XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 385 di martedì 19 ottobre 2010
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI
La seduta comincia alle 11,30.
DONATO LAMORTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 14 ottobre 2010.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bocchino, Brugger, Cirielli, Dal Lago, Jannone, Lo Monte, Melchiorre, Migliavacca, Nucara, Leoluca Orlando, Romani, Sardelli, Stucchi e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Roberto Zaffini (ore 11,34).
PRESIDENTE. Comunico che in data 14 ottobre 2010 è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera dell'onorevole Roberto Zaffini:
«Onorevole Presidente, le comunico che ai sensi dell'articolo 15, comma 1, del regolamento della Giunta delle elezioni, rivestendo attualmente la carica di consigliere regionale della Regione Marche ed essendo tale carica incompatibile con il mio mandato parlamentare ai sensi dell'articolo 122, secondo comma, della Costituzione, rassegno le mie dimissioni dalla carica di deputato, pregandola di volerne dare, nella prima seduta utile, annuncio all'Assemblea affinché ne prenda atto.
L'occasione mi è gradita per formularle i migliori auguri di buon lavoro e porgerle i miei più cordiali saluti.
Firmato: Roberto Zaffini».
Trattandosi di un caso di incompatibilità, la Camera prende atto, a norma dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, di questa comunicazione e della conseguente cessazione del deputato Zaffini dal mandato parlamentare.
Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni (ore 11,35).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.
(Problematiche relative ai lavori di consolidamento e restauro della Domus Aurea - n. 2-00684)
PRESIDENTE. L'onorevole Madia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00684, concernente problematiche relative ai lavori di consolidamento e restauro della Domus Aurea (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
MARIA ANNA MADIA. Signor Presidente, mi riservo di replicare successivamente alla risposta del Governo.
Pag. 2PRESIDENTE. Prendo dunque atto che l'onorevole Madia rinuncia alla illustrazione della sua interpellanza. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro, ha facoltà di rispondere.
FRANCESCO MARIA GIRO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor presidente, mi riferisco all'interpellanza dell'onorevole Madia ed altri, relativa al crollo, avvenuto il 30 marzo scorso, della volta di una delle gallerie traianee che si trovano all'interno della Domus Aurea. A tal proposito, voglio subito precisare che il crollo ha interessato una porzione di volta facente parte delle strutture traianee e non il soffitto della Domus Aurea. In particolare, si tratta delle strutture dette «grottoni» che sono delle sostruzioni, ovvero elementi murari meramente di supporto realizzati da Traiano ed anteposti al muro del prospetto principale, lato Colosseo, del complesso neroniano.
Preciso, inoltre, che la galleria traianea, interessata dal crollo in questione, ha coinvolto locali in concessione d'uso perpetuo dagli anni Trenta alla soprintendenza ai beni culturali del comune di Roma e che la stessa utilizza come deposito di materiali archeologici. Inoltre, l'accesso alla galleria è esterno e indipendente rispetto a quello del complesso della Domus Aurea, gestito, invece, dalla soprintendenza di Stato.
Con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 18 agosto 2006, n. 3541, recante «Disposizioni urgenti per la messa in sicurezza della Domus Aurea» è stato disposto il commissariamento del complesso avente il compito del ripristino della sicurezza per i visitatori della Domus Aurea e non delle strutture traianee.
A seguito del crollo, in considerazione della interdipendenza tra complesso neroniano e traianeo, il commissario delegato è intervenuto con opere di puntellatura delle sostruzioni danneggiate, assicurandone la necessaria messa in sicurezza e ha predisposto un progetto di ripristino strutturale, attualmente al vaglio degli uffici competenti di questo Ministero. Il commissario, pertanto, ha intrapreso, sulla scorta del finanziamento accreditatogli a valere sui fondi della protezione civile, tutte le attività propedeutiche necessarie all'affidamento dei lavori di messa in sicurezza che, unitamente a successivi stanziamenti su fondi CIPE, venivano appaltati con procedura di evidenza pubblica. I lavori di consolidamento sono attualmente in corso e riguardano il consolidamento delle strutture murarie, nonché l'impermeabilizzazione dalle acque dell'estradosso, con lo scavo ed il ripristino del soprastante parco di Colle Oppio.
In merito alla presenza di operatori archeologici impegnati nello studio di materiali di cantiere, si fa presente che, a far data dall'ordinanza sopra citata, non è stato vietato l'accesso alle strutture della Domus Aurea.
Inoltre, a seguito del crollo, si è provveduto a delimitare l'area interessata e, a scopo cautelativo, nelle more di verifiche più puntuali, a recintare un'area più estesa del parco di Colle Oppio. Pertanto, nell'area traianea, dopo il crollo, hanno avuto accesso, per i necessari puntellamenti del cantiere, esclusivamente le maestranze dell'impresa aggiudicataria, nonché il personale professionale e tecnico necessario ed incaricato.
Per completezza dell'argomento, preciso che prima dell'ordinanza risultavano essere in esecuzione da parte di tre imprese lavori, monitoraggi e manutenzioni necessarie in settori del complesso che hanno avuto dal commissario delegato apposita autorizzazione all'accesso. L'autorizzazione in questione è nominale e viene rilasciata, con le necessarie ed opportune prescrizioni, esclusivamente sulla base di fondate motivazioni. Di tutti gli accessi assentiti viene contestualmente data informazione al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, professionista individuato dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e competente ad adottare tutte le misure proprie per gli aspetti pertinenti alla sicurezza nel cantiere.
PRESIDENTE. L'onorevole Madia ha facoltà di replicare.
MARIA ANNA MADIA. Signor Presidente, sono parzialmente soddisfatta e certamente ringrazio il sottosegretario per la risposta puntuale e dettagliata; approfitto però proprio di questa interpellanza per sottolineare alcuni punti critici che mi pare emergano dalla stessa risposta del sottosegretario. Il primo punto, macroscopico, è quello relativo ai tagli dei fondi per i beni culturali; questo è un punto che abbiamo sollevato più volte, mi pare che lo stesso Ministro si sia più volte lamentato della poca importanza dal punto di vista delle risorse che il Governo sta destinando alla cultura in generale e, in particolare, ai beni culturali. Vorrei però soffermarmi su altri due punti, il primo dei quali è emerso dalla risposta del sottosegretario, ed è il conflitto di competenze fra i vari livelli di Governo che spesso, come in questo caso, porta a confusioni burocratiche che poi di fatto non risolvono i problemi, anzi non fanno altro che peggiorare condizioni già difficili proprio per le scarse risorse che destiniamo al settore. Mi sento anche di fare un'altra riflessione con il sottosegretario: è in atto il commissariamento della Domus Aurea, ma mi chiedo se la pubblica amministrazione dei beni culturali sia in grado di gestire strutture archeologiche complesse come la Domus Aurea, come Pompei, senza lo strumento commissariale. Se questa legislatura può ancora essere una legislatura di riforme, perché il Governo non pensa a una normativa di settore per i siti archeologici, per siti così difficili da gestire ma che rappresentano davvero un grande patrimonio che forse pochi Paesi hanno (e l'Italia è uno di questi)? Vorrei proprio condividere questo pensiero e mi auguro che il Governo faccia una riflessione su questo che è un punto importante e che diventerebbe davvero, con la buona volontà del Governo, un tema sul quale ci si potrebbe confrontare, magari anche con noi, con le forze di opposizione, per risolvere quello che oggi mi sembra essere un problema del nostro Paese, che poco valorizza le grandi ricchezze che invece abbiamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Progetto di organizzazione del lavoro e divisione degli uffici di competenza della soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Roma - n. 3-01116)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Mazzocchi n. 3-01116 concernente il progetto di organizzazione del lavoro e divisione degli uffici di competenza della soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Roma (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
FRANCESCO MARIA GIRO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riferisco all'interrogazione con la quale l'onorevole Mazzocchi intende conoscere quali iniziative questo Ministero voglia adottare al fine di valorizzare le risorse umane della soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Roma. Voglio anzitutto rappresentare che la valorizzazione delle risorse umane è già stata intrapresa con l'entrata in vigore dell'ordine di servizio n. 19 del 7 maggio scorso della soprintendenza in questione, a cui fa riferimento lo stesso onorevole interrogante.
Tale ordine di servizio costituisce, infatti, l'epilogo di una lunga contrattazione con le organizzazioni sindacali, volta a riorganizzare la soprintendenza, con il principale obiettivo di ottimizzarne le risorse umane attraverso la valorizzazione delle capacità individuali e garantire, di conseguenza, l'efficienza e la qualità dei servizi offerti al pubblico.
Per la realizzazione di tali obiettivi si è ritenuto, pertanto, indispensabile avvalersi di funzionari interni all'amministrazione, Pag. 4con profili professionali che garantissero adeguatamente la direzione dei diversi servizi che compongono la soprintendenza.
In particolare, la direzione del «servizio personale» è affidata a un funzionario della stessa soprintendenza, mentre la direzione del «servizio del consegnatario» e del «servizio archivio, protocollo e relazioni sindacali» è affidata a un funzionario proveniente da altra soprintendenza. Il «servizio giuridico e contenzioso» è diretto da un funzionario proveniente dal Museo degli strumenti musicali, che era un istituto dirigenziale autonomo, di recente confluito nel polo museale della città di Roma. La direzione del «servizio bilancio, gare e contratti» è stata affidata, invece, ad un funzionario della direzione regionale della Calabria di riconosciuta capacità professionale, vista la carenza, all'interno della stessa soprintendenza, di funzionari di posizione economica C3 dotati di specifica esperienza nel settore. Faccio presente che tale incarico assicura, con elevata professionalità, l'efficienza nell'azione amministrativa in un settore estremamente delicato quale quello del bilancio. Basti, infatti, considerare che la soprintendenza presidia un territorio di dimensioni vastissime, come quello di Roma, che richiede una complessa gestione della contabilità, con compilazioni degli ordini di pagamento, di rendicontazione, di sistemazione e di archiviazione delle fatture di pagamento.
Inoltre, evidenzio come la collaborazione di questo funzionario non contrasta con il principio dell'economicità, cui l'amministrazione deve tendere, nonostante vi siano costi di missioni da sopportare, in quanto, in tal modo, viene garantita l'efficienza e l'efficacia del settore, che crea un giusto rapporto tra costi e benefici.
PRESIDENTE. L'onorevole Mazzocchi ha facoltà di replicare.
ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, signor sottosegretario, innanzitutto la ringrazio per la sua cortese risposta. Chi le parla è stato amministratore della città di Roma. Lei dirà: perché questa parentesi? Perché spesso noi ci affidiamo alla burocrazia interna, soprattutto nelle risposte che diamo alle interrogazioni.
Lei giustamente ha definito il quadro, come è in questo momento. Tuttavia, bisogna anche dire che - dopo la nostra interrogazione presentata il 9 giugno - il soprintendente, in data 28 giugno, ha provveduto a dare incarico per quanto riguarda le funzioni di direzione del «servizio giuridico e contenzioso» al funzionario che prestava servizio presso il Museo degli strumenti musicali. Dunque, la nostra è un'interrogazione che, evidentemente, andava a colpire nel segno dovuto.
Inoltre, mi consenta: sono d'accordo con lei quando dice che è necessario un giusto equilibrio tra efficienza ed economicità. Tuttavia, non mi risulta che il sovrintendente abbia mai fatto un interpello per conoscere le potenziali possibilità che vi erano, per la posizione economica C3, anche qui a Roma. È evidente che, tra le altre cose, si tratta di un incarico di un anno, quindi scadrà l'11 novembre del prossimo anno.
Nel riassetto che lei sta portando avanti con grande efficienza - e di questo la ringrazio - credo che si possa anche prevedere prossimamente di fare un interpello tra i funzionari C3 per vedere se a Roma, com'è sicuro, vi sia un funzionario che abbia le possibilità per poter esperire tale incarico.
Volevo anche dirle e raccomandarle che, nonostante la sua volontà e nonostante da un punto di vista nominativo quel funzionario sia stato incaricato alla direzione del servizio giuridico e contenzioso, quando però si fa il quadro degli incarichi, a tale funzionario ancora oggi non risulta attribuito quell'incarico. Ad ogni modo, mi dichiaro soddisfatto della sua risposta.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'istituto comprensivo Amante, di Fondi, in provincia di Latina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Pag. 5(Iniziative concernenti il rispetto della disciplina relativa all'accesso gratuito agli istituti e luoghi di cultura con riferimento al Museo nazionale delle arti del XXI secolo (MAXXI) di Roma - n. 3-01118)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Francesco Maria Giro, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Mosella n. 3-01118, riguardante iniziative concernenti il rispetto della disciplina relativa all'accesso gratuito agli istituti e luoghi di cultura con riferimento al Museo nazionale delle arti del XXI secolo (MAXXI) di Roma (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
FRANCESCO MARIA GIRO, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Signor Presidente, mi riferisco all'interrogazione dell'onorevole Mosella con la quale chiede chiarimenti in merito alla negazione dell'ingresso gratuito presso il Maxxi a favore dei cittadini dell'Unione europea che abbiano superato il sessantacinquesimo anno di età.
A tal proposito voglio anzitutto precisare che, all'interno del Maxxi, le persone di età superiore ai 65 anni hanno diritto all'ingresso gratuito esclusivamente tutti i martedì del mese e per l'intera giornata. Tale decisione è stata adottata nell'ambito dell'autonomia gestionale che la Fondazione ha assunto dopo la sua costituzione.
In attesa, infatti, della puntualizzazione del rapporto tra il regime pubblico cui è assoggettata una parte del patrimonio culturale esposto, e la natura privata della Fondazione, il consiglio di amministrazione ha privilegiato un atteggiamento intermedio, che consente, a determinate condizioni, la visita gratuita, ma permette un parziale recupero dei costi di gestione attraverso gli introiti derivati dalla vendita dei biglietti. Introiti che, in attuazione degli obblighi statutari della Fondazione, sono anche destinati all'incremento e alla valorizzazione del patrimonio culturale del Maxxi.
La ricchezza dell'offerta culturale a disposizione dei visitatori del Maxxi garantisce la congruità del prezzo del biglietto, che include, oltre alle cinque esposizioni (Ataman, De Dominicis, Moretti, Spazio, Net Web Art), un ciclo di proiezioni video gratuite presso l'auditorio sui temi e gli autori presenti in mostra, oltre che visite guidate ogni 2 ore per tutti i giorni della settimana, compresi i festivi, nonché il servizio di guardaroba custodito, caffetteria e libreria interni, accesso e sosta al piazzale, con possibilità di assistere a concerti a titolo gratuito.
Tuttavia, anche in considerazione della funzione di utilità sociale svolta dalla Fondazione, assicuro che, una volta concluso il processo di autonomia del Maxxi, verranno riconsiderate le modalità di fruizione del museo, nel rispetto dei principi fondamentali fissati dal codice dei beni culturali e del paesaggio.
PRESIDENTE. L'onorevole Mosella ha facoltà di replicare.
DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, sono molto parzialmente soddisfatto: per quel che riguarda l'ingresso gratuito per gli over-65, il MAXXI ha modificato il suo iniziale rifiuto che aveva dato origine all'interrogazione. Quindi, oggi, come ha detto il sottosegretario Giro - che comunque ringrazio -, e come si legge sul sito della Fondazione, l'accesso gratuito è consentito solo il martedì, ed abbiamo sentito alcune precisazioni e alcune ragioni che il sottosegretario ha voluto esporre.
Vorrei dire in quest'Aula, prendendo spunto proprio del sito della Fondazione, che il Maxxi è un museo nazionale delle arti del ventunesimo secolo; è la prima istituzione nazionale dedicata alla creatività contemporanea pensata come un grande campus per la cultura; è gestito, come è stato detto, da una Fondazione, istituita dal Ministero per i beni e le attività culturali, ed ospita due musei: il MAXXI arte e il MAXXI architettura.
La programmazione delle attività - ed è qui che vorrei soffermarmi - quali mostre, workshop, convegni, laboratori, spettacoli, proiezioni e progetti formativi, Pag. 6attribuisce una vocazione ad essere non solo luogo di conservazione ed esposizione del patrimonio, ma anche e soprattutto un laboratorio di sperimentazione e innovazione culturale, di studio anche, di ricerca e di produzione di contenuti estetici del nostro tempo.
Si tratta, indubbiamente, di un'operazione molto coraggiosa, che riporta nel mondo la Roma dei nostri giorni e, quindi, anche le modalità gestionali della Fondazione diventano per l'opinione pubblica nazionale ed internazionale un pretesto, ma a volte anche la semplice occasione per letture e deduzioni che vanificano sforzi e impegni di molti anni.
In quest'opera sono stati impegnati diversi Governi e diversi Ministri e, quindi, anche noi dell'opposizione abbiamo detto la nostra.
Una nazione la cui identità e sopravvivenza fiscale dipende dalla cultura e dove il bilancio statale le dedica oggi meno dello 0,21 per cento ha un problema. Forse questa è l'occasione per ribadirlo.
I risultati conseguiti dal MAXXI sono, almeno per quanto è a nostra conoscenza, molto lusinghieri, nel senso che appena iniziata l'attività si è parlato di 74 mila visitatori in un mese. Adesso, invece, stiamo attendendo di vedere quanto accadrà per il Macro (l'autunno sarà tempo di bilanci). Dunque, sappiamo benissimo che una struttura come il MAXXI è molto impegnativa in quanto a costi, ma non per questo bisogna, come dire, invalidare il profilo sociale dell'opera, che per le sue caratteristiche deve favorire la divulgazione, aiutando quel pubblico che, per età o ceto sociale, deve poter godere di un simile patrimonio, cogliendone tutte le opportunità che lo Stato ha disposto per loro senza deroghe.
Gli ingressi gratuiti spesso favoriscono l'arrivo di pubblico pagante - questo vale in tutto il mondo - e sono un volano per le attività commerciali e per i servizi connessi anche alle attività didattiche promosse con intelligenza e in una chiave promozionale. Qui entriamo in un altro capitolo che tocca le barriere di ingresso ai bandi di gara per la gestione di servizi e per la valorizzazione e la funzione del patrimonio culturale. Questo tema sarà, per noi, oggetto di attenzione.
I risultati di un anno di lavoro che questo Governo poi ha presentato agli italiani hanno messo in evidenza cifre molto positive. I visitatori sono cresciuti del 12,2 per cento, come è stato detto dal Ministero; gli introiti da biglietteria sono aumentati del 6,4 per cento. Si è annunciata una crescita del 3 per cento nell'anno, mentre le proiezioni per il 2012 parlano di un ambizioso più 10 per cento, tutto giocato sul fattore visitatore-cliente.
Dunque, non si capisce: non ci sono i soldi? Aboliamo tutti gli ingressi gratuiti per tutte le categorie previste dalla circolare e fissiamo una cifra minima, 1 o 2 euro, per tutti. Con quell'entrata patrimoniale paghiamo i costi che la fondazione ha avuto la benevolenza di indicare.
In questo modo diamo un segnale di crescita positivo e uguale per tutti. Invece, andando a discriminare gli anziani, in un Paese come il nostro, francamente forniamo un'immagine non positiva e non risolviamo i problemi posti.
(Progetto di riorganizzazione del segretariato generale e delle direzioni generali del Ministero della difesa, con particolare riferimento al servizio sanitario militare - n. 3-01087)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Vico n. 3-01087, concernente progetto di riorganizzazione del segretariato generale e delle direzioni generali del Ministero della difesa, con particolare riferimento al servizio sanitario militare (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, vorrei subito sgomberare il campo da qualsiasi dubbio sull'indebolimento del servizio della sanità militare, paventato dall'onorevole Pag. 7interrogante, precisando che l'ipotesi di riorganizzazione non scaturisce dalla volontà di procedere a una mera riduzione degli organismi fine a se stessa, ma è stata ampiamente valutata ed è oggetto di un approfondito studio.
Le potenzialità del servizio sanitario militare non solo non saranno minimamente affievolite, ma, al contrario, saranno ampliate e rese più efficacemente attuabili attraverso una maggiore razionalizzazione della distribuzione delle competenze, consentendo alla difesa di continuare con professionalità tale delicato servizio, sia in Patria sia all'estero.
Analizzando, nello specifico, la questione relativa all'assetto organizzativo del segretariato generale della difesa e del servizio sanitario militare, si deve osservare che la stessa si colloca nell'ambito del processo di riorganizzazione - che interessa, ormai da tempo, la difesa - che è improntato ai criteri della riduzione, razionalizzazione e ottimizzazione dei processi produttivi, in funzione delle esigenze di approntamento delle capacità operative delle Forze armate, necessarie a svolgere la primaria funzione della difesa dello Stato e di presenza nei contesti internazionali, così da adeguare l'organizzazione complessiva alle esigenze di un moderno strumento militare, oltre che alle risorse disponibili.
Tale processo - scaturito dalla delega conferita al Governo nella legge n. 549 del 1995, oltre che dalle previsioni della cosiddetta legge della riforma dei vertici (la legge n. 25 del 1997) - è stato avviato per passi successivi. Lo schema di decreto del Presidente della Repubblica - cui fa riferimento l'onorevole l'interrogante - ne costituisce un ulteriore passo.
Il provvedimento, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri e sul quale il Consiglio di Stato ha già reso parere favorevole, è stato trasmesso per l'esame alle competenti Commissioni parlamentari. Il Senato, lo scorso 12 ottobre, si è pronunciato favorevolmente e, attualmente, tale provvedimento si trova alla Camera dei deputati presso le Commissioni affari costituzionali e difesa, dopo aver ricevuto il parere favorevole da parte della V Commissione bilancio.
L'atto prevede l'adozione di interventi mirati ad ottimizzare i costi di funzionamento della difesa, in applicazione di quanto stabilito dal decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, che ha imposto alle amministrazioni pubbliche, pena il blocco di tutte le forme di assunzione, di effettuare ulteriori riduzioni - rispetto a quelle già previste dal decreto-legge n. 112 del 2008 - entro lo scorso 30 giugno.
Lo schema di regolamento, da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge n. 400 del 1988, prevede la creazione di un'area per l'acquisizione dei sistemi di armamento presso il segretariato generale della difesa-direzione nazionale degli armamenti e la soppressione della direzione generale della sanità militare (Difesan).
In particolare, per quanto attiene a quest'ultima misura, il cui obiettivo è la salvaguardia delle attribuzioni in materia di sanità militare e la conseguente più razionale riallocazione delle relative competenze, si è previsto che le pertinenze della sopprimenda direzione generale vengano così ridistribuite: le competenze operative, addestrative e di formazione trasferite nell'area tecnico-operativa delle strutture dipendenti dallo Stato maggiore della difesa (che è l'organo tecnico operativo interforze di vertice) anche ai fini dello svolgimento dei servizi della sanità militare negli scenari internazionali.
Le competenze amministrativo-gestionali rimarranno, invece, nell'ambito del segretariato generale e delle altre direzioni generali, in particolare quelle in materia di approvvigionamento di materiali sanitari e farmaceutici, che saranno trasferiti alla direzione generale di commissariato e dei servizi generali.
Le strutture e il personale saranno, in linea con tale ridistribuzione, opportunamente ricollocati. Questa scelta organizzativa è supportata dal convincimento che la stessa, al di là delle obbligate riduzioni, consentirà di affidare le specifiche attribuzioni alle naturali aree di attività, ponendo Pag. 8fine ad incertezze sulle competenze, oltre che a forme di commistione che non si sono rivelate proficue.
L'individuazione di un referente unico anche nei settori della medicina preventiva e sociale, della medicina legale, del servizio trasfusionale militare, della psicologia militare e statistica sanitaria, favorirà l'elaborazione di soluzioni unitarie, adeguate e condivise, con evidenti vantaggi in fase esecutiva, piuttosto che una parcellizzazione degli stessi settori.
Inoltre, il patrimonio di esperienze e di competenze nell'ambito delle convenzioni sanitarie, dei rimborsi delle spese sanitarie, del contenzioso sanitario (soprattutto per quanto concerne le delicate questioni dell'amianto e dell'uranio impoverito) nonché delle acquisizioni di materiale sanitario sarà confermato e ampliato, considerato che parte del personale militare e civile, attualmente in servizio presso la direzione generale della sanità militare, sarà acquisito nella disponibilità dell'elemento di organizzazione che dovrà sviluppare le richiamate competenze all'interno del segretariato generale.
Con riferimento, in ultimo, all'ufficio generale della sanità militare (Ugesan) presso lo Stato maggiore della difesa, bisogna precisare che la sua costituzione rientra, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 556 del 1999 tra le facoltà precipue del Capo di Stato maggiore della difesa, il quale per l'esercizio delle sue attribuzioni - cito - dispone di uno Stato Maggiore ordinato in reparti ed uffici per la pianificazione, il coordinamento e il controllo nei vari settori di attività.
Il citato ufficio, strutturato ordinativamente per funzioni, ha terminato il 31 dicembre 2007 la fase sperimentale e sviluppa le attività sanitarie di competenza del Capo di Stato maggiore elaborando direttive a carattere interforze concernenti la sanità militare, per assicurare allo strumento militare il più alto grado di integrazione e di interoperabilità, anche per l'impiego nei complessi multinazionali, nonché svolgendo attività autonome di valenza operativa, ma complementari a quelle della sopprimenda direzione generale, che opera secondo specifici parametri di riferimento.
Va evidenziato, inoltre, che all'epoca l'esigenza di istituire Ugesan scaturì dalla necessità di disporre di un referente unico - un collaboratore operativo del Capo di Stato maggiore della difesa - deputato a gestire la complessa e articolata realtà della sanità militare nella nuova configurazione, nella considerazione che le problematiche degli organismi divenuti interforze dovrebbero essere esaminate, appunto, con un approccio interforze, coordinando con i medesimi criteri le materie afferenti al personale, all'ordinamento e alle attività di funzionamento, sempre al fine di ottimizzare le risorse umane e finanziarie disponibili.
Le funzioni di Ugesan e dell'eventuale altro ufficio che dovrà riassorbire le competenze della sopprimenda direzione generale della sanità militare non possono che essere sviluppate alle dipendenze del Capo di Stato maggiore della difesa, ovverosia nell'ambito dell'area tecnico-operativa, senza che ciò comporti interferenze con le attività che dalla sopprimenda direzione generale transiteranno, ratione materiae, nell'area tecnico-amministrativa del Ministero della difesa.
PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di replicare.
LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, esprimo da subito la mia insoddisfazione totale con l'apprezzamento, ovviamente anche sarcastico, di non aver avuto risposta ad alcuno dei quesiti dell'atto sottoposti al Ministero e ad ella. Quindi, sono obbligato a ripercorrere, nei tempi che mi sono consentiti, quattro questioni.
La prima, onorevole sottosegretario, attiene al decreto ministeriale del 1 febbraio 2010, firmato dal Ministro che ho interrogato, che disciplina la struttura e l'attribuzione della direzione e che non è stato ancora eseguito (sto parlando del 1 febbraio 2010!). Dopo pochi mesi si opera una nuova ristrutturazione attraverso la Pag. 9quale si modifica il decreto del Presidente della Repubblica che ella ha citato senza rispondere. Mi interrogo e continuo a chiedere: la sua risposta è fondata su un'idea di razionalizzazione di spese da contenere, quando si legge il regolamento si osserva che si ricollocano tre direzioni generali (Terrarm, Navarm e Armaereo) nell'ambito del segretariato generale, che viene riordinato in nove reparti. Immagino il Ministro Calderoli quali interrogativi si potrebbe porre di fronte alla moltiplicazione delle strutture! Tutto ciò serve per sopprimere un'unica direzione, che è la direzione generale della sanità militare.
A proposito di razionalizzazione, che ella a nome del Dicastero mi offre nella risposta, viene indebolito, sopprimendo Difesan, il servizio sanitario militare a favore delle Forze armate che operano soprattutto all'estero. Viene demolito e cancellato Difesan e, di contro, in nome di una razionalizzazione solo evocata, viene frammentata l'attività sanitaria militare nei settori della medicina preventiva e sociale (che sono una cosa), della medicina legale (che diventa un'altra), del servizio trasfusionale (che diventa ancora un altro settore), della psicologia e della statistica sanitaria con ripercussioni ovvie sui 10 mila soldati italiani che sono presenti nei teatri operativi esteri.
Quindi - concludo - la mia opinione e il mio giudizio di non apprezzamento della risposta resa dal sottosegretario e dal Dicastero che rappresenta si riassumono in queste ultime conclusioni: la metodologia organizzativa che si sta delineando non risponde alle esigenze e alle strategie di sviluppo della sanità militare. Mi permetto di ribadire che per l'efficienza e la funzionalità sarebbe stato utile sopprimere l'attuale ufficio generale della sanità militare presso lo Stato maggiore della difesa, che è stato costituito in maniera impropria (al riguardo, voglio citare l'ordine del giorno del Capo di Stato Maggiore della difesa) ed in via sperimentale; - da tre anni quella direzione affianca la direzione generale della sanità militare per l'assolvimento di funzioni di fatto similari.
(Problematiche riguardanti il servizio scolastico del tempo pieno in Sicilia - n. 2-00751)
PRESIDENTE. L'onorevole Berretta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00751, concernente problematiche riguardanti il servizio scolastico del tempo pieno in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
GIUSEPPE BERRETTA. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere.
GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, in relazione a quanto rappresentato nell'atto in discussione, confermo il contenuto del comunicato stampa del Ministero in data 16 maggio 2010, al quale si fa implicito riferimento nell'interrogazione, riguardo all'incremento complessivo delle classi a tempo pieno registrato a livello nazionale.
Confermo, quindi, che per il secondo anno consecutivo, grazie all'introduzione del maestro unico prevalente e all'abolizione delle compresenze, aumenta il numero degli alunni che potranno usufruire del previsto quadro orario che, come ribadito nella circolare ministeriale n. 37 del 13 aprile scorso sulle dotazioni organiche per il 2010-2011, è di 40 ore settimanali per classe, comprensive del tempo dedicato alla mensa, l'assegnazione di due docenti per classe e l'obbligo dei rientri settimanali.
Nella stessa circolare è stato evidenziato, tra l'altro, che le quattro ore residuate rispetto alle 40 settimanali per classe (44 ore di docenza a fronte delle 40 di lezioni e di attività), comunque disponibili nell'organico di istituto, potranno essere utilizzate prioritariamente per l'ampliamento del tempo pieno sulla base delle richieste delle famiglie e, in subordine, per la Pag. 10realizzazione di altre attività volte a potenziare l'offerta formativa (compreso il tempo mensa per le classi che attualmente praticano i rientri pomeridiani).
È anche opportuno ricordare che, in base alle vigenti disposizioni, le dotazioni organiche complessive sono definite annualmente a livello nazionale e ripartite poi a livello regionale sulla base di vari elementi, quali l'entità e la composizione della popolazione scolastica, il grado di densità demografica delle varie realtà territoriali, le caratteristiche geomorfologiche dei territori interessati, l'articolazione dell'offerta formativa, la distribuzione degli alunni nelle classi e nei plessi sulla base del rapporto medio previsto dalle norme ed anche sulla base delle caratteristiche dell'edilizia scolastica.
L'applicazione di questi criteri spiega come sia possibile che, a fronte del rilevato aumento complessivo del tempo pieno a livello nazionale, possano aversi risultati non omogenei tra le varie realtà territoriali.
Aggiungasi che, concluse le operazioni relative alla determinazione dell'organico di diritto, in sede di adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto, laddove siano state rilevate situazioni di sofferenza, si è provveduto ad adeguare le risorse, compatibilmente con le disponibilità complessive, per assicurare il corretto avvio dell'anno scolastico.
Per ciò che concerne specificamente la Sicilia, alla quale l'onorevole interrogante fa espresso riferimento, va preliminarmente evidenziato che, come comunicato dalla competente direzione scolastica regionale, a differenza delle regioni del nord, la popolazione scolastica della Sicilia è in diminuzione. Ciò ha inciso sulla determinazione delle dotazioni organiche regionali e sul totale delle assunzioni, con conseguente effetto sulle possibilità di soddisfare integralmente le richieste di tempo pieno.
Comunque, per venire incontro alle ulteriori richieste di tempo pieno, compatibilmente con la complessiva dotazione organica disponibile, la stessa direzione scolastica regionale ha inizialmente assegnato, per compensazione da altri ordini di scuola, ulteriori 127 posti alla scuola primaria, determinando un incremento di 23 classi a tempo pieno. Poi, in sede di adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto, è stato possibile attivare ulteriori 42 classi prime a tempo pieno, grazie all'utilizzazione di docenti soprannumerari di scuola primaria.
In questo modo, con riguardo al segnalato caso dell'istituto «Parini» di Catania, è stato possibile assegnare la risorsa professionale necessaria per attivare un'ulteriore classe a tempo pieno presso il medesimo istituto, la cui richiesta era stata inizialmente accolta solo in parte.
PRESIDENTE. L'onorevole Berretta ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE BERRETTA. Signor Presidente, ovviamente sono insoddisfatto, anche se riconosco al sottosegretario e al Dicastero di aver fornito una risposta onesta. Tuttavia, l'onestà in questo caso poi si scontra con una difficoltà che viene registrata e segnalata, ma non risolta.
La realtà è purtroppo ben diversa dalle promesse del Presidente del Consiglio e il numero delle prime classi a tempo pieno - perché poi è questo il parametro rilevante ai fini della comprensione della politica che sta ponendo in essere il Governo - è molto diminuito, soprattutto in Sicilia, dove erano già molto poche.
La realtà dei fatti è sotto gli occhi di tutti, soprattutto dei genitori, che si sentono dire che anche quest'anno non sarà possibile il tempo pieno per i loro figli. Il tempo pieno, prima di essere una semplice aggiunta di ore, rappresenta uno strumento per accompagnare i ragazzi. È un progetto didattico e formativo, uno strumento per aiutare i bambini nell'apprendimento, per assicurargli maggiori opportunità di formazione.
Il tempo pieno e prolungato, in realtà degradate - che ci sono anche nella nostra terra dal punto di vista sociale e culturale -, riveste un'importante funzione sociale: tiene i bambini più a lungo in contatto con il sistema educativo e lontano da altre cose.
Il taglio del tempo pieno è tutto questo, ma anche di più: rappresenta un taglio ad Pag. 11uno strumento fondamentale di sostegno alla vita lavorativa delle donne, che soprattutto nel sud, a causa dei bassi livelli retributivi, non riescono a rivolgersi al mercato privato, e non è giusto che si rivolgano al mercato privato.
In Sicilia, a causa della mancanza di mense adeguate, il tempo pieno riguarda circa un quarto degli alunni, contro il 90 per cento di Milano e i due terzi di Roma. Chiediamo, quindi, che si intervenga riconsiderando i tagli che sono stati operati tenendo conto dell'esigenza di attivare più classi e riscontrando un fabbisogno che esiste e che è ampio. Il numero di bambini esclusi dal tempo pieno in Sicilia è assolutamente inaccettabile; sarebbe necessario, a nostro avviso, un piano straordinario per la Sicilia per realizzare mense adeguate al fine di diminuire il divario che esiste anche in questo ambito tra nord e sud.
Le richieste di tempo pieno sono tante perché forte è il bisogno, soprattutto per le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. Forse qualche genitore ha creduto alle promesse del Presidente del Consiglio e alle favole raccontate dal Ministro Gelmini e ha presentato richiesta, ma al momento delle iscrizioni alle prime classi ha registrato un rifiuto.
Nel caso dell'istituto Parini registriamo il fatto positivo dell'aver ritrovato una serie di risorse aggiuntive, ma in ogni caso queste risultano insoddisfacenti e insufficienti, perché i bambini che hanno chiesto di fare il tempo pieno erano 77, in una classe ce ne sono 25, e ove mai si riuscisse ad attivare la seconda classe, in base a quanto ci ha riferito il sottosegretario, si arriverebbe a 50. Quindi, in questo specifico caso rimarrebbero esclusi tanti altri bambini che avrebbero richiesto e avrebbero avuto bisogno del tempo pieno.
Peraltro, il problema specifico che abbiamo posto è soltanto il pretesto per affrontare il tema più generale, perché le cose non vanno meglio nel resto della Sicilia. In provincia di Palermo saranno soltanto nove le prime classi a tempo pieno, solo 155 bambini potranno accedervi dei 13 mila iscritti alla prima elementare e in tutta la Sicilia si è passati complessivamente da 366 prime classi dello scorso anno scolastico a 154 dell'anno appena iniziato.
L'anno prossimo - si dice nella nota del Ministero - l'aumento riguarderà tutte le regioni italiane. Tuttavia, si rileva una discrepanza tra i comunicati e quanto accade nella realtà, ed è un fatto usuale con questo Governo. Anche alla luce di questa considerazione abbiamo presentato la nostra interpellanza affinché il Governo possa spiegare ai siciliani dove e come è aumentato il tempo pieno e chiarire come il più grande licenziamento di massa della storia possa passare sotto il nome di «riforma», perché in Sicilia migliaia di persone hanno perso il proprio posto di lavoro a causa dei tagli alla scuola e sono passati dalla precarietà alla disoccupazione. Questo è un colpo durissimo all'istruzione pubblica che è stato inferto da questo Governo proprio nel luogo in cui, invece, c'è più bisogno di istruzione pubblica.
Concludo ricordando Gesualdo Bufalino, di cui quest'anno ricorre il 90 anniversario della nascita. Gesualdo Bufalino diceva che per sconfiggere la mafia è necessario un esercito di maestri elementari. Ebbene, voi state ritirando le truppe, dopo averne fiaccato il morale, mortificato l'esperienza, svilito le aspettative. Avete deciso di alzare bandiera bianca in quei territori in cui più forte e sentito è il bisogno dell'istruzione pubblica, di qualità e prolungata. Avete impoverito quell'esercito di migliaia di unità, avete lasciato a casa professionalità ed esperienze che renderanno il sistema educativo meno efficace nell'educare e nel formare cittadini liberi e consapevoli.
(Intendimenti della Croce rossa italiana in merito allo spostamento della direzione generale di Messina della Sise - Siciliana servizi emergenza - n. 3-00750)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Francesca Martini, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Pag. 12Garofalo n. 3-00750, concernente intendimenti della Croce rossa italiana in merito allo spostamento della direzione generale di Messina della Sise - Siciliana servizi emergenza (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
FRANCESCA MARTINI, Sottosegretario di Stato per la salute. Relativamente all'interrogazione parlamentare in esame, in merito all'intenzione di trasferire gli uffici della direzione regionale della Sise (Siciliana servizi emergenza) Spa, che gestisce il servizio di emergenza-urgenza del 118 in Sicilia tramite convenzione con la regione, l'associazione della Croce rossa italiana ha precisato che la Sise Spa è una società in house della Croce rossa italiana, attualmente in liquidazione, a cui è subentrata la SEUS (Sicilia emergenza - urgenza sanitaria) SCpA.
Relativamente alla specifica situazione, la Croce rossa italiana ha comunicato che, nel mese di settembre 2009, l'assemblea dei soci della Sise ha disposto la diminuzione dei membri del consiglio d'amministrazione da cinque a tre e l'avvicendamento delle cariche dirigenziali.
La nuova dirigenza, dopo essere venuta a conoscenza di alcuni episodi di conflitto di interesse e, in particolare, che gli immobili di Messina, sede della direzione regionale del personale, erano di proprietà di un parente dell'allora presidente e di alcuni funzionari della Croce rossa italiana, a cui regolarmente veniva versato un ingente canone di affitto, ha prospettato la possibilità di trasferire la stessa direzione regionale da Messina a Catania e Palermo.
Tale ipotesi si era resa necessaria, pur comprendendo tutte le difficoltà dei dipendenti di Messina, nell'ottica del perseguimento dei criteri di efficienza ed economicità che devono caratterizzare ogni buona amministrazione.
Nel frattempo, è stata costituita la SEUS SCpA, società che è subentrata alla Sise Spa nella gestione del servizio regionale di trasporto terrestre di emergenza-urgenza 118 e alla quale la società in house della Croce rossa italiana ha trasferito tutto il personale e ogni risorsa utile (beni e mezzi) per l'espletamento del servizio: pertanto, ogni decisione in merito alla nuova dislocazione degli uffici è ora a cura della SEUS.
La Croce rossa italiana ha comunicato che in data 9 aprile 2010 è stata firmata la proroga della convenzione transitoria (sottoscritta a fine dicembre 2009 e scaduta il 31 marzo 2010), con la quale sono stati definiti in modo puntuale e razionale tutti i particolari che hanno consentito il passaggio dalla Sise alla SEUS del personale e delle attrezzature riguardanti la gestione del servizio di trasporto terrestre per l'emergenza-urgenza 118.
Il trasferimento si è svolto secondo le seguenti cadenze temporali: per le province di Enna ed Agrigento, in data 23 giugno 2010; per le province di Catania e Siracusa, in data 30 giugno 2010; per le province di Palermo e Trapani, in data 8 luglio 2010; per le province di Messina, Ragusa e Caltanissetta, in data 14 luglio 2010.
La Sise ha provveduto, altresì, in tempo utile al licenziamento del suo personale, sulla base di quanto richiesto dalla SEUS, nel rispetto dei termini e della sequenza temporale concordata, in modo tale da consentire per tempo le iscrizioni nelle liste di mobilità.
Attualmente, il personale in forza alla Sise è costituito da tredici unità, di cui quattro prestano servizio presso gli uffici di Messina. Entro la fine dell'anno, il personale di Messina verrà licenziato ed assunto dalla SEUS, mentre tutta la documentazione e il materiale presenti presso la medesima sede sarà raccolto e trasferito in altri uffici, in modo tale da liberare i locali ed evitare, così, il pagamento del canone di locazione.
L'associazione della Croce rossa italiana ha precisato che la Croce rossa italiana non è uno degli azionisti della SEUS: quest'ultima, infatti, è una società consortile per azioni, a capitale interamente pubblico tra la regione Sicilia, socio pubblico di maggioranza, e le aziende del Servizio sanitario regionale.
PRESIDENTE. L'onorevole Garofalo ha facoltà di replicare.
VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per avermi fornito informazioni chiare, anche se la mia interrogazione è stata presentata nel mese di novembre 2009 e, quindi, ancora nella fase in cui vi era incertezza sul completamento dell'attività e sul trasferimento delle competenze dalla Sise alla SEUS.
La ringrazio anche per avermi fornito chiarimenti in più rispetto a quelli che erano a mia conoscenza. Fra l'altro, con la mia interrogazione sottolineo quali vantaggi possa ottenere qualunque società, subentrante nella gestione di questo servizio, dallo spostamento degli uffici da una località ad un'altra, tenendo conto anche delle difficoltà nascenti per i dipendenti.
Rispetto a quanto comunicatomi e venendo a conoscenza adesso che vi sono alcuni conflitti - così come sottolineato dai suoi uffici - signor sottosegretario, mi rimane tuttavia il dubbio sul fatto che questa partita sia ancora aperta esclusivamente per i conflitti di interesse o se, invece, ci siano anche motivi di convenienza economica. Infatti, secondo me, andrebbe approfondito - non solo aggiornato ad oggi con riferimento all'utilizzo di locali, di chiunque sia la proprietà - l'aspetto del trasferimento del personale, se la SEUS nell'assumere il ruolo in forza dell'articolo 24 della legge regionale n. 5 del 2009 abbia potuto godere, invece, dell'attività della Sise che - come è stato detto - era interamente partecipata della Croce rossa italiana - anzi lo è tutto ora, seppure in liquidazione - mentre la SEUS è una società totalmente distinta dalla Sise, dalla quale però preleva il personale e sulla base di queste professionalità continua invece a svolgere la sua attività.
Quindi, secondo me, in base all'aggiornamento ad oggi di questa situazione, appare utile approfondire se la Croce rossa italiana dalla chiusura del rapporto con la regione siciliana abbia avuto nocumenti, causati dalla cessazione dell'attività, per una scelta che ad oggi pare che non sia finanziariamente più conveniente.
Quindi, ritengo che una maggiore attenzione vada riservata a questo aspetto perché rimangono ancora oscuri alcuni motivi per i quali si è chiusa una società che svolgeva un lavoro evidentemente soddisfacente e anche qualificato, dimostrato dal fatto che lo stesso personale è stato immediatamente utilizzato - addirittura da un giorno all'altro - da una nuova società che, invece, ha altri azionisti.
Se nel trasferimento di questa attività la Croce rossa italiana si è fatta carico o ha azzerato alcuni crediti nei confronti della regione siciliana, credo che sia giusto approfondirlo.
Ringrazio nuovamente il sottosegretario, mi dichiaro soddisfatto per le informazioni riguardanti l'interrogazione, ma - come mi sono permesso di aggiungere - ad oggi, vista la distanza di tempo, mi sorgono ulteriori considerazioni. Per questo, inviterei il sottosegretario a fare qualche approfondimento.
(Incidenza del tumore alla tiroide nell'area vulcanica dell'Etna - n. 3-00785)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Francesca Martini, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Burtone n. 3-00785, concernente l'incidenza del tumore alla tiroide nell'area vulcanica dell'Etna (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
FRANCESCA MARTINI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, con riferimento a quanto richiesto nell'atto parlamentare, si ritiene necessario preliminarmente ricordare che in base all'attuale ordinamento del Servizio sanitario nazionale ed al riparto delle competenze, le attività di prevenzione volte a tutelare la salute dei cittadini e i sistemi di monitoraggio costante, l'informazione tempestiva ai cittadini, nonché ogni altra forma di sorveglianza e diffusione di informazioni Pag. 14circa la qualità dell'ambiente nel suo complesso sono di competenza delle istituzioni territoriali.
Tuttavia, questo Ministero è ed è sempre stato disponibile a fornire il supporto tecnico-scientifico necessario, tramite le proprie strutture interne come l'Istituto superiore di sanità, agli enti territoriali e/o alle regioni e partecipa attivamente ai tavoli istituiti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di migliorare il coordinamento delle politiche ambientali e di tutela della salute.
In merito alla problematica relativa all'interrogazione parlamentare, questo Ministero, nel 2002, ha finanziato uno studio epidemiologico denominato Papillary thyroid cancer incidence in the volcanic area of Sicily.
Lo studio è stato condotto da quattro istituti di endocrinologia della Sicilia (le università di Palermo, Messina e Catania e l'ospedale Cervello di Palermo), in collaborazione con l'Osservatorio epidemiologico regionale siciliano, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA) ed il Centro di epidemiologia e statistica dell'Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale (INSERM) di Parigi, e pubblicato sul Journal National Cancer Institute.
Tale studio si basa sull'istituzione di un registro regionale di tumori di organo (il cancro della tiroide, nella fattispecie), che ha individuato tutti i cancri della tiroide incidenti (parlo di nuova diagnosi) in Sicilia negli anni 2002-2004.
L'analisi dei dati raccolti ha consentito di evidenziare che, nella provincia di Catania, l'incidenza del cancro della tiroide è maggiore di oltre due volte rispetto al resto della Sicilia (a Catania 31,7 per 100.000 residenti ogni anno nelle donne e 6,4 negli uomini, mentre nel resto della Sicilia 14,1 nelle donne e 3 negli uomini).
È aumentato esclusivamente un particolare istotipo di cancro tiroideo (cancro papillifero) ed è aumentata una particolare alterazione molecolare (mutazione BRAF-V600E che si attesta al 52 per cento nei cancri papilliferi a Catania contro il 33 per cento nel resto della Sicilia); questa mutazione causa a volte una maggiore aggressività del tumore.
Questo fa pensare che nella provincia di Catania sia presente un fattore ambientale (carcinogeno) che favorisca il cancro della tiroide. Tuttavia, il carcinogeno ambientale non è attualmente conosciuto.
Le misurazioni di alcuni metalli (boro, ferro, manganese e vanadio) e del radioisotopo naturale radon-222 nell'acqua (sorgenti, pozzi, rubinetti) del bacino idrico dell'Etna (che fornisce acqua a circa 700.000 residenti della provincia di Catania) hanno documentato che questi elementi sono aumentati nel 30-50 per cento dei campioni di acqua (ne sono stati esaminati oltre 1.000) al di sopra (fino a 20-50 volte più alti) del MAC (massima concentrazione ammissibile).
La misura degli stessi elementi in campioni di acqua delle province di Palermo e di Ragusa ha dato esito negativo (valori nell'ambito della norma, tranne rarissime eccezioni).
Queste osservazioni consentono di prospettare la possibilità che uno o più di questi elementi (o anche altri non misurati nei campioni di acqua) possano essere responsabili del fenomeno.
L'ipotesi della veicolazione del carcinogeno con l'acqua potabile è avvalorata dal fatto che il cancro della tiroide è aumentato in un'area che rispecchia la distribuzione dell'acqua: il cancro della tiroide non è aumentato nella zona meridionale della provincia di Messina, che è vicina all'Etna ma riceve l'acqua dal bacino acquifero dei Peloritani.
Peraltro, è stata formulata anche l'ipotesi che l'aumento del cancro tiroideo sia dovuto ad uno o più carcinogeni di origine vulcanica; oltre il cancro della tiroide, altri tumori potrebbero essere favoriti dall'ambiente vulcanico.
Sull'Etna è nota un'altissima frequenza di mesoteliomi a Biancavilla, causata dall'utilizzo di materiali di costruzione provenienti da cave locali che sono ricche di fluoro-edenite
Le considerazioni derivanti dallo studio effettuato inducono ad opportuni approfondimenti Pag. 15e a ulteriori iniziative di ricerca, per meglio definire le cause ed i meccanismi di un così importante aumento dell'incidenza di cancro della tiroide nella provincia di Catania.
Per quanto attiene al finanziamento di un programma pluriennale di ricerca finalizzata alla problematica in esame, si osserva quanto segue.
Il Ministero della salute è da tempo impegnato a promuovere la ricerca nell'ambito del tumore della tiroide. In particolare, alla regione siciliana sono stati finanziati, nell'anno 2002, due progetti per un importo rispettivamente di 343.000 e 294.000 euro; nel 2007 è stato finanziato un progetto, per un importo di 250.000 euro, in corso di svolgimento, che verte principalmente sugli aspetti epidemiologici e sui fattori di rischio correlati all'incidenza del carcinoma tiroideo nella stessa regione siciliana.
PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di replicare.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, non posso dichiararmi soddisfatto. Il sottosegretario ha fatto un'analisi puntuale della situazione, ha indicato anche quali progetti sono stati avviati, ma la gravità emersa dagli studi condotti credo sia tale da dover portare ad uno sforzo maggiore da parte delle nostre istituzioni.
Tale sforzo deve innanzitutto essere fatto dagli enti territoriali, in modo particolare dalla regione, però mi permetto di dire che un ulteriore passo in avanti lo deve compiere anche il Ministero, perché lo studio, coordinato dal gruppo del professor Vigneri dell'Università di Catania, cattedra di endocrinologia, credo abbia dato dei dati assolutamente importanti: questa incidenza di oltre il doppio in una determinata realtà provinciale, come quella di Catania, e questo dato che emerge, ossia l'influenza del vulcano Etna, che ha questo bacino acquifero molto ampio. Nelle stesse acque esaminate, l'ARPA ha rilevato che la concentrazione del boro, del ferro, del manganese e del vanadio, è superiore alla massima concentrazione ammissibile per un'acqua potabile.
Ora, conoscendo questo gruppo che ha lavorato - in modo particolare il professore Vigneri - so che l'ambizione non è soltanto di andare avanti nell'approfondimento di natura scientifica. Tra l'altro, negli anni Ottanta, ci sono studi che confermano che nelle aree vulcaniche - le Hawaii, l'Islanda, le Filippine - questi dati sono aumentati. Vi è una finalità di natura sociale, signor sottosegretario: bisogna tenere conto che è necessario incidere preventivamente, quindi andare alla ricerca delle cause. Lei ha detto bene: esiste anche questa concausa di realtà in cui si ritiene che l'atmosfera sia particolarmente inquinata; ha fatto riferimento al comune di Biancavilla. Le istituzioni, però, non vanno abbandonate, specialmente quelle scientifiche che vogliono lavorare in questo campo.
Devo dire che il gruppo di endocrinologia di Catania ha collaborato con quelli di Messina e di Palermo. I dati che sono emersi nel 2005 e nel 2006 sono in linea con lo studio che è stato qui richiamato. Attualmente, vi è un approfondimento anche con l'IRCCS di Pavia per mettere in evidenza lo studio della contaminazione ambientale ed il trasferimento dei contaminanti nell'uomo nella fase preliminare.
Signor sottosegretario, l'assessorato ha creato un gruppo perché ritiene che il problema sia il vanadio; non lo escludiamo, però non può essere tutto concentrato su questo. Ritengo che l'indirizzo che intende dare il gruppo scientifico sia un indirizzo, invece, molto più serio. Ci sono, tra l'altro, anche alcuni dati disponibili: il registro epidemiologico, che potrebbe mettere in relazione quello che è accaduto e accade in provincia di Catania con le aree limitrofe. Vi è, poi, la necessità, visti i dati che emergono dalla letteratura, di approfondire il dato relativo al radon-222, che nell'atmosfera dell'Etna è notevolmente aumentato, e di fare una verifica anche dell'esistenza del radon-222 nella tiroide.
In tal senso, l'Istituto superiore della sanità si è detto disponibile. Signor sotto Pag. 16segretario, voglio fare un appello perché si ricerchino le risorse. Lei ha fatto uno specifico invito, ossia che si possa pressare sulla regione in modo particolare; ma la regione siciliana, come lei sa, non spende queste risorse. Abbiamo una spesa minima sui fondi europei, addirittura il 16 per cento da parte della regione...
PRESIDENTE. Onorevole Burtone, la invito a concludere.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE....quindi, noi vogliamo invitare lo Stato e il Ministero a fare fino in fondo la loro parte. È un fatto gravissimo, signor sottosegretario! Come da lei qui riportato, questo dato deve allarmare le istituzioni, perché queste ultime possano fare fino in fondo il proprio dovere: studiare, analizzare e poi dare una risposta che abbia una valenza di natura scientifica alle comunità che sono fortemente interessate.
(Iniziative per escludere discriminazioni nell'erogazione delle prestazioni sanitarie nei confronti di pazienti stranieri, con particolare riferimento ai minori accompagnati - n. 3-01077)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Francesca Martini, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Melis n. 3-01077, concernente iniziative per escludere discriminazioni nell'erogazione delle prestazioni sanitarie nei confronti di pazienti stranieri, con particolare riferimento ai minori accompagnati (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
FRANCESCA MARTINI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, con riferimento alla richiesta formulata nell'interrogazione parlamentare in esame, si fa presente che in presenza di una chiara disposizione legislativa che impone a tutte le strutture del Servizio sanitario nazionale il dovere di garantire a tutti i pazienti, italiani e stranieri, regolarmente o irregolarmente soggiornanti nel territorio nazionale, tutte - e cito testualmente - «le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattie ed infortunio», in base all'articolo 35 del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'emanazione di ulteriori «specifiche linee guida» da parte del Ministero della salute, non rappresenterebbe un valore aggiunto, ma anzi in alcune situazioni locali tali ulteriori linee guida potrebbero essere interpretate come un'intrusione nella corretta applicazione, già fortemente garantista, delle norme vigenti e, in quanto tale, possibilmente anche controproducente.
Infatti, in materia di assistenza sanitaria ai cittadini stranieri, questo Ministero ha diramato il 24 marzo 2000 la circolare n. 5, che già nelle premesse ribadisce che «le disposizioni del testo unico costituiscono principi fondamentali, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, mentre per le materie di competenza delle regioni a statuto speciale e per le province autonome le disposizioni stesse hanno valore di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica».
Il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 ed il relativo regolamento di attuazione, decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, prevedono l'iscrizione obbligatoria al Servizio sanitario nazionale per i minori extracomunitari nei seguenti casi: in quanto familiare a carico di un cittadino straniero regolarmente soggiornante in Italia per uno dei motivi individuati nel comma 1 dell'articolo 34 del decreto legislativo n. 286 del 1998; in quanto nati in Italia da cittadini stranieri iscritti al Servizio sanitario nazionale; in quanto soggetti alle disposizioni di carattere umanitario di cui agli articoli 18, 19, 20 e alle disposizioni riguardanti il diritto all'unità familiare e tutela dei minori di cui agli articoli 28, 29, 30, 31, 32 e 33 del decreto legislativo n. 286 del 1998; in quanto minore nato in Italia a cui è stato rilasciato il permesso di soggiorno per motivi di cura unitamente al genitore Pag. 17(fattispecie nella quale il minore ottiene l'iscrizione nell'elenco dei pediatri di libera scelta per una durata di sei mesi, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999).
Per i minori irregolari, il Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 286 del 1998 garantisce espressamente alla lettera b) «la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176».
L'assistenza sanitaria è garantita tramite le strutture ospedaliere di pronto soccorso, secondo le modalità stabilite da appositi accordi regionali eventualmente in collaborazione con organismi di volontariato aventi specifica esperienza, ai sensi dell'articolo 43, comma 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 35, comma 6, del citato decreto legislativo n. 286 del 1998 e in base a quanto esplicitato nella circolare del Ministero della sanità n. 5 del 24 marzo 2000, sopra citata, la tutela della salute dei minori extracomunitari irregolari rientra tra le prestazioni a carico del Fondo sanitario nazionale.
Per quanto attiene, infine, a quanto richiamato nell'interrogazione in merito alla denuncia degli stranieri non regolari da parte del personale paramedico, si richiama la disposizione prevista dal comma 5 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 286 del 1998, che espressamente prevede: «l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano». Si evidenzia, tra l'altro, che la legge 15 luglio 2009, n. 94, ha previsto che l'accesso alle prestazioni sanitarie, di cui all'articolo 35 del Testo unico, non richiede l'esibizione dei documenti inerenti il soggiorno.
Per completezza, si segnala che l'assessorato alla sanità dalla regione Lombardia ha acquisito dettagliata documentazione dall'azienda ospedaliera «Ospedale di Circolo di Melegnano», da cui si evince che nelle strutture sanitarie aziendali vengono accolti e assistiti tutti i pazienti che si presentano (i dati riferiti all'anno 2009, infatti, indicano che, a fronte di un totale di 41.119 accessi al pronto soccorso del presidio ospedaliero di Cernusco sul Naviglio, sono stati 6.262 gli utenti stranieri, di cui 286 stranieri temporaneamente presenti).
In particolare, sono stati registrati 184 pazienti stranieri ricoverati, di cui 118 non iscritti al Servizio sanitario nazionale. Nello stesso anno 2009, gli accessi di utenti stranieri al pronto soccorso del presidio ospedaliero di Melzo sono stati 5.085, di cui 285 stranieri temporaneamente presenti. Eventuali disservizi o casi di cattiva applicazione delle norme sono da imputare a singole indagini ispettive locali e al singolo caso.
PRESIDENTE. L'onorevole Touadi, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, sono solo parzialmente soddisfatto perché il sottosegretario ha elencato ed ha fatto una ricognizione molto completa della normativa vigente ma, a mio avviso, non si è soffermata sugli effetti devastanti che sulla popolazione immigrata e sulle strutture sanitarie ha avuto l'introduzione del reato di immigrazione clandestina, in base al quale viene chiesto ai pubblici ufficiali, qualora venissero in contatto con una commissione di reato (in questo caso, il reato di immigrazione clandestina), di denunciarlo. Si tratta di un invito alla delazione collettiva che molte associazioni di volontariato del nostro Paese, laiche e cattoliche, hanno contrastato sul territorio con una campagna chiamata «Io non denuncio». Signor sottosegretario, vi sono famiglie che si trovano in una specie di limbo giuridico nel nostro Paese, intere famiglie che hanno investito nella scommessa Pag. 18dell'integrazione nel nostro Paese attraverso il lavoro ed il rispetto delle leggi e che in tempi di crisi economica hanno perso il lavoro e, perdendo il lavoro, hanno perso anche la soggettività giuridica, risultando quindi impossibilitate a compiere qualunque atto, come l'iscrizione all'anagrafe dei propri figli o, appunto, l'accesso alle cure sanitarie. Noi siamo un Paese - signor sottosegretario, lei lo saprà - dove il volontariato è molto attivo e siamo un popolo che si commuove alla televisione di fronte alla morte di bambini per malattie che qui da noi vengono curate con medicine facilmente reperibili.
Questa nostra commozione deve però farci scandalizzare del fatto che nel nostro Paese - non in Sudan, né in Congo o in altre terre lontane - una bambina di tredici mesi, Rachel Odiase, od altre ancora possano morire perché il padre si è trovato con il libretto sanitario scaduto.
Questo scandalo va contro la tradizione di accoglienza del nostro Paese, contro la civiltà giuridica e contro la Costituzione italiana, che all'articolo 2 parla dei diritti inalienabili della persona, diritti connaturati che appartengono alla persona in quanto persona e quindi non sono nella disponibilità delle maggioranze di turno.
Ciò che intendo evidenziare - a partire da questi casi, che spero davvero non si ripetano più nel nostro Paese - è che la ricognizione che lei giustamente e puntualmente ha fatto della legislazione in vigore possa essere monitorata da un organo tecnico interno al Ministero. A tal fine, l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà, che presenta un'alta professionalità riconosciuta a livello nazionale e internazionale, potrebbe monitorare in tutto il territorio nazionale la piena applicazione delle normative che lei prima citava per garantire a tutti i cittadini il diritto primario alla salute, in ossequio anche al dettato costituzionale che parla di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e quindi dei loro diritti inalienabili, con il compito dello Stato di rimuovere tutti gli ostacoli.
Il diritto alla salute è un diritto primario: speriamo appunto che questi casi ci insegnino che nessun bambino e nessun essere umano nel nostro Paese possa morire perché il suo permesso di soggiorno è scaduto.
(Iniziative di competenza con riferimento all'insegnamento della storia negli istituti superiori di Bologna - n. 2-00779)
PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00779, concernente iniziative di competenza con riferimento all'insegnamento della storia negli istituti superiori di Bologna (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni).
Prendo atto che l'onorevole Garagnani si riserva di intervenire in sede di replica.
Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha dunque facoltà di rispondere.
GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, concordiamo con quanto rappresentato dall'onorevole interpellante circa l'esigenza che l'insegnamento della storia si svolga secondo criteri oggettivi e rispettosi della verità storica, sia improntato al più ampio pluralismo e confronto, evitando ideologizzazioni e faziosità, al fine di favorire una compiuta crescita culturale dei giovani nel corso del processo formativo.
Anche per ciò che riguarda i relativi libri di testo, condividiamo l'esigenza che gli stessi abbiano assoluto rigore scientifico e tengano conto, in modo obiettivo, di tutte le correnti culturali e di pensiero, per un corretto apprendimento sia del passato che della storia contemporanea.
Quanto alla loro scelta, non sfugge all'onorevole interpellante che trattasi di materia complessa, che coinvolge la libertà di insegnamento, le regole del mercato e della concorrenza, la libertà e il diritto di apprendimento, la valutazione critica degli studenti e la complessiva responsabilità formativa delle scuole, che deve mirare Pag. 19alla piena formazione della personalità degli alunni in coerenza con l'articolo 1 del Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, approvato con il decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994.
È noto che, in materia, il suddetto decreto legislativo n. 297 del 1994, all'articolo 188 affida la scelta dei libri di testo al collegio dei docenti, sentiti i consigli di classe. Inoltre, il regolamento sull'autonomia scolastica, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, stabilisce che la scelta, l'adozione e l'utilizzazione delle metodologie e degli strumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sono effettuate dalle istituzioni scolastiche nell'ambito dell'autonomia didattica, in coerenza con il piano dell'offerta formativa adottato dalle istituzioni stesse.
In base alle disposizioni legislative vigenti e secondo le annuali istruzioni ministeriali, il procedimento che conduce alla scelta dei testi scolastici si svolge, di norma, attraverso una fase preliminare, nella quale si procede ad una verifica dei testi in uso, eventualmente anche nell'ambito di comitati misti docenti, genitori e studenti, in modo tale da valutare compiutamente le nuove proposte editoriali.
Effettuata tale valutazione, i docenti interessati per materia, nell'esercizio della responsabilità connessa alla libertà di insegnamento, formulano le proposte di adozione che sono sottoposte, prima dell'esame da parte del collegio dei docenti, all'esame dei consigli di classe, di cui fanno parte anche i genitori.
Quanto ad eventuali interventi ministeriali, è ben noto che nell'attuale sistema scolastico, connotato dai principi propri dell'autonomia didattica ed organizzativa, gli interventi stessi rappresenterebbero un'interferenza impropria nella scelta degli autori da inserire nella programmazione didattica, scelta che deve essere invece operata dai competenti organi collegiali delle singole istituzioni scolastiche.
Ricordo a questo proposito che la legge n. 448 del 1998, nel disciplinare, all'articolo 27, la fornitura gratuita dei libri di testo nella scuola secondaria di primo grado, ha abrogato anche quella unica norma che, limitatamente alla scuola elementare, consentiva al Ministro della pubblica istruzione di disporre, con provvedimento motivato, il divieto di adozione dei libri di testo nei quali il contenuto o l'esposizione della materia non corrispondessero alle prescrizioni didattiche o alle esigenze educative. È evidente la ratio di tale disposizione, nella quale si rinviene la volontà del legislatore di evitare interferenze nelle opzioni culturali differenziate e nei diversi punti di vista degli autori.
Per quello che riguarda in specie la storia contemporanea e del secolo XX, cui si fa espresso riferimento nell'interpellanza, va ricordato che tra gli obiettivi specifici di apprendimento della storia del quinto anno di corso, come previsti dal regolamento di riordino dei licei, figura proprio lo studio dell'epoca contemporanea, partendo dall'analisi delle premesse della prima guerra mondiale per giungere fino ai nostri giorni.
In particolare, nell'ambito dei suddetti obiettivi specifici di apprendimento, si prevede che nella costruzione dei percorsi didattici non potranno essere tralasciati, fra gli altri, i nuclei tematici riguardanti la Shoah e gli altri genocidi del XX secolo, la seconda guerra mondiale, l'Italia dal Fascismo alla Resistenza e le tappe di costruzione della democrazia repubblicana.
In tale contesto potrà trovare adeguato svolgimento anche la memoria della tragedia delle foibe, alla quale è dedicata la «Giornata del ricordo», istituita dal Parlamento italiano nel marzo 2004, e che può ormai considerarsi inserita stabilmente nella programmazione scolastica. Ciò lascia intendere la nota inviata dal Ministero alle scuole lo scorso 2 febbraio, finalizzata all'attivazione di iniziative per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell'esodo dalla loro terra degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.
Le iniziative in proposito adottate dalle scuole coniugano, in genere, la ricostruzione, quanto più possibile accurata, delle vicende storiche con l'esigenza di ancorare Pag. 20a precise scadenze istituzionali concreti e non retorici elementi di educazione alla cittadinanza.
Comunque, la comprensione dei vari fatti storici dell'età contemporanea rimane un punto di attenzione di questo Ministero, prova ne sia la circostanza che, tra le prove scritte di italiano dell'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, la traccia di storia proposta agli studenti riguardava proprio la legge istitutiva della «Giornata del ricordo» e gli eventi che hanno caratterizzato il periodo tra il 1943 e il 1954.
Vengo, infine, a quanto segnalato nell'interpellanza circa l'insegnamento della storia negli istituti superiori di Bologna e provincia.
A tale riguardo, la direzione scolastica regionale per l'Emilia-Romagna, acquisite le opportune informazioni dall'ufficio di ambito territoriale di Bologna, ha comunicato che, a parere dello stesso ufficio, non si può escludere che nelle scuole della provincia vi siano singole particolari situazioni in cui è ipotizzabile il rischio paventato dall'onorevole interpellante. Il principio della libertà di insegnamento, enunciato dall'articolo 33 della Costituzione, e l'attribuzione della autonomia scolastica impongono comunque all'amministrazione particolare cautela rispetto a possibili interventi nell'area della didattica e della metodologia, che, come è noto, sono di stretta competenza dei docenti e delle singole istituzioni scolastiche.
La stessa direzione scolastica regionale, inoltre, nel ricordare che già in passato ha richiamato al rispetto del pluralismo, invitando tutto il personale docente ad un sereno svolgimento dell'attività scolastica, scevro da connotazioni ideologiche e opinioni preconcette, ha ribadito l'impegno a continuare nella linea intrapresa, anche con riguardo all'insegnamento della storia.
PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, io mi dichiaro soddisfatto della risposta del Governo, con una raccomandazione, che fa riferimento anche a quanto enunciato nella mia interpellanza.
Nessuno, tanto meno il sottoscritto, desidera condizionare la libertà di insegnamento dei docenti e mi rendo conto che ci si trova di fronte a un terreno estremamente delicato, dove la salvaguardia di questa libertà deve però tenere conto anche del diritto dei giovani di apprendere la storia secondo modalità il più possibile obiettive (non dico che esista un'obiettività assoluta).
Ora, io ho deliberatamente citato i fatti del secolo XX e mi fa piacere che il Governo, nella sua introduzione, abbia detto di condividere le mie preoccupazioni. Tali preoccupazioni sono scaturite da alcuni dati che ho fornito ai responsabili regionali e provinciali, ovviamente con il vincolo della segretezza, perché, sembra strano, ma i genitori e gli studenti che mi hanno segnalato alcuni fatti desiderano mantenere l'anonimato. Ho però verificato tali fatti e dalla stessa risposta del Governo emergono seppure in modo indiretto.
Allora, qui non si tratta di limitare la libertà di insegnamento, ma di fare in modo, attraverso gli organi periferici del Governo, che soprattutto per quanto riguarda le vicende del secolo XX ci sia un resoconto delle medesime il più possibile ancorato alla realtà storica.
Non è possibile che ancora oggi il dopoguerra venga presentato solamente in un certo modo; il 18 aprile 1948 solo in un certo modo; giustamente vengono citati i crimini del nazifascismo e non viene detto nulla o vengono attenuati i crimini altrettanto, se non più gravi, del comunismo; si parla della Resistenza e si tace volutamente, per quanto riguarda la mia terra, sui fatti di violenza che accaddero dal 1945 al 1948, coinvolgendo numerosi sacerdoti, parti del laicato cattolico e in genere del ceto medio. Sono tutti fatti, questi, che credo debbano trovare un riscontro preciso.
Ma di là del fatto particolare della mia regione, ho riscontrato che le due celebrazioni che sono state ricordate con leggi votate dal Parlamento, cioè la caduta del Pag. 21muro di Berlino e il ricordo delle foibe, sono pressoché disattese nelle scuole emiliano-romagnole. Da qui un richiamo al Governo per fare in modo che queste ricorrenze, che non sono all'insegna della vendetta, ma del ricordo e delle giustizia - la storia è maestra di vita, si diceva una volta - vengano menzionate nelle scuole proprio per fare in modo che quelle tragedie non si ripetano più, mentre c'è una visione parziale in molte realtà.
In conclusione, la libertà di insegnamento è sacra, ma è sacro anche il diritto dei giovani di apprendere la storia non secondo le visioni ideologiche dei docenti, ma secondo la realtà dei fatti.
In questo contesto, caro sottosegretario, credo che debba essere fatto un doveroso richiamo - che fra l'altro, desidero dargliene atto, il direttore scolastico regionale ha fatto - al senso di lealtà verso lo Stato e le istituzioni che i docenti e i dirigenti scolastici hanno. Ogni docente, ogni dirigente ha diritto di avere la sua opinione, ma la sua opinione politica personale non può prevalere sul suo dovere di lealtà verso lo Stato, verso l'istituzione scolastica e verso gli studenti che gli sono affidati, soprattutto in una materia delicata come questa, che per certi aspetti serve a formare le coscienze di cittadini liberi. Da qui consegue la necessità di una costante e vigile attenzione del Ministero, non per condizionare la libertà di espressione, un pluralismo storiografico o per condizionare chicchessia, ma per assicurare questa libertà.
(Iniziative a favore della facoltà di veterinaria di Sassari - nn. 3-01230, 3-01282 e 3-01284)
PRESIDENTE. Avverto che le interrogazioni Melis n. 3-01230, Murgia n. 3-01282 e Melis n. 3-01284, concernenti iniziative a favore della facoltà di veterinaria di Sassari, vertendo sullo stesso argomento, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni).
Constato l'assenza dell'onorevole Murgia: si intende che abbia rinunciato a replicare per la sua interrogazione n. 3-01282.
Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Guido Viceconte, ha facoltà di rispondere.
GUIDO VICECONTE, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, la razionalizzazione del sistema universitario è, come è noto, obiettivo preciso del Governo e del complesso delle università italiane. Nell'ambito di tale necessario processo di riforma attualmente in corso, riguardante anche le strutture di ciascun ateneo e le potenzialità che possono offrire, una particolare attenzione merita la situazione della facoltà di medicina veterinaria.
È noto infatti che la loro istituzione, evoluzione ed eventuale arricchimento presuppone e richiede un monitoraggio ed una verifica tali da comprovare il rispetto degli standard di qualità previsti dall'Unione europea che consentano un percorso formativo di qualità e conseguentemente consentano ai laureati di svolgere la relativa professione in tutti i Paesi della stessa Unione europea.
Ai fini della programmazione e della razionalizzazione del corso di laurea magistrale in medicina veterinaria è stato costituito un apposito gruppo tecnico composto dal presidente della conferenza dei presidi delle facoltà di medicina veterinaria, dai presidi delle facoltà di medicina veterinaria delle università di Torino, Bari e Perugia, dal presidente della Federazione ordini veterinari italiani, dal vicepresidente vicario del consiglio direttivo dell'Associazione nazionale medici veterinari e dal Ministero della salute. Il gruppo ha avanzato la proposta, recepita dall'amministrazione, che entro il 2013 tutti gli atenei si adoperino al fine di potenziare ed adeguare le strutture per ottenere l'approvazione da parte della European Association of Establishments of Veterinary Education (EAEVE), anche se sotto condizione.
Con nota del 2 luglio scorso, sono state invitate le autorità accademiche a valutare autonomamente, prescindendo da qualsiasi Pag. 22rilievo o sollecitazione comunitaria, tutte le possibili iniziative per potenziare l'organizzazione di facoltà che più di altre necessitano di adeguate strutture scientifiche e didattiche.
Al fine di consentire agli atenei di rispondere a tale esigenza o di adeguarsi, si ritiene che l'approvazione, anche condizionata, non potrà essere differita oltre il 2013. La mancata richiesta, da parte di un ateneo, della valutazione all'organismo europeo sopra citato comporterà l'impossibilità di immatricolare studenti, pur assicurando a coloro che sono già iscritti la conclusione del percorso di studio ed il conseguimento del titolo, a partire dal 2013-2014; è necessario, quindi, che siano rispettati tempi e modi di acquisizione delle relazioni di verifica in quanto la rilevazione dell'offerta formativa in vista della futura programmazione prevederà, nelle relative schede, l'indicazione circa lo stato di approvazione da parte dell'EAEVE, non escludendo la possibilità che un'apposita commissione possa compiere sopralluoghi nelle varie sedi.
La programmazione di nuovi accessi potrà essere effettuata tenendo conto dell'accreditamento delle sedi e dell'approvazione da parte dell'organismo europeo: un eventuale giudizio negativo o di rinvio degli ispettori europei non consentirà, peraltro, di accogliere le proposte di integrazione o sinergia organizzativa e operativa con facoltà di altri atenei idonee a superare le lacune strutturali o funzionali evidenziate nelle relazioni ispettive.
Per quanto riguarda i posti destinati alle immatricolazioni del corso di laurea in parola, si prevede che sia affidato al Ministero il compito di determinarne, annualmente e a livello nazionale, il numero.
Le stesse disposizioni prevedono che siano sentiti gli altri Ministri interessati, che la determinazione dei posti tenga conto della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario e del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo e che la ripartizione dei posti tra le università tenga conto dell'offerta potenziale comunicata da ciascun ateneo.
Il Ministro definisce, pertanto, la programmazione sulla base di tutti gli elementi raccolti e delle proposte formulate.
In merito alla definizione dei posti disponibili per l'anno accademico 2009-2010 per il corso di laurea in parola, si precisa che è sempre stata presente nella discussione e nella decisione ministeriale la necessità cogente - rappresentata dall'allora Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - di ridurre progressivamente, ma incisivamente, il numero dei posti per le immatricolazioni.
I dati pervenuti al predetto Ministero da parte delle regioni e delle province autonome hanno evidenziato un fabbisogno pari a 595 posti rispetto all'offerta formativa di tutti gli atenei, pari a 1.281.
Si rappresenta, comunque, che, considerate le particolari esigenze manifestate da alcune sedi dopo l'emanazione del decreto ministeriale di programmazione del 3 luglio 2009, è stato aumentato il numero dei posti disponibili per le immatricolazioni relative al suddetto anno accademico: per l'ateneo di Sassari i posti sono stati, quindi, aumentati da 26 a 38.
Si ritiene, tuttavia, di dover evidenziare che tutta la materia relativa alla programmazione e alla razionalizzazione del sistema universitario, comprese le problematiche riguardanti le facoltà di medicina veterinaria, saranno oggetto di studio, anche a breve termine, in vista del prossimo anno accademico.
Per quanto riguarda in particolare la facoltà di medicina veterinaria dell'università di Sassari, si rappresenta che la stessa ha aderito ai princìpi che governano l'EAEVE e ha accettato di sottoporsi alla valutazione qualitativa del proprio corso di laurea avviando una serie di azioni con l'obiettivo di conseguire la certificazione del raggiungimento degli indispensabili standard qualitativi.
Nel 1998 la commissione EAEVE ha effettuato la prima visita presso la facoltà, che si è conclusa con un giudizio negativo per l'insufficiente didattica pratica fornita agli studenti e l'assenza di strutture come l'ospedale veterinario, l'azienda zootecnica ed il macello sperimentale; fino al 2005 la Pag. 23facoltà ha, quindi, avviato le pratiche amministrative per la costruzione dell'ospedale veterinario e, soprattutto, per acquisire le risorse economiche da aggiungere ai 0,9 milioni di euro pervenuti dal Ministero.
Non essendo tali risorse ancora sufficienti, su richiesta del preside di facoltà, nel corso del 2005 è stato chiesto l'intervento del presidente della regione, che ha proposto la costruzione di una nuova facoltà di agraria e di veterinaria in località Bonassai, a 20 chilometri da Sassari, e, conseguentemente, che la visita della commissione, prevista entro dieci anni dalla precedente del 1998, fosse posticipata.
Tuttavia, le ingenti risorse necessarie per la realizzazione della nuova facoltà non sono state reperite, i finanziamenti previsti nei fondi FAS non sono stati assegnati ed il successivo sopraggiungere della crisi economica ha generato un notevole rallentamento delle attività operative; pertanto, nel giugno 2009, la facoltà ha deciso di rimanere nella sede di Sassari e di richiedere parte dei fondi per la costruzione dell'ospedale veterinario; allo stesso tempo sono stati avviati i contatti con la presidenza dell'EAEVE ed è stato chiesto di rinviare la prossima visita al 2013.
Successivamente, con un totale di 8,5 milioni di euro, è stata attribuita alla ditta Novaco la costruzione dell'ospedale, con un cronoprogramma di inizio dei lavori a settembre 2010 e realizzazione entro il 2012.
Per quanto riguarda l'obiettivo di colmare le deficienze sulla didattica pratica, non disponendo di un'azienda zootecnica e di un mattatoio sperimentale, la facoltà ha attivato una serie di convenzioni per la gestione sanitaria del canile di Sassari, con la ASL per un pronto soccorso, con una serie di mattatoi privati attorno alla città e con diverse aziende che allevano le principali specie di interesse domestico.
Sono state anche avviate convenzioni con enti pubblici che, a diverso titolo, si occupano di aspetti sanitari e di allevamento degli animali; per completare il percorso di didattica pratica all'esterno, sono stati acquisiti tre pulmini per il trasporto degli studenti nelle aziende zootecniche e nei mattatoi; per la didattica pratica all'interno della facoltà, sono stati realizzati nuovi laboratori per le materie di base e di trasformazione dei prodotti di origine animale ed è stata anche acquisita una nuova sala di dissezione e di necroscopia.
Sono, inoltre, in fase di acquisizione il laboratorio di chimica clinica e di malattie infettive ed infestive, indispensabili per il funzionamento e la gestione del costituendo ospedale veterinario.
PRESIDENTE. L'onorevole Melis ha facoltà di replicare per le sue interrogazioni n. 3-01230 e 3-01284.
GUIDO MELIS. Signor Presidente, ringrazio il signor sottosegretario per l'articolazione della risposta, anzi delle risposte, poiché si tratta di due interrogazioni che sono state esaminate congiuntamente.
Quella relativa al numero delle matricole di veterinaria - lo dico subito - ha ricevuto una risposta nel senso della mia interrogazione e, dunque, su questo punto penso di potermi ritenere soddisfatto.
Vorrei parlare invece, se mi è consentito, per un momento del problema della facoltà di medicina veterinaria di Sassari in generale, e poi entrare nel dettaglio delle risposte del sottosegretario.
Signor sottosegretario, nelle prime righe della sua risposta, lei ha pronunciato la parola magica: «razionalizzazione». Noi siamo tutti per una razionalizzazione del sistema universitario, naturalmente, ma il sistema universitario non è un'entità astratta, è fatto di «carne viva», per certa misura.
È evidente che esso ha al suo interno delle specificità e dei problemi peculiari, che riguardano, intanto, la natura delle facoltà e delle discipline, l'articolazione degli studi universitari su tutto il territorio nazionale e, anche, il rapporto particolare Pag. 24che si è creato nel tempo tra alcune facoltà e i territori presso i quali queste facoltà sono state suo tempo istituite.
La facoltà di medicina veterinaria di Sassari è unica in Sardegna: è stata fondata nel 1928 con il concorso decisivo degli enti locali, che l'hanno a lungo sostenuta; ha una storia che non starò qui a raccontare - perché non è la sede, ma è una storia più che degna - e si è immediatamente sintonizzata con la grande industria della Sardegna del Novecento e, in parte, della Sardegna degli anni Duemila: l'allevamento.
In Sardegna ci sono circa 3 milioni di ovini, ci sono 300 mila suini, 400 mila caprini, 200 mila bovini, forse anche troppi - si dice in questi giorni di fronte alle grandi manifestazioni di protesta dei pastori sardi per la caduta del prezzo del latte - ma, certamente, è una realtà che non può essere messa tra parentesi, ed è così decisiva nel tessuto regionale che credo meriti una particolare attenzione, più di quanto, forse, non accadrebbe se parlassimo di un'altra regione.
A questo settore strategico, oggi in crisi, la facoltà di veterinaria ha saputo dare nel tempo quadri medici di indiscusso valore, di grande livello professionale, capaci di legarsi al territorio: veri e propri intellettuali della Sardegna rurale, che hanno avuto un peso anche da un punto di vista genericamente culturale nella storia della Sardegna di questi ultimi decenni.
La facoltà ha un'articolazione di tutto rispetto, una sede moderna, un'importantissima biblioteca centralizzata, insiste su 5 moduli intercomunicanti, per un totale di circa 9.500 metri quadri di superficie, ha delle strutture che sono uniche in Sardegna e una struttura didattica che - aldilà di quelli che possono essere i giudizi sulla sua funzionalità in questo momento particolare, così caratterizzato dalle difficoltà finanziarie di tutti gli atenei italiani, non solo di quello di Sassari - certamente merita rispetto.
L'ateneo sassarese ha fatto dei sacrifici per la facoltà di veterinaria. Non più tardi di qualche mese fa ha stanziato - mi consta - una cifra ingente pari a 700 mila euro, da erogare nel corso del tempo, per sostenere la facoltà. Dunque, siamo di fronte ad una realtà di docenti e di studenti legata al territorio e con una sua indubbia vitalità.
È vero che si è registrato un ritardo molto forte, in particolare nella costruzione dell'ospedale veterinario. Tuttavia, come ha affermato il sottosegretario - onestamente, lo ha ammesso - i fondi FAS previsti, 50 milioni destinati alla realizzazione del polo agro-veterinario, non sono ancora disponibili e la data del 2013, che incombe e che è stabilita appunto dalle regole europee, si avvicina in maniera drammatica. Quello che si chiede è che il Governo assuma una posizione politica su questo punto e che non si limiti a dirci quali sono i vincoli europei, che già conosciamo. Si chiede che il Governo intervenga sia nel tentativo di far slittare la data del 2013, sia nel tentativo di provvedere, con opportuni stanziamenti, a ovviare a questo momento di difficoltà.
Quando una facoltà scompare poi non ricompare più. Quando un polo di questa importanza culturale ed economica viene soppresso poi non verrà più ricostituito. Pensiamoci un attimo. Abbiamo la capacità, come deve averla un Governo degno di questo nome, di programmare. Tuttavia, programmare non può significare soltanto subire i vincoli ma anche flessibilizzarli, quando è necessario e, nel caso di specie, vi sono tutte le motivazioni perché i vincoli vengano resi flessibili.
Non sono soddisfatto della risposta che trovo un po' burocratica, se mi permette signor sottosegretario. Essa è molto articolata e completa ma, al tempo stesso, un po' burocratica. Avrei voluto, da parte sua e del Governo, una sensibilità maggiore rispetto all'entità di questo problema.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno. Pag. 25
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15.
La seduta, sospesa alle 13,15 è ripresa alle 15,05.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bongiorno, Caparini, Gregorio Fontana, Palumbo e Reguzzoni sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Proclamazione di un deputato subentrante.
PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato, a seguito della presa d'atto, nella seduta odierna, delle dimissioni del deputato Roberto Zaffini, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, in data odierna - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 - che il candidato che, nell'ordine progressivo della stessa lista n. 10 - Lega Nord nella medesima XIV Circoscrizione Marche, segue immediatamente l'ultimo degli eletti risulta essere Eraldo Isidori.
Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la XIV Circoscrizione Marche, Eraldo Isidori.
Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.
Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che il deputato Eraldo Isidori, proclamato in data odierna, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Lega Nord Padania.
Su un lutto del deputato Lorenzo Cesa.
PRESIDENTE. Comunico che il collega Lorenzo Cesa è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.
Nomina dei componenti della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.
PRESIDENTE. Comunico di aver chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, istituita con deliberazione della Camera del 13 luglio 2010, i deputati Filippo Ascierto, Deborah Bergamini, Maurizio Bianconi, Gabriele Cimadoro, Paola De Micheli, Anna Teresa Formisano, Giuseppe Galati, Lella Golfo, Carmelo Lo Monte, Andrea Lulli, Maria Paola Merloni, Giustina Mistrello Destro, Catia Polidori, Fabio Rainieri, Luciano Rossi, Giovanni Sanga, Luca Sani, Giacomo Stucchi, Ludovico Vico, Raffaello Vignali e Angelo Zucchi.
Comunico, infine, che la Commissione è convocata per martedì 26 ottobre 2010, alle ore 14,30, nella sede di Palazzo del Seminario per procedere alla costituzione dell'ufficio di presidenza.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,10).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sull'ordine dei lavori.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, dieci anni fa, il 16 ottobre del 2000, dopo essere stato torturato, veniva assassinato un giornalista (un giornalista sui generis perché credo che non fosse iscritto all'ordine dei giornalisti, eppure nel breve ricordo che vorrei fare abbiamo testimonianza di una grande professionalità) che si chiamava Antonio Russo.
Era un giornalista di Radio Radicale che aveva iniziato ad accostarsi a questa radio nel 1995 ed aveva cominciato il suo lavoro attraversando situazioni difficili e complicate, vivendo in mezzo a popolazioni che si trovavano spesso in conflitto e in situazioni di drammaticità.
In particolare, voglio ricordare il suo impegno per testimoniare il momento delle elezioni, con quel che di drammatico portò, nell'Algeria nel 1997, la sua presenza per testimoniare la drammatica situazione del Ruanda e ancora la sua presenza in Zaire dove documentò la guerra nella regione dei Grandi laghi.
Ma quello che lo ha reso noto e lo ha trasformato in un punto di riferimento per il mondo giornalistico (in particolare quello occidentale) fu la sua presenza nel 1999 nel Kosovo, quando non si sottomise al diktat di Milosevic che aveva cacciato tutti i giornalisti e rimase a Pristina; e fu l'unica voce che riuscì a testimoniare le tragedie che si consumavano nel Kosovo.
Poi, ancora nel 1999 si recò in Cecenia per testimoniare della guerra cecena. Tra l'altro, oggi purtroppo arrivano altre notizie che ci ricordano qual è lo stato di tragedia che esiste ancora, con i morti che ci sono stati proprio oggi per un assalto al Parlamento e poi l'intervento delle truppe speciali. Nell'ottobre del 2000, dopo essere stato torturato, fu trovato vicino a Tbilisi ucciso per la strada.
Signor Presidente, Antonio Russo non è l'unico giornalista che, dalla caduta dell'«impero sovietico», è morto in Russia e non è sicuramente l'unico che certamente è stato assassinato. La più famosa - purtroppo la conosciamo e, sulla sua morte, vi è stato un processo un po' farsa che non ha portato a nulla - è stata Anna Politkovskaya. Sono 110 i giornalisti che sono morti in qualche modo collegato alle vicende legate all'esperienza del dopo caduta dell'«impero» russo.
Vorrei semplicemente ricordare Antonio Russo e sottolineare che, se almeno per Anna Politkovskaya è stato possibile avere un processo farsa che speriamo porti a qualcosa di più e di diverso nelle sue fasi successive, per Antonio Russo non avremo mai la verità: non si è mai aperta un'inchiesta, non se ne sa nulla, non l'avranno i genitori né gli amici ed i colleghi che lo hanno conosciuto. Rimane un caduto per testimoniare in un fronte di guerra la situazione drammatica che vivono le popolazioni che sono vittime della guerra.
Credo - mi consenta solo questo, signor Presidente - che forse tra una pacca sulle spalle e un indossamento della divisa dell'Armata russa sarebbe utile che il Presidente del Consiglio, di tanto in tanto, quando va a trovare l'amico Putin, magari chieda anche informazioni e ci dia notizie, almeno dopo la sua morte, sulla verità di queste morti che - lo ripeto - sono ormai tante e troppe (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Discussione della domanda di autorizzazione a procedere in giudizio ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione nei confronti del deputato Pietro Lunardi nella sua qualità di Ministro delle infrastrutture e trasporti pro tempore (Doc. IV-bis, n. 1-A) (ore 15,13).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame della domanda di autorizzazione a procedere in giudizio ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione nei confronti del deputato Lunardi, nella sua qualità di Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, per concorso nei reati di cui agli articoli 81, 319 e 319-bis del codice penale.
Ricordo che la ripartizione dei tempi per l'esame del documento è pubblicata nel vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
La Giunta propone di restituire gli atti all'autorità giudiziaria richiedente sulla base delle motivazioni esposte nella relazione (Doc. IV-bis, n. 1-A).
(Discussione - Doc. IV-bis, n. 1-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ha facoltà di parlare il relatore per la maggioranza, onorevole Consolo.
GIUSEPPE CONSOLO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, la Giunta riferisce su una domanda di autorizzazione a procedere ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione nei confronti del deputato Pietro Lunardi, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti all'epoca dei fatti.
La domanda perviene dal collegio per i reati ministeriali di Perugia ed è stata inoltrata con nota del procuratore della Repubblica di Perugia pervenuta alla Camera dei deputati il 18 agosto 2010 e assegnata alla Giunta il successivo 19 agosto.
L'accusa che viene mossa all'ex Ministro Lunardi è quella di corruzione propria, prevista e regolata dall'articolo 319 del codice penale. Il fatto sarebbe consistito nell'avere il Ministro pro-tempore colto un'indebita opportunità di acquisto a prezzo di favore di un immobile nel centro di Roma a fronte di un provvedimento ministeriale di concessione di finanziamento al soggetto che gli avrebbe venduto il palazzo.
Da questo punto di vista, non c'è dubbio che si tratterebbe, naturalmente qualora accertato, di reato ministeriale, rientrante quindi nell'ambito d'applicazione dell'articolo 96 della Costituzione, della legge costituzionale n. 1 del 16 gennaio 1989 e della legge ordinaria n. 219 del 1989.
La Giunta ha iniziato l'esame nella seduta del 15 settembre 2010 per poi proseguirlo nelle sedute del 22 e 29 settembre 2010. L'esame si è poi concluso nella seduta del 6 ottobre 2010.
È opportuno, se ella lo consente, signor Presidente, allegare alla presente relazione i resoconti della discussione affinché risultino con chiarezza gli aspetti salienti del dibattito che ha portato alla decisione che il sottoscritto relatore si appresta ad esporre alla Giunta.
È stato detto da alcuni che vi sono delle violazioni di legge. Ci sono, ma vedremo ora in che senso tali violazioni debbano essere interpretate.
Fin dall'arrivo dell'incartamento presso la Giunta, è apparso evidente che esso presentasse una lacuna assai macroscopica. Seguitemi, colleghi, in questo ragionamento: si ipotizza, infatti, a carico di Lunardi un reato consistente nella corruzione propria, che - per indiscussa giurisprudenza e dottrina - è una fattispecie a concorso necessario. Ciò significa che non è quindi possibile avere una corruzione, senza individuare quanto meno due soggetti: un intraneo (il presunto corrotto) e un extraneus, il presunto corruttore.
Orbene: per prassi assolutamente prevalente dal giugno 1989 ad oggi, quando la Camera dei deputati è stata investita di domande autorizzatorie per reati ministeriali commessi in concorso, essa ha ricevuto la richiesta di deliberazione a carico sia Pag. 28del ministro sia dei concorrenti cosiddetti «laici» (cioè coloro che ministro non erano). Vi è una giurisprudenza costante di questa Camera: si veda, per esempio, nella X legislatura la procedura riguardante l'ex Ministro per la protezione civile Remo Gaspari, quella a carico dell'ex Ministro dei trasporti Claudio Signorile, sempre nella X legislatura; quella a carico di Giovanni Prandini, ministro pro tempore dei lavori pubblici e, ancora, quella a carico di Francesco De Lorenzo e altri.
È in omaggio a questi precedenti, assolutamente vincolanti sotto il profilo giuridico per la Giunta, che, correttamente e d'intesa tra tutti i gruppi presenti in Giunta, il presidente Castagnetti ha inviato una nota al presidente del collegio per i reati ministeriali di Perugia. Non chiedetemi la ragione della competenza di Perugia, perché non riesco a darmene una spiegazione sotto il profilo giuridico. In tale lettera, il presidente Castagnetti prospettava l'opportunità (ma io direi l'assoluta necessità ovvero l'indispensabilità!) di integrare la documentazione con la descrizione dell'imputazione a carico del presunto corruttore e di altri eventuali soggetti partecipi dell'episodio, con la relativa domanda di autorizzazione a procedere.
A tale determinazione il presidente della Giunta è pervenuto sulla base dell'interpretazione costantemente verificata dell'articolo 5 della legge costituzionale n. 1 del 1989 e dell'articolo 4, comma 2, della legge n. 219 del 1989.
Sorprendentemente, il magistrato destinatario della lettera dà atto della giustezza di quanto prospettato dal presidente della Giunta, onorevole Castagnetti, ma nello stesso tempo risponde in modo negativo. Colleghi, è come se avesse detto: «La Camera ha ragione, però io non sono d'accordo», sottolineando così un famoso brocardo per cui la ragione non esiste, ma esiste chi ti dà ragione. Tuttavia, il diritto è dalla parte della conclusione a cui, a mio avviso, è pervenuta la Giunta.
Per non violare l'articolo 25 della nostra Costituzione che - lo ricordo - dispone che nessuno possa essere sottratto al giudice naturale precostituito per legge, abbiamo insistito nel chiedere l'autorizzazione anche per i cosiddetti estranei, ovvero gli imputati «laici» in questo procedimento.
È difficoltoso, ma è un eufemismo, piuttosto direi che è impossibile per la Giunta e per la Camera prendere in considerazione un episodio di corruzione senza poter analizzare le finalità e le modalità della condotta di entrambi i presunti concorrenti a tale episodio.
Si aggiunga, poi, che l'articolo 8, comma 1, della legge costituzionale del 16 gennaio 1989, n. 1 - colleghi, vi prego di prestare attenzione per non votare poi in modo politico, ma in modo convinto secondo diritto - prevede che il collegio dei reati ministeriali ha novanta giorni per compiere preliminari indagini sulla notizia di reato ministeriale, termine che decorre dal ricevimento degli atti dalla procura ordinaria.
Ebbene, alla Giunta e a questa Camera, che adesso sta esaminando le carte, risulta che il fascicolo sia pervenuto al tribunale dei Ministri dalla procura ordinaria il 19 luglio 2010 e - pensate - pur avendo novanta giorni di tempo, e siamo in periodo estivo, il 18 agosto, quindi, lo ribadisco, in piena estate, il tribunale medesimo ha trasmesso gli atti alla Camera dei deputati.
È chiaro, è evidente, è palese, è scritto sui muri come il tribunale dei Ministri di Perugia abbia omesso di svolgere quel suo ruolo di filtro e di sommario vaglio dei fatti ipotizzati che il sistema normativo sui reati ministeriali gli attribuisce. Questo, mi riferisco ai colleghi dell'opposizione, non lo dice il sottoscritto relatore, lo dice il giudice delle leggi, la Corte costituzionale nella nota sentenza n. 403 del 1994.
Chiederei al signor Presidente di dare per lette le motivazioni di questa sentenza che sono contenute nella relazione, per poi poter concludere, confortati però dalla Corte costituzionale, come sia apparso alla maggioranza della Giunta che, vuoi per non aver offerto alla Camera una completa prospettazione dell'episodio corruttivo, vuoi per l'assoluta insufficienza delle Pag. 29indagini sommarie svolte dal tribunale dei Ministri, gli atti debbano essere restituiti all'autorità giudiziaria medesima.
Per questi motivi, a maggioranza, nella seduta del 6 ottobre 2010, la Giunta ha deliberato di proporre, per mio tramite, all'Assemblea che gli atti siano restituiti al collegio per i reati ministeriali di Perugia.
Infine, signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.
PRESIDENTE. Onorevole Consolo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Saluto gli studenti dell'Istituto tecnico commerciale «Oberdan», di Treviglio, e gli studenti dell'Istituto di istruzione superiore professionale e commerciale «Casagrande-Cesi», di Terni, che accompagnati dai loro docenti partecipano alla prima Giornata di formazione a Montecitorio dell'anno scolastico 2010-2011 (Applausi).
Il relatore di minoranza, onorevole Samperi, ha facoltà di svolgere la relazione.
MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'onorevole Consolo ha già sommariamente descritto i fatti a cui si riferisce il documento oggi all'esame dell'Assemblea, e ha quindi esposto come si tratti di una ipotizzata vicenda di corruzione a cui il Ministro Lunardi si sarebbe prestato acquistando per 3 milioni di euro un intero palazzo in via dei Prefetti, cielo terra, di cinque piani, a fronte di un finanziamento che sarebbe stato concesso con decreto interministeriale a Propaganda Fide, un ente ecclesiastico che è lo stesso venditore del palazzetto acquistato dall'onorevole Lunardi.
La vicenda inquietante che qui ci occupa, però, non è semplicemente tale acquisto a fronte di un finanziamento, ma il fatto che attorno all'evento ruotano personaggi a noi già noti.
Mi riferisco ad Angelo Balducci, soggetto decisivo per la conclusione dell'affare, contemporaneamente provveditore alle opere pubbliche e consultore di Propaganda Fide: si tratta di una figura onnipresente nelle varie vicende venute alla luce con l'inchiesta sulla cosiddetta cricca, di cui facevano parte Anemone, Zampolini ed altri. Mi riferisco anche all'architetto Zampolini, il cui interrogatorio è stato letto da molti componenti della Giunta per le autorizzazioni, che era presente, al momento della stipula dell'atto, nello stesso studio notarile.
Sull'immobile oggetto del contratto la ditta di Anemone aveva in precedenza svolto lavori. Lo stesso Anemone avrebbe anche intrattenuto rapporti con la figlia dell'onorevole Lunardi, cui avrebbe consegnato una busta tramite il suo uomo di fiducia, Hidri Fathi Ben Laid (conosciamo anche lui).
Questo panorama è già abbastanza inquietante. La maggioranza afferma che, in effetti, non vi sarebbe il rapporto sinallagmatico fra l'atto di corruzione, l'acquisto dell'immobile e il decreto interministeriale. A parte il fatto che questa previsione temporale non è valutata dal codice penale, sicuramente emerge il fatto che già nel 2004, esattamente nel mese di marzo, era stato appostato il finanziamento in un decreto che indicava il Ministro delle infrastrutture ed il Ministro per i beni e le attività culturali come gli assegnatari di queste somme.
I protagonisti sono sempre gli stessi, gli stessi che in questi anni hanno agito puntualmente sul sistema degli appalti e della corruzione a pubblici ufficiali.
PRESIDENTE. Onorevole Samperi, la prego di concludere.
MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, concludo velocemente. In effetti, le eccezioni procedurali che sono state opposte dalla maggioranza e che, quindi, hanno spinto la maggioranza della Giunta a chiedere di rinviare gli atti al tribunale dei Ministri, sono tutte inconsistenti: quella sulla competenza territoriale (su cui la Cassazione ha messo proprio ieri la pietra tombale, fissandola definitivamente al tribunale di Pag. 30Perugia), così come quella sulla mancata istruttoria.
PRESIDENTE. Onorevole Samperi, la prego di concludere.
MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, le chiedo soltanto la metà dei minuti che ha concesso all'onorevole Consolo.
PRESIDENTE. Onorevole Samperi, è il Regolamento che prevede i termini.
MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, l'onorevole Consolo ha usufruito di un po' più di tempo.
PRESIDENTE. Onorevole Samperi, mi permetta di rilevare che non è discrezione del Presidente assegnare i termini. Il relatore di maggioranza dispone di quindici minuti, mentre i due relatori di minoranza hanno a disposizione cinque minuti ciascuno.
MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, concludo rapidamente, affermando che l'eccezione della mancata istruttoria, sollevata da parte del tribunale dei ministri di Perugia, è assolutamente inconsistente, perché il tribunale di Perugia aveva l'obbligo di istruire per decidere sull'archiviazione o meno. Questo ha fatto il tribunale: credo che siamo di fronte a fatti inquietanti. Signor Presidente, ci siamo occupati per l'intera estate delle sue vicende, che sono ben poca cosa rispetto a questo fatto così grave!
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.
PRESIDENTE. Onorevole Samperi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il relatore di minoranza, onorevole Palomba.
FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, parlo non per un'Aula distratta e disattenta, ma per il tribunale dei ministri e per la Corte costituzionale, ai quali tutto questo dibattito andrà a finire. Essi leggeranno anche la mia relazione di minoranza, nella quale si dice esplicitamente quale gravissimo errore giuridico venga compiuto, sia stato compiuto dalla Giunta e verrebbe compiuto dall'Assemblea se lo approvasse. Comunque, chiedo che la mia relazione sia allegata al resoconto della seduta odierna.
Signor Presidente, mi consenta pochissime battute per dire che qui siamo di fronte ad una controprestazione di 3 milioni per un palazzetto intero, da cielo a terra, in via dei Prefetti, cioè nel centro di Roma, con la ridicola difesa che ha poche finestre (forse sarà così), ma contro un provvedimento di due milioni e mezzo approvato a favore di chi ha venduto al Ministro Lunardi questo palazzetto di 900 mq. La cricca è sempre la stessa: quella di Anemone, Balducci e Zampolini.
Voi della maggioranza applicate sempre la giustizia politica e la sostituite alla giustizia ordinaria, ma in questa occasione volete salvare non più soltanto la casta politica, ma anche i suoi possibili concorrenti perché la richiesta al Tribunale dei ministri di chiedere l'autorizzazione anche per i componenti laici ha solo questo scopo: spazzare via con una decisione politica non solo la responsabilità del Ministro, ma anche la responsabilità dei concorrenti.
L'interpretazione della legge spetta al giudice, non a questa Camera. Non era necessario richiedere l'autorizzazione a procedere anche nei confronti dei concorrenti laici: l'atto non rispondeva né a ragioni di Stato, né al perseguimento di un preminente interesse pubblico. Per questo era necessario concedere l'autorizzazione a procedere.
È stato poi violato l'articolo 18-ter, interpretato soltanto ad usum delphini. Tale articolo dice che gli atti possono essere restituiti quando la Camera non deve deliberare, ossia se ritiene che esistano le cosiddette scriminanti per il Ministro, Pag. 31e cioè che abbia agito per ragioni di Stato o per il perseguimento di un preminente interesse pubblico.
Qui, ancora una volta, la maggioranza sta utilizzando la sua prevaricazione e prepotenza per salvare non solo un appartenente a se stessa, cioè alla casta, ma anche gli altri possibili concorrenti e, in questo caso, sappiamo di chi si tratta: di persone altolocate.
Concludo, signor Presidente, con un'annotazione di carattere umoristico: qui siamo veramente nel ridicolo, siamo di fronte ad un affare colossale, all'acquisto di un palazzetto, che vale tre volte tanto, ad un terzo del suo valore effettivo.
Ci troviamo di fronte ad una sequela di fatti di questo genere: al Ministro Scajola, al quale pagano a sua insaputa un appartamento con vista sul Colosseo, alle ville di Antigua del Presidente del Consiglio dei ministri. Mi consenta - signor Presidente - di dirle che provo molta compassione nei suoi confronti, che è stato tenuto sulla graticola e sotto il manganello mediatico per una miseria di 70 mq.
Davvero, insomma, questa Camera deve finalmente occuparsi di ciò che ricade nella propria competenza e non intervenire sull'attività dei giudici e consentire che gli appartenenti alla casta, al ceto politico, vengano giudicati come tutti gli altri cittadini.
Chiedo che il testo della mia relazione di minoranza sia pubblicata in calce al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
(Dichiarazioni di voto - Doc IV-bis, n. 1-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, credo di occupare ancora meno tempo, rispetto ai dieci minuti che mi sono stati assegnati. Infatti, ci vogliono poche parole per valutare positivamente la relazione svolta dall'onorevole Consolo in merito a questa nostra deliberazione, alla deliberazione che ci accingiamo ad assumere.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non discutiamo in questa sede del merito delle accuse rivolte dalla magistratura all'onorevole Lunardi, non parliamo nemmeno dell'esistenza o meno del fumus persecutionis che potrebbe in qualche modo, ove mai dovesse essere riscontrato, giustificare un'eventuale negazione della autorizzazione a procedere.
Qui parliamo, signor Presidente, onorevoli colleghi, del rispetto di norme costituzionali che impongono, al Parlamento innanzitutto ma anche ai magistrati inquirenti e giudicanti, di comunicare all'Assemblea, a questa Camera, al Parlamento, tutti gli atti relativi a un fenomeno di corruzione propria, quindi gli atti relativi anche ai soggetti che abbiano concorso, con l'eventuale Ministro indagato, per questo reato, a consumare il reato medesimo.
Allora, è inutile che qui ci addentriamo su disquisizioni che riguardano l'innocenza, la colpevolezza, la gravità dell'episodio. Queste sono tutte cose che rinvieremo a dopo, allorquando finalmente la magistratura, che prima di ogni altro è tenuta a rispettare la legge, invierà tutti gli atti che consentiranno un'approfondita valutazione del fenomeno che è stato sottoposto al nostro giudizio.
Quindi, signor Presidente, e concludo questa dichiarazione di voto, non possiamo che votare favorevolmente alla richiesta di rinviare gli atti alla magistratura affinché questa li integri correttamente così come prevede la Costituzione, così come prevedono le norme che sono state coerentemente e correttamente invocate dal relatore (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per antica convinzione siamo contrari alla denigrazione del Parlamento e delle istituzioni democratiche, da qualunque parte essa provenga, sia da condotte disinvolte o, peggio, infamanti, sia dall'abuso delle garanzie parlamentari e sia dagli eccessi del giustizialismo e dello scandalismo mediatico.
Con questi presupposti, abbiamo seriamente approfondito il caso Lunardi al nostro esame. La proposta del relatore per la maggioranza di restituzione degli atti al tribunale dei ministri ci appare infondata, poiché la restituzione degli atti è prevista dal Regolamento in caso di incompetenza della Camera ovvero, in base a una decisione della Corte costituzionale, per evidente incompletezza dell'indagine.
Nel caso Lunardi, questi presupposti non sussistono. La relazione Consolo sostiene che si sarebbe dovuta richiedere l'autorizzazione a procedere anche per chi non è Ministro ed è eventualmente coimputato, ma questa interpretazione dell'articolo 5 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1, è palesemente infondata e strumentale, perché la norma si limita a stabilire le competenze di Camera e Senato e non impone l'obbligo di coinvolgere nell'autorizzazione a procedere i coimputati che non esercitano la funzione ministeriale.
Correttamente, il tribunale dei ministri ha rigettato questa richiesta. Dunque, esprimiamo un voto contrario alla proposta di restituzione.
Nel merito, però, sussistono certamente dubbi, contraddizioni ed elementi che rendono incerta, allo stato degli atti, la responsabilità penale di Lunardi sui fatti imputati. Non risulta vero che Balducci fosse all'epoca suo capo di gabinetto, non sembrano esatte le affermazioni relative ai rapporti tra l'allora Ministro Lunardi e il giudice Toro.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mantini, pregherei i colleghi che non sono interessati alla discussione di uscire dall'Aula e di consentire all'oratore di svolgere il suo intervento senza questo brusio. Pregherei almeno i colleghi al banco del Governo.
PIERLUIGI MANTINI. Risulta inoltre opinabile sul piano teorico che un decreto ministeriale che dispone il finanziamento di diversi interventi per beni culturali possa essere considerato alla stregua di una condotta corruttiva.
Tuttavia sussistono anche elementi preoccupanti che meritano chiarimenti. Risulta verosimile che il palazzo in via dei Prefetti sia stato acquistato dall'allora Ministro Lunardi ad un prezzo inferiore al valore reale di mercato, risulta sufficientemente provato, anche a seguito di un'indagine della Corte dei conti, che i lavori finanziati erano, in larga misura, già stati eseguiti - o peggio, mai eseguiti -, risulta circostanziata la deposizione dell'architetto Zampolini sulla presunta sussistenza delle intese ai fini del reato.
Pertanto, non dovendo la Camera pronunciarsi sul merito di un procedimento, che peraltro è solo ad una fase iniziale, occorre concludere che sussistono le ragioni, pur con i dubbi evidenziati, per approfondire le indagini e chiarire le eventuali responsabilità, a garanzia di tutti.
Una visione sobria delle garanzie ci induce a ritenere che la negazione dell'autorizzazione a procedere, nei confronti di ministri, alle indagini giudiziarie sia da considerarsi un'eccezione che si basa su straordinari e ben fondati motivi. I cittadini che fanno fatica a pagare il mutuo della propria abitazione hanno pieno diritto di conoscere se vi siano cricche nel Governo e nelle istituzioni che si avvantaggiano dei poteri e dei soldi pubblici a fini privati, senza pregiudizio, condanne preventive e processi di piazza, con la serenità e l'equilibrio che solo la fiducia nelle istituzioni può garantire.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luca Rodolfo Paolini. Ne ha facoltà.
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LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Lega Nord darà parere favorevole alla proposta del relatore in quanto ritiene che in questa vicenda ci siano un po' troppe anomalie. La prima di queste è già stata evidenziata dal collega relatore e dallo stesso presidente Castagnetti, allorché quest'ultimo, sottolineando la peculiarità che si sta chiedendo l'autorizzazione a procedere solo per un concorrente in un reato a concorso necessario come la corruzione, giustamente, ha fatto presente la questione al presidente del collegio, il quale ha risposto che, indipendentemente dalla costante giurisprudenza contraria, egli interpretava in modo difforme dagli altri la legge; questa è già una cosa che ha sollevato ampie discussioni e dibattiti all'interno della Giunta.
Vi sono, però, anche alcune incongruenze che hanno fatto ritenere opportuno il rinvio degli atti, perché, evidentemente, la Giunta ha sì il dovere di deliberare, secondo quella che è l'opinione della maggioranza, ma su cose e fatti abbastanza certi. Vi sono alcune incongruenze che lasciano un pochino perplessi, tra l'altro, di facile accertamento: l'ingegner Balducci, ad esempio, si dice essere stato capo di gabinetto, mentre invece non lo è mai stato; questo è scritto.
Un'altra singolarità: il fatto corruttivo sarebbe avvenuto nove mesi prima e avrebbe avuto un'entità di 5 milioni di euro; si ipotizza un valore del bene di 8 milioni di euro a fronte di un pagamento di 3 milioni di euro, per avere un finanziamento di 5 milioni di euro. Viene da chiedersi: è stata fatta una perizia? Non è stata fatta alcuna indagine su questo fatto, che è decisivo. Perché mai taluno dovrebbe pagare cinque milioni di euro qualcosa che, se avesse venduto sul libero mercato, avrebbe prodotto sia i tre milioni di euro che avrebbe avuto dal Lunardi, sia i cinque milioni di euro che sarebbero stati ottenuti dal finanziamento? Perché non vendere ad otto, invece di tre, per avere cinque? Questa è un'altra delle incongruenze.
La maggioranza della Giunta ha ritenuto che sarebbe stato utile all'accertamento dei fatti, quanto meno, predisporre una perizia, anche perché - e qui concludo - l'articolo 8, comma 3, della legge costituzionale n. 1 del 16 gennaio 1989 prevede espressamente la possibilità, da parte del collegio ministeriale, di chiedere alla procura un supplemento di indagine.
Questa è la cosa che, sostanzialmente, con questo atto, si ritiene opportuno fare, in modo da chiarire almeno una parte di queste incongruenze, l'ultima delle quali, ad esempio, è quella per cui il presunto fatto corruttivo sarebbe avvenuto ben otto mesi prima del provvedimento contestato. Anche questa è una cosa singolare!
La Lega Nord approva quindi la proposta del collega relatore e voterà a favore di essa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.
MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i fatti sono noti e non sono affatto condizionati dalla realtà, invero romanzata, della presenza dei signori Balducci, Anemone o Zampolini, che è del tutto ultronea rispetto a ciò di cui oggi ci si deve occupare. È francamente sgradevole che si invochino i nomi dell'onorevole Scajola, dell'onorevole Berlusconi o del Presidente, onorevole Fini, a sostegno di una posizione che non affronta il tema vero del problema che oggi noi dobbiamo esaminare.
Alla lettera con la quale il presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere, sentiti tutti i rappresentanti dei gruppi e senza che nessuno ponesse obiezioni di sorta, ricordava il preciso testo e la costante interpretazione dell'articolo 5 della legge costituzionale n. 1 del 1989, con la conseguente opportunità di integrare la domanda di autorizzazione anche per il concorrente nel reato, cardinale Sepe, presunto corruttore del Ministro Lunardi, presunto corrotto, il presidente del Collegio dei ministri di Perugia replicava, Pag. 34in un modo ad evidenza sprezzante, di conoscere la norma, di conoscere i precedenti, di conoscere la costante interpretazione, ma che, pur tuttavia, il collegio da lui presieduto la pensava diversamente. Alla regola nota e chiara non si sentiva insomma vincolato.
Evidenti sono le conseguenze: due collegi giudicanti, uno per il Ministro Lunardi e uno per il cardinale Sepe, una doppia istruttoria, una doppia audizione di testimoni, doppie perizie, doppie sentenze, magari di diverso contenuto con buona pace di ogni doverosa economia processuale e con il naturale rischio di una contraddittorietà di giudicati. Proprio tutto quello che il legislatore voleva evitare, non questo legislatore, ma quello che ha scritto la Carta costituzionale e la legge altrettanto costituzionale del 1989.
Non tocca all'onorevole Lunardi sollevare il problema, tocca a questa Camera, tocca a noi tutti, investiti del delicato compito di dare o non dare l'autorizzazione a procedere, ma preposti prima di tutto a controllare che siano rispettate le regole, vieppiù quando queste incidono sui rapporti tra diversi poteri dello Stato egualmente importanti. Non è scritto da nessuna parte che il potere giudicante sia superiore a quello esecutivo o a quello legislativo. Non si tratta di discutere della salvaguardia di un privilegio, ma solo di garantire che la giustizia operi in modo corretto, anche nell'alto livello del Collegio per i reati ministeriali, senza prevaricazioni di metodo, magari molto comode e attraenti sul piano mediatico, ma inaccettabili.
L'onorevole Lunardi deve essere perseguito nel rispetto delle regole, a maggior ragione da chi è istituzionalmente preposto proprio ad osservare e garantire tale rispetto, perché questo è il precipuo compito di un magistrato. Non deve essere un obiettivo di questa maggioranza parlamentare, ma dell'intero Parlamento, perché il Ministro Lunardi non era all'epoca Ministro di questo o di quel partito, ma Ministro dell'intero popolo italiano. Non si tratta di regole ad personam, scritte oggi nell'interesse di un partito o dell'altro, di una maggioranza parlamentare o dell'altra, ma di regole dettate da lungo tempo nell'interesse di quelle stesse istituzioni, che noi in questa sede rappresentiamo. Solo se ci spogliamo del vincolo di parte per far prevalere l'interesse generale al corretto rispetto delle istituzioni, possiamo far fare alla nostra democrazia e al nostro Paese quel salto di qualità che è fondamentale per ridare un ruolo di prestigio alle istituzioni democratiche.
Certo è mediaticamente forte perseguire un Ministro e magari è molto più delicato, o forse scomodo, perseguire anche un cardinale della Chiesa cattolica.
Ma noi non siamo preposti a valutare l'impatto mediatico di un'iniziativa bensì il corretto utilizzo degli strumenti d'accusa. E se nella Carta costituzionale sono scritti anche gli articoli 68 e 96, con l'obbligo dell'autorizzazione a procedere, la ragione è evidente e non scritta dall'una o dall'altra maggioranza: la Costituzione e le leggi costituzionali non si invocano a piacere! Noi non possiamo, non dobbiamo accettare che chi deve far rispettare la legge la violi deliberatamente, quand'anche con capziose interpretazioni. La grande riforma della giustizia, della quale tanto si parla, non passa solo attraverso un diverso quadro normativo ma anche e soprattutto attraverso la maturata consapevolezza in capo ai magistrati che le regole valgono anche per loro, anzi prima e soprattutto per loro.
Autonomia e indipendenza della magistratura non possono voler dire anarchia rispetto alle regole, che devono valere prima di tutto per chi è chiamato a farle rispettare. E non giova un atteggiamento di mero appiattimento di fronte alla violazione delle regole solo perché la violazione è ammantata dall'apparenza di una personale, nuova interpretazione del consolidato assetto normativo e interpretativo che l'onorevole Consolo ci ha perfettamente descritto: così non migliorano i rapporti tra politica e magistratura, che si devono fondare su un reciproco, vero rispetto. Il potere magistratuale non deve essere contro il potere politico, sono entrambe facce di una stessa medaglia, la medaglia dello Stato, di quello Stato democratico che ha e deve avere regole ben Pag. 35precise da rispettare: violarle - vieppiù deliberatamente - significa porsi in rotta di collisione con un potere che trae la propria ragion d'essere in quella stessa Carta costituzionale che dà al magistrato il diritto-dovere di inquisire e di giudicare.
Il magistrato lo fa nel nome del popolo italiano, ma è quello stesso popolo italiano che elegge i propri rappresentanti e finisce con il determinare con il proprio voto financo la scelta dei Ministri: difendere un Ministro pretendendo che nei suoi confronti si rispettino le regole significa difendere tutto il popolo italiano, significa difendere la democrazia con le sue regole, significa difendere il Parlamento tutto che è l'espressione più alta della democrazia di un Paese.
Per questo gli atti - come ha chiesto il relatore e disposto a maggioranza la Giunta - vanno ritrasmessi al presidente del collegio per i reati ministeriali di Perugia perché recuperi il rispetto del ricordato articolo 5 e, con esso, il rispetto della Costituzione. Le leggi devono essere rispettate dai cittadini, dai politici, dai parlamentari ma devono essere rispettate anche - anzi, a maggior ragione - proprio dai magistrati (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Futuro e Libertà per l'Italia).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazione - Doc. IV-bis, n. 1-A)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di restituire gli atti all'autorità giudiziaria, sulla base delle motivazioni esposte nella relazione di cui al Doc. IV-bis, n. 1-A.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Fassino, Di Virgilio, Capitanio Santolini, Oliverio, Pionati...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 548
Votanti 546
Astenuti 2
Maggioranza 274
Hanno votato sì 292
Hanno votato no 254
(La Camera approva - Vedi votazionia ).
Seguito della discussione del disegno di legge: Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, approvato, con modificazioni, dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 1441-quater-F) (ore 15,57).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, approvato, con modificazioni, dalla Camera e modificato dal Senato: Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
Ricordo che nella seduta del 18 ottobre 2010 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed hanno avuto luogo le repliche del relatore e del rappresentante del Governo.
(Esame di una questione pregiudiziale - A.C. 1441-quater-F)
PRESIDENTE. Ricordo che è stata presentata la questione pregiudiziale Lenzi ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-quater-F).
A norma del comma 3 dell'articolo 40 del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
L'onorevole Capano ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Lenzi ed altri n. 1, di cui è cofirmataria, per dieci minuti.
CINZIA CAPANO. Signor Presidente, il Presidente della Repubblica ha rinviato il provvedimento in esame alle Camere in virtù dell'articolo 74 della Costituzione, chiedendo una nuova deliberazione ed invitando a definire in via legislativa meccanismi idonei ad accertare l'effettiva volontà compromissoria delle parti e a tutelare il contraente più debole. Questo a non voler considerare quanto fossero in realtà più ampie le censure del Presidente, che si spingevano peraltro anche a lamentare il fatto che un provvedimento così complesso sotto l'aspetto sia processuale che sostanziale non avesse avuto l'esame in sede referente della Commissione giustizia.
Si tratta di un provvedimento ad un tempo complesso e paradossale: complesso, perché interviene su istituti come la decadenza e la prescrizione in modo confuso, come non si era mai visto prima, pur nell'assai confusa legislazione in materia di giustizia civile e del lavoro di questi ultimi due anni; e paradossale perché, volendo introdurre strumenti alternativi della definizione delle controversie, elimina il tentativo obbligatorio di conciliazione: un tentativo obbligatorio di conciliazione che, con altro provvedimento, il legislatore reinserisce in molte materie relative alla giustizia civile.
Ma eliminando il tentativo di conciliazione (o meglio, rendendolo facoltativo) esso prevede l'arbitrato, e lo prevede con forme e modalità tali non da rendere più facile il ricorso libero e spontaneo all'arbitrato, ma più difficile, molto più difficile il ricorso al giudice. Anzi, di fatto costringe il lavoratore a subire un giudice non specializzato, non terzo, non indipendente, e obbliga a tale rinunzia il lavoratore nel momento di maggiore debolezza della dinamica contrattuale tra le parti al momento della sua assunzione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 16)
CINZIA CAPANO. Anche su ciò, il Presidente della Repubblica aveva posto dei rilievi, né la modifica apportata dalla Camera e poi confermata al Senato, che sposta quel termine dalla stipula del contratto al momento successivo, al patto di prova o ai 30 giorni successivi, ha di fatto modificato granché tale anomalia.
La modifica introdotta al Senato elimina quella introdotta alla Camera, che consentiva l'arbitrato solo ed esclusivamente nei casi di controversia già insorta, e dava alle commissioni di certificazione il potere di accertare la reale volontà.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 16,02)
CINZIA CAPANO. La modifica introdotta al Senato dà la possibilità invece di compromettere in arbitrato le controversie future ed eventuali, quindi in un momento in cui la parte che rinunzia alla giurisdizione non ha neanche l'esatta consapevolezza del bene giuridico a cui rinunzia, perché il diritto da tutelare non è ancora sorto, è ancora meramente eventuale.
Basterebbe peraltro - spostando il termine nei casi in cui non vi sia patto di prova ai 30 giorni successivi - che le aziende assumessero in un primo tempo con contratto a tempo determinato per poi decidere se prorogare o no il termine Pag. 37anche a tempo indeterminato a seconda che i sottoscrittori si dicano disponibili, o meno, a rinunziare alla giurisdizione e a compromettere invece la lite in arbitrato. Questo è un escamotage che significa privare di fatto della tutela giurisdizionale i lavoratori, ma non è solo questo l'elemento inaccettabile e anticostituzionale per cui abbiamo presentato la questione pregiudiziale. L'altra ragione, pur contenuta nel messaggio del Presidente, è quella che dà la possibilità di rimettere agli arbitri una decisione secondo equità. È lo stesso Presidente della Repubblica che ci avverte che questo coincide con una modifica della stessa disciplina sostanziale del rapporto di lavoro, rendendo flessibile il contratto di lavoro. E la preoccupazione del Presidente è evidentemente quella che il contratto individuale di lavoro torni ad avere il rango di fonte primaria di regolazione del rapporto nonostante che nell'ordinamento lavoristico proprio il contratto individuale abbia sempre avuto un peso limitato, perché viene integrato da fonti eteronome, come la legge e i contratti collettivi, inderogabili in peius. Proprio in considerazione del limitato potere contrattuale del lavoratore, la civiltà giuridica che connotava questo Paese prima del vostro avvento - colleghi della maggioranza - aveva posto un limite alla debolezza contrattuale del lavoratore, assoggettando il contratto individuale a fonti eteronome attraverso l'integrazione di clausole legali e della contrattazione collettiva. Questo continuo lavoro d'integrazione delle clausole ha avuto sino ad oggi un giudice specializzato che ha costruito una giurisprudenza su cui oggi si fonda la tutela processuale e sostanziale dei diritti del lavoratore, una tutela che già il legislatore del codice civile del 1942 voleva saldamente legata alla giurisdizione, tant'è che non si consentiva ai rapporti di lavoro la tutela arbitrale come alternativa a quella giurisdizionale, e con l'articolo 2113 del codice civile si eliminava valore transattivo alle rinunzie fatte privatamente (badate bene: era il legislatore del 1942). Tutta la storia della dignità dei diritti del lavoratore, ma anche la certezza dei rapporti giuridici, sta nel privilegio che fino ad oggi il legislatore ha accordato alla tutela giurisdizionale in materia di lavoro. Oggi questo provvedimento apre la strada alla fantasia equitativa degli arbitri, con la conseguenza di avere pronunzie certo più domestiche, ma anche non prevedibili, e con la conseguenza di una grave insicurezza nei rapporti giuridici, e questo non potrà fare certamente piacere neanche alle imprese, quanto meno a quelle più serie. Ma il vostro provvedimento continua nella sua opera di demolizione dell'intera struttura portante del diritto del lavoro che abbiamo conosciuto in questi anni, prevedendo la decadenza per quella che era sempre stata un'azione considerata imprescrittibile sulla nullità del termine nei contratti a tempo determinato. Il contratto a termine altro non è che la definizione giuridica elegante di una drammatica piaga sociale di questo Paese che si chiama precariato. Togliere al lavoratore sottoposto a una lunga serie di contratti a termine la possibilità di esercitare l'azione quando non si è più sotto ricatto, ma assegnandogli termini di decadenza assai stretti, lo costringe di fatto a rinunziare alla tutela, e questo è totalmente incostituzionale per quello che ha già detto la Corte costituzionale, fissando i criteri per l'esercizio delle azioni del lavoratore subordinato e affermando che per tutti i lavoratori che non hanno la garanzia della tutela reale la prescrizione non poteva decorrere in costanza di rapporto per evitare che essi fossero abbandonati alla scelta tra tutela del proprio diritto e tutela del proprio posto di lavoro.
Ora l'indebolimento delle garanzie del lavoratore, anche attraverso la rivisitazione della disciplina della decadenza e della prescrizione, portano un altro vulnus alla Carta costituzionale la quale con l'articolo 1 fonda la Repubblica sul lavoro, con l'articolo 35 pone l'obbligo per la Repubblica di tutelare il lavoro e con l'articolo 3 pone l'obbligo per la Repubblica di rimuovere gli ostacoli economici che si frappongono all'eguaglianza e alla dignità delle persone. Quell'articolo 3 aveva avuto la sua concretizzazione nel Pag. 38diritto sostanziale e processuale del lavoro ed era stato, fino ad oggi, quel ponte che riusciva a dare al lavoratore, contraente più debole per definizione, la dignità di cittadino e sollevarlo da ogni ricatto.
Questo provvedimento, collegato alla finanziaria non si sa perché, va nella stessa direzione della privatizzazione generale della giustizia civile che da due anni il Ministro Alfano insegue: togliere un giudice terzo indipendente e, nel processo del lavoro, togliere un giudice terzo indipendente e specializzato. Questo perché così la giurisprudenza sarà abbandonata alla fantasia, o meglio, più che alla fantasia agli interessi delle parti, proprio quello che un giudice terzo elimina e che, invece, un arbitrato non garantisce di mantenere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.
NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dell'UdC esprimerà un voto contrario sulla pregiudiziale di costituzionalità. Il provvedimento contiene importanti innovazioni sia sul piano del diritto sostanziale che sul piano del diritto processuale in materia di lavoro ed ha sostanzialmente accolto i rilievi del Presidente della Repubblica, anche grazie al contributo delle opposizioni, in ordine agli articoli 20, 30, 31, 32 e 50.
La pregiudiziale si concentra essenzialmente sull'articolo 31 in merito al quale, però, le modifiche introdotte appaiono condivisibili poiché, nell'ipotesi di attivazione per effetto del contratto individuale della clausola compromissoria, questa può materializzarsi soltanto una volta trascorso il periodo di prova o, nell'ipotesi di assenza del periodo di prova, soltanto un mese dopo l'assunzione. Partendo dal presupposto che oggi il ricorso all'arbitrato non è né semplice né facile, si è cercato di contemperare il diritto alla tutela con la necessità di fornire uno strumento più agevole e più libero di composizione delle controversie nel rapporto di lavoro, come auspicato anche dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio.
Non possiamo da una parte denunciare l'alto e annoso contenzioso giacente nei tribunali (si parla di oltre un milione di cause pendenti) e il danno che subiscono sia il lavoratore che l'impresa dall'attendere per anni una sentenza e, poi, dall'altra parte, bloccare ogni tentativo di scalfire lo status quo per motivi corporativi o, peggio, ideologici. Offrendo certezza, semplificazione, riduzione dei tempi e dei costi del contenzioso, forniamo anche una nuova opportunità a quegli investitori internazionali che, spesso, hanno preferito realizzare nuove iniziative altrove proprio per l'elevato e contorto contenzioso. Ravvisiamo nella facoltà concessa al lavoratore di lottare per un tentativo di conciliazione nelle controversie di lavoro un passo avanti e non un attacco alle tutele dello stesso e tale innovazione oggi appare quanto mai opportuna.
Molte sono state le polemiche sollevate intorno al testo, ma riteniamo che il collegato contenga importanti riforme in materia di attività di vigilanza, di orario di lavoro, di impiego di lavoratori regolari e, poi, deleghe estremamente importanti in materia di ammortizzatori sociali, di occupazione femminile, con la previsione di incentivi e sgravi contributivi mirati a sostenere regimi di orario flessibili legati alla necessità di conciliazione tra lavoro e vita familiare, nonché a favorire l'aumento dell'occupazione femminile.
Per questi motivi, non ci sentiamo di unirci al coro di coloro che ritengono il provvedimento contrario agli interessi dei lavoratori, mentre appare suscettibile di accrescere gli ambiti di scelta e di introdurre elementi di efficienza oltre ad essere aderente a quanto richiesto dal Presidente della Repubblica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giorgio Conte. Ne ha facoltà.
GIORGIO CONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame, collegato alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013 in materia Pag. 39di lavoro, è certamente frutto di un lavoro complesso, articolato e politicamente sofferto. Come è stato già ampiamente ricordato, è ormai arrivato in settima lettura all'esame della Camera e ha meritato quindi opportuni approfondimenti.
Al momento risulta quanto meno prioritario poter sollecitare l'approvazione di questo provvedimento a lungo atteso tenendo presente il sostegno che sembra provenire da più comparti istituzionali e sociali. Consente inoltre al mondo imprenditoriale e ai lavoratori di potersi muovere agevolmente in una cornice normativa rinnovata e più completa. La ragionevolezza delle disposizioni tracciate nel provvedimento in esame, l'approfondimento dedicato ad alcune di esse - faccio riferimento in particolare all'articolo 31 in materia di conciliazione e arbitrato - non lo dispensa da ulteriori approfondimenti che potrebbero trovare spazio in altri provvedimenti affini per materia. In particolare mi riferisco a specifiche misure di sostegno all'occupazione femminile, eventualmente legittimate da un adeguato sistema di welfare che consenta a questa categoria di lavoratori di non essere vessata. Siamo certi che misure più puntuali e più concrete possano essere strutturate anche nei decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di occupazione femminile di cui all'articolo 46 del presente provvedimento.
Come dicevamo, riadeguare l'attuale sistema di welfare alle esigenze di mercato del lavoro che cambia e che si contraddistingue da un dinamismo e da sfaccettature sempre più allarmanti sotto il profilo contrattuale, rappresenta forse una delle nostre più sentite priorità. Infatti attualmente esistono evidenti debolezze insite nel sistema contrattuale ed emerge la chiara esigenza da un lato di renderlo sì adeguato alle necessità di un sistema economico specifico, ma dall'altro tenere debitamente conto delle pattuizioni con le parti sociali garantendo al lavoratore la dignità che gli spetta.
Purtroppo abbiamo vissuto una condizione di incompiutezza della normativa sul mercato del lavoro, forse in attesa che la parabola economica e sociale della nostra economia potesse porgere un riferimento analitico per portarlo a compimento. Oggettivamente mancano strumenti di protezione del lavoratore per chi non è ancora entrato nel mercato del lavoro e per chi non ha una posizione certa e stabile. Su questo aspetto alcuni esempi europei possono fornire un adeguato e virtuoso riferimento.
A proposito di garanzie di tutela di chi ancora non ha accesso al mercato del lavoro è bene ricordare a questa platea e a lei, Ministro, che esistono ulteriori criticità su cui nessun referente politico e istituzionale finora ha inteso mettere mano. Mi riferisco alle deprecabili e assurde dinamiche di accesso al lavoro nel contesto privato per i giovani laureati e non.
Allo stesso tempo siamo soddisfatti, onorevole Ministro, ricollegandomi a quanto evidenziato da lei nella precedente seduta di apprendere che il Governo sta predisponendo un riordino organico della disciplina in materia di lavoro attraverso l'emanazione di un apposito testo unico. Sono certo che alcune delle istanze sollevate dal gruppo Futuro e Libertà per l'Italia possano essere discusse in quella sede ed eventualmente recepite ed integrate tra le disposizioni.
Ritornando al provvedimento in esame, ricordiamo che è stato introdotto un rinnovato impianto normativo in materia di arbitrato di equità che tenga anche conto dei principi generali dell'ordinamento così come dei principi regolatori della materia inclusi quelli derivanti da obblighi comunitari. Come accennato, la valenza e l'autorevolezza del messaggio del Capo dello Stato, che ha evidenziato l'indispensabilità di un ampliamento della portata delle garanzie previste dal provvedimento, sono state un riferimento indifferibile. A seguito di tali evidenze, il provvedimento ha seguito un iter ben preciso in cui è stata tenuta in debito conto l'analisi secondo cui il momento, nel quale massima è la condizione di debolezza della parte che offre la prestazione di lavoro, è proprio la fase della costituzione del rapporto. Pag. 40
Da qui la disposizione che definisce la clausola compromissoria al momento dell'assunzione, un segnale chiaro di garanzia per il lavoratore. Con tale rinnovato approccio normativo appare chiaro che si è inteso innalzare il livello di garanzia per il lavoratore, oltre che chiaramente migliorare il sistema delle relazioni industriali.
In una valutazione d'insieme, le due Camere hanno svolto un lavoro egregio, che consente di guardare con fiducia anche al vaglio del Presidente della Repubblica, nella consapevolezza che il Parlamento ha saputo cogliere appieno il senso del suo messaggio di rinvio alle Camere, apportando i correttivi necessari.
In particolare, come si anticipava, sul tema della conciliazione e dell'arbitrato vi è la certezza di avere individuato uno strumento aggiuntivo a disposizione della contrattazione collettiva, pienamente rimesso all'autonomia negoziale. Si è quindi di fronte ad uno strumento che difficilmente può esser considerato come una sorta di macigno, che rischia di alterare il rapporto di forza tra lavoratore e datore di lavoro. Siamo certi quindi di trovarci dinanzi ad un provvedimento capace di riformare il mercato del lavoro, un mercato che necessita di impellenti rettifiche e cambiamenti, ma allo stesso tempo siamo consapevoli che questo è il primo passo verso una reale ristrutturazione normativa del comparto.
Per tali ragioni, mi preme preannunciare il voto favorevole del gruppo di Futuro e Libertà per l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, siamo di fronte ad un provvedimento che è arrivato alla settima lettura, tra l'altro perché il Presidente della Repubblica aveva e ha ritenuto di esporre in modo formale le sue riserve su alcuni aspetti contenuti nella normativa, riserve che erano sostanzialmente di incostituzionalità. In particolare, rispetto a tali osservazioni questo ramo del Parlamento aveva approvato un emendamento che statuiva che potessero essere devolute ad arbitrato solo le controversie insorte in costanza di rapporto di lavoro.
Succede invece che ci troviamo di fronte ad una lettura da parte del Senato che, di fatto, contrasta con quelle osservazioni che il Presidente della Repubblica aveva ritenuto di dover esporre, perché di fatto ritorniamo alla stessa situazione precedente, in quanto si rende possibile sottoscrivere la clausola arbitrale non solo in costanza del rapporto di lavoro, ma anche in momenti diversi. In più, il Senato introduce anche la facoltà di rimettere agli arbitri una decisione secondo equità. Anche qui il Presidente della Repubblica aveva fatto precise osservazioni, perché aveva ritenuto che questa clausola incidesse sulla stessa disciplina sostanziale del rapporto di lavoro, rendendolo - scrive il Presidente della Repubblica - estremamente flessibile anche in livello al rapporto individuale, poiché consentiva di fatto ad un collegio arbitrale di derogare alle disposizioni legislative.
Queste sono motivazioni sufficienti a rendere favorevole il voto dell'Italia dei Valori sulla questione pregiudiziale in esame (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare anche ai colleghi che hanno presentato la questione pregiudiziale che proprio nel lavoro in Commissione e in quello fatto nella precedente lettura alla Camera e al Senato sono stati recepiti appieno i rilievi mossi dal Presidente della Repubblica. Voglio sottolineare che proprio grazie ad emendamenti della Lega Nord si è andati a superare quella possibile - ripeto: possibile - posizione di debolezza del lavoratore al momento della firma della clausola compromissoria. Non a caso, infatti, nel disegno di legge sono state introdotte due novità non poco rilevanti. Pag. 41
Si tratta, precisamente, del fatto che la clausola compromissoria può essere firmata solo terminato il periodo di prova e, comunque, non prima di trenta giorni dall'inizio dell'attività lavorativa e, quindi, dalla firma del contratto.
Su questo punto, signor Presidente, siamo tranquilli, sia come maggioranza sia come Lega Nord Padania, sul fatto che la norma va a tutelare i lavoratori e, anzi, li tutela più e meglio di prima. Dico questo perché non vi saranno i casi nei quali le proprietà o comunque i grandi imprenditori - perché i piccoli imprenditori collaborano con il lavoratore - potranno utilizzare la via giudiziaria per ritardare la sentenza e, quindi, per mettere in difficoltà un lavoratore che non ha le capacità economiche per sostenere un lungo processo giudiziario. Chi ha intenzione di fare questo non potrà più andare avanti e percorrere questo tipo di strada con questa norma, perché il lavoratore godrà di una giustizia più veloce e in grado di fornire delle risposte anche in tempi consoni a quelli che un lavoratore deve potersi attendere in caso di controversia lavorativa. Comunque - e tengo a sottolinearlo - sono escluse le controversie legate a motivi di licenziamento.
Oltretutto mi domando - e rivolgo tale domanda ai presentatori - per quale motivo si inizi ogni discorso con il concetto che l'arbitro sia necessariamente una figura contro il lavoratore. Questo non credo che sia un sistema e un tipo di concezione del mondo del lavoro che possa produrre benefici al nostro sistema e al nostro Paese. Ma non è tutto. Le mie considerazioni sono avvalorate dal fatto che tutte le sigle sindacali, tranne una, hanno espresso parere favorevole sulla questione. Pertanto, se chi rappresenta i lavoratori (ossia la stragrande maggioranza delle sigle sindacali che, come ho detto prima, sono tutte concordi tranne una), esprime parere favorevole a una normativa di tal genere, mi domando come si possa pensare che tale normativa sia contro i lavoratori.
Infine, e con questo termino il mio intervento, signor Presidente, perché non voglio rubare troppo tempo all'Assemblea, mi chiedo anche perché si dica che il lavoratore sia sottoposto a una sorta di ricatto. Infatti, si dice che, concluso il periodo a tempo determinato, il lavoratore comincerebbe quello a tempo indeterminato solo se firma la clausola compromissoria. Se l'interesse delle parti - e, ripeto, credo che sia presente in grande misura anche l'interesse del lavoratore - sta nel fatto che la risoluzione della conflittualità lavorativa e della controversia di lavoro sia conclusa nel più breve tempo possibile mi domando perché il lavoratore dovrebbe trovarsi in uno stato di costrizione.
Ciò detto, signor Presidente, faccio presente che la norma è stata discussa più volte (questa è la settima lettura alla Camera). Invito, dunque, anche i colleghi a entrare nel merito della questione. Non si possono attribuire dei profili di incostituzionalità a una norma di questo tipo che ha rispettato pienamente i principi e anche il contenuto della lettera inviata alle Camere dal Presidente della Repubblica. Pertanto, per tali ragioni esprimo il voto contrario della Lega Nord Padania sulla questione pregiudiziale di costituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cazzola. Ne ha facoltà.
Testo sostituito con errata corrige volante
GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, il Popolo della Libertà voterà contro la questione pregiudiziale di costituzionalità giudicandola infondata, temeraria e scorretta. Infondata e temeraria sul piano giuridico e scorretta sul piano politico. Spiego il perché di questi giudizi. Si tenta di attribuire al messaggio del Capo dello Stato una motivazione surrettizia e, cioè, un'equazione inaccettabile che prevede che un messaggio del Capo dello Stato sia uguale a un'incostituzionalità del provvedimento, come se il Presidente della Repubblica avesse rilevato motivi di manifesta incostituzionalità nel provvedimento sottoposto alla sua promulgazione.
Vi è, quindi, nella promulgazione una forzatura del ruolo e del pensiero del Pag. 42Presidente della Repubblica. Una forzatura del ruolo, signor Presidente, perché l'articolo 74 della Costituzione riconosce al Capo dello Stato un potere discrezionale, limitandosi a chiedere soltanto che il messaggio di rinvio sia motivato. Inoltre, in nessun caso spetterebbe al Quirinale - e, quindi, a un Presidente della Repubblica corretto come il Presidente Giorgio Napolitano - un giudizio di costituzionalità di un atto del Parlamento. Ma vi è anche una forzatura del pensiero del Presidente Napolitano.
Qui sta la scorrettezza politica: quella di fondare la pregiudiziale di costituzionalità sul messaggio del Presidente della Repubblica. Il messaggio non afferma in nessun caso che l'A.C. 1441-quater è viziato di incostituzionalità nel suo complesso o in qualche suo articolo. I soli riferimenti significativi che vengono rivolti alla Costituzione riguardano l'articolo 31 in materia di arbitrato, ma si tratta di riferimenti solo indiretti. Il Presidente si limita a segnalare, sulla base della giurisprudenza della Consulta, «la illegittimità costituzionale delle norme che prevedono il ricorso obbligatorio all'arbitrato».
Credo, signor Presidente, che neppure i più ostinati avversari della norma arriverebbero mai a sostenere che si tratti di un arbitrato obbligatorio, dal momento che si è resa facoltativa persino la conciliazione laddove essa prima era obbligatoria. Noi abbiamo garantito - lo diceva il collega Fedriga nel suo intervento - l'effettiva volontarietà della sottoscrizione della clausola compromissoria all'atto dell'assunzione, come richiesto dal messaggio presidenziale.
Del resto, è bene che noi tutti ricordiamo che sarebbe singolare dibattere sulla incostituzionalità dell'arbitrato quando un intero titolo del codice di procedura civile (il titolo VIII) regola l'intera materia. Ecco perché, signora Presidente, noi voteremo contro la pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, il Popolo della Libertà voterà contro la questione pregiudiziale di costituzionalità giudicandola infondata, temeraria e scorretta. Infondata e temeraria sul piano giuridico e scorretta sul piano politico. Spiego il perché di questi giudizi. Si tenta di attribuire al messaggio del Capo dello Stato una motivazione surrettizia e, cioè, un'equazione inaccettabile che prevede che un messaggio del Capo dello Stato sia uguale a un'incostituzionalità del provvedimento, come se il Presidente della Repubblica avesse rilevato motivi di manifesta incostituzionalità nel provvedimento sottoposto alla sua promulgazione.
Vi è, quindi, nella pregiudiziale una forzatura del ruolo e del pensiero del Pag. 42Presidente della Repubblica. Una forzatura del ruolo, signor Presidente, perché l'articolo 74 della Costituzione riconosce al Capo dello Stato un potere discrezionale, limitandosi a chiedere soltanto che il messaggio di rinvio sia motivato. Inoltre, in nessun caso spetterebbe al Quirinale - e, quindi, a un Presidente della Repubblica corretto come il Presidente Giorgio Napolitano - un giudizio di costituzionalità di un atto del Parlamento. Ma vi è anche una forzatura del pensiero del Presidente Napolitano.
Qui sta la scorrettezza politica: quella di fondare la pregiudiziale di costituzionalità sul messaggio del Presidente della Repubblica. Il messaggio non afferma in nessun caso che l'A.C. 1441-quater è viziato di incostituzionalità nel suo complesso o in qualche suo articolo. I soli riferimenti significativi che vengono rivolti alla Costituzione riguardano l'articolo 31 in materia di arbitrato, ma si tratta di riferimenti solo indiretti. Il Presidente si limita a segnalare, sulla base della giurisprudenza della Consulta, «la illegittimità costituzionale delle norme che prevedono il ricorso obbligatorio all'arbitrato».
Credo, signor Presidente, che neppure i più ostinati avversari della norma arriverebbero mai a sostenere che si tratti di un arbitrato obbligatorio, dal momento che si è resa facoltativa persino la conciliazione laddove essa prima era obbligatoria. Noi abbiamo garantito - lo diceva il collega Fedriga nel suo intervento - l'effettiva volontarietà della sottoscrizione della clausola compromissoria all'atto dell'assunzione, come richiesto dal messaggio presidenziale.
Del resto, è bene che noi tutti ricordiamo che sarebbe singolare dibattere sulla incostituzionalità dell'arbitrato quando un intero titolo del codice di procedura civile (il titolo VIII) regola l'intera materia. Ecco perché, signora Presidente, noi voteremo contro la pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. L'onorevole Giorgio Conte ha chiesto di parlare per una precisazione sul suo intervento. Ne ha facoltà. La prego di essere breve.
GIORGIO CONTE. Signor Presidente, devo chiedere scusa a lei e all'Assemblea per un errore commesso. Si tratta, sostanzialmente, di un equivoco. Mi ero iscritto a parlare in dichiarazione di voto finale sul provvedimento, ero appena entrato in Aula, sono stato chiamato per intervenire e non mi ero accorto che eravamo ancora sulla pregiudiziale, per cui chiedo scusa anche ai colleghi, ma non mi ero iscritto a parlare sulla questione pregiudiziale.
Pertanto, oltre che confermare quanto detto prima e che ribadirò più tardi, preannuncio invece il voto contrario sulla pregiudiziale da parte del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia.
PRESIDENTE. Saluto una delegazione di cittadini di Musile di Piave accompagnati dal loro sindaco, il nostro collega Forcolin, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Passiamo ai voti. Prego i colleghi di prendere posto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale di costituzionalità Lenzi ed altri n. 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Agostini, onorevole Gregorio Fontana, Ministro Meloni, onorevole Drago, onorevole Lanzillotta, onorevole Soro, onorevole Forcolin (che è sceso dalla tribuna). I colleghi hanno votato?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 551
Maggioranza 276
Hanno votato sì 219
Hanno votato no 332
(La Camera respinge - Vedi votazionia
).
Prendo atto che il deputato Scarpetti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole. Pag. 43
Essendo stata testé respinta la questione pregiudiziale di costituzionalità Lenzi ed altri n. 1, passiamo ora al seguito dell'esame del disegno di legge n. 1441-quater-F.
(Esame degli articoli - A.C. 1441-quater-F)
PRESIDENTE. Avverto che a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, saranno posti in votazione esclusivamente gli articoli 2, 20, 31, 32 e 50, in quanto modificati dal Senato.
Non saranno pertanto posti in votazione i restanti articoli, che non sono stati modificati dall'altro ramo del Parlamento.
Avverto altresì che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-quater-F).
Ricordo inoltre che, a norma dell'articolo 123-bis, comma 3-bis, ultimo periodo, del Regolamento, gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi dichiarati inammissibili dalla Commissione non possono essere ripresentati in Assemblea (e - ove ripresentati - non sono pubblicati).
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
A tal fine, il gruppo Italia dei Valori ha segnalato gli emendamenti da porre comunque in votazione.
(Esame dell'articolo 2 - A.C. 1441-quater-F)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-quater-F).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, proprio sull'articolo 2 volevo dire che questo articolo del collegato non è uno di quelli oggetto di rinvio da parte del Presidente della Repubblica e non è stato modificato nel suo primo passaggio alla Camera dei deputati. Si è invece proceduto ad emendarlo al Senato per coordinarlo al contenuto del decreto-legge n. 78 del 2010, quindi si è trattato di un intervento medio tempore.
Con riguardo alle modifiche introdotte, praticamente al comma 1 è stato eliminato il riferimento dell'istituto per gli affari sociali in quanto l'articolo 7, comma 15, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto la soppressione dell'istituto ed il trasferimento delle relative funzioni all'ISFOL e al comma 1, lettera c), è stata soppressa la norma che attribuiva all'INAIL la competenza ad emanare, nel quadro dei richiamati indirizzi e direttive ministeriali, specifiche direttive all'ISPESL in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, in quanto l'articolo 7, comma 1, del citato decreto-legge n. 78 del 2010 ha soppresso l'ISPESL e ne ha attribuito le relative funzioni all'INAIL.
Quindi, a nostro avviso, l'articolo 2, su questa modifica, ha naturalmente delle incongruenze. Per noi era prioritario un altro contesto, comunque essendo stato emendato, noi su questo non siamo d'accordo.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Schirru 2.1
La Commissione ha formulato un invito al ritiro, perché è stato presentato su questa materia un ordine del giorno - ovviamente presentare gli ordini del giorno è un potere che hanno i singoli deputati e la mia è solo una conoscenza del problema e non un invito di nessun tipo - che a mio avviso potrebbe risolvere il problema. Ovviamente se si insiste per la votazione il parere è contrario.
PRESIDENTE. Il Governo?
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Schirru 2.1. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.
AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, intervengo per dire che non ritireremo questo emendamento, che voglio anche riepilogare ed illustrare, affinché nell'ambito dell'accorpamento dell'ISPESL nell'INAIL vengano adottate tutte le misure organizzative che debbono assicurare la specificità dell'ente, garantendogli, nel quadro delle direttive adottate dal Ministero del lavoro di concerto con il Ministero della salute, una legittima autonomia che si deve esplicare attraverso la funzione stessa che l'istituto ha avuto e deve mantenere in ambito tecnico-scientifico, valorizzando soprattutto tutto il personale competente già in servizio, compreso quello precario.
Voglio ricordare che ci siamo battuti contro l'assorbimento dell'ISPESL nell'INAIL, sottolineando da tempo la diversità delle funzioni svolte dai due enti in materia di sicurezza sul lavoro. Lo voglio ribadire: l'ISPESL è un organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale e delle autorità nazionali preposte alla sorveglianza del mercato sul controllo della conformità ai requisiti di sicurezza e salute dei prodotti e delle macchine messe a disposizione nei settori di produzione soprattutto della produzione industriale.
L'ISPESL è un centro di eccellenza nazionale, unico ente pubblico di ricerca in materia di salute e sicurezza sul lavoro, inserito in reti internazionali di altissimo livello che svolge funzioni fondamentali nel campo della ricerca, dell'innovazione tecnica, del controllo e dell'assistenza per la prevenzione degli infortuni sul lavoro in tutti i settori della produzione. Lo ripeto: stiamo parlando della grande industria, costruzioni, trasporti, agricoltura e artigianato. Si tratta di un ente solido in grado di autofinanziarsi: 35 milioni di euro, più del 60 per cento dello stanziamento che perviene dallo Stato ed ha il bilancio in attivo.
Abbiamo già ricordato in passato, ma lo voglio ripetere, come la sua eliminazione avrebbe prodotto un risparmio irrisorio di circa 426 mila euro, in confronto ad entrate proprie e soprattutto alle entrate di 18 milioni di euro di fondi attratti dall'Unione europea. In questo modo oggi si rende anche impossibile l'accesso a questi ingenti finanziamenti europei.
La mancata autonomia dell'ISPESL priverebbe, quindi, di fatto il Paese di una riconosciuta struttura tecnico-scientifica che ridurrà la competitività del nostro Paese nel campo della ricerca sulla salute e sulla sicurezza e non ci bastano le rassicurazioni che ci ha dato il ministro Sacconi durante i lavori della XI Commissione (Lavoro) sul fatto che siano già state date indicazioni per un assetto organizzativo diverso all'interno dell'INAIL.
PRESIDENTE. Onorevole Schirru, la prego di concludere.
AMALIA SCHIRRU. Ribadiamo con forza che tale autonomia venga rispettata paventando in ultima analisi il rischio di un possibile conflitto di interessi tra l'ISPESL e un futuro ente assicurativo, come è l'INAIL, preposto alla verifica dell'infortunio. Abbiamo la preoccupazione che aumentino la confusione e soprattutto quegli atteggiamenti di scaricabarile che purtroppo si registrano nell'ambito della sicurezza nei luoghi di lavoro soprattutto quando siamo in presenza di infortuni mortali.
PRESIDENTE. Onorevole Schirru, dovrebbe concludere...
AMALIA SCHIRRU. Per questi motivi - e concludo - auspichiamo che il nostro emendamento venga sostenuto e accolto dall'Assemblea limitando, quindi, in questo Pag. 45modo i gravissimi danni arrecati al mero assorbimento e trasferimento di risorse dell'istituto all'INAIL.
PRESIDENTE. La ringrazio...
AMALIA SCHIRRU. Chiediamo nell'ambito della riorganizzazione di quest'ultima il rispetto dell'autonomia dell'ente e il mantenimento dei posti di lavoro con un programma di stabilizzazione del personale...
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Schirru.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Schirru 2.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Mentre i colleghi raggiungono la propria postazione, ne approfitto per informare l'Assemblea che adesso si susseguiranno delle votazioni, quindi per l'economia dei nostri lavori è bene non allontanarsi troppo dall'Aula. Onorevoli Martino, Sbai, Soro...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 522
Votanti 485
Astenuti 37
Maggioranza 243
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 275).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Osvaldo Napoli, Calearo, Scilipoti, Di Virgilio, Golfo, Speciale ...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 522
Votanti 488
Astenuti 34
Maggioranza 245
Hanno votato sì 275
Hanno votato no 213).
(Esame dell'articolo 20 - A.C. 1441-quater-F)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 20 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-quater-F).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'articolo in esame reca disposizioni in materia di infortuni e di igiene del lavoro. In particolare, la disposizione, attraverso una supposta interpretazione autentica, intende escludere dall'applicazione dell'articolo interpretato non soltanto, come da esso espressamente previsto, il lavoro a bordo delle navi mercantili e degli aeromobili, ma anche il lavoro a bordo del naviglio di Stato, fatto salvo il diritto del lavoratore al risarcimento del danno eventualmente subito.
La supposta interpretazione serve per evitare che alle morti e alle lesioni subite dal personale imbarcato sui navigli militari e cagionate dal contatto con l'amianto possano continuare ad applicarsi, come invece sta accadendo in procedimenti attualmente pendenti davanti all'autorità giudiziaria, le sanzioni penali previste che sono escluse unicamente nei casi di morte o lesioni subite dal personale imbarcato sui navigli mercantili.
La Camera, nell'esame successivo al rinvio del disegno di legge da parte del Presidente della Repubblica, ha introdotto alcune modifiche al testo dell'articolato, che naturalmente sono note a tutti i colleghi Pag. 46di questo ramo del Parlamento. I dubbi del Capo dello Stato riguardavano nel merito le questioni problematiche connesse ai diritti del lavoratore e al risarcimento dei danni eventualmente subiti.
Infatti, pur affermando che al lavoratore spetta comunque il risarcimento, in assenza di disposizioni specifiche non rinvenibili nella legge che pongano a carico dello Stato un obbligo di indennizzo, il risarcimento del danno ingiusto è possibile esclusivamente in presenza di un danno doloso o colposo addebitabile a un soggetto individuato dall'articolo 2043 del codice civile, e qualora l'efficacia della norma generatrice di responsabilità sia fatta cessare con la conseguente non punibilità delle lesioni o delle morti cagionate sui navigli di Stato, non è più possibile individuare il soggetto giuridicamente obbligato a configurare ipotesi di dolo o colpa nella determinazione del danno.
Di fatto, per noi, queste previsioni sono rimaste uguali e, quindi, naturalmente non sono stati osservati i dubbi del Presidente, anche con le attuali modifiche.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti ed i docenti dell'Istituto tecnico commerciale «Oberdan», di Treviglio, e gli studenti dell'Istituto di istruzione superiore professionale e commerciale «Casagrande-Cesi», di Terni, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Nessun altro chiedendo di parlare sul complesso delle proposte emendative, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Signora Presidente, mi autorizza ad esprimere un parere su tutti gli emendamenti o devo esprimerlo uno per uno?
PRESIDENTE. Dovrebbe esprimere un parere su ognuno degli emendamenti, ad esclusione di quelli non segnalati, ossia sugli emendamenti Paladini 20.1, Porcino 20.2 e Villecco Calipari 20.6.
GIULIANO CAZZOLA, Relatore. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Paladini 20.1, Porcino 20.2 e Villecco Calipari 20.6. Faccio riferimento a quanto ho affermato in precedenza in merito alla possibilità di presentare ordini del giorno.
PRESIDENTE. Il Governo?
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori degli emendamenti Paladini 20.1, Porcino 20.2 e Villecco Calipari 20.6 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paladini 20.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Sposetti, Castagnetti, Colucci, Berardi, Misiti, Lo Monte...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 530
Votanti 496
Astenuti 34
Maggioranza 249
Hanno votato sì 213
Hanno votato no 283).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Porcino 20.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Di Caterina, Sposetti, Calearo Ciman, Simeoni, Sanga, Fioroni, Agostini, Calgaro, Di Girolamo...
Pag. 47Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 532
Votanti 499
Astenuti 33
Maggioranza 250
Hanno votato sì 215
Hanno votato no 284).
Prendo atto che il deputato Poli ha segnalato che non è riuscito a votare mentre avrebbe voluto astenersi.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Villecco Calipari 20.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villecco Calipari, alla quale ricordo che ha quattro minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, in questo momento vorrei ricordare che il provvedimento in esame ha subito un travagliato percorso, in particolare alcune norme, tra cui appunto quella contenuta nell'articolo 20, che dispone una depenalizzazione della responsabilità per il mancato rispetto delle disposizioni cautelative che vigevano sulla materia per garantire la sicurezza sul lavoro. L'articolo 20 è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica e non ci sembra che la riformulazione dello stesso, così come la maggioranza ha caparbiamente voluto riproporre, risponda alle osservazioni del Presidente Napolitano.
Tuttavia, voglio concentrarmi su quanto da noi proposto nel mio emendamento 20.6. Il testo che ci troviamo ad esaminare ha già avuto in gran parte, come abbiamo affermato, una doppia lettura: quindi, non è più modificabile e di questo ci rammarichiamo. Sia chiaro che il Governo e la maggioranza se ne assumono l'intera responsabilità.
Il risultato del nuovo testo è paradossale perché introduce il principio del diritto al risarcimento da parte di lavoratori che, a bordo del naviglio di Stato, possono aver contratto malattie asbesto-correlate. Nel periodo successivo, elimina qualunque responsabilità dal punto di vista penale determinando con ciò un impatto negativo sui processi che sono al momento in corso, processi nell'ambito dei quali centinaia di persone si sono costituite parte civile.
Nell'ultima parte stabilisce la possibilità, per i lavoratori che hanno contratto malattie per essere stati a contatto con l'amianto, di far valere il diritto al risarcimento in sede civile.
Evidentemente, tutto ciò dà luogo a un insieme di norme che affermano e negano contemporaneamente l'accesso al risarcimento in maniera semplice e lineare.
Vorrei invitare i colleghi a riflettere su cosa possa voler dire - per una persona che non ha una speranza di vita molto lunga, bensì molto limitata - dover ricorrere in sede civile, con i tempi che, come tutti sappiamo, regolano questi procedimenti.
Noi continuiamo a preoccuparci - questo dice il nostro emendamento - del dovere da parte dello Stato di garantire indipendentemente dai tempi della giustizia due cose essenziali: l'assistenza sanitaria e il risarcimento del danno subito. Ecco perché chiediamo che il diritto al risarcimento possa farsi valere anche in via amministrativa. È ormai accertato che a bordo di alcune unità del naviglio di Stato sono state usate fibre di amianto per coibentare e schermare dal calore gli impianti delle navi. Non dovrebbe essere difficile per il personale che è stato imbarcato su quelle navi - che per fortuna, ora non sono più in linea - dimostrare che è stato esposto al rischio di amianto, soprattutto laddove sono state eseguite lavorazioni senza le necessarie precauzioni. Ci si può avvalere come prassi ordinaria di documenti registrati a bordo, di prove testimoniali. Quindi, a questo punto, è ragionevole riconoscere la dipendenza delle patologie che si sono manifestate da causa di servizio e, conseguentemente, procedere garantendo l'accesso alle forme di tutela previste dall'ordinamento ordinario. Pag. 48
Sono costretta a ricordare all'Assemblea che ci siamo già impegnati precedentemente in questo senso ed è triste pensare oggi di dover riprendere quel discorso, già proposto all'Aula. Chiedo a tutti i colleghi di avere il coraggio di votare il nostro emendamento per rispetto di coloro che, a servizio del Paese, rischiano di trovarsi nella paradossale situazione che ho descritto. L'amianto c'era, la malattia c'è, tuttavia le responsabilità sono sparite, l'assistenza sanitaria e il risarcimento del grave danno subito sono tutt'altro che garantite (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Villecco Calipari 20.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Speciale, Calearo Ciman, Laganà Fortugno, Paladini, Tanoni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 529
Votanti 493
Astenuti 36
Maggioranza 247
Hanno votato sì 213
Hanno votato no 280).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 20.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Calearo Ciman, Sardelli, Letta, Menia, Bernini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 535
Votanti 498
Astenuti 37
Maggioranza 250
Hanno votato sì 284
Hanno votato no 214).
(Esame dell'articolo 31 - A.C. 1441-quater-F)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 31 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-quater-F).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.
NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, non abbiamo presentato alcun emendamento sulle norme modificate in ultima lettura al Senato, e, in particolare, neanche sul discusso articolo 31, perché le modifiche fin qui presentate al testo in esame ci consegnano oggi un disegno di legge sostanzialmente equilibrato e coerente con le finalità che intende perseguire.
In particolare, riteniamo che il motivo principale del fallimento del tentativo obbligatorio di conciliazione sia stato proprio nella sua obbligatorietà, che ha ingolfato di insorgenti controversie le commissioni di conciliazione presso le direzioni provinciali del lavoro.
Così modificato, il tentativo non sarà più obbligatorio ma diventa un'opportunità per risolvere una controversia in modo rapido, efficace e garantito.
Si è ampliata, inoltre, la platea dei soggetti che possono conciliare, abilitando, tra gli altri, gli ordini professionali.
Siamo convinti che le modifiche apportate all'istituto dell'arbitrato portino ad uno snellimento della procedura, senza essere causa di un sostanziale affievolimento della tutela giurisdizionale nel rapporto tra lavoratore e datore di lavoro.
Quindi, sugli emendamenti presentati all'articolo 31, il nostro voto sarà contrario e, sull'articolo 31, esprimeremo un voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Berretta. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE BERRETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non commetteremo l'ingenuità di guardare il dito e non la luna, e per questo faremo una valutazione, sia pur sintetica, del provvedimento nel suo complesso, perché il provvedimento nel suo complesso ci dà una cifra, la cifra della riduzione delle tutele, elemento che caratterizza tutti gli interventi in materia di lavoro.
Qui, però, c'è qualcosa di più e di diverso: l'attacco al fondamento del diritto del lavoro, come diritto diseguale perché regolamenta un rapporto diseguale, in quanto è differente la forza delle parti dell'accordo.
In sostanza, tutte le tutele vengono considerate alla stregua di ostacoli al libero dispiegarsi delle forze del mercato. A mio avviso questa, alla base di tutto, è la ragione per la quale per la prima volta nella storia repubblicana una legge in materia di lavoro è stata rinviata dal Presidente della Repubblica alle Camere. Un altro record negativo, tutto vostro.
Avremmo potuto cogliere quest'opportunità, onorevoli colleghi, per prendere fino in fino sul serio le indicazioni fornite dal Capo dello Stato, per rispondere ai bisogni di tanti lavoratori che più di altri soffrono oggi questa situazione di crisi: i lavoratori precari, le donne, i giovani, prevalentemente meridionali.
Come ha detto l'onorevole Conte, volontariamente o involontariamente, prima, nell'ambito della dichiarazione che ha reso sulla questione pregiudiziale, sono tanti i lavoratori caduti nella trappola della precarietà insieme alle imprese e all'economia italiana.
Invece non è andata così. Il Ministro Sacconi e la maggioranza di centrodestra non hanno ritenuto utile, anzi ci hanno spiegato che sarebbe superfluo, affrontare questo tema.
Nel documento «Liberare il lavoro per liberare i lavori» viene affermato che il sistema degli ammortizzatori sociali in Italia è stato reso equo, che il Governo ha già fatto tutto, che non c'è più nulla da fare, e che l'obiettivo di rendere il lavoro libero dall'insicurezza è già stato conseguito.
A nostro avviso, non è così. C'è molto da fare a tutela di quei lavoratori che hanno perso l'occupazione, che rischiano di perderla - occupazione precaria o meno che fosse - o più semplicemente che non la trovano. Si tratta prevalentemente di giovani, donne e meridionali che oggi rischiano di perdere una speranza, una speranza in un futuro diverso.
Ritornando all'articolo 31, ricordo che questa norma è stata modificata dalla Camera dei deputati nella scorsa lettura, introducendo il principio in base al quale solo in seguito all'insorgenza della controversia le parti avrebbero potuto decidere di devolvere agli arbitri la risoluzione della questione. Tale formula, equilibrata, seria e coerente con le indicazioni provenienti dal Presidente della Repubblica, è stata modificata. Essa era l'unica che garantisse davvero la libertà del lavoratore e la volontarietà nell'accesso all'arbitrato, come strumento di risoluzione alternativa delle controversie, e non come strumento unico di risoluzione delle stesse.
Tale norma è stata ulteriormente modificata dal Senato con l'inserimento della facoltà per le parti di devolvere agli arbitri le eventuali controversie nascenti dai rapporti di lavoro. Una norma siffatta non costituisce un'alternativa, ma un modo per porre il lavoratore di fronte alla scelta tra la borsa o la vita, tra la tutela dei propri diritti e il mantenimento dell'occupazione.
I nostri emendamenti - e non sono pochi - sono tutti finalizzati al ripristino dell'effettività della libertà di scelta, in ossequio all'articolo 24 della nostra Costituzione repubblicana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paladini al quale ricordo che ha sei minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo esaminando Pag. 50l'articolo principale sul quale si sono incentrati i dubbi del Presidente della Repubblica. L'articolo consta di 16 commi, ma il riferimento particolare che fa il Presidente Napolitano è ai commi 5 e 9. Qui viene ridisegnata la sezione del codice di procedura civile recante le disposizioni generali in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali di lavoro (articoli dal 409 al 412-quater).
In estrema sintesi, l'articolo in questione modifica le disposizioni sul tentativo di conciliazione e sull'arbitrato nelle controversie individuali di lavoro (articoli 409 e 412-quater del codice di procedura civile), introducendo varie modalità di composizione delle controversie di lavoro alternative al ricorso al giudice, e il tentativo di conciliazione, attualmente obbligatorio, è trasformato in una fase meramente eventuale.
Si apportano, inoltre, una serie di modifiche al decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003 dirette a rafforzare le competenze delle commissioni di certificazione dei contratti di lavoro. Ai dubbi che aveva espresso il Presidente della Repubblica - il primo, essere pienamente coerenti con la volontarietà dell'arbitrato, e il secondo, assicurare un'adeguata tutela del contribuente debole - è stato risposto, lo abbiamo visto, prevedendo un unico strumento per le controversie. Oltretutto, entrambi questi principi sono costantemente affermati in numerose pronunce della Corte costituzionale e della Cassazione, alcune delle quali sono richiamate dal Presidente della Repubblica proprio nell'articolato.
Alcune norme sono certamente incostituzionali, tra cui quelle che prevedono il ricorso obbligatorio all'arbitrato, poiché solo una concorde volontà delle parti può consentire deroghe al fondamentale principio di statualità ed esclusività della giurisdizione (articolo 102, comma 1, della Costituzione); altre violano il diritto di tutti i cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi (articoli 24 e 25 della Costituzione); altre ancora, con riferimento ai rapporti nei quali sussiste un evidente e marcato squilibrio di potere contrattuale tra le parti, non garantiscono l'effettiva volontarietà delle negoziazioni e delle eventuali rinunce, ancora una volta con speciale riguardo ai rapporti di lavoro e alla tutela dei diritti del lavoratore in sede giurisdizionale.
Concludo, dicendo che, con questo articolo e con questo modello, così com'è stato presentato, abbiamo visto come volete affrontare il tema della libertà del lavoratore, dell'occupazione e del precariato.
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo Cingolani di Montecassiano, provincia di Macerata, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sulle proposte emendative riferite all'articolo 31.
GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutti gli emendamenti sull'articolo 31.
PRESIDENTE. Il Governo?
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Prima di passare ai voti, saluto la delegazione di parlamentari dell'Assemblea della provincia di Santa Fe in Argentina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paladini 31.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli D'Antona, Garavini, Madia, Scandroglio, Cambursano, Ferranti, Giulietti, Adornato... Pag. 51
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 530
Votanti 527
Astenuti 3
Maggioranza 264
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 319).
Prendo atto che le deputate Argentin e Zampa hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Porcino 31.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Calearo Ciman, Casini, Sardelli, Oliverio, Damiano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 531
Votanti 527
Astenuti 4
Maggioranza 264
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 319).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Porcino 31.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Calearo Ciman, Sardelli, Scalia, Granata, Minardo, Paolo Russo, Buttiglione, Lulli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 534
Votanti 530
Astenuti 4
Maggioranza 266
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 321).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paladini 31.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Della Vedova, Cassinelli, Granata, Damiano, Motta, Calearo Ciman, Cesario...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 538
Votanti 532
Astenuti 6
Maggioranza 267
Hanno votato sì 213
Hanno votato no 319).
Prendo atto che il deputato Tortoli ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paladini 31.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Mazzuca, Cassinelli, D'Anna, Agostini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 537
Votanti 533
Astenuti 4
Maggioranza 267
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 323).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paladini 31.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Della Vedova, Granata, Calearo Ciman, Farina Coscioni, Grassi, Margiotta, Nizzi, Vegas, Cicchitto...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 539
Votanti 535
Astenuti 4
Maggioranza 268
Hanno votato sì 212
Hanno votato no 323).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Porcino 31.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Di Caterina, Bossa, Fassino, Damiano, Baretta, Trappolino...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 541
Votanti 538
Astenuti 3
Maggioranza 270
Hanno votato sì 213
Hanno votato no 325).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Damiano 31.8.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Codurelli. Ne ha facoltà, per quattro minuti.
LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, questo - come è già stato più volte sottolineato da chi è intervenuto in precedenza - è un articolo che contrastiamo sulla base di motivazioni importanti ed anche gli emendamenti vanno in questo senso. Infatti, proprio su tale punto è intervenuto il Presidente Napolitano ma rispetto alle questioni da lui poste non sono state assolutamente apportate modifiche in termini sostanziali, mentre le riscritture creano ulteriori problemi di ambiguità, per cui viene messa in discussione la reale volontarietà della scelta dell'arbitro e della rinuncia al giudice da parte del lavoratore.
Essendo stata respinta proprio la proposta emendativa del PD approvata alla Camera nel corso della precedente lettura, la disposizione di legge non è a tutela dei diritti fondamentali del lavoratore e della lavoratrice, lasciando in questo senso invece all'arbitrio dell'interpretazione l'applicazione della norma del contratto di lavoro.
L'emendamento in discussione, che chiediamo all'Aula di votare, prevede di inserire la parte in cui si dispone che il lavoratore, nel momento della nascita della controversia, possa fare o meno la scelta dell'arbitrato. Solo in quell'occasione può trattarsi infatti di una scelta condivisa, libera, come invece precedentemente non potrebbe essere. Anche le schede di lettura, che invito tutti i colleghi a visionare, affermano apertamente che l'attuale previsione creerebbe ulteriori conflitti, incomprensioni, e non aiuterebbe assolutamente, in questo senso, a semplificare la norma del processo. Addirittura, poi, esso verrebbe ulteriormente allungato.
Ecco perché di fronte ad una non trasparenza, ad una redazione non chiara, a una mancanza di tutela dei lavoratori (mentre nel provvedimento in esame sono state operate delle scelte tragiche, non a detta dalla sottoscritta ma a detta del senatore Treu al Senato nel momento della votazione), noi riteniamo importante che l'emendamento che viene messo adesso in votazione sia approvato, per garantire la scelta al lavoratore in un momento di difficoltà reale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Pag. 53
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 31.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Damiano, Martini e Scandroglio.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 521
Votanti 518
Astenuti 3
Maggioranza 260
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 312).
Prendo atto che la deputata Negro ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario e che l'onorevole Razzi ha segnalato non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Damiano 31.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gatti. Ne ha facoltà.
MARIA GRAZIA GATTI. Signora Presidente, vi chiederò di votare alla fine a favore dell'emendamento in esame, perché bisognerebbe togliere quanto di ideologico è nella posizione del Governo. Nessuno è contrario all'arbitrato: tutti pensiamo che più di 2 milioni di processi del lavoro sono un numero esorbitante, e pensiamo che 3 anni e 4 mesi di durata media del processo per arrivare a sentenza sia un tempo troppo lungo.
È per questo che riteniamo che una via alternativa possa anche essere una soluzione. Allo stesso tempo, noi pensiamo che la via maestra sarebbe creare una corsia preferenziale vera per i processi del lavoro, accelerare una serie di procedure, dividere i processi del lavoro da quelli della previdenza, che sono anche una percentuale molto alta dei processi in corso. Nelle varie letture del provvedimento, avevamo anche presentato emendamenti in tal senso, ma il Governo ci ha risposto di no.
Arriviamo quindi all'arbitrato. Nessuno di noi è contrario all'arbitrato, però noi pensiamo che esso debba essere libero e volontario. Facciamo un esempio: Santoro ha chiesto l'arbitrato, Masi gli ha detto di no.
In questo caso c'è stata una richiesta libera e una scelta volontaria da parte dell'azienda di non adire all'arbitrato. Vi chiedo: qual è questa grande difficoltà per cui non si debba riconoscere al lavoratore o all'azienda il diritto al ripensamento? In questo senso si pone l'emendamento che abbiamo presentato. Si dice esplicitamente: dopo le parole «all'atto della sottoscrizione della clausola compromissoria» aggiungere le seguenti: «e, successivamente, anche al momento dell'insorgere della controversia» (libertà, possibilità di licenziamento, volontarietà).
Il punto è che le parti in questo rapporto hanno potere diseguale (questo è il fondamento del nostro diritto del lavoro), e allora non possiamo fare un'azione di costrizione. Bisogna assolutamente garantire libertà e volontarietà. Non mi si venga a dire che la volontarietà e la libertà sono quelle che si esercitano finito il periodo di prova per un lavoratore che, per esempio, lavora in una piccola impresa e che avrà una vita veramente grama, se decide di rispondere di no al datore di lavoro, oppure - dopo 30 giorni di contratto - per i lavoratori che hanno i contratti a termine o i contratti a progetto, per cui se decidono di non delegare all'arbitro la risoluzione delle controversie difficilmente vedranno confermati i loro rapporti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 31.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole D'Anna, onorevole Sardelli, onorevole Fogliardi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 526
Votanti 521
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 311).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Damiano 31.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampi. Ne ha facoltà.
ELISABETTA RAMPI. Signor Presidente, come abbiamo avuto modo di argomentare in modo circostanziato durante la discussione sulle linee generali e nella giornata di oggi, riteniamo il disegno di legge un provvedimento sbagliato e con profili di incostituzionalità. Non introduce alcun intervento efficace per il mercato del lavoro, capovolge le regole e non affronta i problemi reali; soprattutto tende a minare le tutele fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori di questo Paese, e a indebolire il sindacato e il ruolo della magistratura. Non a caso è stato definito una vera e propria controriforma.
Questo emendamento riguarda l'articolo 31, che ridisegna - come è noto - le norme del codice di procedura civile recanti le disposizioni generali in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie di lavoro, ed è stato oggetto di rilievi importanti da parte del Capo dello Stato, che - come è stato ricordato - ha rinviato alle Camere il collegato con messaggio motivato ai sensi dell'articolo 74 della nostra Costituzione, sottolineando l'esigenza di una tutela più intensa.
Il messaggio, infatti, evidenzia la necessità di introdurre dei correttivi che garantiscano l'attuazione dei principi di volontarietà dell'arbitrato e di tutela del contraente debole. Dobbiamo rilevare con rammarico che il nuovo testo non accoglie i rilievi mossi dal Presidente della Repubblica. Sono state fatte sostanzialmente operazioni di restyling ed è stata lasciata inalterata la sostanza.
Eravamo riusciti grazie all'approvazione di un nostro emendamento - proprio qui alla Camera - a porre in essere un correttivo importante in materia di arbitrato, prevedendo due distinti momenti di adesione: prima che insorgesse la lite il lavoratore avrebbe dovuto firmare la clausola compromissoria, e in seguito, e solo dopo l'insorgenza della lite, avrebbe potuto scegliere se confermare o meno la volontà di deferire la controversia agli arbitri.
In questo modo si sarebbe potuta accertare l'effettiva volontà di deferire la controversia agli arbitri e corrispondere pienamente a quanto richiesto dal Capo dello Stato. Il lavoratore, infatti, - ricordiamolo - rappresenta la parte debole rispetto al potere che può esercitare il datore di lavoro e la legge ha il dovere di tutelarlo, ma, come sappiamo, a seguito delle modifiche apportate dalla maggioranza al Senato, è stato ripristinato il testo previgente negando la libera scelta al lavoratore e costringendolo ad abdicare ai diritti futuri.
Il nostro emendamento tende a restituire al lavoratore un minimo di possibilità di scegliere e, nella logica dell'affermazione del principio di libertà di scelta, cerca di formulare un testo un po' più rispettoso dei diritti e della dignità del lavoratore nella pura logica della riduzione di un danno che sappiamo è, comunque, evidente e persiste. Chiedo, dunque, di rivedere il parere e all'Assemblea di tener conto di questo intervento e, conseguentemente, di votare favorevolmente al nostro emendamento, per ridare più dignità al diritto del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 31.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Calearo Ciman... onorevole D'Antona... onorevole Bernini Bovicelli... Pag. 55onorevole Aprea...onorevole D'Anna... onorevole Cesa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 528
Votanti 523
Astenuti 5
Maggioranza 262
Hanno votato sì 212
Hanno votato no 311).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Damiano 31.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miglioli. Ne ha facoltà.
IVANO MIGLIOLI. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, l'emendamento riguarda la cosiddetta clausola compromissoria e, nello specifico, le commissioni di certificazione che sono deputate ad accertare l'effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le eventuali controversie nascenti nel rapporto di lavoro. Ho sentito, ancora ieri, il Ministro Sacconi e il relatore, onorevole Cazzola, ripetere il mantra che vanno dicendo da oltre due anni e cioè che chi è per questo arbitrato è riformista, è al passo con i tempi, chi è contro è, invece, conservatore, vecchio; chi è per questo arbitrato è innovatore e chi è contro è conservatore. Ve l'abbiamo detto decine di volte, in Commissione e in Aula e nel corso di questa ulteriore lettura ve lo abbiamo ripetuto ancora una volta: siamo anche noi entrati nel nuovo secolo, nel XXI d.C., e siamo favorevoli ad introdurre, anche per il diritto del lavoro, la possibilità, l'eventualità, di ricorrere all'arbitrato, così come avviene in altri Paesi. Così come avviene in altri Paesi, infatti, il ricorso all'arbitrato deve essere una scelta, un'opportunità, un'eventualità, a cui si ricorre liberamente.
Non ho bisogno di ricordare né al Ministro né all'onorevole Cazzola che tutta la legislazione sul lavoro si è sviluppata nel nostro Paese nella considerazione che nel rapporto del lavoro tra lavoratore e datore di lavoro vi è una differenza, vi è una parte più debole e, per questo, per sottrarre il più debole al rischio di dover subire clausole contrattuali inique e non volute, la legislazione sul lavoro ha definito una serie di diritti cosiddetti indisponibili in quanto né un soggetto collettivo, il sindacato, né il lavoratore potrebbe rinunciarvi proprio perché connaturati alla dignità della persona umana e alla natura del contratto di lavoro.
Ebbene qui sta la differenza tra noi e voi. Resoconto parlamentare, seduta del 14 aprile 2010, Commissione lavoro: «la naturale evoluzione del diritto del lavoro sta nel graduale avvicinamento al diritto commerciale». È una frase del relatore, onorevole Cazzola. Il 2 aprile 2010, il relatore commentando la lettera del Presidente della Repubblica dice: «è l'idea del lavoratore considerato contraente debole del rapporto che contribuisce ad ingessare il diritto del lavoro finendo per trattare il prestatore stesso come un eterno minus habens incapace per legge di disporre di sé e dei propri diritti». Vorrei rivolgere all'Assemblea una domanda. Nel momento in cui una donna o un uomo offre il suo tempo, la sua fatica, la sua intelligenza e ha bisogno - ripeto: ha bisogno - di lavorare perché ha bisogno di un salario per vivere - è nella stessa condizione del datore di lavoro? E il giovane, quell'uomo, quella donna che viene assunto con un contratto a tempo determinato e parliamo di sette assunzioni su dieci, con un contratto che scade dopo tre mesi, dopo sei mesi, è nella stessa condizione del datore di lavoro?
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,30)
IVANO MIGLIOLI. E la giovane donna che ha un figlio da mantenere, da mandare a scuola nel momento in cui il datore di lavoro propone di ricorrere all'arbitrato e non al giudice è libera di decidere? E il disoccupato è libero di decidere?
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Miglioli.
Pag. 56
IVANO MIGLIOLI. Ricordo a tutti noi cosa dice la Costituzione, nell'articolo 36: «il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge».
Con questa scelta noi non garantiamo la libertà, il diritto dei lavoratori di scegliere liberamente se accedere o meno all'arbitrato.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 31.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Duilio... onorevole Girlanda... onorevole Granata... onorevole Castellani... onorevole Abrignani... onorevole Damiano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 520
Votanti 517
Astenuti 3
Maggioranza 259
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 309).
Prendo atto che il deputato Mecacci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 31.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Granata... onorevole Calearo Ciman... onorevole Cesa... onorevole Lo Monte... onorevole Castagnetti... onorevole Mondello... onorevole De Girolamo... onorevole Garavini... onorevole Bersani...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 521
Votanti 516
Astenuti 5
Maggioranza 259
Hanno votato sì 206
Hanno votato no 310).
Prendo atto che il deputato Barbato ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 31.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Barbato... onorevole Migliori... onorevole Cristaldi... onorevole De Girolamo... onorevole Veltroni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 526
Votanti 521
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 313).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 31.14, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Migliori? Onorevole Peluffo? Onorevole Damiano? Onorevole Sardelli? Onorevole Razzi? Onorevole Portas? Onorevole Cesario?
Dichiaro chiusa la votazione. Pag. 57
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 523
Votanti 518
Astenuti 5
Maggioranza 260
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 309).
Prendo atto che il deputato Fava ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Damiano 31.15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bobba. Ne ha facoltà.
LUIGI BOBBA. Signor Presidente, non ci stancheremo di ripeterlo anche e in particolare a coloro che vogliono affibbiarci l'etichetta di essere contro l'arbitrato: non siamo contro l'arbitrato, ma vogliamo regolarne in modo chiaro ed efficace, attraverso la legge, le modalità, i limiti e i tempi. Vogliamo che questo strumento diventi un'effettiva via di modernizzazione del diritto del lavoro e, dall'altro lato, accelerare i tempi dei conflitti di lavoro che, come è noto, sono alquanto lunghi.
Ebbene l'emendamento in esame ha che fare con quanto era accaduto qui alla Camera quando abbiamo effettuato la terza lettura ed è stato approvato un emendamento dell'onorevole Damiano che modificava radicalmente la normativa relativa alla clausola compromissoria, la quale prevedeva che la sottoscrizione di questa stessa clausola non avvenisse al momento della stipulazione del contratto, cioè nel momento di maggiore debolezza contrattuale del lavoratore, ma solo dopo l'insorgenza della controversia. Era chiaro che era una modifica orientata a garantire la libertà del lavoratore di scegliere in qualsiasi momento tra il ricorso all'arbitrato e il ricorso alla magistratura ordinaria. Quell'emendamento sostanzialmente recepiva quanto indicato nel suo messaggio dal Presidente della Repubblica, che richiamava l'effettiva volontarietà da parte del lavoratore nel ricorso all'arbitrato e l'effettiva tutela della parte più debole nel contratto di lavoro e cioè del lavoratore. In un certo senso, anzi in modo più che appropriato, l'emendamento Damiano costituiva proprio questo argine ad una possibilità che il lavoratore, dovendo sottoscrivere la clausola compromissoria nel momento più debole, cioè quando in qualche modo inizia il suo rapporto di lavoro, venga in un certo senso costretto o orientato nella sua stessa volontà. Ecco perché credo che l'emendamento in esame sia un modo di ricostituire sia questa volontarietà sia la tutela dello stesso lavoratore.
Come ha detto la mia collega Cinzia Capano: perché voler compromettere le controversie future ed eventuali su un diritto che non è ancora sorto? Perché insomma non dare al lavoratore questa possibilità di libertà di scelta, in modo che vi sia un equilibrio effettivo tra le parti in causa? Voi che vi richiamate al principio della libertà (partito della libertà), non vedo come possiate negare questa libertà di scelta del lavoratore come elemento essenziale della sua tutela (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 31.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Damiano? Onorevole Vannucci? Onorevole Sardelli? Onorevole Cosentino? Onorevole Granata?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 518
Votanti 515
Astenuti 3
Maggioranza 258
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 310).
Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Damiano 31.16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosca. Ne ha facoltà.
ALESSIA MARIA MOSCA. Signor Presidente, questo emendamento è finalizzato a ripristinare l'esatta formulazione che era stata approvata da questa Camera nel corso della passata lettura del provvedimento che abbiamo oggi in esame e che è stata di nuovo modificata nel corso della stessa lettura al Senato. Su questo punto dell'arbitrato si è dibattuto approfonditamente ma ancora non siamo, a nostro avviso, arrivati a una soluzione che possa essere soddisfacente. La questione dell'arbitrato è, infatti, così delicata perché rischia di interferire con i diritti fondamentali, se non ben regolata. L'intervento proprio su questo punto del Capo dello Stato ha determinato che qualche passo avanti fosse compiuto. Tuttavia, l'ultima formulazione emersa dal Senato richiede, a nostro avviso, un'ulteriore modifica.
Siamo tutti convinti della necessità di alleggerire e snellire la macchina della giustizia ma questo non può essere fatto a discapito della tutela dei diritti fondamentali. Una cosa, infatti, è dire che si vogliono alleggerire le procedure giudiziarie e far sì che l'istituto dell'arbitrato venga utilizzato molto di più di quanto oggi non sia utilizzato, altra cosa è, però, consentire che l'arbitro possa decidere non rispettando norme inderogabili del diritto del lavoro. In altri termini, una cosa è dire di favorire l'arbitrato, cosa sulla quale siamo d'accordo, altra è consentire che l'arbitrato annulli, di fatto, i diritti fondamentali dei lavoratori. Ciò preoccupa di più in una fase di crisi che pone - ed è inutile negarlo - il lavoratore in una situazione di ulteriore debolezza.
Il Presidente Napolitano, intervenendo su questo punto, ha chiesto espressamente che si garantisse la libera volontà dei lavoratori. Alla Camera era stato compiuto un passo in avanti con l'approvazione in Aula di un emendamento del Partito Democratico, passo avanti che è stato cancellato con la successiva lettura al Senato. Il nostro emendamento prevedeva e prevede che potessero essere devolute ad arbitri solo le controversie insorte nel corso del rapporto del lavoro. Il Senato, invece, ha ripristinato la formula precedente, ossia una disposizione che rende possibile sottoscrivere la clausola arbitrale non solo in costanza del rapporto di lavoro, nel momento in cui insorge la controversia, ma nella fase successiva, finito il periodo di prova, anche per controversie nascenti, cioè quelle future rispetto alla sottoscrizione del contratto. Questa formulazione, a nostro avviso, lede la fondamentale libertà di scelta del lavoratore, richiamata da Napolitano nelle sue osservazioni al provvedimento e, pertanto, per nostra parte, non è accettabile. In altri termini, la formulazione così proposta pone il lavoratore in una posizione di estrema debolezza.
Siamo giunti alla settima lettura di questo provvedimento e ci rendiamo conto che sia sempre più urgente arrivare a una conclusione di questo iter che sembra sempre più infinito. Tuttavia, riteniamo che su questo punto vi debba essere una responsabilità di tutti affinché si possa giungere a una formulazione che sia quanto più giusta e corretta possibile. Pertanto, invito a fare in modo che quest'Assemblea, così come nella passata lettura, possa essere sovrana nel migliorare un testo che nella formulazione attuale rischia di essere ancora troppo azzardato per i lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 31.16, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Giammanco, Miglioli, Pili, Golfo, Aprea, Di Virgilio, Ravetto, Duilio...ci siamo? Pag. 59
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 516
Votanti 513
Astenuti 3
Maggioranza 257
Hanno votato sì 203
Hanno votato no 310).
Passiamo alla votazione dell'articolo 31.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.
CESARE DAMIANO. Signor Presidente, Ministro, colleghi, noi voteremo contro questo articolo, perché continuiamo ad avere una profonda convinzione: che con questo articolo e con il collegato lavoro si diminuiscano le tutele dei lavoratori. Abbiamo sentito in Commissione da parte del relatore e del Ministro l'intenzione che si sta manifestando in questa Aula di blindare questo provvedimento e lo capisco, anche perché è un precedente - su questo ritornerò - che vi sta indubbiamente a cuore.
Avete cancellato una norma - è stato più volte richiamato - che era stata approvata dalla Camera nella precedente lettura. Si trattava di un emendamento del Partito Democratico che introduceva un concetto semplice, lapalissiano, normale, ossia la possibilità della libera scelta tra arbitro e magistrato ordinario.
Infatti, lo ribadisco, noi non siamo contro l'arbitrato; siamo affinché l'arbitrato sia frutto di una libera scelta del lavoratore e che non sia surrettiziamente imposto, che non sia una scelta che si fa a priori anche quando si può presumere che nel corso di una lunga attività di lavoro non ci sia bisogno di avere arbitro perché non c'è contenzioso.
Qualcosa è stato cambiato perché i rilievi del Presidente della Repubblica erano cogenti e non si poteva fare a meno di considerarli. All'inizio - lo voglio ricordare - la norma prevedeva la sottoscrizione della clausola addirittura al momento dell'assunzione e questa era una plateale violazione di un codice del lavoro che ricorda come non solo in quel momento, ma nel corso del rapporto di lavoro ci sia un una condizione di debolezza e di inferiorità del lavoratore. Poi è stato spostato a dopo la prova, ma questo non basta.
Tuttavia, quello che credo si debba ricordare, e che dovremo considerare anche in futuro, è che si forma un collegio arbitrale secondo equità e allora la domanda è questa: al di là di un cambiamento, anche questo non sufficiente, che ha tolto l'intervento sulla cosiddetta questione del licenziamento, questo collegio potrà derogare le leggi ed i contratti.
Questo vuol dire che si peggioreranno le leggi e i contratti esistenti e questa sarà una questione profonda della quale i lavoratori si accorgeranno e alla quale dovranno guardare con grande attenzione. Credo vi sia una spiegazione politica molto semplice per la quale il Ministro e il Governo vogliono concludere questo iter - che ha avuto un andamento tormentato - e la questione è questa: la norma è un apripista.
Infatti, nessuno nasconde il fatto - ci è stato già detto - che il prossimo passo sarà lo statuto dei lavori. Questo è un antipasto, perché lo statuto dei lavori che sta preparando il Ministro Sacconi farà della logica della derogabilità delle leggi e dei contratti il nuovo architrave della legislazione del lavoro e questo è il punto grave che dovete comprendere e del quale dovrete rendere conto nei confronti dei lavoratori e della legislazione del lavoro.
Concludo sulla debolezza di un'argomentazione. In Commissione ho sentito l'onorevole Cazzola - gli ho detto che avrei fatto una replica su questo punto - chiedere che cosa cambia, poiché in fondo con la sottoscrizione della clausola dopo il periodo di prova, o dopo uno, due o tre anni, il datore di lavoro - questa è stata l'espressione - prenderà a braccetto il lavoratore e lo convincerà.
No, onorevole Cazzola.
Perché dopo due, tre o quattro anni, nel caso in cui vi sia un contenzioso Pag. 60(infatti, ribadiamo che la clausola può valere quando vi è un contenzioso e non quando esso è potenziale), in quel momento, il lavoratore che ha conosciuto la sua comunità aziendale, che all'inizio non conosce i sui diritti e poi li perfeziona, sarà consapevole, sarà forte e sarà di fronte ad un contenzioso che lo rende libero di scegliere. Ciò non avviene con la norma che volete approvare!
La nostra battaglia per il lavoro continua e temo che i fatti ci daranno ragione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 31.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Saltamartini, Calearo Ciman, Mazzuca, Santelli, Peluffo, Farina Coscioni, Calderisi, D'Antoni, D'Ippolito Vitale...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 516
Votanti 513
Astenuti 3
Maggioranza 257
Hanno votato sì 303
Hanno votato no 210).
(Esame dell'articolo 32 - A.C. 1441-quater-F)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 32 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-quater-F).
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Berretta, al quale ricordo che ha cinque minuti di tempo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE BERRETTA. Signor Presidente, l'articolo 32 dal titolo: «Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato» costituisce la riprova di una sorta di accanimento nei confronti dei lavoratori precari che questo provvedimento rappresenta. Esso, infatti, prevede un termine di decadenza breve per l'instaurazione del contenzioso nelle controversie in materia di licenziamento ed estende questo regime caratterizzato dalla brevità del termine assegnato per l'instaurazione del contenzioso ad una serie di fattispecie, a detta del Governo, assimilabili al licenziamento.
In prima battuta, ritengo utile ricordare il fatto che, in sede di audizioni, numerose organizzazioni sindacali (tra cui la CISL, la CGIL e la stessa UIL) rilevarono il fatto che questo regime, esteso anche al caso della inefficacia del licenziamento, fosse incompatibile con un'effettiva tutela del lavoratore. Il caso dell'inefficacia è il caso del licenziamento orale, per fare un esempio, e comunque per tutti quei casi in cui il licenziamento è privo della forma richiesta dalla legge.
Nella nuova versione, nella nuova formulazione, la norma parla genericamente di invalidità del licenziamento. L'invalidità può essere tale per ragioni di forma e per ragioni di sostanza. Sostanzialmente - scusate il gioco di parole - la formulazione attuale non risolve il problema che era stato posto dalle organizzazioni sindacali, prevede per tutti i casi di licenziamento indistintamente un termine decadenziale breve incompatibile con la fattispecie del licenziamento orale che più volte è stata sollevata.
Tale regime - che, peraltro, è un regime, lo ripeto, particolarmente negativo per il lavoratore perché viene sottoposto ad un termine decadenziale, una vera e propria tagliola giudiziale - si applica a casi paradossali, ad esempio al caso in cui il licenziamento presupponga la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto. Questa formula, volendola parafrasare, dice in maniera mirabile che il termine di decadenza si applica anche ai licenziamenti (che, in verità, licenziamenti Pag. 61non sono) poiché il lavoratore messo alla porta non è un lavoratore subordinato, o per lo meno così non è stato qualificato all'atto dell'instaurazione del rapporto.
Infine, la norma in questione affronta, a nostro avviso in modo errato o inefficace, una questione che è reale ed è quella dei tempi del giudizio del lavoro, che deve essere celere, altrimenti non è in grado di assicurare le tutele che le parti in causa meriterebbero.
L'unico rimedio davvero efficace in questo ambito è quello che garantisce una durata ragionevole dei processi: una rapida decisione eventualmente attraverso una cognizione sommaria. Nulla a proposito dice il Governo e in questo modo, attraverso il meccanismo previsto dall'articolo 32, si rischia una vera e propria eterogenesi dei fini. Infatti, attraverso l'accoppiata immediata istituzione del procedimento e assenza di misure acceleratorie è altamente probabile che i procedimenti in questione potranno durare ancora di più di quanto già oggi non durino e ciò con buona pace dell'interesse ad una rapida definizione del giudizio. Gli emendamenti da noi proposti sono tutti volti ad evitare questo rischio e ad assicurare un termine congruo per l'esercizio effettivo dell'azione giudiziaria nei casi in cui il lavoratore ritenga di volervi aderire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paladini al quale ricordo che ha sei minuti di tempo. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, con l'articolo 32 si manifesta come si vuole utilizzare la tutela del lavoratore e soprattutto come si vuole realizzare tale tutela. Questo articolo contiene di fatto disposizioni relative alla modalità e ai termini per l'impugnazione dei licenziamenti individuali e ai criteri di determinazione della misura del risarcimento nei casi nei quali è prevista la conversione del contratto da tempo determinato a indeterminato (commi 5 e 7).
In proposito, per quanto riguarda le norme in tema di decadenza, sono stati introdotti criteri di razionalità e uniformità che il relatore ritiene utile preservare. Poi, tra l'altro, le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 intervengono a risolvere controversie particolarmente delicate che debbono indurre a responsabili e attente valutazioni, quali quelle che la prima parte dell'articolo stabilisce che il prestatore di lavoro può impugnare il licenziamento. Quindi, c'è il problema della pena della decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione ovvero della comunicazione dei motivi, se non contestuali, attraverso qualunque comunicazione scritta diretta al datore di lavoro. A pena di inefficacia, entro i successivi centottanta giorni deve depositare il ricorso al giudice o comunicare alla controparte la richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.
In caso di rifiuto, il tentativo di conciliazione e il ricorso al giudice debbono essere depositati entro i successivi 60 giorni. Quindi, i predetti termini si applicano anche ai casi di invalidità ed inefficacia del licenziamento. Si tratta di licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni attinenti alla qualificazione del rapporto lavorativo ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto, al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e anche a progetto.
Le modifiche apportate da Camera e Senato sostanzialmente recepiscono in parte le osservazioni del Presidente della Repubblica. Quindi, è stata approvata un'unica modifica che specifica al comma 1 che il licenziamento e i motivi dello stesso debbono essere comunicati in forma scritta. Su questo merita ricordare, signor Presidente, che l'inefficacia costituisce la sanzione applicata al licenziamento intimato per difetto di forma scritta a cui seguono le conseguenze riconducibili al regime speciale dell'articolo 18 della legge n. 300 del 1970 (la tutela reale) che unifica il trattamento sanzionatorio dei licenziamenti affetti da qualsiasi tipo di vizio a quello di diritto comune per gli altri datori di lavoro. Si tratta di una tutela obbligatoria con la condanna dell'obbligo della Pag. 62riassunzione o in alternativa al pagamento di una indennità risarcitoria; in tale ultima ipotesi, non essendo rinvenibile nell'ordinamento alcuna disposizione specifica applicabile al licenziamento inefficace per difetto di forma, dottrina e giurisprudenza ipotizzano l'assoggettabilità della fattispecie al regime di nullità di diritto comune.
Anche il problema del licenziamento formalmente viziato e del relativo termine di impugnazione è stato ampiamente dibattuto in dottrina e giurisprudenza; l'articolo 6 della legge n. 604 del 1966 non dice, infatti, se il termine ivi previsto riguardi i licenziamenti affetti da qualsiasi vizio. L'indirizzo prevalente tende, tuttavia, a ritenere che, in caso di licenziamento irrituale, e quindi inefficace, l'onere dell'impugnativa entro il termine previsto dall'articolo 6 non trovi applicazione e che valga pertanto il termine di prescrizione quinquennale. In questo contesto, abbiamo potuto considerare non solo la questione delle modifiche, ma anche il contenuto normativo, e soprattutto il modo in cui avete voluto impostare e trattare la tutela dei lavoratori.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 32.
PRESIDENTE. Il Governo?
ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
SILVANO MOFFA, Presidente della XI Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA, Presidente della XI Commissione. Signor Presidente, intervengo per chiedere una precisazione al Ministro Sacconi. Le sarei grato, signor Ministro, se fosse possibile rendere edotta l'Assemblea, anche in riferimento ad un ordine del giorno che è stato accettato dal Governo al Senato, circa la corretta interpretazione del comma 5, dell'articolo 32, che ovviamente richiama il risarcimento del danno nella misura massima fissata da questa norma per chiarire, in maniera direi definitiva, che questo sostanzialmente si aggiunge e non sostituisce il ripristino del rapporto di lavoro. Credo che sia importante anche per fare chiarezza su eventuali equivoci che possono ingenerarsi.
PRESIDENTE. Prego, Ministro, ha facoltà di parlare.
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, il Governo condivide quanto poco fa richiamava il presidente della XI Commissione. Invero, al Senato è stato presentato un ordine del giorno con lo scopo di chiarire la portata della norma citata e il Governo ha accettato quell'ordine del giorno; pertanto, non ho alcuna difficoltà a ribadire che un'oggettiva lettura della norma stessa conduce a ritenere che la conversione di cui si parla sia la conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, e che quindi non vi sia conflitto fra la conversione a tempo indeterminato e quella definizione di risarcimento, anzi i due termini coabitano.
Signor Presidente, confermo infine che il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Sta bene.
Dobbiamo ora passare ad una serie a scalare composta da cinque emendamenti. In base all'articolo 85, comma 8, del Regolamento, come applicato nella prassi assolutamente costante, la Presidenza porrà in votazione il primo emendamento, Damiano 32.1, un emendamento intermedio, Damiano 32.3, e l'ultimo emendamento della serie, Paladini 32.5, dichiarando assorbiti gli altri. Pag. 63
Ricordo che, in caso di approvazione dell'emendamento intermedio della serie, occorrerà verificare la concreta volontà normativa dell'Assemblea attraverso la votazione di tutti gli emendamenti compresi fra l'ultimo emendamento della serie respinto e quello approvato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 32.1, il primo della serie a scalare, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Migliori, Cassinelli, Giulietti, Berardi, Consiglio, Buttiglione, Colaninno, Simeoni, Pili.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 516
Votanti 479
Astenuti 37
Maggioranza 240
Hanno votato sì 204
Hanno votato no 275).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Damiano 32.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gnecchi. Ne ha facoltà.
MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, innanzitutto sottolineo che, essendo arrivati alla settima lettura del provvedimento, il fatto che il presidente della Commissione sia costretto a chiedere al Ministro la corretta interpretazione di un articolo e che su tale articolo vi sia stato bisogno anche di un ordine del giorno al Senato, la dice lunga rispetto a quanto il provvedimento in esame si presterà a diverse interpretazioni e difficoltà.
Abbiamo affermato tante volte come il provvedimento, a nostro parere, vada ad indebolire la sicurezza dei lavoratori e la certezza del diritto. I nostri emendamenti all'articolo 32 tendono alla riduzione del danno: l'emendamento Damiano 32.3 propone di aumentare da duecentosettanta giorni a diciotto mesi (i precedenti emendamenti Damiano 32.1 e 32.2 proponevano un termine di trentasei e ventiquattro mesi) il termine per impugnare un licenziamento, al fine di permettere ai lavoratori ed alle lavoratrici di avere più tempo a disposizione per l'impugnazione.
La cosa positiva è il fatto di aver sancito che il lavoratore e la lavoratrice, anche dopo l'impugnazione, hanno la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. È evidente che, a nostro avviso, di fronte ad un licenziamento, occorrerebbe riuscire a garantire alla parte debole e, quindi, al lavoratore e alla lavoratrice, di avere più tempo possibile per l'impugnazione e per produrre documentazione. Ci si ritroverà a discutere sull'invalidità o sull'inefficacia di un licenziamento: su tale aspetto già il collega Berretta è stato molto esplicito, in merito al modo in cui le nuove formulazioni, in generale, sia rispetto all'articolo 31 sia rispetto all'articolo 32, porranno solo ulteriori dubbi e genereranno ulteriore conflittualità e contenzioso.
Pertanto, il Governo, che continua a dire da più di due anni che mirava alla semplificazione e alla certezza del diritto, con il provvedimento in esame crea solo grande confusione e lesioni reali nei confronti del diritto del lavoro, dei lavoratori e delle lavoratrici.
PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Damiano 32.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Mario Pepe (PdL), Calderisi, Aprea, Beccalossi, Bersani, Occhiuto...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
). Pag. 64
(Presenti 519
Votanti 483
Astenuti 36
Maggioranza 242
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 275).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paladini 32.5, ultimo della serie a scalare, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Migliori, Mario Pepe, Roccella, Margiotta, Concia ...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 522
Votanti 486
Astenuti 36
Maggioranza 244
Hanno votato sì 209
Hanno votato no 277).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Porcino 32.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Migliori, Portas, Sardelli, Porcino, Tassone, Buttiglione ...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 525
Votanti 488
Astenuti 37
Maggioranza 245
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 278).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paladini 32.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Cassinelli, Sardelli, Portas, Terranova, Aprea, Fogliardi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 524
Votanti 487
Astenuti 37
Maggioranza 244
Hanno votato sì 210
Hanno votato no 277).
Passiamo alla votazione dell'articolo 32.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gatti. Ne ha facoltà.
MARIA GRAZIA GATTI. Signor Presidente, noi voteremo contro questo articolo e chiediamo all'Aula di respingerlo.
La situazione è molto semplice. L'articolo prevede che se un licenziamento è ritenuto ingiusto debba essere impugnato entro sessanta giorni a pena di decadenza e che l'impugnazione diventa inefficace se il ricorso non viene depositato in tribunale entro 270 giorni. La cosa grave è che queste regole si applicano a tutte le forme di licenziamento considerate ingiuste, relative ai contratti a termine, ai casi in cui il datore di lavoro recede, alle collaborazioni, al licenziamento per trasferimento o per cessione di contratti di lavoro.
Ciò può farvi capire quanto questo provvedimento sia «matrigno» rispetto ai «paria» del nostro mercato del lavoro, rispetto a tutti quei lavoratori che hanno contratti atipici e che si vedono applicato questo tipo di regole, con un restringimento molto forte del periodo entro cui possono presentare ricorso contro il licenziamento e soprattutto si vedono accorciare i termini che prima erano solo quelli relativi alla prescrizione. Pag. 65
Abbiamo potuto emendare solo le parti modificate dal Senato, e avete visto come gli emendamenti avevano poca pregnanza, ma noi voteremo tutto l'articolo e oltre alla parte a cui si riferivano gli emendamenti, ne abbiamo altre due: la parte che dice di estendere queste regole a tutto il mercato del lavoro atipico e la parte contenente i commi cui si è riferito il Presidente della commissione.
Permettetemi di fare un'osservazione: nella lettura passata al Senato, non quella subito precedente a questa, ma l'altra, il testo era stato presentato con la stessa formulazione che abbiamo oggi. La maggioranza presentò un ordine del giorno per sostenere che le indennità previste ai commi 5, 6 e 7 fossero aggiuntive alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. Fu la maggioranza che rispetto a questo testo sentì la necessità di presentare un ordine del giorno, che fu votato da tutta l'Aula del Senato.
Oggi, con lo stesso testo, ci ritroviamo qui con il presidente della commissione che ha dovuto chiedere la dichiarazione al Ministro, ma, dall'ultima lettura al Senato ci sarebbero stati tempo e occasioni per correggere il testo, considerato che erano state apportate modifiche e che saremmo stati comunque richiamati a votare in quest'aula.
Ebbene, il Governo non lo ha fatto e questo sta a significare, secondo noi, che non siamo tranquilli sulla chiarezza della norma, per cui ci ritroveremo in una serie di ulteriori contenziosi. Mi chiedo, e vi chiedo: noi, in questo momento, con la crisi che c'è, con i licenziamenti collettivi che hanno raggiunto le quantità che conosciamo, con la gente in cassa integrazione, abbiamo bisogno di complicare in questo modo le regole per i licenziamenti individuali e di incrudelirci così verso i lavoratori atipici?
Vi chiedo pertanto di votare contro questo articolo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 32.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Antonione, Sardelli, Cesario, Colombo, Raisi, Pagano, Raisi, Barbato...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 517
Votanti 480
Astenuti 37
Maggioranza 241
Hanno votato sì 274
Hanno votato no 206).
Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
(Esame dell'articolo 50 - A.C.1441-quater-F)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 50 (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-quater-F), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 50.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Di Virgilio, D'Anna, De Girolamo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia
).
(Presenti 522
Votanti 509
Astenuti 13
Maggioranza 255
Hanno votato sì 508
Hanno votato no 1).
Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Pag. 66(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1441-quater-F)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1441-quater-F).
Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?
MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/1441-quater-F/1, non accetta l'ordine del giorno Porcino n. 9/1441-quater-F/2 e accetta l'ordine del giorno Donadi n. 9/1441-quater-F/3, purché riformulato nel senso di sopprimere il secondo capoverso del dispositivo.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Paladini n. 9/1441-quater-F/4, non accetta l'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/1441-quater-F/5, accetta gli ordini del giorno Cirielli n. 9/1441-quater-F/6, Poli n. 9/1441-quater-F/7, Bosi n. 9/1441-quater-F/8 e Lo Presti n. 9/1441-quater-F/9.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Schirru n. 9/1441-quater-F/10, a condizione che sia riformulato nel senso di sopprimere il capoverso delle premesse che comincia con le parole: «la decisione di sopprimere l'ISPESL», e accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Rugghia n. 9/1441-quater-F/11.
PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/1441-quater-F/1, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Porcino n. 9/1441-quater-F/2, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Porcino n. 9/1441-quater-F/2, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Barbareschi, Cesario, Aprea, Giulietti, Capano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 511
Votanti 507
Astenuti 4
Maggioranza 254
Hanno votato sì 201
Hanno votato no 306).
Prendo atto che i deputati Barbareschi e Zampa hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Donadi n. 9/1441-quater-F/3, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Paladini n. 9/1441-quater-F/4, accettato dal Governo.
Prendo, altresì, atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/1441-quater-F/5, non accettato dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/1441-quater-F/5, non accettato dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli De Girolamo, Ghizzoni, Motta, Cesario, Nannicini ...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia
).
(Presenti 519
Votanti 482
Astenuti 37
Maggioranza 242
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 277).Pag. 67
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Cirielli n. 9/1441-quater-F/6, accettato dal Governo e che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Poli n. 9/1441-quater-F/7, Bosi n. 9/1441-quater-F/8, Lo Presti n. 9/1441-quater-F/9, accettati dal Governo.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Schirru n. 9/1441-quater-F/10, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo altresì atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Rugghia n. 9/1441-quater-F/11, accolto dal Governo come raccomandazione.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1441-quater-F)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sardelli. Ne ha facoltà.
LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor Presidente, la componente del gruppo Misto, Noi Sud Libertà e Autonomia, voterà a favore del disegno di legge delega (A.C. 1441-quater-F) recante «Deleghe al Governo in materia di lavoro usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro». Questo disegno di legge costituisce un primo passo verso la necessaria riforma del sistema lavoro e verso una maggiore tutela dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti.
L'iter di approvazione è stato particolarmente lungo, se si pensa che in prima lettura il provvedimento è stato licenziato dalla Camera nell'ottobre 2008 per poi fermarsi nel dibattito al Senato per oltre un anno. Nonostante le lungaggini abbiamo apprezzato lo spirito di collaborazione che si è registrato nel corso del dibattito tra maggioranza e opposizione, un confronto teso a garantire l'elaborazione di un testo che possa rappresentare concretamente una svolta nelle politiche del lavoro del nostro Paese. D'altronde siamo convinti della necessità di queste norme e ci rallegriamo del fatto che la Camera possa finalmente darne l'approvazione definitiva.
Abbiamo condiviso in particolare l'articolo 1, che contiene la riapertura dei termini di delega e che consentirà ai lavoratori adibiti a mansioni usuranti di fruire dei previsti benefici pensionistici. Sono misure che hanno accolto i contenuti del Protocollo su previdenza, lavoro e competitività, approvato nel luglio del 2007 e recepito nella scorsa legislatura con la legge n. 247 del 2007.
Apprezziamo inoltre il contenuto dell'articolo 2 del provvedimento, teso a istituire un polo della sicurezza e della salute dei lavoratori, così come suggerito dalla Commissione bicamerale di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, nella scorsa legislatura, e, come ci ricordava ieri l'onorevole Cazzola, ribadito da un ordine del giorno, presentato in quest'Aula e accolto dal Governo pochi mesi fa.
Abbiamo preso atto tuttavia della cancellazione dell'emendamento all'articolo 2 del provvedimento, che avrebbe costituito, a nostro avviso, un sostegno importante all'espletamento delle funzioni dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL). Con l'emendamento approvato e poi eliminato dal Senato, si attribuiva all'INAIL la possibilità di emanare specifiche direttive all'ISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) sulla materia della sicurezza dei luoghi di lavoro. Continuiamo a essere convinti che l'INAIL sia un istituto chiamato a svolgere un ruolo importante con una specificità che riteniamo vada mantenuta e rafforzata, Pag. 68attraverso il riconoscimento di maggiori poteri e nella valutazione dell'indice di pericolosità dei luoghi di lavoro.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, Noi Sud Libertà e Autonomia è un partito politico che conta sulla presenza di quattro deputati e di un sottosegretario. Esso nasce come forza politica del sud, che ha a cuore le ragioni e lo sviluppo del Mezzogiorno e punta a ridurre un ormai intollerabile divario esistente tra le regioni meridionali e il nord del Paese. È un divario che colpisce i giovani meridionali, costretti ancora una volta all'emigrazione, alla ricerca dell'occupazione al nord e adesso, sempre più spesso, addirittura nei Paesi esteri, un divario che si manifesta, purtroppo, nell'inefficienza e nell'inadeguatezza delle nostre strutture previdenziali, nel proliferare soprattutto al sud del lavoro sommerso e dello sfruttamento dei lavoratori.
Cogliamo quindi l'occasione per ricordare al Governo questo impegno per il sud e diamo il nostro consenso per l'approvazione del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.
DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, il lavoro era e resta per la nostra Carta costituzionale lo strumento chiave perché sia affermata la dignità della persona. Il lavoro è strumento di crescita personale, di impegno, di partecipazione alla costruzione del benessere comune e, quindi, agire affinché sia preservata la dignità insita nel lavoro e garantire le tutele acquisite nel tempo (poiché esse sono e restano segno di civiltà e di crescita del Paese), rappresenta un dovere cui è chiamato ogni Governo.
Svariati sono i nodi problematici di questo provvedimento che, come è stato ricordato, ha fatto la spola tra Camera e Senato per sette volte. All'inizio del suo iter tormentato esso consisteva di 9 articoli, adesso conta 50 articoli che richiamano gli argomenti più disparati. Il relatore ha giustamente parlato di una miscellanea di norme non sempre coerenti ma lascia perplessi che, dopo tale affermazione, abbia voluto precisare che proprio le norme disomogenee sono state le meno controverse e comunque hanno il merito di rispondere a problemi concreti. Noi crediamo infatti che questo modo di legiferare, diventato un'abitudine per questa maggioranza, produca effetti negativi sulla certezza del diritto perché genera complessità e confusione oltre ad indurre sfiducia nelle istituzioni, che appaiono sempre più lontane dai cittadini.
Il provvedimento è lievitato a dismisura, ma è ben lungi dal rispondere alle attese ed alle esigenze del mondo del lavoro. Tra i rilievi che meritano di essere mossi desideriamo soffermarci sulla clausola compromissoria che esemplifica bene quanto la maggioranza sia incapace di ascolto e di rielaborazione critica.
Sappiamo bene - è stato evidenziato a più riprese in quest'Aula - che proprio su questo tema si era concentrata l'attenzione del Presidente della Repubblica, che ha rilevato come l'introduzione nell'ordinamento di strumenti idonei a prevenire l'insorgere di controversie e a semplificarne ed accelerarne le modalità di definizione può risultare certamente apprezzabile e merita di essere valutato con spirito aperto, ma occorre verificare attentamente che le relative disposizioni siano pienamente coerenti con i principi della volontarietà dell'arbitrato e con la necessità di assicurare un'adeguata tutela del contraente debole.
Riteniamo che il provvedimento, così come modificato dal Senato, lascia irrisolti i problemi e di fatto non sanate le contraddizioni con i principi costituzionali e comunitari rilevate dal Capo dello Stato.
Un provvedimento dal contenuto sensibile che contiene norme importanti su licenziamenti, occupazione femminile, lavori usuranti, apprendistato, incentivi all'occupazione e misure contro il lavoro sommerso avrebbe richiesto e meritato ben altra attenzione da parte del Governo e della maggioranza, anche verso le ragioni Pag. 69dell'opposizione che l'onorevole Damiano ed altri hanno ampiamente sottolineato. È questo un tempo difficile per i lavoratori e per i datori di lavoro. Alzare barriere non serve, non semplifica e spesso esaspera; ignorare l'opposizione e fare spallucce a rilievi tanto chiari quanto autorevoli non è un bene: è per questo che il nostro, quello del gruppo di Alleanza per l'Italia, sarà un voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, la mia dichiarazione di voto sarà anche breve perché dopo la settima lettura credo che ormai tutti abbiano bene a mente questo provvedimento e naturalmente quali ne siano i temi essenziali che anche oggi in Aula abbiamo cercato di portare avanti. Noi pensavamo infatti ad una libertà e ad una tutela diverse per i lavoratori, ad un arbitrato libero, a una scelta del lavoratore, e ritenevamo che non si arrivasse ad un unico strumento per le controversie. Pensavamo praticamente al problema dell'occupazione, al precariato, alla battaglia per il lavoro, ma tutto questo, al di là dei dubbi del Presidente della Repubblica per ciò che riguardava i temi essenziali, ossia l'essere pienamente coerenti soprattutto con la volontarietà dell'arbitrato ed assicurare un'adeguata tutela del contraente debole (che sono poi i temi essenziali di cui all'articolo 31), manca.
Di non minore importanza sono ovviamente anche gli altri articoli ma come abbiamo detto, nonostante vi siano state ben sette letture presso le Camere, la nostra valutazione è che non si è dato retta ai rilievi del Presidente della Repubblica. L'articolato del presente provvedimento collegato al lavoro, che è stato rinviato più volte alle Camere, nello specifico con gli articoli 20, 31, 32 e 50 nonché con l'inserimento dell'articolo 2, non ha naturalmente portato avanti le nostre tematiche e pertanto esprimeremo sentitamente un voto contrario.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgio Conte. Ne ha facoltà.
GIORGIO CONTE. Signor Presidente, sarò brevissimo, perché come i colleghi ricorderanno sono già intervenuto in un momento non idoneo svolgendo la dichiarazione di voto finale. Consegnerò quindi agli uffici il testo, che fa parte di un intervento in Aula purtroppo già avvenuto.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Giorgio Conte, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Poli. Ne ha facoltà.
NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, siamo finalmente giunti in Aula al voto finale sul disegno di legge atto Camera n. 1441-quater-F, che sarà licenziato da questo ramo del Parlamento dopo un iter travagliato durato due anni, nel corso del quale numerose sono state le modifiche che hanno in parte migliorato ed in parte reso ancor più tortuoso il percorso di approvazione del provvedimento.
Esso approda nuovamente all'esame della Camera dei deputati a seguito del rinvio del Presidente della Repubblica con messaggio motivato il 31 marzo 2010. Il messaggio presidenziale si è soffermato in particolare sull'articolo 31, che modifica le disposizioni del codice di procedura civile in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali di lavoro, e sull'articolo 20, in materia di prevenzione di infortuni sul lavoro e di igiene di lavoro per il personale che presta la propria opera sul naviglio di Stato. Sono stati inoltre rilevati profili problematici con riferimento agli articoli 30, 32 e 50.
Le modifiche hanno riguardato in particolare l'articolo 20, che è stato interamente riformulato al fine di meglio specificare l'ambito di esclusione da responsabilità Pag. 70e dare più sicuro fondamento giuridico alle azioni risarcitorie. Nel corso dell'esame in sede referente, la Commissione lavoro ha ritenuto opportuno non apportare ulteriori modifiche al testo trasmesso dal Senato.
Le principali misure contenute nel provvedimento riguardano le deleghe al Governo, tra cui quelle sui lavori usuranti e gli ammortizzatori sociali. Il Governo esercita le deleghe sulla riforma degli ammortizzatori sociali entro 24 mesi dall'entrata in vigore della legge; esso è inoltre delegato ad adottare una disciplina di pensionamento anticipato dei lavoratori impegnati in attività usuranti. Siamo fiduciosi sull'attuazione dell'intervento annunciato dal Ministro Sacconi, che ha più volte chiarito l'intenzione di intervenire con un provvedimento diverso, che si coniugherà probabilmente con il futuro Statuto dei lavoratori.
Le altre materie di delega al Governo, con tempi di attuazione che arrivano a 18 mesi, spaziano infine dal riordino dei servizi dell'impiego all'incentivo all'occupazione, dalla riorganizzazione della miriade di enti vigilati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali alla semplificazione della normativa sui congedi e sui permessi di lavoro, e all'incentivo per l'occupazione femminile: materie che possono riempire l'agenda di questa legislatura.
Apprezziamo le misure apportate contro il lavoro sommerso dall'articolo 4, che prevede fra le altre cose che in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, verrà applicata una sanzione amministrativa da 1.500 a 12.000 euro per ciascun lavoratore regolare, più 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
Nel lungo iter del provvedimento in esame, il dibattito ha evidenziato con chiarezza una profonda modifica ed innovazione della concezione del diritto del lavoro, in particolare con la valorizzazione degli istituti della clausola compromissoria, dell'arbitrato e della certificazione mirati a snellire, semplificare ed anche ridurre il contenzioso. Le cause pendenti in materia di lavoro sono circa 1 milione 200 mila, la durata media di un procedimento è di 1.530 giorni, cioè quattro anni, due mesi e dieci giorni. Si tratta quindi di un problema grave, perché rallenta lo sviluppo del sistema economico, non dà certezza del diritto, non offre tutela ai lavoratori, allontana il nostro Paese dagli standard europei. Ecco perché il mondo delle imprese, ed in particolare quello delle piccole e medie imprese, vede con grande favore ogni novità legislativa finalizzata ad alleggerire i tempi del contenzioso del lavoro: tempi che, tra l'altro, determinano insopportabili costi aggiuntivi, soprattutto a danno proprio delle piccole e medie imprese.
Siamo convinti che le modifiche apportate all'istituto dell'arbitrato portino ad uno snellimento delle procedure, senza essere causa di un sostanziale affievolimento della tutela giurisdizionale del rapporto tra lavoratore e datore di lavoro.
Abbiamo assistito, attraverso la discussione di questo importante provvedimento in materia di lavoro, alla formazione di un nuovo orientamento che sarà certamente foriero di nuovi equilibri nei rapporti tra lavoratori ed imprese, e che determinerà nuove responsabilità di tutti i protagonisti del mondo del lavoro. Nello specifico, il controverso articolo 31, che modifica le disposizioni del codice di procedura civile in materia di conciliazione e di arbitrato nelle controversie individuali di lavoro, così com'è attualmente formulato, dispone con riferimento all'attività delle commissioni di certificazione che l'accertamento dell'effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie di lavoro deve essere verificata all'atto della sottoscrizione della clausola compromissoria ed ha ad oggetto le controversie che dovessero successivamente insorgere dal rapporto di lavoro. Anche nel caso dell'articolo 20 notevoli sono state le polemiche che hanno portato all'attuale formulazione in cui la norma di interpretazione autentica, volta ad escludere l'applicazione delle Pag. 71norme penali del decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956 a fatti avvenuti a bordo di mezzi del naviglio di Stato, è stata in primo luogo meglio definita al fine di circoscriverne la portata ai soli profili di rilevanza penale. A tal fine è stato innanzitutto precisato che resta in ogni caso fermo il diritto al risarcimento del danno del lavoratore. Nel corso dell'esame al Senato è inoltre stato aggiunto un nuovo comma volto ad incrementare di 5 milioni di euro annui, a decorrere dal 2012, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 562, della legge n. 266 del 2005, relativa ai benefici a favore delle vittime del dovere, categoria alla quale possono essere ricondotti anche i militari operanti a bordo del naviglio di Stato che abbiano subito danni o siano deceduti nell'espletamento del loro servizio.
Si poteva fare di più per i più deboli. Poco è stato fatto, e dove più evidente e immediata è stata la stretta. Un lavoratore a tempo pieno, sia pubblico sia privato, può usufruire di tre giorni di permesso mensile retribuito, coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, ma questo diritto è riconosciuto a un solo familiare alla volta, ed è circoscritto a parenti e affini entro il secondo grado. Per l'assistenza a un figlio con handicap in situazione di gravità il diritto è riconosciuto a tutti e due i genitori, anche adottivi, che però possono fruirne alternativamente.
Riteniamo necessario, alla luce di tali considerazioni, ribadire che il provvedimento in esame consente di giungere a soluzioni condivisibili su diversi temi, anche per la disponibilità da parte della maggioranza e del Governo, ma si evidenziano ancora aspetti di notevole criticità. In conclusione, il provvedimento in esame avrebbe potuto garantire maggiori tutele nei confronti dei soggetti più deboli della società, e approntare strumenti adeguati per la lotta contro le disuguaglianze nel mercato del lavoro. La nostra scelta è determinata dalla convinzione di superare gli attuali limiti della normativa e di contemperare la complessità degli interessi in gioco, nella convinzione che alleggerire i tempi del contenzioso e offrire una reale tutela dei diritti dei lavoratori sono esigenze che possono essere tenute insieme e possono assicurare alla nostra economia (soprattutto alle piccole e medie imprese) strumenti adeguati per l'obiettivo della crescita e dello sviluppo.
In conclusione, il provvedimento apre anche la strada a nuove sfide, sia sul diritto del lavoro, sia su tante questioni rispetto alle quali da tempo il mondo del lavoro aspetta risposte certe. Abbiamo voluto sostenere una riforma delle controversie di lavoro che garantisse minore conflittualità e maggiore responsabilità a tutti i protagonisti, e una giustizia del lavoro che fosse più rapida e più certa. Auspicando che il Governo elabori le deleghe secondo le ragionevoli indicazioni che il Ministro ha più volte illustrato in Commissione esprimiamo il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, come ho avuto modo di dire durante la discussione della questione pregiudiziale, ormai siamo arrivati alla settima lettura in questa Aula del provvedimento che oggi trattiamo. Vorrei sottolineare (e quindi velocemente farne un piccolo riepilogo) gli importanti obiettivi raggiunti con questo disegno di legge.
Il primo fra tutti si trova all'articolo 1 dove, finalmente, si mette mano alla questione dei lavori usuranti e si riconoscono e garantiscono, tramite un decreto-legge che il Governo dovrà adottare, i diritti a quei lavoratori che hanno svolto attività particolarmente dannose dal punto di vista della salute del lavoratore stesso. Ma non solo, andiamo avanti e parliamo, ad esempio, dell'articolo 7 dove passa un principio molto importante - cosa che so non essere gradita a tutti, ma alla Lega Nord Padania è molto cara - ossia, finalmente, si stabilisce che i sindacati che rappresentano i lavoratori sono i sindacati che prendono i voti Pag. 72e gli iscritti dai lavoratori anche sul territorio. Basta privilegi, quindi, dati da una storicità della sigla sindacale, ma andiamo, finalmente, a garantire alle sigle sindacali che i lavoratori vogliono, da cui i lavoratori vogliono farsi rappresentare, che queste possano farlo. Parliamo, poi, all'articolo 19, della specificità delle Forze armate, delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Anche qui, questa maggioranza e questo Governo sono finalmente intervenuti, cosa che i lavoratori del settore da tanto tempo aspettavano. Arriviamo, infine, al punto controverso di questa discussione in Aula, controverso, ovviamente, per una parte di questo Parlamento. Mi riferisco, cioè, all'articolo 31. Signor Presidente, come ho avuto modo di dire, tengo a sottolineare che questo disegno di legge è a vantaggio dei lavoratori, chi vuole dire dell'altro o vuole strumentalizzare la norma per creare delle affezioni o disaffezioni politiche, non fa sicuramente l'interesse dei lavoratori e dei cittadini di questo Paese. Voglio sottolineare che vi sono aziende, ancora oggi, che utilizzano la lungaggine e l'onerosità dei processi per via giudiziaria al fine di scoraggiare e, magari, arrivare ad una mediazione svantaggiosa per il lavoratore quando sussistono delle controversie. Con questa norma diciamo semplicemente che lavoratore e datore di lavoro si mettono d'accordo preventivamente con una clausola compromissoria per far sì che tutte le controversie che non riguardano il licenziamento possano trovare una soluzione per via extragiudiziaria. Con la garanzia, inoltre, che ritengo sia tale, che l'arbitro non è una persona che lavora per l'impresa o per il datore di lavoro, ma per un principio di giustizia che deve trovare luogo durante la controversia. Non solo, siamo riusciti anche ad introdurre, per sfatare qualsiasi tipo di dubbio potesse essere sollevato dentro e fuori quest'Aula, che la clausola compromissoria venga firmata 30 giorni dopo la firma del contratto e, comunque, non prima della fine del periodo di prova. Questa è un'ulteriore garanzia, che il lavoratore firmi la clausola compromissoria in un momento nel quale non può essere ricattabile per l'assunzione nel posto di lavoro. Signor Presidente credo, quindi, che la chiarezza con la quale abbiamo affrontato il problema non possa che vedere una via riformatrice anche all'interno delle controversie del lavoro le quali vogliono garantire una velocità dei tempi e, contemporaneamente, ad ambo le parti, datore di lavoro e lavoratore, la possibilità di trovare una giustizia veloce e che risponde alle esigenze delle due parti medesime. Per questo, annuncio il voto favorevole della Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.
CESARE DAMIANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come Partito Democratico ribadiamo la nostra contrarietà a questo provvedimento. Gli argomenti sono stati variamente portati nel corso di questa discussione, ma in particolare vorrei riprendere un punto: il presente provvedimento non va letto come un caso isolato, fa parte chiaramente di una politica del Governo. È quello che definisco l'ultimo anello di una catena che continua e continuerà, purtroppo, ad aggiungere altri anelli che non porteranno, come dicono i colleghi della maggioranza, ad un miglioramento della condizione dei lavoratori, ma ad una diminuzione delle tutele, alla perdita di quella certezza del lavoro che assilla purtroppo le giovani generazioni. Vorrei anche ricordare che, in precedenza, su altri provvedimenti, il Governo, purtroppo - e in questo si inscrive una logica di continuità con questo provvedimento -, ha portato ad un allargamento del lavoro precario.
Come non vedere il fatto che voi avete deciso di estendere il lavoro precario, reintroducendo il lavoro a chiamata, reintroducendo l'affitto a tempo indeterminato di lavoratori? Come non vedere il fatto che avete cancellato una norma di tutela delle giovani lavoratrici per quanto riguarda, ad esempio, il tema delle dimissioni Pag. 73in bianco e tutto questo secondo voi va nella direzione della protezione del lavoro o piuttosto è l'esatto contrario? Poi siamo in settima lettura, c'è bisogno di un chiarimento tra il presidente Moffa e il Ministro del lavoro; c'è bisogno di un ordine del giorno, perché, evidentemente, anche le norme che possono avere un qualche tratto di positività vanno addirittura reinterpretate. Ma ciò che preoccupa è che questa catena purtroppo continua.
Ho sentito il Ministro del lavoro in Commissione lavoro - lo voglio dire a tutti - annunciare un riordino di 15 mila provvedimenti che riguardano il lavoro e ciò comporterà una riscrittura complessiva per quanto riguarda il nuovo statuto dei lavori che probabilmente interverrà anche a cambiamento dello statuto dei lavoratori, di una legge fondamentale, la n. 300 del 1970. Ma in quale direzione si andrà? Questa è la domanda. Si va nella direzione di destrutturare il diritto del lavoro, come fatto anche in questo collegato e nei provvedimenti precedenti, o si va in un'altra direzione? Temo che purtroppo - lo possiamo già dire sin d'ora - i pilastri fondamentali di questo statuto dei lavori saranno su due argomenti. Il primo, la derogabilità delle norme, per quanto riguarda le leggi ed i contratti di lavoro e concedere ad un arbitro secondo equità la derogabilità vuol dire gettare nell'incertezza i lavoratori. La seconda questione è quella richiamata dall'onorevole Fedriga che, finalmente, avrà modo di far valere al tavolo delle trattative un sindacato non esistente, il SIN.PA, il sindacato padano; ancora una volta, l'onorevole Fedriga scambia in qualche modo la logica del decentramento della contrattazione, alla quale siamo favorevoli, con il fatto che, in questo collegato, la nozione di rappresentatività territoriale del sindacato, per il momento circoscritta alla deroga degli orari del settore marittimo, minerà le fondamenta del sindacalismo confederale rappresentativo sul piano nazionale e lascerà aperta la strada non solo alle deroghe ma alla moltiplicazione di sindacati di comodo inesistenti, creati ad arte nel territorio sia per quanto riguarda il lavoro sia per quanto riguarda l'impresa. E se questa è la prospettiva - io dico - questo fa tremare le vene dei polsi e noi siamo contro l'idea di uno sminuzzamento del diritto del lavoro, dell'implosione della nozione stessa di diritto del lavoro che ha retto le relazioni tra le parti sociali nel corso di questi decenni. Non vorremmo che vi fosse un equivoco: come Partito Democratico siamo favorevoli all'arbitrato, è chiaro. Ma non si dica come fa l'onorevole Fedriga che, da una parte, c'è una lungaggine, e, dall'altra parte, una velocità. Se così è, avremmo dovuto lasciare all'intelligenza del lavoratore la possibilità di scegliere tra arbitro e magistratura ordinaria, la possibilità di orientarsi in piena autonomia e non sotto la pressione preventiva esercitata al termine del periodo di prova in una situazione come questa, nella quale avere un lavoro corre il rischio di diventare un lusso. Avere un lavoro stabile diventa un miraggio soprattutto per le giovani generazioni e, quindi, la normale debolezza del lavoratore nel rapporto con l'imprenditore viene ulteriormente conculcata, la debolezze aumenta in una situazione di crisi particolare.
Per questo noi abbiamo visto come un atto estremamente grave il fatto che si sia cancellato l'emendamento approvato grazie al Partito Democratico qui alla Camera, che avrebbe restituito questa libertà di scelta. Rendere precario il lavoro - lo voglio dire ancora una volta - vuol dire non tener conto di quello che finalmente dicono perfino il Fondo Monetario Internazionale e la Banca d'Italia: un Paese come il nostro, con un surplus e una sovrabbondanza di lavoro precario, mina la competitività del sistema. Infatti quella persona giovane o meno giovane che vede nel lavoro una precarietà non mette tutta l'intelligenza, la passione, la competenza, la cooperazione e la dedizione, strumenti fondamentali per arrivare ad un adeguato livello di competitività.
Infine, non bastano certo delle norme più favorevoli a farci cambiare idea. Lo so anch'io che vi è una cosa alla quale tengo in modo particolare: finalmente vi sarà l'approvazione, mi auguro in tre mesi, del Pag. 74decreto legislativo sui lavori usuranti. Me lo auguro, però lo dico a futura memoria di fronte all'Aula: il Governo Prodi su questi lavori usuranti ha stanziato una cifra che consente di fare un'operazione a vantaggio di chi fa lavori pericolosi e che giustamente deve andare prima in pensione; si tratta di 300 milioni di euro all'anno stanziati per un decennio: non vorrei che ancora una volta la «manina» di Tremonti avesse provveduto a scippare quella risorsa e che alla fine ci trovassimo di fronte ad una norma che non ha nessuna sostanza.
Per questo - e concludo - noi siamo convinti: noi difendiamo il diritto del lavoro, noi combattiamo contro coloro che vogliono derubricare il diritto del lavoro a diritto commerciale. Infatti qui non si sta andando, come diceva l'onorevole Fedriga, verso una riforma: qui siamo di fronte ad una controriforma delle leggi del lavoro e in questa controriforma purtroppo il lavoratore, la parte debole, pagherà un prezzo alto, soprattutto in una situazione di crisi come quella attuale. Noi questo non lo vogliamo accettare e continueremo la nostra battaglia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
Testo sostituito con errata corrige volante
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, siamo in conclusione delle dichiarazioni di voto della settima lettura di questo provvedimento collegato alla manovra economica, che nasce nel settembre del 2008 da uno stralcio del primo collegato e nasce come un provvedimento di nove articoli. Oggi votiamo nell'ultima lettura parlamentare un provvedimento che di articoli ne contiene 50. È un provvedimento importante ed articolato, che ha visto il contributo della maggioranza e dell'opposizione. È un provvedimento che è stato oggetto appunto di molte letture parlamentari e di un messaggio del Capo dello Stato, che ha posto all'attenzione del Parlamento dei rilievi e delle considerazioni importanti, che sono state recepite dalle Commissioni e dalle Assemblee di entrambi i rami del Parlamento. È un provvedimento eterogeneo, diverso per alcuni aspetti, che contiene norme complesse, alcune delle quali sono state oggetto di confronto e anche di scontro politico duro tra maggioranza ed opposizione, altre non hanno avuto scontro politico, altre sono state oggetto di una differenziazione che è andata anche al di là degli schieramenti tra maggioranza e opposizione. Ultimo fra questi, mi riferisco all'articolo 31, che ha visto il voto favorevole non solo dei gruppi di maggioranza (Popolo della Libertà, Futuro e Libertà per l'Italia e Lega Nord Padania), ma anche il voto favorevole dei colleghi dell'Unione di Centro. Quindi, signor Presidente, credo che una valutazione in ordine al provvedimento in esame vada fatta. È un provvedimento come abbiamo detto ampio, complesso, molto atteso dalle imprese e molto atteso dai lavoratori. Abbiamo ascoltato le dichiarazioni testè rese dal collega Damiano, dichiarazioni anche dure, dove ha detto che quello in esame è un provvedimento che precarizza il lavoro: «Voi siete coloro che non vogliono i diritti del lavoro ma la commercializzazione del diritto del lavoro».
Si tratta di un provvedimento che apre un interrogativo in ordine all'approccio nei confronti di questi temi sociali e dei temi relativi ai diritti dei lavoratori e all'evoluzione delle relazioni industriali nel nostro Paese.
Abbiamo avuto vicende politiche, sindacali e sociali sulle quali il Paese, gli operatori del settore, le parti sociali, noi, attori della politica, e il Governo abbiamo avuto modo di formarci un'opinione e di riflettere. Possiamo pensare alla vicenda di Pomigliano e a tanti altri aspetti, dalla revisione dell'accordo quadro sulle relazioni industriali, al rinnovo di molti contratti fino all'ultima manifestazione della FIOM di domenica scorsa che riapre un interrogativo importante, a mio avviso, soprattutto nei confronti dei nostri colleghi dell'opposizione e, in particolare, del Partito Democratico, che ha avuto un rapporto organico e quasi osmotico, anche in passato, con la componente sindacale Pag. 75della CGIL. Pertanto, si riapre un dibattito politico non solo all'interno del Partito Democratico ma anche all'interno delle forze politiche e sociali su un certo modo di concepire le relazioni sindacali, il mondo dei diritti del lavoro e le relazioni sociali. Vi è chi ha una concezione, per utilizzare un termine di vecchio stile, massimalista e chi, invece, riformista. Vi è chi ha una concezione antagonista, da un lato, e chi ha una concezione più improntata ad una logica che il Ministro Sacconi ama definire sussidiaria delle relazioni sindacali.
Dunque, ci troviamo di fronte a certi paradossi e alcuni di questi paradossi sono stati sottolineati, con la consueta competenza e precisione dal relatore di questo provvedimento, il professore e onorevole Cazzola. Il primo paradosso è che ci siamo trovati, in quest'ultima fase politica, a dover commentare la manifestazione della FIOM che nasce e origina da una questione metalmeccanica relativa al ritiro dall'accordo di Federmeccanica e al rinnovo di un accordo separato. Insomma, si è trattato di una vicenda tutta particolare in seno ai metalmeccanici ma tale questione poi è diventata politica, sindacale, economica e sociale. Paradossalmente si è trattato di un casus belli, un caso politico e sindacale voluto dalla FIOM e in parte cavalcato dalla CGIL e da alcune forze politiche, dentro e fuori questo Parlamento. Tuttavia, questa vicenda è l'eccezione e non la regola. Infatti, ben 29 contratti nazionali, che coinvolgono 4 milioni di lavoratori, sono stati conclusi in maniera unitaria e senza un'ora di sciopero. Questa è la realtà sociale del nuovo meccanismo di dinamica dei rapporti industriali.
Ricordo ancora il casus belli della FIAT, messa all'indice e additata come il nemico dei lavoratori perché non vuole mantenere l'occupazione. Eppure, abbiamo avuto vertenze e situazioni che comprendevano migliaia di esuberi come, ad esempio, nel caso della Telecom. Invece, la FIAT fa investimenti, come a Pomigliano, e sottopone ai lavoratori un accordo sindacale, seppure separato. Nonostante ciò, paradossalmente, la FIAT diventa il nemico dei lavoratori, sebbene la stessa FIAT in quella fase abbia dimostrato di voler portare e mantenere gli investimenti in Italia e nel Mezzogiorno. Inoltre, abbiamo registrato un attacco al Governo che diventa, invece, osservatore terzo e accompagna certi processi che non sono antagonisti ma sussidiari nelle relazioni industriali e nel rapporto bilaterale, che è e deve sempre essere sovrano tra datori e lavoratori.
Dunque, in questo quadro suonano antipatici, brutti e da condannare gli attacchi e a volte anche le aggressioni nei confronti di sindacati come la CISL e la UIL. Mi rivolgo, dunque, ai colleghi del Partito Democratico e, in particolare, ad alcuni colleghi di questo partito, perché altri hanno una sensibilità diversa, come l'onorevole Fioroni che nella giornata di oggi è andato ad esprimere la propria solidarietà al segretario della CISL Bonanni. Tuttavia, se vi è un accordo separato e due segretari dei tre sindacati confederali italiani aderiscono a tale accordo - mentre, invece, la CGIL non vi aderisce - non possiamo pensare che gli altri due sindacati non esistano, perché questo significherebbe mancare di rispetto a certe relazioni sindacali e ad una certa dinamica del rapporto industriale nel contesto delle dinamiche dei rapporti sindacali e dei processi economici e sociali.
Pertanto, credo che l'approvazione definitiva di questo disegno di legge, collegato in tema di lavoro, con una normativa così importante e così attesa, sia il primo passo di un lungo percorso nel quale credo si debba riuscire - spero sia una sfida che si riesca ad affrontare dentro e fuori da questo Parlamento - a superare un vecchio antagonismo tra due concezioni diverse e spesso alternative di questo modo di concepire sia le relazioni industriali, sia i diritti dei lavoratori.
Credo che si debba guardare alla sfida riformista con un'ottica di grande responsabilità. Allora, è importante affrontare il discorso dello statuto dei lavori - lo annunciava il Ministro Sacconi nel corso della replica fatta in sede di discussione Pag. 76sulle linee generali in quest'Aula nella giornata di ieri - o affrontare un riordino non compilativo, ma anche novativo della materia del diritto del lavoro che vede una stratificazione di 15 mila norme, con tutte le difficoltà che queste norme comportano nella loro applicazione da parte dei lavoratori che devono poter rivendicare i loro diritti in maniera chiara ed anche celere.
Da qui è venuta la scelta delle soluzioni stragiudiziali, come la conciliazione e l'arbitrato, che diventa scelta concreta. Tutte le fattispecie ipotetiche e addirittura surreali sono state confutate in maniera puntuale e puntigliosa dal relatore in ordine all'arbitrato. Credo che sia stato un elemento di grande serietà da parte della maggioranza che, per bocca del relatore, si è fatta portavoce delle buone ragioni che abbiamo inserito in questo testo.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, siamo in conclusione delle dichiarazioni di voto della settima lettura di questo provvedimento collegato alla manovra economica, che nasce nel settembre del 2008 da uno stralcio del primo collegato e nasce come un provvedimento di nove articoli. Oggi votiamo nell'ultima lettura parlamentare un provvedimento che di articoli ne contiene 50. È un provvedimento importante ed articolato, che ha visto il contributo della maggioranza e dell'opposizione. È un provvedimento che è stato oggetto appunto di molte letture parlamentari e di un messaggio del Capo dello Stato, che ha posto all'attenzione del Parlamento dei rilievi e delle considerazioni importanti, che sono state recepite dalle Commissioni e dalle Assemblee di entrambi i rami del Parlamento. È un provvedimento eterogeneo, diverso per alcuni aspetti, che contiene norme complesse, alcune delle quali sono state oggetto di confronto e anche di scontro politico duro tra maggioranza ed opposizione, altre non hanno avuto scontro politico, altre sono state oggetto di una differenziazione che è andata anche al di là degli schieramenti tra maggioranza e opposizione. Ultimo fra questi, mi riferisco all'articolo 31, che ha visto il voto favorevole non solo dei gruppi di maggioranza (Popolo della Libertà, Futuro e Libertà per l'Italia e Lega Nord Padania), ma anche il voto favorevole dei colleghi dell'Unione di Centro. Quindi, signor Presidente, credo che una valutazione in ordine al provvedimento in esame vada fatta. È un provvedimento come abbiamo detto ampio, complesso, molto atteso dalle imprese e molto atteso dai lavoratori. Abbiamo ascoltato le dichiarazioni testè rese dal collega Damiano, dichiarazioni anche dure, dove ha detto che quello in esame è un provvedimento che precarizza il lavoro: «Voi siete coloro che non vogliono i diritti del lavoro ma la commercializzazione del diritto del lavoro».
Si tratta di un provvedimento che apre un interrogativo in ordine all'approccio nei confronti di questi temi sociali e dei temi relativi ai diritti dei lavoratori e all'evoluzione delle relazioni industriali nel nostro Paese.
Abbiamo avuto vicende politiche, sindacali e sociali sulle quali il Paese, gli operatori del settore, le parti sociali, noi, attori della politica, e il Governo abbiamo avuto modo di formarci un'opinione e di riflettere. Possiamo pensare alla vicenda di Pomigliano e a tanti altri aspetti, dalla revisione dell'accordo quadro sulle relazioni industriali, al rinnovo di molti contratti fino all'ultima manifestazione della FIOM di domenica scorsa che riapre un interrogativo importante, a mio avviso, soprattutto nei confronti dei nostri colleghi dell'opposizione e, in particolare, del Partito Democratico, che ha avuto un rapporto organico e quasi osmotico, anche in passato, con la componente sindacale Pag. 75della CGIL. Pertanto, si riapre un dibattito politico non solo all'interno del Partito Democratico ma anche all'interno delle forze politiche e sociali su un certo modo di concepire le relazioni sindacali, il mondo dei diritti del lavoro e le relazioni sociali. Vi è chi ha una concezione, per utilizzare un termine di vecchio stile, massimalista e chi, invece, riformista. Vi è chi ha una concezione antagonista, da un lato, e chi ha una concezione più improntata ad una logica che il Ministro Sacconi ama definire sussidiaria delle relazioni sindacali.
Dunque, ci troviamo di fronte a certi paradossi e alcuni di questi paradossi sono stati sottolineati, con la consueta competenza e precisione dal relatore di questo provvedimento, il professore e onorevole Cazzola. Il primo paradosso è che ci siamo trovati, in quest'ultima fase politica, a dover commentare la manifestazione della FIOM che nasce e origina da una questione metalmeccanica relativa al ritiro dall'accordo di Federmeccanica e al rinnovo di un accordo separato. Insomma, si è trattato di una vicenda tutta particolare in seno ai metalmeccanici ma tale questione poi è diventata politica, sindacale, economica e sociale. Paradossalmente si è trattato di un casus belli, un caso politico e sindacale voluto dalla FIOM e in parte cavalcato dalla CGIL e da alcune forze politiche, dentro e fuori questo Parlamento. Tuttavia, questa vicenda è l'eccezione e non la regola. Infatti, ben 29 contratti nazionali, che coinvolgono 4 milioni di lavoratori, sono stati conclusi in maniera unitaria e senza un'ora di sciopero. Questa è la realtà sociale del nuovo meccanismo di dinamica dei rapporti industriali.
Ricordo ancora il casus belli della FIAT, messa all'indice e additata come il nemico dei lavoratori perché non vuole mantenere l'occupazione. Eppure, abbiamo avuto vertenze e situazioni che comprendevano migliaia di esuberi come, ad esempio, nel caso della Telecom. Invece, la FIAT fa investimenti, come a Pomigliano, e sottopone ai lavoratori un accordo sindacale, seppure separato. Nonostante ciò, paradossalmente, la FIAT diventa il nemico dei lavoratori, sebbene la stessa FIAT in quella fase abbia dimostrato di voler portare e mantenere gli investimenti in Italia e nel Mezzogiorno. Inoltre, abbiamo registrato un attacco al Governo che diventa, invece, osservatore terzo e accompagna certi processi che non sono antagonisti ma sussidiari nelle relazioni industriali e nel rapporto bilaterale, che è e deve sempre essere sovrano tra datori e lavoratori.
Dunque, in questo quadro suonano antipatici, brutti e da condannare gli attacchi e a volte anche le aggressioni nei confronti di sindacati come la CISL e la UIL. Mi rivolgo, dunque, ai colleghi del Partito Democratico e, in particolare, ad alcuni colleghi di questo partito, perché altri hanno una sensibilità diversa, come l'onorevole Fioroni che nella giornata di oggi è andato ad esprimere la propria solidarietà al segretario della CISL Bonanni. Tuttavia, se vi è un accordo separato e due segretari dei tre sindacati confederali italiani aderiscono a tale accordo - mentre, invece, la CGIL non vi aderisce - non possiamo pensare che gli altri due sindacati non esistano, perché questo significherebbe mancare di rispetto a certe relazioni sindacali e ad una certa dinamica del rapporto industriale.
Pertanto, credo che l'approvazione definitiva di questo disegno di legge, collegato in tema di lavoro, con una normativa così importante e così attesa, sia il primo passo di un lungo percorso nel quale credo si debba riuscire - spero sia una sfida che si riesca ad affrontare dentro e fuori da questo Parlamento - a superare un vecchio antagonismo tra due concezioni diverse e spesso alternative di questo modo di concepire sia le relazioni industriali, sia i diritti dei lavoratori.
Credo che si debba guardare alla sfida riformista con un'ottica di grande responsabilità. Allora, è importante affrontare il discorso dello statuto dei lavori - lo annunciava il Ministro Sacconi nel corso della replica fatta in sede di discussione Pag. 76sulle linee generali in quest'Aula nella giornata di ieri - o affrontare un riordino non compilativo, ma anche novativo della materia del diritto del lavoro che vede una stratificazione di 15 mila norme, con tutte le difficoltà che queste norme comportano nella loro applicazione da parte dei lavoratori che devono poter rivendicare i loro diritti in maniera chiara ed anche celere.
Da qui è venuta la scelta delle soluzioni stragiudiziali, come la conciliazione e l'arbitrato, che diventa scelta concreta. Tutte le fattispecie ipotetiche e addirittura surreali sono state confutate in maniera puntuale e puntigliosa dal relatore in ordine all'arbitrato. Credo che sia stato un elemento di grande serietà da parte della maggioranza che, per bocca del relatore, si è fatta portavoce delle buone ragioni che abbiamo inserito in questo testo.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SIMONE BALDELLI. Per questo e per altre ragioni credo che abbiamo di fronte un percorso importante di cui l'approvazione di questo collegato segna la tappa principale. Per questo esprimo il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Signor Presidente, intervengo solo per un minuto. Ringrazio lei, il Ministro, il presidente Moffa, i colleghi tutti della Commissione lavoro e ringrazio il Presidente della Repubblica che con il suo messaggio di rinvio ha consentito di riformulare un provvedimento più condiviso.
Ringrazio i funzionari dell'Aula e della Commissione lavoro. Sono convinto che abbiamo fatto un buon lavoro, votando una legge importante e ricca di contenuti. Ho già detto nella relazione di ieri che sono onorato di essere stato relatore di questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Dai banchi dei deputati del Popolo della Libertà e della Lega Nord Padania si grida: Cota! Cota!).
PRESIDENTE. Colleghi... Prego, vada avanti.
GIULIANO CAZZOLA. Mi consenta solo un tratto di carattere personale. Domenica mattina a Bologna mi recherò a dire una preghiera sulla tomba di un caro amico (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
SILVANO MOFFA, Presidente della XI Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SILVANO MOFFA, Presidente della XI Commissione. Signor Presidente, intervengo soltanto per ringraziare...
PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi.
SILVANO MOFFA, Presidente della XI Commissione. Intervengo soltanto per ringraziare la Commissione ed il relatore per il lavoro svolto e il Ministro, che è stato presente e che ha contribuito in maniera significativa a fare sì che questo provvedimento dopo sette letture finalmente fosse varato. Ringrazio inoltre il Ministro Brunetta, poiché c'è parte anche del suo lavoro in questo provvedimento e ringrazio soprattutto i funzionari che con la consueta competenza hanno consentito di affrontare la questione con grande livello qualitativo.
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1441-quater-F)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale. Pag. 77
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1441-quater-F di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevoli Gava, Porcino...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1167-B/bis - «Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro» (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, a norma dell'articolo 74 della Costituzione, approvato, con modificazioni, dalla Camera e modificato dal Senato) (1441-quater-F):
Presenti 517
Votanti 514
Astenuti 3
Maggioranza 258
Hanno votato sì 310
Hanno votato no 204.
(La Camera approva - Vedi votazionia ).
Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento di sindacato ispettivo (ore 19,18).
PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, interrompiamo a questo punto la seduta. L'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno avrà luogo nella seduta di domani.
Al riguardo, comunico che con riferimento al punto n. 5 previsto dall'ordine del giorno dell'odierna seduta, recante il seguito delle mozioni concernenti iniziative a tutela dei minori stranieri non accompagnati, è stata testé presentata la mozione Capitanio Santolini, Zampa, Di Giuseppe, Mussolini, Mosella, Misiti, Iannaccone ed altri che prenderà il n. 1-00459 e sono state contestualmente ritirate tutte le altre mozioni. Pertanto all'ordine del giorno della seduta di domani, mercoledì 20 ottobre 2010, figurerà iscritta esclusivamente la citata mozione n. 1-00459.
FRANCESCO LARATTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO LARATTA. Signor Presidente, volevo giusto ricordare e informare in merito alla grave situazione in Calabria per una nuova ondata di maltempo, a Tropea, Parghelia, molte zone della Marina di Zambrone, del Tirreno cosentino, dove sono stati evacuati anche alcuni villaggi con 200 persone. Si registrano inoltre molti danni sulle strade statali 107 e 118 e sull'autostrada A3. Vengono segnalati allagamenti e interruzioni di strade nelle cinque province calabresi.
Dico questo anche per ricordare al Governo, signor Presidente, che erano stati presi degli impegni per interventi per mettere in sicurezza il territorio calabrese: le strade, ferrovie, le coste calabresi. Sono stati presi impegni da parte del Governo dopo i nubifragi e le alluvioni della stagione invernale 2008-2009 e 2009-2010 e in quelle occasioni furono notevoli i movimenti franosi, i danni, perfino i morti sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria. È passato del tempo, i presidenti delle province calabresi hanno richiamato il Governo sui rischi per la nuova stagione invernale, per le nuove piogge e le alluvioni, ma non si è mosso nulla. Dopo di allora tutto è fermo come prima e anche il programma definito con la regione che prevedeva l'utilizzazione di circa 900 milioni di euro di risorse ai programmi comunitari è stato attivato solo per il 20 per cento (cioè 170 milioni di euro) ed i progetti relativi agli interventi predisposti dagli enti locali necessitano di nulla osta e dei pareri di competenza degli organi della Pag. 78regione per poter essere posti in gara di appalto in osservanza della legislazione vigente.
Gran parte di quel programma, signor Presidente, l'80 per cento, deve essere attivato da parte della regione per consentire a province e comuni di realizzare gli interventi necessari alla sistemazione idrogeologica ed al consolidamento dei territori dissestati.
Chiediamo, quindi, al Governo di farsi carico della grave situazione in atto in Calabria a causa di una nuova ondata di maltempo e di un'alluvione in corso, ma sopratutto chiediamo in questo momento di mantenere gli impegni assunti per i danni alluvionali degli ultimi due anni, impegni disattesi che sono anche causa di quello che sta accadendo in queste ore perché il territorio continua ad essere abbandonato a se stesso, come due anni fa e come anche prima.
AGOSTINO GHIGLIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
AGOSTINO GHIGLIA. Signor Presidente, vorrei comunicare a lei, all'Aula e soprattutto ai colleghi del Partito Democratico che il Consiglio di Stato ha sospeso il riconteggio delle schede delle elezioni regionali in Piemonte, dichiarando manifestamente infondati i presupposti su cui si basava la sentenza del TAR (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
MARCO ZACCHERA. Pagate voi adesso!
ROLANDO NANNICINI. Viva la magistratura!
AGOSTINO GHIGLIA. Quindi, da oggi, nonostante troppe e antidemocratiche posizioni da parte del Partito Democratico e dell'ex presidente Bresso (che non si rassegnava ad essere ex) definitivamente Cota è il presidente della regione Piemonte contro l'accanimento di chi ha tentato di truffare il voto dei cittadini, ricorrendo ad uno strumento improprio come la magistratura amministrativa. Speriamo che questo serva ad insegnare qualcosa al Partito Democratico che ogni giorno tenta di darci lezioni di democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
MARCO ZACCHERA. Pagate voi le spese adesso!
MARIO LANDOLFI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, intervengo solo per sollecitare la risposta alla interrogazione a risposta scritta n. 4-04715 da me presentata al Ministro dell'economia e delle finanze ormai circa un anno fa: il 26 ottobre 2009.
Penso che anche a questo proposito, signor Presidente, occorra regolamentare meglio la materia del rapporto tra Parlamento e Governo: gli atti di sindacato ispettivo rappresentano una delle funzioni principali della Camera e del Senato. Probabilmente l'attività di controllo è quella che ha fatto nascere i parlamenti. Avere dopo un anno la necessità di sollecitare la risposta ad una interrogazione significa che il nostro ruolo risulta quantomeno svilito. Quindi, la prego di farsi carico presso chi di dovere per fare in modo che queste situazioni non abbiano più ad esistere.
PRESIDENTE. Onorevole Landolfi, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo all'interrogazione da lei richiamata.
LUISA BOSSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUISA BOSSA. Signor Presidente, prendo la parola per segnalare la gravissima situazione di tensione che in queste ore a Terzigno nel parco del Vesuvio in provincia di Napoli è ai livelli di guardia. Pag. 79La popolazione dei territori vesuviani protesta da settimane contro il paventato allargamento della discarica Sari - peraltro già attiva - e sulla possibilità che se ne apra addirittura un'altra a Cava Vitiello. Trovo inaccettabili le dichiarazioni rese nelle ultime ore dai vertici della Polizia di Stato, secondo le quali non c'è una protesta, ma una guerriglia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Non è con questi termini e con questi atteggiamenti che si contribuisce a ripristinare il dialogo e la calma. Non è usando queste espressioni che si autorizza se stessi ad utilizzare qualunque metodo, magari molto violento, per reprimere il dissenso che, fino a prova contraria, in questo Paese è garantito come diritto fondamentale. Ebbene, a Terzigno c'è una moltitudine di donne e di uomini che ha il terrore di vedere trasformato il territorio in uno sversatoio permanente di rifiuti pericolosi. Non sono egoisti: hanno già una discarica, ne sopportano il peso, sapendo che ci sono momenti nei quali occorre fare sacrifici, ma non vogliono ampliamenti, né nuove discariche.
La discarica - lo sappiamo - è un tumore e deve rappresentare un'eccezione transitoria e limitata. Non può diventare la regola come invece subdolamente - tra fallimenti di inceneritori inaugurati e mai andati a regime, annunciati e mai costruiti, raccolta differenziata mai fatta né controllata - sta succedendo in Campania, facendo peraltro aumentare i fatturati di chi lucra sulle discariche.
Credo che a Terzigno nelle ultime ore la Polizia abbia smarrito il senso dello Stato: la notte scorsa è stato rimosso a colpi di manganello un presidio di donne che recitavano il Rosario sedute a terra in mezzo alla strada. Sono state sollevate di peso e colpite. Certamente impedivano l'accesso alla discarica e bloccavano la strada. Sappiamo che questo non è consentito. Ma non è consentito neppure ricorrere ad atti di violenza così duri e così gratuiti per zittire una protesta.
Prevalga il buonsenso, dunque, e si tenga da parte qualunque violenza proveniente da chiunque. Chiediamo al Ministro Maroni di intervenire, e di intervenire presto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
STEFANO ALLASIA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori in relazione a due eventi.
Con riferimento al fatto antecedente a ieri mattina esprimo la solidarietà del gruppo della Lega Nord al presidente Roberto Cota per la lettera di minacce che è arrivata direttamente nel suo ufficio con un'ipotesi reale di attentato. Purtroppo, da questi banchi, in quest'Aula, negli ultimi mesi si è sentito più volte che in Piemonte c'è un clima di tensione elevato; finalmente con questa sentenza del Consiglio di Stato si spera che questa tensione, questa politica di terrore che qualcuno sta continuando a portare avanti in Piemonte si taccia per sempre e che si possa lavorare.
L'augurio del gruppo della Lega, e anche mio personale, è un buon lavoro al governatore del Piemonte Roberto Cota (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Mercoledì 20 ottobre 2010, alle 10,30:
(ore 10,30 e ore 16).
1. - Seguito della discussione delle mozioni Esposito ed altri n. 1-00437, Delfino ed altri n. 1-00439, Ghiglia ed altri n. 1-00442, Misiti ed altri n. 1-00454 e Allasia ed altri n. 1-00457 concernenti iniziative volte alla realizzazione della linea ferroviaria alta velocità/alta capacità Torino-Lione.
Pag. 802. - Seguito della discussione della mozione Capitanio Santolini, Zampa, Di Giuseppe, Mussolini, Mosella, Misiti, Iannaccone ed altri n. 1-00459 concernente iniziative a tutela dei minori stranieri non accompagnati.
(ore 15).
3. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
La seduta termina alle 19,25.
TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI GIUSEPPE CONSOLO, MARILENA SAMPERI E FEDERICO PALOMBA IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOC. IV-BIS, N. 1-A.
GIUSEPPE CONSOLO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta riferisce su una domanda di autorizzazione a procedere ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione nei confronti del deputato Pietro Lunardi, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti all'epoca dei fatti.
La domanda perviene dal collegio per i reati ministeriali di Perugia, ed è stata inoltrata con nota del procuratore della Repubblica di Perugia pervenuta alla Camera dei deputati il 18 agosto 2010 e assegnata alla Giunta il successivo giorno 19.
L'accusa che viene mossa all'ex ministro Lunardi è quella di corruzione propria (articolo 319 c.p.). Il fatto sarebbe consistito nell'avere il ministro pro tempore colto una indebita opportunità di acquisto a prezzo di favore di un immobile nel centro di Roma a fronte di un provvedimento ministeriale di concessione di finanziamento al soggetto che gli avrebbe venduto il palazzo.
Da questo punto di vista, non c'è dubbio che si tratterebbe, qualora accertato, di reato ministeriale, rientrante quindi nell'ambito d'applicazione dell'articolo 96 della Costituzione, della legge costituzionale n. 1 del 1989 e della legge ordinaria n. 219 del 1989.
La Giunta ha iniziato l'esame nella seduta del 15 settembre 2010 per poi proseguirlo nelle sedute del 22 e 29 settembre 2010. L'esame si è concluso nella seduta del 6 ottobre 2010. È opportuno allegare alla presente relazione i resoconti della discussione affinché risultino con chiarezza gli aspetti salienti del dibattito che ha portato alla decisione che il sottoscritto relatore si appresta ad esporre.
Fin dall'arrivo dell'incartamento presso la Giunta è apparso evidente che esso presentasse una lacuna: si ipotizza infatti a carico di Lunardi un reato - la corruzione propria - che è per giurisprudenza e dottrina fattispecie a concorso necessario. Non è quindi possibile avere una corruzione, senza individuare quanto meno due soggetti partecipi dell'episodio: il pubblico ufficiale corrotto e l'extraneus corruttore.
Orbene: per prassi assolutamente prevalente dal giugno 1989 a oggi, quando la Camera dei deputati è stata investita di domande autorizzatorie per reati ministeriali commessi in concorso, ha ricevuto la richiesta di deliberazione a carico sia del ministro sia dei concorrenti «cosiddetti laici» (vedi per esempio la domanda inerente all'ex ministro per la protezione civile Gaspari nella X legislatura, quella a carico dell'ex ministro dei trasporti Signorile sempre nella X legislatura, quella a carico di Giovanni Prandini, ministro pro tempore dei lavori pubblici ancora nella X legislatura, quella a carico di Francesco De Lorenzo, ministro pro tempore della sanità nell'XI legislatura e quella a carico di Gianni Alemanno, ex ministro dell'agricoltura nella XIV legislatura).
È in omaggio a questi precedenti che, correttamente e d'intesa tra i gruppi presenti in Giunta, il Presidente Castagnetti ha inviato una nota al Presidente del collegio per i reati ministeriali di Perugia, nota con cui veniva prospettata l'opportunità, ma oserei dire la necessità, di integrare la documentazione con la descrizione dell'imputazione a carico del preteso corruttore Pag. 81e di altri eventuali soggetti partecipi dell'episodio, con la relativa domanda di autorizzazione a procedere.
A tale determinazione il Presidente della Giunta è pervenuto dunque sulla base dell'interpretazione costantemente verificata dell'articolo 5 della legge costituzionale n. 1 del 1989 e dell'articolo 4, comma 2, della legge n. 219 del 1989.
Sorprendentemente, il magistrato destinatario della lettera, ha risposto alla stessa in modo negativo, sostenendo di non dover richiedere l'autorizzazione anche per i cosiddetti indagati laici (articolo 25 della Costituzione).
A parte le intrinseche incongruenze della risposta del presidente del tribunale dei ministri di Perugia, è rimasto evidente alla parte maggioritaria della Giunta che essa costituisca un ostacolo per il proficuo esame della vicenda. È infatti difficoltoso se non impossibile per la Giunta e per la Camera prendere in considerazione un episodio di corruzione senza poter analizzare finalità e modalità della condotta di entrambi i pretesi concorrenti a tale episodio.
Si aggiunga che l'articolo 8, comma 1, della legge costituzionale n. 1 del 1989 prevede che il collegio dei reati ministeriali ha novanta giorni per compiere preliminari indagini sulla notizia di reato ministeriale, termine che decorre dal ricevimento degli atti dalla procura ordinaria.
Risulta che il fascicolo sia pervenuto al tribunale dei ministri dalla procura ordinaria il 19 luglio 2010 e che già il 18 agosto, in piena estate, il tribunale medesimo abbia trasmesso gli atti alla Camera dei deputati. È chiaro quindi che in buona sostanza il tribunale dei ministri non abbia svolto in alcuna maniera quel suo ruolo di filtro e di sommario vaglio dei fatti ipotizzati che il sistema normativo sui reati ministeriali gli attribuisce.
In tal senso è assai significativo quanto stabilì la Corte costituzionale nella sentenza n. 403 del 1994. Scrisse la Corte: «È invece il Collegio che compie le indagini preliminari entro il termine di novanta giorni, all'esito delle quali (salva la richiesta di ulteriori indagini da parte dello stesso Procuratore della Repubblica da effettuarsi nel termine, così prorogato, di sessanta giorni) adotta le sue determinazioni disponendo l'archiviazione ovvero inviando gli atti con relazione motivata al Procuratore della Repubblica per la loro immediata trasmissione al Presidente della Camera competente. Quest'ultima, così investita, può negare l'autorizzazione a procedere (prevista dall'articolo 96 della Costituzione, come novellato) ove reputi, con valutazione insindacabile, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di Governo (articolo 9, comma 3), finalità queste assunte quali condizioni di procedibilità dell'azione penale secondo l'espresso disposto dell'articolo 4, comma 1, legge n. 219/89. In tal caso l'Assemblea deve indicare a quale concorrente, anche se non Ministro, né parlamentare, si riferisce il diniego (articolo 4, comma 2, cit.). [...].Orbene, il potere del Collegio inquirente ha ad oggetto il compimento delle indagini preliminari alle quali procede (dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale) con i poteri che spettano al pubblico ministero (articolo 1, comma 2, legge 219/89). A questi si aggiungono i poteri del giudice per le indagini preliminari; ed infatti il secondo comma dell'articolo 1 cit. prevede che il collegio può disporre anche d'ufficio incidente probatorio, provvedendo direttamente allo stesso che si considera ad ogni effetto come espletato dal g.i.p.; inoltre il Collegio può compiere anche d'ufficio tutti gli atti di competenza del g.i.p. Si tratta quindi di poteri eccezionalmente ampi, giustificati dalla specialità di questa fase procedimentale che - inscritta in un sufficiente arco di tempo, discrezionalmente apprezzato dal legislatore in 90 giorni, prorogabili di ulteriori 60 giorni - è prodromica ad una doppia (ancorché profondamente diversa) valutazione (di merito): quella dello stesso Collegio inquirente (di archiviare o di richiedere l'autorizzazione a procedere); quella della Camera di negare o concedere l'autorizzazione a procedere. Entrambe tali Pag. 82valutazioni (che rispettivamente concernono per il Collegio inquirente anche l'infondatezza della notitia criminis ovvero l'estraneità dell'indiziato al fatto e per la Camera il riscontro delle finalità di cui all'articolo 9, comma 3) debbono necessariamente fondarsi sulle risultanze delle indagini preliminari compiute. Il potere del Collegio inquirente - al cui esercizio è condizionata l'acquisizione di tali risultanze - finisce quindi per incidere indirettamente sul potere della Camera nel senso che l'eventuale abdicazione del Collegio ad esercitare il suo potere priva la Camera di elementi di fatto la cui rilevanza, o meno, al fine del riscontro delle finalità di cui all'articolo 9, co. 3, cit. essa sola può apprezzare. Ciò mostra come l'esercizio del potere del Collegio inquirente si atteggia anche come obbligo di leale collaborazione (sentenza n. 379/92) non essendo nella discrezionalità del Collegio procrastinare a dopo l'autorizzazione a procedere atti di indagini preliminari che potrebbero essere compiuti prima. La ragionevole ampiezza del termine (ancorché non previsto a pena di decadenza) testimonia il bilanciamento operato dal legislatore che - pur non richiedendo il completo esaurimento delle indagini preliminari - neppure arresta il procedimento in attesa dell'autorizzazione a procedere come viceversa tendenzialmente fa l'articolo 346 c.p.p. che in generale limita gli atti di indagini preliminari a quelli resi necessari per assicurare le fonti di prova o perché vi è pericolo nel ritardo» (punti 6 e 7 del Considerato in diritto).
In sostanza, confortati dalla Corte costituzionale, è apparso alla maggioranza della Giunta che vuoi per non aver offerto alla Camera una completa prospettazione dell'episodio corruttivo, vuoi per l'insufficienza delle indagini sommarie svolte dal tribunale dei Ministri, gli atti debbano essere restituiti all'autorità giudiziaria.
Per questi motivi, a maggioranza, nella seduta del 6 ottobre 2010, la Giunta ha deliberato di proporre all'Assemblea, come io propongo, che gli atti siano restituiti al collegio per i reati ministeriali di Perugia.
MARILENA SAMPERI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome dei deputati appartenenti al gruppo del Partito Democratico presso la Giunta per le autorizzazioni, riferisco sulla domanda di autorizzazione a procedere nei confronti di Pietro Lunardi, ministro all'epoca dei fatti, per l'ipotesi di corruzione.
La domanda perviene dal collegio per i reati ministeriali di Perugia ed è stata inoltrata con nota del procuratore della Repubblica di Perugia pervenuta alla Camera dei deputati il 18 agosto 2010 e assegnata alla Giunta il successivo giorno 19 agosto.
L'accusa che viene mossa all'ex ministro Lunardi è quella di corruzione propria (articolo 319 c.p.). Il fatto è consistito nell'avere il ministro pro tempore colto un'indebita opportunità di acquisto a prezzo di favore (3 milioni di euro) di un immobile nel centro di Roma (a via dei Prefetti, adiacente a piazza del Parlamento, il cui valore di mercato si aggira intorno agli 8 milioni di euro) a fronte di un provvedimento ministeriale di concessione di finanziamento al soggetto che gli ha venduto il palazzo (l'ente ecclesiastico Propaganda Fide). Quest'ultimo ente ha ricevuto un finanziamento a opera di un decreto interministeriale del 2005, firmato dai ministri Buttiglione e Lunardi.
La Giunta ha iniziato l'esame nella seduta del 15 settembre 2010 per poi proseguirlo nelle sedute del 22 e 29 settembre 2010. L'esame si è concluso nella seduta del 6 ottobre 2010.
Il ministro Lunardi, il 3 giugno 2004 ha acquistato, per il tramite di una società immobiliare di cui il figlio Giuseppe è amministratore, un immobile del valore commerciale di 8 milioni di euro in una zona prestigiosa della capitale. Si tratta di un edificio cielo-terra tra vicolo Valdina, via di Campomarzio, via dei Prefetti e piazzetta Firenze. Sebbene da ristrutturare, si tratta di un immobile di assoluto valore, di cinque piani con affacci sia su via dei Prefetti sia su vicolo Valdina. Le porzioni immobiliari dispongono di cantina. Tutte queste informazioni sono state Pag. 83offerte da Lunardi stesso nel corso della sua audizione presso la Giunta il 22 settembre 2010 e tramite un corposo deposito documentale che i componenti hanno potuto consultare e valutare.
Il soggetto venditore è Propaganda Fide, un ente ecclesiastico. Soggetto decisivo per la conclusione dell'affare, nell'ipotesi accusatoria, è stato Angelo Balducci, figura onnipresente nelle varie vicende venute alla luce con l'inchiesta sulla c.d. «cricca» di cui facevano parte Anemone, Zampolini e altri. L'architetto Zampolini, il cui interrogatorio è stato letto da diversi componenti della Giunta, era presente nello studio del notaio romano che ha stipulato la vendita. Sull'immobile oggetto del contratto la ditta di Anemone aveva in precedenza svolto dei lavori.
Si potrebbe obiettare che questo atto di compravendita non possa essere posto in relazione sinallagmatica con l'emanazione del decreto interministeriale del 20 luglio 2005 a firma dei ministri Buttiglione e Lunardi e recante la tabella degli interventi da finanziare, tra cui quello indicato al numero 28 della pagina 9 dell'allegato al predetto decreto, in favore di Propaganda Fide a piazza di Spagna.
Tale rapporto sinallagmatico, secondo taluni, sarebbe escluso dal fatto che il decreto è successivo di più di un anno alla compravendita. Ma si tratta di un'obiezione priva di valore, non solo perché l'articolo 319 del codice penale non prescrive una precisa successione temporale fra la dazione o la promessa del corruttore e l'atto contrario ai doveri d'ufficio del corrotto; ma soprattutto perché tale obiezione trascura il ruolo pervasivo e determinante di Balducci nonché la circostanza che le risorse appostate nel bilancio dello Stato per gli interventi compresi nel decreto interministeriale del luglio 2005 erano già state individuate nella primavera dell'anno prima con il decreto-legge n. 72 del 2004, che attribuisce al Ministro per i Beni e le attività culturali di concerto con il Ministro delle infrastrutture l'approvazione del programma degli interventi. I protagonisti sono gli stessi soggetti che in questi anni hanno agito puntualmente sul sistema degli appalti e delle corruzioni a pubblici ufficiali o a rappresentanti delle istituzioni come dimostrano altri scandali venuti alla luce, come quello dell'ex ministro Scajola o quello dei lavori, sempre nel 2004, della caserma Zignani in cui Balducci svolge un ruolo essenziale per la lievitazione dei costi in favore dell'impresa di Anemone, aggiudicataria dei lavori e nella quale viene evocato, durante la fase di approvazione dei progetti, dallo stesso Balducci il nome del ministro Lunardi.
Il procedimento penale qui in discussione viene avviato a seguito di una segnalazione della Corte dei conti, dalla cui relazione emergono anomalie nel finanziamento che ARCUS, società interamente partecipata da capitale pubblico per lo sviluppo dell'arte, ha erogato a Propaganda Fide. I rilievi che muove la Corte riguardano la mancata effettuazione dei lavori di pubblico interesse per cui il finanziamento era stato concesso (più specificamente una pinacoteca), la mancata distinzione tra i lavori a carico della Congregazione e quota parte dei lavori effettuati a carico del progetto finanziato con la conseguenza che i lavori riferiti ai SAL 6, 7 e 8 sono stati tutti accollati ad ARCUS pur essendo stati effettuati in epoca antecedente la stipula della convenzione. Per brevità ometto altri rilievi e comunque si registra la mancata apertura al pubblico delle opere finali come sarebbe dovuto essere ai sensi della normativa in vigore.
Ci troviamo in sostanza dinnanzi ad un episodio che merita sicuramente il vaglio giurisdizionale, affinché possa farsi luce su quello che i provvedimenti giudiziari della scorsa primavera hanno definito «il sistema gelatinoso» di cui erano domini Balducci, Anemone e i loro sodali.
Né francamente è degna di attenzione la critica rivolta ai magistrati per cui costoro avrebbero indagato il ministro Lunardi con intenti persecutori.
Innanzitutto il fumus persecutionis se è determinante ai fini delle autorizzazioni ad acta di cui all'articolo 68, commi secondo e terzo, della Costituzione, non è un criterio rilevante nel sistema della legge Pag. 84costituzionale n. 1 del 1989 (il cui articolo 9 consente il diniego dell'autorizzazione soltanto se si reputino sussistenti in alternativa la ragion di Stato o il perseguimento di un preminente interesse pubblico). Né l'intento persecutorio può trarsi dal fatto che non sia stato indagato anche Rocco Buttiglione. È evidente che quest'ultimo non ha acquistato beni da Propaganda Fide in contestualità con l'emanazione di un provvedimento concessorio a favore di essa.
Men che meno è degna di considerazione la doglianza per cui non sarebbero indagati anche i successori dei ministri Lunardi e Buttiglione, vale a dire Di Pietro e Rutelli, i quali non hanno assunto decisioni in merito al finanziamento per il palazzo di piazza di Spagna, interamente finanziato durante il precedente Governo Berlusconi.
In ottemperanza all'articolo 96 della Costituzione e in applicazione del comma 3 dell'articolo 9 della legge costituzionale n.1 del 1989 la Camera deve solo verificare se nel caso concreto sussista un interesse superiore di rilievo costituzionale: se cioè l'ex ministro Lunardi abbia tutelato con la sua condotta un interesse pubblico, collegato con la funzione di governo, cosa che giustificherebbe la speciale esimente prevista dall'articolo 96.
Il procedimento penale viene avviato a seguito di una nota della Corte dei conti.
Non sembra allo stato degli atti che il finanziamento a Propaganda Fide e, tantomeno l'acquisto dell'immobile di via dei Prefetti da parte dell'onorevole Lunardi, configuri un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o il perseguimento di un preminente interesse pubblico.
Per tutti questi motivi, la proposta di concedere l'autorizzazione - avanzata dal Presidente Castagnetti - doveva essere accolta senza esitazioni.
Inopinatamente, invece, gli esponenti della maggioranza hanno sin da subito opposto alle ragioni del compiuto e legittimo accertamento della verità pretesti procedurali incomprensibili.
Partendo dall'assunto che la domanda pervenuta recasse un aspetto necessario di chiarimento, consistente nella mancata allegazione di una domanda autorizzatoria rivolta anche ai concorrenti di Lunardi nel fatto a lui contestato, essi hanno sostenuto che l'incartamento non fosse suscettibile di un esame accurato.
Deve essere precisato al riguardo che per correttezza il Presidente della Giunta, sentiti i rappresentanti dei Gruppi e in chiave di leale collaborazione tra poteri equiordinati dello Stato, aveva inviato al presidente del Collegio dei reati ministeriali di Perugia una nota per chiedere chiarimenti in ordine a tale eventuale integrazione documentale. Il magistrato di Perugia, tuttavia, ha ritenuto di aderire a un'interpretazione diversa dell'articolo 5 della legge n. 1 del 1989.
Adombrando addirittura un'inconsistente ipotesi di elevare un conflitto d'attribuzioni, gli esponenti della maggioranza hanno sostenuto un'assurda necessità di esame contestuale delle diverse posizioni dei correi e quindi - nella supposta impossibilità di procedervi - hanno concluso per la restituzione degli atti.
Si tratta all'evidenza di un marchiano errore giuridico volto a celare un'indifendibile posizione politica.
L'articolo 17 del codice di procedura penale, con riferimento ai procedimenti connessi, prevede la facoltà di riunione dei procedimenti e non già l'obbligo in tal senso. È poi ovvio che il concorso di persone nel reato può dar luogo a procedimenti che prendano distinti percorsi, per esempio l'uno su riti speciali - quali il patteggiamento o il rito abbreviato - e l'altro sul rito ordinario. Senza contare che è possibile che per taluno dei correi le prove siano insufficienti e quindi si arrivi all'archiviazione. In sostanza, la tesi per cui non si potrebbe valutare la condotta di un concorrente senza esaminare la posizione dell'altro è errata in diritto. Essa è stata sostenuta solo perché la maggioranza non ha avuto il coraggio politico di opporre il diniego all'autorizzazione per il ministro Lunardi. D'altronde è da escludersi un qualsiasi pregiudizio per l'autonomia della Camera che allo stato degli atti ha tutti gli elementi per valutare se il Pag. 85comportamento del ministro Lunardi possa rientrare tra quelli previsti quali esimenti.
Non si dimentichi infatti che ci troviamo in una fase assolutamente embrionale in quanto ai sensi dell'articolo 6 della legge costituzionale n. 1 del 1989, il procuratore della Repubblica, omessa ogni indagine, trasmette gli atti relativi al tribunale dei Ministri, che li valuta solo per verificare se possa disporne l'archiviazione. In caso contrario è obbligato a rimettere immediatamente la pratica al Presidente della Camera. Tale procedura è stata correttamente seguita. Siamo quindi in presenza non di un'imputazione, ma di una semplice iscrizione di una notizia di reato e quindi di una mera possibilità dell'avvenuta commissione di un reato. L'autorizzazione alla prosecuzione delle indagini consentirà di verificare se potrà essere formulata un'eventuale imputazione.
Lo stesso deve dirsi per gli altri risibili argomenti utilizzati per attaccare l'operato della magistratura. Si è detto che essa abbia erroneamente indicato come capo di gabinetto Angelo Balducci mentre questi era un direttore generale; si è detto che Zampolini aveva soltanto svolto la DIA per conto del deputato Lunardi e non era un protagonista informato della vicenda; si è detto infine che l'autorità giudiziaria di Perugia sarebbe incompetente per territorio. Ma come è evidente si tratta di rilievi di merito, che non possono interessare la Giunta e la Camera e che il collega Lunardi deve farli valere nelle sedi giudiziarie.
Sottolineo ancora una volta che l'autorizzazione di cui all'articolo 96 è un atto dovuto salvo che si rifaccia ad uno dei due casi che la legge prevede come esimenti: tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio di una funzione di governo. Peraltro, la restituzione proposta è prevista dal Regolamento della Camera per incompetenza (cioè per i reati non ministeriali) e non per una pretesa incompletezza della prospettazione accusatoria.
Per questi motivi, invito l'Assemblea a respingere la proposta di restituzione degli atti all'autorità giudiziaria e a deliberare per il rinvio dei medesimi alla Giunta per le autorizzazioni affinché questa formuli una nuova proposta all'Assemblea nel senso che l'autorizzazione richiesta sia concessa.
FEDERICO PALOMBA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con la presente relazione di minoranza mi faccio espressione del punto di vista di quanti presso la Giunta delle autorizzazioni sono stati sopraffatti ancora una volta dall'arroganza prevaricatrice della «casta» di potere.
Si discute dell'autorizzazione a procedere ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione dell'ex ministro Lunardi. Nell'ipotesi accusatoria, egli avrebbe acquistato un intero palazzo di valore storico nel centro di Roma (in un isolato delimitato da Piazza del Parlamento, Via dei Prefetti, Vicolo Valdina e Piazzetta Firenze, in sostanza il cuore della Roma del '500 e del '600) a un prezzo di molto inferiore alla metà delle quotazioni di mercato.
Egli ha ottenuto un simile trattamento di favore dal venditore, che era l'Istituto ecclesiale Propaganda Fide. Tale ente aveva certamente la facoltà di vendere a chicchessia e per il prezzo da esso ritenuto congruo. Nessuno può imputare agli amministratori di Propaganda Fide di aver venduto un palazzo che vale tra gli 8 e i 10 milioni di euro a 3 milioni. Quello che giustamente ha suscitato la necessità di una verifica giudiziaria è che l'acquirente era proprio il pubblico ufficiale che poco dopo l'acquisto ha firmato un decreto interministeriale con cui a Propaganda Fide veniva attribuito un finanziamento di ben 2,5 milioni di euro per lavori di pubblico interesse artistico e culturale, mai terminati e mai aperti alla fruizione pubblica.
Di qui l'accusa di corruzione propria aggravata ai sensi degli articoli 319 e 319-bis del codice penale.
L'episodio, peraltro, si incastona in un mosaico assai noto: da un lato, l'episodio Pag. 86dell'appartamento di Via del Fagutale a Roma, con affaccio sul Colosseo, acquistato dall'ex ministro Scajola, costatogli le dimissioni; e dall'altro la furibonda polemica estiva su un appartamento di modeste dimensioni a Montecarlo, venduto dal tesoriere di Alleanza Nazionale a una società off shore, e preso in locazione da una persona dell'entourage del Presidente della Camera, episodio considerato come significativo dell'uso di un «manganello mediatico» collegato ad un'attività di dossieraggio, dal mio partito ritenuto espressione di barbarie e di inquietante commistione tra interessi di persone pubbliche e di mondo dell'informazione (peraltro, si è trattato di un «killeraggio» boomerang, se è vero che le indagini hanno accertato la congruità del prezzo richiesto dal tesoriere del partito di Alleanza nazionale, all'atto della vendita).
Orbene, la vicenda dell'ex ministro Lunardi è di gravità molto superiore a questa citata e quanti si sono detti scandalizzati da quest'ultima dovrebbero oggi schierarsi per l'immediato processo a carico dell'ex ministro in questione.
Del resto, tornano in mente le parole scritte su Libero il 15 giugno 2010 da Davide Giacalone nell'articolo «La difesa di Lunardi è un suicidio politico». Scriveva Giacalone: «Mi sono cascate le braccia leggendo l'intervista che Pietro Lunardi ha rilasciato a Repubblica: da una parte ha gettato la croce addosso ai suoi colleghi Scajola e Bertolaso, dall'altra ha dimostrato di non avere idea di cosa sia l'etica pubblica [...]. Lunardi afferma che, quando era ministro, una delle sue case è stata ristrutturata da Diego Anemone, per due ragioni: la prima è che gli fu presentato dal migliore dei suoi funzionari, Angelo Balducci; la seconda è che »mi doveva un favore«. Lo stesso Lunardi - parole sue - aveva telefonato a qualche persona influente presso il Banco di Roma, in modo da propiziare la vendita di alcuni terreni a quel costruttore che poi ci realizzò l'ormai celebre Salaria Sport Village. Telefonò perché quell'uomo era amico di Balducci [...]».
Insomma: Pietro Lunardi è un reo confesso; e lo dicono anche i giornali vicini al Popolo della Libertà.
Ciò nonostante, presso la Giunta delle autorizzazioni si è sviluppata una tragedia teatrale grottesca, degna della migliore letteratura dell'assurdo. Pietro Lunardi è venuto in audizione il 22 settembre 2010 a ribadire tutti i punti di quella che Giacalone aveva definito una linea suicida.
Egli infatti ha sostenuto di aver certamente firmato il concerto ministeriale al decreto del ministro Buttiglione di finanziamento a Propaganda Fide; ha confermato che l'architetto Zampolini era presente nello studio del notaio nel giugno 2004 quando fu stipulato l'atto d'acquisto del palazzo; ha confermato che Anemone vi aveva svolto dei lavori; ha confermato che il suo capo di gabinetto aveva assunto le iniziative rilevanti d'ordine del ministro. Ha cercato di sostenere che il prezzo pagato per il palazzo era congruo. Ha sostenuto tesi ardite o ridicole: che parte della metratura era senza finestre; che alcuni appartamenti erano locati a terzi; che la porzione immobiliare fosse da ristrutturare e che periti di sua fiducia avevano asseverato che il valore doveva aggirarsi intorno ai 3 milioni di euro.
Come si vede, si tratta di rilievi per un verso assai poco persuasivi, e, per l'altro, tutti pertinenti al merito del fatto e dunque totalmente irrilevanti per l'esame parlamentare. Tutto questo avrebbe dovuto indurre a un'unanime proposta di concessione.
Veniamo agli aspetti procedurali.
La questione della contestualità della richiesta di autorizzazione a procedere di cui all'articolo 96 della Costituzione tanto per il ministro quanto per i cosiddetti concorrenti laici è controversa, anche perché l'articolo 5 della legge costituzionale non si esprime in tal senso. E difatti al Senato si annovera un caso del 1995 nel quale, pur riguardando l'imputazione il concorso di persone, l'autorizzazione fu chiesta solo per il ministro. E comunque la conseguenza della mancata autorizzazione per l'inquisito «laico» potrebbe essere solo l'improcedibilità nei suoi confronti. Pag. 87
In modo del tutto pretestuoso e protervo, invece, la maggioranza - trascurando quella che può definirsi una confessione del collega Lunardi - ha invece stabilito un nesso di pregiudizialità tra la posizione dei suoi pretesi correi e quella di Lunardi medesimo, sulla base dell'argomento che la corruzione è un reato a concorso necessario.
Non vi è evidentemente discussione su quest'ultimo profilo. Dove invece la tesi risultata maggioritaria è incorsa in un grossolano e voluto errore giuridico è sul terreno processuale, nel sostenersi, cioè, che il concorso di persone nel reato implica necessariamente il simultaneus processus.
È ovvio che si tratta di un assunto falso e strumentale. L'articolo 12 del codice di procedura penale prevede certamente quale ipotesi di connessione quella del concorso di persone nel reato; ma è noto a tutti che l'articolo 17 del medesimo codice consente al giudice, ma non lo costringe, di riunire i procedimenti connessi. Inoltre, il medesimo codice di rito consente a ciascun inquisito di scegliere riti diversi, quali quello abbreviato, il patteggiamento o il dibattimento. Questa possibilità di scelta non è evidentemente preclusa dal fatto che si proceda per corruzione o per altri reati a concorso necessario.
Né si trascuri che la giurisdizione minorile per principio impone la separazione dei giudizi pur quando il minorenne sia coimputato con persona maggiorenne.
Dunque, anche considerato il venir meno della pregiudizialità penale rispetto a quella civile o amministrativa o contabile, è fisiologico che nel nostro sistema processuale possano aversi pronunce diverse sullo stesso caso.
La contestualità, peraltro, può essere impossibile quando il livello di indagine riguardante i possibili coimputati sia ancora embrionale o non sufficientemente definito rispetto al livello di accertamento riguardante il ministro, in relazione al quale ricorrono tempi assai ristretti di decisione.
Durante l'esame presso la Giunta sono state, poi, addotte argomentazioni destituite di ogni base giuridica.
La prima: Lunardi sarebbe oggetto di fumus persecutionis. Ebbene, il fumus persecutionis è un criterio totalmente estraneo alla materia dei reati ministeriali. La disciplina di quest'ultima è chiaramente improntata a un favor per la concessione mentre il diniego dell'autorizzazione può essere opposto all'autorità giudiziaria solo se sussistano due precise scriminanti, la cosiddetta ragione di Stato e il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell'esercizio della discrezionalità governativa.
La seconda: autorizzare il procedimento per il deputato Lunardi e non pronunciarsi sui presunti correi avrebbe significato lasciare la posizione del primo nella competenza del tribunale dei ministri, e invece consentire lo svolgimento del procedimento ordinario nei confronti dei coindagati. Si tratta all'evidenza di un rilievo infondato. Il tribunale dei ministri, a dispetto del nome, non è altro che il GIP di questo speciale procedimento. Si tratta di un'autorità filtro, che vaglia le richieste della procura della Repubblica; interloquisce con il Parlamento chiedendo eventualmente l'autorizzazione a procedere; e, ove ottenuta questa, rimette gli atti all'autorità giudiziaria ordinaria perché il procedimento prosegua secondo le regole generali (vedi la sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 2002).
La Giunta quindi avrebbe dovuto procedere all'esame completo della posizione del deputato Pietro Lunardi e concedere l'autorizzazione richiesta. Tale conclusione non solo sarebbe stata politicamente doverosa ma anche giuridicamente consentita.
La proposta di restituzione degli atti è invece errata per due ordini di motivi. Anzitutto per quanto si è venuto sinora esponendo; in secondo luogo, perché l'articolo 18-ter del Regolamento della Camera prevede la restituzione degli atti solo nel caso in cui dall'esame di essi si evinca che non si tratti di reato ministeriale e che quindi la Camera è incompetente. Nel nostro caso, invece, la maggioranza decide Pag. 88in modo aberrante di restituire gli atti per incompletezza della prospettazione accusatoria sotto il profilo della non integrale sottoposizione alla richiesta autorizzatoria anche delle persone concorrenti, ipotesi che il Regolamento medesimo non prevede affatto.
Per questi motivi invito l'Assemblea a respingere la proposta della Giunta e a rinviarle gli atti, affinché torni a riunirsi per formulare la proposta della concessione.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GIORGIO CONTE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1441-QUATER-F
GIORGIO CONTE. Onorevoli colleghi, Il provvedimento in esame, collegato alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013 in materia di lavoro, è certamente frutto di un lavoro complesso, articolato e politicamente sofferto. Come è stato già ampiamente ricordato questo è ormai arrivato in settima lettura all'esame della Camera ed ha meritato quindi opportuni approfondimenti.
Al momento risulta quanto meno prioritario poter sollecitare l'approvazione di questo provvedimento a lungo atteso, tenendo presente il sostegno che sembra provenire da più comparti istituzionali e sociali.
Consente inoltre al mondo imprenditoriale e ai lavoratori di potersi muovere agevolmente in una cornice normativa rinnovata e più completa.
La ragionevolezza delle disposizioni tracciate nel provvedimento in esame, l'approfondimento dedicato ad alcune di esse - faccio riferimento in particolare all'articolo 31 in materia di conciliazione e arbitrato - non lo dispensa da ulteriori approfondimenti, che potrebbero trovare spazio in altri provvedimenti affini per materia.
In particolare mi riferisco a specifiche misure di sostegno all'occupazione femminile eventualmente legittimate da un adeguato sistema di welfare, che consentano a questa categoria di lavoratori di non essere vessata.
Siamo certi che misure più puntuali e più concrete possano essere strutturate anche nei decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di occupazione femminile di cui all'articolo 46 del presente provvedimento.
Come dicevamo, riadeguare l'attuale sistema di welfare alle esigenze di un mercato del lavoro che cambia e che si contraddistingue da un dinamismo e da sfaccettature sempre più allarmanti sotto il profilo contrattuale, rappresenta forse una delle nostre più sentite priorità.
Infatti attualmente esistono evidenti debolezze insite nel sistema contrattuale ed emerge la chiara esigenza da un lato di renderlo sì adeguato alle necessità di un sistema economico specifico, ma dall'altro di tener debitamente conto delle pattuizioni con le parti sociali garantendo al lavoratore la dignità che gli spetta.
Purtroppo abbiamo vissuto una condizione di incompiutezza della normativa sul mercato del lavoro, forse in attesa che la parabola economica e sociale della nostra economia potesse porgere un riferimento analitico per portarla a compimento.
Oggettivamente mancano strumenti di protezione del lavoratore, per chi non è ancora entrato nel mercato del lavoro e per chi non ha una posizione certa e stabile. E su questo aspetto alcuni esempi europei possono fornire un adeguato e virtuoso riferimento.
A proposito di garanzie e di tutela di chi ancora non ha accesso al mercato del lavoro, è bene ricordare a questa platea e a lei, Ministro, che esistono ulteriori criticità su cui nessun referente politico o istituzionale fino ad ora ha inteso metterci mano.
Mi riferisco alle deprecabili ed assurde dinamiche di accesso al lavoro nel contesto privato per i giovani laureati e non.
Allo stesso tempo, siamo però soddisfatti, onorevole Ministro, ricollegandomi a quanto evidenziato da lei nella precedente seduta, di apprendere che il Governo sta predisponendo un riordino organico della Pag. 89disciplina in materia di lavoro attraverso l'emanazione di un apposito testo unico. Sono certo che alcune delle istanze sollevate dal gruppo di Futuro e Libertà possano essere discusse in quella sede ed eventualmente recepite ed integrate tra le disposizioni.
Ritornando al provvedimento in esame, ricordiamo che è stato introdotto un rinnovato impianto normativo in materia di arbitrato di equità che tenga anche conto dei principi generali dell'ordinamento, così come dei principi regolatori della materia, inclusi quelli derivanti da obblighi comunitari. Come accennato la valenza e l'autorevolezza del messaggio del Capo dello Stato che ha evidenziato l'indispensabilità di un ampliamento della portata delle garanzie previste dal provvedimento sono stati un riferimento indifferibile. A seguito di tali evidenze, il provvedimento ha seguito un iter ben preciso, in cui è stata tenuta in debito conto l'analisi secondo cui il momento nel quale massima è la condizione di debolezza della parte che offre la prestazione di lavoro, è proprio la fase della costituzione del rapporto. Da qui la disposizione che definisce la clausola compromissoria al momento dell'assunzione. Un segnale chiaro di garanzia per il lavoratore.
Con tale rinnovato approccio normativo appare chiaro che si è inteso innalzare il livello di garanzie per il lavoratore oltre che chiaramente migliorare il sistema delle relazioni industriali.
In una valutazione di insieme le due Camere hanno svolto un lavoro egregio, che consente di guardare con fiducia anche al vaglio del Presidente della Repubblica, nella consapevolezza che il Parlamento ha saputo cogliere appieno il senso del suo messaggio di rinvio alle Camere, apportando i correttivi necessari.
In particolare, come si anticipava sul tema della conciliazione e dell'arbitrato, vi è la certezza di avere individuato uno strumento aggiuntivo a disposizione della contrattazione collettiva, pienamente rimesso all'autonomia negoziale.
Si è, quindi, di fronte ad uno strumento che difficilmente può essere considerato come una
sorta di «macigno» che rischia di alterare il rapporto di forza tra lavoratore e datore di lavoro.
Malgrado le criticità che sembrano sollevare alcuni referenti delle parti sociali e della politica.
È per tutte queste ragioni che il provvedimento può considerarsi estremamente valido e positivo pur essendo caratterizzato da una forte eterogeneità dei contenuti.
Siamo certi di trovarci dinanzi ad un provvedimento capace di riformare il mercato del lavoro. Un mercato che urge impellenti rettifiche e cambiamenti. Ma allo stesso tempo siamo pienamente consapevoli che questo è il primo passo verso una reale ristrutturazione normativa del comparto. Per tali ragioni mi preme annunciare il voto favorevole del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Doc. IV-bis, n. 1-A | 548 | 546 | 2 | 274 | 292 | 254 | 26 | Appr. |
2 | Nom. | ddl 1441-quater-F - q. pr. cost. 1 | 551 | 551 | 276 | 219 | 332 | 23 | Resp. | |
3 | Nom. | ddl 1441-quater-F - em. 2.1 | 522 | 485 | 37 | 243 | 210 | 275 | 22 | Resp. |
4 | Nom. | articolo 2 | 522 | 488 | 34 | 245 | 275 | 213 | 22 | Appr. |
5 | Nom. | em. 20.1 | 530 | 496 | 34 | 249 | 213 | 283 | 22 | Resp. |
6 | Nom. | em. 20.2 | 532 | 499 | 33 | 250 | 215 | 284 | 22 | Resp. |
7 | Nom. | em. 20.6 | 529 | 493 | 36 | 247 | 213 | 280 | 22 | Resp. |
8 | Nom. | articolo 20 | 535 | 498 | 37 | 250 | 284 | 214 | 22 | Appr. |
9 | Nom. | em. 31.1 | 530 | 527 | 3 | 264 | 208 | 319 | 23 | Resp. |
10 | Nom. | em. 31.2 | 531 | 527 | 4 | 264 | 208 | 319 | 22 | Resp. |
11 | Nom. | em. 31.7 | 534 | 530 | 4 | 266 | 209 | 321 | 22 | Resp. |
12 | Nom. | em. 31.3 | 538 | 532 | 6 | 267 | 213 | 319 | 22 | Resp. |
13 | Nom. | em. 31.4 | 537 | 533 | 4 | 267 | 210 | 323 | 22 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26) | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | em. 31.5 | 539 | 535 | 4 | 268 | 212 | 323 | 22 | Resp. |
15 | Nom. | em. 31.6 | 541 | 538 | 3 | 270 | 213 | 325 | 22 | Resp. |
16 | Nom. | em. 31.8 | 521 | 518 | 3 | 260 | 206 | 312 | 22 | Resp. |
17 | Nom. | em. 31.9 | 526 | 521 | 5 | 261 | 210 | 311 | 22 | Resp. |
18 | Nom. | em. 31.10 | 528 | 523 | 5 | 262 | 212 | 311 | 23 | Resp. |
19 | Nom. | em. 31.11 | 520 | 517 | 3 | 259 | 208 | 309 | 23 | Resp. |
20 | Nom. | em. 31.12 | 521 | 516 | 5 | 259 | 206 | 310 | 23 | Resp. |
21 | Nom. | em. 31.13 | 526 | 521 | 5 | 261 | 208 | 313 | 23 | Resp. |
22 | Nom. | em. 31.14 | 523 | 518 | 5 | 260 | 209 | 309 | 23 | Resp. |
23 | Nom. | em. 31.15 | 518 | 515 | 3 | 258 | 205 | 310 | 23 | Resp. |
24 | Nom. | em. 31.16 | 516 | 513 | 3 | 257 | 203 | 310 | 22 | Resp. |
25 | Nom. | articolo 31 | 516 | 513 | 3 | 257 | 303 | 210 | 22 | Appr. |
26 | Nom. | em. 32.1 | 516 | 479 | 37 | 240 | 204 | 275 | 22 | Resp. |
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 35) | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
27 | Nom. | em. 32.3 | 519 | 483 | 36 | 242 | 208 | 275 | 22 | Resp. |
28 | Nom. | em. 32.5 | 522 | 486 | 36 | 244 | 209 | 277 | 22 | Resp. |
29 | Nom. | em. 32.6 | 525 | 488 | 37 | 245 | 210 | 278 | 22 | Resp. |
30 | Nom. | em. 32.7 | 524 | 487 | 37 | 244 | 210 | 277 | 22 | Resp. |
31 | Nom. | articolo 32 | 517 | 480 | 37 | 241 | 274 | 206 | 22 | Appr. |
32 | Nom. | articolo 50 | 522 | 509 | 13 | 255 | 508 | 1 | 22 | Appr. |
33 | Nom. | odg 9/1441-quater-F/2 | 511 | 507 | 4 | 254 | 201 | 306 | 22 | Resp. |
34 | Nom. | odg 9/1441-quater-F/5 | 519 | 482 | 37 | 242 | 205 | 277 | 22 | Resp. |
35 | Nom. | Ddl n. 1441-quater-F - voto finale | 517 | 514 | 3 | 258 | 310 | 204 | 21 | Appr. |