XIX LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 472 di lunedì 28 aprile 2025
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SERGIO COSTA
La seduta comincia alle 15.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato Segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ANTONIO D'ALESSIO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 7 aprile 2025.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 71, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Braga. Ne ha facoltà.
CHIARA BRAGA (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Intervengo sull'ordine dei lavori per chiedere un'informativa al Ministro dell'Interno sugli episodi che si sono verificati nei giorni passati in relazione alle celebrazioni dell'ottantesimo anniversario della Liberazione. Ma prima lasciatemi esprimere, anche da quest'Aula, la nostra vicinanza alla senatrice Segre, che è stata oggetto di insulti vergognosi nei giorni passati, e la nostra riconoscenza per il suo impegno contro l'odio, l'indifferenza, il razzismo e l'antisemitismo.
Tornando alla richiesta di informativa, Presidente, chiedo che ci siano un'attenzione e una risposta da parte del Governo. Nei giorni scorsi abbiamo registrato degli eventi incredibili: il divieto di svolgimento delle celebrazioni del 25 aprile, il caso del comune di Orbetello, situazioni in cui sono stati identificati dei cittadini che partecipavano alle celebrazioni del 25 aprile, come nel caso di Gravina, in Puglia, oppure della fornaia ad Ascoli Piceno, oggetto di interesse da parte delle Forze di Polizia solo per avere esposto uno striscione che richiamava il valore della festa della Liberazione e della Resistenza.
Abbiamo assistito a questi fatti e abbiamo assistito - io personalmente, nella giornata di ieri - alla vergogna che si è ripetuta anche quest'anno a Dongo, dove alcune decine di nostalgici fascisti hanno oltraggiato quel luogo della Resistenza e della memoria, facendo il saluto romano, facendo il “presente” e adottando dei chiari comportamenti nostalgici, che richiamano il regime fascista e l'apologia di fascismo.
Su tutte queste questioni noi presenteremo delle interrogazioni al Governo. Lo dico qui, perché mi è capitato lo scorso anno - mi scuserà la Sottosegretaria se la cito - di ricevere una risposta a una mia interpellanza su questi fatti proprio da lei, Sottosegretaria, che si occupa di made in Italy, come ben sappiamo. Ecco, noi vorremmo che di queste questioni rendesse conto il Ministro dell'Interno, perché sono questioni che danneggiano le regole e le basi della nostra democrazia e sulle quali chiediamo che si faccia chiarezza e, soprattutto, si eviti che si ripetano in futuro degli episodi vergognosi come quelli a cui abbiamo assistito in queste giornate di festa (Applausi del deputato Casu).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, l'onorevole Pellegrini. Ne ha facoltà.
MARCO PELLEGRINI (M5S). Grazie, Presidente. Noi ci associamo assolutamente alla richiesta della collega Braga. Presidente, in questi giorni, nei giorni scorsi, sono avvenuti dei fatti veramente gravi, come quello già citato di Dongo, dove sostanzialmente si è fatta apologia del fascismo. A Dongo, un gruppo di neofascisti - dichiaratamente, perché lo dicono loro di essere neofascisti - ha ricordato le figure di Benito Mussolini e di altri gerarchi, senza che il Ministero dell'Interno, la questura competente, gli uffici della Polizia di Stato e delle altre Forze dell'ordine sostanzialmente prendessero provvedimenti per scongiurare e impedire che quell'apologia di fascismo si verificasse.
Tra l'altro, quasi contemporaneamente, più o meno nelle stesse ore, è successo un altro fatto incredibile ad Ascoli, dove, in un negozio, un forno, quindi un negozio in cui si vendono pane e generi di prima, primissima, necessità, la proprietaria aveva esposto uno striscione con la scritta: “25 aprile buono come il pane bello come l'antifascismo”. Incredibilmente, sono arrivati degli agenti di pubblica sicurezza, ai quali, tra l'altro, va la mia, anzi, non la mia, la nostra, quella del gruppo del MoVimento 5 Stelle, più totale solidarietà, perché qualche dirigente della Polizia di Stato ha mandato, incredibilmente, questi nostri agenti, i quali, invece di far sì che l'ordine pubblico venisse curato in tutti i suoi aspetti, sono andati a identificare questa fornaia e, sostanzialmente, a chiedere conto della paternità di questo striscione.
Mi chiedo e chiedo all'Aula e a lei, Presidente, che cosa avesse di strano quello striscione, se non ribadire e richiamare i fondamenti e i princìpi su cui è basata la nostra Costituzione.
Noi abbiamo festeggiato 3 giorni fa la liberazione dal nazifascismo. Questa Repubblica, questa democrazia, è fondata proprio sulla Resistenza, sulla liberazione dal nazifascismo. Le fondamenta della Repubblica sono nate nella lotta partigiana. Quindi, davvero, non si capisce per quale motivo 3 agenti della Polizia di Stato, in due momenti successivi, siano andati a identificare questa povera fornaia, che non ha fatto altro che, ripeto, ribadire le ragioni fondanti della nostra Repubblica.
Credo che sia davvero urgente, urgentissimo, che il Ministro dell'Interno venga a rendere conto dei comportamenti delle Forze dell'ordine, ma non tanto dei singoli agenti, quanto dei dirigenti, a livello più alto. Perché mai in situazioni come quella di Dongo non si fa nulla e in una situazione come quella di Ascoli Piceno, in cui si espone uno striscione, vengono mandati degli agenti? Annuncio che su entrambi gli aspetti, sia quello di Dongo, sia quello di Ascoli Piceno, il nostro gruppo presenterà un'interpellanza e un'interrogazione (Applausi della deputata D'Orso).
Discussione della proposta di legge: Bagnai ed altri: Modifiche all'articolo 132 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernenti l'acquisizione di dati relativi al traffico telefonico e telematico per esigenze di tutela della vita e dell'integrità fisica del soggetto interessato, nonché istituzione della Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse (A.C. 1074-A?).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1074-A?: Modifiche all'articolo 132 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernenti l'acquisizione di dati relativi al traffico telefonico e telematico per esigenze di tutela della vita e dell'integrità fisica del soggetto interessato, nonché istituzione della Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 1074-A?)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
La II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Simonetta Matone.
SIMONETTA MATONE, Relatrice. Buongiorno a tutti. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame di questa proposta di legge che è stata oggetto di diverse modifiche nel corso della fase referente e che hanno indotto la Commissione ad integrare anche il titolo. Infatti, oltre a riferirsi all'acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico per esigenze di tutela della vita e dell'incolumità fisica del soggetto interessato, il titolo richiama adesso anche la prevista istituzione della Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse.
La ratio dell'intervento risiede, infatti, nel consentire l'acquisizione di dati necessari per la localizzazione di persone scomparse o, comunque, utili alla salvaguardia della vita e dell'incolumità fisica di persone che versino in condizioni di pericolo.
Merita evidenziare come la questione involga problematiche ben più complesse di quelle che, a prima vista, potrebbero apparire. È a tutti noto come l'acquisizione, la raccolta, nonché l'utilizzo di simili dati sia un'attività presa in considerazione prettamente per esigenze di contrasto dei reati e, quindi, per fini di giustizia sul piano investigativo e processuale. In tale contesto, è copiosa la giurisprudenza nazionale e della stessa Corte di giustizia dell'Unione europea, volta a bilanciare le esigenze di giustizia con quelle di tutela della riservatezza, che certamente sono pregiudicate da una diffusione di dati particolarmente idonei a rivelare aspetti significativi della vita privata delle persone.
La proposta di legge interviene tuttavia su una fattispecie affatto diversa. La procedura volta ad acquisire questi tabulati si attiva non per fini di giustizia, ma nelle ipotesi nelle quali ciò sia necessario per la salvaguardia dell'incolumità individuale al di fuori di un procedimento penale. Non è questa la sede per ricordare tragici episodi di cronaca in cui la scomparsa di un soggetto ha avuto conseguenze gravi in virtù della impossibilità di prestargli un necessario, immediato soccorso, perché non è stato possibile procedere a una sua localizzazione precisa tramite i dati del traffico telefonico. L'autorità giudiziaria, infatti, in questo caso non può autorizzare l'acquisizione dei dati in assenza di procedimenti penali che ne legittimino l'istanza.
Va dunque inquadrata in questa prospettiva la proposta di modifica puntuale dell'articolo 132 del Codice in materia di protezione dei dati personali e le ulteriori disposizioni introdotte nel provvedimento nel corso dell'esame in sede referente. Particolarmente preziosi sono stati altresì i contributi forniti dai qualificati soggetti intervenuti in audizione: il Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, il presidente del Garante per la protezione dei dati personali, il direttore del servizio centrale operativo della Polizia di Stato, i rappresentanti della procura della Repubblica di Milano, Napoli, Palermo, la professoressa Licia Califano, docente di diritto costituzionale presso l'Università di Urbino, ed anche il presidente del Comitato Alberto, che conduce una campagna di sensibilizzazione su tale problematica.
Il testo che la Commissione propone all'Assemblea è quindi maturato all'esito di un confronto costruttivo tra le forze parlamentari. Ne costituisce testimonianza il fatto che, in sede di conferimento del mandato, non si è registrato alcun voto contrario in ragione della sostanziale condivisione dell'intervento normativo. Sono stati, altresì, acquisiti i pareri favorevoli resi dalle Commissioni I (Affari costituzionali), IX (Trasporti) e XIV (Politiche dell'Unione europea), mentre la V Commissione (Bilancio) renderà il parere direttamente all'Assemblea.
Venendo al provvedimento in esame, esso si compone di due articoli. L'articolo 1, alla lettera a) del comma 1, introduce, all'articolo 132 del citato Codice in materia di protezione dei dati personali, il comma 3-bis.1, secondo cui, al di fuori dei casi di acquisizione dei dati nell'ambito di un procedimento penale, i dati relativi al traffico telefonico e telematico e alle chiamate senza risposta possono essere acquisiti qualora siano ritenuti necessari per esigenze di tutela della vita e dell'integrità fisica del soggetto interessato.
L'acquisizione è disposta con decreto motivato del pubblico ministero, su richiesta del questore o del comandante provinciale dell'Arma dei Carabinieri o della Guardia di finanza. Questi ultimi, nei casi di urgenza, nei quali non è possibile attendere il decreto del pubblico ministero, possono acquisirli direttamente dai fornitori purché autorizzati dal pubblico ministero, anche oralmente o per via telematica, salvo conferma con decreto motivato entro le quarantotto ore successive. Viene previsto, altresì, che i soggetti che procedono all'acquisizione dei dati ne diano notizia al prefetto.
Evidenzio, al riguardo, che l'attivazione di tale procedura - proprio in ragione del suo carattere potenzialmente invasivo della privacy - viene adeguatamente circoscritta ai soli casi in cui vi sia il requisito della “necessità di tutela della vita e dell'integrità fisica”. Spetterà quindi all'autorità preposta svolgere questo tipo di vaglio.
Nel corso del dibattito si è anche valutata la possibilità di non affidare tale vaglio esclusivamente al pubblico ministero, ma coinvolgere anche un esponente della magistratura giudicante, soluzione che non è stata però adottata in ragione della difficoltà di ipotizzare un intervento che avesse i caratteri di tempestività, che sono richiesti nelle situazioni in cui tale procedimento dovrebbe attivarsi.
La lettera b), coerentemente con la precedente disposizione, estende il divieto di utilizzazione dei dati acquisiti in violazione delle disposizioni dei commi 3 e 3-bis, ovvero nell'ambito di un procedimento penale - previsti dal vigente articolo 132, comma 3-quater -, anche a quelli acquisiti in violazione della nuova disposizione.
Il comma 2 inserisce il comma 2-bis all'articolo unico della citata legge n. 203 del 2012, al fine di riconoscere al personale dei corpi e servizi di polizia locale, addetto ai servizi di Polizia stradale e in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza, la possibilità, in aggiunta a quella già prevista di raccogliere la relativa denuncia di scomparsa, di accedere agli archivi del Centro elaborazione dati (CED) del Ministero dell'Interno e consultare autonomamente la denuncia di scomparsa della persona interessata, così da contribuire, in maniera più efficiente e solerte, alle attività di ricerca.
La Commissione ha, inoltre, introdotto l'articolo 2 per riconoscere il 13 dicembre come Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse. In realtà, fin dal 2019, su iniziativa del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, viene già celebrato il 12 dicembre di ogni anno un momento di vicinanza e solidarietà alle famiglie delle persone scomparse. Tuttavia, essendo quella data la giornata commemorativa della strage di Piazza Fontana, si è ritenuto opportuno istituire per legge tale Giornata il 13 dicembre. In occasione della Giornata nazionale, potranno così essere promosse iniziative per sensibilizzare la collettività sul tema delle persone scomparse e per manifestare solidarietà e vicinanza alle loro famiglie. La norma reca, quindi, la precisazione che tale Giornata non determina gli effetti civili, di cui alla legge 27 maggio 1949 n. 260, e non reca oneri.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, Sottosegretaria di Stato per le Imprese e il made in Italy, Fausta Bergamotto, che si riserva.
È iscritta a parlare la deputata D'Orso. Ne ha facoltà.
VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Come già annunciato, siamo qui a esaminare questo provvedimento recante modifiche all'articolo 132 del Codice in materia di protezione dei dati personali, il cosiddetto Codice sulla privacy, concernenti, in particolare, l'acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico per esigenze di tutela della vita e dell'incolumità fisica del soggetto interessato.
È sicuramente un provvedimento che ha una finalità condivisibile, perché mira ad agevolare la localizzazione in modo tempestivo delle persone scomparse e la ricostruzione delle ore prossime al momento della scomparsa. È un intervento legislativo che, tra l'altro, è anche opportuno, perché ad oggi, in effetti, c'è un vuoto normativo, che è stato colmato dalla prassi, non senza però qualche incertezza applicativa e interpretativa, ed è stato colmato dalla buona volontà, dal buon senso delle autorità di pubblica sicurezza e dell'autorità giudiziaria.
Però, siccome va ad incidere anche su diritti, su altre disposizioni assai rilevanti, anche in relazione ai regolamenti comunitari, quindi alla disciplina, alla normativa comunitaria, sarebbe stato opportuno prevedere una disciplina apposita anche nella nostra normativa nazionale e, quindi, una disciplina apposita da introdurre nel codice, appunto, della privacy in materia di protezione dei dati personali, il decreto legislativo n. 196 del 2003.
Cosa si fa quindi con questo provvedimento? Si introduce - così potremmo dire - una sorta di deroga rispetto alla disciplina ordinaria in tema di acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e al traffico telematico, ma anche relativi al traffico delle cosiddette chiamate senza risposta. Noi sappiamo che c'è una rigida disciplina che riguarda la conservazione di questi dati perché chiaramente sono dati sensibili rispetto al diritto alla riservatezza dei cittadini. Ecco, tra le deroghe rispetto alle modalità di acquisizione di questi dati inseriamo - ripeto, devo dire, molto opportunamente - l'ipotesi per cui debbano essere acquisiti questi dati di traffico telefonico, traffico telematico e chiamate senza risposta per esigenze di tutela della vita e dell'integrità fisica del soggetto interessato; e per soggetto interessato ci stiamo riferendo, in particolare, come spiegava anche la relatrice, alle persone scomparse. Quindi, questo è l'ambito, il perimetro di questo provvedimento, anche se abbiamo notato e anche già rilevato in sede di esame in Commissione, durante la fase emendativa, che, forse, esplicitare ancor meglio il perimetro potrebbe dare una maggiore chiarezza anche in fase applicativa di questa che stiamo inserendo come deroga ad una disciplina ordinaria; non vi sfuggirà infatti che si parla di soggetto interessato mentre, molto più opportunamente, forse, dovremmo inserire la locuzione “persone scomparse” proprio perché questo è un provvedimento che vuole operare un bilanciamento - e devo dire che probabilmente ci riesce con piccole ambiguità che ancora permangono, di cui darò conto a breve - tra la tutela della privacy e le esigenze di tutela della vita e dell'incolumità della persona scomparsa.
Vi è, quindi, una finalità che giustifica deroghe a questa disciplina ordinaria: una finalità superiore, quella di salvare la vita, perché le prime 48 ore dalla scomparsa delle persone, come dicono anche telefilm, film e quant'altro - ma soprattutto i soggetti preposti alle indagini sulla scomparsa delle persone che si attivano per primi per ricostruire i movimenti delle persone scomparse - sono fondamentali per individuare il soggetto e, in qualche modo, quindi, per salvare loro eventualmente anche la vita, perché si tratta di persone che potrebbero anche essere in pericolo di vita.
Ed è per questo che aver proposto una procedura snella - perché vediamo che è una procedura snella, non appesantita da troppi passaggi, non irrigidita - sicuramente è una scelta opportuna. Ma qual è la procedura che si sta introducendo con questa disciplina ad hoc? In particolare, è una procedura per cui basterà la semplice autorizzazione con decreto motivato del pubblico ministero, quindi non si passerà dal giudice ma esclusivamente dal pubblico ministero e, addirittura, nei casi di maggiore urgenza, questa autorizzazione potrà essere resa anche oralmente o per via telematica, poi confermata chiaramente entro 48 ore con decreto motivato sempre dal pubblico ministero.
Abbiamo proposto in Commissione e lo proporremo anche in sede d'Aula, in realtà, un piccolo accorgimento, una piccola cautela in più, che è quella della convalida del decreto motivato, emanato dal pubblico ministero, da parte del GIP; questo perché ci pare un passaggio che è sempre opportuno prevedere. Nel nostro ordinamento, di solito, viene sempre prevista una convalida da parte del giudice di quei decreti emanati dal pubblico ministero, quindi, forse, come norma finale di chiusura, potrebbe essere opportuno, anche in questa sede, inserire la previsione della convalida. Ma davvero - lo dico, lo preannuncio - stiamo presentando pochissimi emendamenti chirurgici, volti più che altro a eliminare quelle che a noi sembrano piccole ambiguità che però, poi, anche in una procedura così snella e così anche accelerata - giustamente accelerata - potrebbero, invece, creare piccoli ostacoli rispetto ad un ingranaggio che deve andar veloce.
Uno di questi piccoli ostacoli l'abbiamo individuato nella nuova formulazione, introdotta con un emendamento del relatore, perché, quando si dice che il decreto del pubblico ministero, quindi l'autorizzazione deve arrivare “su richiesta dei responsabili degli uffici o comandi di livello provinciale della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza indicati al comma 1 dell'articolo 226 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale” e quant'altro, abbiamo rilevato che non vi sia realmente certezza; quindi questa formulazione non garantisce la certezza di quei soggetti che realmente sono autorizzati - passatemi il bisticcio di parole - a richiedere l'autorizzazione al pubblico ministero. Quindi, si potrebbe creare un'incertezza che noi, con un emendamento molto chirurgico, vorremmo eliminare per fare, ripeto, chiarezza.
Quindi, abbiamo presentato pochissimi emendamenti volti a migliorare il testo, perché abbiamo comunque avuto un atteggiamento assolutamente collaborativo e costruttivo rispetto a questo provvedimento, la cui finalità, ripeto, ci vede assolutamente d'accordo; quindi non c'è nulla di ideologico nelle nostre proposte emendative e, in qualche modo, auspichiamo di trovare lo stesso spirito collaborativo anche nella maggioranza, nella relatrice e nel Governo perché sarebbe opportuno mettere a punto un testo che agevoli il lavoro degli addetti alla pubblica sicurezza, quindi anche degli addetti - come vediamo, perché sono stati inclusi, sono stati compresi - della Polizia stradale e della Polizia locale. Ecco, tutti coloro che possono intervenire tempestivamente devono poterlo fare in base a regole, a norme che siano assolutamente chiare, di pronta applicazione; solo così potranno collaborare tutte le istituzioni che verranno coinvolte rispetto all'obiettivo di questo provvedimento - ripeto, e chiudo come ho aperto -, che è quello di localizzare e individuare - il prima possibile, tempestivamente - le persone scomparse.
Un'ultima nota sull'istituzione della Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse. In effetti, dato che si tratta di un fenomeno comunque rilevante, sensibilizzare l'opinione pubblica in modo potremmo dire attivo, sempre nell'ottica di essere tutti pronti - non appena vicende del genere si manifestano - a cooperare per individuare e salvare queste persone, sicuramente è una buona cosa. Meglio questa Giornata nazionale per sensibilizzare rispetto ad altri tipi di giornate che abbiamo visto promuovere, che, magari, hanno una rilevanza, un peso minore. Devo dire la verità, dedicare attenzione a questo fenomeno è una cosa effettivamente condivisibile e opportuna (Applausi del deputato Pellegrini).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bagnai. Ne ha facoltà.
ALBERTO BAGNAI (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento all'esame dell'Aula interseca, nella sua semplicità, due temi particolarmente complessi, che sono quello del bilanciamento fra diritti costituzionali e quello della gerarchia delle fonti del diritto. Sono, quindi, particolarmente grato alla relatrice, l'onorevole Simonetta Matone, al presidente della Commissione giustizia, onorevole Ciro Maschio, e a tutti i colleghi di codesta Commissione per l'accurato lavoro di esame svolto in sede referente; così come alle associazioni dei parenti e delle vittime, in particolare al dottor Renato Ongania, per avermi sottoposto una problematica cui la vita mi aveva purtroppo già avvicinato, come, forse, sarà capitato anche ad altri qui, e per avermi aiutato ad addentrarmi in essa con il supporto della loro esperienza concreta.
Il fenomeno su cui il provvedimento incide è dolorosamente noto, quello delle persone scomparse, un fenomeno di tale impatto sociale da motivare, già nel 2007, a istituire, con DPR 31 luglio 2007, un commissario straordinario di Governo con compiti di monitoraggio del fenomeno e di coordinamento delle autorità, delle istituzioni coinvolte.
Le relazioni del commissario costituiscono una fonte informativa di primaria importanza. Penso che possa valere la pena dare qui i lineamenti quantitativi del fenomeno che è molto rilevante. Ricordo, in sintesi, che le denunce di scomparsa sono arrivate a quasi 30.000: 29.315 nel 2023, il che attesta l'estrema rilevanza quantitativa, nonostante non vi sia una piena corrispondenza fra denunce e persone scomparse, atteso che c'è il fenomeno delle “scomparse ripetute” (in alcuni casi fino a 18 denunce di scomparsa riferite a un singolo soggetto). Quindi, le persone coinvolte erano comunque, in quell'anno, 26.494.
A fronte di questi numeri, la percentuale di ritrovamento è di un po' meno della metà: il 48,3 per cento.
Altro dato rilevante è che il 77,9 per cento dei soggetti ancora da ritrovare, dei non trovati, circa 12.000 persone, sono minori stranieri, con una netta preponderanza di individui di sesso maschile.
Aggiungo anche un altro dato per dare una concretezza al fenomeno di cui ci stiamo occupando. I ritrovati deceduti nel 2023 sono stati 188. Come termine di paragone, sempre con riferimento a eventi infausti, ricordo che, nello stesso anno, per esempio, sono decedute per via di omicidio volontario 334 persone. Quindi, l'ordine di grandezza - 188 persone decedute a seguito di una scomparsa - è un dato comunque che impressiona.
Anche se i dati parziali riferiti al primo semestre dello scorso anno attestano un'inversione di tendenza - che speriamo si consolidi - con una diminuzione del 10 per cento rispetto allo stesso semestre dell'anno precedente e un aumento della percentuale di ritrovamento, si evidenzia al contempo un mutamento strutturale. Il fenomeno continua a riguardare in netta prevalenza i minori (il coinvolgimento degli anziani è ridotto ma pur sempre significativo, 484 casi in un semestre), ma in generale le denunce di scomparsa di cittadini italiani stanno aumentando in percentuale: salgono al 43 per cento dal 35 per cento del semestre corrispondente del 2023.
Un altro elemento di riflessione - che emerge dai rapporti del commissario e che ci riguarda perché ha, come dire, ispirato alcuni lineamenti del provvedimento normativo in discussione - è l'estrema rilevanza della tempestività dell'intervento in caso di scomparsa. Esiste il falso mito dell'attesa di 48 ore prima di denunciare una scomparsa, ma questo non ha alcun fondamento giuridico. Dai dati emerge che oltre il 77 per cento dei casi viene risolto positivamente entro una settimana dalla denuncia di scomparsa, il 17 entro lo stesso giorno, più del 56 per cento nei primi tre giorni. È importante agire subito.
L'impatto sociale e le caratteristiche del fenomeno hanno promosso un intervento legislativo specifico, la legge n. 203 del 2012 recante “Disposizioni per la ricerca delle persone scomparse”, che è uno dei due provvedimenti sui quali incide il provvedimento oggi all'esame, che incide, da un lato, sul codice della privacy, dall'altro, sulla legge che stabilisce le disposizioni per la ricerca delle persone scomparse. Una legge che ha rappresentato una novità di indubbio spessore nel panorama normativo italiano, perché ha contribuito a delineare il profilo giuridico di un evento, la scomparsa della persona fisica, che non aveva uno specifico diritto di cittadinanza nell'assetto legislativo italiano, all'interno del quale la disciplina degli istituti dell'assenza e della morte presunta riguarda più che altro caratteri di rilievo patrimoniale a tutela degli interessi degli eredi.
In questo quadro normativo restava, però, un punto critico di estrema rilevanza normativa. Restava un vuoto normativo o, forse, come vedremo, solo interpretativo, da colmare. Ed è appunto questo l'oggetto del provvedimento, così come è stato descritto da chi mi ha preceduto.
In sintesi, si propone una deroga al codice della privacy che consenta l'uso dei dati di traffico telefonico di una persona qualora ciò possa essere essenziale per tutelarne l'incolumità. Si tratta di una deroga perché, secondo la normativa vigente - commi 3 e 3-bis dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 196 del 2003 - è possibile accedere ai dati del traffico telefonico solo in caso vi sia evidenza di stalking o di reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni.
La rilevanza pratica di questa disposizione, cioè di consentire l'uso del traffico telefonico, si rinviene nel fatto che la semplice localizzazione dell'ultima cella agganciata - cioè, quella da cui trasmette o ha trasmesso per l'ultima volta l'antenna del dispositivo mobile dell'interessato, dello scomparso - può avere scarsa rilevanza pratica, poiché può individuare porzioni di territorio anche di alcune decine di chilometri quadrati - come ci è stato riferito nelle audizioni - che, in certi contesti, ad esempio in contesti montani, rendono impensabile rinvenire il soggetto interessato in tempo utile.
Viceversa, l'accesso all'attività telefonica consente di ricostruire le attività relazionali, il percorso e la traiettoria del soggetto interessato, contribuendo quindi, in un modo che si può supporre determinante, a circoscrivere il perimetro della ricerca.
Ora, quella di usare i dati di traffico telefonico per tutelare la vita di una persona appare innanzitutto come un'esigenza di buon senso, e il fatto che debba essere introdotta come deroga al nostro ordinamento ha, in qualche modo, un sapore paradossale. Dovrebbe promuovere qualche riflessione, soprattutto considerando che, a livello unionale - come poi documenterò - la situazione è un po' diversa, il che dovrebbe in qualche modo promuovere l'interesse e la curiosità soprattutto dei sostenitori della supremazia del diritto comunitario.
Noi viviamo nell'epoca del capitalismo della sorveglianza, per usare il titolo di un noto saggio di Shoshana Zuboff. L'epoca in cui il fatto di recare con sé un dispositivo di tracciamento - cioè, il telefono cellulare - da diritto sta diventando sempre più un dovere, perché è la precondizione per l'esercizio di alcuni basilari diritti costituzionalmente garantiti, come quello all'identità personale. Basti pensare che certe amministrazioni si rifiutano di considerare la firma autografa come strumento valido di attestazione della propria identità e impongono l'uso dell'app IO. Impongono cioè il dovere costituzionale di possedere un cellulare.
Insomma, per essere totalmente espliciti, viviamo in un'epoca in cui è proprio l'ordinamento a esporci al concreto rischio di condividere involontariamente e inavvertitamente i nostri dati personali con chi li sfrutta economicamente. Rischio dal quale non sempre lo stesso ordinamento ci protegge con efficacia. Sarà esperienza di ognuno di noi la petulanza del telemarketing o l'invasività dello spam. Però, poi, qui in Italia accade o accadeva che, nel momento in cui quei dati diventerebbero essenziali per salvarci la vita, il magistrato possa impedirne l'uso allo scopo di tutelare la nostra riservatezza. E qui occorre ricordare - e non vorrei che sembrasse una sottolineatura polemica ma devo farla, anche per dare una continuità all'intervento di oggi nel quadro dell'attività politica che sto cercando di svolgere - che noi veniamo da un periodo non particolarmente luminoso, in cui si è cercato di argomentare che l'articolo 32 fosse il perno dell'intera Costituzione, al punto da mitigare? Sopprimere? Qualcuno dice “calpestare”, una lunga serie di diritti fondamentali (cinque anni e otto giorni fa ne ricordai almeno nove nell'Aula del Senato) in nome del diritto alla salute.
Adesso scopriamo, tardivamente e con una certa sorpresa, che, secondo alcune interpretazioni giurisprudenziali, esisterebbe un diritto ulteriormente sovraordinato, un diritto “più diritto” del diritto alla salute, quello alla nostra riservatezza, che le istituzioni potrebbero invocare (e in casi concreti hanno effettivamente invocato) per sottrarsi al compito di garantire la nostra incolumità. Cioè, paradossalmente, per conculcare l'articolo 32.
Quello stesso Stato, che non sempre, nonostante i lodevoli sforzi, riesce a proteggerci dallo sfruttamento dei nostri dati, apparentemente, rinuncerebbe ad utilizzare quegli stessi dati per proteggere la nostra persona. Questa è l'esperienza in qualche modo pirandelliana, kafkiana, che veniva riportata da alcuni parenti, a cui veniva opposto dalla magistratura il fatto che, sospettandosi un semplice malore a esito dell'allontanamento o della scomparsa del loro congiunto e non un reato, ed essendo conseguentemente l'evento iscritto nel modello 45 anziché nel modello 44, l'utilizzo del traffico telefonico per reperire lo scomparso ne avrebbe violato la privacy e sarebbe stato possibile solo laddove fosse stato accertato il decesso.
Ora, personalmente nutro qualche dubbio sul fatto che il decesso faccia decadere l'esigenza di tutelare la privacy e la riservatezza - del resto tutti ricordiamo il brocardo post mortem de mortuis nihil nisi bonum - ma certamente il decesso preclude al deceduto la possibilità di ricorrere contro un uso improprio dei dati; solo che, se veramente l'uso dei dati fosse possibile e consentito solo quando diventa inutile, evidentemente avremmo un problema.
Ora, per tornare su un piano più tecnico, è evidente che qui confliggono due diritti, entrambi saldamente radicati nel novero dei diritti inviolabili dell'uomo riconosciuti e garantiti dalla Repubblica, ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione: da un lato, il diritto alla riservatezza, radicato inizialmente nell'articolo 15 della Costituzione e poi progressivamente sviluppato e consolidato per via ermeneutica a mano a mano, ad esempio, che, grazie alla tecnologia, si ampliavano le modalità di corrispondenza fra individui; dall'altro, il diritto all'integrità fisica, radicato appunto nell'articolo 32 della Costituzione.
Il bilanciamento fra queste due esigenze non è così immediato in termini astratti, atteso che, ad esempio, una persona potrebbe decidere di sottrarsi a un determinato contesto, potrebbe allontanarsi volontariamente e, nei casi in cui ciò non costituisca un reato - perché vi sono anche casi in cui questo allontanamento solleva dei problemi -, dovrebbe avere piena facoltà di farlo tutelando la propria riservatezza, senza considerare i casi in cui la motivazione di questo allontanamento fosse proprio quella di sottrarsi a minacce reali o presunte di varia entità alla propria integrità psicofisica. Ma qui subentra un ulteriore paradosso, che ci rinvia a un altro tema di attualità, quello di gerarchia delle fonti del diritto, in particolare della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale, su cui il Senato ha avviato una preziosa indagine conoscitiva con l'affare assegnato: Atto n. 594. Com'è noto, la tutela dei dati personali a livello europeo è oggetto del cosiddetto pacchetto protezione dati, di cui fa parte il regolamento generale sulla protezione dei dati personali (il GDPR).
Il GDPR prevede esplicitamente, nei considerando nn. 46 e 112, che non solo il trattamento dei dati personali, a cui si riferisce il considerando n. 46, ma addirittura il loro trasferimento fra istituzioni - considerando n. 112 - “dovrebbe essere” - cito - “altresì considerato lecito quando è necessario per proteggere un interesse essenziale per la vita dell'interessato o di un'altra persona fisica”. Per inciso - incidenter tantum - noto che il riferimento all'interessato, anziché allo scomparso, deriva da un coordinamento con le norme di rango unionale che fanno riferimento all'interessato, al titolare dei dati.
Lo stesso articolo 6, al comma 1, del GDPR, prevede esplicitamente che il trattamento dei dati sia lecito non solo quando l'interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per uno o più specifiche finalità, quelle liberatorie che più o meno distrattamente ognuno di noi firma parecchie volte al giorno - questa è la lettera a) dell'articolo 6, comma 1 -, ma anche e alternativamente quando il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell'interessato o di un'altra persona fisica (lettera d)). Essendo chiaramente inteso in questo senso, l'acquisizione del consenso è superflua, dato che è considerato in una lettera separata del primo comma.
Inoltre, il comma 2 dell'articolo 6 non prevede questa fattispecie fra quelle in cui gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più specifiche per adeguare l'applicazione delle norme del presente regolamento con riguardo al trattamento. Questa facoltà di andare oltre la norma europea è introdotta esplicitamente per quanto riguarda l'adempimento di obblighi legali, a cui è soggetto il titolare dei dati, o l'esercizio di pubblici poteri, che ricade in capo al titolare dei dati. La scriminante introdotta dalla norma di rango europeo è chiara: non si tratta di consentire un accesso indiscriminato al traffico di chiunque faccia perdere le proprie tracce - assolutamente no -, ma di intervenire qualora si ritiene che siano in gioco interessi vitali della persona interessata. Questa fattispecie si presenta, ad esempio, quando il soggetto interessato è portatore di particolari condizioni di fragilità, quali, per esempio, un'età avanzata o forme di disabilità più o meno rilevanti, o quando la scomparsa avviene in contesti particolari, come, ad esempio, quelli montani. Ci si potrebbe interrogare se il recepimento delle norme di matrice unionale in questo caso sia stato caratterizzato, come in altri, da gold plating, cioè dall'introduzione o dal mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee, perché potrebbe anche essere idealmente - in una discussione generale possiamo anche introdurre questo tema, che poi, ovviamente, accantoneremo -, o su quanto un atteggiamento dell'autorità garante, molto assertivo nella fase iniziale di consolidamento del proprio ruolo, abbia inibito l'iniziativa delle altre istituzioni coinvolte, inducendo una percezione esorbitante e sproporzionata delle esigenze da tutelare. Questi potrebbero essere i temi di una discussione più ampia.
Il nostro scopo oggi è semplicemente quello di provvedere a colmare quello che comunque è stato percepito come un vuoto normativo, anche se forse era colmato da norme di rango superiore, e di farlo nel modo più efficace e tempestivo e, quindi, necessariamente meno impattante sull'attuale configurazione dell'ordinamento. A questo scopo, la norma, pur prevedendo una deroga, prevede anche, a garanzia della tutela della sfera personale del soggetto coinvolto, l'intervento dell'autorità giudiziaria, in particolare del pubblico ministero, il quale, con decreto motivato, autorizza l'acquisizione dei dati telefonici necessari, su richiesta delle autorità di pubblica sicurezza. Questo approccio è coerente con la giurisprudenza eurounitaria.
A partire dalla sentenza Digital Rights del 2014, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito il principio che l'accesso delle autorità nazionali ai dati telefonici e telematici conservati deve essere subordinato a un previo controllo effettuato da un giudice o da un'entità amministrativa indipendente, la cui decisione sia diretta a limitare l'accesso e il loro uso a quanto strettamente necessario per raggiungere l'obiettivo perseguito. Nel provvedimento all'esame dell'Aula, il pubblico ministero non è da considerare una parte e, quindi, offre garanzie di terzietà rispetto alle Forze di Polizia che richiedono l'accesso. Viene, inoltre, fatta salva la disposizione contenuta dal vigente comma 3-quater dell'articolo 132 del codice della privacy, estendendo l'impossibilità di utilizzare i dati acquisiti in deroga alle disposizioni dei commi 3 e 3-bis anche a quelli acquisiti in violazione del nuovo comma 3-bis.1.
Più in generale, l'intervento è coerente con i principi fondamentali del GDPR, in particolare con il principio di limitazione delle finalità, in base al quale i dati personali possono essere acquisiti e trattati per scopi specifici, legittimi e chiaramente definiti, essendo l'acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico e alle chiamate senza risposta circoscritta a garantire la tutela della vita e dell'integrità fisica del soggetto interessato.
Solo un cenno rapidissimo ad un altro lineamento, che ha rilevanza operativa nella proposta che viene oggi discussa, che è il coinvolgimento delle Forze di Polizia locale che, per la loro conoscenza dei luoghi, in questo modo vengono coinvolte e si consente loro di accedere ai dati contenuti nel CED del Ministero dell'Interno. Più in dettaglio, viene riconosciuta a questo personale, al personale dei Corpi e dei servizi di Polizia municipale, la possibilità di raccogliere la denuncia di scomparsa e di accedere al CED per consultare autonomamente la denuncia di scomparsa, così da contribuire in maniera più efficiente ad una attività di ricerca efficace.
Non mi resta, per concludere, che ringraziare l'Aula per la sua attenzione e ricordare che questo provvedimento era atteso. Ringrazio anch'io il precedente commissario - quello attuale non l'ho ancora conosciuto - di Governo per le persone scomparse, che mi ha e ci ha sottolineato in Commissione l'urgenza di provvedere a chiarire questa che, più che un vuoto normativo, definirei un'ambiguità interpretativa emersa da certe interpretazioni giurisprudenziali e che necessita di un'interpretazione autentica da parte di questo Parlamento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.
ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il fenomeno delle persone scomparse in Italia rappresenta una realtà complessa e in crescita, con numeri significativi che destano preoccupazione. Le statistiche indicano che ogni anno migliaia di persone spariscono sul territorio nazionale e che una parte consistente di queste non viene più ritrovata. I dati storici sono impressionanti: dal 1974 fino al 2020 si stimava che circa 64.000 persone fossero ancora da ritrovare in Italia. Facendo riferimento a qualche cifra recente, segnaliamo che nel corso del 2023 sono state presentate 29.315 denunce di scomparsa in Italia; questo dato segna un aumento del 20,3 per cento rispetto al precedente anno del 2022, quando le segnalazioni erano state 24.369. Ciò si traduce in una media di circa 80 persone scomparse al giorno. Un dato particolarmente allarmante riguarda i minori: nel solo 2023 quasi il 75 per cento delle denunce di scomparsa ha riguardato minorenni; molti di questi sono minori stranieri non accompagnati che si allontanano dalle strutture di accoglienza. Nonostante l'alto numero di denunce, una parte delle persone scomparse viene ritrovata. Tuttavia, una quota significativa rimane irreperibile. Nel 2022, ad esempio, su 24.369 persone scomparse 12.199 non sono state ritrovate. Scendendo nel dettaglio, scopriamo che la maggior parte delle persone scomparse, di cui non si hanno più notizie, sono stranieri. Tuttavia, in termini di ritrovamenti, la percentuale di successo è significativamente più alta per gli italiani.
Le motivazioni delle scomparse possono essere diverse e includono allontanamenti volontari, fughe da situazioni difficili, smarrimenti e, in alcuni casi, eventi criminali. Per contrastare la problematica, è stato istituito da anni il Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, una figura preposta ad affrontare in maniera coordinata e strategica il complesso fenomeno delle persone scomparse in Italia.
La sua attività si articola su numerosi fronti, con l'obiettivo primario di migliorare l'efficacia delle ricerche, fornire supporto alle famiglie, prevenire le scomparse. Il Commissario raccoglie, analizza e monitora i dati relativi alle persone scomparse a livello nazionale ed internazionale, al fine di comprendere le dinamiche del fenomeno, individuare tendenze e aree critiche, sviluppare strategie di intervento mirate.
Un ruolo cruciale è quello di coordinare le attività dei diversi attori coinvolti nella ricerca delle persone scomparse, tra cui le Forze di Polizia, le prefetture, le procure della Repubblica, gli enti locali, le associazioni di volontariato e le organizzazioni del Terzo settore. Donne e uomini a cui deve andare il nostro ringraziamento per l'attività in prima linea che portano avanti ogni giorno. Questo include la promozione di protocolli operativi condivisi e la facilitazione dello scambio di informazioni.
Il Commissario si impegna, inoltre, a mantenere i rapporti con i familiari delle persone scomparse e con le associazioni che li rappresentano, offrendo ascolto, orientamento e supporto pratico e psicologico. Attraverso campagne di comunicazione e iniziative di sensibilizzazione in collaborazione con i media, il Commissario mira poi a informare l'opinione pubblica sul fenomeno delle persone scomparse, a promuovere la cultura della denuncia tempestiva e a diffondere consigli utili per la prevenzione, con particolare attenzione ai minori.
Lo stesso Commissario promuove l'adozione di nuove tecnologie e metodologie per ottimizzare le operazioni di ricerca, come l'utilizzo del sistema informativo “Ricerca scomparsi” e la collaborazione per l'implementazione di banche dati del DNA per l'identificazione dei cadaveri non identificati. Il Commissario rappresenta periodicamente una relazione al Presidente del Consiglio dei ministri sull'attività svolta e sull'evoluzione del fenomeno delle persone scomparse, fornendo dati statistici aggiornati ed indicazioni per eventuali interventi normativi o amministrativi.
Stipula, inoltre, protocolli d'intesa con diverse istituzioni per rafforzare la cooperazione in specifici ambiti. Esempi recenti includono accordi con il Ministero dell'Istruzione e del merito per la sensibilizzazione nelle scuole e con le prefetture per migliorare le procedure di identificazione di persone decedute e non identificate. Il Commissario presiede poi la Consulta nazionale delle persone scomparse, un organismo consultivo che coinvolge familiari, associazioni, esperti del settore, per favorire il confronto e la formulazione di proposte, e coordina il tavolo tecnico per il monitoraggio del sistema informativo “Ricerca scomparsi”, un organismo interforze dedicato al miglioramento della raccolta e dell'analisi dei dati sulle persone scomparse.
In questo contesto è quindi palese la necessità di introdurre normative finalizzate a supportare l'attività delle istituzioni coinvolte, garantendo la tutela dei dati personali e promuovendo, contestualmente, questa problematica nell'opinione pubblica. E qui veniamo ai contenuti del provvedimento in esame. La proposta di legge che stiamo discutendo modifica l'articolo 132 del codice in materia di protezione dei dati personali al fine di prevedere la possibilità di acquisire i dati relativi al traffico telefonico e telematico, qualora si renda necessaria per esigenza di tutela della vita e dell'integrità fisica del soggetto interessato.
Secondo quanto chiarito nella relazione illustrativa, la ratio della proposta è quella di consentire l'acquisizione dei dati necessari per la localizzazione di persone scomparse o comunque utili alla salvaguardia della vita e dell'incolumità fisica di persone che versino in condizioni di pericolo. Entrando nel dettaglio, l'articolo 132 del codice in materia di protezione dei dati personali disciplina l'acquisizione di dati relativi al traffico telefonico e telematico per finalità di accertamento e repressione dei reati.
La presente proposta di legge, all'articolo 1, mira ad ampliare le finalità per le quali tali dati possono essere acquisiti, introducendo una specifica deroga per esigenze di tutela della vita e dell'incolumità fisica del soggetto interessato. Questa modifica consentirebbe, quindi, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria competente, l'acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico non solo per indagini penali, ma anche quando ciò sia necessario per prevenire gravi pericoli per la vita o l'incolumità fisica della persona scomparsa.
L'acquisizione dei dati rimarrebbe subordinata all'autorizzazione motivata dell'autorità giudiziaria, che dovrà valutare la sussistenza di elementi concreti e specifici dai quali si possa desumere un pericolo attuale per la vita o l'incolumità fisica della persona scomparsa e la proporzionalità dell'acquisizione dei dati rispetto alla finalità perseguita. La proposta di legge prevede poi, all'articolo 2, l'istituzione di una Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse, il 13 dicembre di ogni anno.
La Giornata nazionale avrebbe lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica sul fenomeno delle persone scomparse, promuovere la solidarietà e il sostegno nei confronti dei familiari delle persone scomparse, ricordare le persone scomparse e mantenere viva l'attenzione sulla loro sorte, favorire la diffusione di informazioni utili per ricerche e promuovere iniziative di prevenzione del fenomeno. Un momento di sensibilizzazione popolare utile e lodevole che sicuramente deve essere portato avanti in questa Giornata, che sicuramente deve accompagnarci ogni singolo giorno dell'anno, ma quello su cui vorrei soffermare le nostre riflessioni è, invece, sui contenuti dell'articolo 1.
Non su questo articolo 2 che, possiamo auspicare, possa vedere la piena condivisione di tutte le forze presenti in quest'Aula, ma su alcuni aspetti problematici su cui, come Partito Democratico, insieme al lavoro dei colleghi della Commissione giustizia, delle altre Commissioni e dell'intero gruppo parlamentare, cercheremo di presentare attraverso, alcuni emendamenti, delle proposte migliorative. Qui l'impianto normativo, pur finalizzato a contrastare un fenomeno devastante per molte, per troppe famiglie, ha però alcune evidenti criticità.
Legiferando, infatti, al di fuori del perimetro dei procedimenti penali, che giustificano una conservazione più lunga dei dati del traffico telefonico e telematico, rischiamo di ledere il principio del ragionevole bilanciamento, in riferimento proprio all'acquisizione di tabulati telefonici ed all'individuazione di soggetti coinvolti. Nel corso del dibattito di Commissione sono state infatti respinte molte proposte relative alla necessità che l'apposito decreto, motivato dal pubblico ministero, dovesse contenere anche l'espresso riferimento all'intervallo temporale di accesso agli stessi tabulati.
Il provvedimento in esame, è bene ricordarlo, introduce infatti una deroga alla disciplina attualmente vigente senza alcun limite; sarebbe, invece, opportuno specificarne compiutamente il perimetro di applicazione, per evitare l'introduzione di una deroga eccessivamente ampia che pregiudichi l'esigenza di tutela della riservatezza. La scomparsa di una persona, lo abbiamo già ricordato, può avere infatti numerose cause, anche volontarie. Dati precisi, consolidati da alcune testimonianze, ci dicono proprio che la prima categoria di motivazione individuata, e con il 10 per cento dei casi, è per un allontanamento volontario.
Pur prendendo atto che l'obiettivo prioritario di questa modifica è quello di fornire agli organi inquirenti e alle Forze dell'ordine uno strumento più efficace e tempestivo per la ricerca di persone scomparse, qualora rimanesse questo impianto, e non fossero quindi specificati meglio alcuni limiti alle deroghe previste, il citato principio del ragionevole bilanciamento potrebbe, quindi, rimanere squilibrato, rischiando di procurare, conseguentemente, un evidente limite alle libertà personali. Per questo chiediamo, e concludo, che le nostre proposte migliorative vengano accolte nel corso delle votazioni in Aula.
Ovviamente deve prevalere sempre l'esigenza di ritrovamento delle persone scomparse, ma nell'attività legislativa non possiamo dimenticare di tutelare anche altri aspetti comunque rilevanti, come il diritto alla privacy (Applausi della deputata Braga).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Gardini. Ne ha facoltà.
ELISABETTA GARDINI (FDI). Grazie, signor Presidente. Colleghi, oggi siamo chiamati a discutere un provvedimento di grande valore civile, che introduce importanti modifiche all'articolo 132 del codice in materia di protezione dei dati personali e che istituisce la Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse. Si tratta di un intervento che nasce da un'esigenza concreta, che è emersa con forza nella realtà quotidiana.
Ogni giorno i nostri organi di pubblica sicurezza si trovano, infatti, ad affrontare casi drammatici, in cui la tempestività dell'intervento può letteralmente fare la differenza tra la vita e la morte. Troppo spesso, in assenza di un procedimento penale già avviato, l'accesso ai dati di traffico telefonico e telematico, dati essenziali per localizzare persone scomparse o in imminente pericolo, si è scontrato con limiti procedurali o interpretativi, rallentando o addirittura impedendo gli interventi necessari.
Il provvedimento in esame interviene proprio su questo punto: con un'impostazione equilibrata, nel pieno rispetto dei principi costituzionali e della normativa europea in materia di protezione dei dati personali, viene introdotta la possibilità, anche al di fuori di un procedimento penale, di acquisire tali dati limitatamente ai casi in cui ciò sia indispensabile per salvaguardare la vita o l'integrità fisica della persona.
Naturalmente l'acquisizione, come è stato già ricordato, non sarà indiscriminata. È prevista una procedura rigorosa: l'autorità di pubblica sicurezza dovrà rivolgersi al pubblico ministero, che potrà autorizzare l'accesso ai dati con un decreto motivato, e, nei casi di estrema urgenza, l'autorizzazione potrà essere data anche in forma orale o telematica, purché sia successivamente formalizzata entro 48 ore.
Questa struttura garantisce un duplice equilibrio: da un lato, si assicura la rapidità dell'intervento in situazioni di emergenza, dall'altro, si mantiene un controllo rigoroso e terzo sull'acquisizione dei dati, nel rispetto delle libertà individuali.
È bene sottolinearlo con chiarezza: non si tratta di un'apertura indiscriminata alla sorveglianza, ma di un intervento circoscritto, mirato, strettamente vincolato alla tutela della vita e dell'incolumità personale.
Colleghi, questo provvedimento si inserisce in un quadro più ampio di aggiornamento della normativa, alla luce dei principi sanciti dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, che chiede, sì, tutele rigorose della privacy, ma riconosce la possibilità di contemperarle, in modo proporzionato e necessario, con altri diritti fondamentali, primo fra tutti quello alla vita. Non si può, in nome della tutela della riservatezza, lasciare che vite umane siano sacrificate. La tecnologia deve essere un alleato della sicurezza e della solidarietà, non un ostacolo.
Accanto a questa innovazione normativa la proposta di legge compie anche un gesto altamente simbolico e significativo: istituisce, per il 13 dicembre di ogni anno, la Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse, una data per ricordare chi è sparito senza lasciare traccia, chi è stato strappato all'affetto dei propri cari e per esprimere solidarietà e vicinanza alle famiglie che, troppo spesso, rimangono sospese nell'incertezza e nel dolore. Una giornata che avrà il compito fondamentale di sensibilizzare l'opinione pubblica su un tema doloroso.
Attraverso questa proposta il Parlamento riafferma due valori fondativi della nostra convivenza civile: la centralità della persona e la solidarietà verso chi è in difficoltà.
In conclusione, colleghi, ritengo che questa proposta di legge rappresenti un esempio di buon senso legislativo: un intervento pratico, calibrato, rispettoso dei diritti fondamentali, una risposta concreta alle esigenze operative delle nostre forze di sicurezza, un gesto di attenzione verso una delle sofferenze più invisibili, ma più laceranti, della nostra società.
Per questi motivi, auspico che il confronto in Aula si svolga in modo costruttivo e che si possa procedere rapidamente alla definitiva approvazione di una misura tanto necessaria quanto equilibrata (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 1074-A?)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Matone, che rinuncia.
Ha facoltà di replicare la sottosegretaria Bergamotto, che rinuncia.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione delle mozioni Bonafe' ed altri n. 1-00403 e Pavanelli ed altri n. 1-00435 concernenti iniziative volte a fronteggiare la crisi del settore della moda.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Bonafe' ed altri n. 1-00403 e Pavanelli ed altri n. 1-00435 concernenti iniziative volte a fronteggiare la crisi del settore della moda (Vedi l'allegato A).
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).
Avverto che, in data odierna, è stata presentata la mozione Boschi ed altri n. 1-00437, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
È iscritta a parlare la deputata Braga, che illustrerà anche la mozione 1-00403 che ha sottoscritto in data odierna.
CHIARA BRAGA (PD-IDP). Grazie, signor Presidente. Il Partito Democratico ha presentato, all'attenzione dell'Aula, questa mozione per richiamare l'attenzione del Governo su una situazione di criticità, sulla crisi che investe il settore moda nel nostro Paese; una crisi che si protrae da molti mesi - da oltre un anno -, che rischia, come sappiamo, di intrecciare un contesto particolarmente difficile, in assenza di serie politiche industriali.
Nel nostro Paese, si registrano 25 mesi consecutivi di crisi della produzione industriale e un numero crescente di situazioni di crisi all'attenzione del Ministero dello Sviluppo economico.
Questa situazione rischia di essere ulteriormente aggravata dai nuovi dazi, che - come sappiamo - sono stati annunciati e poi sospesi dall'amministrazione americana, che hanno generato un clima di incertezza, molto dannoso per il settore economico manifatturiero e che rischiano di colpire, per la natura e la conformazione delle aziende del settore moda italiano, anche questo comparto. Un'impresa, qualche settimana fa, ha rilevato che tale comparto potrebbe essere colpito da un danno di più di 2 miliardi annuo. Si tratta quindi di una situazione che merita ben altra attenzione da parte dell'Esecutivo rispetto a quella che abbiamo registrato in questi mesi.
È bene ricordare che questo settore incrocia una serie di difficoltà strutturali, ma anche un'inefficacia di politiche, di scelte che sono state messe in campo e, soprattutto, di inerzia rispetto a criticità che, da tempo, le associazioni di categoria hanno segnalato, in molteplici incontri, al Ministero, che riguardano i vari campi in cui si articola il settore della moda, la pelletteria, ma anche il calzaturiero, il tessile e che riguardano non soltanto grandi marchi, grandi aziende, che sappiamo essere presenti nel nostro Paese, ma anche quella moltitudine di piccole e medie imprese, quegli artigiani di altissima specializzazione che lavorano nella realizzazione di commesse delle grandi imprese, sia italiane che multinazionali.
L'impatto della crisi che sta investendo questo settore è quindi particolarmente complesso e si riversa su vari territori. Nella nostra mozione, sono ricordati i casi della Toscana, con diversi settori produttivi, dell'Emilia Romagna e anche della mia stessa Lombardia. Quello che, attraverso questa mozione, chiediamo è che si cambi l'atteggiamento che abbiamo registrato dal Governo in questi mesi, perché - come dicevo prima - sono state fatte diverse riunioni presso il Ministero delle Imprese e del made in Italy, ma da questi incontri non è scaturita alcuna risposta strutturale per contrastare la crisi in atto.
Voglio ricordare alcuni provvedimenti che sono stati assunti e alcuni problemi attuativi di questi provvedimenti. Un decreto-legge del mese di ottobre 2024, per la prima volta ha previsto per questo settore - a differenza di altri settori, che già avevano beneficiato di una serie di interventi di emergenza -, l'attivazione dello strumento della cassa integrazione in deroga per le aziende al di sotto dei 15 dipendenti, che operano nel settore tessile dell'abbigliamento, della concia e del calzaturiero, al fine di garantire, per un periodo di tre settimane, la copertura di questi lavoratori attraverso la cassa integrazione.
Con atti parlamentari, interrogazioni ed emendamenti, abbiamo evidenziato, fin dall'inizio, che questa scelta è stata lacunosa in diversi aspetti, non solo per la durata limitata. Solo grazie a un emendamento delle opposizioni, ad un'iniziativa del Partito Democratico, si è riusciti a prorogare la durata della cassa integrazione fino alla fine del gennaio scorso, ma soprattutto sono state escluse diverse aziende che operano nel settore (l'esclusione di una serie di codici ATECO che inizialmente sono stati esclusi, solo successivamente e solo parzialmente integrati).
La chiusura del periodo della cassa integrazione ha messo in evidenza una serie di criticità applicative, operative. Ed è sintomatico che, in una risposta ad un'interrogazione proprio del Partito Democratico e anche nel confronto sulla crisi svolto presso il Ministero, il Ministero abbia evidenziato, in maniera abbastanza incomprensibile, la presunta inefficacia di questa misura, spiegando come dei 110 milioni di euro messi a disposizione tra il 2024 e il 2025, fossero stati erogati, allo stato attuale (lo scorso gennaio), solo 2,9 milioni, omettendo però di dire quali sono le ragioni di questa difficoltà di accesso allo strumento della cassa integrazione in deroga e cioè la disposizione che prevede che le aziende interessate avrebbero dovuto anticipare le risorse per la cassa straordinaria, per avere un rimborso successivo dell'INPS, dopo sei mesi. Stiamo parlando, come dicevo prima, di piccole e piccolissime aziende artigianali, che hanno bilanci, in alcuni casi, in difficoltà, già in crisi finanziaria, e, quindi, senza la liquidità necessaria per anticipare queste somme.
Il paradosso è che una misura, che avrebbe dovuto sostenere queste imprese e i lavoratori, ha rischiato di compromettere la loro stessa esistenza in vita, e l'assenza di risposte adeguate da parte del Governo è uno dei punti più critici che sottolineiamo ed evidenziamo in questa mozione.
Lo dicevo prima, il Partito Democratico non si è mai sottratto, raccogliendo le molte preoccupazioni e le richieste delle aziende e delle associazioni di categoria, nell'avanzare proposte al Governo; lo abbiamo fatto con molti emendamenti, con atti di sindacato ispettivo, con ordini del giorno che abbiamo portato all'attenzione del Governo, alcuni dei quali sono stati anche approvati, salvo poi non produrre nessun risultato concreto, quelli in particolare per il prolungamento della cassa integrazione straordinaria anche oltre gennaio 2025 e per l'ampliamento della platea dei lavoratori che potessero beneficiarne.
C'è un tema poi specifico, che voglio ricordare qui perché so essere all'attenzione del Ministero, ma anche su questo chiediamo che ci sia rapidamente un'assunzione di decisioni e, quindi, una soluzione definitiva a un problema che colpisce in modo particolare queste imprese, molte delle quali - lo voglio dire venendo anche da una terra, da una provincia che può vantare la presenza di imprese all'avanguardia in questo settore - hanno fatto dei grandissimi passi in avanti sul tema della sostenibilità, dell'economia circolare, dell'efficienza nell'uso delle risorse, nella riduzione degli scarti di produzione e, quindi, nei processi produttivi, in un'ottica di sostenibilità.
Una legge del 2013, come sappiamo, aveva introdotto uno specifico credito d'imposta per gli investimenti in attività di ricerca e di sviluppo; nel 2022 una risoluzione dell'Agenzia delle entrate ha cambiato l'approccio a questi incentivi, queste modalità del credito d'imposta - più correttamente - relative al periodo 2015-2019, ha cambiato retroattivamente le modalità di riconoscimento. Quindi diverse imprese, molte imprese piccole, già segnate da un contesto di crisi, come ho provato a descrivere, si sono trovate nella condizione di dover restituire queste somme che avevano acquisito tramite crediti d'imposta. Ecco questa situazione necessita una soluzione. Abbiamo presentato diverse richieste e interrogazioni. Abbiamo sostenuto le ragioni delle imprese e abbiamo anche condiviso, fino a un certo punto, una disponibilità che sembrava essere emersa dal Ministero, ma allo stato attuale queste risposte non ci sono ancora. Questo è un tema che preoccupa molto interi settori produttivi, interi territori che sono particolarmente interessati dalla presenza di queste attività manifatturiere (spesso di altissima qualità) e molti lavoratori e lavoratrici.
Non posso esimermi dal sottolineare come questa condizione vada ad aggravare una situazione che ieri, ancora una volta, l'Eurostat ha messo in luce, cioè il dramma del nostro Paese dove, pure in presenza di lavori a tempo indeterminato e a tempo pieno, molti lavoratori vivono in condizioni di povertà. Di fronte alla non volontà del Governo di guardare in faccia il tema del lavoro povero, ci sono poi anche le situazioni specifiche che riguardano il settore della moda, come abbiamo provato a descrivere, e sul quale chiediamo che il Governo, attraverso questa mozione, ancora una volta, assuma formalmente impegni ben più stringenti e rilevanti. Ne cito soltanto alcuni, provando a mettere in evidenza le priorità, che poi sono state delineate e che sono anche condivise - ho avuto modo di vedere in altre mozioni presentate - da altre forze politiche: serve una seria e vera politica industriale per sostenere il settore della moda, per garantirne il rilancio e per superare una crisi che non è episodica ma è strutturale; servono incentivi per accompagnare la trasformazione di queste imprese in ricerca, sviluppo, innovazione, riqualificazione delle competenze altissime del personale, transizione ecologica e digitale; serve uno sguardo specifico che tenga conto che stiamo parlando di piccole e medie imprese, spesso realtà artigiane di grande qualità, sostenendo anche le attività di aggregazione, i consorzi, gli accordi di rete e le fusioni societarie.
Serve poi attenzione, sulla quale mi permetto di richiamare il Governo, oltre a quanto fatto sulla cassa integrazione e sulla soluzione dei problemi che ho citato prima, sulla protezione del nostro vero made in Italy dalle produzioni di scarsa qualità, che rischiano di invadere il mercato - sappiamo come il settore della moda ne sia particolarmente esposto con il fenomeno del fast fashion - e di far gravare, poi, sul nostro Paese gli oneri di gestione di fine vita di produzioni di bassa qualità, di materiali difficilmente riciclabili e riutilizzabili, i quali, come sappiamo bene, spesso finiscono anche nella filiera illegale della gestione dei rifiuti. È un tema di interesse nazionale, è un tema economico, che ha bisogno di risposte concrete e anche di un'assunzione di consapevolezza e di responsabilità del Governo di fronte all'impatto - e chiudo su questo, Presidente - che i nuovi dazi rischiano di avere anche su questo settore così rilevante. Non dimentichiamo che uno degli obiettivi, forse poco dichiarati e sottolineati, di questa guerra commerciale è quello di fare una guerra alla qualità della nostra produzione. Il nostro compito, insieme, dev'essere quello, invece, di tutelare le nostre imprese, proteggere i posti di lavoro e creare le condizioni affinché le eccellenze del nostro Paese siano davvero - non solo a parole - tutelate e aiutate a crescere (Applausi del deputato Casu).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Valentina D'Orso, che illustrerà anche la mozione n. 1-00435, che ha sottoscritto in data odierna.
VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, oggi siamo qui chiamati a discutere non soltanto di una mozione, ma della sopravvivenza e del futuro di un intero comparto. Un comparto che non rappresenta solo economia e occupazione, ma rappresenta l'identità e la cultura del nostro Paese: il settore del tessile e della moda. Stiamo parlando di una filiera strategica per il made in Italy, che ha fatto conoscere l'Italia nel mondo per bellezza, qualità e innovazione, ma che oggi rischia seriamente di essere travolta da una crisi che non è solo congiunturale, ma anche strutturale. E allora, la domanda che rivolgo a questo Governo è molto semplice: quanto altro tempo pensate di perdere? Perché, mentre voi cincischiate tra bonus a pioggia e propaganda, le aziende chiudono, gli artigiani mollano, le competenze si disperdono.
Nel 2024 il settore moda ha registrato la peggiore performance tra tutte le eccellenze italiane: la produzione è andata giù dell'8,8 per cento, perdite da 15 milioni di euro al giorno. Non è un dato tecnico, ma è un vero e proprio grido d'allarme. Dietro a quei numeri, infatti, ci sono famiglie, distretti produttivi storici, giovani che vorrebbero investire in creatività e qualità, e che, invece, vengono lasciati completamente soli. Nel frattempo, i colossi del fast fashion continuano a invadere il mercato con prodotti usa e getta, realizzati in condizioni che nessun Paese civile dovrebbe tollerare. E voi cosa fate? Praticamente nulla. Le imprese chiedono certezze, pianificazione, politiche industriali. Voi rispondete con misure insufficienti, episodiche, senza visione. Serve un immediato cambio di passo.
Con questa mozione, a prima firma della collega Pavanelli, chiediamo al Governo una strategia organica e coraggiosa. Chiediamo che si metta in campo un vero e proprio piano per il rilancio del tessile, con misure concrete e mirate, che tengano insieme sostenibilità, lavoro, competitività e innovazione. Siamo davanti ad una filiera lunga e articolata, con 49.500 micro e piccole imprese, che danno lavoro a 279.000 persone; di queste, ben 34.000 sono imprese artigiane, che impiegano circa 139.000 addetti. Numeri che raccontano un tessuto produttivo vivo, ma purtroppo fragile, che oggi è sotto assedio. Vogliamo allora incentivi fiscali per le imprese virtuose, sostegno all'internazionalizzazione, difesa dei marchi storici, sviluppo di tecnologie verdi e digitali. Ma vogliamo anche che si dica con chiarezza che l'Italia non può più tollerare concorrenza sleale, sfruttamento del lavoro e contraffazione. Serve un'ecotassa sul fast fashion, i cui proventi potrebbero e dovrebbero servire per sostenere la qualità, la tracciabilità, la manifattura responsabile, perché chi inquina e sfrutta non può essere premiato.
E se davvero vogliamo parlare di sostenibilità, non possiamo ignorare che il comparto tessile europeo ha generato, solo nel 2020, oltre 121 milioni di tonnellate di CO2. Ogni cittadino dell'Unione europea ha prodotto, con i suoi acquisti tessili, ben 270 kg di emissioni. La risposta non può che essere quella dell'economia circolare, della responsabilità estesa del produttore, della prevenzione dei rifiuti e del riuso dei materiali.
Chiediamo inoltre un programma di formazione nazionale per upskilling e reskilling dei lavoratori per garantire transizione e futuro, non precarietà e abbandono. Chiediamo un sostegno vero alle giovani generazioni che vogliono aprire una sartoria o innovare un laboratorio artigiano. Oggi la digitalizzazione rappresenta un'opportunità concreta non solo per l'efficienza della filiera, ma anche per la sua sostenibilità. Una catena di fornitura più trasparente e flessibile significa meno sprechi, maggiore tracciabilità e un impatto ambientale ridotto; non possiamo permetterci di restare indietro.
E infine chiediamo una cosa che dovrebbe essere scontata, soprattutto per un Governo che si vanta di essere patriota: chiediamo che lo Stato si assuma la responsabilità di proteggere un settore che è parte integrante dell'identità italiana. Il tessile non può essere trattato come un comparto residuale; il tessile è cultura, è lavoro, è economia circolare, in sostanza è l'Italia.
Se questo Governo ha davvero a cuore il futuro industriale del Paese dia subito seguito a questi impegni, diversamente sarà complice di una desertificazione produttiva che nessuna bandiera potrà mascherare. Noi non ci arrendiamo, noi siamo qui per difendere la moda italiana, non quella dei salotti e delle passerelle, ma quella delle mani esperte, delle botteghe, dei distretti, delle donne e degli uomini che ogni giorno rendono grande questo nostro Paese. Per loro e con loro oggi chiediamo risposte e anche azioni concrete e non vogliamo più soltanto slogan.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Comba. Ne ha facoltà.
FABRIZIO COMBA (FDI). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, la mozione che Fratelli d'Italia presenta oggi all'Aula rappresenta un atto di responsabilità politica e visione industriale. Non parliamo soltanto di un comparto produttivo, parliamo di un pilastro fondante della nostra economia, della nostra cultura, della nostra identità nazionale: la moda italiana. Con un valore superiore ai 96 miliardi di euro, oltre 600.000 addetti e una presenza capillare nel tessuto economico nazionale, la filiera moda costituisce uno degli architravi della seconda manifattura d'Europa. Ma non solo, è anche ambasciatrice del made in Italy nel mondo, strumento di soft power, simbolo riconosciuto di stile, qualità e ingegno creativo.
La moda italiana è una sintesi perfetta di artigianalità e innovazione, cultura e tecnica, tradizione e sostenibilità. È un sistema che non produce solo capi d'abbigliamento, ma valore, reputazione, occupazione e competitività internazionale. Sin dall'inizio della legislatura, il Governo guidato dal Presidente Giorgia Meloni ha riconosciuto l'importanza strategica del settore e ha agito con coerenza, concretezza e visione sistematica. Basti citare tra le misure già adottate: il Fondo per il made in Italy, con una dotazione di 5 miliardi su base pluriennale per i settori strategici, la moda inclusa; il Fondo per il sostegno alla transizione industriale, con 300 milioni dedicati alla sostenibilità e all'economia circolare della manifattura; il Fondo sovrano italiano, un miliardo per il rafforzamento patrimoniale delle filiere strategiche; il credito d'imposta Formazione 4.0, il sostegno degli ITS Academy, le azioni promozionali internazionali, l'ICE, la legge quadro per il made in Italy, la n. 206 del 2023; e infine 110 milioni di euro stanziati per la cassa integrazione straordinaria nel biennio 2024-2025, con un'attenzione particolare proprio alla filiera della moda.
In questo solco si inserisce il Piano Italia per la moda presentato dal Ministro Adolfo Urso lo scorso 10 aprile alle principali associazioni di categoria. Un Piano organico che interviene con strumenti mirati su criticità congiunturali e strutturali e che rappresenta un salto di qualità nella governance del comparto. I pilastri del piano sono chiari: il consolidamento della filiera, anche attraverso aggregazioni orizzontali e verticali e con il coinvolgimento di soggetti pubblici; il sostegno agli investimenti, con circa 250 milioni nel 2025, tramite contratti di sviluppo, mini contratti, misure per fibre tessili naturali e riciclate, oltre 15 milioni della legge per il made in Italy per la transizione ecologica e digitale; la gestione della crisi di liquidità con strumenti agili, come il basket bond, Fondo di garanzia e meccanismi di credito rotativo; la riapertura della procedura di riversamento del credito R&S con un plafond di 250 milioni per sanare le criticità del passato; il rafforzamento del contrasto alla contraffazione e alla concorrenza sleale con un protocollo anticontraffazione per tutelare la proprietà industriale e la trasparenza della filiera.
La mozione che oggi discutiamo non si limita a sostenere quanto già fatto, ma propone ulteriori strumenti per consolidare e accelerare questo percorso. Con spirito costruttivo, Fratelli d'Italia chiede al Governo di impegnarsi su otto punti chiave: proseguire e rafforzare la strategia a favore del settore moda, valorizzando le filiere artigianali e produttive e sostenendo l'innovazione, la digitalizzazione, la sostenibilità e promuovendo l'accesso ai mercati internazionali; potenziare la cassa integrazione straordinaria per il comparto eliminando l'obbligo di anticipazione economica da parte delle imprese, così da non compromettere la liquidità necessaria alla loro continuità; semplificare l'accesso ai fondi per l'innovazione, la ricerca, la formazione e sostenibilità ambientale in modo da rendere efficaci le misure esistenti e realmente fruibili, soprattutto per le PMI; rafforzare i percorsi formativi e istituire una cabina di regia interministeriale con il compito di coordinare le politiche per la moda e garantire coerenza tra misure economiche e formative internazionali e fiscali; valutare, in sede di legge di bilancio, l'introduzione di contributi a fondo perduto temporanei vincolati a progetti di innovazione, digitalizzazione e sostenibilità per le imprese colpite da cali di fatturato; rafforzare il contrasto alla contraffazione e alla concorrenza sleale con attività coordinate di controllo, monitoraggio e supporto in sinergia con le associazioni di categoria, a tutela della legalità e del grande valore del made in Italy; monitorare l'applicazione del protocollo d'intesa con ABI, sottoscritto nell'agosto del 2024, per la ricalendarizzazione dei finanziamenti garantiti, a loro volta, da SACE, Simest e Mediocredito alle imprese moda colpite dalla pandemia e dalla crisi ucraina.
Cari colleghi, questa mozione parla la lingua della responsabilità e dell'ambizione. Delinea un modello di politica industriale proattiva, fondata su una visione strategica, su strumenti operativi e obiettivi misurabili; una politica che non si limita ad affrontare l'emergenza, ma costruisce le basi per il rilancio strutturale e duraturo di uno dei comparti più rappresentativi del nostro Paese. In un mondo che cambia rapidamente e in cui l'Italia torna al centro delle rotte geopolitiche commerciali e industriali globali sostenere la moda italiana significa rafforzare la nostra sovranità produttiva, la nostra identità culturale, la nostra influenza internazionale.
Sostenete questa mozione non per ideologia, ma per visione, perché la moda italiana è lavoro, è impresa, creatività, bellezza e futuro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Si riserva.
Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Avverto che, come già comunicato ai gruppi per le vie brevi, nella giornata di mercoledì 7 maggio, lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata avrà inizio alle ore 14,45 anziché alle ore 15 e che, conseguentemente, le votazioni nella parte pomeridiana della seduta avranno inizio alle ore 16 anziché alle ore 16,15.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Casu. Ne ha facoltà.
ANDREA CASU (PD-IDP). Grazie, Presidente. Il 24 aprile 1915 il Governo turco dava inizio a quello che, in armeno, è detto Medz Yeghern, il grande male: il genocidio degli armeni. Infatti, quella notte cominciarono gli arresti. Nel giro di un mese tantissimi armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e delegati del Parlamento furono deportati e massacrati lungo le strade per Ankara. In primavera, dopo il disarmo e il massacro dei militari, le autorità ottomane diedero inizio alla deportazione di massa del popolo armeno, seguito da una campagna di omicidi sistematica. La maggioranza fu sterminata nel corso di vere e proprie marce della morte. I pochi sopravvissuti, invece, una volta arrivati nei campi di concentramento del deserto siriano, morirono di stenti. Alla fine 1,5 milioni di persone furono uccise tra donne, uomini e bambini armeni, ma anche assiri e greci.
L'ordine di arresto e deportazione partì direttamente dal Ministero dell'Interno, che dispose di colpire gli armeni con la falsa accusa di alto tradimento. Che si trattasse di una scusa è testimoniato dalle parole dello stesso Ministro in risposta alle richieste dell'ambasciatore americano che chiedeva fossero risparmiati gli innocenti. La risposta è stata: “Ci è stato rimproverato di non fare alcuna distinzione tra gli armeni innocenti e quelli colpevoli, ma ciò non è possibile per il fatto che coloro che oggi sono innocenti potranno essere colpevoli domani”. Per la prima volta fu applicata la deportazione sistematica, fredda, scientifica, ordinata da un'apposita legge di deportazione. Un sistema affidato alla cosiddetta Organizzazione speciale, che colpì con maggiore violenza le donne, violentate e torturate, le bambine e i bambini.
Alla memoria di questo orrore, che ancora oggi, a distanza di 110 anni, viene da alcuni nascosto o negato, dobbiamo tutte e tutti uno sforzo di verità per tenere sempre viva, anche in Italia, la memoria delle vittime, affinché dalle sofferenze del passato nasca un avvenire di pace e comprensione tra i popoli e gli Stati, come recita il messaggio a fianco dell'albero piantato in occasione della visita del Presidente Mattarella al Memoriale di Yerevan nel 2018.
Ogni anno, persone da tutto il mondo salgono sulla spianata della collina del Forte delle rondini per depositare mazzi di fiori presso la fiamma eterna. Anch'io ho avuto l'onore di farlo nel maggio 2022, insieme a una delegazione parlamentare della Sezione di amicizia bilaterale Italia-Armenia.
Intervenendo oggi alla Camera dei deputati, come già ha fatto in queste ore Filippo Sensi nel Senato della Repubblica, rinnoviamo nel Parlamento italiano il nostro impegno a non dimenticare mai questa pagina così dolorosa per la storia non solo dell'Armenia, ma dell'intera umanità. Lo facciamo oggi e continueremo a farlo per tutti gli anni che verranno.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Venerdì 2 maggio 2025 - Ore 9,30:
1. Svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta termina alle 16,35.