XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 53 di martedì 23 settembre 2008
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE
La seduta comincia alle 11,05.
RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 18 settembre 2008.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Carfagna, Casero, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Lombardo, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maran, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Annunzio di petizioni (ore 11,07).
PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.
RENZO LUSETTI, Segretario, legge:
GIOVANNI BELLO, da Ferrara, chiede:
misure più restrittive in materia di immigrazione clandestina (281) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'abolizione delle misure alternative alla detenzione e dei benefici economici per i collaboratori di giustizia (282) - alla II Commissione (Giustizia);
nuove norme in materia di radiotelevisione e a tutela del pluralismo (283) - alle Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti);
nuove norme in materia di finanziamento pubblico ai partiti (284) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
provvedimenti volti a migliorare la sicurezza della circolazione stradale (285) - alla IX Commissione (Trasporti);
l'estensione dello Statuto dei lavoratori a tutte le categorie e nuove norme in materia di orario di lavoro (286) - alla XI Commissione (Lavoro);
il riordino del sistema d'istruzione (287) - alla VII Commissione (Cultura);
l'abolizione delle comunità montane e di altri enti pubblici locali e nuove norme in materia di elezioni amministrative (288) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'abolizione dei consigli di amministrazione di nomina politica negli enti pubblici (289) - alla I Commissione (Affari costituzionali);Pag. 2
nuove norme in materia di trattamento economico dei dipendenti pubblici e dei soggetti che ricoprono cariche istituzionali (290) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro);
l'abolizione degli ordini professionali (291) - alla II Commissione (Giustizia);
la fuoriuscita dell'Italia dalla Nato, dall'Unione europea e dall'ONU (292) - alla III Commissione (Affari esteri);
l'abolizione dei servizi segreti e del segreto di Stato (293) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
una nuova regolamentazione sulla trasmissione dei film a contenuto pornografico (294) - alla VII Commissione (Cultura);
provvedimenti volti a regolare la donazione degli organi (295) - alla XII Commissione (Affari sociali);
misure volte a favorire l'apertura di nuove case da gioco (296) - alla X Commissione (Attività produttive);
l'introduzione di sanzioni per la violazione del dovere di fedeltà alla Repubblica (297) - alla II Commissione (Giustizia);
sanzioni economiche nei confronti degli Stati dittatoriali (298) - alla III Commissione (Affari esteri);
il diritto all'adozione per le coppie conviventi (299) - alla II Commissione (Giustizia);
modifiche alle norme in materia di sequestro di persona (300) - alla II Commissione (Giustizia);
l'abolizione del diritto di accesso al fondo altrui per l'esercizio della caccia (301) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
nuove norme in materia di affitto e compravendita di terreni e case (302) - alla VIII Commissione (Ambiente);
nuove norme in materia di giudici popolari e di obbligo di farsi assistere da un legale (303) - alla II Commissione (Giustizia);
nuove norme in materia di raccolta differenziata dei rifiuti (304) - alla VIII Commissione (Ambiente);
il ripristino delle festività del 4 novembre e il divieto di svolgere funzioni religiose in occasione della festa della Repubblica (305) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
il divieto di vendere sigarette e alcolici ai minorenni anche attraverso distributori automatici (306) - alla XII Commissione (Affari sociali);
l'abrogazione di ogni tipo di sanzione per i consumatori di sostanze stupefacenti (307) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
la reintroduzione del sistema pensionistico retributivo e la riduzione dell'età pensionabile (308) - alla XI Commissione (Lavoro);
l'abolizione di ogni finanziamento pubblico per la realizzazione di opere cinematografiche (309) - alla VII Commissione (Cultura);
l'abolizione delle aziende sanitarie locali e altre norme in materia di organizzazione sanitaria (310) - alla XII Commissione (Affari sociali);
nuove norme in materia di escusabilità dell'ignoranza della legge e la depenalizzazione dei reati di scarsa rilevanza sociale (311) - alla II Commissione (Giustizia);
modifiche al codice civile in materia di cognome dei figli (312) - alla II Commissione (Giustizia);
nuove norme in materia di interruzione volontaria di gravidanza (313) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);Pag. 3
l'abolizione delle norme in materia di assunzione obbligatoria di persone disabili (314) - alla XI Commissione (Lavoro);
l'abolizione dell'obbligatorietà dell'assicurazione contro gli infortuni domestici per le casalinghe (315) - alla XI Commissione (Lavoro);
la riapertura degli istituti per i malati mentali (316) - alla XII Commissione (Affari sociali);
modifica delle norme in materia di ergastolo (317) - alla II Commissione (Giustizia);
nuove norme in materia di diffamazione (318) - alla II Commissione (Giustizia);
nuove norme in materia di autocertificazione (319) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'abolizione delle cosiddette quote latte (320) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
il divieto di esporre negli edifici pubblici la bandiera dell'Unione europea e qualsiasi altro vessillo accanto alla bandiera italiana (321) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
la regolamentazione della pratica del naturismo (322) - alla XII Commissione (Affari sociali);
nuove norme in materia di testamento biologico e terapia del dolore (323) - alla XII Commissione (Affari sociali);
modifiche alla normativa in materia di sepoltura dei defunti (324) - alla XII Commissione (Affari sociali);
modifiche alle norme sulle chiusure festive dei negozi (325) - alla X Commissione (Attività produttive).
Svolgimento di interrogazioni (ore 11,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.
(Misure di sostegno a favore del polo tecnologico di Catania, con particolare riferimento al progetto di realizzazione dello stabilimento M6 - n. 3-00011)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Adolfo Urso, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Burtone n. 3-00011, concernente misure di sostegno a favore del polo tecnologico di Catania, con particolare riferimento al progetto di realizzazione dello stabilimento M6 (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).
ADOLFO URSO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la STMicroelectronics, operante nei settori automobilistico e wireless, ha costituito insieme all'americana Intel, la nuova società Numonyx, dedicata al mercato delle memorie flash NOR e NAND. A Numonyx sono stati trasferiti i lavoratori interessati a tale produzione e il contratto di programma per la realizzazione, a Catania, di un nuovo impianto che produrrà componenti ad alta tecnologia (diametro della fetta di silicio di dodici pollici) e che prevede un incremento occupazionale di almeno cinquecento unità.
Il progetto cui si fa cenno nell'interrogazione, è stato oggetto di contratto di programma già approvato dal CIPE nel 2006 e ha previsto un finanziamento pubblico pari a circa 450 milioni di euro a fronte di una spesa di complessivi 1,7 miliardi di euro, ma risulta attualmente sospeso per decisione aziendale.
Infatti, nell'ultima riunione tenutasi preso il Ministero dello sviluppo economico, relativa alla STMicroelectronics ed alla partecipata Numonyx Italy Srl, alla presenza dei rappresentanti della proprietà e di tutte le parti interessate, tale decisione è stata motivata dall'azienda da ragioni di mercato che impongono cautela nell'espansione della capacità produttiva nel settore delle cosiddette «memorie flash».
A ciò si aggiunge che, anche in occasione di verifiche dirette con i massimiPag. 4responsabili dell'azienda, è emersa la volontà e l'impegno di STMicroelectronics a presentare un nuovo piano industriale e nuovi investimenti presso il sito di Catania che consentano, almeno in parte, di onorare l'impegno a creare nuova occupazione aggiuntiva per circa cinquecento posti di lavoro in un territorio che non può permettersi il lusso di perdere le poche occasioni di qualificare e sviluppare la propria vocazione industriale.
Entro il mese di ottobre è prevista la presentazione di un nuovo progetto che sarà esaminato con grande attenzione dal Ministero dello sviluppo economico.
L'attenzione del Governo su questa importante vicenda è massima e saranno prese in considerazioni anche eventuali rimodulazioni del contratto di programma, qualora fossero necessarie.
PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di replicare per cinque minuti.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, signor sottosegretario, prendo atto dell'impegno del Governo per cui, al più presto, sarà promosso l'incontro da me sollecitato, con la presente interrogazione, insieme ai colleghi Berretta e Samperi. Qui vorrei ribadire fortemente le preoccupazioni presenti nella comunità catanese, a fronte anche dell'esito dell'ultima riunione che il sottosegretario ha richiamato.
In quella sede purtroppo, il management della Numonyx e quello della STMicroelectronics, hanno confermato la ventilata intenzione di non completare gli investimenti a Catania relativamente allo stabilimento M6 e hanno anche messo in rilievo la possibilità di perdere il previsto finanziamento.
Il sottosegretario ha qui voluto confermare - ed io mi auguro che nel prossimo incontro si possa avere qualche cosa di più definito - che da parte del Governo ci sarà un impegno ad incidere affinché la STMicroelectronics possa eventualmente, qualora dovesse decidere di non investire in M6, come previsto dal piano industriale che aveva prima presentato, proporre eventuali alternative.
Abbiamo però delle serie preoccupazioni, signor sottosegretario e vogliamo manifestarle, anche perché STMicroelectronics, pur essendo una società controllata dallo Stato francese e da quello italiano, per quel che riguarda l'Italia si comporta come una corporate: sta spostando infatti i suoi interessi in Asia, il che è avvenuto con processi di delocalizzazione, relativamente ad altri rami di azienda.
Siamo preoccupati perché il territorio catanese ha registrato delle pesanti crisi economiche in campo industriale. Dopo questa interrogazione parleremo anche di un'altra industria in crisi, la Cesame e ci sono altri settori che non decollano: continua ad esserci la crisi del comparto agricolo e commerciale. Catania non può subire un'ulteriore perdita di posti di lavoro, perché il paradosso è che STMicroelectronics, negli anni scorsi, ha investito e ha prodotto. Ha avuto un manager, Pasquale Pistorio, che l'ha condotta verso importanti traguardi ma da quando è cambiato anche l'assetto aziendale, dopo avere avviato i lavori del modulo 6 ed avere ampliato il modulo 5, l'azienda sta tornando indietro.
Sono stati spesi soldi pubblici e c'è anche un contratto di programma. Non vorremmo che ci fosse il danno e la beffa ovvero che, invece di creare nuovi posti di lavoro, si corra il rischio di perderne alcuni: ci sono stati infatti alcuni lavoratori passati alla nuova azienda. Quindi, se non dovesse partire M6, che strutturalmente è quasi completo, si potrebbe perdere forza lavoro all'interno della Numonyx e nel contempo nell'indotto, ad essa direttamente collegato.
Prendo atto, signor sottosegretario, dell'impegno del Governo. Mi auguro che nelle prossime settimane possa essere attivato il previsto tavolo istituzionale al quale spero saranno presenti anche i rappresentanti delle istituzioni regionali, locali, provinciali e delle organizzazioni sindacali, per mettere a punto, definitivamente, un piano industriale che possa rassicurare i nostri lavoratori. Essi hanno puntato tutto, con le proprie famiglie, suPag. 5questa azienda che, tra l'altro, a Catania, ha rappresentato una punta avanzata dell'Etna valley; un'azienda che, grazie al raccordo con l'università, ha fatto ricerca ed è stato un punto di riferimento della tecnologia avanzata a livello mondiale. Speriamo che ci possa essere questa conferma...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. ... anche per dare certezza ai lavoratori.
PRESIDENTE. Onorevole Burtone, seguiamo tutti con attenzione questa vicenda che, a suo tempo, è stata un esempio di giusta e felice politica industriale, condotta con metodi innovativi. È stata ricordata l'università di Catania, io vorrei ricordare la facoltà di ingegneria di quell'università, che è stata uno dei fattori importanti per la qualità del lavoro ed ha indotto originariamente alla localizzazione di questo investimento.
(Iniziative per favorire la ripresa dell'attività produttiva dello stabilimento Cesame di Catania e per la salvaguardia dei livelli occupazionali - n. 3-00012)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Adolfo Urso, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Burtone n. 3-00012 concernente iniziative per favorire la ripresa dell'attività produttiva dello stabilimento Cesame di Catania e per la salvaguardia dei livelli occupazionali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).
ADOLFO URSO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, come lei ha ricordato, oltre al caso della STMicroelectronics è stata presentata l'interrogazione in oggetto che riguarda sempre un'industria cuore del sistema produttivo della provincia di Catania che versa in situazioni di difficoltà da diverso tempo. La Cesame è infatti una ditta di chiara fama, con un marchio affermato anche a livello internazionale, nonché polo occupazionale di notevole interesse per l'intera provincia di Catania.
L'impresa, che ha alle sue dipendenze 294 lavoratori subordinati, dal gennaio 2004 è stata sottoposta ad un regime di amministrazione straordinaria, ai sensi del decreto legislativo n. 270 del 1999. Con l'avvio di tale procedura il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto a nominare un commissario straordinario e, in data 28 giugno 2004, ha autorizzato l'esecuzione del programma di cessione del complesso aziendale facente capo alla Cesame Spa alla Forex Global Research Srl (ora Cesame Italia Srl).
Al riguardo, si evidenzia che a seguito di tale operazione sono sorte criticità in ordine alle obbligazioni assunte dall'acquirente, che hanno comportato il ritardo nei pagamenti delle rate del prezzo di cessione, la mancata effettuazione degli investimenti per il rilancio dell'azienda, nonché l'impossibilità del pagamento ai dipendenti di alcune mensilità, con conseguente stato di agitazione dei lavoratori. A fronte di tali perduranti inadempimenti, il commissario straordinario, su autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, in data 5 febbraio 2007, ha intrapreso un'azione giudiziale per la risoluzione del contratto di compravendita del ramo di azienda. Tale giudizio è tuttora in corso e la prossima udienza è prevista per il prossimo 23 ottobre.
Nel frattempo, si è a conoscenza che la proprietà sta tentando di riavviare l'attività mediante un'operazione di ricapitalizzazione, sulla base di un nuovo piano industriale. Al riguardo, infatti, è attualmente in corso una trattativa con i commissari straordinari per la definizione, in caso di positiva valutazione della citata operazione, del giudizio di risoluzione in corso a fronte della prestazione di idonee garanzie e salvo le verifiche sul punto da parte delle organizzazioni sindacali.
Presso il Ministero dello sviluppo economico si sono svolti numerosi incontri e verifiche tecniche con le parti interessate, finalizzati alla identificazione della realePag. 6volontà dell'attuale proprietà (il cui assetto si è più volte modificato nel corso degli ultimi 12 mesi) di attivare un piano industriale idoneo a garantire la ripresa produttiva dell'azienda, consentendo in questo modo di superare l'attuale difficile situazione.
Considerando che il marchio Cesame è ancora oggi associato a produzione di alta gamma e quindi apprezzato, vi è la consapevolezza che una seria e oculata gestione possa far uscire dalla crisi un'importante azienda del territorio catanese, attraverso un'attiva ed attenta collaborazione da parte di tutti i soggetti interessati. Solo in tal modo, si potrà evitare il ripetersi di situazioni negative, quali ad esempio il blocco dell'attività che, rallentando di fatto la ripresa produttiva, ha impedito lo svolgersi della normale attività lavorativa.
Al fine di consentire ai lavoratori di fruire di una tutela economica adeguata, il Ministero dello sviluppo economico, a seguito dell'accordo per la CIGS, firmato lo scorso 4 luglio, si è adoperato per l'attivazione della relativa procedura, che ad oggi risulta in una fase avanzata dell'iter previsto. In tal modo, si è concorso ad allentare una grave tensione che ha fino ad ora impedito un colloquio propositivo, impedendo tra l'altro la possibilità di accedere agli impianti, anche per l'avvio delle necessarie manutenzioni.
Infine, nel ribadire l'impegno del Ministero dello sviluppo economico a seguire con attenzione la delicata vicenda, si segnala che in data odierna è previsto un incontro con le organizzazioni sindacali, mentre per il prossimo 2 ottobre è stato convocato un tavolo di confronto con le parti interessate, al fine di verificare se le scelte annunciate dalla proprietà si potranno tradurre in una ripresa, seppur graduale, dell'attività lavorativa.
PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di replicare per cinque minuti.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, esprimo una profonda insoddisfazione in ordine alla risposta del sottosegretario.
Nella precedente interrogazione avevo manifestato, invece, una disponibilità a seguire il lavoro del Governo, anche perché la risposta era stata puntuale. In ordine alla risposta alla mia interrogazione 3-00012, invece, faccio presenti alcuni rilievi, signor sottosegretario, e la prego di prenderne atto perché lei possa seguire attentamente l'evolversi della situazione della Cesame, perché anche lei è originario del territorio della provincia di Catania e pertanto ben conosce le difficoltà che vive la comunità catanese.
Lei ha narrato una breve storia della Cesame, che è stata, negli anni scorsi, un'azienda di prestigio nazionale e con un marchio molto importante. È vero: essa è entrata in amministrazione straordinaria ai sensi della legge 3 aprile 1979, n. 95, la cosiddetta «legge Prodi», e con la vendita di uno stabilimento l'azienda era stata sostanzialmente risanata.
Tuttavia, quando essa è uscita dai meccanismi previsti dalla cosiddetta «legge Prodi» e vi è stata la collocazione nel mercato è iniziato un vero e proprio calvario. La Forex, così come lei ha detto, innanzitutto ha collocato 160 dipendenti in cassa integrazione guadagni straordinaria e successivamente in mobilità. Non ha presentato alcun piano finanziario, non vi è stata la ristrutturazione dello stabilimento, ma solo la vendita delle unità che erano in magazzino; ciò è tanto vero che, su richiesta delle organizzazioni sindacali, è stata realizzata una procedura per togliere la Cesame alla Forex, ma purtroppo il passaggio è avvenuto a favore di un altro gruppo, la Cesame Group, che di fatto non ha compiuto altri adempimenti.
Lei ha detto che chi dirige l'azienda, i nuovi compratori, non sono stati in grado neppure di entrare nell'azienda. Non è vero, signor sottosegretario! L'azienda non ha più alcun governo, perché nessuno ha presentato piani industriali seri, i lavoratori non vengono più pagati dal gennaio del 2008 e tra l'altro ci pare chiaramente che non si voglia effettuare alcuna ristrutturazione, perché sia la Forex sia il nuovo gruppo hanno soltanto interessi di natura speculativa e finanziaria in ordine allaPag. 7Cesame. Infatti, è chiaro che il sito dove incide l'azienda è molto appetibile da parte degli speculatori perché è vicino all'interporto. Coloro che hanno prelevato l'azienda non hanno mai effettuato investimenti, ma hanno soltanto messo in cassa integrazione gli operai e non hanno mai dato una risposta in termini di ristrutturazione e di governo dell'azienda. Si deve pensare che dietro tali acquisizioni vi sia solo il tentativo di fare mera speculazione edilizia in quell'area.
Tra l'altro, concludo signor sottosegretario, gli operai che erano stati licenziati avevano sottoscritto un protocollo di impegno con la provincia e con il comune di Catania per il reinserimento lavorativo con l'allora presidente Lombardo e con il sindaco Scapagnini. Su 157 ex lavoratori, soltanto 28 hanno ottenuto una ricollocazione.
Proprio negli ultimi giorni si è svolta una riunione affinché i lavoratori che hanno ottenuto un protocollo firmato dalle istituzioni alla presenza del prefetto possano avere una risposta vera con certezza del diritto. Proprio ieri si è svolto un incontro con il presidente della regione, che come ho detto è tra i firmatari del protocollo, essendo stato presidente della provincia. Mi auguro e spero che il Governo rivolga una sollecitazione seria alle istituzioni degli enti locali siciliani e della provincia di Catania perché possano dare una certezza del diritto a lavoratori che chiedono soltanto il rispetto di un protocollo istituzionale.
(Presunte irregolarità di una procedura d'appalto bandita da Consip relativa alla prestazione del servizio di gestione integrata della sicurezza sui luoghi di lavoro negli immobili in uso alle pubbliche amministrazioni - n. 3-00074)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Adolfo Urso, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Galletti n. 3-00074, concernente presunte irregolarità di una procedura d'appalto bandita da Consip relativa alla prestazione del servizio di gestione integrata della sicurezza sui luoghi di lavoro negli immobili in uso alle pubbliche amministrazioni (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).
ADOLFO URSO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, con l'interrogazione in questione l'onorevole Galletti ed altri colleghi pongono quesiti in ordine alla gara comunitaria, a procedura aperta, per la «Fornitura del servizio di gestione integrata della sicurezza sui luoghi di lavoro negli immobili in uso, a qualsiasi titolo, alle pubbliche amministrazioni», indetta dalla Consip, per conto del Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 26 della legge n. 488 del 1999 e successive modificazioni ed integrazioni.
Al riguardo, sentita la società Consip Spa, si fa presente che il bando di gara in questione è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea S. 106 del 6 giugno 2007 e sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 dell' 11 giugno 2007.
Successivamente alla presentazione delle offerte e durante lo svolgimento delle operazioni di gara da parte della commissione giudicatrice, è stato emanato il decreto legislativo n. 81 del 2008, entrato in vigore il 15 maggio 2008, recante attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, che ha interamente abrogato il decreto legislativo n. 626 del 1994 ed ha introdotto una nuova disciplina in materia.
Le disposizioni del citato decreto legislativo n. 81 del 2008 hanno avuto notevole impatto sulla documentazione di gara, incidendo sicuramente sulla definizione dell'oggetto di gara, nonché sui requisiti di ammissione e sui parametri per la valutazione delle offerte e per l'aggiudicazione della gara.
La Consip Spa, pur tenendo presente l'interesse dei concorrenti, ha ritenuto tuttavia prevalente l'interesse pubblico ad una selezione che tenesse conto di tutti gli effetti della normativa aggiornata che incidePag. 8sull'oggetto del contratto, ma anche sulla successiva fase di esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte del futuro fornitore aggiudicatario.
La citata società ha, pertanto, fatto ricorso all'esercizio dei poteri di autotutela decisoria propri della pubblica amministrazione, revocando la procedura di gara de qua, in quanto non più in linea con le finalità e gli interessi pubblici ad essa sottesi, al fine di garantire la piena osservanza della nuova disciplina legislativa, nonché la selezione del migliore operatore del mercato di riferimento, in grado di dare adeguata esecuzione alle prestazioni oggetto del relativo contratto, alla luce delle mutate disposizioni normative.
Quindi la Consip, previa adozione delle determinazioni di cui alla normativa appalti e alla lex specialis di gara, ha proceduto in data 10 luglio 2008, con le modalità previste nell'articolo 66 del decreto legislativo n. 163 del 2006, alla pubblicazione dell'avviso di revoca della procedura di gara, dandone apposita comunicazione a tutti i concorrenti che avevano presentato l'offerta.
Giova, comunque, precisare che la società, alla luce e nel rispetto del nuovo quadro legislativo, procederà all'indizione di una nuova procedura di gara. Per quanto riguarda, in particolare, l'affermazione contenuta nel documento parlamentare secondo la quale il sistema di aggiudicazione, che prevede l'attribuzione del 40 per cento del punteggio complessivo di gara al ribasso del prezzo, si porrebbe in contrasto con le norme di cui all'articolo 26 del citato decreto legislativo n. 81 del 2008 e agli articoli 87 e 131 del decreto legislativo n. 163 del 2006, nonché della determinazione dell'Autorità di vigilanza del 5 marzo 2008, n. 3, si precisa che la gara era relativa ad un servizio sostanzialmente di consulenza per supportare le amministrazioni nella gestione degli adempimenti normativi previsti dal decreto legislativo n. 626 del 1994.
Il criterio di aggiudicazione era, pertanto, afferente all'offerta di tale servizio. La lex specialis di gara non prevedeva, né potrebbe prevedere, alcuna deroga alle richiamate disposizioni normative.
Per quanto concerne, poi, l'affermazione secondo cui «le norme relative ad oneri connessi alla sicurezza non consentono ribassi d'asta», si precisa che le norme relative ad oneri di sicurezza non consentono ribassi della sola quota parte del prezzo relativa agli oneri stessi, ma non certamente al prezzo dell'attività-lavorazione oggetto dell'appalto.
Si soggiunge, infine, che la gara era finalizzata, avendo ad oggetto un servizio di consulenza, a supportare le amministrazioni proprio nella migliore realizzazione delle misure a salvaguardia della salute dei lavoratori, previste dalla norma. La finalità perseguita dalla gara, era, quindi, esattamente quella di fornire tutti gli strumenti per ridurre le possibilità degli infortuni sul lavoro.
PRESIDENTE. L'onorevole Galletti ha facoltà di replicare per cinque minuti.
GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, le ruberò molto meno tempo. Nella nostra interrogazione chiedevamo la revoca della procedura di gara, proprio perché la ritenevamo incompatibile con l'articolo 26 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Oggi il sottosegretario ci conferma che Consip ha proceduto alla revoca di quella gara e, quindi, non possiamo che dichiararci soddisfatti.
(Condizioni di sicurezza dei siti militari italiani che ospitano armi nucleari statunitensi - n. 3-00095 e n. 3-00139)
PRESIDENTE. Avverto che le interrogazioni Mogherini Rebesani n. 3-00095 e Ferrari n. 3-00139, concernenti condizioni di sicurezza dei siti militari italiani che ospitano armi nucleari statunitensi, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interrogazioni).
Il sottosegretario di Stato per la difesa, Giuseppe Cossiga, ha facoltà di rispondere.
GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, innanzitutto è opportuno porre in evidenza che, in materia di strategia della NATO, il concetto strategico dell'alleanza, approvato a Washington dai Capi di Stato e di Governo nell'aprile del 1999 e che è tuttora vigente, definisce come politico l'obiettivo fondamentale delle forze nucleari degli alleati in Europa e conferma che queste continueranno a svolgere un ruolo essenziale per preservare la pace.
L'orientamento dei Paesi alleati è sostanzialmente concorde sul mantenimento di una capacità nucleare dell'Alleanza in Europa, naturalmente ai suoi attuali livelli minimi e nella sua forma completamente partecipativa, in quanto ritenuta la più valida espressione di coesione, di condivisione dei rischi e degli oneri, di unitarietà di intenti e di condivisione di valori che, nel loro insieme, concorrono ad accrescere l'effetto della deterrenza.
Inoltre, nella Comprehensive Political Guidance, sottoscritta dai Capi di Stato e di Governo della NATO riuniti a Riga nel novembre 2006, l'esigenza di una capacità nucleare è stata reiterata e ritenuta ancora valida per contrastare la crescente minaccia, posta dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa.
In questo quadro, l'Alleanza, nel mantenere un atteggiamento assolutamente trasparente sulla propria strategia nucleare e sulla natura del proprio dispositivo in Europa, non può però agire a discapito della sicurezza di tale dispositivo e della riservatezza, che è indispensabile mantenere in questa materia per quanto concerne i siti, la loro dislocazione in Europa e i quantitativi di armamenti in essi contenuti.
Tale riservatezza non può essere violata unilateralmente da un singolo Paese dell'Alleanza, perché la deterrenza nucleare è un bene ed un onere collettivo che lega collegialmente tutti i Paesi alleati. La tipologia e la qualità delle informazioni rilasciabili sugli armamenti nucleari è, quindi, basata su una decisione politica collettiva ed unanime di tutti gli alleati e nessun Paese può sottrarsi a tale decisione, pena la violazione del patto di alleanza e del vincolo di riservatezza che da esso discende in alcune materie.
Fatta questa premessa, nel dettaglio, per quanto riguarda le notizie divulgate sul sito web della Federation of American Scientists, è necessario precisare che il citato sito web ha divulgato delle informazioni che non trovano riscontro ufficiale in alcun documento, nonostante le fonti indicate dal sito siano il Dipartimento della difesa ed il Governo degli Stati Uniti d'America.
Per quanto attiene al citato rapporto (Air Force Ribbon Review of Nuclear Weapons Policies and Procedures), contrariamente a quanto riportato nelle interrogazioni, esso non contiene alcuna diretta informazione o riferimento specifico a presunte basi con testate nucleari presenti sul territorio italiano, notizie che sono invece attribuite dallo stesso sito a non meglio identificate fonti la cui attendibilità non può essere verificata.
Ciò detto, per quanto concerne la base militare di Ghedi, che dal 1951 è sede del sesto stormo dell'Aeronautica militare, essa, da anni, ospita personale delle forze aeree statunitensi, in sede stanziale - e, per limitati periodi, anche di altri Paesi alleati - nell'ambito delle previste attività dal livello addestrativo-operativo dalla NATO.
Sulla base degli elementi di informazione rilasciati dai competenti organi tecnico-militari, faccio osservare che sia la cooperazione nelle predette attività del personale statunitense e italiano, sia le infrastrutture della base e gli equipaggiamenti utilizzati rispondono pienamente agli standard richiesti dalle direttive NATO e anche dalle regolamentazioni nazionali vigenti, come peraltro e in stretta analogia risultano essere anche per la base di Aviano.
Periodiche e specifiche attività valutative nazionali, NATO e statunitensi, certificano tale rispondenza nei diversi settori: addestramento, logistica, comunicazione e controllo, procedure di sicurezza e di protezione della base.Pag. 10
Inoltre, a similitudine di quanto viene attuato presso tutte le installazioni militari, anche presso la base di Ghedi vengono predisposti specifici piani, peraltro costantemente aggiornati, ai fini della prevenzione e gestione di ogni forma di incidente che potrebbe coinvolgere il personale militare ivi operante ovvero presentare dei rischi per i cittadini che vivono nelle zone limitrofe.
Infine, in tema di tutela della sicurezza dei cittadini è particolare cura dell'Alleanza assicurare che la custodia delle armi speciali, circoscritta ad un numero limitato di siti, risponda ai più elevati requisiti di sicurezza. Tali requisiti sono definiti e la loro applicazione monitorata da un gruppo di esperti di elevatissimo livello, che riferisce regolarmente ai Paesi membri, nel contesto del Nuclear Planning Group, e che anche nelle riunioni ministeriali, tenutesi nel 2007 a Bruxelles e nell'aprile 2008 a Bucarest, non ha evidenziato particolari carenze al riguardo.
PRESIDENTE. L'onorevole Mogherini Rebesani ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-00095, per cinque minuti.
FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, purtroppo la risposta del Governo non mi pare che offra assicurazioni adeguate di fronte alla preoccupazione sulla sicurezza dei siti militari in questione. Le indicazioni contenute nel rapporto della US Air force credo determinino allarme in ordine all'attuale adeguatezza degli standard essenziali di sicurezza delle basi militari in questione. In particolare, si sottolineano criticità relative al personale non sufficientemente formato, alle strutture non messe in sicurezza, alle carenze di illuminazione e a recinzioni inadeguate ed insufficienti.
Credo che sia dovere del Governo nazionale prendere in esame le condizioni di sicurezza di queste basi e garantire un'adeguata valutazione del loro impatto sul territorio circostante, anche al di là della giurisdizione o competenza nell'amministrazione interna delle basi militari singolarmente prese. Non credo che sia in discussione in questa sede (non lo è da parte mia) né la natura né la legittimità di impegni internazionali assunti dal nostro Paese nell'ambito di organizzazioni regionali o di alleanze militari, tuttavia l'adesione italiana ad organizzazioni internazionali, nello spirito integrale dell'articolo 11 della nostra Costituzione, non fa venire meno il dovere di esercitare una piena sovranità sul proprio territorio nazionale a tutela innanzitutto della sicurezza dei cittadini che vi si risiedono. La presenza di questi siti militari e di arsenali nucleari al loro interno - che so bene non essere confermata da nessuna fonte ufficiale perché non potrebbe esserlo per i motivi che lei ha giustamente ricordato - non è comunque neutra per i territori che li ospitano. Lo dimostra il fatto che i sindaci delle due città italiane interessate, Ghedi ed Aviano, siano fra i primi firmatari della petizione che chiede che i loro territori siano liberati dalle armi nucleari ancora presenti sul suolo di Stati europei non nucleari.
Anche per rispondere alle legittime preoccupazioni di chi amministra e di chi risiede in quei territori è doveroso assumere tutte le iniziative necessarie, sia dirette sia indirette, sollecitando le autorità competenti e i comandi militari NATO, volte a garantire la piena soddisfazione degli standard di sicurezza di tutti i siti militari presenti in Italia. Le politiche della sicurezza e della difesa nazionale si realizzano anche attraverso questa strada. Chiediamo quindi che il Governo intraprenda un'azione chiara in questo senso e che dia informazione al Parlamento degli interventi che si dovessero realizzare per conseguire più elevati standard di sicurezza delle basi militari citate sin dai prossimi mesi.
Nel lungo periodo - mi consenta di aggiungere - riteniamo comunque che la migliore risposta consista nel lavorare in tutte le sedi multilaterali in cui l'Italia è presente, comprese quelle militari, per raggiungere, in primo luogo, l'obiettivo di proseguire e accelerare sulla strada di un disarmo nucleare completo; in secondoPag. 11luogo, quello di eliminare le armi nucleari tattiche statunitensi dall'Europa; in terzo luogo, quello di prendere parte alle discussioni sul disarmo e la non proliferazione nucleare.
Ho citato testualmente tre obiettivi presenti nella relazione sulla riduzione della minaccia nucleare del mondo discussa soltanto nel maggio scorso nell'Assemblea parlamentare della NATO.
Su questo crediamo che il Governo italiano sia chiamato ad assumere con maggiore impegno e maggiore determinazione una specifica iniziativa in tutte le sedi multilaterali internazionali. Non sfugge a nessuno che i cittadini chiedono sempre più di vivere in territori sicuri; ebbene, crediamo che anche una gestione rigorosa, e soprattutto trasparente, della difesa nazionale e dei suoi strumenti militari, pur nell'ambito dei limiti dati dalle alleanze internazionali, faccia parte delle risposte alla domanda di sicurezza degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. L'onorevole Ferrari ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-00139, per cinque minuti.
PIERANGELO FERRARI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, faccio mie tutte le considerazioni che lei ha appena ascoltato nell'intervento dell'onorevole Mogherini Rebesani.
Vorrei sottolinearle, in forma di raccomandazione per l'attività del Governo e per le relazioni con l'alleato statunitense e con la NATO, alcune osservazioni sull'area, quella di Ghedi, per conto della quale ho presentato l'interrogazione con l'onorevole Corsini. Tenga conto - ci tengo a dirlo - che questa è un'area che conosce da tempo la presenza di militari, anzi ci convive con convinzione: sono 1.500 i dipendenti della base militare italiana, fortemente integrati con la comunità. L'opinione pubblica bresciana ha accolto con favore la notizia che da Gioia del Colle il 156 Gruppo del VI Stormo si è aggiunto ai gruppi già presenti, il 102 e il 154 (i famosi «diavoli rossi»), ricomponendo il VI Stormo nella base di Ghedi. Insomma, non siamo in presenza di un atteggiamento ostile della comunità e delle amministrazioni locali.
Qual è allora il problema? Proprio in ragione di ciò che lei ha affermato, ossia della rassicurazione che ci ha fornito sulla sicurezza e sulla logistica, in realtà - forse per questo lei non ha risposto ad un quesito preciso dell'interrogazione circa le notizie di un trasferimento ad Aviano - per quanto riguarda Ghedi noi ci troviamo di fronte ad un'area fortemente antropizzata. Da ciò nasce la nostra preoccupazione, che non mette in discussione le alleanze internazionali e l'appartenenza alla NATO, ossia dalla natura di un'area che è una delle più fortemente antropizzate del nord e del nostro Paese, sia dal punto di vista della popolazione, sia dal punto di vista di una notevole infrastrutturazione che aumenterà nei prossimi anni. A pochi chilometri di distanza vi è un aeroporto civile; a pochi chilometri o centinaia di metri - come mi conferma l'onorevole Corsini, già sindaco di Brescia - probabilmente passerà la linea dell'alta velocità con una stazione. Si tratta dunque di un'area - in ciò sta la raccomandazione - che dovrebbe indurre il Governo a svolgere serie considerazioni circa la compatibilità con una presenza così impegnativa come quella di armamenti nucleari.
Dunque, io non mi dichiaro insoddisfatto, anche se rilevo l'assenza di una risposta ad un quesito specifico, perché comprendiamo la riservatezza con cui lei ha risposto, ma, come l'onorevole Mogherini Rebesani, le sottoponiamo ragioni serie che hanno a che fare con la compatibilità dei predetti armamenti così invasivi con aree fortemente antropizzate, in particolare quella di Ghedi, in nome della quale manifesto queste preoccupazioni.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sull'ordine dei lavori (ore 11,50).
MARIO PEPE (PdL). Chiedo di parlare.
Pag. 12PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE
(PdL). Signor Presidente, intervengo per esprimere il mio rammarico perché la ricorrenza annuale del 20 settembre è stata ridotta a un logoro rito celebrato dal comune di Roma nella misura sbagliata: sono stati ricordati gli uomini del generale Hermann Kanzler, il comandante della guarnigione pontificia, e dimenticati i bersaglieri di Raffaele Cadorna.
Ma la cosa grave è che oggi la stampa ha fatto l'apologia di questa commemorazione. Tuttavia, signor Presidente, non sono qui per alimentare vecchie polemiche e aprire ferite, soprattutto da quando il cardinale Bagnasco ha fatto un'apertura sul testamento biologico, in un certo modo rendendo omaggio e dando ragione a quanti di noi nel Parlamento e nel Paese si stanno battendo da anni per questa legge.
Però, signor Presidente, il 20 settembre va al di là dei confini nazionali e delle cose di casa nostra, in quanto è una data importante per il mondo intero, soprattutto perché stanno risorgendo nel mondo gli Stati neodottrinali, ovvero quegli Stati che celebrano processi di empietà contro chi non rispetta quella dottrina. Contro il risorgere di questi Stati neodottrinali nel mondo, quindi, il 20 settembre assume tutta la sua attualità. Dunque chiedo alla Camera dei deputati - e lo avevo chiesto precedentemente - di ricordare questa data e chiedo al Ministro dell'istruzione di ricordarla nelle scuole, in quanto il significato di quell'evento è sparito dall'animo degli italiani.
Concludo ricordando una persona, il caporale Michele Palazzoli, il primo caduto di Porta Pia, in quanto per questioni di tempo non ho il tempo di ricordare gli altri bersaglieri, e ricordando lui ricordo tutti, perché quelle persone morirono per la libertà della Chiesa e per la libertà dello Stato. La Chiesa, infatti, può essere libera solo se lo Stato è libero, e lo Stato è libero quando non ha bisogno di usare la forza della legge per affermare una dottrina: lo Stato libero usa la forza della legge solo per difendere la libertà dei cittadini.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mario Pepe, riferirò al Presidente della Camera la richiesta da lei avanzata. Ricordiamo intanto i caduti di Porta Pia, i 49 bersaglieri che in quell'occasione persero la vita.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo per associarmi alle parole del collega Pepe, anche se forse è impropria la sede parlamentare per stigmatizzare quanto è accaduto per iniziativa del Comune di Roma, in particolare del vicesindaco, ma con la piena copertura: leggiamo infatti le battute che il sindaco ha fatto in queste ore, battute di cattivo gusto riguardo a quanto è accaduto.
Tuttavia non v'è dubbio che è un fatto politico, e a fine seduta la sede non è così impropria. Il sindaco Alemanno ci ha fornito anche in questi giorni il suo pensiero sul fascismo e sull'antifascismo, addirittura evocando una presunta resistenza da parte della destra ai tempi del fascismo. Apprendiamo, dunque, molte cose, e probabilmente dovremmo metterci nelle condizioni di formulare delle news su ciò che di drammatico è accaduto tanti anni fa nel nostro Paese.
Però arrivare addirittura attraverso una cerimonia a cui ha partecipato il vicesindaco - e giustificata in qualche modo anche dal sindaco di Roma Alemanno - a concepire ciò che è stato concepito il 20 settembre, è qualcosa su cui mi fa molto piacere ciò che è stato detto da parte di un deputato della maggioranza e che, quindi, certamente non può essere in nessun modo viziato da simpatie nei confronti del centrosinistra o di una lettura particolare della storia.
Quindi, penso che noi, anche in occasioni come queste, dovremmo chiedere aPag. 13tutti di avere maggior senso di responsabilità, soprattutto maggior senso della storia e di quello che eventi anche drammatici della nostra storia hanno rappresentato per il nostro Paese e per i nostri principi di libertà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Giachetti. Non so se questa vampata di interesse storiografico sia una cosa buona o cattiva per la politica italiana, in me evoca ricordi degli anni passati, quando facevo un altro mestiere. Comunque, credo che sia importante che la politica rifletta sul passato, perché la politica - come diceva il mio maestro Augusto Del Noce - è fondata su di una interpretazione della storia contemporanea.
Non essendovi altre richieste di intervento su questo interessante dibattito, sospendo la seduta, che riprenderà alle 14.
La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 14,05.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono cinquantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Discussione della mozione Damiano ed altri n. 1-00034 concernente iniziative per il recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni (ore 14,06).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Damiano ed altri n. 1-00034, concernente iniziative per il recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Cazzola ed altri n. 1-00038, Delfino ed altri n. 1-00039 e Lo Monte ed altri n. 1-00040 (Vedi l'allegato A - Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno discusse congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Damiano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00034. Ne ha facoltà.
CESARE DAMIANO. Signor Presidente, con la mozione in esame il Partito Democratico ha voluto affrontare un tema cruciale per le famiglie italiane, quello del potere d'acquisto, riguardante le retribuzioni e, in particolare, le pensioni. Dobbiamo notare che, nonostante le promesse elettorali del centrodestra, che governa il Paese (e che aveva parlato di un intervento rapido ed efficace su questo tema), non vi è traccia di questo argomento nei provvedimenti del periodo precedente l'estate, e non ve n'è neanche nelle promesse del Governo per i prossimi mesi.
A fronte di questa carenza molto grave, non ci si preoccupa di intervenire su un argomento che attiene al potere d'acquisto e alla capacità di consumo e che, quindi, può direttamente incidere sulla ripresa dei consumi e dello sviluppo di un Paese che, come sappiamo, è in piena stagnazione (la Confindustria ha parlato tecnicamente di recessione). Nei provvedimenti del Governo, come ho detto, di questo non vi è traccia, ma vi è traccia di pesanti controriforme del mercato del lavoro - che diminuiscono le tutele - e di quella che ho sempre chiamato una manomissione del testo unico sulla salute e sicurezza neiPag. 14luoghi di lavoro, che abbasserà, anche in questo caso, tutele e diritti incidenti sul miglioramento della condizione dei lavoratori.
Nell'azione del Governo non vi è traccia di un'azione incisiva per quanto riguarda la prosecuzione di buone norme del Governo Prodi: penso al fatto che il 30 settembre scadrà la norma che consente di stabilizzare il rapporto, nel settore del call center e in generale per i giovani lavoratori coinvolti nel lavoro a progetto, con la trasformazione del lavoro a progetto in lavoro a tempo indeterminato, che ha portato a importanti risultati nella precedente legislatura.
Come ho detto, parliamo di potere d'acquisto in una situazione nella quale il Paese è a crescita zero. Forse - lo vedremo successivamente nelle nuove documentazioni del Governo - la crescita è al di sotto dello zero. Vi è un Paese nel quale l'inflazione segna un più 4 per cento e i consumi un meno 4 per cento. È una situazione nella quale l'utilizzo della cassa integrazione nel primo semestre del 2008 è cresciuto circa del 6 per cento rispetto al primo semestre del 2007. Ciò avviene dopo che per due anni consecutivi la cassa integrazione era addirittura diminuita. Questo è il contesto che renderebbe ancora più necessaria ed evidente un'azione incisiva del Governo sul tema (ma, ripeto, di questo non v'è traccia).
Dobbiamo ricordare che secondo molte indagini - anche l'ISTAT ha dato un suo contributo - oltre 14 milioni di lavoratori italiani guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese.
Nell'ultima indagine dell'ISTAT sulla condizione economica delle famiglie si evidenzia che il 14,6 per cento arriva con grande difficoltà a fine mese, il 28 per cento non riesce a far fronte a una spesa imprevista, il 9 per cento è in arretrato nel pagamento delle bollette, il 10 per cento non riscalda adeguatamente la casa, il 4 per cento non ha soldi per le spese alimentari, il 10 per cento non ha risorse per le spese mediche, il 16 per cento non ha risorse per le spese per l'abbigliamento.
È evidente che in questa situazione un Governo che volesse intervenire a vantaggio della condizione materiale delle famiglie, del lavoro dipendente e dei pensionati penserebbe di intervenire con azioni immediate ed efficaci, ma, come sappiamo, i soldi che c'erano sono stati dirottati in altre direzioni, sicuramente non a vantaggio della parte più debole del Paese.
Come mai siamo in questa condizione? Le cause sono sicuramente molteplici. C'è uno scarto evidente tra inflazione programmata e inflazione reale. Sappiamo che il Governo ha fissato l'inflazione programmata all'1,7 per cento, a fronte di un'inflazione reale al 4 per cento. Sappiamo anche che il Governo ha fissato la crescita delle tariffe autostradali al 4 per cento. Noi facciamo una proposta: invertiamo l'inflazione e applichiamo l'1,7 alle tariffe autostradali e il 4 per cento alle retribuzioni dei lavoratori, per vedere l'effetto che fa. Naturalmente, quando parliamo di 1,7 per cento, ci riferiamo a una perdita superiore a due punti percentuali, che, applicata ad un salario medio di un operaio o di un impiegato di qualifica medio-bassa, significa, su base annua, una perdita di circa 600 euro.
Inoltre, il ritardo nel rinnovo dei contratti di lavoro, che mediamente si attesta oltre i 12 mesi, provoca una perdita che può essere quantificata tra uno e due punti percentuali della retribuzione. Occorre evidenziare poi la mancata restituzione del drenaggio fiscale, l'assenza di una politica fiscale a sostegno dei redditi e l'inadeguata distribuzione della produttività attraverso la contrattazione di azienda e di territorio, nonostante le molte parole che si dicono su questo argomento. Voglio anche ricordare che tra il 1992 e il 2007 in Italia, su una crescita complessiva, pur modesta, di 17 punti percentuali di produttività, soltanto due sono andati a vantaggio del lavoro.
Noi ovviamente ci auguriamo che il negoziato in corso tra le parti sociali possa portare a quelle riforme del modello contrattuale capaci non solo di valorizzare il ruolo del contratto nazionale a copertura dell'inflazione reale, attraverso un nuovoPag. 15indicatore europeo, ma anche di far crescere le retribuzioni, attraverso una redistribuzione della produttività nell'azienda e nel territorio.
Come ho già ricordato, nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2009-2013 e nel decreto-legge n. 112 del 2008, sulla manovra economica, l'attuale Governo non ha preso in considerazione, nonostante le promesse elettorali, il problema dell'innalzamento del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni. Questo è tanto più grave proprio perché siamo in una situazione che attraverso un potenziamento del potere d'acquisto potrebbe finalmente ridare tono ai consumi e allo sviluppo del Paese. Del resto, queste analisi sono state evidenziate da molte parti (ultima delle quali la Banca d'Italia) e tendono a rappresentare un inaccettabile elemento di iniquità, per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza, e di debolezza ulteriore del nostro sistema economico e produttivo.
Per questo motivo, con la nostra mozione vogliamo impegnare il Governo, in primo luogo, ad aprire finalmente un tavolo di concertazione con le parti sociali, che affronti in particolare il tema della diminuzione della pressione fiscale sulle retribuzioni e del miglioramento delle pensioni.
Questo Governo ha proceduto ad importanti interventi di diminuzione delle tutele e di controriforma del mercato del lavoro in assenza di qualsiasi elemento di concertazione, di coinvolgimento e di informazione preventiva delle parti sociali. A livello parlamentare, attraverso la fiducia, ha anche umiliato il ruolo di discussione del Parlamento.
Non credo che la prospettiva sia quella di eliminare il ruolo delle parti sociali e il ruolo del Parlamento per una discussione che sia capace, anche attraverso un confronto, di portare a delle misure condivise.
Del resto, riprendere la concertazione deve essere una scelta; del resto, attivare il tavolo di concertazione con il sindacato confederale dei pensionati sul tema del potere di acquisto delle pensioni non è soltanto un auspicio, ma è esattamente l'applicazione di un decreto del Governo Prodi, che finalmente, dopo quindici anni - il decreto precedente era del 1992, ai tempi del Governo Amato - ha deciso, con un proprio decreto, di istituire questo tavolo di confronto, al fine di migliorare la situazione pensionistica. Questi tavoli vanno attivati.
Le nostre richieste sono, in primo luogo, di superare l'irrealistico tasso di inflazione programmata fissato all'1,7 per cento, che rappresenta la pianificazione della perdita del potere di acquisto delle retribuzioni. Ho già parlato dell'inflazione reale al 4 per cento, e voglio anche fare una domanda: se il Governo non rimuove questo tasso all'1,7 per cento, esso varrà soltanto per l'impiego pubblico? Nel momento in cui le parti sociali dovessero fissare un tasso di livello europeo diverso e più alto, come si sta cercando di discutere, avremo due tassi di inflazione programmata, uno per il pubblico impiego, più basso, e uno, più alto, per l'impiego privato? Credo che questa contraddizione vada assolutamente risolta.
In secondo luogo, chiediamo di avviare una progressiva e incisiva diminuzione della pressione fiscale sulle retribuzioni medio-basse fino a 30 mila euro lordi annui, attraverso detrazioni fiscali o la revisione delle aliquote o la restituzione del drenaggio fiscale. Naturalmente, si tratta di concertare la misura più idonea, prevedendo il conseguimento di un obiettivo, quello di una riduzione del prelievo fino a 100 euro mensili pro capite nell'arco del prossimo triennio 2009-2011. Crediamo che questa possa rappresentare una misura concreta e visibile di diminuzione della pressione fiscale, che possa aiutare la crescita del potere di acquisto, che, naturalmente, va aiutata anche attraverso una buona contrattazione e la revisione del modello contrattuale.
Chiediamo di incentivare la contrattazione decentrata, continuando l'azione prevista dal Protocollo del 23 luglio 2007 del Governo Prodi, con la decontribuzione del salario di produttività e aumentando la dotazione dell'apposito fondo, che avevamo istituito, su cui attualmente sonoPag. 16stanziati 650 milioni di euro all'anno. Grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di questa misura è scattata l'operazione presso l'INPS che consente una diminuzione del costo dei contributi a vantaggio delle imprese che stipulano il premio di risultato pari a 25 punti percentuali e consente, per la prima volta, per quei lavoratori - penso soprattutto ai giovani - di trasformare in pensionabile tale retribuzione, con un evidente vantaggio, se tale retribuzione di risultato e di produttività viene garantita per l'intero arco della vita lavorativa.
Così come chiediamo di continuare sull'azione, che avevamo intrapreso, di detassazione del salario di produttività a vantaggio dei lavoratori. A questo proposito, chiedo ancora una volta al Governo: che fine hanno fatto i 150 milioni di euro stanziati, coperti e vidimati dalla Ragioneria dello Stato nel Protocollo del luglio dello scorso anno, che consentono ai premi di risultato fino a 350 euro di avere un abbattimento fiscale a vantaggio dei lavoratori pari al 23 per cento? Vorremmo che il Governo, gentilmente, si desse da fare per far pubblicare in Gazzetta Ufficiale una misura non solo condivisa dalle parti sociali, non solo votata da cinque milioni di lavoratori e pensionati, ma anche vidimata, coperta, stanziata. Non vorremmo che quelle risorse, giacenti presso le casse del Governo, fossero stornate dal Ministro Tremonti, anziché a vantaggio dei lavoratori, da qualche altra parte.
Così come chiediamo di rivedere la norma varata dall'attuale Governo in materia di incrementi di produttività, perché vorremmo eliminare la possibilità di incentivare le erogazioni unilaterali delle aziende. Qui c'è un punto di principio tra la nostra filosofia e la filosofia dell'attuale Governo, che va bene indagato.
Noi abbiamo voluto incentivare il premio di risultato, vale a dire la ricerca del consenso attraverso la negoziazione di aziende di territorio che consente di individuare, nel salario di produttività, la crescita di competitività dell'impresa e un maggior beneficio a vantaggio dei lavoratori. Ma se nel momento in cui si sta definendo il nuovo modello contrattuale, e in esso si vogliono incentivare le contrattazioni decentrate, il Governo anziché incentivare queste ultime incentiva anche il salario unilaterale erogato dalle aziende, è evidente che in questo modo subdolamente si dà un colpo allo stesso concetto di contrattazione decentrata. Bisogna che ci mettiamo d'accordo, e capire qual è la filosofia che viene seguita.
Infine, noi crediamo che per quanto riguarda la questione delle pensioni si tratti di proseguire sulla strada che noi avevamo tracciato. La nostra strada era molto semplice: noi abbiamo esteso una cosiddetta quattordicesima a 3 milioni e mezzo di pensionati e di pensionate, che hanno un reddito da pensione fino a 700 euro al mese (accanto a molte altre misure: il superamento dello scalone, le misure sui lavori usuranti, le misure a vantaggio dei giovani). Questa quattordicesima ha il pregio di individuare come riferimento per l'erogazione il reddito individuale e non il reddito familiare, consentendo in questo modo alle donne di entrare nel beneficio (altrimenti col reddito familiare sarebbero, come sempre, state escluse), un beneficio che è collegato anche agli anni di contributi versati (altrimenti avremmo di nuovo, come fece il passato Governo Berlusconi, non distinto fra assegno di sussistenza e di povertà, che va portato ad un minimo, ed erogazioni ulteriori che vanno collegate ai contributi, perché chi versa molti contributi ha più diritti di chi versa meno contributi). Auspichiamo che questa misura, che ha consentito nel luglio di quest'anno di erogare mediamente 400 euro pro capite a 3 milioni e mezzo di pensionati, con una spesa superiore a un miliardo e 200 milioni, venga estesa progressivamente alle pensioni di importo fino a 1.000-1.200 euro mensili, cogliendo in questo modo quella che è la pensione mediamente percepita da un operaio di medio-bassa qualifica, da un impiegato di medio-bassa qualifica dopo 35-40 anni di attività all'interno di un'impresa.Pag. 17
Queste sono le nostre richieste. Concludo dicendo che noi ci batteremo affinché entro il 31 dicembre di quest'anno ci sia da parte del Governo l'emanazione di misure che rendano esercibile il diritto al pensionamento anticipato per i lavoratori impegnati in attività usuranti. Ciò non solo applica il Protocollo del luglio 2007, ma è anche un riconoscimento del valore del lavoro, del valore del lavoro manuale, riconosce il principio della fatica nel lavoro: stiamo parlando di chi è addetto al lavoro nelle cave, nelle torbiere, nelle miniere, nelle catene di montaggio, nei forni della siderurgia, nel lavoro notturno, e consentire a queste persone un anticipo di pensione è un atto di civiltà del lavoro che vogliamo ribadire. Il Governo, con un'azione che noi abbiamo promosso in Parlamento attraverso un ordine del giorno, ha convenuto di dover emanare tali misure entro la fine di questo anno; e anche in questo caso vorrei ricordare che si tratta di risorse stanziate e coperte pari a 3 miliardi di euro, a vantaggio di questi lavoratori, nel prossimo decennio.
Con queste proposte noi abbiamo voluto portare un contributo concreto, non semplicemente una parola di opposizione a misure che pure non condividiamo: una parola concreta che ha centrato un obiettivo fondamentale, quello del potere di acquisto delle famiglie, perché riteniamo che questa sia una misura economica valida in questa situazione, una misura sociale necessaria se vogliamo restituire dignità e possibilità di consumo alle famiglie in una situazione sicuramente molto difficile come quella che si sta prospettando nel prossimo autunno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cazzola, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00038. Ne ha facoltà.
GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, il testo della mozione di cui sono primo firmatario è a conoscenza dei colleghi, pertanto mi limiterò a sottolineare brevemente le differenze di impostazione, di analisi e di proposte che contraddistinguono la mozione sottoscritta dai gruppi del Popolo della Libertà e della Lega. Con tutto il rispetto, signor Presidente, pensiamo che non si possono svolgere ragionamenti di politica economica concentrando l'attenzione sulla situazione interna del Paese, come se potessimo ragionare appunto di un corpo umano - e del contesto in cui si svolge l'azione di un corpo umano - osservando solo il suo ombelico.
Per tali ragioni, nella nostra mozione l'incipit è rivolto all'andamento della congiuntura economica internazionale ed agli effetti che essa determina anche per il nostro Paese. Ovviamente sappiamo - e ci facciamo carico delle nostre responsabilità - che da noi la situazione presenta taluni aspetti più preoccupanti (li ricordava adesso, seppur brevemente, l'onorevole Damiano), in conseguenza dei tanti handicap e squilibri che connotano il sistema Italia e del ritardo con cui sono state portate avanti le riforme, quelle riforme in grado di assicurare maggiore competitività al Paese e, quindi, anche maggiore crescita, maggiore sviluppo, maggior reddito e maggiore occupazione.
Signor Presidente, come dicevo - e nel mio piccolo sono spesso solito farlo - ci facciamo carico delle nostre responsabilità, ossia delle responsabilità della maggioranza (della maggioranza di oggi e della maggioranza che ha governato ed ha espresso un Governo negli anni passati).
Una forza politica che dal 2001 ad oggi ha governato per cinque anni su sette non può infatti chiamarsi fuori dalle responsabilità per la situazione in cui versa il Paese. Ma neppure l'opposizione di oggi può chiamarsi fuori dalle difficoltà economiche e sociali del Paese, se non altro perché negli ultimi anni, quando il centrodestra era al Governo, ha sempre contrastato i progetti di riforma del Governo, e perché con la legge finanziaria per il 2007 ha strangolato sul nascere i primi bagliori ancora incerti e precari di una ripresa economica che si affacciava dopo gli anni difficili seguiti all'11 settembre del 2001.Pag. 18
Tutto ciò premesso, signor Presidente, credo che vada riconosciuto al Governo almeno questo, e cioè di non aver mentito agli italiani, fin dalle prime settimane di vita.
Quando è stata anticipata la manovra finanziaria che è ora legge dello Stato (la legge n. 133 del 2008) insieme al varo del Documento di programmazione economico-finanziaria, proiettandola in una prospettiva triennale alla cui fine sarà realizzato il pareggio, il Ministro Tremonti ha dichiarato in quest'Aula che il Governo intendeva «mettere in sicurezza» il bilancio dello Stato. Questo proposito, signor Presidente, non era espressione di un tardivo neoliberismo di cui, tra l'altro, il Ministro Tremonti ha smesso di dare prova, ma nasceva dalla dichiarata consapevolezza dell'apertura di una fase difficile della congiuntura internazionale.
Purtroppo i fatti hanno confermato tali previsioni, eppure di questa realtà che condiziona sempre più i comportamenti dei Governi e di noi tutti non vi è traccia - o ve ne è una molto flebile - nella mozione Damiano n. 1-00034, non solo nell'analisi delle sue conseguenze sulle difficoltà del Paese e su quelle dei lavoratori, delle loro famiglie, dei pensionati e dei cittadini, ma anche nelle proposte di intervento che vengono suggerite.
Dove trova l'onorevole Damiano, salvo fare un riferimento non dimostrato per cui la maggioranza avrebbe dirottato queste risorse verso altre parti, le risorse per far fronte alle richieste che la mozione di cui è primo firmatario rivolge al Governo? Non intendo insistere più di tanto su tali considerazioni che sono - o almeno, dovrebbero essere - pacifiche ed evidenti.
Il Governo e la maggioranza si sentono legittimati a difendere quanto è stato fatto fino ad ora, non solo per tenere in ordine i conti pubblici, ma anche per venire incontro alle esigenze dei lavoratori e dei cittadini. Sono assolutamente convinto - nel mio piccolo ho avuto modo di dirlo tante volte, tutte le volte che sono intervenuto in quest'Aula - che non vi sia affatto contraddizione tra tenere in ordine i conti pubblici e pensare agli interessi, al presente e al futuro dei cittadini, dell'economia e del Paese.
Noi non abbiamo aumentato le tasse e i contributi, come ha fatto il Governo Prodi, mentre abbiamo ridotto la spesa corrente, come non ha fatto il Governo Prodi. Sul versante fiscale abbiamo abolito completamente l'ICI sulla prima casa e detassato in via sperimentale gli straordinari e i premi, un'operazione questa che certo non è andata a vantaggio dei più abbienti di questo Paese e che ha comportato un trasferimento nelle tasche e nelle buste paga degli interessati di 1,7 miliardi di euro. Soprattutto, abbiamo agito sul versante di quelle che una volta - quelli che hanno la mia età se lo ricordano - si chiamavano riforme che non costano. Penso alle misure del decreto-legge n. 112 del 2008 sulla semplificazione e la deregolazione del lavoro, che favoriscono sia le imprese che le occupazioni, senza diminuire le tutele, e alle altre misure innovative per quanto riguarda il lavoro pubblico e privato che sono contenute nel disegno di legge atto Camera n. 1441-quater che la Camera esaminerà nei prossimi giorni.
Quanto al pubblico impiego, l'opposizione insiste sulla polemica riguardante l'inflazione programmata, mentre il Governo - lo ha dichiarato il Ministro Brunetta - renderà disponibile dal 1 gennaio - a proposito di contratti che non si rinnovano - tutte le risorse già stanziate in misura di quasi tre miliardi di euro anche se non saranno chiusi i contratti; non è certo colpa del Governo se nel mondo privato è in stallo la trattativa sulla riforma della struttura della contrattazione.
Ecco perché, signor Presidente, onorevoli colleghi, la mozione della maggioranza vuole impegnare il Governo a sollecitare le parti sociali a chiudere un negoziato che è in ritardo da almeno dieci anni, da quando nel cosiddetto patto di Natale del 1998 si perse l'occasione - e sappiamo perché si perse questa occasione - per aggiustare l'impianto del protocollo del 1993 che noi ci guardiamo bene dal criticare,Pag. 19perché conosciamo la funzione positiva che ha svolto. Ecco perché riteniamo che la scelta strategica di rendere permanente e strutturale la detassazione e la decontribuzione sulle voci retributive legate alla produttività deve in qualche modo essere condizionata al buon esito della trattativa tra sindacati e Confindustria sugli assetti della contrattazione.
Mi fermo qui signor Presidente, altri colleghi si incaricheranno, nel dibattito, di illustrare gli specifici punti degli impegni che il Popolo della Libertà e la Lega, nella loro maggioranza, richiederanno al Governo se la loro mozione sarà approvata. Voglio anche dire che, terminato questo intervento, prenderò subito un'iniziativa con i colleghi del Movimento per l'Autonomia per vedere se sarà possibile - mi auguro che da parte loro ci sia questa disponibilità - unificare le nostre mozioni.
Concludendo, richiamo soltanto la centralità che riconosciamo alle politiche a favore dell'occupazione femminile, convinti come siamo che è su questo piano che si vince o si perde la sfida dell'occupazione in Italia, tenendo conto dei risultati positivi che la moderna legislazione (dal cosiddetto pacchetto Treu, alla legge Biagi) ha consentito di realizzare, ma tenendo altresì conto dei ritardi che abbiamo e del cammino in avanti che dobbiamo compiere su questo terreno (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delfino, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00039. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, vi è nel Paese una larga area di famiglie, di pensionati e di lavoratori che affrontano quotidianamente la difficoltà di far fronte ad esigenze primarie e fondamentali per la loro esistenza. Si tratta di difficoltà e disagi che si accentuano in prossimità della cosiddetta quarta settimana del mese, evidenziando un problema d'inadeguatezza del loro potere d'acquisto. Questa situazione è stata oggetto nel confronto elettorale dei mesi scorsi di un forte dibattito, con l'assunzione di solenni impegni da parte di tutte le forze politiche, se chiamate a guidare il Paese, di intervenire con priorità e con decisione per superare le difficoltà delle famiglie, per rilanciare i consumi e per dare sicurezza ai lavoratori e ai pensionati.
Dalle elezioni ad oggi questo tema è gradualmente evaporato e i provvedimenti assunti dal Governo e sostenuti dalla maggioranza hanno offerto risposte a nostro giudizio parziali a tale questione centrale. È singolare poi - lo notiamo così - che anche i mass media (stampa, televisione e radio) si siano accodati a questo oblio ed abbiano lasciato cadere questo tema che interessa milioni di lavoratori, milioni di pensionati e di famiglie, e che nel periodo dal 2005 al 2008 è cresciuto del 14 per cento. Nelle stesse dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio all'insediamento del suo attuale Governo veniva chiaramente assunto un impegno ad intervenire sulle pensioni più basse, adeguandole all'erosione del potere d'acquisto causato dall'inflazione, e altresì ad adottare provvedimenti fiscali ed economici a favore dei lavoratori dipendenti e delle famiglie. Sono trascorsi cinque mesi e l'economia italiana conosce - come ci dicono tutti gli istituti economici e sociali - una fase di crescita tendente a zero, le famiglie italiane hanno dovuto tagliare i loro consumi, e la dinamica dei salari e delle pensioni si rivela complessivamente insufficiente a garantire un reale recupero del potere d'acquisto rispetto all'inflazione.
In questi mesi poi è esplosa la dinamica dei prezzi, soprattutto dei generi alimentari ed energetici, per cui il disagio delle famiglie ad arrivare a fine mese ha subito un ulteriore forte impennata. Nulla lascia intravedere che questa dinamica rallenti. Anche la situazione finanziaria, con l'aumento dei tassi di interesse, ha fatto emergere in Italia una condizione di rischio, molto più accentuata che nel passato, per le famiglie che hanno fatto investimento per l'acquisto della casa.Pag. 20
Si tratta di una situazione certamente nota al Governo e alla maggioranza, che l'hanno affrontata con provvedimenti che noi riteniamo inadeguati, senza soprattutto quel carattere di generalità e di equità necessari per offrire una risposta a quanti si trovano in questa condizione. È evidente, per esemplificare, che la detassazione degli straordinari limitata al settore privato e con livelli di reddito troppo bassi, senza alcuna particolare attenzione alle diverse situazioni dei lavoratori e delle famiglie, ha accentuato la difficoltà di quanti non sono contemplati da questo provvedimento ma si trovano in un'analoga situazione. Misure quali l'invio di una carta prepagata ad un milione e 200 mila pensionati con mensili minimi e insufficienti per l'acquisto di cibo e pagamenti di utenze sono certamente qualcosa ma non possono rappresentare la risposta alla difficoltà da cui pensionati, famiglie e lavoratori sono investiti.
Anche l'intervento - lo vogliamo dire - mirato ad allungare la scadenza dei mutui riducendo l'importo delle rate di rimborso non può che provocare un debole e temporalmente limitato alleggerimento di queste difficoltà, che vengono scaricate in avanti. Sosteniamo l'urgente necessità di un intervento più accentuato, che recuperi gli squilibri crescenti nella distribuzione della ricchezza, i quali oltre a rappresentare un elemento inaccettabile di iniquità, diventano indubbiamente una delle cause della debolezza del nostro sistema economico e produttivo. Secondo una recente indagine delle ACLI, il primo pensiero di quanti sono stati intervistati nel campione è per il 42 per cento rappresentato dall'impossibilità di guadagnare abbastanza per arrivare a fine mese. Mentre la precarietà è denunciata come incubo dal 36 per cento degli italiani e il 16 per cento vive con la paura di perdere il lavoro. Questo è un Paese tutt'altro che sicuro. È un Paese che reclama sicurezza a tutto campo, in tutti gli aspetti della vita: lavoro, casa e famiglia. Il recente libro bianco della Commissione europea sulla salute enfatizza lo stretto legame tra salute e prosperità economica, sottolineando altresì la centralità del benessere dei cittadini nelle politiche contemplate dalla strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione. Quindi, promuovere la salute consente di ridurre la povertà, l'emarginazione, il disagio sociale, incrementando la produttività del lavoro: la stessa produttività del lavoro che sta alla base dell'attuale politica del Governo e che noi in linea generale condividiamo per aumentare le possibilità di salari, i tassi di occupazione e la crescita complessiva dell'occupazione. Vediamo che questi principi sono ripresi in parte nel libro verde del Ministro Sacconi che, rilanciando il welfare dell'opportunità, ripropone la centralità della persona e della famiglia. Vorremmo, dunque, che questa condivisibile affermazione si traducesse nella vera priorità di questo Governo e di questa maggioranza per riorientare l'azione verso le persone più in difficoltà, per dare voce a chi non ha voce, per realizzare una politica economica e sociale veramente equa e capace di offrire concrete opportunità per tutti. Per realizzare una vera svolta, capace di garantire un miglioramento sensibile del reddito ai soggetti, occorre prendere decisioni che incidano sin da oggi sulla loro situazione, considerato che, in una recente audizione, il Ministro Tremonti ha affermato che la pressione fiscale rimarrà ai livelli attuali e che un calo forse si potrà realizzare solo nell'arco dell'intera legislatura. La ripresa e la competitività dell'economia italiana potrà avvenire, a nostro giudizio, se c'è la capacità di promuovere e valorizzare il fattore lavoro, se si apre una politica capace di rilanciare la domanda interna, se si opera sin da subito una politica fiscale equa. Su questa impostazione vogliamo misurare la volontà del Governo e della maggioranza, a partire dalle risorse necessarie per gli aumenti contrattuali e l'adeguamento all'inflazione degli assegni familiari.
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Delfino.
TERESIO DELFINO. Vogliamo che il Governo e la maggioranza realizzino unaPag. 21politica fiscale equa per la famiglia, introducendo il quoziente familiare, come affermato con forza nel loro programma elettorale. Infatti l'equità fiscale è un tema ineludibile e costituzionalmente garantito, e indispensabile per superare quel tasso di natalità che ci vede in coda in Europa per quanto riguarda il rapporto famiglia-numero dei figli. Se vogliamo riacquistare slancio e fiducia dobbiamo partire dalla famiglia, dai giovani, dalle donne e dal lavoro. Ecco allora le nostre proposte.
Sono chiare: insistiamo e vogliamo, anche con la mozione in esame, una riforma della fiscalità familiare (così come già accettata in precedenti mozioni da parte del Governo e della maggioranza), un adeguamento contrattuale per i lavoratori che superino quell'iniquo - condividiamo questo giudizio - tasso di inflazione programmato, un adeguamento dei trattamenti pensionistici minimi, un adeguamento delle pensioni di invalidità e politiche del lavoro (in ciò siamo d'accordo con quanto afferma la mozione presentata dalla maggioranza) tali che, attraverso il part-time e attraverso una flessibilizzazione dell'orario di lavoro, incentivino ad una maggiore occupazione delle donne. E in particolare, proprio per aumentare il tasso di occupabilità, vogliamo che vi sia un recupero dei lavoratori ultraquarantenni e ultracinquantenni, perché senza ciò rischiamo veramente di non uscire dalle nostre difficoltà.
Infine, avevamo già anche avanzato, come altre forze politiche e come la stessa maggioranza, una mozione per la disciplina e per il rinnovo della delega sui lavori usuranti. Riteniamo che vi sia un grave ritardo del Governo e su ciò dobbiamo assolutamente accelerare.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
TERESIO DELFINO. Concludo davvero, signor Presidente, dicendo che un'ultima questione è toccata nella nostra mozione: la questione del controllo e della sorveglianza dei prezzi. Ciò che ha fatto finora il garante, così come previsto dalla normativa, per noi è assolutamente inadeguato. Riteniamo che, stante la situazione emergenziale in cui versano molte famiglie, molti cittadini e molti pensionati, si debba pensare ad un paniere di beni e di prodotti di prima necessità, su cui applicare prezzi controllati.
Il dibattito e i colleghi che interverranno daranno ulteriori impostazioni e delucidazioni utili a far capire che la questione del recupero della capacità di acquisto di famiglie, pensionati e lavoratori è un tema che va assolutamente affrontato, e con maggiore incisività, da parte del Governo e della maggioranza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone, che illustrerà anche la mozione Lo Monte n. 1-00040, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.
ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, partirei da una riflessione di natura politica, rivolgendomi ai colleghi del Popolo della Libertà e della Lega Nord. Se è comprensibile che in questo Parlamento vi siano due opposizioni, perché Unione di Centro e Partito Democratico si sono presentati divisi e distinti in campagna elettorale (poi è emersa una terza opposizione, dopo la manifestazione di piazza Navona), è assolutamente incomprensibile e dannoso, dal punto di vista politico, dare l'idea che in questo Parlamento vi sia una maggioranza articolata in due posizioni, una rappresentata dal Popolo della Libertà e dalla Lega Nord, e un'altra rappresentata dal Movimento per l'Autonomia.
A nome del mio gruppo, anticipo all'onorevole Cazzola che vi è l'assoluta disponibilità a lavorare per unificare le due mozioni, però non possiamo non sottolineare come si sia perduta un'ulteriore importante occasione, non solo per sottoscrivere insieme un documento, ma per elaborare congiuntamente una linea politica comune su temi così rilevanti.
Giudichiamo positivamente la sollecitazione che è venuta al Parlamento da parte della mozione che è stata presentata dall'onorevole Damiano, per affrontare una questione che è drammaticamente all'ordine del giorno: la riduzione drammaticaPag. 22del potere d'acquisto di retribuzioni e pensioni e le difficoltà che vivono le famiglie.
Però, ritengo che sia mancata anche da parte del primo firmatario della mozione presentata dall'opposizione la volontà di ricercare su una questione che potrebbe essere, come ormai si dice nel gergo politico comune, bipartisan, una visione che potesse unire per la prima volta in questo Parlamento non solo la maggioranza o l'opposizione ma la maggioranza e l'opposizione. Pertanto, mi sarei aspettato che invece di sottolineare le visioni che già conosciamo dell'opposizione e della maggioranza si potessero scrivere insieme alcuni passaggi, fornire degli spunti a chi poi deve procedere attraverso atti di Governo per individuare soluzioni comuni su un terreno, che dovrebbe essere quello dove più le classi dirigenti sono in grado di misurare il loro grado di responsabilità.
Gli opinionisti politici, coloro che scrivono di economia sui giornali, gli istituti più importanti che si occupano dello studio delle dinamiche economiche invitano maggioranza e opposizione a trovare un terreno comune. Questo era ed è il nostro auspicio e ci auguriamo che al di là della formalizzazione di atti parlamentari comuni vi siano dei punti di contatto e che su tale tema invece di approfondire fossati vi possano essere dei ponti che avvicinano le diverse posizioni.
Il Movimento per l'Autonomia in questi primi mesi di legislatura ha più volte posto all'attenzione del Governo l'esigenza di adottare iniziative volte a ottenere un sostanziale recupero del potere di acquisto delle retribuzioni e delle pensioni. Il nostro è un Movimento che vive il territorio e che, pertanto, registra quotidianamente le difficoltà delle famiglie del sud, già penalizzate di per sé a causa del divario che ci separa dall'economia del resto del Paese e adesso ulteriormente sofferenti a causa di un carovita che sta portando molte delle nostre famiglie, in particolare quelle monoreddito, oltre la soglia della povertà.
I dati delle associazioni dei consumatori sono allarmanti. Da una recente ricerca di Altroconsumo si evince che, nonostante vi sia stato un aumento della concorrenza, i consumatori non riescono a trarre alcun beneficio. All'aumento dell'offerta non consegue una diminuzione dei prezzi, anzi gli stessi continuano ad aumentare annullando, di fatto, i benefici derivanti dal libero mercato. A pagare sono sempre i consumatori e le famiglie economicamente meno agiate, i precari e i disoccupati.
Per quanto attiene alle regioni meridionali il dato è ancora più sconfortante. Infatti, a causa della minore presenza di catene di distribuzione il carovita risulta essere ancora più elevato. Non a caso, stando ai dati di Altroconsumo, la città più cara risulta essere Reggio Calabria e nella classifica stilata seguono a ruota le principali città del sud. Si sfata così un altro mito, ossia che al sud la vita costi meno che al nord.
Come affrontare il problema? Perché le grandi catene di distribuzione non investono anche nel Mezzogiorno ma si limitano ad insediamenti solo nel nord del Paese? Evidentemente, c'è una carenza infrastrutturale che scoraggia gli investitori e che si traduce in una forte penalizzazione per le famiglie del Mezzogiorno.
Occorre quindi aumentare gli investimenti per la costruzione di nuove infrastrutture e per l'ammodernamento di quelle esistenti, al fine di non rendere vani gli sforzi prodotti in tal senso dalle popolazioni locali, dagli imprenditori, dai giovani e dagli enti locali tesi a rendere autonoma e competitiva l'economia locale.
Estremamente preoccupante è, infatti, il permanere del divario di sviluppo territoriale tra le aree del Paese: nel 2007 la crescita del PIL è stata pari all'1,6 per cento nel centronord e allo 0,9 per cento nel Mezzogiorno e penalizza fortemente le popolazioni meridionali. In questo senso, il nostro Movimento si è battuto ottenendo dall'Esecutivo il reintegro dei fondi destinati al Mezzogiorno e precedentemente distolti proprio per finanziare il taglio dell'ICI.
La mozione del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia impegna, pertanto,Pag. 23il Governo: a promuovere una maggiore coesione ed equità sociale finalizzata a favorire un modello di sviluppo economico, con politiche di sostegno delle retribuzioni e delle pensioni, che coinvolga l'intero Paese e, in particolare, a sostenere le aree più svantaggiate, con la necessaria attenzione, stante l'attuale divario economico, nei riguardi del Mezzogiorno; ad avviare, entro la fine del corrente anno, un confronto con le parti sociali finalizzato, compatibilmente con la ripresa economica e delle risorse da essa derivanti, a determinare aumenti retributivi atti a contrastare il crescente aumento del costo della vita; ad avviare politiche di sostegno per le famiglie che vedono la presenza al proprio interno di anziani e portatori di handicap non autosufficienti e a prevedere un percorso che porti ad un adeguamento congruo, rispetto all'aumento del costo della vita, dei trattamenti pensionistici, a partire dalle pensioni minime; a porre in essere, per quanto riguarda il Mezzogiorno, valutati i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione europea, la fiscalità di vantaggio per promuovere l'insediamento di imprese operanti nel Mezzogiorno, al fine di favorire il tessuto produttivo meridionale, unica garanzia concreta per lo sviluppo economico ed occupazionale del sud; non ultimo ad incrementare ulteriormente politiche a favore delle famiglie, soprattutto numerose, che, stante il livello di inflazione e l'inadeguatezza dei salari, rischiano di vedere ulteriormente peggiorate le loro condizioni di vita, con particolare riferimento al Mezzogiorno, dove disoccupazione e lavoro precario rendono più difficile sostenere gli attuali aumenti dei prezzi, anche attraverso un più forte e articolato controllo dei prezzi al consumo.
Su tali questioni da noi poste nella mozione ci attendiamo una risposta positiva da parte dei colleghi della maggioranza e da parte del Governo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, credo che una presa di posizione responsabile di questo Parlamento sia quella, come anticipato dall'onorevole Cazzola, di constatare la difficile situazione mondiale dell'economia. Cercare di continuare a fare speculazione politica, quando si vedono casi come quello degli Stati Uniti e la grave situazione determinatasi, penso sia irresponsabile nei confronti dei cittadini che hanno eletto sia la maggioranza, sia l'opposizione.
Io credo che il Governo, con le prime misure adottate, abbia dimostrato una grande responsabilità verso il Paese, perché non ha voluto soltanto fare manovre per l'immagine, per cercare di accaparrare qualche voto in più, ma è riuscito a coniugare un maggiore reddito per i nostri lavoratori con una maggiore produttività per le nostre imprese. Un esempio su tutti è quello sugli straordinari, o anche l'ICI (un diritto fondamentale delle nostre famiglie, cioè la casa, viene garantito senza dover pagare un'ulteriore tassa), oppure la social card.
Vorrei solo ricordare a coloro che oggi, soprattutto nel Partito Democratico, si fanno baluardi del carovita e del difendere i cittadini che nel 2007 una ricerca di Adnkronos dava ai lavoratori che guadagnavano mille euro al mese una riduzione reale di 150 euro l'anno dello stipendio (ricordo si trattava del 2007, dopo un anno di Governo Prodi), e a chi guadagnava duemila euro una riduzione di 300 euro.
Ciò non significa accusare quanto ha fatto o quanto non è riuscito a contenere il Governo Prodi, ma semplicemente che ognuno si deve assumere le proprie responsabilità e deve guardare con realismo la situazione del nostro Paese, della nostra economia, delle nostre famiglie e dei lavoratori. È chiaro che come Lega Nord Padania riteniamo che il federalismo sia l'unica soluzione definitiva possibile per risolvere questo reale problema che ogni giorno le nostre famiglie e la nostra gente debbono affrontare. Su questo non c'è dubbio. Infatti, una reale riforma dello Stato, della contrattazione e del potere di acquisto nei propri territori delle nostrePag. 24famiglie potrà realmente cercare di migliorare e risolvere questa grave situazione.
Vi sono molte altre misure da assumere, ma sicuramente sono tutte tampone fin quando non si cambia realmente questo Paese. Anche in risposta a quanto hanno detto i colleghi del Movimento per l'Autonomia credo che rappresenti una garanzia pure per il Meridione il poter autogovernarsi, poter decidere e anche colpire quegli amministratori che sprecano i soldi pubblici dei cittadini sia del nord che del sud senza andare incontro alle esigenze reali del nostro Paese.
Dunque, la nostra direzione è di chiedere al Governo di continuare con l'indirizzo preso e di avere un particolare riguardo per le manovre che dovranno, per esempio, riguardare i lavori usuranti che in XI Commissione stiamo discutendo. Credo che rappresenti un'urgenza approvare un provvedimento che possa tutelare questi lavoratori. È necessario continuare in una direzione che possa coniugare il miglioramento dei salari dei nostri lavoratori e, contemporaneamente, migliorare la situazione delle nostre aziende. Infatti, siamo certi di una cosa, se si lavora esclusivamente in una direzione: il nostro Paese non solo avrà salari più bassi, ma non avrà più posti di lavoro se non si incentivano le imprese a rimanere, se non si fa sì che il Paese si sviluppi e si continua invece ad andare in una direzione dove l'impresa è il nemico numero uno del cittadino e il sindacato il miglior amico, come stiamo vedendo in questi giorni con la vicenda Alitalia.
Concludo con una domanda a chi oggi si fa paladino dei lavoratori a basso reddito. Vorrei sapere come e con che coraggio sia possibile allo stesso tempo farsi paladini di persone che guadagnano migliaia e migliaia di euro al mese e che, per garantire dei privilegi, bloccano i voli in Italia e l'Alitalia e, dopo, venire ad insegnarci che cosa sia salvaguardare i lavoratori a basso reddito.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bellanova. Ne ha facoltà.
TERESA BELLANOVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tutti gli istituti di ricerca ci dicono che il tasso di inflazione nel nostro Paese, oggi, è il più alto dal 1996; che vi è una contrazione dei consumi pesante che supera il 2 per cento; che vi è un forte indebitamento delle famiglie, e sempre più in aumento. Vi è in sostanza - lo riscontriamo tutti noi - una maggiore difficoltà a vivere in modo dignitoso da parte di tante famiglie italiane. La recessione e l'aumento dei prezzi e delle tariffe rischiano un esito dirompente in questa situazione. Infatti, quando le famiglie risparmiano non sui beni di lusso, ma sui beni primari, sull'acquisto del pane e della pasta non vi è più tempo da perdere e la discussione seguita all'intervento dell'onorevole Damiano in quest'aula non è del livello che merita la situazione.
Quando le famiglie risparmiano sul pane e sulla pasta non c'è da fare filosofia, c'è bisogno che un Governo, in modo responsabile, non si insinui nel confronto tra le organizzazioni sindacali per creare divisioni e rotture; c'è bisogno, invece, che un Governo responsabile chiami le parti sociali ad un confronto di merito per combattere la povertà diffusa nel Paese.
Povertà: non bisogna avere paura delle parole perché c'è il crescente rischio di questa povertà che coinvolge fasce rilevanti di lavoratori e di pensionati; non solo di lavoratori che svolgono lavori precari e saltuari, ma di lavoratori che hanno un'occupazione anche nelle fabbriche del nord, delle famiglie monoreddito del sud, di quelle migliaia e migliaia di lavoratori e lavoratrici che al nord sono in cassa integrazione per effetto della crisi economica.
Allora bisogna intervenire per sostenere i salari, per far riprendere la domanda interna, per rilanciare la competitività. Altro che gli slogan che abbiamo sentito in questi mesi e, purtroppo, anche oggi in quest'Aula!
Occorre una forte riduzione del carico tributario sul lavoro per migliorare il reddito delle famiglie, a partire da quelle più bisognose, come afferma la mozione presentata dall'onorevole Damiano. AlloraPag. 25non discutiamo sull'inflazione importata, non discutiamo per distinguere qual è l'inflazione prodotta in Italia e quale quella importata, come se fosse equo far pagare l'inflazione importata ai lavoratori e ai pensionati! Discutiamo del perché avete programmato un'inflazione all'1,7 per cento quando tutti gli istituti statistici ci dicono che quella reale è oltre il 4 per cento. Voi lo sapete, come lo sappiamo noi, che quel tasso di inflazione comporterà una perdita del potere di acquisto di oltre 700 euro l'anno.
Il Governo della riduzione delle tasse, il Governo che aveva messo al centro della sua campagna elettorale la riduzione delle tasse, nel 2008 aumenterà le tasse ai lavoratori e ai pensionati dello 0,6 per cento; infatti, se non saranno restituiti a queste categorie di cittadini in media 362 euro di drenaggio fiscale, quello che risulterà sarà quell'aumento di tassazione.
Voi vi apprestate ad incassare oltre tre miliardi e mezzo di euro attraverso una tassa occulta, quella del drenaggio fiscale, con l'aggravante che i poveri che Robin Hood diceva di voler tutelare pagheranno anche la Robin tax.
Noi abbiamo l'amara sensazione che, invece di contrastare la povertà, voi vi appassioniate a combattere i poveri, ad aumentare la disuguaglianza. Volete risparmiare sull'assegno sociale, non intervenite con detrazioni sugli incapienti, la social card la stanno cercando in giro per il mondo, ed è per questo motivo che ci spieghiamo la presenza in quest'Aula della sottosegretaria al Ministero degli affari esteri, anziché di un rappresentante del Ministero competente.
Sulla famiglia dite di volere intervenire e, invece, avete prodotto tagli; sul lavoro femminile, come richiamava l'onorevole Cazzola, volete intervenire e, infatti, partite dalla scuola con 130 mila tagli, sapendo che nella scuola l'80 per cento è occupazione femminile.
Avete fatto un'operazione demagogica sull'ICI: altro che chiederci oggi da dove prendiamo le risorse per finanziare le proposte avanzate dall'onorevole Damiano! Avete fatto un'operazione demagogica sull'ICI tagliandola a chi ha case di lusso e a chi ha redditi oltre i 50 mila euro l'anno, mentre non avete realizzato alcun intervento su chi la casa non ce l'ha e paga l'affitto.
Abbassare le tasse era il punto centrale della vostra campagna elettorale, ora noi vi diciamo: non vi sforzate molto, perché avete prodotto male in questi mesi.
Limitatevi ad applicare l'articolo 1, comma 4, della legge finanziaria per il 2008...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
TERESA BELLANOVA. ... che destina automaticamente l'extragettito alla riduzione della pressione fiscale mediante l'incremento delle detrazioni ai lavoratori dipendenti e ai pensionati.
Il Ministro Tremonti ha dichiarato alle agenzie, al termine del Consiglio dei Ministri, di essere stato autorizzato a porre la questione di fiducia sul disegno di legge finanziaria.
Cari colleghi, un sussulto di dignità: ancora una volta, su questi temi, noi e voi saremo espropriati del nostro ruolo, della nostra iniziativa e della nostra capacità di incisione nel dibattito. Con la mozione a prima firma Damiano avete l'occasione per dare speranza a quei cittadini che non ce la fanno più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mosca. Ne ha facoltà.
ALESSIA MARIA MOSCA. Signor Presidente, la mozione oggi in discussione è una delle forme con cui da mesi cerchiamo di richiamare il Governo ad una maggiore attenzione e responsabilità rispetto alla drammatica situazione che sempre più famiglie si trovano a vivere. Si tratta di una situazione che nel corso dei mesi è andata via via peggiorando fino a raggiungere un livello di allarme rispetto al quale non si può rimanere indifferenti o distratti.
La responsabilità primaria di chi gestisce la cosa pubblica è di occuparsi delPag. 26bene comune con accenti diversi a seconda dell'orientamento politico, dei valori di riferimento e del momento storico; si declina come competitività e crescita del sistema, nonché come attenzione e sostegno ai cittadini più deboli.
Il Governo sta fallendo sull'uno e sull'altro fronte, che poi sono due facce della medesima medaglia. Non si intravedono, infatti, misure di vero incentivo al sistema Paese nel suo complesso né, tanto meno, si scorgono interventi a favore di quanti - sono sempre di più - stanno pericolosamente scivolando al di sotto della soglia di povertà.
Tutto orientato a ciò che è marketing, fiction, comunicazione e propaganda, questo Esecutivo non ha smentito la sua caratteristica di rappresentarsi e di rappresentarci un'immagine sempre distorta della realtà, modellata in base alle proprie convenienze politiche. Come nei film si costruisce una storia enfatizzando solo alcuni aspetti della realtà e intorno ad essa si solleticano paure e si orientano i bisogni in base a ciò che conviene di più al Governo, non al Paese.
La realtà, però, è tutta un'altra. È una realtà di recessione che, certo, ha ragione l'onorevole Cazzola a dire che non è solo del nostro Paese, ma da noi - mi rivolgo all'onorevole Fedriga e, ancora, all'onorevole Cazzola - si fa sentire più pesantemente che altrove, ed anche questo la maggioranza e il Governo dovrebbero non ometterlo quando delineano il quadro della situazione economica. È una realtà in cui il potere di acquisto delle famiglie, di tutti i lavoratori e delle lavoratrici, dei pensionati e delle pensionate si sta drasticamente riducendo ancora molto di più da noi che negli altri Paesi europei.
Di questa distorsione perpetuata dal Governo sono sia il sistema Paese sia i cittadini a pagare le conseguenze; stiamo diventando un Paese con molti parametri ben al di sotto di quelli dei Paesi in via di sviluppo. A livello internazionale stiamo perdendo posizioni: un autorevole conoscitore dell'economia italiana, qualche giorno fa, descrivendo il decadimento del nostro Paese nello scenario globale, osservava con preoccupazione che, se oggi uno tsunami facesse scomparire l'Italia, nessuno se ne accorgerebbe quanto a impatto sul mercato e sulle politiche internazionali.
Ma è l'allargamento della forbice tra i ricchi e i poveri che deve preoccupare più di ogni altra cosa: la cosiddetta classe media si sta estinguendo e sta diventando sempre più ampia la base di coloro che letteralmente faticano ad arrivare a fine mese. Questo è storicamente il terreno in cui scaturiscono disagi sociali e conflittualità che un Paese come il nostro, con la sua cultura, la sua civiltà e i suoi valori di coesione e solidarietà oggi non si può permettere. Non si può permettere di affrontare il tema dell'estrema povertà con misure assistenzialiste e poco rispettose della dignità umana.
Non si può permettere che si vada allargando la schiera dei cosiddetti working poor, ovvero di coloro che, pur lavorando, si trovano al di sotto o poco sopra la soglia di povertà, perché magari unici percettori di reddito in una famiglia di tre o quattro persone. Non si può permettere, infine, che la contrazione dei consumi acuisca una situazione economica complessiva già di forte stagnazione.
Governi stranieri di qualsiasi schieramento in questi mesi stanno proponendo piani straordinari per ridare ossigeno a economie in affanno e per sostenere i consumi delle famiglie, perché è giusto e necessario.
Nelle settimane precedenti alla sua caduta il Governo Prodi aveva istituito un tavolo di confronto con tutte le parti sociali per affrontare seriamente la questione salariale. Il Governo attuale fa proclami, crea aspettative, lancia slogan, ma i fatti né si sono visti, né si vedono all'orizzonte, e di quel confronto con le parti sociali non vi è traccia. Da un lato, anzi, l'Esecutivo taglia là dove non dovrebbe tagliare, come nella scuola che rappresenta il fondamentale motore di mobilità sociale, parametro essenziale per lo sviluppo e la competitività di un Paese. Dall'altro lato, vara misure che chiama diPag. 27sostegno alle famiglie (come la detassazione degli straordinari), ma che sono insufficienti, inique e inefficienti.
L'onorevole Cazzola citava poi altre politiche che il Governo avrebbe intenzione di promuovere, come il sostegno all'occupazione femminile che, anche a nostro avviso, è una delle chiavi della ripresa economica. Tuttavia, non vi è alcuna traccia di queste politiche che, nel migliore dei casi, rimangono delle intenzioni, se pur buone.
È urgente, invece, intervenire concretamente e subito se non si vuole che questo Paese sprofondi in una crisi irreversibile. Vi sono ancora i margini per farlo ed è per questo motivo che oggi con questa mozione rivolgiamo un appello al Governo affinché non aspetti altro tempo, perché è giusto e perché è necessario più in Italia che in qualsiasi altro Paese, perché siamo più in affanno di altri e, perché, invece, più di altri meritiamo di essere punto di riferimento per la nostra ricchezza umana e culturale, per le nostre eccellenze e per la nostra capacità di affrontare con caparbietà i momenti di crisi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Poli che merita una tiratina d'orecchie perché è in ritardo, ma gentilmente l'onorevole Mosca ha anticipato il suo intervento. Ne ha facoltà.
NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, scusatemi ma avevo un orario diverso. Onorevoli colleghi, talvolta nelle affermazioni più semplici è possibile trovare sorprendenti verità. Gli italiani non comprano più e l'economia, la cui salute si fonda sul virtuoso incontro dell'offerta produttiva con la domanda dei consumi, va in crisi.
È evidente a tutti ormai come la caduta del prodotto interno lordo nel secondo trimestre dell'anno sia dovuta in buona parte alla drastica flessione dei consumi delle famiglie che, dall'introduzione dell'euro in poi, hanno via via ridotto al minimo la spesa, anche quella quotidiana.
Secondo l'ISTAT, nel periodo aprile-giugno, il PIL ha fatto registrare una diminuzione dello 0,3 per cento sul trimestre precedente e dello 0,1 per cento nello stesso periodo del 2007. La diminuzione congiunturale è la più pesante dal 2003 e, come spiegano i tecnici dell'Istituto di statistica, subisce l'influenza del cattivo andamento dell'industria nazionale che risente anche della riduzione delle esportazioni, carenti in questo periodo della consueta domanda proveniente dai principali Paesi europei e dagli Stati Uniti.
Certamente l'argomento deve essere letto in un'ottica globale, dove la crescita esponenziale del prezzo del petrolio e delle materie prime in generale, la crisi del sistema creditizio americano e l'ambiguo ruolo delle emergenti economie asiatiche costituiscono solo alcune variabili (anche se quelle più evidenti e meno controllabili) di un trend particolarmente negativo che rischia di sfociare in una recessione mondiale.
Visti da questa prospettiva sembrano invero limitati gli spazi di manovra per la politica nazionale, soprattutto per quella di un Paese che vanta il triste primato di un debito pubblico sproporzionato. Ed infatti, nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nell'anticipo della manovra votata questa estate non si sono visti grandi interventi in questa direzione e quei pochi provvedimenti introdotti (come la detassazione degli straordinari) solo per alcune categorie e la social card sembrano comunque avere un impatto molto limitato.
Il meccanismo di funzionamento della cosiddetta Robin tax sembra generare, poi, il sospetto tanto di una possibile ricaduta sui consumatori dell'inasprimento fiscale subito dalle società energetiche fin dal prossimo autunno, quanto di una probabile liquidazione di minori dividendi per i risparmiatori che hanno ancora il coraggio di conservare qualche titolo azionario nel proprio portafoglio.
Non sono, però, solo i rincari del prezzo dei carburanti e delle bollette della luce e del gas a preoccupare gli italiani: a questi, ormai, essi hanno fatto una dolorosaPag. 28abitudine. Sono piuttosto i pesanti e, per molti versi, ingiustificati aumenti di tutti i generi alimentari ad affliggere il bilancio familiare dei nostri concittadini, senza che il Governo sappia come intervenire.
Di ben altri poteri sembra aver bisogno Mister prezzi, ovvero il Garante per la sorveglianza dei prezzi, per rendere efficace la sua attività di controllo delle dinamiche dei prezzi e per frenare le tentazioni speculative.
In questo contesto inserirei la politica dell'annuncio portata avanti dal Ministro Brunetta: le sue dichiarazioni per combattere i fannulloni hanno raccolto facili entusiasmi dell'opinione pubblica, complice anche il compiacente supporto di una ben orchestrata campagna televisiva. Recuperare efficienza e migliorare i servizi è sempre possibile, ma esporre l'intero comparto del pubblico impiego alla gogna mediatica ci sembra francamente eccessivo, soprattutto se non si ha ben chiara una visione strategica della completa riorganizzazione dell'intera pubblica amministrazione.
Noi dell'UdC pensiamo ad una meritocrazia vera e non crediamo che possa essere positivo sparare nel mucchio, facendo di ogni erba un fascio. Questi spot demagogici hanno avuto l'unico risultato dell'annuncio della stretta sui premi incentivanti, che a suo dire, in futuro, non verranno più concessi in base ad alcun automatismo. Il Ministro, però, si dimentica che, già dal 1990, il premio viene erogato al raggiungimento di obiettivi prefissati dall'amministrazione e legati a criteri di produttività introdotti in base alla legge n. 88 del 1989.
Mentre il Ministro stesso prende tempo per determinare nuovi criteri per la futura erogazione, i dipendenti pubblici, dal 1 gennaio 2009, avranno una rilevante decurtazione dello stipendio, con evidenti effetti sull'economia del Paese. Le sue dichiarazioni, come i suoi provvedimenti, non sembrano produrre effetti reali in termini di efficienza economica e sembrano piuttosto equivalere a quelle iniziative di una certa sinistra della passata legislatura, quando l'obiettivo della campagna denigratoria era il cosiddetto «popolo delle partite IVA».
La situazione dei conti pubblici si presenta ormai così drammatica da non consentire al Ministro Tremonti di ridurre la pressione fiscale che - giova ricordarlo - viaggia intorno al 43 per cento. Una dichiarazione di impotenza che, negando uno dei cardini della recente campagna elettorale, getta una luce sinistra anche sulle promesse fatte in merito ad una riforma del profilo contributivo delle famiglie italiane.
Abbiamo passato gran parte di questi primi mesi di legislatura a parlare di giustizia, di norme tese a salvaguardare i politici e di intercettazioni telefoniche, ma dei problemi economici dei nostri concittadini e delle loro famiglie si è parlato ben poco. Eppure dovrebbero essere evidenti i danni che il nostro tessuto sociale subisce a causa dell'indebolimento della famiglia!
Abbiamo perso molto tempo ad inseguire il tema della sicurezza, alimentando le insicurezze e le paure nei confronti degli immigrati, senza considerare che, stando all'attuale crisi demografica, senza radicali politiche di sostegno alla natalità saremo costretti a pagare affinché essi continuino a venire nel nostro Paese.
Sembra che sia stata del tutto dimenticata la petizione popolare sottoscritta in primavera da un milione 200 mila cittadini, nella quale si richiedeva come ipotesi minima il passaggio dal regime delle detrazioni a quello delle deduzioni, che consente di escludere i carichi familiari dal calcolo del reddito imponibile, mentre il quoziente familiare rappresenta ormai una sorta di chimera irraggiungibile.
Il tema della restituzione del potere d'acquisto ai portafogli dei nostri concittadini non può essere affrontato a prescindere dalla riduzione del carico fiscale che essi subiscono, ma la volontà politica di abbassare le imposte non può limitarsi alla sola riduzione delle aliquote che, come ci hanno già anticipato, difficilmente potrà avvenire nei primi anni della presente legislatura.Pag. 29
Essa deve, invece, avere il coraggio dell'adozione di una innovativa politica fiscale, che voglia realmente incidere sulle evidenti iniquità oggi ben presenti nel nostro sistema tributario, ponendo alla base, come soggetto imponibile, non più l'individuo, ma il nucleo familiare. Una società che voglia crescere e non solo sopravvivere non può tollerare una crisi demografica per motivi economici, senza cercare di porvi alcun rimedio e di dare un concreto segnale a quelle famiglie che rinunciano ad avere, in ipotesi, anche solo il secondo figlio per non trovarsi in evidenti difficoltà.
Riteniamo, pertanto, utile dal punto di vista economico e soprattutto doveroso da un punto di vista etico aggiornare il nostro sistema fiscale, non limitandoci a garantire solo l'equità verticale, di chi più guadagna più paga, o almeno dovrebbe, ma assicurando anche l'equità orizzontale, per cui, a parità di reddito, chi ha figli da mantenere non deve pagare in pratica le stesse imposte di chi non ne ha.
È un aggiornamento che non lede certo quella solidarietà fiscale prevista dalla Costituzione attraverso il meccanismo della progressività impositiva, anzi la valorizza, restituendole una virtuosa funzione propositiva. In un contesto economico nel quale le famiglie, quelle stesse delle quali - giova sempre ricordarlo - la Costituzione impone il riconoscimento e la tutela, si dibattono in difficoltà sempre crescenti, la tassazione più equa per nuclei familiari rischia, invece, di essere un tema accantonato, se non addirittura rimosso. Chiediamo, pertanto, a questo Governo di assumersi la responsabilità di una sua riforma strutturale, capace di restituire alla famiglia quanto essa costantemente dona al nostro Paese.
Non c'è bisogno di scomodare le radici cattoliche della nostra comunità nazionale per rendersi conto della diversa funzione sociale di un genitore rispetto ad un single. Stati che vantano un passato ben più laico e soprattutto un presente molto meno ideologico hanno preso atto di questa differenza, che non vuole significare alcuna discriminazione, e l'hanno riconosciuta, valorizzandola da un punto di vista normativo.
PRESIDENTE. Onorevole Poli, la prego di concludere.
NEDO LORENZO POLI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Il nostro ordinamento giuridico, invece, impone ad entrambi, tanto al genitore, quanto al singolo, lo stesso carico fiscale, con l'evidente paradosso di penalizzare chi, invece, ne avrebbe più bisogno. In Europa, l'Italia è il fanalino di coda per quanto riguarda le cifre stanziate per il sostegno delle famiglie. Nei Paesi occidentali che solitamente usiamo come riferimento, le politiche sociali di cui godono le famiglie non sono paragonabili neppure lontanamente con le nostre, mentre noi qui in Parlamento facciamo finta di non vedere l'aumento delle separazioni fittizie, chieste solo per risparmiare sulle imposte o per consentire ai propri figli l'accesso all'asilo. È una vergogna la cui cancellazione tornerebbe utile anche alla nostra economia, che ha veramente bisogno di una inversione di tendenza, anche culturale. In tal senso, ci aspettiamo, quindi, l'assunzione in tempi brevi di un impegno serio da parte del Governo, sul quale l'Unione di Centro saprà assicurare una valutazione seria e oggettiva (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.
GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, il mio intervento condivide lo spirito della mozione Damiano e altri n. 1-00034 e intende dare un contributo concreto. In quest'Aula, oggi, ho ascoltato ragionamenti di politica economica svolti dalla maggioranza, riguardanti l'andamento della congiuntura internazionale, le riforme per favorire la crescita del Paese, lo sviluppo, e anche da altri grandi economisti, che fanno politiche economiche per il nostro Paese.Pag. 30
Nella realtà, però, il nostro Paese è in una situazione di crescita zero, con un vistoso calo dei consumi. Ma soprattutto le dinamiche relative alla crescita delle retribuzioni, delle pensioni, della produttività e la stessa distribuzione della ricchezza prodotta in Italia evidenziano che siamo in presenza di un grave problema di decrescente e insufficiente potere d'acquisto delle famiglie. Questo è il vero problema! Tale situazione è determinata, in primo luogo, dal rallentamento degli incrementi delle retribuzioni e delle pensioni; soprattutto se confrontate con quelle dei maggiori Paesi europei, noi abbiamo la situazione più pesante.
Qui vorrei entrare nel vivo del mio intervento. La cronicità e la pesante inadeguatezza dell'indice di rivalutazione ISTAT rispetto alla realtà dell'effettivo progressivo aumento del costo della vita fanno capire che bisogna ridefinire i parametri ISTAT, anche perché lo stesso indice è utilizzato per le rivalutazioni annuali della maggioranza dei salari, che condizionano l'economia di tutte le famiglie italiane. Immaginiamoci poi cosa ciò possa provocare sulle pensioni.
Non andrei molto lontano da questi economisti, che praticamente non hanno parlato oggi dell'incidenza dell'evasione fiscale sotto il profilo del lavoro non regolare, e quindi con conseguente apparenza di povertà e disoccupazione laddove comunque sussistono occupazioni idonee a garantire capacità di spesa piccola o grande, ma soprattutto con conseguente alterazione del dato matematico di distribuzione del costo dei beni e dei servizi stessi.
In sostanza, si usano i dati reddituali dichiarati e li si compara ai prezzi ufficiali e fiscalizzati dei beni, laddove i dati reddituali possono non essere veri, proprio nell'area dei redditi dichiarati come minori o nulli e il livello di vendita dei beni primari può essere piuttosto diverso da quanto ufficialmente dichiarato.
Ma poi la localizzazione geografica evidenzia nelle aree problemi per i soggetti genericamente deboli sul piano macroeconomico. Questi grandi economisti, questi grandi piani macroeconomici! I soggetti molto anziani, non autosufficienti, i giovani disoccupati, i precari, le famiglie numerose, i monoreddito, ufficialmente gli immigrati regolari con lavoro poco pagati: questi sono i problemi macroeconomici che riguardano il nostro Paese e suscitano le nostre preoccupazioni!
Un ulteriore problema, alla luce di tali ulteriori considerazioni, si deve aggiungere: il fatto che la condizione di disagio economico e di povertà abbia anche origini finanziarie, in alcuni aspetti per il costo delle materia prime, energetiche, e per il costo del debito bancario, determinato da parametri su interessi passivi.
Queste variabili, cari economisti, macroeconomisti, voi che ci volete dare delle lezioni di economia, sono variabili molto semplici, meno macro, più intelligenti, più importanti, semplicissime, chiare, che tutta la gente ha capito in Italia, la povera gente che non arriva a fine mese. Ebbene, queste variabili, avendo incidenza macroeconomica e in assenza di interventi giuspolitici interni di contenimento, possono, da sole, influenzare la distribuzione della ricchezza, molto più di eventuali azioni interne, e ne causano lo spostamento significativo dei luoghi di produzione, e quindi dell'occupazione.
Si ha lo spostamento significativo dei benefici derivanti da eventuali aumenti delle capacità di spesa dei singoli, qualora gli stessi debbano, con tali incrementi di reddito, fare fronte, innanzitutto, a costi di servizi primari (energia, alimenti importati) e anche, eventualmente, al maggior costo del servizio dei propri debiti personali, perché siamo di fronte anche al debito.
Questo è un problema del Paese: quello tipico dei prestiti bancari, dei mutui, con operatori che sono soggetti di diversa nazionalità o sono multinazionali, quali banche straniere o italiane, ma fortemente operanti e fiscalmente localizzate all'estero, in fase di identificazione del regime fiscale applicabile.
Credo che questi siano problemi da non sottovalutare. Penso anche a una modifica completa del sistema fiscale relativamentePag. 31alle famiglie con figli, con la detrazione progressiva per ogni figlio a carico di somme maggiori di quelle attuali, ovvero, preferibilmente, con la ripartizione del carico fiscale con aliquote minori di quelle del singolo contribuente e divise per il numero di familiari conviventi con lo stesso, se del caso, certe volte, anche limitando il numero dei soggetti almeno alla moglie, al convivente e ai figli, per cercare di creare un'omogeneità in questo Paese.
Credo che al tavolo pubblico sulla questione del potere d'acquisto potrebbe essere utile, insieme naturalmente a quello delle organizzazioni sindacali, anche il contributo di alcune associazioni, quali quelle dei consumatori, perché no!
Poi l'introduzione di protocolli di intesa per calmierare i prezzi di beni alimentari e sanitari di base, sostenuti da strumenti fiscali immediatamente attivabili dai singoli: ad esempio, la detrazione dell'IVA al momento del pagamento, qualora l'acquirente sia un soggetto risultante al di sotto di determinati livelli di tenore di vita, anche secondo l'indice ISEE (anche riguardo a quest'ultimo si dovrebbero fare delle considerazioni circa i parametri utilizzati), ovvero con detrazione fiscale forfettizzata al momento dell'emissione dello scontrino per l'acquisto. Una detraibilità fiscale integrale degli interessi passivi e del costo del mutuo sulla prima casa, ovvero del costo del canone di locazione della prima casa. Credo che siano problematiche che non riguardano la macroeconomia, ma il semplice e mero interesse che dovrebbe avere un Governo invece assente, lontano dalle problematiche: certo non tutti si devono preoccupare del potere di acquisto delle retribuzioni, guardando i propri redditi.
Infine, l'intervento a mio avviso più necessario e importante è il controllo dei prezzi: il controllo dei prezzi deve essere più incisivo e vicino ai reali problemi del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Codurelli. Ne ha facoltà.
LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nessuno si fa più illusioni sullo stato dell'economia e della finanza nei Paesi industrializzati: la crisi è profonda, strutturale e ha tutti i connotati della recessione. I Governi hanno a loro disposizione alcune leve per fronteggiare questa emergenza, ma non possono sfuggire ad una scelta preliminare che influenzerà tutte le azioni successive: chi pagherà maggiormente il costo della ripresa? Questo Governo di destra, la scelta, l'ha già fatta, lo vediamo anche con la presenza oggi in Aula: non ha saputo affrontare la crisi coinvolgendo l'intera nazione con un grande disegno economico e sociale, fondato sull'equità e la solidarietà, dove nello spirito della Costituzione ad assumere il maggior onere fossero chiamati quei soggetti e quelle realtà dell'economia e della finanza con maggiori disponibilità. I provvedimenti adottati dal Governo vanno invece in tutt'altra direzione, e già da ora mostrano che il costo più alto verrà pagato dalle famiglie e dai cittadini a reddito fisso, dalle donne e dai giovani in cerca di occupazione, dai pensionati e dalle categorie socialmente deboli, nonché dalle attività imprenditoriali di piccole dimensioni.
Nonostante il Ministro Tremonti, come riporta la stampa in questi giorni, abbia invitato gli economisti a tacere e a non sbandierare i dati di una crisi che la stessa presidente degli industriali Marcegaglia finalmente definisce drammatica, i dati sono sotto gli occhi di tutti: la crescita economica ha un segno «meno» per la terza volta dal dopoguerra e, per la prima volta da quindici anni, c'è una contrazione dei consumi pari allo 0,1 per cento. Declinando nel dettaglio questi macrodati si capisce chiaramente chi sta subendo questa situazione: come ben riportato nella mozione Damiano e altri n. 1-00034, il 14,6 per cento delle famiglie arriva con grande difficoltà a fine mese, il 28,4 per cento non riesce a far fronte ad una spesa imprevista, mentre il 4,2 per cento non haPag. 32i soldi sufficienti per le spese alimentari (dati confermati da un'indagine CIA, che rileva come il 60 per cento degli italiani stanno cambiando abitudini alimentari a causa del vertiginoso aumento dei prezzi). Nei primi sette mesi del corrente anno rispetto al 2007, i consumi alimentari sono scesi del 3,6 per cento al nord, del 4,1 al centro e del 4,3 nel Mezzogiorno; le riduzioni riguardano prevalentemente il pane, la carne, il pesce, la frutta e la verdura. Stiamo attenti: se il peggioramento delle condizioni alimentari si coniuga con il taglio delle spese sanitarie, che pure c'è, si aggrediscono i due capisaldi che hanno portato la nostra popolazione ad essere una delle più longeve del mondo, ad abbattere la mortalità infantile e a debellare gravi malattie sociali.
Nonostante l'industria sia in caduta recessiva (meno 27 per cento a giugno per i beni non durevoli e meno 2 per cento per quelli durevoli), il Governo non solo non è in grado di elaborare un progetto strategico, ma non sa neanche affrontare, al di là delle «chiacchiere», problemi molto contingenti quali le speculazioni sulle spalle dei consumatori. Prendiamo, ad esempio, la mancata riduzione del prezzo della benzina e di quello del pane, a fronte di un calo rilevante sia del prezzo del petrolio, sia di quello del grano. Inoltre, ci apprestiamo ad affrontare un inverno che porterà con sé un incremento del costo per le utenze energetiche.
La recessione significa crisi sociale, perché determina un aumento della disoccupazione ed un maggior ricorso alla cassa integrazione ed alla mobilità: in Lombardia, ad esempio, 670 aziende sono in crisi (si registrano un più 28 per cento nella mobilità e un incremento della cassa integrazione del 12 per cento nei primi mesi di quest'anno). Ad esempio, nella mia provincia, quella di Lecco, che ha sempre saputo tenere un quadro occupazionale positivo anche in congiunture difficili, in questi ultimi mesi si registrano crisi in aziende importanti con la chiusura di piccole unità produttive, mettendo a rischio oltre 1.500 posti di lavoro (e dalle mie parti è una magra consolazione registrare più 200 assunzioni rispetto al 2007).
A tutti è chiaro che in questo quadro l'aumento generalizzato dei prezzi non è per niente compensato da un adeguato incremento salariale dei redditi da pensione: oltre 14 milioni di lavoratori, secondo recenti indagini, guadagnano meno di 1.300 euro al mese, mentre oltre 11,5 milioni di pensionati vivono con importi inferiori ai mille euro al mese.
A queste categorie cosa si può chiedere di più in termini di sacrifici? Si tratta di una contabilità di per sé eloquente, che però cela anche un giudizio morale ineludibile che vorrei fosse più presente in questa autorevole Aula. Non so voi come la vivete, onorevoli colleghi, ma io mi vergogno di sapere che l'80 per cento dei redditi dichiarati in Italia nel 2006 è dei lavoratori dipendenti e dei pensionati (questi dati sono stati pubblicati dal Ministero dell'economia e delle finanze nel maggio 2008), così come mi preoccupa seriamente sapere dall'ISTAT che nel nostro Paese vi sono circa 7,5 milioni di poveri, di cui due terzi nel Mezzogiorno.
Guardando da vicino queste situazioni, scopriamo che la maggiore sofferenza è a carico delle famiglie monoreddito, delle donne sole con bambini (che sono sempre in costante aumento) e dei single, siano essi anziani o giovani.
Eppure, in una realtà da più parti definita drammatica, il Governo di destra ha stabilito altre priorità rispetto alle cose che bisognava fare. Da una parte, è stato sollecito nell'adottare provvedimenti che coincidessero con gli interessi del premier e dei suoi supporter, così come a «braccare» con zelo i rom e gli immigrati; dall'altra, ha provato gusto a smantellare il Protocollo sul welfare, che rappresenta il più importante strumento sistematico del Governo del centrosinistra per contrastare la perdita del potere d'acquisto delle famiglie e per rilanciare l'economia.
In quel documento, insieme agli altri che ne completavano il disegno, erano delineate con chiarezza le cose da fare e le risorse di bilancio da utilizzare. In esso si parla, infatti, di avviare una progressivaPag. 33ed incisiva diminuzione della pressione fiscale sulle retribuzioni medio-basse, dell'estensione progressiva della quattordicesima, di incrementi degli assegni al nucleo familiare, di una manovra che, in sostanza, ha visto un investimento di quasi 6 miliardi di euro.
Il Governo del centrosinistra ha attuato una politica rigorosa per la spesa pubblica, ma allo stesso tempo era consapevole che sotto una certa soglia non è possibile tagliare le risorse agli enti locali, perché ciò comporterebbe un peggioramento dei servizi essenziali e, quindi, delle condizioni di vita delle persone.
Questo Governo di destra, invece, sta facendo proprio tutt'altro, e cioè portare un pesante e pericoloso attacco alla sicurezza delle nostre comunità ed alla complessa e delicata rete delle protezioni individuali e collettive; questo Governo ha ingannato il Paese perché ha vinto le elezioni promettendo di abbassare le tasse, mentre invece le sta alzando; questo Governo, nel giro di pochi mesi, ha rinunciato a scommettere sul futuro dell'Italia e di quello dei propri ragazzi e dei propri giovani. Lo sta facendo scardinando la parte migliore del sistema scolastico, tagliando il bilancio dell'Istruzione e, nel contempo, lasciando a casa 130 mila insegnanti, di cui, caro Cazzola, la gran parte è costituita da donne: altro che occupazione femminile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antonino Foti. Ne ha facoltà.
ANTONINO FOTI. Signor Presidente, nella parte finale della mozione Cazzola ed altri n. 1-00038, di cui sono cofirmatario, si chiede che il Governo si impegni: «ad incrementare il lavoro delle donne con politiche attente ai problemi della conciliazione tra i diversi ruoli in cui la donna è impegnata». A tal proposito, va considerato che efficaci politiche di sostegno per il recupero del potere d'acquisto delle famiglie non possono prescindere da una complessiva revisione della disciplina del lavoro che riguarda la donna; per le donne italiane, lavoro e figli sono, infatti, ancora inconciliabili.
Nel rapporto del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro sul mercato del lavoro del 2007, presentato lo scorso 15 luglio 2008, è contenuta un'analisi sullo stato dell'occupazione femminile - anzi si parla di occupabilità delle donne - che aiuta a capire perché l'Italia, nonostante i progressi realizzati negli ultimi anni, presenti uno dei peggiori andamenti non solo dell'Unione europea a quindici, ma anche di quella a ventisette Stati. In sostanza, nello scorso anno meno di una donna su due, tra quelle in età di lavoro (parliamo di una percentuale del 46,7 per cento, in leggero aumento rispetto allo scorso anno), risultava occupata, a fronte della quota del 58,3 per cento dell'Europa a ventisette membri. Se non interverranno svolte tanto radicali da apparire al momento improbabili, l'Italia non sarà in grado di raggiungere nel 2010 l'obiettivo di un tasso del 60 per cento, come indicato da Lisbona 2000. Pesano su questo ritardo due dati di carattere strutturale. Il primo, è il dualismo territoriale: nelle regioni del Mezzogiorno il tasso di occupazione delle donne nel 2007 era soltanto pari al 31,1 per cento. Il secondo, è la scarsa presenza nel lavoro delle donne in età avanzata (tra i 55-64 anni) che, nel nostro Paese, è pari al 23 per cento, in conseguenza dei requisiti vigenti per il trattamento di vecchiaia che sappiamo essere di 60 anni di età e almeno 20 anni di contribuzione. A quest'ultimo proposito, va ricordato, tuttavia, che la componente femminile ha conosciuto negli ultimi anni un posticipo dell'età effettiva di quiescenza in proporzione maggiore di quella maschile. Ciò è comprensibile se si pensa che le persone che, nel settore privato, vanno in quiescenza di vecchiaia come lavoratrici dipendenti o autonome sono in misura di due su tre, e questo proprio perché, per la loro posizione sul mercato del lavoro, alle donne è più agevole raggiungere il requisito anagrafico dei 60 anni piuttosto che quello contributivo dei 35 anni di servizio valevole per il trattamento di anzianità (tale requisito di vecchiaia nel 2000 è statoPag. 34innalzato di cinque anni). Ma vi è un altro aspetto che il rapporto del CNEL coglie e indica come motivo di inadeguata presenza delle donne nel mercato del lavoro: ad influire sulla minore partecipazione della donna nel mercato del lavoro - è scritto nel dossier del CNEL - e sulla loro minore occupazione è una specificità di genere legata all'evento della maternità e alle esigenze di cura e assistenza dei figli. Mentre nell'età compresa tra i 25 e i 29 anni il differenziale di genere, per quanto riguarda il livello di tassi di occupazione, è abbastanza basso, nelle età successive (si ricordi che l'età media per il parto delle donne è di 31,1 anni) lo scarto naturalmente si allarga.
Secondo un'indagine dell'Isfol Plus, nel 2006, ben una donna su nove ha lasciato il mondo del lavoro in seguito alla maternità e due su tre hanno spiegato tale scelta con l'esigenze di cura e di assistenza dei figli; scelta dettata anche da valutazioni economiche. Nell'ambito delle componenti del settore femminile, quella caratterizzate da tassi di occupazione più elevati in ogni fascia di età sono quelle riguardanti le cosiddette persone isolate, le single, le divorziate o senza figli. Per la donna che vive in coppia, si assiste ad un vero e proprio crollo del tasso di occupazione, in particolare tra i 25 e i 44 anni, quando si passa dalla condizione di non avere figli a quella di avere figli.
Nella prima condizione le donne di questa fascia d'età hanno mediamente tassi di occupazione elevati pari al 75,5 per cento. Una volta che nascono i figli lo stesso tasso scende al 54 per cento. Naturalmente, tale fenomeno non si verifica per gli uomini che vivono in coppia, a prova del fatto che, nella divisione dei ruoli, è la donna a doversi occupare della cura dei figli. Va subito notato che si tratta di una tendenza specifica del nostro Paese, dove paradossalmente il tasso di fecondità, pur essendo in ripresa, si attesta a livelli minimi rispetto a quello degli altri Paesi europei. Nei Paesi in cui l'occupazione femminile è elevata, invece, è alto anche il tasso di fecondità. A spiegare tale fenomeno vi sono le cosiddette politiche family friendly, e tra di esse rientrano le misure del welfare che sostengono le lavoratrici madri e che hanno ridotto le incompatibilità tra il lavoro e la cura dei figli. Il nodo da sciogliere è, pertanto, quello di sbloccare la disoccupazione femminile e si traduce nel concetto di conciliazione; ed è da questo punto di vista che vanno concertate le politiche di sostegno che devono essere articolate in due grandi gruppi. Il primo riguarda quelle misure che intervengono sulla flessibilità del regime dell'organizzazione del lavoro, tra le quali spicca un'ampia diffusione del part time (nell'Unione europea l'occupazione femminile è più elevata laddove è più ampio il ricorso al tempo parziale). Il secondo gruppo riguarda le iniziative di ausilio alle famiglie con bambini piccoli, in particolare per quanto riguarda l'accesso ai servizi. Quanto più alti infatti sono i costi del child care, tanto più elevato è il cosiddetto salario di riserva, ovvero quella retribuzione al di sotto della quale la donna non ha convenienza a lavorare, ma preferisce occuparsi direttamente dei figli.
Rimane poi il problema di una politica fiscale più equa basata sul cosiddetto quoziente familiare. In base a tale metodo, contenuto nel programma elettorale del PdL, ogni contribuente è assoggettabile all'imposta del reddito per l'insieme dei redditi e degli utili dei membri della famiglia (coniuge, figli, minorenni, persone invalide, persone conviventi); ciò, allo scopo di favorire i nuclei più numerosi, nel presupposto che l'unità impositiva più opportuna sia la famiglia e non l'individuo, quella stessa famiglia che è al centro delle politiche suggerite nel Libro verde del Ministro Sacconi, quella stessa famiglia che vede oggi la donna, madre e moglie, sempre più divisa tra casa e lavoro, ed è anche alle donne che lavorano che la mozione in oggetto si rivolge, chiedendo al Governo di prestare ad esse ancora più attenzione.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Madia. Ne ha facoltà.
MARIA ANNA MADIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi dei redditiPag. 35delle famiglie è una realtà drammatica; è un fenomeno certamente articolato e complesso che va dalla perdita del potere d'acquisto all'innalzarsi - come ricordava l'onorevole Bellanova - della linea di povertà che, nel nostro Paese, ogni mese arriva ad includere gruppi sempre più ampi. Vorrei ricordare alcuni dati dell'ultima indagine ISTAT sulla povertà delle famiglie italiane. Sono dati della fine del 2007 e relativi al 2006 che già ci indicano uno scenario preoccupante. Quasi tre milioni di italiani vivono al di sotto della soglia di povertà. In altre parole, ciò significa che l'11 per cento delle famiglie italiane vive con meno di 970 euro netti al mese, e questo scenario, preoccupante a livello nazionale, è ancor più preoccupante se si considera il solo Mezzogiorno: addirittura, nel Mezzogiorno è il 22 per cento delle famiglie che vive con meno di 750 euro netti al mese, ovvero 220 euro in meno rispetto a quella che è indicata come soglia di povertà. Questi sono dati relativi al 2006, anno durante il quale l'inflazione è stata poco più del 2 per cento.
Come oggi tutti sappiamo, l'ISTAT ci dice che, ad agosto del 2008, rispetto all'agosto dell'anno precedente, l'inflazione è cresciuta più del 4 per cento. Credo che sia doveroso chiedersi quanto e come i grandi aumenti di prezzo del nostro anno influiranno sui redditi e sulla povertà. Vi è certamente una profonda, profondissima crisi reddituale: questi dati lo indicano e sono dati chiari e precisi. Molti più dati, ancor più chiari e precisi, sono contenuti nella mozione Damiano ed altri n. 1-00034. Si tratta di una crisi reddituale che, certamente, parte dalla perdita del potere d'acquisto, ma si lega anche a politiche fiscali, nonché a dinamiche contrattuali. Eppure, oggi noi assistiamo, come giustamente sottolineato nella mozione Damiano, ad un ritardo strutturale nei rinnovi contrattuali (in media un anno), ad un tasso di inflazione programmata artificiosamente basso, che renderà bassi anche i rinnovi contrattuali, ad un utilizzo distorto del lavoro atipico che crea un ulteriore costo sociale sui lavoratori, ad un drenaggio fiscale quantificato per il 2008 in 3,4 miliardi di euro. Ciò significa che, per un lavoratore con trentamila euro di reddito annuo, vi sarà un aumento spontaneo di IRPEF pari a 220 euro netti: si tratta di un drenaggio fiscale non restituito ai lavoratori. Quindi, da una parte, il Governo promette riduzioni di tasse, dall'altra, seppur non con un aumento effettivo delle aliquote, comunque preleva più soldi dalle tasche degli italiani.
I redditi segnano il passo soprattutto perché l'Italia è cresciuta poco nell'ultimo quindicennio: è vero, come sottolineato anche nella mozione Damiano, ma è altrettanto vero che solo una minima parte di questa crescita - meno del dieci per cento - è destinata al lavoro. Come giustamente sottolineava l'onorevole Mosca, il carovita non è un problema solo italiano, anche se è più grave in Italia, ma è un dramma che si cala nel contesto europeo. Oggi molti quotidiani inglesi titolavano nelle prime pagine proprio relativamente al dramma del carovita e dell'innalzamento dei prezzi di beni primari. Quindi, il ruolo dello Stato diviene essenziale e servono politiche anticicliche che favoriscano i redditi da lavoro per riattivare i consumi e rilanciare la competitività. In molti Paesi europei questo sta avvenendo. In Francia, un Governo di destra, come quello di Sarkozy, ha introdotto il reddito di solidarietà attiva, un sussidio per chi non ha lavoro, chiaramente legato al presupposto che si debba accettare l'offerta lavorativa, e che comunque seguita ad integrare il reddito quando il lavoratore trova lavoro sin tanto che non abbia un reddito che gli consenta di arrivare alla fine del mese. Non si tratta naturalmente di una soluzione universale che deve essere necessariamente impiantata in Italia, ma non vi è dubbio che vi è un Governo di un grande Paese europeo - peraltro un Governo di destra come ho già detto - che agisce sul fronte della perdita del potere di acquisto dei salari. Proprio questo è mancato sinora all'azione di questo Governo: qualità e spessore negli interventi di contrasto alla perdita di potere di acquisto di salari e pensioni. La nostra opposizionePag. 36- ci auguriamo insieme ai colleghi della maggioranza - offre tutti gli strumenti della sua elaborazione. Sono molte le proposte contenute nella mozione Damiano: dalla ripresa della concertazione al fine di ridefinire il ruolo del tasso di inflazione programmato, ad una diminuzione della pressione fiscale attraverso un aumento delle detrazioni per i redditi più bassi, all'incentivazione della contrattazione decentrata, all'estensione della cosiddetta quattordicesima per i pensionati, all'attuazione del protocollo del 23 luglio 2007 sui lavori usuranti. Sono tante le strategie con cui possiamo impegnare il Governo rispetto ad un vero e proprio dramma sociale per un milione di famiglie italiane. Ci auguriamo, colleghi della maggioranza, che possiamo farlo insieme, che possiamo adottare insieme queste proposte, per dare risposta ad una emergenza e ad un dramma che deve e non può non superare qualunque divisione politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
Testo sostituito con errata corrige volante
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, oggi stiamo affrontando, in sede di discussione sulle linee generali delle mozioni Damiano ed altri n. 1-00034, Cazzola ed altri n. 1-00038 e delle altre mozioni presentate, il problema del carovita e del potere di acquisto dei redditi dei lavoratori e dei pensionati.
È un tema che, in qualche modo, è stato già affrontato trasversalmente in altre discussioni, a partire da quelle occasioni in cui, in questo Parlamento e in quest'aula, abbiamo discusso di economia, di redditi, anche con riferimento al Documento di programmazione economica e finanziaria (per noi resta un testo fondamentale la risoluzione sul DPEF, su cui tutta la maggioranza - Popolo della Libertà, Lega Nord e Movimento per l'Autonomia - è convenuta su politiche di sostegno allo sviluppo). Cito anche la discussione sulle mozioni relative al sostegno alle famiglie, che è stata svolta prima dell'estate: al riguardo, si sono svolte considerazioni e vi sono stati momenti di confronto che ritengo importanti. In questa sede, abbiamo ascoltato alcune considerazioni importanti, in particolare quella dei colleghi del Movimento per l'Autonomia, intorno ad alcune questioni politiche ed anche in termini di incentivi ai redditi e allo sviluppo; abbiamo ascoltato i colleghi dell'UdC e il collega Delfino ha posto all'attenzione di questa Assemblea il problema del quoziente familiare, su cui pure, in sede di mozione per il sostegno ai redditi delle famiglie, il Governo aveva dimostrato una grande apertura. Quindi, ci auguriamo che, nel prosieguo dei lavori, sempre attinenti a questo genere di mozioni, si riesca anche a concretizzare una convergenza comune su questo genere di proposte.
Però, credo francamente che si debba chiarire sostanzialmente un equivoco di fondo, e cioè che non si può addossare ad un Governo che è in carica da cinque mesi il problema del carovita o il problema della povertà in Italia: sarebbe paradossale e quanto meno ridicolo.
Credo che, al di là delle considerazioni degli economisti di professione, vi siano poi le considerazioni degli economisti veri e propri, cioè di coloro che fanno la spesa almeno una o due volte al mese o a settimana. Quegli economisti sanno benissimo, colleghi del Partito Democratico, che dai tempi della lira ad oggi i prezzi sono più o meno raddoppiati: ciò che prima costava 2.500 lire oggi costa 2,50 euro; ciò che prima costava 5.000 lire oggi costa 5 euro e così via. Sappiamo benissimo che potremmo riaprire un dibattito antico nel dire che ciò in parte attiene ad alcune responsabilità nella fase in cui l'euro è stato introdotto in Italia e ha portato un'inflazione vera, reale e concreta molto più ampia di quella stimata dai vari panieri e dall'ISTAT. Sappiamo benissimo che questo è un problema che continuiamo ad avere, in seguito anche a congiunture economiche particolari, in una fase tendenzialmente depressiva dell'economia italiana, che va avanti da molto tempo.Pag. 37
Sappiamo benissimo però che tutto ciò non può essere risolto dallo Stato con un colpo di bacchetta magica, a meno che non si creda, come ancora forse qualcuno fa (forse ancora qualcuno in questo Parlamento, malgrado il fatto che Rifondazione comunista, Comunisti italiani e una certa parte della sinistra antagonista non siano più rappresentati in questo Assemblea), che vi possa essere una politica keynesiana per cui, ad un certo punto, lo Stato, d'emblée, si mette a redistribuire risorse, regalando soldi ai più poveri, o assume tutti in pianta stabile, non sapendo bene cosa far loro fare, ma facendo loro scavare e ricoprire buche; oppure si può considerare la pubblica amministrazione come un ammortizzatore sociale (alcuni ancora la considerano in questo modo), caricando sulla stessa, anche in termini di costi sulla collettività, i costi di una disoccupazione o dei bassi redditi. Oppure, lo Stato in prima persona può andare ad incidere sulle politiche dei redditi, che invece attengono alla libertà di mercato, dell'impresa e della contrattazione.
Noi abbiamo un approccio un po' diverso in questo senso e crediamo che l'unica vera soluzione in questa fase sia quella di rigenerare lo sviluppo economico. Per questo credo che il Governo abbia realizzato politiche di sviluppo economico importanti. Si è parlato di sostegno al reddito: abbiamo messo in campo intanto meccanismi di disciplina fiscale agevolata per i premi e per le ore di lavoro straordinario, che sono stati realizzati in maniera importante e sperimentale. Nella mozione a prima firma del collega Cazzola si chiede che queste defiscalizzazioni e detrazioni entrino a regime.
Vi era l'ipotesi di allargarle al sistema pubblico. Inoltre, vi è stata una forte iniziativa nell'ambito della detassazione, ossia l'abolizione dell'ICI.
È necessario ridurre le tasse, agevolare lo sviluppo, rendere viva e forte la premialità nel sistema privato ma anche nel pubblico, far funzionare la pubblica amministrazione, ridurne l'assenteismo e gli sprechi, pagare di meno chi lavora di meno e di più chi lavora di più incentivando, quindi, anche la meritocrazia e facendo funzionare meglio lo Stato. Inoltre, si deve avviare un piano energetico per rendere lo Stato e il sistema Italia maggiormente autosufficienti rispetto al debito energetico che l'Italia ha con l'estero. Infatti, si tratta di un'autonomia che non può non creare sviluppo né far trarre beneficio al sistema Paese.
Ricordo anche la messa in sicurezza dei conti pubblici che il Ministro Tremonti ha realizzato attraverso una manovra triennale storica che, a legislazione invariata, guarda al futuro dei prossimi tre anni. Inoltre, ha posto in questo Parlamento la questione di un DPEF che si va a sovrapporre ad una manovra effettiva e che delinea, per tre anni, le linee guida di politica economica del sistema pubblico, mettendo in sicurezza il bilancio dello Stato, non procedendo verso l'indebitamento e l'aumento del deficit. È necessario un irrobustimento infrastrutturale, nonché la riduzione dei tempi della giustizia, rafforzando così la legalità e la sicurezza.
Crediamo che per risolvere non una causa ma una conseguenza, come quella rappresentata dall'impoverimento delle famiglie e dalla riduzione del potere d'acquisto (questione legata fisiologicamente a un meccanismo di contrazione dello sviluppo), si debba aumentare lo sviluppo. Nella mozione Cazzola ed altri n. 1-00038 si sottolinea che in quest'ultimo periodo, malgrado una contrazione dello sviluppo e dell'incremento della produttività del sistema Paese, si registra un aumento dell'occupazione. Ebbene, crediamo che a maggior ragione l'occupazione e la sua qualità - al netto del fatto che è necessaria una semplificazione della normativa sul lavoro pur salvaguardando diritti e tutele - possa aumentare e migliorare in un meccanismo in cui il sistema Paese va verso lo sviluppo e ad esso si aggancia.
Non dipende certo dal Parlamento la conseguenza di eventi di natura finanziaria internazionale, che pure hanno toccato grandi gruppi e grandi banche di investimento. È evidente che non spetta a noi stabilire cosa succederà e quali saranno le conseguenze sui mercati internazionaliPag. 38(dunque anche sul sistema italiano) della crisi che sta attraversando grandi gruppi a livello mondiale, a partire dagli Stati Uniti fino ad arrivare ad altri Paesi a noi più vicini in ambito europeo. Ma sappiamo che ciò non è nel potere, adesso, né di questo Governo né di questo Parlamento. Nel loro potere rientra la possibilità di poter mettere in campo misure che agevolino e migliorino la situazione vigente per quanto riguarda il sistema italiano nelle parti in cui tale sistema può essere migliorato.
Si è fatto riferimento - lo ha accennato il nostro capogruppo in Commissione lavoro, l'onorevole Foti - alla questione femminile e dell'occupazione femminile. Anche nella mozione Cazzola ed altri n. 1-00038 si fa riferimento alla questione degli aumenti salariali e si impegna il Governo a tener conto, ferme restando le indicazioni contenute nel DPEF circa il tasso di inflazione programmato, di quanto potrà emergere dal tavolo del negoziato interconfederale per la definizione dei parametri a cui riferire il recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni attraverso la contrattazione collettiva.
Ricordo, inoltre, la disciplina delle tutele dei lavori usuranti.
Pertanto, vi sono tanti elementi su cui è stata prestata attenzione e se ne continua a prestare e crediamo possano essere fattori su cui costruire un dialogo positivo e fattivo, onorevole Damiano. Si tratta di un terreno su cui è necessario confrontarsi non per salvaguardare egoismi, ma per il bene del Paese e della collettività. Con tale spirito crediamo che nella differenza di approccio pur sostanziale tra chi oggi governa e chi fino a ieri ha governato, legittimamente ci possa e ci debba essere un confronto.
Noi manteniamo le nostre posizioni con il principio liberale di saper ascoltare chi la pensa diversamente da noi e di saperci confrontare. Riteniamo che, però, questa sia una ricetta che in questo momento possa far meglio all'Italia perché le ricette che sono state attuate in precedenza spesso si sono rivelate fallimentari.
Riteniamo, quindi, con un dato empirico di poter portare avanti questo percorso nella speranza che ciò agevoli le famiglie e i lavoratori ed aiuti le famiglie ad arrivare meglio alla fine del mese e crediamo che, in questo senso, le politiche sino ad oggi portate avanti dal Governo, impostate con il Documento di programmazione economico-finanziaria, messe in campo con la manovra triennale e inserite nei collegati che, in questo momento, sono all'esame delle Commissioni parlamentari e che presto arriveranno in Aula, siano delle soluzioni decisamente positive.
Per questo non solo sosteniamo la nostra mozione, ma anche nelle Commissioni e in questo Parlamento i collegati che sono stati presentati, condividendone la filosofia, l'impostazione di fondo e soprattutto gli obiettivi concreti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Italia dei Valori).
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, oggi stiamo affrontando, in sede di discussione sulle linee generali delle mozioni Damiano ed altri n. 1-00034, Cazzola ed altri n. 1-00038 e delle altre mozioni presentate, il problema del carovita e del potere di acquisto dei redditi dei lavoratori e dei pensionati.
È un tema che, in qualche modo, è stato già affrontato trasversalmente in altre discussioni, a partire da quelle occasioni in cui, in questo Parlamento e in quest'aula, abbiamo discusso di economia, di redditi, anche con riferimento al Documento di programmazione economica e finanziaria (per noi resta un testo fondamentale la risoluzione sul DPEF, su cui tutta la maggioranza - Popolo della Libertà, Lega Nord e Movimento per l'Autonomia - è convenuta su politiche di sostegno allo sviluppo). Cito anche la discussione sulle mozioni relative al sostegno alle famiglie, che è stata svolta prima dell'estate: al riguardo, si sono svolte considerazioni e vi sono stati momenti di confronto che ritengo importanti. In questa sede, abbiamo ascoltato alcune considerazioni importanti, in particolare quella dei colleghi del Movimento per l'Autonomia, intorno ad alcune questioni politiche ed anche in termini di incentivi ai redditi e allo sviluppo; abbiamo ascoltato i colleghi dell'UdC e il collega Delfino ha posto all'attenzione di questa Assemblea il problema del quoziente familiare, su cui pure, in sede di mozione per il sostegno ai redditi delle famiglie, il Governo aveva dimostrato una grande apertura. Quindi, ci auguriamo che, nel prosieguo dei lavori, sempre attinenti a questo genere di mozioni, si riesca anche a concretizzare una convergenza comune su questo genere di proposte.
Però, credo francamente che si debba chiarire sostanzialmente un equivoco di fondo, e cioè che non si può addossare ad un Governo che è in carica da cinque mesi il problema del carovita o il problema della povertà in Italia: sarebbe paradossale e quanto meno ridicolo.
Credo che, al di là delle considerazioni degli economisti di professione, vi siano poi le considerazioni degli economisti veri e propri, cioè di coloro che fanno la spesa almeno una o due volte al mese o a settimana. Quegli economisti sanno benissimo, colleghi del Partito Democratico, che dai tempi della lira ad oggi i prezzi sono più o meno raddoppiati: ciò che prima costava 2.500 lire oggi costa 2,50 euro; ciò che prima costava 5.000 lire oggi costa 5 euro e così via. Sappiamo benissimo che potremmo riaprire un dibattito antico nel dire che ciò in parte attiene ad alcune responsabilità nella fase in cui l'euro è stato introdotto in Italia e ha portato un'inflazione vera, reale e concreta molto più ampia di quella stimata dai vari panieri dell'ISTAT. Sappiamo benissimo che questo è un problema che continuiamo ad avere, in seguito anche a congiunture economiche particolari, in una fase tendenzialmente depressiva dell'economia italiana, che va avanti da molto tempo.Pag. 37
Sappiamo benissimo però che tutto ciò non può essere risolto dallo Stato con un colpo di bacchetta magica. A meno che non si creda, come ancora forse qualcuno fa (forse ancora qualcuno in questo Parlamento, malgrado il fatto che Rifondazione comunista, Comunisti italiani e una certa parte della sinistra antagonista non siano più rappresentati in questo Assemblea), che vi possa essere una politica keynesiana per cui, ad un certo punto, lo Stato, d'emblée, si metta a redistribuire risorse, regalando soldi ai più poveri, o assuma tutti in pianta stabile, non sapendo bene cosa far loro fare, ma facendo loro scavare e ricoprire buche; oppure che si possa considerare la pubblica amministrazione come un ammortizzatore sociale (alcuni ancora la considerano in questo modo), caricando sulla stessa, anche in termini di peso sulla collettività, i costi di una disoccupazione o dei bassi redditi. Oppure, che lo Stato in prima persona possa andare ad incidere sui redditi, che invece attengono alla libertà di mercato, dell'impresa e della contrattazione.
Noi abbiamo un approccio un po' diverso in questo senso e crediamo che l'unica vera soluzione in questa fase sia quella di rigenerare lo sviluppo economico. Su questo credo che il Governo abbia realizzato politiche di sviluppo economico importanti. Si è parlato di sostegno al reddito: abbiamo messo in campo intanto meccanismi di disciplina fiscale agevolata per i premi e per le ore di lavoro straordinario, che sono stati realizzati in maniera importante e sperimentale. Nella mozione a prima firma del collega Cazzola si chiede che queste defiscalizzazioni e detrazioni entrino a regime.
Vi era l'ipotesi di allargarle al sistema pubblico. Inoltre, vi è stata una forte iniziativa nell'ambito della detassazione, ossia l'abolizione dell'ICI.
È necessario ridurre le tasse, agevolare lo sviluppo, rendere viva e forte la premialità nel sistema privato ma anche nel pubblico, far funzionare la pubblica amministrazione, ridurne l'assenteismo e gli sprechi, pagare di meno chi lavora di meno e di più chi lavora di più incentivando, quindi, anche la meritocrazia e facendo lavorare meglio lo Stato. Inoltre, si deve avviare un piano energetico per rendere il sistema Italia maggiormente autosufficiente rispetto al debito energetico che ha con l'estero. Infatti, si tratta di un'autonomia che non può non creare sviluppo né far trarre beneficio al sistema Paese.
Ricordo anche la messa in sicurezza dei conti pubblici che il Ministro Tremonti ha realizzato attraverso una manovra triennale storica che, a legislazione invariata, guarda al futuro dei prossimi tre anni. Inoltre, il Governo ha posto in questo Parlamento la questione di un DPEF che si va a sovrapporre ad una manovra effettiva e che delinea, per tre anni, le linee guida di politica economica del sistema pubblico, mettendo in sicurezza il bilancio dello Stato, non procedendo verso l'indebitamento e l'aumento del deficit. Sono necessari inoltre un irrobustimento infrastrutturale e la riduzione dei tempi della giustizia, rafforzando così la legalità e la sicurezza.
Crediamo che per risolvere non una causa ma una conseguenza, come quella rappresentata dall'impoverimento delle famiglie e dalla riduzione del potere d'acquisto (questione legata fisiologicamente a un meccanismo di contrazione dello sviluppo), si debba aumentare lo sviluppo. Nella mozione Cazzola ed altri n. 1-00038 si sottolinea che in quest'ultimo periodo, malgrado questa contrazione dello sviluppo e dell'incremento della produttività del sistema Paese, si registra un aumento dell'occupazione. Ebbene, crediamo che a maggior ragione l'occupazione e la sua qualità - al netto del fatto che è necessaria una semplificazione della normativa sul lavoro pur salvaguardando diritti e tutele - possano aumentare e migliorare in un meccanismo in cui il sistema Paese va verso lo sviluppo e ad esso si aggancia.
Non dipende certo dal Parlamento la conseguenza di eventi di natura finanziaria internazionale, che pure hanno toccato grandi gruppi e grandi banche di investimento. È evidente che non spetta a noi stabilire cosa succederà e quali saranno le conseguenze sui mercati internazionaliPag. 38(dunque anche sul sistema italiano) della crisi che sta attraversando grandi gruppi a livello mondiale, a partire dagli Stati Uniti fino ad arrivare ad altri Paesi a noi più vicini in ambito europeo. Ma sappiamo che ciò non è nel potere né di questo Governo né di questo Parlamento. Nel loro potere rientra la possibilità di mettere in campo misure che agevolino e migliorino la situazione vigente per quanto riguarda il sistema italiano nelle parti in cui tale sistema può essere migliorato.
Si è fatto riferimento - lo ha accennato il nostro capogruppo in Commissione lavoro, l'onorevole Foti - alla questione femminile e dell'occupazione femminile. Anche nella mozione Cazzola ed altri n. 1-00038 si fa riferimento alla questione degli aumenti salariali e si impegna il Governo a tener conto, ferme restando le indicazioni contenute nel DPEF circa il tasso di inflazione programmato, di quanto potrà emergere dal tavolo del negoziato interconfederale per la definizione dei parametri a cui riferire il recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni attraverso la contrattazione collettiva.
Ricordo, inoltre, la disciplina delle tutele dei lavori usuranti.
Pertanto, vi sono tanti elementi su cui è stata prestata attenzione e se ne continua a prestare e crediamo possano essere fattori su cui costruire un dialogo positivo e fattivo, onorevole Damiano. Si tratta di un terreno su cui è necessario confrontarsi non per salvaguardare egoismi, ma per il bene del Paese e della collettività. Con tale spirito crediamo che nella differenza di approccio pur sostanziale tra chi oggi governa e chi fino a ieri ha governato, legittimamente ci possa e ci debba essere un dibattito.
Noi manteniamo le nostre posizioni con il principio liberale di saper ascoltare chi la pensa diversamente da noi e di saperci confrontare. Riteniamo che, però, questa sia una ricetta che in questo momento possa far meglio all'Italia perché le ricette che sono state attuate in precedenza spesso si sono rivelate fallimentari.
Riteniamo, quindi, con un dato empirico di poter portare avanti questo percorso nella speranza che ciò agevoli i lavoratori ed aiuti le famiglie ad arrivare meglio alla fine del mese e crediamo che, in questo senso, le politiche sino ad oggi portate avanti dal Governo, impostate con il Documento di programmazione economico-finanziaria, messe in campo con la manovra triennale e inserite nei collegati che, in questo momento, sono all'esame delle Commissioni parlamentari e che presto arriveranno in Aula, siano delle soluzioni decisamente positive.
Per questo non solo sosteniamo la nostra mozione, ma anche nelle Commissioni e in quest'Aula i collegati che sono stati presentati, condividendone la filosofia, l'impostazione di fondo e soprattutto gli obiettivi concreti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Organizzazione dei tempi di discussione dei progetti di legge di ratifica.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei progetti di legge di ratifica nn. 1551 ed abbinata, 1626, 1627 e 1628.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine delPag. 39giorno è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, fatto a Vilnius il 3 maggio 2002 (A.C. 1551) e dell'abbinata proposta di legge: Mecacci ed altri (A.C. 267) (ore 16,15).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica: Ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, fatto a Vilnius il 3 maggio 2002 e dell'abbinata proposta di legge di iniziativa del deputato Mecacci ed altri.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1551)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il presidente della Commissione Affari esteri, onorevole Stefani, ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione della relatrice, onorevole Nirenstein.
STEFANO STEFANI, Presidente della III Commissione. Signor Presidente, colleghi, l'importanza dell'argomento forse avrebbe meritato una maggiore attenzione, comunque resterà agli atti quello che dirò. La III Commissione (Affari esteri e comunitari) ha concluso l'esame in sede referente del disegno di legge A.C. 1551 finalizzato alla Ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia di diritti umani e delle libertà fondamentali (CEDU), presentato dal Governo in prima lettura alla Camera lo scorso 28 luglio.
Come è stato sottolineato dall'onorevole Nirenstein, relatore di questo provvedimento (che, per impegni all'estero, non ha potuto essere qui), il provvedimento segna un momento di alto valore simbolico per l'istituzione parlamentare e per l'impegno italiano a tutela dei diritti umani, in primo luogo del diritto alla vita, in quanto consente al nostro Paese di ratificare il Protocollo n. 13 della CEDU, che esclude la possibilità di mantenere nella nostra legislazione il ricorso alla pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o di pericolo imminente di guerra.
La novità del Protocollo consiste nel superamento dell'articolo 2 del Protocollo n. 6 alla Convenzione del 1950 che consentiva, invece, tale mantenimento e nell'affermazione che la pena di morte è abolita in qualsiasi circostanza.
Il protocollo n. 13 è entrato in vigore il 1 luglio 2003. Al momento tra i Paesi dell'Europa occidentale mancano soltanto le ratifiche di Italia e Spagna. Occorre sottolineare che l'Italia, che partecipa in modo coerente al sistema convenzionale del Consiglio d'Europa, è già conforme al protocollo n. 13 a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 589 del 1994, che ha abrogato la norma del codice militare di guerra che avrebbe consentito di erogare in certe circostanze la pena capitale e, soprattutto, della legge costituzionale 2 ottobre 2007, n. 1, che ha abrogato il quarto comma dell'articolo 27 della Costituzione che prevedeva la possibilità di applicare la pena capitale ai soli casi previsti dalle leggi militari di guerra.
Mi preme sottolineare in questa sede che il provvedimento rappresenta un'ulteriore occasione per ribadire l'impegno del nostro Paese sul tema della pena di morte, coronato dall'approvazione da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni UnitePag. 40della proposta italiana di risoluzione per la moratoria universale della pena di morte.
Alla luce di tali considerazioni, auspico una celere conclusione dell'iter di ratifica. Sottolineo, inoltre, che il primo firmatario di questo provvedimento non può essere presente, perché impegnato all'OSCE.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, intervengo solo per aggiungere che la lotta alla pena di morte figura tra le priorità della politica estera del Governo italiano in materia di diritti umani. L'Italia, insieme agli altri partner dell'Unione europea, ha intenzione di proseguire nella campagna per l'abolizione della pena capitale nel mondo dando seguito alla risoluzione del 2007 e di presentare alla prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite, insieme agli altri Stati membri, una nuova risoluzione sulla pena di morte come seguito di quella del 2007.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, desidererei intanto invitare lei, quale Presidente di questa Assemblea, a ricordare ai rappresentanti del Governo che, per rispetto a quest'Aula, forse è il caso che si alzino in piedi quando si relazionano con i deputati.
Detto questo, ma è chiaro che attiene alla sensibilità dei singoli, volevo fare un riferimento alla situazione drammatica che si è determinata questa mattina in una cittadina finlandese, dove nove giovani studenti sono stati uccisi da un loro coetaneo, studente anch'egli in quella stessa scuola. La vicenda nella sua drammaticità, rispetto alla quale in quest'Aula possiamo soltanto esprimere parole di commozione e di solidarietà alle famiglie tanto tragicamente colpite, non c'entra nulla, almeno in apparenza, con la discussione che abbiamo di fronte. C'entra, invece, molto con la realtà di una società che, anche quando è ricca, avanzata e progredita, può essere molto violenta.
È la cultura della violenza, di chi pensa che si possa e si debba imporre - o ci si debba imporre - con la forza delle armi. La strage finlandese di questa mattina ci riporta con la memoria a drammatici precedenti, verificatisi proprio in uno dei paesi più avanzati, gli Stati Uniti d'America. Triste e famosa dalla Columbine in poi, è la messe di episodi che si sono verificati in quel Paese dove la cultura delle armi - forse come antico retaggio culturale della frontiera del west - ha fatto sì che ancora si immagini e si pensi che ci si possa regolare con la prepotenza e con la forza nei rapporti tra le persone e anche fra lo Stato e i suoi cittadini, perché proprio quel grande Paese, quella grande democrazia, è una di quelle realtà in cui ancora si commina e si pratica la pena capitale.
Spesso anche nei Paesi più avanzati e progrediti si pensa che la pena di morte possa avere un valore deterrente nei confronti del crimine: non è così. La storia e ogni giorno la cronaca si incaricano di smentire tale assunto che, a volte, però torna ad affacciarsi prepotentemente, anche nel nostro Paese.
Voglio fare un passo indietro: un anno fa accadde un tragico fatto, drammatico per la nostra coscienza, l'uccisione della signora Giovanna Reggiani, qui a Roma, che ha portato più di uno, magari anche qualche insospettabile, a pensare che si dovesse intervenire drasticamente nei confronti dell'autore di quel tragico omicidio, cosa che naturalmente cambia, si smorzano i toni, cambia la sensibilità, cambia la percezione quando magari vittima di un tragico omicidio, di un accanimento, è un giovane ragazzo italiano, ma di colore, che si chiama Abba. Che cosa intendo dire con questo? Intendo dire che mai la ferocia dello Stato deve essere la risposta alla ferocia del crimine.
Ecco quindi perché la ratifica del Protocollo n. 13 oggi alla nostra attenzione è per noi italiani poco più di un atto formale,Pag. 41seppure dall'alto valore simbolico, dal forte contenuto valoriale, perché l'Italia, il Paese di Cesare Beccaria, già da tempo - come veniva ricordato anche nella relazione - ha abrogato la pena di morte anche da quel retaggio contenuto nel codice penale militare di guerra. Soltanto un anno fa, abbiamo addirittura modificato la nostra Carta costituzionale per togliere anche da ogni ipotesi legislativa la possibilità di praticare in qualsiasi forma, in qualsiasi contesto, in qualsiasi tempo, una così atroce pratica.
Quello che questo Protocollo oggi alla nostra attenzione ci lascia e che dobbiamo salutare con favore è il fatto che ci dà nuova forza perché possiamo trasformare, tradurre questo valore politico e culturale in una iniziativa politica, istituzionale e diplomatica. Certo, è facile affermarlo quando dobbiamo pronunciarci contro il deprecabile costume in uso a Teheran di impiccare alle gru i malviventi; già più difficile riesce a noi italiani intervenire quando si tratta di denunciare i crimini perpetrati in Cina, magari nell'imminenza di qualche accordo commerciale. Addirittura imbarazzante per noi diventa quando si tratta di fare i conti con gli Stati Uniti d'America, rispetto ai quali, invece, io vorrei che fossimo ancora più esigenti rispetto ad altri Paesi, proprio perché quella è una democrazia, un faro e un baluardo della democrazia.
Concludo anticipando fin da oggi il voto favorevole dell'Italia dei Valori a questa ratifica, auspicando che l'attuale Governo sia all'altezza di quello che lo ha preceduto che ha saputo, giusto un anno fa, raccogliere una spinta che nasceva dal nostro Paese e dalla società civile ed ha saputo imporre all'ONU una moratoria votata da oltre cento Paesi in quel consesso. Mi piacerebbe che il Governo italiano proseguisse su questa strada.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Corsini. Ne ha facoltà.
PAOLO CORSINI. Signor Presidente, non mi periterò in una disamina dettagliata del testo del disegno di legge e degli articoli del Protocollo in questione, perché il presidente Stefani ha già esposto questa materia - io credo - in modo assolutamente veritiero ed egregio.
Procederò innanzitutto con tre premesse. Il primo dato è che, per quanto siano credibili, i sondaggi demoscopici dicono che oggi nel nostro Paese circa il 31 per cento dei cittadini italiani si dichiara favorevole alla pena di morte.
La seconda osservazione attiene al fatto che, come ha già avuto modo di far notare l'onorevole Evangelisti, l'ordinamento vigente nel nostro Paese, sia a livello costituzionale sia a livello legislativo, è già oggi conforme agli scopi del Protocollo n. 13. Infatti, oltre all'abrogazione di norme del codice penale e di leggi speciali del periodo fascista, comprese tra il 1944 e il 1948, una legge del 1994 ha abrogato l'articolo 241 del codice penale militare e la legge costituzionale del 2 ottobre 2007, n. 1, ha soppresso la previsione dell'articolo 27, quarto comma, della Costituzione.
Infine, vi è la terza considerazione introduttiva: io credo che il Protocollo n. 13 si ponga a coronamento di un lungo percorso sviluppatosi in seno al Consiglio d'Europa che ha progressivamente posto l'accento sull'opportunità di una completa eliminazione del ricorso alla pena di morte; non solo essa non può essere eseguita, ma neppure può essere comminata. In effetti la novità del Protocollo consiste, come notava il presidente Stefani, nel superamento dell'articolo 2 del Protocollo n. 6 e nell'affermazione perentoria che la pena di morte è abolita in qualsiasi circostanza.
Ritengo dunque che l'atto che ci apprestiamo ad approvare - e spero, anzi sono convinto, che vi sarà un'approvazione unanime - assuma molteplici significati; ne vorrei segnalare alcuni. Innanzitutto, esso assume rilievo nella stagione culturale e nel clima politico successivo alla risoluzione dell'ONU del dicembre 2007. Tutti noi ricordiamo l'emozione e l'entusiasmo per la notizia che portava a coronamento l'impegno del nostro Governo, cioè del Governo Prodi e del Ministro D'Alema (ma credo debba essere riconosciuto che daPag. 42quattordici anni l'Italia si batteva per il raggiungimento di questo obiettivo), del Parlamento e della società civile italiana, in modo particolare di «Nessuno tocchi Caino», perché credo che vada riconosciuto il merito a questa associazione di aver tenuto alto l'impegno per il raggiungimento dell'obiettivo che oggi vediamo ormai ravvicinato.
Vi è un secondo significato che mi sembra rilevante sottolineare in relazione all'atto che stiamo per approvare: mi riferisco alla definizione, sempre più veritiera, dell'Europa come spazio condiviso di diritti, all'area europea esente dalla pena di morte in un tempo in cui viviamo le condizioni sconvolte da guerre, da terrorismo, da distruzioni, da pulizie etniche e dalla ripresa degli armamenti.
Un'ulteriore considerazione: credo che l'atto che ci apprestiamo a ratificare risulti illuminante per la stessa storia civile e politica del nostro Paese, anche in relazione a dibattiti politici recenti. Il nostro Paese, nel 1786, ha visto l'abrogazione della pena di morte nel Granducato di Toscana; nel 1889, con il codice Zanardelli - il mio più illustre concittadino - ha visto l'abrogazione della pena di morte e, soprattutto, nel 1764 ha visto la pubblicazione di quel testo che tutti abbiamo letto di Beccaria che, come suppongo il Presidente Buttiglione ben riconosce, rovescia un'intera tradizione filosofica occidentale, perché da Platone a Rousseau, da Kant a Hegel a Schopenhauer la concezione retributiva della pena di morte, la pena ancora come espiazione, come difesa sociale, campeggiava nell'universo della teorizzazione giuridica e filosofica. Ebbene, Beccaria determina un rovesciamento, in quanto nel capitolo intitolato «Dolcezza delle pene» sostiene che quel che conta è l'estensione della pena, la sua certezza.
Riferendosi ad una concezione utilitaristica, che ha il suo fondamento in un'interpretazione contrattualistica della vita sociale, Beccaria nega la legittimità per lo Stato di poter ricorrere a questa sanzione che, peraltro, non è dissuasiva, non recupera il reo e non lo redime.
Ebbene, alla luce del recente dibattito credo che possiamo vieppiù aggravare il giudizio che diamo sul regime fascista, ovvero sul regime che ha detenuto l'integrale monopolio politico del potere. Il regime fascista, infatti, restaurò la pena di morte e a nulla valse la polemica di un insigne giurista, Paolo Rossi, assolutamente isolato con il suo libro del 1932 (ovvero La pena di morte e la sua critica) che, unica voce, si schierò coraggiosamente contro le scelte del regime.
Lo Stato, dunque, non può porsi sul piano del singolo individuo, ma deve fare buon uso del privilegio del beneficio del monopolio della forza e non si trova di fronte al dilemma di infliggere la pena di morte o di lasciare impunito un atto criminale.
Vi sono altri due preponderanti significati che vorrei richiamare e che assegnano uno straordinario valore simbolico e di rimando. Tante volte in Parlamento, anzi, sempre discutiamo presi della necessità di dare vita a norme che regolino le condizioni materiali della convivenza nel nostro Paese. Tuttavia, la convivenza di un Paese vale in ragione della civiltà dei principi a cui essa si ispira.
Allora, due sono gli altri significati preminenti che mi pare di poter assegnare alla scelta che stiamo per compiere. Innanzitutto l'abrogazione della pena di morte - ripeto, di una pena che non può essere comminata e neppure sanzionata - ha un valore coestensivo, perché illumina il dibattito sul diritto alla vita, sul diritto alla vita nascente, alla vita vivente e alla vita morente.
Infine, traggo questa suggestione da letture recenti, perché mi è capitato di leggere con molta attenzione quella straordinaria e limpida testimonianza che sono le lettere dal carcere brigatista di Aldo Moro, recentemente pubblicate da Einaudi da uno studioso che denota una straordinaria acribia filologica, Miguel Gotor. Ebbene, in quelle lettere è tematizzato lucidamente il limite del potere dello Stato, ovvero il potere come esercizio di una possibilità resistibile che trova il proprioPag. 43vincolo e la propria soglia non superabile nel riconoscimento della pienezza della dignità del valore della vita.
Se è vero quel che scriveva Elias Canetti in Massa e potere, ovvero la morte come moneta del potere, qui noi oggi ne sanzioniamo il definitivo tramonto e la definitiva conclusione nel nome di un principio e di un fondamento e nella sottolineatura di un diritto universale che non può essere negletto e negoziato (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.
ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, il tredicesimo Protocollo alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali è certamente il punto terminale di una lunga evoluzione della cultura europea e la sua ratifica è perfettamente conforme alle disposizioni dell'ordinamento giuridico italiano dopo l'abolizione della pena di morte dai codici militari avvenuta nel 1994 e dopo la soppressione di ogni riferimento a tale pena anche dalla Costituzione italiana, abolizione che è avvenuta nella scorsa legislatura, la quale ha avuto la forza di concludere un iter parlamentare che su questo aspetto si trascinava da anni.
La ratifica del tredicesimo Protocollo costituisce, altresì, il coronamento dell'impegno italiano contro la pena di morte che l'anno scorso, il 18 dicembre del 2007, è giunto ad ottenere lo storico voto dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a favore di una risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Questo successo italiano, conseguito dal Governo Prodi, non è stato un fulmine a cielo sereno, ma il momento conclusivo di quasi tre lustri di impegno di «Nessuno tocchi Caino» (ringrazio il collega Corsini per aver voluto ricordarlo) e del Partito Radicale Nonviolento, che hanno storicamente proposto questo obiettivo in tutte le sedi internazionali e nazionali, con il sostegno praticamente unanime di tutte le legislature che si sono succedute dal 1994 ad oggi ed attraverso l'impegno di tutti i Governi che di quelle legislature sono stati espressione.
Con il voto del 18 dicembre, le Nazioni Unite hanno stabilito per la prima volta che la questione della pena capitale attiene alla sfera dei diritti della persona e non della giustizia interna degli Stati e che il superamento della pena capitale segna un importante progresso nel sistema dei diritti umani. Con quel voto è come se l'Italia - in primis le istituzioni, il Parlamento, le organizzazioni non governative e il Governo - avesse concluso un contratto; come avviene con i contratti, le difficoltà iniziano dopo la firma, quando si tratta di dare loro applicazione.
L'Assemblea generale dell'ONU, infatti, non ha imposto né poteva imporre la moratoria ad alcuno dei suoi Stati membri; quella risoluzione, invece, possiede uno straordinario valore di principio e di indirizzo politico ed è una linea guida per chi ancora pratica la pena di morte. Il voto di ratifica che siamo chiamati ad esprimere sul tredicesimo Protocollo è nel segno di questo percorso.
Come dicevo prima, però, ritengo innanzitutto che al nostro Paese competa la responsabilità politica e il dovere di rafforzare e attuare, oggi, i contenuti di quella risoluzione approvata dalle Nazioni Unite l'anno scorso.
A questo proposito voglio ricordare che, come espressamente prevede quel testo, il punto è già all'ordine del giorno dell'Assemblea generale che si è aperta da poco a New York e la sessione di quest'anno non può essere un passaggio solo procedurale o, all'opposto, l'ennesimo tentativo di cambiare il dispositivo della risoluzione per rafforzarlo ma nel senso dell'abolizione.
Perché la posizione dell'ONU sia rafforzata occorre che essa sia consolidata attraverso pronunce successive dell'Assemblea generale, quest'anno e nei prossimi anni, in modo da ribadire la richiesta di moratoria, che costituisce la via maestra per giungere all'abolizione della pena di morte.
Nell'Unione europea uno dei punti di contrasto ha riguardato proprio la strategiaPag. 44da seguire per giungere all'abolizione della pena di morte. L'anno scorso il Governo italiano ha dovuto insistere molto e alla fine ha convinto i partner europei del fatto che la risoluzione dovesse avere l'obiettivo della moratoria e non dell'abolizione tout court della pena di morte. La scelta della moratoria, infatti, indica non solo un obiettivo (una sorta di tregua nella pratica della pena di morte, preparatoria della fine della «guerra», intesa come raggiungimento dell'abolizione definitiva della pena di morte), ma anche un metodo più democratico, liberale e non autoritario di lotta alla pena capitale, la cui abolizione presuppone il rispetto di regole e tempi parlamentari necessari per arrivare a cambiare Costituzioni, leggi e codici.
Questa impostazione antifondamentalista della campagna per la moratoria delle esecuzioni ha dato maggiore respiro all'iniziativa, evitando che essa fosse percepita come un'imposizione dei Paesi civilizzati europei nei confronti del resto del mondo (ossia «i barbari da civilizzare»). Non è un caso che Paesi che mantenevano la pena di morte - come ad esempio il Burundi o l'Uzbekistan - l'anno scorso si siano poi schierati a favore di quella risoluzione e che altri abbiano deciso di non opporsi, astenendosi (come hanno fatto il Ciad, la Guinea Equatoriale, gli Emirati Arabi Uniti, il Libano o il Vietnam).
Vi è, però, un punto di sostanza con cui la nuova risoluzione può essere davvero politicamente rafforzata, ossia l'abolizione non della pena di morte, ma del segreto di Stato sulla pena di morte, perché molti Paesi - per lo più autoritari - non forniscono informazioni sulla sua applicazione e la mancanza di informazione dell'opinione pubblica al riguardo è anche causa diretta di un maggior numero di esecuzioni.
Quindi, a ben vedere, in questi Paesi autoritari, che poi sono i principali responsabili del numero di esecuzioni compiute ogni anno nel mondo, la soluzione definitiva del problema, più che la pena di morte, riguarda la democrazia, lo Stato di diritto, la promozione e il rispetto dei diritti politici e delle libertà civili.
Intanto, quindi, chiediamo che nella nuova risoluzione sia presente la richiesta a tutti gli Stati mantenitori di rendere effettivamente disponibile al Segretario generale dell'ONU e all'opinione pubblica tutte le informazioni riguardanti la pena capitale e le esecuzioni.
A questo fine, chiediamo anche che la nuova risoluzione preveda la figura di un inviato speciale del Segretario generale dell'ONU, che abbia il compito non solo di monitorare la situazione, ma anche di favorire e accelerare i processi interni ai vari Paesi, volti a soddisfare la richiesta delle Nazioni Unite di moratoria delle esecuzioni, oltre che di una maggior trasparenza nel sistema della pena capitale.
Chiediamo al Governo italiano, quindi, di sostenere, in sede di negoziato sul testo, questi due obiettivi, che possono determinare un ulteriore progresso verso la fine dello Stato che uccide (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1551)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il presidente della Commissione affari esteri, onorevole Stefani.
STEFANO STEFANI, Presidente della Commissione affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Pag. 45Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana sulla promozione e protezione degli investimenti, fatto a Santo Domingo il 12 giugno 2006 (articolo 79, comma 15, del Regolamento) (A.C. 1626) (ore 16,45).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana sulla promozione e protezione degli investimenti, fatto a Santo Domingo il 12 giugno 2006, che la III Commissione (Affari esteri) ha approvato ai sensi dell'articolo 79, comma 15, del Regolamento.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1626)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
L'onorevole Nicolucci ha facoltà di svolgere la relazione.
MASSIMO NICOLUCCI, Relatore. Signor Presidente, il disegno di legge n. 1626 ratifica e dà esecuzione ad un Accordo siglato il 12 giugno 2006 a Santo Domingo. È un Accordo che non si discosta dagli altri accordi internazionali stipulati dall'Italia in materia.
Con quindici articoli, si cerca di dare una chiarezza giuridica ai rapporti di investimento e commerciali tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana, onde consentirne lo sviluppo.
Sono sanciti in modo molto chiaro i termini di investimento, in termini di gestione degli utili e di territorio. È affrontata in modo corretto tutta la materia relativa agli investimenti e ai diritti reali su beni mobili e immobili, sulle azioni, le obbligazioni, i voti di partecipazione, i crediti finanziari, i diritti di proprietà intellettuale e industriale.
L'Accordo entrerà in vigore dal 12 giugno 2006 e, quindi, riguarderà anche tutti gli accordi precedenti, tranne quelli su cui già insistono contestazioni.
A tutela degli investitori, è prevista la clausola del trattamento «non meno favorevole», cioè, premesso che deve essere previsto un trattamento equo e giusto, di fronte a condizioni particolari, alle parti dovranno comunque essere riservate le stesse condizioni applicate nei confronti dei cittadini locali o di Paesi terzi, esclusi quegli accordi fatti in regime di leggi speciali, come ad esempio quelli tra l'Italia e le Comunità europee.
A tutela, inoltre, degli investimenti, è prevista una protezione rispetto a possibili nazionalizzazioni, espropri o requisizioni, tranne nei casi in cui vi siano necessità di diritto nazionale, e anche in quel caso sarà necessario che lo Stato intervenga e indennizzi, in base al valore di mercato, le attività economiche.
Viene, inoltre, specificata la libera disponibilità dei fondi acquisiti in quello Stato, che potranno essere, quindi, normalmente trasferiti, tranne nel caso in cui essi siano soggetti a blocchi per motivi penali, civili o perché siano a garanzia di altre attività, fatti salvi anche gli obblighi fiscali.
In materia di credito e di protezione del credito, è possibile, per contenziosi, ricorrere a un arbitrato o ai tribunali locali o comunque, in mancanza, ad un tribunale internazionale.
Detto accordo sarà valido a prescindere se esistano o meno rapporti diplomatici con quel Paese. Questo accordo avrà una durata di dieci anni, rinnovabile tacitamente per altri cinque, e comunque durerà ancora cinque anni dall'ultimo rinnovo.
Detto accordo, quindi, dovrà essere ratificato da questo disegno di legge, che consta di tre articoli. L'articolo 1 prevede l'autorizzazione del Presidente della Repubblica alla ratifica. L'articolo 2, contenendo l'ordine di esecuzione, fa sì chePag. 46detto accordo abbia effetto immediato e, in termini di entrata in vigore, in base all'articolo 3, esso entrerà in vigore il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, questo accordo con la Repubblica dominicana si inserisce in un contesto di ottimi rapporti multilaterali, in cui l'Italia e la Repubblica dominicana appoggiano l'una la candidatura internazionale dell'altra.
Vorrei anche ricordare che la Repubblica dominicana e gli Stati Uniti hanno firmato, il 5 agosto 2004, un accordo di libero scambio, che prevede l'abbattimento dell'80 per cento delle barriere tariffarie e la creazione del secondo maggior mercato di libero scambio per gli Stati Uniti, preceduto solo dall'accordo NAFTA.
È per questo che l'accordo che il Parlamento dovrebbe ratificare sulla promozione e la protezione degli investimenti tra Italia e Repubblica dominicana costituisce un importante strumento per tutelare anche quegli investimenti italiani nel Paese finalizzati ad uno sbocco sull'enorme mercato statunitense.
Attualmente, pur se i dati dell'interscambio non sono particolarmente intensi, la Repubblica dominicana è in grado di offrire diverse opportunità, non raccolte dagli operatori economici italiani, che restano un passo indietro rispetto ad altri operatori economici comunitari, come per esempio gli spagnoli.
Il settore del turismo, con una ricchezza prodotta superiore ai 5,2 miliardi di dollari USA annui, costituisce uno dei settori di intervento di maggiore attrazione. Il comparto, caratterizzato da massicci investimenti da parte di operatori stranieri, è in grado di offrire, invece, importanti opportunità agli operatori turistici italiani. Il flusso dei turisti italiani nella Repubblica dominicana è di circa 150 mila persone all'anno.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fedi. Ne ha facoltà.
MARCO FEDI. Signor Presidente, il disegno di legge di ratifica n. 1626 relativo all'Accordo per la promozione e la protezione degli investimenti tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana, siglato, come è stato ricordato, nel 2006, sottoposto alla nostra attenzione, è composto da tre articoli e rispecchia i modelli tradizionali di autorizzazione, esecuzione ed entrata in vigore dei trattati internazionali di reciprocità.
È un accordo che l'Italia ha sottoscritto nel quadro delle azioni di sistema a sostegno degli investimenti italiani nel mondo e dell'interscambio con altri Paesi, predisponendo l'eventuale ricorso a sistemi di arbitrato nazionali, a tribunali appositamente costituiti o al Centro internazionale per la soluzione delle controversie previsto dalla Convenzione di Washington del 18 marzo 1965. È stato ricordato che l'accordo non comporta oneri aggiuntivi a carico dello Stato, né organizzativi né finanziari a carico della pubblica amministrazione o dei privati, e si propone di colmare una lacuna esistente nello stato della regolamentazione dei rapporti bilaterali tra Italia e Repubblica dominicana. La ratifica dell'accordo rappresenta per entrambi i Paesi - è stato ricordato dal sottosegretario Craxi - un importante e rilevante atto politico bilaterale, costituisce uno stimolo per nuovi investimenti nella Repubblica dominicana. Tale accordo potrà così incentivare iniziative di collaborazione economica, oltre a contenere specifici strumenti di garanzia degli investimenti: il documento costituisce infatti la premessa per facilitazioni sul piano finanziario e assicurativo.
L'Istituto nazionale per il commercio estero, nel quadro periodico di aggiornamento sulla situazione dell'interscambio e delle relazioni commerciali tra Repubblica dominicana e Italia, esprime una positiva valutazione sull'impatto di questo accordoPag. 47per far crescere le opportunità per una maggiore cooperazione economica tra i due Paesi. Tali relazioni, caratterizzate da un saldo attivo per il nostro Paese, sono di entità modesta e rappresentano solo una piccola percentuale del commercio italiano con l'estero. Nonostante l'entità modesta dell'interscambio, un rapporto della Commissione economica per l'America latina e i Caraibi (CEPAL) pone la Repubblica dominicana ai primi posti tra i principali Paesi dell'intera regione in termini di investimenti esteri diretti, e le scelte interne di politica economica fatte dal Governo dominicano autorizzano ad avere un relativo ottimismo rispetto alle possibilità di incremento sia dell'interscambio sia degli investimenti diretti dall'estero; investimenti dall'estero che - ci ricorda sempre il nostro Istituto per il commercio estero - sono disciplinati da una nuova normativa che dà agli investitori stranieri e alle società nelle quali essi partecipano o delle quali sono proprietari gli stessi diritti e obblighi che le leggi attribuiscono agli investitori nazionali. La normativa prevede anche la possibilità del completo rimpatrio dei capitali e delle rimesse dei dividendi; la legge n. 16 del 1995 ha eliminato quindi svantaggi significativi per gli investitori stranieri e inoltre, grazie alle tutele offerte da essa, l'investitore straniero dispone di importanti garanzie contro rischi politici, rischi di inconvertibilità e di espropriazione concesse da istituzioni riconosciute, quali la Overseas Private Investment Corporation e la Multilateral Investment Guarantee Agency, un'agenzia della Banca Mondiale. Per quanto riguarda la trasparenza degli investimenti esteri, è stata varata la legge n. 72 del 2002 che punisce il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.
A livello internazionale, invece, le convenzioni bilaterali ancora non rispondono sufficientemente a criteri etici, e su questo tema credo sarebbe opportuno un confronto con il Governo e una discussione molto seria. Sarebbe necessaria anche in questo caso un'azione multilaterale per ridisegnare i criteri che guidano tali rapporti internazionali, affinché vi sia una duplice valutazione della natura e degli effetti degli investimenti diretti esteri, con particolare attenzione a quelli di carattere speculativo. Inoltre è fondamentale un riequilibrio dello sbilanciamento esistente tra i diritti degli investitori e quelli degli Stati ospitanti, soprattutto delle loro comunità, vincolando i primi al rispetto di norme chiare in materia di ambiente e diritti umani. È necessario in altre parole adottare un modello diverso di regole globali, che internazionalizzino i diritti delle popolazioni, primo fra tutti quello al proprio sviluppo.
Sul piano nazionale dobbiamo rilevare che le condizioni oggettivamente più favorevoli per sostenere gli investimenti italiani all'estero sono rappresentate da un'economia forte, da scelte coerenti sotto il profilo degli interventi, da manovre economiche e di bilancio che vadano in direzione del risanamento dei conti pubblici, del rispetto dei parametri dell'Unione europea per quanto riguarda naturalmente l'Italia, continuando ad agire sul fronte della lotta all'evasione ed elusione fiscali. Non è questa la direzione assunta dal Governo Berlusconi.
Tuttavia - ed è questa la materia di cui stiamo discutendo - l'Accordo in esame mira a creare un quadro di maggiore certezza giuridica in tutti i settori nei quali sono stati effettuati o sono ipotizzabili in futuro investimenti italiani nel territorio della Repubblica dominicana e viceversa. L'Accordo, come è stato ricordato, è composto da 15 articoli e fornisce le definizioni necessarie ad individuare in modo certo l'ambito di applicazione del testo stesso. L'Accordo si applicherà anche agli investimenti effettuati anteriormente all'entrata in vigore di esso, ma non alle controversie antecedenti (e questo è un fatto significativo). Al fine di incoraggiare gli investimenti esteri, ciascuna delle Parti si impegna ad assicurare sul proprio territorio agli investitori dell'altra Parte un trattamento giusto ed equo, assicurando piena e totale protezione agli investimenti da essi operati. Le Parti garantiscono inoltre agli investimenti dell'altra Parte contraentePag. 48un trattamento non meno favorevole di quello riservato ai propri cittadini o agli investitori di Paesi terzi.
La protezione degli investimenti è assicurata dalla clausola che stabilisce che gli investimenti effettuati da soggetti appartenenti ad uno degli Stati contraenti non potranno costituire oggetto di nazionalizzazioni, espropriazioni, requisizioni o altre misure con analogo effetto, se non per fini pubblici o per motivi di interesse nazionale, in conformità alle disposizioni di legge e dietro corresponsione di un adeguato risarcimento.
Tale indennizzo dovrà essere equivalente al valore di mercato del bene alla data in cui siano state annunciate le decisioni di nazionalizzazione e di esproprio e dovrà comprendere gli interessi maturati alla data di pagamento. Ognuna delle due Parti contraenti si impegna a garantire il diritto per l'investitore dell'altra Parte a trasferire all'estero, dopo aver assolto gli obblighi fiscali, senza ritardo indebito e in valuta convertibile al tasso di cambio al momento più favorevole, tutti i capitali investiti e guadagnati.
Vi sono tuttavia delle eccezioni al libero trasferimento dei fondi qualora i beneficiari abbiano infranto norme del diritto civile e penale, ovvero gli stessi fondi costituiscano garanzia a fronte di procedure di contenzioso, o infine il trasferimento dei fondi possa ledere la legislazione del lavoro della Parte ove è stato effettuato l'investimento.
L'applicazione dell'Accordo esula dall'esistenza di relazioni diplomatico-consolari tra le due Parti; viene inoltre applicata ogni norma contenuta nella legislazione di una delle due Parti o nel diritto internazionale che preveda migliori condizioni rispetto all'Accordo stesso.
La durata dell'Accordo è prevista in dieci anni con rinnovo automatico per ulteriori cinque anni, salva denuncia di una delle due Parti da inoltrare almeno un anno prima della scadenza. Quanto all'incidenza delle norme proposte sull'ordinamento interno, l'esecuzione dell'Accordo in questione non comporta, come ho ricordato, nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. L'Accordo, una volta entrato in vigore, non implica la necessità di adottare elementi innovativi nel quadro della legislazione italiana attualmente in vigore.
Signor Presidente, preannunzio, pertanto, il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico sul disegno di legge di ratifica di questo importante Accordo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1626)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Nicolucci.
MASSIMO NICOLUCCI, Relatore. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo di Nuova Zelanda riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico amministrativo, fatto a Roma il 4 dicembre 2003, con Scambio di Note integrativo, fatto a Roma il 2 e 7 novembre 2006 (articolo 79, comma 15, del Regolamento) (A.C. 1627) (ore 17).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: RatificaPag. 49ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo di Nuova Zelanda riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico amministrativo, fatto a Roma il 4 dicembre 2003, con Scambio di Note integrativo, fatto a Roma il 2 e 7 novembre 2006, che la III Commissione (Affari esteri) ha approvato ai sensi dell'articolo 79, comma 15, del Regolamento.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1627)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Fedi, ha facoltà di svolgere la relazione.
MARCO FEDI, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento al nostro esame è il disegno di legge n.1627 di ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Nuova Zelanda riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico amministrativo, fatto a Roma il 4 dicembre 2003, con Scambio di Note integrativo, fatto a Roma il 2 e il 7 novembre 2006. L'Accordo di reciprocità si prefigge di rendere possibile l'accesso al lavoro sul territorio della Repubblica italiana ai familiari e ai congiunti del personale delle rappresentanze diplomatiche neozelandesi, sia del personale diplomatico e consolare, sia di quello tecnico, sia del personale dislocato presso le organizzazioni internazionali. L'Accordo prevede analoghe condizioni e, quindi, la possibilità di svolgere l'attività lavorativa per i familiari e congiunti del personale della rappresentanza diplomatica italiana in Nuova Zelanda, incluso il personale tecnico e quello dislocato presso le organizzazioni internazionali.
È evidente la ragion d'essere dell'Accordo per quanto concerne la possibilità di accedere al mondo del lavoro per una categoria di personale che è chiamata a vivere in uno dei Paesi contraenti per periodi lunghi e che nel pieno rispetto di tutte le normative sul lavoro, in materia tributaria e di sicurezza sociale, possa vedersi riconosciuto il diritto al lavoro. Altresì è evidente il carattere di piena reciprocità, sia per gli elementi appena citati sia per le procedure semplificate che rappresentano un elemento di novità in questo Accordo. I cittadini neozelandesi, in deroga a quanto previsto dal Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, potranno avvalersi di un procedimento semplificato che consente di avviare un rapporto di lavoro ottenendo una autorizzazione tramite i centri per l'impiego, procedura che consente di evitare le norme restrittive in materia di lavoro per i cittadini extracomunitari e che di fatto li assimila ai cittadini comunitari. Avendo l'Accordo carattere di reciprocità, le stesse condizioni valgono per i concittadini italiani in nuova Zelanda, per i quali è previsto un simile canale privilegiato e semplificato.
L'Accordo risulta pienamente compatibile con l'impianto normativo vigente, italiano o comunitario, non si ravvisano elementi di incompatibilità o di contrasto, né emergono profili di impatto normativo sull'assetto delle autonomie territoriali. L'intervento si rende necessario per facilitare l'accesso al lavoro per tutti i cittadini neozelandesi che vivono in Italia in qualità di familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico amministrativo, e per i cittadini italiani nella stessa categoria che vivono in Nuova Zelanda. L'esigenza di avere un quadro giuridico di riferimento per disciplinarne tutti i vari casi, ha indotto i Governi dei rispettivi Paesi ad assumere l'iniziativa di concludere un accordo bilaterale in materia. Per i cittadini neozelandesi in Italia l'Accordo summenzionato prevede, infatti, l'avvio di un procedimento amministrativo per ottenere l'autorizzazione al lavoro tramitePag. 50i centri per l'impiego, esentandoli in tal modo dalle norme più restrittive applicate invece agli altri lavoratori extracomunitari. Anche per i cittadini italiani in Nuova Zelanda, avendo l'Accordo carattere di reciprocità, è prevista una analoga procedura. Quanto all'impatto dell'Accordo sull'organizzazione della pubbliche amministrazioni, si ritiene che sia scarsamente rilevante, poiché non modificandone le strutture e i modelli organizzativi, ben si inserisce in percorsi procedurali già esistenti, senza creare carichi aggiuntivi di lavoro, se non di assai modesta entità, né ulteriori costi.
Il disegno di legge di ratifica è composto da tre articoli. L'articolo 1 autorizza la ratifica, l'articolo 2 riguarda la piena esecuzione dell'Accordo, richiamando le modalità di entrata in vigore previsto dall'articolo 8 dell'Accordo e l'articolo 3 l'entrata in vigore della legge di ratifica. Non vi sono oneri a carico del bilancio dello Stato e pertanto non vi sono norme di copertura finanziaria. L'Accordo è costituito da otto articoli. L'articolo 1 definisce l'oggetto dell'intesa, ovvero i familiari conviventi di personale diplomatico e consolare, dove per «familiari» si intendono i coniugi non separati ed figli non coniugati di età compresa tra i diciotto e i ventuno anni, ovvero affetti da disabilità fisica o mentale da cui consegua la mancata autosufficienza.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARCO FEDI, Relatore. Gli articoli 2 e 3 fissano le procedure, rispettivamente in Italia e Nuova Zelanda, in deroga alle norme generali sull'immigrazione, e si prevede la segnalazione da parte delle ambasciate al cerimoniale dei rispettivi Ministeri degli esteri della richiesta da parte di un soggetto avente diritto di poter esercitare l'attività lavorativa subordinata o autonoma.
L'articolo 4 è relativo alla piena applicabilità della normativa locale in materia di lavoro, in materia fiscale e in materia di sicurezza sociale. Si esclude in maniera specifica il riconoscimento dei titoli di studio. L'articolo 5 concerne l'immunità che viene meno per quanto attiene alle giurisdizioni civile e amministrativa per i soggetti interessati dall'accordo ove si verificassero fatti rilevanti sotto il profilo penale. L'articolo 6 fissa i limiti e il periodo relativo alla validità dell'autorizzazione, che è limitata al periodo della missione del dipendente cui il soggetto fa capo.
L'articolo 7 regola la durata e i termini dell'accordo. La durata è illimitata salva la possibilità di denuncia da parte di una delle parti contraenti. L'articolo 8 fissa l'entrata in vigore dell'accordo che è il primo giorno del secondo mese successivo alla data di ricezione della seconda delle notifiche con cui le parti contraenti si saranno reciprocamente comunicate l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti. Questa tipologia di accordi contribuisce ad arricchire il quadro normativo per le reti diplomatico-consolari nel mondo e a garantire l'accesso al diritto al lavoro dei familiari conviventi del personale, facilitando in questo modo la scelta delle destinazioni estere. Dovremo proseguire in questa direzione: ad esempio, uno dei Paesi - aggiungo questa nota a conclusione del mio intervento - che richiederebbe interventi in questo senso è l'Australia, non solo per quanto attiene al lavoro ma anche per quanto riguarda i visti che al momento non possono eccedere complessivamente i dieci anni.
Credo comunque che su questa materia si renda necessaria una riflessione più ampia rispetto alla semplice introduzione di incentivi. In questo senso la Commissione affari esteri può dare un suo contributo. La stessa Commissione ha acquisito i pareri delle Commissioni competenti. Il testo del disegno di legge è all'attenzione dell'Aula per la ratifica con il parere favorevole della III Commissione (Affari esteri).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente,Pag. 51l'accordo in esame, rispondendo ad un'esigenza lungamente sentita e manifestata, si inserisce nel quadro delle iniziative volte ad agevolare, su base di reciprocità, lo svolgimento delle relazioni bilaterali tra l'Italia e i suoi partner internazionali. Come da richiesta dell'onorevole Pianetta, segnalo che noi abbiamo accordi in vigore con gli Stati Uniti, accordi firmati, ma da ratificare con Argentina, Perù e Turchia, accordi in fase di negoziato con Australia, Brasile e Canada. La ratifica dell'accordo con la Nuova Zelanda comporterà la semplificazione delle procedure di inserimento nel mondo del lavoro neozelandese per i familiari italiani conviventi del nostro personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo, facilitando così il processo d'integrazione in quella realtà produttiva. Ciò potrebbe avere ricadute positive nell'assegnazione del personale italiano presso la nostra ambasciata a Wellington, considerate le difficoltà che abbiamo incontrato nella copertura dei posti di ruolo in quella sede.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Narducci. Ne ha facoltà.
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, credo che l'esposizione del relatore e la successiva precisazione ed integrazione del rappresentante del Governo non abbiano bisogno di ulteriori dichiarazioni, per cui preannunzio, a nome del mio gruppo, il Partito Democratico, il voto favorevole sul disegno di legge di ratifica in esame.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1627)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Fedi.
MARCO FEDI, Relatore. Signor Presidente, rinunzio alla replica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo all'adozione di un emblema aggiuntivo (Protocollo III), fatto a Ginevra l'8 dicembre 2005 (articolo 79, comma 15, del Regolamento) (A.C. 1628) (ore 17,25).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo all'adozione di un emblema aggiuntivo (Protocollo III), fatto a Ginevra l'8 dicembre 2005, che la III Commissione (Affari esteri) ha approvato ai sensi dell'articolo 79, comma 15, del Regolamento.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1628)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Narducci, ha facoltà di svolgere la relazione.
FRANCO NARDUCCI, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, vorrei ricordare a tutti noi che le quattro convenzioni approvate dalla Conferenza diplomaticaPag. 52riunitasi a Ginevra dal 21 aprile al 12 agosto 1949, allo scopo di procedere alla revisione della precedente Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra, risalente al 27 luglio 1929, rappresentano un fondamentale passo avanti nel quadro del diritto internazionale umanitario che protegge le persone che non partecipano o non partecipano più ad un conflitto armato, cioè i civili e prigionieri. I Protocolli aggiuntivi I e II del 1977 hanno ampliato e completato le materie disciplinate dalle Convenzioni, in particolare della IV, introducendo regole per la conduzione della guerra e per distinguere gli obiettivi prettamente militari dalle persone e dagli obiettivi civili nei casi di conflitti armati internazionali.
L'8 dicembre 2005 la Conferenza appositamente convocata a Ginevra ha approvato un ulteriore protocollo aggiuntivo alle Convenzioni, il Protocollo III, allo scopo di definire e regolamentare l'utilizzo dell'emblema della Croce rossa, la cui riconoscibilità è fondamentale per la salvaguardia delle persone e degli obiettivi civili, scopo principale delle Convenzioni di Ginevra e dei Protocolli aggiuntivi. Ai Protocolli, di cui prima, è stato, quindi, aggiunto questo terzo, approvato nella conferenza appositamente convocata dal Governo svizzero a Ginevra l'8 dicembre 2005 per definire e regolamentare l'utilizzo dell'emblema della Croce rossa. Il nostro Paese ha sottoscritto in sede di conferenza il Protocollo III, entrato in vigore il 14 gennaio 2007 e che ora è chiamato a ratificare. Sinora il Protocollo III è stato soltanto firmato da 54 Stati e ratificato da 33 di essi, i cosiddetti Stati-parte.
L'emanazione di regole vincolanti sull'uso dell'emblema della Croce rossa era attesa da tempo per dirimere le dispute insorte nel corso degli anni. La visibilità netta e senza possibilità di equivoco è fondamentale per garantire, in tempo di conflitto, l'effettiva protezione conferita dalle Convenzioni di Ginevra. Il simbolo serve, infatti, a segnalare ai belligeranti che persone e unità sanitarie e mezzi di trasporto sono protetti dalle Convenzioni di Ginevra e dai relativi Protocolli aggiuntivi. Va ricordato, signor Presidente, che nei decenni successivi lo stato di neutralità del simbolo implicava, all'epoca della sua scelta, un carattere di una sua neutralità. Infatti, nel 1863, il comitato antesignano del futuro comitato internazionale della Croce rossa scelse, in omaggio alla Svizzera e ad Henry Dunant, una croce rossa su fondo bianco. Durante la guerra russo-turca, combattuta nei Balcani, emerse, tuttavia, la difficoltà dell'uso della croce rossa come simbolo del riconoscimento della neutralità. Per tale motivo, le autorità turche decisero unilateralmente di adottare la mezzaluna rossa su fondo bianco per fermare lo scempio dei soccorritori che portavano il braccialetto con la croce rossa. Una decisione accettata dai vertici della Croce rossa, seppur limitatamente alla durata del conflitto russo-turco.
Il Protocollo III alle Convenzioni di Ginevra del 1949 ufficializza un nuovo simbolo aggiuntivo e sostitutivo, che, insieme ai due già utilizzati, la croce rossa su fondo bianco e la mezzaluna rossa, rappresenterà le società facenti capo al movimento internazionale delle Croci rosse e delle Mezzelune rosse.
Occorre richiamare, in materia di emblemi, che la prima Convenzione di Ginevra del 1949 afferma con chiarezza che i simboli significano inequivocabilmente il rispetto per l'individuo che soffre ed è senza difese, che deve quindi essere aiutato, amico o nemico che sia, senza distinzione di nazionalità, razza, religione, classe od opinioni.
Sulla base di tali riflessioni, il Protocollo III ha introdotto quindi un nuovo emblema, il cristallo rosso, composto da un riquadro rosso a forma di rombo, poggiato su una punta su sfondo bianco. La forma e il nome - cristallo rosso - di questo emblema addizionale sono il frutto di un lungo processo di selezione, che aveva il compito di creare un simbolo assolutamente non riconducibile a qualunque altro simbolo religioso o politico e, per ciò stesso, utilizzabile in tutto il mondo.Pag. 53
In caso di conflitto, il nuovo emblema può essere utilizzato in aggiunta o in sostituzione della croce rossa e della mezzaluna rossa per segnalare persone, mezzi ed obiettivi civili che devono essere protetti. Come detto, il Protocollo III è in vigore dal gennaio 2007 ed è stato firmato dallo Stato di Israele l'8 dicembre 2005 e successivamente ratificato il 22 novembre 2007. Oltre alla III Commissione affari esteri, che si è espressa favorevolmente hanno espresso altresì parere favorevole le Commissioni I, IV, V e XII. In questo senso, come relatore, raccomando quindi all'Assemblea l'approvazione del disegno di legge di ratifica di questo Protocollo III, addizionale alle Convenzioni di Ginevra (Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, la firma del Protocollo ha rappresentato un importante passo avanti nel campo del diritto umanitario. Il Protocollo ha un grande valore politico e simbolico, poiché crea le premesse affinché la Croce rossa, la Mezzaluna rossa e ora anche lo Scudo di Davide rosso possano svolgere i loro altissimi compiti umanitari senza alcuna restrizione.
Vorrei sottolineare che il Protocollo in questione nasce dall'esigenza di assicurare una maggiore universalità dei propri simboli e della propria attività, anche al fine di poter coinvolgere attivamente Israele e la sua organizzazione umanitaria. Ciò è avvenuto, come dimostrato dalla già avvenuta ratifica di tale strumento da parte di Tel-Aviv, nel novembre del 2007.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porta. Ne ha facoltà.
FABIO PORTA. Signor Presidente e onorevoli colleghi, la ratifica e l'esecuzione del Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto del 1949, relativo all'adozione di un nuovo emblema che si aggiunge, integrandolo, a quelli della Croce rossa e della Mezzaluna rossa internazionale, costituiscono, per il Parlamento italiano, qualcosa in più di un atto dovuto. Il nostro Paese, insieme ad altri 83 Stati, ha già firmato il Protocollo, del quale oggi si chiede a quest'aula la ratifica. Esso è entrato in vigore il 14 gennaio 2007 ed è stato già ratificato da 33 Stati esteri.
Il Protocollo, come è stato ben ricordato dal relatore, riconosce un emblema aggiuntivo, che rappresenterà, al pari della Croce rossa e della Mezzaluna rossa, il relativo movimento internazionale. L'adozione di questo nuovo simbolo - un riquadro rosso poggiato su una punta, che è stato denominato cristallo rosso - è il frutto di una lunga discussione, nata dall'esigenza di creare un simbolo universalmente accettato e riconosciuto, ma, al tempo stesso, non riconducibile a nessun altro simbolo religioso o politico, differentemente da quanto accade o è accaduto per i due simboli più noti (la croce rossa appunto e la mezzaluna). Il cristallo rosso - è importante ricordarlo - non sostituirà comunque la croce rossa o la mezzaluna rossa; rappresenterà semplicemente un'ulteriore opzione, da utilizzare soprattutto nelle situazioni di conflitto armato, ossia in funzione prevalentemente protettiva.
Si tratterà di una funzione distinta da quella indicativa, ossia dall'uso in iniziative o eventi pubblici e in tempo di pace, nel corso delle quali ciascuna organizzazione continuerà ad usare i simboli tradizionalmente conosciuti (nel caso di Israele anche la croce di Davide rossa, per esempio). È importante evidenziare come il nuovo simbolo possa essere utilizzato anche insieme agli altri preesistenti, che potranno essere graficamente inseriti all'interno del cristallo rosso.
Nella storia dell'umanità, signor Presidente, in particolare in quella delle organizzazioni politiche nazionali ed internazionali, i simboli hanno sempre rappresentato qualcosa di più che semplici contrassegni identificativi. Non occorre andare lontano nel tempo, ma basti pensare, per tutti noi, alla forza evocativa e rappresentativa della bandiera europea,Pag. 54oggi simbolo di pace, di unità e di unità d'azione anche tra nazioni diverse in tutto il mondo.
Il simbolo o meglio i simboli del movimento internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa non hanno mai identificato uno Stato, un popolo o una religione, ma hanno sempre rappresentato il rispetto per i feriti e le vittime senza difesa, come anche il senso di solidarietà con le persone in stato di necessità. I Governi, le società politiche e quelle civili nonché gli individui sono chiamati, ciascuno nel proprio ruolo e nell'autonomia della propria sfera di azione, a rispettare in ogni circostanza quanti si prodigano per alleviare le disastrose conseguenze dei conflitti armati, come pure i principi che impongono dei limiti alle forze in guerra quando gli Stati, purtroppo, cedono alla tentazione di risolvere i problemi di natura politica o geopolitica, ricorrendo all'uso della forza e della violenza.
Il simbolo della croce rossa internazionale, che tutti noi abbiamo imparato a conoscere e a rispettare, è senza dubbio uno dei simboli più noti a livello mondiale. È un emblema universalmente rispettato che incarna uno dei sentimenti più alti dell'umanità: il mutuo soccorso e la tutela della dignità della persona, anche se ferita o indebolita. Questo simbolo è uno dei pochi a godere di una specifica tutela da parte del diritto internazionale ed è per tale ragione che il nostro Parlamento è chiamato oggi ad occuparsene formalmente.
Purtroppo - permettetemi di affermarlo in quest'aula - questo voto che sicuramente confermerà la sensibilità internazionale e la storica vocazione del nostro Paese in materia di cooperazione e solidarietà internazionale cade in un momento storico nel quale proprio l'Italia non si sta contraddistinguendo per l'attenzione alla dimensione multilaterale del sostegno alla pace e allo sviluppo tra i popoli. Mi riferisco, in particolare, alla grave caduta dei fondi destinati agli organismi internazionali di cooperazione e alle stesse agenzie delle Nazioni Unite. È di questi giorni, infatti, il grido di allarme delle ONG raccolto, peraltro, perlomeno a parole, anche da alcuni esponenti della maggioranza e del Governo; il grido contro i tagli alla cooperazione e allo sviluppo che allontanano sempre più il nostro Paese dal rispetto dei cosiddetti obiettivi del millennio. Un motivo in più questo, signor Presidente, onorevoli colleghi, per sostenere, anche con il nostro voto, un'autorevole e prestigiosa entità internazionale come la Croce rossa nel momento in cui ci si chiede di ratificare ed eseguire il Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949, relativo all'adozione di un ulteriore emblema per la storica organizzazione internazionale. Un emblema neutrale, quindi, che eliminerà in maniera definitiva qualsiasi rischio legato alla reale o presunta connotazione religiosa o politica degli attuali contrassegni ufficiali.
Si rafforzeranno, così, quei principi di neutralità ed imparzialità che stanno alla base delle attività di tutti i componenti volontari delle organizzazioni internazionali della Croce rossa e della Mezzaluna rossa, garantendo una maggiore protezione a chi li esibirà principalmente in campo di guerra e, soprattutto, rafforzando quell'immagine di universalità e di indipendenza tra le parti in conflitto che ne hanno sempre caratterizzato l'azione a livello internazionale. Una scelta questa, è vero, dettata dal realismo politico che una volta tanto - mi riferisco ai tanti scenari di conflitto a cui assistiamo a livello internazionale - è stato usato a fini benefici.
Mi sia permesso, infine, un unico riferimento all'articolato del Protocollo aggiuntivo: l'articolo 7 impegna le parti contraenti, e quindi anche il nostro Paese, a dare la massima diffusione al Protocollo stesso incoraggiandone la conoscenza e lo studio non solo tra il personale militare, ma anche all'interno della più ampia società civile.
Si tratta di un impegno che dovrebbe riguardarci tutti, a partire dal nostro sistema scolastico pubblico che dovrebbe prevedere, anche nei suoi programmi ufficiali, lo studio e l'approfondimento delle tematiche legate non solo alla storia della nostra identità nazionale, ma anche aPag. 55quella dell'esigenza del convivere pacifico in un contesto internazionale sempre più pluralista e interdipendente, con la speranza - concludo - che proprio dalle scuole e dalle giovani generazioni giunga alto il richiamo, anche alle istituzioni democratiche e repubblicane, al mantenimento degli impegni internazionali in materia di solidarietà e di cooperazione, che per tanti anni hanno mantenuto alto il nome e il prestigio dell'Italia nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1628)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Narducci.
FRANCO NARDUCCI, Relatore. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
STEFANIA GABRIELLA ANASTASIA CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sull'ordine dei lavori (ore 17,30).
PIER PAOLO BARETTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, il mio intervento serve a denunciare una notizia che avrà conseguenze per il lavoro parlamentare dei prossimi giorni e delle prossime settimane. Questa mattina, il Consiglio dei Ministri ha approvato la manovra finanziaria, peraltro rivedendo al ribasso i dati di previsione, ma lasciando inalterati i dati sull'inflazione programmata. In sostanza, vi è un'ammissione di recessione, ma di questo parleremo quando sarà il momento.
Tuttavia, la cosa più singolare è che viene già reso noto che questo annuncio di recessione sarà fatto attraverso l'uso della fiducia. Il Ministro Tremonti, nel presentare la manovra, ha detto testualmente che ha già chiesto ed ottenuto dal Consiglio dei Ministri di poter porre la questione di fiducia in Parlamento, qualora ve ne fosse la necessità.
Si tratta di un annuncio politico grave, che lascia stupefatti e anche, francamente, di un fatto stucchevole per i rapporti tra Governo e Parlamento. Il provvedimento non è stato ancora incardinato e non c'è stata una decisione formale del Consiglio dei Ministri (questo lo voglio sottolineare non solo per una correttezza di informazione, ma anche per rendere ancora più clamoroso il divario tra e decisioni formali e la scelta politica che è stata fatta).
È evidente, dunque, che in assenza di incardinamento del provvedimento e in assenza di una decisione formale del Consiglio dei Ministri che, peraltro, non poteva nemmeno essere presa in considerazione nello stesso momento in cui si annunciava la manovra, questo annuncio mediatico ha una precisa intenzione politica.
Si dice sin da ora che ogni discussione di merito sarà inutile, superflua e, addirittura, sgradita. Signor Presidente, penso che questo non solo vada denunciato qui; le chiedo di poter riportare questa denuncia al Presidente della Camera e di pregarlo di rendersi conto che, dall'inizio di questa legislatura, stiamo denunciando con fermezza, ma anche con grande rispetto, il fatto che le prerogative del Parlamento sono francamente messe in discussione. Siamo di fronte a questo fatto in un momento particolarmente importante, perché si parla di legge finanziaria, sia pure contenuta visto che c'era stato un cambiamento delle procedure nei mesiPag. 56scorsi, ma è molto importante proprio perché questo disegno di legge finanziaria, così come è stato annunciato questa mattina, modifica il quadro di riferimento.
È pensabile che il Parlamento arrivi a discuterne avendo già di fronte a sé l'annuncio della fiducia? Credo che siamo di fronte ad un fatto non solo grave, ma che ha bisogno di essere sicuramente corretto e che vi debba essere un intervento fermo ed energico anche della Presidenza.
PRESIDENTE. Onorevole Baretta, mi farò interprete presso il Presidente della Camera di quanto lei ha esposto.
Debbo dirle che mi sembra di ricordare che, quando si è scelta una procedura un po' inusuale per anticipare gran parte del contenuto del disegno di legge finanziaria con i decreti-legge, una motivazione che apprezzai fu che in tal modo sarebbe stato possibile discutere il disegno di legge finanziaria fuori dalle tradizionali costrizioni di tempo e dalle minacce dei voti di fiducia. Forse ricordo male, andrò a controllare. Comunque mi sembra che la cosa sia oggettivamente meritevole di approfondimento.
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, come forse il collega Baretta sa, l'autorizzazione del Consiglio dei ministri a porre la questione di fiducia è di natura procedurale, ma non significa necessariamente, né in alcun caso crea obbligo conseguenzialmente in capo al Governo di porre tale questione su questo provvedimento, in particolare, né su altri per i quali è stata autorizzata la fiducia, ma poi non è stata posta.
Credo che sia nell'auspicio del Governo il fatto di non doverla porre, ma su questo sarà il Governo stesso ad esprimersi. Sta di fatto che non vi è alcuna consequenzialità tra l'autorizzazione del Governo a poter mettere la fiducia e il fatto che il Governo la ponga effettivamente. Ciò dipende dall'andamento dei lavori parlamentari, dagli emendamenti presentati e da tante dinamiche che i colleghi che sono stati in maggioranza nella scorsa legislatura conoscono bene.
Quindi, non mi sembra il caso in questa sede di fare un processo preventivo alle intenzioni del Governo. Vedremo l'iter di questo provvedimento sapendo che esso ha avuto una sua atipicità in questo senso, sia perché si è già affrontata una manovra di natura finanziaria nella parte precedente alla pausa estiva, sia perché in questo senso non c'è stato un annuncio di fiducia, ma semplicemente la comunicazione dell'autorizzazione del Governo a porre la fiducia su questo provvedimento così come già avvenuto su altri, su cui - ripeto -, signor Presidente, la fiducia poi non è stata posta.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, faccio riferimento all'articolo 29 del Regolamento che disciplina il voto di fiducia nella nostra Aula, semplicemente per dire all'onorevole Baldelli che, innanzitutto, ha fatto molto bene lei, signor Presidente, a ricordare che le parole del Ministro Tremonti sono state roboanti. Infatti, ci è stato spiegato e insegnato che con il provvedimento prima dell'estate era stato compiuto un grande passo avanti perché il «succo» della legge finanziaria sostanzialmente era stato impostato per i prossimi tre anni e che, quindi, sarebbe stata quasi accademia quello che avremmo dovuto fare in questa sessione finanziaria.
Ci siamo, invece, resi ben conto che probabilmente sarà necessario utilizzare il disegno di legge finanziaria per fare anche delle correzioni. Tuttavia, è assolutamente evidente, proprio in ragione di ciò che ha motivato voti di fiducia a ripetizione nella manovra anticipata a luglio, che tutto questo non è giustificabile sotto nessun punto di vista, né politico, né tecnico, né sotto altro profilo. Mi rivolgo, Signor Presidente, al collega Baldelli.Pag. 57
Innanzitutto questo è un auspicio del Ministro Tremonti, perché non mi risulta che il Consiglio dei ministri abbia deliberato l'autorizzazione a porre la fiducia. Allora perché si fa, signor Presidente? Perché in realtà in questa occasione è palese l'opera intimidatoria da parte di Tremonti e del Governo nei confronti dei deputati della maggioranza. Non c'è altra ragione: non è stata autorizzata la fiducia, è un auspicio del collega Tremonti o più semplicemente una minaccia, una intimidazione nei confronti dei deputati della maggioranza. Diversamente non si spiega perché, in assenza di qualunque decisione del Consiglio dei ministri, in assenza di una ragione politica e qualitativa della posizione della fiducia, il Ministro Tremonti, urbi et orbi, minaccia e intimidisce i deputati della maggioranza affermando che è già pronta la fiducia e di non scalmanarsi troppo perché quello che è stato deciso è deciso. Quello che resta e che potrebbe essere deciso in questa fase viene totalmente annientato e riguarda anzitutto voi, perché noi non abbiamo ancora avuto la possibilità di dire quale sarà il nostro atteggiamento.
Pertanto vorrei che fosse chiaro, anche su come funzionano le cose in quest'Aula nei rapporti tra maggioranza e opposizione, soprattutto al collega Baldelli che non perde occasione per spiegarci con grande serenità e naturalezza che tutto è nell'ordine delle cose, che in questo caso nell'ordine delle cose non c'è nulla e che anzi c'è un dato molto preoccupante: il modo in cui il Ministro Tremonti percepisce il rapporto con la maggioranza (e sono affari suoi), e con il Parlamento, e se non dispiace al collega Baldelli, sono affari di tutti e penso in primo luogo della Presidenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, posso solo reiterare l'assicurazione che la questione sarà posta con la dovuta energia all'attenzione del Presidente della Camera.
MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, intervengo sulla mancata celebrazione del 20 settembre. I colleghi potrebbero chiedersi perché anche quest'anno, come ogni anno, i radicali hanno celebrato il 20 settembre, hanno celebrato la breccia di Porta Pia; potrebbero chiedersi se non si rischi di fare di questa celebrazione un rituale stanco, un ripetitivo appuntamento. Non è così, evidentemente. Se tutto si risolvesse nel deporre una corona sarebbe ben poca e misera cosa.
Il 20 settembre è una data importante da ricordare e il silenzio delle istituzioni è assordante. Vorremmo che fosse un giorno di festa perché segna la fine del potere temporale della Chiesa cattolica, e di questo dovrebbe felicitarsi per prima la Chiesa stessa. Quando diciamo che il 20 settembre deve diventare giorno di festa è soprattutto per ribadire il nostro impegno contro le risorgenti tentazioni di ogni forma di integralismo di cui quotidianamente possiamo scorgere i segni e le manifestazioni.
Noi abbiamo il dovere di non lasciarci deprimere dalla miseria che è un po' il segno dei tempi che viviamo. L'anti-Risorgimento, per cui tanti lavorano, non deve prevalere. Diciamo basta a quanti utilizzano la religione come strumento delle loro combinazioni politiche; troveranno in noi, come sempre, una irriducibile resistenza. Ribadiamo la consapevolezza che se da una parte una chiesa non può essere assimilata ad uno dei corpi dello Stato, lo Stato ha il diritto-dovere di tutelare l'assoluta aconfessionalità dei suoi organi.
La nostra posizione è per dire «no» al programma di chi fa del proibizionismo la propria bandiera; il proibizionismo su tutto, si tratti di libertà di coscienza, di conoscenza, di libertà della ricerca, di rispettare i diritti e la volontà del malato, delle donne e degli uomini che siamo. È impegno e lotta alle meschine furberie tattiche che ci hanno regalato leggi liberticide ed altre ce nePag. 58vogliono imporre. Quel cammino che 138 anni fa ci ha portato al trionfo della breccia di Porta Pia è tutt'altro che concluso (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
MAURIZIO TURCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, vorrei ringraziare i colleghi che già stamattina sono intervenuti sulla vicenda della celebrazione del 20 settembre: il collega Mario Pepe del Popolo della Libertà, il collega Giachetti del Partito Democratico e per ultima la collega Farina Coscioni dei radicali.
Noi da radicali riteniamo che ci sia un grosso equivoco.
Molto probabilmente è meglio che le celebrazioni del comune di Roma non ci siano più se devono continuare ad essere l'equivoco per il quale il 20 settembre è una piccola cosa nella storia non solo della Repubblica italiana, non solo dell'unità d'Italia, ma della Chiesa cattolica.
È strano il silenzio dei cattolici liberali: evidentemente è un settore che si è esaurito. Chi oggi, in questo Parlamento, tra coloro che antepongono il loro essere cattolico al loro essere deputato, avrebbe il coraggio di un Alessandro Manzoni? Ma, probabilmente, chi avrebbe oggi il coraggio di un Paolo VI che disse che quella data, il 20 settembre 1870, che segnò la fine del potere temporale della Chiesa, fu provvidenziale per la Chiesa stessa? Chi oggi in quest'Aula avrebbe il coraggio di chiedere per questo Paese delle leggi di spoliazione, come quelle che vennero varate in Francia nel 1905 e che sono state giudicate provvidenziali dal cardinale Ratzinger per il bene della Chiesa?
Vi è un equivoco di fondo. Noi continuiamo, anzi, voi continuate a celebrare l'11 febbraio, la data di quel Concordato con l'uomo della provvidenza, che per Pio IX non aveva quelle brutte influenze liberali che fino a quel momento non avevano permesso, con i Governi liberali, di poter sottoscrivere un Concordato. Finalmente arrivò l'uomo della provvidenza che mise a tacere i fermenti di libertà che erano presenti in quel momento anche nella Chiesa cattolica e che furono messi a tacere allora, e anche successivamente, quando bisognava approvare in concorso tra i reazionari dell'una e dell'altra parte l'articolo 7 del Concordato. Non sarà qua il caso oggi della rievocazione storica del De Gasperi, uomo di Stato e di Chiesa, non di gerarchia vaticana, dell'Aldo Moro, uomo di Stato e di Chiesa, non della gerarchia vaticana.
Ebbene, forse questa storia andrebbe almeno studiata, letta, insegnata; invece, l'unica cosa che riusciamo ad avere da questo Paese è che la storia venga censurata. Noi crediamo che in questo modo si faccia un danno alla democrazia, allo Stato di diritto, ma anche alla libertà di coscienza e di religione, di pensiero e di azione. Questi saranno costi che qualcuno dovrà pagare; noi riteniamo che sicuramente non potranno essere accollati alla libertà dei cittadini della Repubblica italiana. La ringrazio, signor Presidente.
Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.
IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, intervengo per pregarla di intercedere presso il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali per sollecitare la risposta ad una mia interrogazione a risposta scritta. Non ho voluto, e non voglio, scomodare il Ministro a venire a rispondere, ma chiedo almeno che mi risponda per iscritto.
Con questa interrogazione chiedevo che vi fosse un chiarimento, una presa di posizione rispetto a quanto è emerso in più riprese in questi ultimi due mesi in relazione ad un'indagine della guardia di finanza svolta presso alcune aziende che lavorano i prodotti lattiero-caseari in provinciaPag. 59di Vicenza e che utilizzano - almeno da quello che è emerso sui giornali, in particolare su la Repubblica del 4 luglio, ma questa notizia è stata ripresa anche recentemente - prodotti alimentari scaduti. Tra l'altro, in questi giorni abbiamo appreso della grave situazione emersa anche in Cina per quanto riguarda la modifica di alcuni prodotti legati alla distribuzione del latte. Vi è perciò la necessità di rassicurare i consumatori del nostro Paese circa la regolarità delle procedure che vengono seguite e la chiarezza dei rapporti tra le diverse componenti di questa catena distributiva che poi si dirama non solo in Italia ma anche all'estero.
Questo è un fatto che, almeno per me, riveste una grande importanza, in quanto riguarda la certezza che i prodotti alimentari che si acquistano nei negozi e nei supermercati abbiano una certificazione non fasulla, che attesti che i cittadini e i consumatori non ingeriscono sostanze che possono provocare gravi problemi di salute.
Pertanto, la invito a sollecitare una risposta. So che il Ministro è molto impegnato a girare per l'Italia e a fare anche della propaganda, tuttavia sarebbe opportuno che fornisse dei chiarimenti in merito a questo problema.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Strizzolo. Provvederemo a sollecitare la risposta del Governo: «intercedere», come diceva lei prima, forse è eccessivo perché non sono la Madonna di Pompei e neanche San Gennaro. Tuttavia, una telefonata e un invito ad avere attenzione alle prerogative del Parlamento (che è la sede della sovranità popolare) è possibile. Ciò anche perché il Governo si regge in quanto ha la fiducia del Parlamento ed è bene che non lo dimentichi mai.
IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, ho dimenticato di segnalare il numero della mia interrogazione.
PRESIDENTE. Lo comunicherà agli uffici.
Nuova convocazione della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi per la sua costituzione (ore 17,49).
PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta odierna, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi non ha potuto procedere alla propria costituzione. D'intesa con il Presidente del Senato, la predetta Commissione è stata pertanto nuovamente convocata per domani, mercoledì 24 settembre 2008, alle ore 14,30, nella sede di Palazzo del Seminario.
Facciamo tutti i migliori auguri perché questa volta, finalmente, si raggiunga una decisione.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 17,50, è ripresa alle 18,10.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani avvertendo che lo schema recante le ripartizioni dei tempia per l'esame del disegno di legge di ratifica n.1665, il cui esame è previsto nella seduta di domani, sarà pubblicato in calce al Resoconto della seduta odierna.
Mercoledì 24 settembre 2008, alle 10:
1. - Seguito della discussione delle mozioni Damiano ed altri n. 1-00034, Cazzola ed altri n. 1-00038, Delfino ed altri n. 1-00039 e Lo Monte ed altri n. 1-00040 concernenti iniziative per il recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni.
Pag. 602. - Seguito della discussione dei progetti di legge:
Ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, fatto a Vilnius il 3 maggio 2002 (1551).
e dell'abbinata proposta di legge: MECACCI ed altri (267).
- Relatore: Nirenstein.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dominicana sulla promozione e protezione degli investimenti, fatto a Santo Domingo il 12 giugno 2006 (Articolo 79, comma 15) (1626).
- Relatore: Nicolucci.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo di Nuova Zelanda riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico amministrativo, fatto a Roma il 4 dicembre 2003, con Scambio di Note integrativo, fatto a Roma il 2 e 7 novembre 2006 (Articolo 79, comma 15) (1627).
- Relatore: Fedi.
Ratifica ed esecuzione del Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo all'adozione di un emblema aggiuntivo (Protocollo III), fatto a Ginevra l'8 dicembre 2005 (Articolo 79, comma 15) (1628).
- Relatore: Narducci.
3. - Discussione del disegno di legge:
Ratifica ed esecuzione dell'Emendamento alla Convenzione di Basilea del 22 marzo 1989 sul controllo dei movimenti transfrontalieri pericolosi, approvato dalla Terza Conferenza delle Parti con decisione III/1 del 22 settembre 1995 (Articolo 79, comma 15) (1665).
- Relatore: Pianetta.
4. - Votazione per l'elezione di nove componenti effettivi e nove componenti supplenti della delegazione presso le assemblee parlamentari del Consiglio d'Europa e dell'Unione dell'Europa occidentale (UEO).
Ore 15
5. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
Ore 16
6. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali) (ove concluso dalle Commissioni):
Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, da 22 a 24, 31, 32, da 37 a 39, da 65 a 67 e 70 del disegno di legge n. 1441, deliberato dall'Assemblea il 5 agosto 2008) (1441-bis).
La seduta termina alle 18,15.
Pag. 61ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 1665
Ddl di ratifica n. 1665 - Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri pericolosi
Tempo complessivo: 2 ore.
Relatore | 5 minuti |
Governo | 5 minuti |
Richiami al Regolamento | 5 minuti |
Tempi tecnici | 5 minuti |
Interventi a titolo personale | 10 minuti (con il limite massimo di 3 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 1 ora e 30 minuti |
Popolo della Libertà | 25 minuti |
Partito Democratico | 25 minuti |
Lega Nord Padania | 13 minuti |
Unione di Centro | 11 minuti |
Italia dei Valori | 10 minuti |
Misto: | 6 minuti |
Movimento per l'Autonomia | 2 minuti |
Minoranze linguistiche | 2 minuti |
Liberal Democratici-Repubblicani | 2 minuti |