro Fassina che è vero che il comune di Giugliano in tanti anni non si è adoperato nella costruzione di un tribunale di Giugliano, ma è anche vero che non è possibile far pagare alla mia generazione, a quella di tanti miei colleghi avvocati la possibilità di poter avere nel nostro territorio un tribunale; tra l'altro, i commissari che attualmente sono presenti – perché non tutti sanno che il mio comune è stato da pochi mesi sciolto per infiltrazione camorristica dal Ministro Cancellieri – hanno messo a disposizione la somma di 38 milioni di euro per la costruzione di una cittadella giudiziaria. Mi è stato risposto che era troppo tardi, che Giugliano aveva perso il treno e che l'unica opportunità per poter comunque dar corso a questa importante riforma – che rispetto, per carità – era necessario dover utilizzare questo Castello Aragonese che si trova ad Aversa. Ebbene, la sottoscritta, insieme al «Ministro ombra», come lo definirei, il dottor Birritteri, insieme al procuratore capo Martusciello e al presidente Buonaiuto del tribunale di Napoli, ci siamo recati per una visita ispettiva in questo Castello Aragonese che rappresenta, a mio avviso, una brutta copia di quello che è stato l'antico Castel Capuano, sede del tribunale storico di Napoli. Si tratta di una villa, non ha nulla da offrire, non ha servizi; io personalmente, assumendomi la responsabilità, in qualità di parlamentare, di ciò che sto dicendo, sottolineo che in quel tribunale, in questa villa, non ci sono barriere architettoniche, non c’è il parcheggio per gli avvocati, mancano misure importanti di sicurezza, mancano porte antincendio, non ci sono ascensori e quei pochi che ci sono non funzionano, non esiste un percorso alternativo per i detenuti.
Sapete dove opererà questo tribunale di Napoli nord ? Nella terra dei Casalesi, nella terra dei Mallardo che non sono i clan più importanti d'Italia, sono i clan più importanti a livello mondiale. Così, noi ci apprestiamo a celebrare questi processi in una semplice villa, non in quello che doveva essere veramente un fiore all'occhiello, doveva essere la risposta che il Governo, all'epoca, lo stesso legislatore, voleva dare alla città di Napoli, costruendo un tribunale che fosse, appunto, un vero e proprio fiore all'occhiello tra Napoli e Santa Maria Capua Vetere. Tutto questo non è accaduto; questa è la verità.
Il Ministro dice che si tratta di un immobile interamente strutturato ? Non è assolutamente vero, saranno numerosi i costi che il comune di Aversa e lo stesso Ministero dovranno affrontare e noi saremo lì pronti ad osservare e sottolineare; soprattutto, tutto questo sarà oggetto delle Pag. 71prossime interpellanze parlamentari. Tuttavia, non soltanto il Ministro della giustizia non ha pensato di ascoltare me e tutti i deputati di Campania 1 di tutti i partiti che si sono opposti di fronte ad una scelta così scellerata, ma non ha ascoltato neanche il presidente del tribunale di Napoli, il dottor Alemi, il presidente del tribunale di Santa Maria Capua Vetere; in particolare, il presidente Alemi, oggi, su tutti i giornali si è trovato costretto a chiudere le sezioni distaccate di Casoria, di Afragola, di Marano e della stessa Ischia perché si pretendeva, almeno così perveniva dalla circolare del Ministero, di utilizzare il personale amministrativo che oggi occupa queste sedi distaccate e trasferirlo ad Aversa. E i processi in corso ? E i 40 mila processi che attualmente si stanno celebrando in queste sezioni distaccate ? Bene, la risposta è questa: da lunedì è tutto bloccato; siamo praticamente nel caos. È il fallimento della giustizia. Non si poteva aspettare ?
Non si poteva chiedere una proroga, magari di due anni, utilizzando al meglio e soprattutto preparando questo Castello Aragonese – se proprio si era così decisi ad utilizzare quel castello – per la sede del nuovo tribunale di Napoli nord ? Non si poteva dare al comune di Giugliano, città già di suo martoriata, la possibilità di poter rinascere, con la costruzione di una nuova cittadella giudiziaria ? In più, sottolineo come il comune si sia impegnato al punto tale da chiedere al Ministro anche di utilizzare immediatamente beni che sono stati sottratti alla criminalità organizzata, i beni Rea, ma neanche quello è stato concesso. Mi è stato detto che quel bene lo si utilizza come un «carcere leggero». Non ho premure nei confronti di un «carcere leggero», si chiedeva un tribunale, si chiedeva un presidio di giustizia.
Per quanto riguarda l'aspetto logistico, giova in questo momento sottolineare a voi tutti – e mi dispiace se vi sto tediando a quest'ora – quanto geograficamente Giugliano sia stata scelta non solo perché si tratta di un comune grande per quanto riguarda il numero degli abitanti, ma perché Giugliano è un comune che si estende su un territorio di 94 chilometri quadrati. Questo vuol dire che ai confini di Giugliano c’è tutta la provincia di Napoli nord. È vero che Giugliano dista sei chilometri da Aversa, ma Afragola, Marano, Casoria, Grumo, Casal Nerino, Sant'Antimo, Qualiano, Villaricca ? Il Ministro tutto questo lo sa ? Sa che non ci sono infrastrutture per raggiungere questo piccolo Castello Aragonese nella città di Aversa, che praticamente è già di suo congestionata dal traffico, non ci sono infrastrutture e non c’è metropolitana ? Un cittadino di Afragola, che si deve recare presso la volontaria giurisdizione perché magari ha un figlio disabile e deve fare un certificato, come può andare al Castello Aragonese ? Tutto questo lo si è chiesto ? Tutto ciò riguarda un milione e mezzo di utenti.
Infine, perché l'amarezza è tanta, non solo io non sono stata ascoltata, ma, ripeto, anche Alemi e Martusciello. Si sono chiuse le porte perché bisognava procedere. Allora, a questo punto vi dico che questi sono problemi inderogabili su cui i vertici napoletani del distretto hanno più volte insistito, chiedendo questa proroga. In sostanza, si sta partendo in fretta e in furia e senza adeguate attrezzature, tirando dentro al caos sia una vastissima utenza sia l'ampia platea di operatori della giustizia. Mi chiedo se non sarebbe stato il caso di riconoscere uno stop, di darsi un tempo supplementare e di utilizzare questo tempo per mettere le strutture in condizione di lavorare meglio e in maniera più autonoma.
Ci sarebbe stato così anche il modo di adeguare le strutture che il comune di Giugliano, come dicevo poc'anzi, poteva rendere subito disponibili, vale a dire il bene confiscato alla camorra nella disponibilità dell'ente e denominato complesso Rea, che con pochi interventi a carico del comune sarebbe stato subito disponibile. Ciò rappresenterebbe al contempo anche una risposta utile e un simbolo forte in questo momento nei confronti della lotta alla criminalità organizzata. Esistono, come si vede, sia ragioni di ordine logico, legate all'efficienza e al servizio, sia ragioni Pag. 72di ordine economico, per fermarsi e ripensarci. Mi auguro che ci sia ancora uno spazio per riflettere. Per quanto mi riguarda, continuerò, come vi dicevo, nelle prossime settimane, a verificare le evidenti mancanze della sede di Aversa e a segnalarle al Governo, per fare intendere con ancora maggior forza quanto sia sbagliata, oltre che scellerata la scelta, di allocare il tribunale di Napoli nord nel comune di Aversa.

(Ritiro dell'interpellanza urgente Velo n. 2-00198)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare allo svolgimento dell'interpellanza urgente Velo n. 2-00198. Avverto che in data odierna la deputata Silvia Velo ha ritirato l'interpellanza in oggetto, presentando contestualmente un'interrogazione a risposta scritta di analogo contenuto.

(Iniziative volte ad esentare in modo completo e strutturale i piccoli comuni dal patto di stabilità interno – n. 2-00157)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pastorino n. 2-00157, concernente iniziative volte ad esentare in modo completo e strutturale i piccoli comuni dal patto di stabilità interno (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Luca Pastorino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

LUCA PASTORINO. Signor Presidente, signor Viceministro, questa interpellanza, che abbiamo presentato nel mese di aprile, riguarda l'applicazione del Patto stabilità interno ai piccoli comuni, ovvero quelli fino a 5 mila abitanti, che sono tanti, sono 5.693, su un totale di 8.094 in tutta Italia. Quindi, si tratta di una tematica che coinvolge un enorme numero di amministratori locali, che molto spesso, quotidianamente, svolgono la propria opera in condizioni di assoluto volontariato.
Il Patto di stabilità è una misura, a mio modo di vedere, irragionevole e insostenibile, dal punto di vista sia finanziario sia amministrativo, che condanna i comuni alla paralisi. La paralisi dei comuni non è un dato d'ingegneria istituzionale e fiscale, che può interessare solo pochi addetti ai lavori e politici distratti dalle esigenze dei cittadini e del Paese: in Italia i comuni, gli enti della Repubblica più vicini alle persone e al mondo del lavoro, hanno sempre rappresentato un'avanguardia dello sviluppo e del progresso sociale ed economico, un presidio fondamentale di amministrazione di servizi rivolti a singoli individui, famiglie e lavoratori. Il blocco imposto ai comuni è un blocco alla crescita del Paese, un freno alle imprese e un danno ai cittadini, che si vedono privare di servizi essenziali funzionali a garantire il benessere e i diritti.
L'estensione del Patto di stabilità interno ai piccoli comuni è in vigore dall'inizio di quest'anno, del 2013, in forza di due disposizioni normative: il decreto-legge n. 138 del 2011 e l'articolo 31, comma 1, della legge di stabilità 2012.
Qui nessuno contesta che anche i comuni, inclusi quelli più piccoli, debbano essere chiamati a concorrere, con responsabilità, alla realizzazione degli obiettivi globali di finanza pubblica. È un principio di buon senso e un'applicazione di quei valori di solidarietà che animano la nostra Costituzione e l'ordinamento europeo; è anche un obbligo giuridico stringente, che deriva dal regolamento europeo n. 1466 del 1997, e in Italia dall'articolo 119 della Costituzione.
Tuttavia, la responsabilità di ogni soggetto costituzionale dev'essere fatta valere secondo criteri ragionevoli. Questo vale per i piccoli comuni e in generale per tutti gli enti locali, che non possono essere chiamati a farsi carico in modo sproporzionato di obblighi che incombono sullo Stato, lo stesso Stato al quale fa capo la grande parte della spesa pubblica nazionale. E neppure possono, i piccoli comuni e gli enti locali in genere, essere chiamati Pag. 73a farsi carico di queste responsabilità secondo regole concepite forse con troppa fretta e scarsa attenzione.
Il Patto di stabilità interno, infatti, impone dei vincoli di bilancio e degli oneri amministrativi che già sono difficili da sopportare e gestire per i comuni maggiori, e che i piccoli comuni semplicemente non hanno i mezzi per affrontare. L'applicazione del Patto di stabilità interno ai piccoli comuni, in effetti, è irrealistica: si parla di enti che non hanno i margini di manovra per gestire il patto, a causa di bilanci di ridotta entità, i cui flussi di cassa, data la dipendenza da fonti esterne per gli investimenti, risultano praticamente impossibili da regolare come sarebbe richiesto. Non solo: il Patto di stabilità interno, con tutte le sue complicazioni burocratiche, va a gravare sui piccoli comuni e sulle loro esigue strutture; per di più nel mezzo di una già complicata e pure necessaria fase di riorganizzazione amministrativa, che consegue agli obblighi di gestire, in forma associata, nove delle dieci funzioni fondamentali, secondo il decreto-legge n. 78 del 2010 e la legge n. 201 del 2011. Se a questo si aggiunge il fatto che a settembre la maggior parte dei comuni non ha avuto ancora la possibilità di approvare il bilancio di previsione per quest'anno, si disegna un quadro complessivo di incertezza, sia nel gestire i piccoli comuni, sia nella capacità di dare risposte in termini di servizi ai cittadini.
Il risultato di tutto questo è di aver condannato i piccoli comuni alla paralisi politica e amministrativa, con conseguenti ricadute in termini di erogazione dei servizi alle persone, di blocco dei pagamenti alle imprese e d'impossibilità a realizzare, col conseguente spreco di fondi già stanziati o stanziabili, tante piccole opere utili: in materia, ad esempio, di efficienza energetica degli edifici pubblici, manutenzione delle strade e messa in sicurezza del territorio, tutela dell'ambiente e riciclo dei rifiuti, innovazione, edilizia scolastica e asili. In un quadro di crisi economica e sociale, l'estensione del Patto di stabilità interno ai piccoli comuni va a gravare su famiglie e imprese già duramente provate.
Se è un principio e valore costituzionale quello per cui i comuni, grandi e piccoli, devono concorrere alla gestione responsabile delle finanze pubbliche, è pure scritto nella Costituzione che essi hanno autonomia finanziaria. Questa autonomia, che è stata messa in discussione in questi ultimi quattro-cinque anni con un federalismo alla rovescia, portato avanti da chi ne ha sempre fatto la sua bandiera, dev'essere preservata, nell'interesse generale. I piccoli comuni, ma lo stesso vale per gli enti locali in genere, devono concorrere agli obiettivi di finanza pubblica secondo criteri di ragionevolezza e sostenibilità, che tengano conto della virtuosità delle gestioni di bilancio e della varietà di dimensioni demografiche e capacità finanziarie e amministrative.
Questo Governo si è già impegnato in questo senso, quando a maggio, in sede di conversione del decreto-legge n. 35 del 2013 sui pagamenti della pubblica amministrazione, ha accolto due ordini del giorno in questo senso, assumendosi il compito peraltro di assumere un'iniziativa normativa urgente. Sono passati quattro mesi, e nel frattempo sono state respinte alcune iniziative parlamentari sul tema, durante la conversione del decreto-legge n. 69 del 2013.
L'impegno preciso, per il Governo, è di esentare in modo completo e strutturale i piccoli comuni dal Patto di stabilità interno e disciplinare il loro concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica mediante uno strumento più ragionevole e sostenibile, in considerazione delle loro dimensioni demografiche e capacità finanziarie e amministrative, e del processo di riorganizzazione amministrativa, e anche fiscale, già in atto.
A questo impegno, poiché i comuni sono un sistema integrato, dovrebbe anche seguire, in nome di un approccio complessivo e coerente, anche un intervento di riforma del Patto per quanto riguarda i comuni medi e grandi. E se non ricordo male, anche il Presidente Letta aveva avuto parole in questo senso.Pag. 74
Quindi, con l'interpellanza in esame si chiede di sapere in quali tempi e mediante quali interventi il Governo intenda assolvere al citato impegno assunto dinanzi alla Camera, di provvedere con urgenza a esentare, in modo completo e strutturale, i piccoli comuni dal Patto di stabilità interno e a disciplinare il loro concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica mediante uno strumento, come detto, più ragionevole e sostenibile, in considerazione delle dimensioni demografiche e capacità finanziarie, amministrative e del processo di riorganizzazione amministrativa già in atto, posto anche che la sessione di bilancio del Parlamento parrebbe, forse, il momento più opportuno per intraprendere una simile riforma.

PRESIDENTE. Il Viceministro dell'economia e delle finanze, Stefano Fassina, ha facoltà di rispondere.

STEFANO FASSINA, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Pastorino. Riguardo all'oggetto dell'interpellanza urgente, si fa presente che la richiesta di escludere dal Patto di stabilità interno i comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti, come abbiamo più volte rappresentato, determinando effetti negativi sui saldi di finanza pubblica per circa 950 milioni di euro, può essere assentita, purché siano rinvenute adeguate risorse compensative dei predetti effetti peggiorativi.
Il Governo, al fine di tener conto delle problematiche segnalate, ha comunque adottato provvedimenti volti ad alleggerire i vincoli di contenimento della spesa, previsti dal Patto di stabilità interno per i comuni in oggetto.
In particolare, con il decreto-legge n. 35 del 2013 sono stati assegnati a tali comuni circa 550 milioni di euro in termini di maggiori spazi finanziari, finalizzati al pagamento dei debiti di parte capitale maturati al 31 dicembre 2012.
Inoltre, sempre con riferimento ai piccoli comuni, il medesimo decreto dispone ulteriori agevolazioni mediante l'introduzione, nell'ambito del Patto di stabilità verticale incentivato, dell'obbligo per le regioni di cedere ai comuni con popolazione inferiori a 5.000 abitanti il 50 per cento degli spazi regionali ceduti, pari a circa 636 milioni di euro.
In conclusione, i due interventi citati – entrambi, appunto, previsti dal decreto-legge n. 35 del 2013 – attribuiscono ai comuni in questione spazi finanziari per circa 1 miliardo 186 milioni di euro, un importo superiore al contributo complessivo chiesto agli stessi comuni dal Patto di stabilità interno.

PRESIDENTE. Il deputato Pastorino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

LUCA PASTORINO. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro Fassina per la risposta, che non mi trova comunque soddisfatto, nel senso che l'intero meccanismo applicativo del Patto di stabilità interno, in realtà, come dicevo nell'intervento di prima, all'interno di realtà che hanno una complessità operativa, una difficoltà nella gestione corrente, nella conduzione del comune, fa sì che comunque i bilanci vengano resi privi di capacità di investimenti.
Io le parlo da sindaco di un piccolo comune, come potrà immaginare, un piccolissimo comune, ma, comunque, ha a sua disposizione per gli investimenti in titolo secondo, 50-60 mila euro in un anno. Ora capirà bene che il mio è anche un comune costiero, ma si figuri un po’ i comuni dell'entroterra. A conti fatti, avevo numeri differenti, ma prendo atto e, quindi, siamo tutti consapevoli degli sforzi che questo Governo, attraverso il decreto n. 35, ha fatto nella direzione di agevolazione dei piccoli comuni, con interventi da 550 milioni. Io avevo diverse cifre.
Ma comunque se il peso, l'obiettivo di patto dei piccoli comuni è di 950 milioni, le due agevolazioni di cui lei ha parlato prima probabilmente concorrono a coprire i 950 milioni di cui stiamo parlando. Pag. 75Questo è quello che volevo sottolineare. Qui c’è bisogno di un sistema di cose che sia più ragionevole, fatto di equilibrio di bilancio di parte corrente e di controllo delle spese di investimento. Questo chiediamo come piccoli comuni e comunque i numeri ci danno ragione della possibilità di potere effettuare già dal 2014 questo tipo di soluzione e percorrere l'esenzione almeno di questi piccoli comuni dal Patto di stabilità.
Non esageravo prima: nei piccoli comuni ci sono tanti bravi amministratori che vedono comunque sminuita giorno dopo giorno la propria capacità di operare sul territorio. Il territorio è un valore prezioso per noi che lo amministriamo, per il Governo e per l'Italia. Credo che questa sia un'operazione che deve essere fatta cercando anche soluzioni che vadano ad agevolare anche i comuni più grandi. Questo era nelle mie premesse ma, stante questi numeri, auspico che il Governo e lei possiate prendere in considerazione questo tipo di proposta già a partire dall'esercizio 2014, perché così non possiamo proprio andare avanti.

(Ritiro dell'interpellanza urgente Rughetti n. 2-00165)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Rughetti n. 2-00165.
Avverto che il deputato Angelo Rughetti ha testé ritirato l'interpellanza in oggetto, presentando contestualmente un'interrogazione a risposta scritta di analogo contenuto.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 17 settembre 2013, alle 10:

1. – Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(ore 16)

2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore (ove concluso dalla Commissione) (C. 1154/R)
e delle abbinate proposte di legge: D'INIZIATIVA POPOLARE; PISICCHIO; DI LELLO ed altri; FORMISANO ed altri; LOMBARDI ed altri; GRASSI ed altri; BOCCADUTRI ed altri; NARDELLA ed altri; RAMPELLI ed altri; GITTI e VITELLI (C. 15-186-199-255-664-681-733-961-1161-1325).

3. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate):
SCALFAROTTO ed altri; FIANO ed altri; BRUNETTA ed altri: Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia (C. 245-280-1071-A).
Relatori: Leone e Scalfarotto.

4. – Seguito della discussione della proposta di legge:
COSTA: Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale e al codice di procedura penale in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante (C. 925-A)
e delle abbinate proposte di legge: PISICCHIO; GELMINI ed altri; DAMBRUOSO ed altri; LIUZZI e BUSINAROLO; Pag. 76MOLTENI ed altri (C. 191-1100-1165-1190-1242).
— Relatori: Costa e Verini.

5. – Discussione delle mozioni Giancarlo Giordano, De Mita, Famiglietti, Sibilia ed altri n. 1-00119, Formisano ed altri n. 1-00163 e Carfagna ed altri n. 1-00165 concernenti iniziative in ordine alla crisi di Irisbus e di BredaMenariniBus, anche in relazione alla situazione del trasporto pubblico locale.

La seduta termina alle 15,05.