XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 165 di lunedì 3 febbraio 2014
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO
La seduta comincia alle 11.
RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 31 gennaio 2014.
(È approvato).
Missioni (ore 11,05).
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bray, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cicu, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Incà, Dambruoso, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Letta, Lorenzin, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Sani, Sereni, Speranza e Tabacci sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente sessantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Annunzio di petizioni.
PRESIDENTE. Invito il deputato segretario di Presidenza a dare lettura delle petizioni pervenute.
RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge:
SALVATORE ACANFORA, da Roma, chiede:
misure contro le truffe ai danni dell'INPS (489) – alla XI Commissione (Lavoro);
il censimento delle caserme non utilizzate (490) – alla IV Commissione (Difesa);
iniziative a tutela della sicurezza alimentare, con riferimento alla possibile contaminazione di frutta e verdura (491) – alla XII Commissione (Affari sociali);
nuove norme a tutela dei consumatori dalle campagne commerciali telefoniche (492) – alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive);
provvedimenti per aumentare l'efficienza del servizio postale (493) – alla IX Commissione (Trasporti);Pag. 2
la riduzione degli oneri connessi alle operazioni tramite carta di credito (494) – alla VI Commissione (Finanze);
FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
la riduzione degli oneri ipotecari, di registro e di successione (495) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VI (Finanze);
interventi diversi per migliorare l'efficienza del Servizio sanitario nazionale (496) – alla XII Commissione (Affari sociali);
iniziative per promuovere l'utilizzo dei satelliti per la prevenzione di cataclismi (497) – alla VIII Commissione (Ambiente);
la promozione di una conferenza mondiale sul disarmo (498) – alla III Commissione (Affari esteri);
misure per favorire lo sviluppo dei Paesi più poveri (499) – alla III Commissione (Affari esteri);
interventi per consentire l'anticipazione dell'età di pensionamento con riduzione delle relative prestazioni (500) – alla XI Commissione (Lavoro);
iniziative per garantire la sicurezza all'interno e in prossimità delle scuole (501) – alla VII Commissione (Cultura);
misure per promuovere l'insegnamento della religione cattolica (502) – alla VII Commissione (Cultura);
iniziative per garantire la corretta gestione della Cassa nazionale dei geometri (503) – alla XI Commissione (Lavoro);
la realizzazione di infrastrutture per decongestionare il traffico nel comune di Cancello e Arnone (504) – alla VIII Commissione (Ambiente);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede l'abolizione delle prefetture (505) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede norme per promuovere la diffusione degli strumenti di pagamento elettronico (506) – alla VI Commissione (Finanze);
MARINO SAVINA, da Roma, chiede modifiche alla disciplina delle trattenute operate dai sostituti di imposta per il pagamento delle addizionali regionale e comunale dell'IRPEF (507) – alla VI Commissione (Finanze);
DANILO PAVAN, da Scorzè (Venezia), e numerosi altri cittadini chiedono:
la riforma della legge elettorale con l'introduzione di un sistema uninominale maggioritario a doppio turno, la scelta dei candidati attraverso elezioni primarie e la decadenza dei parlamentari che aderiscono a un gruppo politico diverso da quello di elezione (508) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
una disciplina organica per l'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, anche con l'attribuzione della responsabilità giuridica ai partiti politici e l'abolizione del finanziamento pubblico (509) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
misure diverse per la riduzione dei costi del sistema dei partiti e per la riduzione e riqualificazione della spesa pubblica nel suo complesso (510) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e V (Bilancio);
SALVATORE MARIELLA, da San Vito dei Normanni (Brindisi), chiede la rimodulazione degli indennizzi per i soggetti danneggiati da vaccino e per i loro aventi causa (511) – alla XII Commissione (Affari sociali);
ROBERTO LAURENZI, da Perugia, chiede:
misure per favorire la crescita e la patrimonializzazione delle piccole e medie imprese (512) – alla VI Commissione (Finanze); Pag. 3
interventi per lo sviluppo delle aziende italiane, anche tramite la tutela del made in Italy e politiche di attrazione di imprese estere e di promozione delle imprese italiane all'estero (513) – alla X Commissione (Attività produttive);
FABIO CAVALCA, da Parma, chiede una revisione organica della Costituzione (514) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
RENATO LELLI, da San Pietro in Cariano (Verona), chiede:
la riforma della legge elettorale con l'introduzione di un sistema elettorale uninominale maggioritario a doppio turno analogo quello vigente in Australia (515) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (516) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
l'abolizione di Equitalia (517) – alla VI Commissione (Finanze);
interventi contro la contraffazione dei prodotti agroalimentari italiani (518) – alla XIII Commissione (Agricoltura).
Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria (A.C. 1921-A) (ore 11,15).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 1921-A: Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria.
Ricordo che nella seduta dell'8 gennaio 2014 sono state respinte le questioni pregiudiziali Bonafede ed altri n. 1 e Molteni ed altri n. 2.
(Discussione sulle linee generali – A.C. 1921-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Lega Nord e Autonomie ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Ermini.
DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 146 del 2013 è diretto ad affrontare la questione del sovraffollamento carcerario e a garantire il pieno esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti reclusi.
Prima di passare all'esame del contenuto del decreto, con tutte le precisazioni necessarie per spiegare non solo la portata normativa delle sue disposizioni, ma anche la ragione per cui alcune di queste non sono state modificate in Commissione, come invece avrebbe voluto la maggioranza e non solo la maggioranza, è opportuno calare il decreto stesso nel contesto in cui si muove, dato da due elementi, il primo di fatto e il secondo giuridico. L'elemento di fatto è il disumano sovraffollamento delle carceri, quello giuridico, a sua volta, ha due diverse sfaccettature: la lesione dei diritti fondamentali dei soggetti reclusi e la «sentenza Torreggiani» della Corte europea dei diritti dell'uomo, emessa in data 8 gennaio 2013, che ha riconosciuto questa lesione.
Come ricorda la stessa relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, la questione è stata affrontata anche di recente dal messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere del 7 ottobre 2013, a seguito appunto della «sentenza Torreggiani». Pag. 4
Sulle tematiche oggetto del messaggio, la Commissione giustizia della Camera dei deputati ha poi approvato una relazione per l'Assemblea, i cui lavori preparatori, in particolare le audizioni svolte, è opportuno richiamare anche in relazione all'esame del decreto-legge avviato oggi dalla Commissione.
Non è questa la sede per ripercorrere tutto il percorso della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in relazione al sovraffollamento delle carceri italiane, in quanto la Commissione giustizia ha già affrontato questo tema in occasione dell'elaborazione della richiamata relazione all'Assemblea.
In relazione all'esame del decreto-legge, mi limito a ricordare che l'Italia, che nel 2009 era già stata condannata per il sovraffollamento carcerario, è stata condannata con «la sentenza Torreggiani» in quanto la violazione del diritto dei ricorrenti – si trattava di una sentenza pilota – di beneficiare di condizioni detentive adeguate non costituisce un caso isolato, ma è frutto di un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare in futuro numerose persone.
In particolare, la Corte ha ribadito che l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo pone a carico delle autorità statali un obbligo positivo, che consiste nell'assicurare che le condizioni di detenzione siano compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l'interessato ad uno stato di sconforto né ad una prova d'intensità che ecceda l'inevitabile livello di sofferenza insita nella detenzione e che, tenuto conto delle esigenze pratiche della reclusione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati adeguatamente.
La Corte ha quindi ricordato i suoi precedenti in materia di sovraffollamento delle carceri, rilevando come in alcuni casi la mancanza di spazio all'interno delle celle costituisca l'elemento centrale nella valutazione della conformità di una data situazione all'articolo 3. La Corte, constatando che il sovraffollamento carcerario in Italia ha carattere strutturale e sistemico, ha riconosciuto gli sforzi messi in campo dallo Stato italiano per contribuire a ridurre il fenomeno del sovraffollamento negli istituti penitenziari e le sue conseguenze.
Quanto ai rimedi da adottare per far fronte a tale situazione, la Corte ha rimarcato la necessità di ridurre il numero di persone incarcerate, in particolare attraverso una maggiore applicazione di misure alternative alla detenzione e una riduzione al minimo del ricorso alla custodia cautelare in carcere. Con la citata sentenza è stato stabilito che lo Stato italiano dovrà, entro un anno a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva, istituire un ricorso o un insieme di ricorsi interni effettivi ed idonei ad offrire una riparazione del danno adeguata e sufficiente in caso di sovraffollamento carcerario. Questo termine, che scade il 28 maggio prossimo, ha determinato l'esigenza di emanare il decreto-legge in esame.
Inoltre, nell'attesa che vengano adottate le suddette misure, la Corte ha disposto il rinvio, per la durata di un anno a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva, dell'esame di tutte le cause non ancora comunicate aventi unicamente ad oggetto il sovraffollamento carcerario in Italia, riservandosi la facoltà, in qualsiasi momento, di dichiarare irricevibile una causa di questo tipo o di cancellarla dal ruolo a seguito di composizione amichevole tra le parti o di definizione della lite con altri mezzi, conformemente agli articoli 37 e 39 della Convenzione.
Il decreto-legge, composto da dieci articoli, contiene, quindi, una serie di modifiche legislative con la finalità di affrontare le questioni connesse al sovraffollamento carcerario, al fine di dare una risposta, che comunque non è l'unica. A questo proposito, ricordo il decreto-legge n. 78 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 2013, il provvedimento in materia di pene detentive non carcerarie e di messa alla prova, Pag. 5approvato nel luglio scorso dalla Camera dei deputati e modificato dal Senato – questa Assemblea lo esaminerà a partire dalle prossime settimane –, il provvedimento in materia di custodia cautelare approvato dalla Camera e all'esame del Senato e, infine, la proposta di legge presentata dall'onorevole Daniele Farina in materia di modifica della normativa penale sugli stupefacenti, che si trova ad oggi all'esame della Commissione giustizia.
Ora dovrei passare all'esame delle disposizioni del decreto, ma, prima di farlo, occorre soffermarsi sull'iter legislativo che ha portato al testo approvato in Commissione. Questo testo, in alcune parti, non è il testo che si sarebbe potuto approvare: in alcuni punti si sarebbe potuto migliorare, ma questo è stato impedito dalla chiusura dell'esame del procedimento legislativo per i fatti di cui tutti, ormai, siamo a conoscenza.
Pertanto, la Commissione ha deciso di dare mandato al relatore per presentare il provvedimento direttamente in Aula. Teniamo anche conto del fatto che in Commissione avevamo discusso ed approvato una parte molto minoritaria degli emendamenti che avevamo da discutere, che erano oltre 500, se non ricordo male 547, e che questo decreto scade, e quindi dovrà essere approvato anche dal Senato, entro il 21 febbraio.
Quindi non mi interessa soffermarmi su questi episodi, ma non posso non richiamarli per dare una spiegazione delle ragioni per le quali oggi siamo in Aula con un testo che non è quello che la grande maggioranza della Commissione avrebbe voluto.
L'iter legislativo ha visto, nei lavori di Commissione, un approfondimento di tutte le tematiche oggetto del decreto-legge, anche attraverso un'indagine conoscitiva, nel corso della quale sono stati sentiti in ordine cronologico: Giovanni Tamburino, capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia; Valerio Spigarelli, presidente dell'Unione delle camere penali italiane; Rodolfo Maria Sabelli, presidente dell'Associazione nazionale magistrati; Marcello Bortolato, componente della giunta dell'Associazione nazionale magistrati; Sebastiano Ardita, procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Messina; Raffaele Cantone, magistrato della Corte di cassazione; il prefetto Alessandro Pansa, capo della Polizia e il consigliere Calogero Roberto Piscitello, direttore generale della Direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria presso il Ministero della giustizia.
A ciò si aggiunga non solo il ciclo di audizioni, che la Commissione ha condotto nel corso dell'istruttoria che ha portato alla relazione della Commissione sulle tematiche oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, ma anche un'indagine conoscitiva sulla proposta di legge A.C. 1203 dell'onorevole Daniele Farina in materia di sostanze stupefacenti.
Proprio a seguito di questo approfondimento ho ritenuto di presentare emendamenti e di dare parere favorevole su altri. Questi emendamenti, salvo due identici all'articolo 3, non sono stati approvati per le ragioni che prima ho esposto.
Nell'esaminare il testo oggi in esame vorrei partire proprio da uno di questi emendamenti, al quale peraltro corrispondevano, sia pure con formulazioni diverse anche meno estese, relativamente ad un gruppo, emendamenti del MoVimento 5 Stelle e della Lega Nord. Mi riferisco all'emendamento 4.5 del presidente Ferranti, poi sottoscritto dal presidente della Commissione antimafia e dall'onorevole Mattiello, diretto ad escludere l'applicazione del nuovo istituto della liberazione anticipata speciale, di cui all'articolo 4 del decreto-legge, ai condannati dei reati gravissimi previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, tra i quali ricordiamo mafia, omicidio, violenza sessuale e rapina in appartamenti, solo per indicarne alcuni.
Per quanto vi possano essere in astratto delle considerazioni giuridiche secondo cui le stesse ragioni, che giustificano l'applicabilità della liberazione anticipata ai sensi dell'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario ai condannati per l'articolo Pag. 64-bis, giustificherebbero anche l'applicabilità a costoro della liberazione anticipata speciale, ragioni di politica criminale ed esigenza di sicurezza dei cittadini ci portano a ritenere necessario escludere i condannati per i reati di cui sopra dal nuovo sconto di pena determinato dalla liberazione anticipata speciale.
Questa esclusione che non si è potuta – sottolineo la parola «potuta» – fare in Commissione cercheremo di farla in Assemblea e, per quanto mi riguarda, cercherò di fare veramente il possibile, tutto quello che il Regolamento della Camera ci consente, per poter modificare questo punto.
Altre modifiche importanti si sarebbero volute fare all'articolo 2, diretto a trasformare in reato autonomo la circostanza attenuante dello spaccio per lieve entità. Non mi riferisco tanto alla parte del mio emendamento che distingue, in tale ambito, prevedendo una sanzione più ridotta, lo spaccio della cannabis e dei suoi derivati naturali dallo spaccio di altre sostanze quali quelle sintetiche, ma gli aggiustamenti relativamente all'arresto in flagranza e il caso in cui il reo sia un minorenne.
Si tratta di aggiustamenti diretti ad evitare delle incongruenze applicative, la cui esigenza di aggiustamento non risponde ad alcuna considerazione di natura politica. Neanche questi aggiustamenti si sono potuti fare.
D'altra portata, invece, è l'altra questione, alla quale ho fatto prima riferimento: la distinzione dal punto di vista dell'entità della sanzione tra le sostanze stupefacenti in relazione al piccolo spaccio. Ho presentato un emendamento in tal senso, sul quale un gruppo di maggioranza ha espresso critiche nel merito e nel metodo. Le prime non ritengo di condividerle e sono sicuro che potrebbero essere superate dopo un sereno confronto che tenga conto di dati scientifici; le seconde, invece, possono avere un loro fondamento: viene contestato il metodo in quanto si ritiene che la questione è di una complessità tale che deve essere affrontata dalla Commissione in un ambito specifico, come può essere l'esame della ricordata proposta di legge Daniele Farina.
Quindi, non ho problemi a non discutere il mio emendamento oggi in Assemblea. Ho già predisposto una proposta di legge. Per cui spero che il Presidente mi consenta di discuterlo insieme alla proposta di legge Farina. Rimango della mia idea e vorrei – e vorrò – portare in fondo questo emendamento, se non è possibile all'interno del decreto-legge, comunque attraverso l'atto di iniziativa parlamentare.
Maggiore valenza ha, invece, la considerazione secondo cui potrebbe essere inopportuno modificare le condotte dei reati in materia di stupefacenti pochi giorni prima della decisione della Corte costituzionale. Il 12 febbraio prossimo è fissata l'udienza in camera di consiglio, per cui ci potremmo trovare di fronte al fatto che la sentenza della Corte costituzionale interviene nelle more del passaggio tra l'approvazione della Camera e l'approvazione del Senato. Solo quest'ultima concomitanza mi porta a non volere insistere – come dicevo prima – nell'ambito del decreto-legge su questa distinzione, che io comunque ho intenzione di mantenere. Il tema verrà, quindi, probabilmente affrontato unitamente alla discussione sulla proposta di legge Farina.
Queste sono le modifiche più rilevanti, che si sarebbero potute fare al decreto-legge, ma che non è stato possibile fare. Altre modifiche rilevanti che non abbiamo riportato nel testo in esame riguardano la previsione dell'appello al tribunale di sorveglianza contro il reclamo fatto dal detenuto al magistrato di sorveglianza e la previsione secondo cui, in attesa dell'espletamento dei concorsi pubblici finalizzati alla copertura dei posti vacanti nell'organico del ruolo dei dirigenti dell'esecuzione penale, per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, in deroga a quanto previsto dagli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, le funzioni di dirigente dell'esecuzione penale esterna possono essere svolte dai funzionari inseriti nel ruolo di dirigenti di Pag. 7istituto penitenziario. Quest'ultima disposizione sarebbe strategica per un'adeguata politica di recupero dei detenuti in una situazione di carenza degli uffici di esecuzione penale.
Signor Presidente, la mia relazione è molto lunga, per cui adesso io mi fermo e la deposito non solo per mancanza di tempo, ma anche per non tediare gli ascoltatori. Mi preme, però, sottolineare – e su questo lancio veramente un appello – che noi siamo il Parlamento; spesso ci lamentiamo che il Governo decide al posto del Parlamento; noi abbiamo oggi la possibilità di cambiare in modo sostanziale, per alcuni punti, il decreto-legge che il Governo ha emanato: facciamo il Parlamento, discutiamo bene, approfonditamente di questo decreto-legge, perché tutti lo aspettano. Lo aspettano i detenuti, lo aspetta la Corte europea dei diritti dell'uomo, lo aspettano i cittadini. Su alcuni punti noi vogliamo cambiarlo questo decreto-legge, come è già stato espresso in Commissione dando parere favorevole anche agli emendamenti proposti dalle opposizioni. E su questo io credo che dobbiamo trovare per forza, una convergenza.
Utilizziamo il Regolamento per le cose che riteniamo non giuste. La battaglia può essere anche forte, può essere anche dura sulle cose che riteniamo non giuste. Questo è un decreto-legge su una materia in cui il Parlamento deve legiferare. È una materia su cui il Parlamento deve farsi sentire. E, quindi, non sarebbe giusto, sulla pelle della gente, sulla pelle dei detenuti e sul fatto che i cittadini vogliono anche qualche modifica su questo decreto-legge, non discutere approfonditamente e seriamente su questo decreto-legge. Io penso che noi questo passaggio lo dobbiamo fare, perché è importante per tutti. Discutiamo su altro, scontriamoci, anche in modo forte, sulle cose che magari non riteniamo legittime, non riteniamo giuste, ma su questo facciamo veramente i legislatori e affrontiamo l'argomento da legislatori.
Io credo che su questo il Parlamento possa veramente recuperare una fortissima dignità, perché questo è un decreto-legge che va sul merito delle cose, accettabili o non accettabili, ma va sul merito. E io credo che su questo il Parlamento possa veramente dare un colpo di reni che tutta l'Italia si aspetta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Molteni.
NICOLA MOLTENI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, come relatore di minoranza di questo provvedimento, avendo non tantissimi minuti, cercherò di condensare le considerazioni e le critiche fortissime che la Lega muove a questo decreto-legge.
Inizio la mia relazione anch'io con un appello e con una certezza. L'appello – è l'appello che lancio al Governo, è l'appello che lancio alla maggioranza – è di ritirare questo decreto, perché questo decreto rappresenta una vergogna, rappresenta una follia, io credo, continuare a discutere questo decreto, in un momento in cui i problemi, le esigenze e i bisogni dei cittadini – e mi permetto di dire: dei cittadini onesti, delle persone perbene – sono altri.
Questo è il quarto «svuota carceri», il quarto decreto che si occupa di carceri e di sovraffollamento delle carceri in questi nove mesi, come se i problemi del Paese fossero inerenti esclusivamente al problema delle carceri ed al problema del sovraffollamento delle carceri, quando noi sappiamo che i problemi del Paese sono ben altri: la crescita, la disoccupazione, il problema delle tasse.
Abbiamo un Governo ed abbiamo una maggioranza che, in nove mesi, si è occupata e si è preoccupata solo dei problemi dei detenuti, dando voce ai detenuti, senza spendere mai una parola per le vittime dei reati, a cui noi invece vogliamo dare voce.
Quindi l'appello, l'appello accorato – e spiegherò poi le motivazioni per cui lancio Pag. 8questo appello al Governo ed alla maggioranza – è quello di fare un gesto di buonsenso, fare un gesto di buona volontà e ritirare questo decreto indecente e vergognoso.
La conferma è che, se la maggioranza ed il Governo non verranno mossi dalla necessità di ritirare questo decreto, annuncio sin da subito – come relatore di minoranza e come forza politica che si è opposta, si oppone e continuerà ad opporsi a provvedimenti di clemenza, ad indulti mascherati per affrontare il sovraffollamento delle carceri, unicamente liberando le carceri e facendo uscire i criminali detenuti dalle carceri e non con altre soluzioni – do la conferma sin da subito che la Lega porrà in essere un'opposizione durissima ed un ostruzionismo altrettanto duro.
Infatti, questo è un momento in cui il picco di insicurezza e la richiesta, la necessità e i bisogni di sicurezza dei cittadini sono altissimi. Io voglio ricordare alla maggioranza ed al Governo che fonti del Ministero e non fonti della Lega dicono che, nel nostro Paese, ogni minuto si verifica un furto nelle abitazioni e che negli ultimi sei mesi i furti nelle abitazioni al nord sono aumentati del 54 per cento, a Milano del 30 per cento, a Bologna del 29 per cento. Dal 2004 ad oggi, i furti nelle abitazioni sono aumentati del 114 per cento e la risposta, di fronte ad un bisogno di sicurezza maggiore dei cittadini, non può essere l'ennesimo «svuota carceri», l'ennesimo indulto mascherato, l'ennesimo provvedimento con cui si tenta – e non si riesce, peraltro – di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri rimettendo in libertà chi ha commesso dei reati.
E con ciò si vanificano alcuni principi sacrosanti: il principio della certezza della pena, il principio dell'effettività della pena, tale per cui chi sbaglia paga e, se è previsto il carcere, paga interamente la propria pena con il carcere.
O ancora: si vanifica il lavoro delle forze dell'ordine, che sono dedite ad arrestare e a mettere in galera chi commette reati per i quali è previsto il carcere e dopo pochi minuti o dopo pochi giorni si rivedono gli stessi soggetti che hanno commesso reati rimessi in libertà.
Ed è per questo che io invito la maggioranza a fare un passo indietro, ad ascoltare i bisogni reali del Paese, ad ascoltare la voce anche delle vittime dei reati, che chiedono giustizia e che chiedono sicurezza.
Presidente, questo decreto – poi naturalmente vi sono oltre 200 emendamenti che abbiamo presentato in Commissione e che ripresenteremo ovviamente per l'Aula – non è più solo un decreto «svuota carceri».
Ma è, peggio ancora, un decreto-legge che può tranquillamente essere definito, come l'hanno definito non solo i leghisti, ma dei magistrati in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata – e leggerò e farò i nomi e i cognomi dei magistrati che sono venuti in Commissione a dircelo – non solo uno svuotacarceri, ma un decreto-legge che rappresenta un regalo alla mafia, un regalo alla criminalità organizzata. Non è solo uno svuotacarceri, ma è un salva mafia, è un salva Totò Riina.
In questo momento dove tutti si riempiono la bocca di lotta alla criminalità organizzata, di lotta alla mafia, si vuole approvare questo decreto-legge che, tra l'altro, ha già effetti, è già in vigore. Già ci sono dei mafiosi che hanno beneficiato di questo provvedimento e faccio nomi e cognomi. Ci sono già dei mafiosi che, grazie al decreto-legge svuotacarceri, sono in libertà. E ci sono pericolosi criminali. Cito, ad esempio, Luca Delfino che nel 2007 ha ucciso con quaranta coltellate la sua ex fidanzata. Grazie alla liberazione anticipata speciale, che non è nulla di più che un regalo, uno sconto, un beneficio, che passa dai 45 giorni previsti oggi per legge a 75 giorni, Luca Delfino, che è stato condannato a 18 anni di carcere, tornerà in libertà nel 2015. Questa è una vergogna che non possiamo approvare, che non possiamo portare all'approvazione davanti al Paese.
La norma sulla liberazione anticipata speciale, da 45 a 75 giorni di sconto di Pag. 9pena, cosa significa ? Significa che nel momento in cui noi abbiamo un soggetto condannato a un anno di pena, sconterà sette mesi in carcere e avrà cinque mesi di sconto; nel momento in cui sarà condannato a sei anni di pena, avrà tre anni e mezzo di carcere e due anni e mezzo di sconto; chi è condannato a dodici anni di pena, avrà sette anni di carcere e cinque anni di sconto.
Come è stato detto dal procuratore aggiunto del tribunale di Messina, il dottor Ardita, un magistrato in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, questo non è un indulto mascherato, questo è peggio di un indulto mascherato. Riporto integralmente le parole del dottor Ardita: «Si parla di un indulto mascherato, è peggio. L'indulto opera in maniera generalizzata, uguale per tutti. Invece, con il meccanismo previsto dal decreto-legge, lo sconto cresce con il crescere della pena e, non essendovi sbarramento, vi è la possibilità di far uscire i soggetti più pericolosi sul piano criminale. Il decreto-legge Cancellieri sulle carceri – ha sottolineato sempre il dottor Ardita – è applicabile anche ai detenuti di mafia». Ancora, non solo il dottor Ardita, ma anche Marcello Maddalena, procuratore generale della Repubblica di Torino: «Con lo svuotacarceri lo Stato si è arreso». «Il decreto-legge – spiega Marcello Maddalena, come ripeto procuratore generale della Repubblica di Torino, non un leghista – contraddice lo scopo primario di ogni seria politica criminale: far diminuire il tasso di delinquenza. L'obiettivo di questo testo, invece, è ridurre il sovraffollamento delle carceri tramite sconti di pena che quasi annullano l'effettività della stessa. Da molte procure arriva l'allarme sulle porte spalancate in anticipo a mafiosi e camorristi», dice il dottor Maddalena. «È una conseguenza grave quanto inevitabile. Gli sconti più forti sono previsti per chi è stato condannato alle pene più alte». «Ma c’è un altro punto molto dannoso del testo (parla sempre Maddalena e io ovviamente sono concorde con lui): il decreto-legge ha trasformato la lieve entità dello spaccio da attenuante a reato autonomo con pena massima di cinque anni e ciò renderà impossibile arrestare e mandare in comunità gli spacciatori minorenni punibili solo per i delitti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni».
Presidente, purtroppo ho concluso il mio poco tempo a disposizione, questi pochi minuti per far capire che questo decreto-legge è uno scempio. È un decreto-legge che non può essere portato in approvazione perché, come ripeto, rappresenta un regalo a mafiosi, camorristi, criminali e spacciatori. La Lega Nord farà un'opposizione durissima.
Faremo tutto l'ostruzionismo possibile per bloccare questo decreto-legge, per far decadere questo decreto perché questo decreto-legge è un regalo alla mafia, un regalo ai criminali e la Lega non può accettare questa ingiustizia e questa ennesima minaccia alla sicurezza dei cittadini perbene.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire l'altro relatore di minoranza, deputato Colletti.
ANDREA COLLETTI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, potremmo parlare molto ed ore di questo decreto-legge perché questo decreto-vergogna in realtà debba essere solo cancellato anche dal ricordo di quest'Aula. Potremmo nominare la vicenda dei braccialetti elettronici ovvero il regalo da più di 100 milioni di euro che è stato fatto in tutti questi anni alla Telecom Italia, proroga di un contratto sottoscritto illegalmente dall'attuale Ministro della giustizia, Ministro Cancellieri, a favore di una società dove, guarda caso, qualche settimana dopo, ha preso lavoro il figlio, come dirigente ben remunerato dalla Telecom Italia.
Ma, in realtà, la cosa più grave è ciò che è previsto nell'articolo 4 di questo decreto-legge ovvero un indulto mascherato. Quest'Aula ha già votato l'indulto nel 2006, un indulto che, come la realtà dei fatti ha confermato, a nulla è servito per risolvere l'emergenza carceraria. Ma questo provvedimento è molto peggio di un indulto, è più subdolo perché si applica ai Pag. 10reati più gravi e orrendi previsti dall'ordinamento penale. Nemmeno Conso, quando non rinnovò 334 proroghe del 41-bis, negli anni Novanta, sulla detenzione dei mafiosi, è arrivato a tanto. Questo Governo è andato oltre quel provvedimento di Conso perché prevede uno sconto del 40 per cento per ogni anno di carcere anche per i mafiosi, per i camorristi, per gli ’ndranghetisti. Questo è un Governo che, con questo testo, dovrebbe essere denunciato per favoreggiamento della mafia.
Era palese il silenzio delle istituzioni, il silenzio del presidente della corte d'appello di Palermo, il silenzio della Presidente della Camera, il silenzio del Presidente del Senato, il silenzio del Presidente della Repubblica alle vergognose minacce fatte al giudice Di Matteo da Riina e dai suoi accoliti mafiosi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), sonoro silenzio, un silenzio che faceva un immenso rumore purtroppo. Ed è indecente che questo Stato, come già accaduto nel Novanta, invece di tutelare i propri magistrati, li mette in un angolo perché essi possano morire in silenzio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.
GIUSEPPE BERRETTA, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in estrema sintesi – poi mi riservo di intervenire all'esito della discussione sulle linee generali – gli intenti del decreto-legge oggi all'esame della Camera sono stati ben rappresentati dal relatore e sono attinenti all'esigenza di affrontare una vera e propria emergenza, che è collegata ad un numero spropositato di detenuti nelle nostre strutture carcerarie.
Il Governo, dal momento del suo insediamento, ha affrontato questo tema con grande determinazione tentando di ridurre al minimo la forbice che c’è tra il numero di posti-detenuto e il numero degli effettivi detenuti nelle nostre strutture carcerarie. Siamo partiti da un numero che è ben diverso da quello attuale, attraverso una serie di provvedimenti che sono stati adottati – il decreto-legge n. 78 del 2013 sicuramente è il più significativo – si è intervenuti sul fronte della riduzione del numero dei detenuti attraverso un oculato utilizzo della detenzione domiciliare, attraverso l'utilizzo di forme di benefici contemplati dalle nostre leggi e utilizzati in maniera attenta e puntuale, tentando di contemperare l'esigenza della sicurezza dei cittadini, che ci sta estremamente a cuore, con l'esigenza di assicurare ai detenuti condizioni dignitose, condizioni che sfortunatamente allo stato non vi sono in alcune realtà carcerarie e questo è un fatto che non ci consente minimamente di essere sereni.
Rispetto alle considerazioni che ho sentito qui, stamane, è necessario compiere alcune precisazioni. In verità, persino in Commissione, prima che si interrompesse il lavoro proficuo che il presidente Ferranti e il relatore Ermini stavano conducendo, con la collaborazione in realtà di tutti, più volte è stata ripetuta una falsità. La falsità attiene alla questione del braccialetto elettronico. Signor Presidente, noi stiamo realizzando esattamente l'obiettivo opposto.
Per tanti anni lo Stato ha pagato, in esecuzione di una convenzione con Telecom Italia, somme rilevanti per un utilizzo molto limitato del braccialetto elettronico. Con l'intervento normativo oggi all'esame del Parlamento si vuole, invece, realizzare finalmente un utilizzo massiccio di questo strumento di controllo da remoto, che consentirà, da un lato, di assicurare la sicurezza dei cittadini e, dall'altro, di liberare tante risorse umane della pubblica sicurezza e impegnarle, anch'esse, nella tutela della sicurezza dei cittadini. Quindi, abbiamo una duplice finalità: da un lato, un utilizzo migliore delle risorse economiche che lo Stato già oggi investe in questo ambito e, dall'altro, l'esigenza di liberare risorse umane per l'utilizzo più proprio, non di verifica presso il domicilio dei detenuti, ma nell'attività di contrasto alla criminalità in giro per il nostro Paese.
Questa finalità, peraltro a parole condivisa da tutti, è stata sottoscritta e certificata Pag. 11dal capo della polizia, il quale ha detto che questo strumento è atteso dalle forze dell'ordine, che vogliono, ovviamente, utilizzarlo al meglio e che, sino ad oggi, non vi sono state le condizioni normative per tale utilizzo. E nulla c'entra il contratto con la Telecom, che, come ben sappiamo, è sub iudice e, quando, all'esito della questione pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia europea, verrà risolto, verranno adottati tutti i provvedimenti consequenziali e si adotteranno tutte le misure atte alla stipula di un corretto contratto, ove tale contratto venisse dichiarato illegittimo in via definitiva.
C’è un'altra questione che, purtroppo, viene più volte sbandierata, però dobbiamo anche lì ripristinare una condizione di verità: si tratta di un decreto-legge che si occupa di tante questioni e tenta di affrontare l'emergenza carceraria approntando una serie di strumenti, tutti egualmente importanti, tutti finalizzati ad assicurare condizioni dignitose di detenzione a tutti, in particolare intervenendo a favore di alcune categorie di detenuti, che, per l'esiguità della pena o per le caratteristiche soggettive, potrebbero scontare altrimenti la detenzione; quindi, la detenzione domiciliare, quindi l'utilizzo degli arresti domiciliari, quindi la possibilità di affidamento ai servizi sociali, che viene potenziato: tutta una serie di misure – ripeto – misure, che sono oculate e finalizzate a contemperare le due esigenze che a noi stanno estremamente a cuore.
L'appunto che viene rivolto al Governo fondamentalmente, ribadito e ripetuto più volte, è connesso alla liberazione anticipata speciale. Si tratta – si dice – di un indulto mascherato. Noi abbiamo contrastato in tutte le sedi questo tentativo di svilire la funzione dell'istituto che abbiamo introdotto. Noi riteniamo che non vi siano le condizioni allo stato per l'adozione di misure clemenziali e anzi reputiamo che le misure clemenziali, in quanto indiscriminate e rivolte a tutti, a prescindere dal comportamento tenuto da parte del detenuto, siano misure che rischiano di ingenerare ancor di più di una sensazione di incertezza della pena e di iniquità dell'ordinamento giuridico nel suo complesso. E allora abbiamo, invece, voluto potenziare uno strumento già esistente – la liberazione anticipata – introducendone uno nuovo, in cui, alla luce del comportamento concretamente tenuto da parte del singolo soggetto e valutato dal magistrato di sorveglianza, viene assicurata una liberazione anticipata per un periodo di tempo di 75 giorni nell'arco del semestre.
Quindi, si tratta di una misura che non viene applicata automaticamente, ma che viene applicata all'esito di un'attenta verifica istruttoria, verifica operata dal magistrato di sorveglianza; uno strumento che è eccezionale e, come tale, avrà un tempo di durata limitato e che prende in considerazione, anche dal punto di vista del periodo di detenzione, un periodo di tempo limitato. Lo strumento della liberazione anticipata, peraltro, è sempre stato applicato a tutti i detenuti proprio per le caratteristiche che lo distinguono dagli altri, essendo uno strumento collegato alla verifica delle modalità con le quali il detenuto si è comportato durante il periodo di detenzione e nel caso in cui abbia effettivamente dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione.
Questo strumento è stato normalmente esteso a tutti i detenuti. Noi, proprio per un'esigenza di particolare tutela e attenzione, con riferimento ai detenuti di cui all'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975, abbiamo richiesto che ai fini della applicazione di tale strumento vi fosse la verifica di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità. È chiaro ed evidente, dalla semplice lettura del testo dell'articolo 4, che abbiamo limitato – e limitato moltissimo – la possibilità di accesso a tale strumento, rimettendo al magistrato di sorveglianza un'attenta e puntuale verifica di presupposti certamente non semplicissimi da verificarsi. Peraltro, questo comma quarto dell'articolo 4 è stato oggetto di numerose critiche e oggetto di un emendamento rispetto al quale il Governo stesso ha Pag. 12ritenuto condivisibile l'attenzione maggiore che veniva richiesta da parte della Commissione.
Quindi, signor Presidente, credo che anche lì, aver in qualche modo reso impossibile la prosecuzione dei lavori e aver in qualche modo, anche lì, reso più complessa la modifica del testo da parte della Commissione, in un lavoro che è stato di proficua collaborazione che abbiamo compiuto tra Governo e forze parlamentari, sia stato un grave errore. Io spero, invece, che si possa porre rimedio a questo errore attraverso una ulteriore riflessione qui in Aula.
Ultime considerazioni, Presidente. Continuo a sentir dire che la politica del Governo è una politica che si occupa solo ed esclusivamente dei detenuti e non si occupa dello sviluppo e della crescita: è un'accusa che non solo respingiamo, ma che ci appare inconducente, tenuto conto del fatto che in queste stesse ore, proprio alla Camera dei deputati, si sta ragionando di un decreto-legge che contiene numerose norme per tentare di riavviare un percorso virtuoso dal punto di vista economico, come con il decreto-legge «Destinazione Italia», che contiene numerose norme anche in materia di giustizia; altrettanto si è fatto in passato con il «decreto del fare». Questi mesi sono stati mesi caratterizzati da una specifica attenzione del Governo rispetto ai problemi di tutti i cittadini, detenuti compresi; noi consideriamo la condizione dei detenuti, la condizione che purtroppo ha dato luogo alla condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo e che ha dato luogo a un messaggio, il primo messaggio alle Camere, del Presidente Napolitano, una questione dirimente e decisiva per il futuro dell'Italia. Lo siamo facendo, ovviamente, aumentando il numero dei posti, investendo in risorse, investendo in nuove strutture carcerarie; lo stiamo facendo, ripeto, come abbiamo più volte ribadito con questo provvedimento, tentando di contemperare al meglio, con tutti gli strumenti a nostra disposizione, l'esigenza di sicurezza dei cittadini – che ci sta ovviamente estremamente a cuore – con l'esigenza di garantire ai detenuti condizioni di vita decorose, condizioni di vita che non possono più far dire che l'Italia tortura i propri detenuti, cosa che noi rigettiamo e rifiutiamo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Biffoni. Ne ha facoltà.
MATTEO BIFFONI. Signor Presidente, gentili colleghi, Governo, intervenendo in quest'Aula mi è già capitato di dirlo, ma ritengo che sia utile ribadirlo finché non sarà dato un esito compiuto alla questione di cui oggi dibattiamo: il grado di civiltà di una nazione si misura non tanto dai palazzi, ma dalle carceri. Se prendessimo questo principio alla lettera, l'Italia precipiterebbe nel fondo di ogni classifica di civiltà, di democrazia. Lo dicono i numeri, ma soprattutto, purtroppo, ciò che può vedere chiunque, operatore del diritto come me, educatore, cittadino, a cui capita di visitare un penitenziario. E ce lo ricordano anche gli agenti di polizia penitenziaria, che operano spesso in condizioni di estrema complessità.
Il Governo torna dunque a fronteggiare l'emergenza carceri per porre urgentemente rimedio alla drammatica situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari, sotto la pressione della sempre più imminente scadenza del termine imposto dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con la sentenza Torreggiani, per individuare dei rimedi preventivi e compensativi finalizzati a riparare le violazioni seriali dell'articolo 3 della Convenzione. Ci troviamo a gestire ritardi annosi e mai affrontati dai Governi precedenti negli ultimi dieci anni, quando non era questa la composizione del Governo.
Il decreto-legge n. 146 del 2013 è diretto ad affrontare la questione del sovraffollamento carcerario e a garantire il pieno esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti reclusi. La Camera dei deputati e la Commissione giustizia, relativamente alle misure cautelari, hanno già approvato dei provvedimenti che contengono interventi strutturali, volti anche a deflazionare il sovraffollamento. Per quanto in materia penitenziaria finora siano stati approvati Pag. 13definitivamente solo decreti-legge, questi presentano lo stesso filo conduttore dei provvedimenti legislativi di iniziativa parlamentare: tutti questi considerano il carcere come extrema ratio, privilegiano forme alternative al carcere, e prevedono comunque un nuovo equilibrio tra libertà e sicurezza.
È certo che i problemi del Paese sono molti, e certo vanno affrontati e lo si sta facendo; ma come è stato sottolineato dalla dottrina e dallo stesso Presidente della Repubblica nel messaggio alle Camere lo scorso ottobre, lo Stato italiano non può permettersi di non eseguire quanto ordinato dalla Corte europea. L'adempimento infatti è dovuto sotto molteplici profili. È innanzitutto una sorta di imperativo morale, in considerazione delle condizioni irrispettose della dignità umana nelle quali il sovraffollamento costringe migliaia di detenuti nei nostri istituti penitenziari. È un obbligo costituzionale, che ci deriva dall'articolo 117 della Costituzione, a norma del quale la potestà legislativa dev'essere esercitata dallo Stato nel rispetto degli obblighi internazionali, tra i quali quello di conformarsi alle sentenze definitive della Corte europea; ma anche dagli articoli 2 e 27 della Costituzione, che impongono la tutela inderogabile della dignità dell'uomo, anche quando privato della libertà personale. È un atto politicamente necessario per la condizione che altrimenti il nostro Paese verrebbe ad assumere sul piano internazionale; ed è un atto quanto mai opportuno anche dal punto di vista economico, in considerazione dei costi che altrimenti si dovrebbero affrontare. L'adempimento, infatti, determinando l'immediato scongelamento dei ricorsi sospesi attualmente – sono circa 3 mila – e la proposizione di un numero limitato di nuovi ricorsi, comporterebbe una spesa ingente per fare fronte ai giusti indennizzi dovuti ai ricorrenti: per farsene un'idea, si consideri che nel caso Torreggiani ciascuno dei ricorrenti ha ricevuto una somma tra 10.600 e 23.500 euro, a seconda della durata della violazione subita.
Non vorrei tornare all'esame specifico del contenuto del decreto-legge e alla portata normativa delle sue disposizioni, ma mi interessa prendere in considerazione alcune delle questioni più controverse legate al decreto stesso. Prima considero opportuno definire il decreto nel contesto in cui si muove, osservando come esso si muova su due piani: su di un primo piano si collocano gli interventi funzionali a ridurre il numero delle presenze in carcere attraverso la riduzione del flusso dei detenuti in ingresso e l'ampliamento di quello dei detenuti in uscita. Del resto, la Corte ha rimarcato la necessità di ridurre il numero delle persone incarcerate, in particolare attraverso una maggiore applicazione di misure alternative alla detenzione ed una riduzione al minimo del ricorso alla custodia cautelare in carcere.
Le cito appena, sono già state ben tratteggiate da chi è intervenuto prima di me, quindi oltre a prescrizione da parte del giudice dell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari e del cosiddetto «braccialetto elettronico», finalmente la trasformazione in autonoma fattispecie di reato della circostanza aggravante del delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti. Diciamo, per inciso, a luglio del 2013 su 23.683 detenuti imputati ben 8.486 erano ristretti per violazione della legge sugli stupefacenti e su 40.024 detenuti condannati ben 14.970 stavano scontando pene inflitte per lo stesso tipo di reato.
L'introduzione della liberazione anticipata speciale, che porta da 45 a 75 giorni per semestre per il periodo dal 1 gennaio 2010 al 24 dicembre 2015 la rateizzazione di pena già prevista per la liberazione anticipata ordinaria. L'applicazione a regime della disposizione consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi anche se parte residua di maggior pena e l'importante estensione dell'ambito applicativo dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione prevista dal Testo unico immigrazione, insieme ad uno snellimento delle procedure di identificazione.Pag. 14
L'articolo 6 novella, infatti, l'articolo 16 del Testo unico immigrazione intervenendo in particolare sull'istituto dell'espulsione dello straniero a titolo di misura alternativa alla detenzione; rispetto al quadro normativo previgente, l'articolo 6 del decreto-legge conferma l'espulsione quando lo straniero detenuto debba scontare due anni di pena detentiva, ma amplia il campo di possibile applicazione della misura aumentando il numero di detenuti stranieri espellibili di oltre 1.300 unità. Su di un secondo piano, invece, si collocano gli interventi funzionali a rafforzare la tutela dei diritti dei detenuti e in particolare a garantire la giustiziabilità dei diritti violati dal sovraffollamento, così come richiesto dalla sentenza Torreggiani che, è utile sempre ricordare, deriva da una violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate ed è derivazione di un problema strutturale risultante da un sottofunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può in futuro interessare numerose persone.
Le modifiche in materia di reclamo giurisdizionale, sino ad ora privo di riconoscimento normativo, ma operante nella prassi per effetto degli interventi della Corte costituzionale, viene preso in considerazione dal nuovo articolo 35-bis che, rinviando all'articolo 69, anch'esso novellato, stabilisce innanzitutto i casi in cui può essere attivato. Secondo la nuova normativa il detenuto può proporre reclamo al magistrato di sorveglianza in due ipotesi: la prima rappresentata da provvedimenti di natura disciplinare adottati dall'amministrazione penitenziaria, la seconda da inosservanza da parte dell'amministrazione di disposizioni previste dalla presente legge e dal relativo regolamento dalla quale derivi dal detenuto e all'internato un attuale grave pregiudizio all'esercizio dei diritti.
Avendo la Corte ribadito che l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo pone a carico dell'autorità statale un obbligo positivo, che consiste nell'assicurare condizioni di detenzione compatibili con il rispetto della dignità umana; che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l'interessato ad uno stato di sconforto né a una prova di intensità che ecceda l'inevitabile livello di sofferenza, e che il benessere del detenuto sia assicurato adeguatamente, appare chiaro che questa ipotesi intende far fronte principalmente alle ipotesi di pregiudizio dei diritti del detenuto derivanti dalla situazione di sovraffollamento.
Del resto, che la mancanza di uno spazio vitale all'interno della cella sia una situazione in grado di determinare un pregiudizio grave ed attuale ai diritti del detenuto è riconosciuto non solo da una cospicua giurisprudenza della Corte europea, ma anche dalla nostra Corte costituzionale.
Poi, l'articolo 7 prevede l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Il Garante è costituito da un collegio di tre membri, di cui un presidente, che restano in carica per cinque anni non prorogabili. Tra le funzioni del Garante nazionale, analiticamente individuate all'articolo 7, si devono sottolineare la vigilanza sulla conformità di ogni forma di limitazione della libertà personale a norme e principi costituzionali, a Convenzioni internazionali ratificate dall'Italia, disposizioni legislative e regolamentari e la visita senza necessità di autorizzazione agli istituti penitenziari e a ogni altra struttura restrittiva o limitativa della libertà personale.
Segnalo solo che è un peccato che il testo che oggi arriva in Aula non sia il testo che sarebbe potuto uscire dal lavoro della Commissione: in alcuni punti, si sarebbe potuto migliorare secondo una convergenza già trovata dalle varie forze politiche, ma purtroppo gli eventi accaduti e già ricordati negli ultimi giorni hanno impedito lo svolgimento di un approfondimento che avremmo potuto fare prima e che comunque possiamo fare ancora oggi, soprattutto escludendo i condannati per i reati a più elevato allarme sociale dal nuovo sconto di pena determinato dalla liberazione anticipata speciale, per cui – è bene ricordare – il legislatore ha comunque Pag. 15chiesto il recupero sociale, valutato da un giudice caso per caso, emendamento – se volete essere coerenti e lanciare un messaggio – oggi da portare fino in fondo.
Dunque, non si tratta di praticare una posizione lassista, che metta a rischio la sicurezza degli italiani, a cui siamo più interessati come priorità non negoziabile, ma un carcere concepito in modo inumano è una forma di isolamento, non recupera i detenuti, ma predispone a nuovi comportamenti criminosi.
Per affrontare questa situazione, ci vogliono dunque misure di emergenza e un investimento di più lungo periodo e strumenti che aiutino a gestire questa emergenza, come sta facendo la normativa di cui stiamo dibattendo.
Pertanto, mi auguro che il cammino di questo decreto, rivisto nei punti più controversi, possa proseguire, ricordando – diceva Gaetano Filangieri ne «La scienza della legislazione» del 1807 – che lo Stato dovrebbe assicurare all'imputato-detenuto una condizione di vita non indegna di un innocente. Un'affermazione che fa rabbrividire al pensiero di come sia stato poco onorato. Nella casa circondariale di San Vittore, che si trova proprio nella piazza milanese a lui dedicata e che ospita quasi esclusivamente imputati, il tasso di sovraffollamento si aggira attorno al 200 per cento.
Il Parlamento può dunque e deve intervenire su questo decreto, troppo importante perché non ci sia un confronto che tenga presente, in primo luogo, gli interessi di chi è in carcere e anche e soprattutto dei nostri concittadini e dimostrare che, quando serve, la politica svolge fino in fondo il suo ruolo. È l'ora della coerenza per valutare se ai discorsi, anche poco fa ascoltati, seguano davvero i fatti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Alessandro. Ne ha facoltà.
LUCA D'ALESSANDRO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghe, colleghi, secondo quanto recita il titolo del decreto n. 146 del 2013, di cui ci occupiamo in sede di conversione in legge, cioè «misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria», l'obiettivo della nuova norma, che in realtà non innova ma si limita a modificare qua e là norme già esistenti sarebbe quello di intervenire in senso migliorativo – si presume – sulla tutela dei diritti fondamentali dei detenuti. Molto delicata, quasi poetica peraltro, la soluzione linguistica adottata nel definire «riduzione controllata della popolazione carceraria». Ciò che i media e la stessa politica – come dimostra il dibattito in Commissione – chiamano più ruvidamente, ma realisticamente, «norme svuota-carceri».
Totalmente condivisibile è sicuramente il carattere di estrema urgenza del provvedimento, atteso che ormai i tempi sono ridotti al minimo rispetto al compitino che, ancora una volta, proviene dalla Comunità europea. È evidente che, al di là dell'enfasi utilizzata, in realtà, stiamo rincorrendo un provvedimento che punta essenzialmente, se non esclusivamente, ad evitare pesanti sanzioni derivanti dall'ormai arcinota «sentenza Torreggiani», emessa dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
Quindi, cominciamo con il chiamare le cose per quello che sono: un ennesimo provvedimento tampone, che affronta un'emergenza senza alcuna attenzione sul piano strutturale per la questione di fondo, ovvero una radicale riforma del nostro sistema giudiziario.
I dieci articoli del decreto-legge oggetto di acceso dibattito in seno alla Commissione giustizia introducono modifiche al codice di procedura penale e ad una serie di leggi in materia di detenzione, che vanno tutte nella direzione di ridurre essenzialmente l'accesso al carcere e/o di facilitarne l'uscita. Sintesi questa che può apparire eccessivamente semplificativa, ma che definisce con realismo i fatti.
Prima di entrare nel merito del provvedimento per segnalare alcune nostre Pag. 16valutazioni, è opportuna una riflessione più generale sulla questione del sovraffollamento delle carceri.
Come affrontare questo tema di particolare rilevanza sociale ? Come conciliare il diritto alla dignità dei detenuti con la domanda di sicurezza e di certezza del diritto, quindi anche della pena che proviene dai cittadini e dalle vittime dei reati ? Ci sono modi diversi di rispondere a questa domanda, che tracciano il confine tra una visione garantista e liberale, ma rigorosa come quella di Forza Italia e un modo di concepire il diritto come una rete a maglie variabili, da modellare in base agli interessi di parte, strette e strettissime quando si devono colpire gli avversari politici, fino ad applicare retroattivamente la legge penale, estremamente larghe quando si difendono le proprie istanze.
Un modo sicuramente ideale per ridurre la popolazione carceraria è quello di vedere ridotta la commissione dei reati. Utopia ? Chi ha incontrato nei suoi studi gli scritti di Tommaso Moro sa che l'utopia non è qualcosa di irrealizzabile in assoluto. La «città ideale» che si fonda sulla pace e sulla cultura può realizzarsi. Ridurre i reati è possibile, ad esempio con più attenzione per la prevenzione, con una politica che intervenga sull'economia creando i presupposti per lo sviluppo e non con la repressione di ogni iniziativa, riducendo le tasse, incentivando i consumi, aiutando le imprese ad essere competitive nel mercato globale, riducendo una burocrazia asfissiante e aumentando quindi l'occupazione, fornendo personale e risorse alle forze di Polizia, sostenendo l'azione di intelligence, attuando un idoneo piano carceri.
In sede di audizione in Commissione, il Ministro Cancellieri ha affermato che si sta facendo moltissimo in tema di edilizia carceraria, aggiungendo però poi: nonostante una riduzione del relativo stanziamento. Un ossimoro concettuale insomma: non si può fare moltissimo quando si tagliano le risorse. Ma un modo più immediato, concreto, praticabile e possibile è quello di procedere ad una riforma seria della giustizia, che intervenga sulle principali questioni di fondo, come l'estrema lungaggine dei processi, il ricorso abnorme alla carcerazione cautelare, diventata ormai praticamente l'anticipo di una pena che non si sconterà mai per almeno la metà dei detenuti, che dopo anni e anni di tritacarne giudiziario saranno assolti nel merito per prescrizione, lo snellimento delle procedure, l'efficienza del sistema di sorveglianza.
Non parliamo in questa sede poi della responsabilità civile dei magistrati per evitare che sia argomento di polemica e strumentalizzazione. Certo è che nell'economia generale della problematica che affrontiamo le modalità di gestione dell'amministrazione della giustizia non sono affatto irrilevanti, anzi. Sono i numeri che abbiamo esaminato in Commissione giustizia a parlare da sé: 64.564 detenuti in Italia, a fronte di una capienza regolamentare di 47.599 posti, di questi detenuti, condannati definitivamente sono solo 38.625, cioè il 59 per cento, il che vuol dire che l'altra metà è detenuta senza una condanna definitiva. I detenuti in custodia cautelare sono 24.744, a queste due categorie vanno aggiunti 1.195 internati.
Per quanto riguarda i detenuti in custodia cautelare, è possibile individuare una ulteriore distinzione con riferimento al grado di giudizio: 12.348 sono i detenuti ancora in attesa del primo grado di giudizio, 6.355 sono stati condannati in primo grado e sono in attesa della decisione di appello, 4.387 sono condannati in uno o in entrambi i gradi di giudizio di merito e sono in attesa della decisione della Cassazione.
Questo è il vero nodo da sciogliere: non si può mantenere in carcere chi non ha ancora subito una condanna neppure in primo grado. In quest'ottica, l'articolo 1 del decreto-legge, laddove interviene in tema di misure alternative alla carcerazione e di controlli elettronici, è sicuramente meritevole di apprezzamento. Ma come sarà possibile rendere concretamente applicabile tale norma ? Sappiamo di che sorte ha goduto finora il cosiddetto braccialetto elettronico, o meglio chiediamo notizie circa uno strumento che Pag. 17appare desaparecido. Con le premesse dell'articolo 9, che di fatto esclude la disponibilità di risorse economiche aggiuntive rispetto a quelle attualmente disponibili, ogni aspettativa è illusoria. E ancora, non si possono attendere fino ad otto anni per vedere concluso un processo.
Il Ministro Cancellieri in Commissione ha di fatto confermato la necessità di una riforma delle procedure riguardanti i provvedimenti cautelari, affermando però che il Governo non è intervenuto in sede di decreto in quanto è già in discussione in Parlamento una norma al riguardo. Prendiamo atto, comunque, che la questione è all'attenzione del Governo. C’è poi la questione spinosa dei reati legati alle tossicodipendenze e a quelli prodotti da soggetti extracomunitari. Sempre in Commissione il Ministro della giustizia ha segnalato che gran parte della popolazione carceraria è costituita da tossicodipendenti e da stranieri e dunque il decreto-legge n. 146 del 2013 dedica particolare attenzione a queste situazioni, intervenendo non alla radice del problema, ma con forme di depenalizzazioni e sconti. Qualcuno ha parlato anche di indulto mascherato.
In carcere non va il tossicodipendente inteso come assuntore di droga, ma lo spacciatore. Si evidenzia che spesso il piccolo consumatore è costretto a spacciare per procurarsi la dose. La situazione che il Governo ha individuato è quella di intervenire sul testo unico degli stupefacenti, modificando la disciplina dell'affidamento terapeutico al servizio sociale. Questa soluzione, se affiancata all'ormai acclarata volontà di liberalizzare alcune droghe definite leggere, lascia intendere come l'orientamento sia quello di deregolamentare del tutto la materia, lasciando ampi spazi, intere praterie, al traffico di stupefacenti.
Altra materia in cui il Governo di sinistra, cui fanno solo da stampella alcuni gruppi politici di centro o provenienti dal centrodestra, intende intervenire in modo drastico e, a nostro parere assolutamente involutivo ed estremamente pericoloso, è quella dell'immigrazione. La percentuale dei cittadini stranieri sul totale dei detenuti è circa il 35 per cento.
Più in particolare, al 30 settembre 2013 su 38.845 condannati definitivi, reclusi negli istituti penitenziari, 12.509 sono stranieri. Se l'immigrazione clandestina non deve essere più un reato è facilmente immaginabile quale impulso avrà il fenomeno. La soluzione non può essere certo quella del provvedimento di espulsione.
Lo stesso Ministro Cancellieri ha chiarito come tale provvedimento ha qualche chance di successo solo quando il Paese di origine riconosca per certa l'identificazione del soggetto, senza contare le difficoltà materiali nonché i relativi costi per la concreta attuazione dei provvedimenti espulsivi. È evidente che l'unica soluzione sia quella di richiedere che la pena sia scontata nel Paese di origine. Il Ministro ha eccepito che per attuare tale ipotesi occorrono accordi bilaterali con i vari Paesi interessati, accordi che si prevedono onerosi per l'Italia.
Del resto, comprendiamo pienamente le preoccupazioni del Ministro. Se facciamo riferimento alla penosa vicenda dei nostri marò, arbitrariamente tenuti in India, a quanto accaduto alle coppie recatesi in Congo per adottare, ai tanti italiani ingiustamente trattenuti in vari Paesi del mondo, ci rendiamo conto che sul piano internazionale la nostra credibilità, così tanto reclamizzata, in realtà ha livelli molto bassi, come dimostra drammaticamente anche il vergognoso caso del pluriomicida Cesare Battisti, giramondo prima in Francia e poi in Brasile grazie all'insipienza e alla debolezza delle nostre autorità, oltre che alla complice copertura politica di alcuni partiti di sinistra.
Quindi, la soluzione rimane quella di limitare l'accesso, controllare i flussi, rispedire al mittente i clandestini, così come il resto d'Europa continua a fare. La figura del garante rappresenta la ammissione della lacunosità del sistema. In un sistema soffocato dalla burocrazia, dai tanti passaggi di carte, si innalza un nuovo gradino nella scala che il cittadino deve affrontare per ottenere il pieno rispetto Pag. 18dei propri diritti. Un atto chiaro di sfiducia nei confronti di chi gestisce il sistema penitenziario.
In definitiva, il provvedimento che prova a mettere le classiche pezze ad un vestito più volte rivoltato, è ormai impresentabile. È un po’ la giustificazione che i genitori sottoscrivono di fronte ad una pagella colma di insufficienze. La strada da percorrere è sicuramente altra: occorre dotare il nostro Paese di un sistema giudiziario al passo con i tempi, attraverso la informatizzazione piena delle procedure, il loro snellimento, la riduzione dei tempi per i processi, la limitazione dei ricorsi ai provvedimenti cautelari, l'introduzione della responsabilità civile dei magistrati. Questo provvedimento ha l'effetto del classico «pannicello caldo»: può lenire temporaneamente, ma non risolve il problema e quando è troppo caldo può essere anche dannoso.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pagano. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento arriva oggi in Aula e richiede necessariamente un'analisi approfondita e tutt'altro che superficiale, al di là di quelle che sono le posizioni di ciascuna parte politica in merito ad esso. Il tema della tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e della riduzione controllata della popolazione carceraria necessitava e necessita sicuramente dell'attenzione del legislatore, in modo da regolare gli aspetti negativi e implementarne quelle positivi.
Dal momento, però, che parliamo di un argomento che ha già innescato dibattito nell'opinione pubblica, oltre che tra le forze politiche, ritengo sia opportuno procedere con un esame a monte su quella che è la situazione, esame che è stato già tracciato anche da altri colleghi. Però, ritengo, per l'economia del mio ragionamento, sia utile riprenderlo anche in questa sede.
Al 31 ottobre abbiamo 64.323 detenuti reclusi in 205 istituti di pena, per una capienza di 47.668 posti. Poco meno di un terzo, cioè 22.770, sono i detenuti non italiani, cioè il 35 per cento della popolazione. Poi, abbiamo un tasso di detenzione per 100 mila abitanti che è pari a 112,6. Ricordo che in Europa abbiamo 127 e nel mondo 156. Per quanto concerne la popolazione carceraria straniera occorre precisare che abbiamo una popolazione – soprattutto variegata ovviamente – proveniente dal Marocco, dalla Romania e dalla Tunisia, con percentuali che sono il 18, il 16 e il 12 per cento. In totale, sono 38.845 i detenuti condannati e il 18,9 dei reclusi è in attesa di giudizio.
Ora, sulla base di questi dati il provvedimento al nostro esame cerca di intervenire in modo da alleggerire la densità della popolazione carceraria favorendo, tra le altre cose, la possibilità per i detenuti di scontare una parte della loro pena presso il proprio domicilio o, comunque, in strutture diverse dagli istituti di pena. Il decreto-legge all'esame dell'Aula nasce dall'esigenza di restituire ai soggetti reclusi la possibilità di un pieno esercizio dei diritti fondamentali e di affrontare risolutivamente il fenomeno dell'ormai endemico sovraffollamento carcerario.
Il decreto-legge prevede, infatti, una serie di misure volte a consentire all'Italia di ottemperare a quanto previsto dalla sentenza «Torreggiani», che ha accertato la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea, che pone il divieto di pene e trattamenti disumani o degradanti, come causa della situazione del sovraffollamento carcerario.
La Corte ha affermato, in particolare, che la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un sistema che, ovviamente, non va bene, è problematico e che risulta dal malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano. La stessa Corte ha richiamato, inoltre, per quanto riguarda i rimedi di carattere strutturale e sistemico, la raccomandazione del Consiglio d'Europa a ricorrere il più possibile a misure alternative alla detenzione e a orientare la politica penale verso il minimo ricorso alla carcerazione.Pag. 19
La Corte di Strasburgo ha fissato il termine, perché l'Italia si conformi alla sentenza, del 28 maggio 2014. Anche il Presidente della Repubblica, ovviamente, con un messaggio alle Camere, ha invitato Governo e Parlamento a perseguire vere e proprie riforme strutturali, modificando radicalmente le condizioni di vita dei detenuti, e lo stesso Presidente ha sottolineato come l'Italia abbia l'obbligo di affrontare il problema del sovraffollamento carcerario perché si tratta di questioni e di ragioni che attengono a un livello di civiltà e di dignità che un Paese come il nostro non può lasciare ingiustificato nella sua soluzione.
Il provvedimento all'esame interviene, quindi, su due piani: con il primo, si interviene con l'obiettivo di diminuire la presenza in carcere, attraverso misure dirette a incidere sui flussi di ingresso in carcere e su quelli in uscita dal circuito penitenziario; con il secondo, si rafforzano gli strumenti di tutela dei diritti delle persone detenute o, comunque, sottoposte a misure di restrizione della libertà personale, attraverso la previsione di un nuovo procedimento giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza o, comunque, attraverso l'istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute.
Inoltre, a proposito di novità introdotte dal provvedimento in tema di arresti domiciliari, cito anche la misura che consente di trascorrere a casa gli ultimi 18 mesi di detenzione, che era stata già introdotta in maniera temporanea e sarebbe scaduta il 31 dicembre. Ricordo che lo sconto di buona condotta per la liberazione anticipata passa da 45 a 75 giorni ogni sei mesi di carcere. La misura che scatta – sarà sempre con il consenso del giudice – avrà un valore retroattivo dal gennaio 2010 e varrà per un periodo di due anni dall'entrata in vigore del decreto-legge. Produrrà un'uscita anticipata che nel massimo arriva a sei mesi per chi vede partire il conteggio dal 2010, e comunque interesserà 1.700 persone.
Un altro elemento di novità riguarda l'innalzamento da tre a quattro anni del tetto residuo della pena da scontare per il quale si può beneficiare dell'affidamento in prova ai servizi sociali. La stima è per altre mille o 1.500 persone. Considero importante, inoltre, che, per ciò che attiene alla popolazione carceraria straniera negli istituti del nostro Paese, le procedure di identificazione dovranno essere avviate subito dopo la carcerazione e viene potenziata l'espulsione immediata in alternativa agli ultimi due anni di pena per alcuni reati minori. La platea potenziale è, quindi, molto alta, teoricamente tocchiamo le 4 mila persone, ma il dato, ovviamente, va calato nel concreto. Alla luce dei dati che ho cercato un po’ di semplificare e dopo un'attenta valutazione alle novità del provvedimento in esame, riteniamo che occorra soffermarsi su alcuni elementi che, secondo il mio modesto parere, oggi, invece, attengono a un livello di criticità.
Mi preme affermare che il contenuto del provvedimento in esame debba in alcune sue parti, infatti, meglio essere chiarito e ritengo che debba essere colta l'opportunità che viene anche dalla capacità del Comitato dei nove di potere concretamente intervenire in maniera diretta e da un relatore che, in questo senso, ha già chiarito che vi è disponibilità, una sicura disponibilità, affinché i temi vengano ad essere risolti all'interno delle problematicità e delle criticità testé citate.
E allora vediamo di entrare nel vivo su quelli che sono gli elementi su cui, probabilmente, vale la pena limare il provvedimento. Molto spesso, infatti, si parla dell'esigenza di fornire quella certezza della pena, quella certezza della norma, da attuare in modo da garantire al cittadino la sensazione di vivere in un contesto sociale in cui i diritti di ciascuno di noi siano effettivamente tutelati e protetti. Ritengo, quindi, che non sia opportuno apportare delle novità in termini di detenzione che vadano in direzione opposta.
Sia chiaro che le mie osservazioni devono rappresentare, quindi, critiche costruttive, Pag. 20volte ad aprire un dibattito serio, civile e pacato, sia pure con i tempi che sono quelli che sono, abbastanza ristretti, ed è per questo motivo che mi permetto di osservare come, alla base del sovraffollamento delle carceri in Italia, vi siano almeno tre tematiche essenziali. Mi riferisco a un uso eccessivo della custodia cautelare, al numero eccessivo di detenuti stranieri, come già evidenziato in apertura del mio intervento, e ad una ridotta disponibilità degli istituti penitenziari.
È per questi motivi che auspicherei da parte del Governo l'adozione di iniziative che in materia di custodia cautelare favoriscano un uso più accorto del potere di promuovere l'azione disciplinare e che, in considerazione dei detenuti presenti nei nostri istituti di pena, favoriscano un maggiore impegno affinché essi possano espiare la loro pena nei rispettivi Paesi di origine. È chiaro che queste sono tutte iniziative di carattere amministrativo, nel senso che se una amministrazione penitenziaria è veloce i tempi ovviamente si riducono: non è materia, in altre parole, che attiene al livello legislativo.
E ancora, terzo elemento, auspicherei l'adozione di iniziative che in merito alla ridotta disponibilità di strutture carcerarie favoriscano una ripresa dell'edilizia carceraria, stante quanto già previsto dal Piano carceri, che da troppo tempo, forse, in questo momento non viene adeguatamente puntato come focus di attenzione. Al riguardo, invece, il Governo deve per forza di cose ritrovare la propria attenzione.
Un altro punto essenziale, sul quale intendo soffermarmi, è quello che riguarda, o meglio riguardava, il senso dell'emendamento 2.9, contro il quale noi del Nuovo Centrodestra ci siamo schierati. Sappiamo che le riflessioni che abbiamo saputo generare in Commissione hanno creato le condizioni affinché il relatore – così mi è stato preannunciato –, ritiri tale emendamento. Però, proprio perché il dibattito ha prodotto effetti positivi, io ritengo giusto, anche in questa fase, sia pure velocemente, puntare l'attenzione sul perché, in modo tale che si lasci anche traccia in Aula, per evitare che nei dibattiti futuri questo stucchevole argomento ritorni di nuovo in capo alla discussione.
Infatti – ed entro nel vivo di questo ragionamento – sulla scorta di studi scientifici internazionali, non solo nazionali, – ormai c’è una letteratura infinita – sappiamo bene che la differenza tra droghe leggere e pesanti ormai è superata. Non esistono più droghe leggere. La marijuana, la canapa, che addirittura oggi attraverso selezioni genetiche è presente sul mercato, ovviamente illegale, in centinaia di varianti, hanno un THC, cioè il componente attivo, superiore a 20-30 volte rispetto al passato, quindi, con un grado di nocività per i neuroni che è assoluta, specie per i ragazzi fino a 21 anni. L'aumento delle schizofrenie e dei deficit mentali tra gli adolescenti è spiegato in questa maniera. E, come ha anche confermato il capo del Dipartimento delle politiche antidroga, Serpelloni, si inducono i consumatori – cito testualmente – «a ricercare droghe sempre più attive e tendono a far deviare e alterare la fisiologica maturazione cerebrale».
Da non dimenticare – questo lo aggiungo io – che il 95 per cento degli attuali tossicodipendenti di eroina e cocaina ha iniziato con la cannabis. Per questo ci siamo opposti a un emendamento, che è orientato sostanzialmente a costituire le premesse – ovviamente non voglio alimentare polemiche – però le premesse culturali, quelle sì, per una liberalizzazione delle cosiddette droghe leggere, che noi riteniamo, proprio sulla base di quanto ho appena citato, assolutamente inaccettabile.
Non meno importante, a mio avviso, è la questione del blocco del turn-over del personale di polizia penitenziaria, sul quale in qualche modo bisogna intervenire.
Il decreto-legge «svuota carceri» prevede un beneficio per il detenuto che espone l'amministrazione e lo Stato al Pag. 21potenziale riconoscimento delle più svariate pretese, anche con ripercussioni economiche incalcolabili.
Ad esempio, il detenuto ha il diritto di scontare la pena nel luogo più vicino alla sua residenza. Accade spesso, invece, che per mille ragioni l'amministrazione penitenziaria lo dislochi in un altro posto. È facile comprendere il perché e non mi soffermo per recuperare tempo. Ora, se il detenuto fa ricorso al giudice e questo viene accolto, ma non si riesce ad ottemperare perché è impossibile trasferirlo per oggettiva assenza, per così dire, di posti letto nelle zone viciniore, magari perché il carcere è sovraffollato per i motivi che sappiamo, si può arrivare ad un risarcimento fino a 100 euro al giorno finché la sentenza non viene ottemperata.
La genericità della formulazione – ed è un altro tema di riflessione del Comitato dei nove – prevista dal testo originario, unita ai rimedi risarcitori previsti dall'articolo 35-bis, può quindi determinare una voragine – guardo il Governo, guardo la Presidenza, guardo l'Aula –, una voragine nei conti dello Stato. Questo ovviamente per noi è elemento di grande preoccupazione.
La proposta emendativa, quindi, limitata alla portata della norma sulla legittimità dei provvedimenti dell'amministrazione, concernenti le disposizioni previste dalla legge e dalla quale derivi al detenuto o all'internato un attuale e grave pregiudizio all'esercizio dei diritti fondamentali, deve essere attenzionata nei modi giusti per i motivi che ho appena spiegato. E, quindi, dobbiamo trovare soluzioni che contemplino il duplice obiettivo di evitare il sovraffollamento, ma, nello stesso tempo, evitare il default dei conti dell'amministrazione penitenziaria.
Come vedete gli spunti per avviare un confronto, sia pure con il tempo limitato – per carità –, e un dibattito in tema di controllo e corretta gestione della popolazione carceraria non mancano, tenendo ben presente che parliamo di un tema che inevitabilmente finisce per coincidere con la sicurezza dei cittadini e dell'ordine pubblico nel suo complesso. Quindi, non possiamo sottovalutarlo nella maniera più assoluta. E non mi sembra purtroppo che il contenuto del provvedimento all'esame di quest'Aula risulti, almeno in questa fase, congruo rispetto alle preoccupazioni da me illustrate.
Anzi, entrando ancora di più nello specifico del provvedimento alla nostra attenzione, è mia opinione che l'introduzione della liberazione anticipata speciale ponga dei seri dubbi di legittimità costituzionale. Temo, infatti, che tale misura possa consentire, unitamente ad altri benefici, a un soggetto condannato a vent'anni di reclusione di essere rimesso in libertà dopo averne scontati appena cinque o sei.
Per non parlare della trasformazione in autonoma fattispecie di reato della circostanza attenuante del delitto di detenzione e cessione illecita di sostanze stupefacenti, che, a mio avviso, costituisce un vero e proprio sabotaggio alla disciplina penalistica in materia, dal momento che consente ai piccoli e medi spacciatori di non andare in carcere.
Spunti critici al contenuto del provvedimento al nostro esame sono avvenuti anche in sede di indagine conoscitiva durante i lavori effettuati in Commissione giustizia, a dimostrazione della complessità e della delicatezza del tema. Mi riferisco a quanto ha avuto modo di dire in audizione il procuratore della Repubblica aggiunto del tribunale di Messina, Sebastiano Ardita. Il dottor Ardita nel suo intervento dice sostanzialmente che la molteplicità dei fattori che sono alla base del sovraffollamento nel nostro Paese vanno analizzati all'interno di un corretto punto di vista. Tra i fattori vi è l'aumento oggettivo dei crimini in termini numerici, legato a più cause, come la criminalità organizzata, il disagio sociale, l'immigrazione clandestina, l'aumento dell'area penalmente rilevante. Dice anche che sono, infatti, aumentate esponenzialmente le ipotesi di reato previste nell'ambito del sistema penale, anche a fronte di situazioni emozionali che hanno riguardato Pag. 22l'opinione pubblica, mi riferisco allo stalking. Quindi, la platea si è realmente ampliata.
A questi si aggiungono il mancato investimento in nuove strutture penitenziarie, il mancato ampliamento delle stesse, una scarsa capacità di localizzazione delle strutture presso i luoghi di raccolta dei detenuti, che corrispondono ovviamente con le grandi città, e, infine, una generale scarsa capacità di utilizzare il carcere, risorsa limitata e rilevante, come strumento di controllo del crimine, secondo il principio internazionale del crime control.
Anche il dottor Ardita, proseguendo nella sua audizione in Commissione giustizia, quindi, ha rilevato criticità sull'introduzione delle liberazioni anticipate dei detenuti. In particolare, l'effetto deflattivo consiste nel consentire a un certo numero di detenuti di raggiungere prima la libertà dando uno sconto di pena, perché presupposto è provare di avere seguito l'opera di rieducazione, cioè di avere partecipato, in altre parole, alle attività rieducative previste. In termini concreti numerici, però, questa misura non è in grado di operare uno sfollamento consistente dei detenuti, perché – cito testualmente – sarebbe come «tentare di svuotare il mare con un guscio di noci».
Si avrà, invece, l'effetto di incidere su una fascia peculiare della popolazione detenuta, quella dei «pene lunghe», perché il provvedimento sarà applicabile a partire dal 1 gennaio 2010 per i due anni successivi alla sua pubblicazione, quindi per sei anni. Chi ha, quindi, una pena di sei anni o superiore avrà il massimo dell'applicazione del beneficio, mentre chi sconta una pena modesta avrà un beneficio proporzionalmente inferiore. Un detenuto condannato per associazione mafiosa che stia in carcere al 1 gennaio 2010 dopo tre anni e sei mesi riacquisterà la libertà, in quanto lo sconto di pena sarà pari a due anni e mezzo.
Sono elementi che abbiamo il dovere di evidenziare, perché il parere è chiaro che sarà positivo, però una riflessione, che deve coinvolgere tutti gli uomini di buona volontà – in questo Parlamento ce ne sono tanti –, io penso che debba essere, per forza di cose, offerta.
Ritroviamo, insomma, nelle valutazioni di Ardita, temi che ho già annunciato in apertura del mio intervento, a dimostrazione di una diffusa sensazione di mancata attinenza del provvedimento oggi al nostro esame con i reali provvedimenti legati alla popolazione degli istituti di pena italiani.
Ma non è finita. Sulla liberazione anticipata, a differenza dell'indulto, non ci sono eccezioni, quindi comprende anche i casi di mafia e terrorismo. Coloro che ne beneficeranno saranno mafiosi e terroristi, che sono poi quelli paradossalmente meno interessati dal sovraffollamento, perché sono quelli che, per motivi di sicurezza, devono stare in condizioni di carcerazione assolutamente sicure, ma paradossalmente non sovraffollate. Si comprenderà, quindi, che, da questo punto di vista, il Comitato dei nove, prima, e il Parlamento, dopo, devono affrontare questo problema.
E la Cancellieri, il Ministro Cancellieri, in un'intervista a Il Mattino del 25 gennaio aveva dato aperture sulla possibilità di creare eccezioni – mi rivolgo a lei, sottosegretario, perché dobbiamo ottenere risposte in tempo reale – sulla liberazione anticipata. Quindi, temi su cui il tempo è quello che è, ma su cui dobbiamo per forza di cose trovare soluzioni. Infatti è chiaro che – ripeto ancora una volta – siamo tutti ben disposti a trovare una soluzione prima del 14 maggio, che risolva questo problema del sovraffollamento, ma la dobbiamo trovare in maniera intelligente, per evitare che l'opinione pubblica venga ad essere scombussolata, per usare un eufemismo.
Tutto quello che ho detto non è finito, cioè è ulteriormente confermato dal dottor Piscitello, anche lui audito in Commissione, che non è uno qualsiasi: Ardita è stato già direttore generale, ma il dottor Roberto Piscitello è attualmente direttore generale della direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Quindi, mi pare di poter dire che non è un passante, cioè non è Pag. 23uno che quando dice una cosa la dice perché gli è venuta in mente e come va va. È uno che, se ragiona in un luogo quale le Commissioni di merito, si assume le sue responsabilità e, quindi, mette i riflettori nella giusta intensità.
Egli sottolinea, entrando nel vivo, come l'ordinamento giudiziario sia una norma complessa, rimaneggiata nel tempo, che prevede tutta una serie di prestazioni, alcune delle quali hanno efficacia cogente (io vado anche veloce, ma per fare capire il contesto leggo anche qualche altro suo ragionamento), alcune meno, alcune ce l'hanno programmatica, altre precettiva e, a suo modo di vedere, la genericità con cui il legislatore del decreto-legge in esame fa riferimento semplicemente a un'inosservanza può indurre il magistrato di sorveglianza – attenzione qui, Governo – ad esercitare un'attività creativa dei diritti ed introdurre forme di tutela giurisdizionale, con le conseguenze previste dallo stesso articolo 3, che possono essere particolarmente gravi sotto un duplice profilo.
L'articolo 3 di questo decreto-legge – dice Piscitello – attribuisce al magistrato di sorveglianza, una volta che individui come effettiva lesione di un diritto l'inosservanza, da parte dell'amministrazione penitenziaria, delle disposizioni genericamente previste dalla legge, un potere di verifica che si esercita dinanzi a lui. È lui l'unico, è lui il dominus, è tutto.
All'esito di questo procedimento il magistrato di sorveglianza emette un provvedimento che non è più censurabile per le vie di merito.
Questo è l'elemento su cui dobbiamo mettere mano.
Perché ? Perché contro la sua decisione si può soltanto ricorrere in Cassazione, peraltro solo per violazione di leggi.
Quindi, anche qui, un piccolo inciso: benché preveda, nelle sue procedure, l'intervento necessario dell'amministrazione interessata, sarebbe interessante capire quale sia l'amministrazione interessata (se è l'amministrazione giudiziaria a livello centrale, se è il DAP, se è il capo dipartimento o il direttore generale dei detenuti, il provveditore, il direttore del carcere).
Quindi, in conclusione, pur sostenendo l'iniziativa del Governo – e qui mi avvio alle conclusioni – a regolare la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e a curare maggiormente la gestione della popolazione carceraria, ho ritenuto opportuno, a nome del mio partito, il Nuovo Centrodestra, evidenziare le criticità di un provvedimento, che inevitabilmente finirà per incidere sull'ordine pubblico e soprattutto nei confronti dell'opinione e delle sensazioni realmente avvertite dai cittadini in materia di sicurezza.
Su questo argomento ritengo che possiamo tutti intervenire costruttivamente.
Ci sono ancora le condizioni perché il contesto tutto possa realmente raggiungere un risultato apprezzabile ed è con questo auspicio, oltre che con la dichiarazione che ho appena fatto, che chiudo qui il mio intervento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rondini. Ne ha facoltà.
MARCO RONDINI. Signor Presente, dovere di chi governa e quindi rappresenta la nostra comunità è garantirne la pace sociale, la coesione e la sicurezza. Una comunità è lo spazio geometrico della solidarietà e della comprensione. La disgregazione dei sani vincoli che uniscono gli uomini e le donne e i corpi sociali intermedi che costituiscono una comunità viva è invece l'obiettivo di quel caravanserraglio di personaggi che animano il politicamente corretto e non perdono l'occasione di perseguire la disarticolazione della comunità.
Quale pensiero malato ha potuto informare la mano del legislatore che, da un lato, avalla leggi liberticide come quelle sull'omofobia e, dall'altra, permette che si perda tempo per valutare, ad esempio, le richieste di quel bipede che risponde al nome di Kabobo ? Ed è in questo solco che si trovano anche provvedimenti come il decreto-legge oggi all'esame dell'Aula.
Noi crediamo, invece, che chi viola con crimini efferati le norme che si sono dati Pag. 24i componenti di una comunità, si pone al di fuori del suo spazio e diventa suo nemico e deve essere messo nelle condizioni di non poter più nuocere. I cittadini onesti chiedono di essere tutelati e non sacrificati sull'altare di un politicamente corretto da salotto. Questo ennesimo provvedimento svuota carceri è un ignominia giustificata solo dal quel motto «la vittima che si trasforma in carnefice» che implica il tentativo di comprendere le motivazioni di criminali efferati, esercizio di cattivo gusto che può permettersi come indecoroso lusso solo chi favoleggia di società ingiusta che produce quale effetto una crescita della criminalità.
Ed è questa la filosofia che detta al cattivo legislatore provvedimenti come questo, a pieno titolo nel solco già tracciato da quelli che lo hanno già preceduto. Il primo provvedimento svuota carceri è il decreto-legge n. 211 del 2011, convertito nella legge 17 febbraio 2012, n. 9, quello che recava interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri. Il secondo provvedimento svuota carceri è stato attuato, invece, con il decreto-legge 1 luglio 2013, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 94, con il quale si prevedeva, fra le varie stravaganze, anche il divieto di disporre la custodia cautelare preventiva in carcere per i delitti per cui è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Inoltre, sono state ampliate le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità per i detenuti e gli internati, i quali possono svolgere la loro attività anche a sostegno delle famiglie delle vittime dei reati da loro commessi. È poi elevata a trenta giorni la durata dei permessi di soggiorno per i detenuti minori ed è ampliata, altresì, la possibilità di accesso ai permessi premio per tutti.
Veniamo al provvedimento oggi all'esame, il terzo decreto-legge svuota carceri. Le principali novità di questo stravagante provvedimento sono, tra le varie misure, anche l'innalzamento dello sconto per la liberazione anticipata portandolo dagli attuali 45 giorni a semestre a 75 giorni a semestre applicabili a tutti, un vero indulto permanente o mascherato. Vi è l'applicazione retroattiva al 1 gennaio 2010 automaticamente a tutti. Si abbassa, inoltre, la pena per spaccio di lieve entità, dagli attuali sei anni, come pena massima, a cinque anni, così consentendo di non applicare più la possibilità della carcerazione preventiva. Tra le nuove misure c’è anche il braccialetto elettronico che viene incentivato prevedendone comunque l'applicazione solo per i domiciliari. Il decreto-legge prevede poi addirittura la creazione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Il decreto-legge, con la solita scusa dell'urgenza per evitare le condanne europee che incombono sull'Italia a partire da maggio per il sovraffollamento delle celle, porta da tre a quattro anni le pene, intere o residue, che i detenuti possono scontare ai servizi sociali, cioè in libertà, e soprattutto innalza da tre a cinque mesi lo sconto annuale della liberazione anticipata per qualunque detenuto, mafiosi inclusi, partecipi all'opera di rieducazione che poi, tradotto in italiano, non è null'altro che un insieme di colloqui con i familiari, attività ricreative, teatrali o sportive. In altre parole, vale per tutti i condannati, salvo quelli che delinquono anche in cella e non è questo il caso dei più pericolosi, cioè dei mafiosi che risultano, anzi, essere dei detenuti modello. In più, chi deve scontare da sentenza sei anni di carcere, potrebbe uscire dopo tre anni e mezzo.
«Anche un penitenziarista poco esperto» – ha sottolineato il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, intervenendo in Commissione – «può ben comprendere come uno strumento così concepito venga a minare alle fondamenta i principi stessi del trattamento penitenziario, che presuppone sempre percorsi nei quali i benefici siano il frutto di sacrificio, attraverso la revisione critica del proprio passato criminale e la provata volontà di reinserirsi nel tessuto sociale: un regalo bello e buono Pag. 25a chi ha commesso gravi reati e non ha mostrato neanche il minimo segno di pentimento».
Ebbene, questi sono i vostri provvedimenti. Noi, al contrario, sostenuti dal sentire comune delle nostre comunità, che credono, nonostante tutto, che la giustizia debba essere amministrata per garantire il benessere dei corpi sociali e non assecondando teorie stravaganti che ci consegnano invece ad un futuro e che ci hanno già consegnato e condannato ad un presente quotidiano dove regna la paura, ci muoviamo nel solco di chi crede che ci sono azioni da compiere, al di là degli usuali criteri opportunistici e delle eterne emergenze che sono le foglie di fico dietro le quali nascondeste il vostro immobilismo. Se volevate veramente risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri – ve lo abbiamo detto e ve lo abbiamo ripetuto più volte – beh, dovevate mettere in atto il trasloco coatto degli immigrati che affollano e sovraffollano le nostre carceri e magari realizzare nuovi istituti penitenziari per soccorrere e incontrare le esigenze dei detenuti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Businarolo. Ne ha facoltà.
FRANCESCA BUSINAROLO. Signor Presidente, gentili colleghi, dopo il decreto svuotacarceri del 3 luglio 2013, siamo di nuovo a discutere sullo stesso tema, un secondo decreto svuotacarceri e credo che nemmeno questo provvedimento servirà a risolvere la questione in maniera strutturale, così come ci ha chiesto la Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza Torreggiani.
Prima di discutere del decreto, per amore di verità, mi sembra doveroso informare tutti i cittadini del metodo di lavoro usato in Commissione giustizia. È stato fatto approdare in Aula un decreto senza il benché minimo confronto in Commissione, perché di fatto è stata applicata la «tagliola». Dopo l'Aula, applicare la «ghigliottina» in Commissione rappresenta un fatto ancora più grave, se si considera che solo in Commissione si apportano le modifiche sostanziali a tutti i decreti, grazie all'apporto fondamentale delle minoranze. In Aula non c’è mai margine per una discussione di merito, a meno che non sia all'insegna dei pomposi discorsi dei miei colleghi della maggioranza. L'Aula è troppo spesso una scena teatrale, dove non si conclude nulla di più di quello che già si era ottenuto in Commissione, con l'aggravante che in Aula la discussione può essere di punto in bianco interrotta dal Governo, che pone la fiducia e, ora, dalla Presidenza della Camera, che mette la «tagliola».
C’è il rischio evidente di guardare il dito e non la luna, a cui il dito sta puntando, e il MoVimento 5 Stelle sta portando avanti una battaglia per difendere i principi costituzionali e il dibattito parlamentare contro chi produce leggi con la decretazione d'urgenza, senza considerare l'opinione delle Commissioni competenti, mettendo a tacere le opposizioni.
La scorsa settimana, sia in Aula sia in Commissione, è stata applicata la «ghigliottina», ovvero il passaggio diretto al voto finale di un decreto in qualsiasi fase dell'esame dell'Aula. E questo su una questione importantissima per il Paese, che però evidentemente la maggioranza e i suoi alleati non ritenevano degna di discussione. La «tagliola», un espediente a cui una saggia consuetudine aveva sempre vietato di ricorrere, persino nei momenti più bui del nostro Paese. Voglio ricordare ai colleghi del PD ciò che diceva quattro anni fa il loro capogruppo alla Camera, Antonello Soro, durante il Governo Berlusconi, sotto la Presidenza di Gianfranco Fini al momento di approvare il decreto-legge sullo scudo fiscale. Le opposizioni di allora, PD e IdV, alzarono le barricate con l'intento di far decadere il decreto. Alla minaccia di Fini di applicare la «ghigliottina», di fronte ad un decreto da lui stesso definito come un'anomalia oggettiva, Antonello Soro affermava: «Sarebbe davvero imperdonabile se si applicasse la “ghigliottina” per la prima volta nella storia di un provvedimento vergognoso del quale nessun italiano, neanche quelli che sostengono Pag. 26la maggioranza, ha bisogno. Auspichiamo che il Presidente Fini non applichi la “ghigliottina” consentendo all'opposizione di avvalersi di tutte le sue prerogative». Le stesse prerogative che oggi il PD nega alle opposizioni. Sorge il dubbio che quella, di fatto, fosse già una larga intesa.
Oggi vogliamo denunciare con forza quanto questo decreto non sia la soluzione al sovraffollamento carcerario, perché servono riforme strutturali, che sono lunghe e complesse, ma se le avessimo cominciate vent'anni fa, invece di adottare per anni provvedimenti d'urgenza tampone, ora non saremmo a questo punto.
Ma voglio usare il tempo che ho a disposizione per chiarire le criticità di questo decreto. Voglio applicare i principi democratici, che il Regolamento della Camera ancora garantisce, per parlare dei danni che questo decreto partorito dal Governo provocherà. Secondo il Governo l'oggetto principale del decreto-legge è la questione del sovraffollamento carcerario, ma già dall'articolo 1 ci accorgiamo come si vogliano fare dei favori ai soliti amici. Il decreto torna sul tema dei braccialetti elettronici. La modifica pone come regola generale l'adozione di questi strumenti da parte del giudice, sia nell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, che nell'applicazione della detenzione domiciliare. Con l'articolo 3, inoltre, si dispone la possibilità di prescrivere i braccialetti anche per la detenzione domiciliare, mentre finora per la custodia cautelare serviva il consenso del detenuto.
Potrebbe, in linea teorica, apparire come una buona soluzione, salvo che ad oggi non abbiamo la garanzia che tali strumenti elettronici funzionino a tal punto da infondere fiducia nei magistrati. Il braccialetto elettronico applicato oggi è supportato da regole tecniche risalenti ancora al 2001 e con questo decreto-legge il giudice si trova a ordinare l'applicazione del braccialetto elettronico lì dove le questure diranno di non essere in grado di applicarlo. A fronte di una spesa complessiva annua di 9 milioni di euro, a fronte di soli 90 braccialetti oggi in uso, c’è da chiedersi se l'utilizzo del dispositivo fornisca un vantaggio proporzionato ai fini dello sfoltimento delle carceri o se, invece, semplicemente, il fine sia arricchire Telecom e, a cascata, il figlio di Annamaria Cancellieri, il signor Piergiorgio Peluso, che, come sappiamo, lavora proprio per Telecom.
Ricordiamo – e non ci stanchiamo di ribadirlo – che si tratta di una convenzione illegittima, poiché il Consiglio di Stato, confermando una sentenza del TAR, ha stabilito che il Ministero dell'interno, al capo del quale allora c'era proprio la Cancellieri, non poteva accordarsi direttamente con Telecom e ricorrere ad una convenzione unica. In attesa dell'esito del ricorso di Telecom alla Corte di giustizia europea, previsto per giugno, lo Stato è ora costretto a spendere anche 26 milioni di euro per una fideiussione da depositare in banca in caso di soccombenza.
Signori, in analisi costi-benefici, che ogni azienda privata è costretta a fare per restare sul mercato, qui siamo ampiamente in deficit. All'arrivo della sentenza della Corte di giustizia europea, che presumibilmente confermerà l'illegittimità dell'appalto, sarà possibile cercare tecnologie nuove attraverso nuovi bandi. Ma nel frattempo avremo buttato all'aria, nuovamente, milioni di euro.
Passiamo all'articolo 2. L'articolo 2 va a modificare la legge «Fini-Giovanardi» in materia di stupefacenti. Qui si rende autonoma la fattispecie di reato per fatti di lieve entità. Gli interventi sulla «Fini-Giovanardi» – che, ricordiamolo, con altre leggi, ha di fatto creato il sovraffollamento carcerario – sono ridicoli. Basterebbe una modifica strutturale di questa legge per evitare di fare indulti mascherati e liberare mafiosi per svuotare le carceri. Il PD poteva farlo nel 2006, ma ha preferito portare avanti insieme ai colleghi del PdL un indulto fallimentare, piuttosto che risolvere definitivamente il problema, abrogando la «Fini-Giovanardi» e la ex «Cirielli», leggi vergogna del Governo Berlusconi. Sulla seconda legge è già intervenuta la Corte costituzionale, sulla prima invece attendiamo il pronunciamento della Corte, previsto per il 12 febbraio 2014.Pag. 27
La proposta emendativa del MoVimento 5 Stelle è quella di inserire la cannabis tra le sostanze a blando effetto stupefacente, che hanno un trattamento sanzionatorio più basso, quindi in tabella 2, differenziando anche la fattispecie di lieve entità in base alle due tabelle. Ma sappiamo che questo articolo è il banco di prova della volontà del PD di lavorare o meno sulla materia. Se non approverà queste modifiche, sarà molto difficile pensare ad un accordo per la coltivazione, così come auspicato da Manconi, il quale sta facendo grandi spot senza avere niente in mano, o come auspicato anche dai deputati Picierno, Pini, Gozi e Giachetti. L'articolo 2 è un nodo controverso per il PD, che in fase di Commissione lo aveva fatto accantonare, perché all'interno della maggioranza le opinioni erano, e sono, contrapposte. Lo stesso Renzi ha dichiarato una chiusura sulla legalizzazione della coltivazione, parlando solo di depenalizzazione. Li aspettiamo ora alla prova dei fatti: cosa voteranno ?
Andiamo ora all'articolo 3, che prevede l'istituzione del reclamo giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza a tutela dei diritti dei detenuti anche contro l'inosservanza, da parte dell'amministrazione penitenziaria o sanitaria, di disposizioni di legge o di regolamento.
Il decreto-legge parla di inosservanza di norme e del regolamento che provochino un grave pregiudizio all'esercizio dei diritti. Di per sé il reclamo è uno strumento di tutela dei diritti soggettivi dei detenuti ma, considerata l'attuale situazione, insostenibile, di sovraffollamento carcerario, l'introduzione del reclamo avrebbe come prima conseguenza la presentazione di un ingente numero di ricorsi, anche per problemi banali, proprio per i danni causati dal sovraffollamento stesso. A ciò si aggiunga il fatto che ad ogni detenuto verrebbe riconosciuto un risarcimento in denaro fino a 100 euro al giorno. Se a un detenuto dovesse essere riconosciuto il diritto a stare in un ambiente non affollato e questo diritto dovesse essere ritenuto coercibile attraverso il risarcimento nella misura prevista dal decreto, quindi 100 euro, ogni detenuto potrebbe richiedere fino a 36.500 euro l'anno, che complessivamente, per solo mille detenuti, ammonterebbe a 365 milioni di euro; milioni che potrebbero esser utilizzati proprio per un piano carceri efficace.
Con questo decreto i costi verranno, come al solito, scaricati sul cittadino, in termini di reperimento delle risorse. Il reclamo giurisdizionale, quindi, potrebbe essere utilizzato con le perplessità sopradescritte, ma auspicabilmente a partire dal 1 giugno 2014, come richiesto con un emendamento del MoVimento 5 Stelle, ossia dalla data in cui, su dettame dell'Europa, deve essere risolto il problema del sovraffollamento carcerario.
Ma entriamo ora nel clou, l'articolo 4 del decreto, che prevede la liberazione anticipata speciale. Esso sembra apparentemente rispondere alle esigenze di risolvere il sovraffollamento nelle strutture carcerarie. Al comma 1, infatti, viene aumentata la possibilità di raggiungere la libertà attraverso l'incremento dei giorni previsti per la liberazione anticipata ordinaria da 45 a 75 giorni per ogni sei mesi di pena scontata. La norma si applica retroattivamente, a partire dal semestre di pena in corso di espiazione alla data del 1 gennaio 2010, solo per un periodo di 2 anni dalla data di entrata in vigore del decreto. Il comma 2 prevede che, ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata per il periodo in esame, sia riconosciuta un'ulteriore detrazione di 30 giorni per ogni singolo semestre di pena espiata, a patto che venga accertato che il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all'opera di rieducazione anche durante il periodo di esecuzione della pena successivo alla concessione del beneficio. Il comma 4 prevede che la liberazione anticipata si applichi anche ai condannati per i reati di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario (terrorismo, eversione, associazione mafiosa, sfruttamento della prostituzione, reati in materia di stupefacenti, ed altri), per i quali, tuttavia, è necessario un presupposto soggettivo, rappresentato dalla mera prova che nel Pag. 28periodo di detenzione il soggetto abbia dato prova di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità. Basta poco.
Dai conteggi più favorevoli del premio di liberazione anticipata, ogni settimana ci sarebbero già 200 detenuti in meno nelle celle. Per perseguire l'obiettivo di svuotare le carceri si produce un vero e proprio indulto, che ha già fatto uscire mafiosi, stupratori, assassini e ne farà uscire molti altri. È questo il tipo di società che il Governo immagina e vuole ? Basta che abbiano dato prova di partecipare all'opera di rieducazione, il che non garantisce nulla circa la rieducazione del carcerato. Questo Governo, oltre ad aver perso ogni dignità, si dimentica del primato del Parlamento in materia di indulto. Nessun Ministro che ha firmato questo decreto ha il coraggio di dirlo chiaramente: aumentando le liberazioni anticipate vengano liberati pericolosi criminali prima del tempo. Un esempio: gli effetti del decreto hanno già favorito i «picciotti» arrestati a partire da gennaio 2010. In sei anni, fino al 2015, come prevede il decreto, accumuleranno uno sconto di ben 900 giorni, quasi 2 anni e mezzo. Secondo Tamburino, capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria presso il Ministero della giustizia, sono 706 i detenuti attualmente sottoposti al regime del 41-bis, distribuiti in dodici carceri italiane; 3 detenuti del 41-bis appartengono ad organizzazioni terroristiche; 43 a Sacra corona unita e altre mafie pugliesi; 130 alla ’ndrangheta; 215 a Cosa Nostra; 284 sono riconducibili alla Camorra. Chi risponderà di tutto ciò ? La responsabilità viene riversata in capo ai magistrati di sorveglianza, non di certo ai Ministri. Questi sono i magistrati che già al momento in cui avevano condannato ogni singola persona che si trova ora in carcere avevano giudicato caso per caso, valutando anche ogni circostanza aggravante ed attenuante.
Anna Maria Cancellieri si nasconde dietro un dito, affermando che il giudice valuterà con attenzione prima di concedere la scarcerazione preventiva: perché il 100 per cento dei detenuti che già avevano ottenuto lo sconto previsto dalla vecchia legge adesso otterranno l'ampliamento sino al 40 per cento di sconto della pena. Ciò comporta un automatismo: questo è assicurato.
Si tratta di un vergognoso scaricabarile della Cancellieri sui magistrati, il nostro guardasigilli è come uno struzzo che mette la testa sotto la sabbia, e allo stesso tempo gira la chiave nella toppa e libera tutti. Oltre a tutto ciò, ci vorrà solo qualche mese per riempire di nuovo le carceri: è già successo nel 2006, impariamo dalla storia ! Voi provate ad imparare dagli errori che avete già commesso. Riteniamo quindi che l'articolo 4 vada interamente soppresso, perché nascondere qualcosa di peggio di un indulto mascherato, così come ha denunciato Franco Roberti, il capo nazionale antimafia. L'indulto, infatti, opera in maniera generalizzata ed uguale per tutti: con il meccanismo previsto dallo svuotacarceri lo sconto cresce con il crescere della pena, e non essendovi sbarramento escono anche i soggetti più pericolosi sul piano criminale. Questo i cittadini lo devono sapere !
L'articolo 5 tratta della stabilizzazione dell'esecuzione della pena ai domiciliari per pene fino a 18 mesi. La misura era stata pensata nel 2010 come temporanea e solo fino alla completa attuazione del piano straordinario penitenziario, nonché in attesa della riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione, e comunque non oltre il 31 dicembre 2013. Con questo decreto si trasforma un regime straordinario ed emergenziale in scadenza in una condizione ordinaria e permanente. Quello che è certo è che questo provvedimento non risolve nulla, perché nelle carceri si continuerà a soffrire in spazi piccoli ed angusti, ai limiti della tortura: è a questa emergenza che si doveva dare una risposta. Il Governo svuota indiscriminatamente le carceri, ma le lascia fatiscenti ed inadeguate alla detenzione, evita di rispondere alla Corte europea dei diritti dell'uomo, che chiede che ci sia una riforma strutturale.Pag. 29
Paradossalmente la scusa è la stessa: tamponare le condanne dell'Europa. E il Ministro come lo fa ? Lo fa mascherando le inefficienze del piano carceri, che tuttora ha 470 milioni di euro bloccati da quattro anni in una contabilità speciale. Un piano carceri che ha a disposizione 500 milioni di euro, e che in due anni ha inaugurato zero nuovi posti, come più volte abbiamo denunciato. Il MoVimento 5 Stelle, in sostituzione dell'articolo, ha previsto la posticipazione del regime straordinario al 31 dicembre 2015, così da obbligare il Governo a rispettare l'impegno di realizzare il piano carceri promesso.
L'articolo 6 va a modificare l'articolo 16 del Testo unico dell'immigrazione, la cosiddetta Bossi-Fini, modificando la disciplina di espulsione dello straniero come misura alternativa alla detenzione per i delitti per i quali sia stabilita la pena detentiva superiore nel massimo a due anni. Ma, come al solito, questo Governo fa le pentole, ma non i coperchi: nella Bossi-Fini non esistono delitti per i quali sia prevista la pena della reclusione per un periodo inferiore o pari nel massimo a due anni. Ma non basta: la Bossi-Fini prevede che l'espulsione possa essere disposta anche nel caso di delitti puniti con pena superiore a due anni. Quale normativa applicheranno dunque gli addetti del settore ?
L'articolo 7, infine, prevede l'istituzione del Garante nazionale dei detenuti. Noi abbiamo proposto la soppressione di tale articolo: siamo favorevoli alla figura del Garante in quanto tale, ma non così come viene disciplinata dal decreto, che prevede che la nomina sia governativa: una nomina politicizzata non garantisce indipendenza e terzietà. Per quanto attiene ai poteri e funzioni, il decreto presenta un elenco meramente di facciata, che nella realtà rende inutile la figura del Garante: è chiaro che affinché possa essere realmente una figura di tutela per i detenuti, il Garante deve disporre degli strumenti e delle risorse economiche necessarie. Il decreto prevede invece che l'istituzione del Garante sia a costo zero: ciò ad ulteriore conferma che il Governo non intende investire nel settore giustizia.
Signori del Governo e della maggioranza, se metterete la fiducia su questo provvedimento vi assumerete la responsabilità di avere reimmesso nella società pericolosi criminali, ad un costo economico e sociale altissimo. Noi vi abbiamo avvertito della situazione in cui state mettendo il Paese. Vi assumete la responsabilità di non aver accolto l'appello di Roberti, il Capo nazionale antimafia, che ha denunciato: «Siamo di fronte a qualcosa di peggio di un indulto mascherato». Vi assumete la responsabilità di non aver ascoltato le parole di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che ha dichiarato. «Questo provvedimento avvantaggerà i mafiosi».
Vi assumete la responsabilità di essere rimasti sordi alle dichiarazioni del procuratore aggiunto di Messina, Sebastiano Ardita, e del magistrato della Corte di cassazione, dottor Raffaele Cantone, auditi entrambi in Commissione giustizia alla Camera dei deputati, che hanno denunciato che in Italia stiamo radendo il paradosso: per ogni anno di reclusione si sconterebbero solo sette mesi. Queste sono dichiarazioni di buonsenso, sono le dichiarazioni di chi tutti i giorni lavora a stretto contatto con le realtà criminale, la combatte, mettendo a rischio la propria vita, già a rischio insieme a quella di migliaia di altri lavoratori onesti.
Questo provvedimento rappresenta un'offesa alle vittime e uno sfregio al sistema giustizia, un chiaro segnale che la giustizia la volete annientare a favore di una società di criminali e mafiosi a piede libero.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Milena Santerini. Ne ha facoltà.
MILENA SANTERINI. Signor Presidente, a distanza di pochi mesi dalla approvazione della conversione in legge del decreto n. 78 il Governo torna a fronteggiare l'emergenza carceri con un Pag. 30nuovo decreto-legge diretto ad affrontare la questione del sovraffollamento carcerario, nonché a garantire la tutela dei diritti dei soggetti reclusi.
Il messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere dell'ottobre 2013 conteneva un chiaro e perentorio monito al Parlamento, lasciando la libertà di trovare soluzioni politiche per porre rimedio al problema del sovraffollamento. Il gruppo Per l'Italia registra con favore l'impegno di Governo e Parlamento su questo tema che si sta portando avanti attraverso una serie di provvedimenti. Purtroppo un ostruzionismo, a volte pretestuoso, non ha permesso gli approfondimenti necessari nell'iter in Commissione.
Come sappiamo l'Italia è stata sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per detenzioni che violano ogni rispetto della persona; la Corte considera un trattamento inumano e degradante quando ciascun detenuto disponga di uno spazio personale pari o inferiore a 3 metri quadri e noi, oggi, abbiamo 147 detenuti dove dovrebbero esserne 100.
Vengo da Strasburgo, dalla riunione dei parlamentari del Consiglio d'Europa dove è stato ancor più chiaro che l'Italia è seconda, su ben 47 Paesi componenti del Consiglio d'Europa, per numero dei ricorsi cosiddette «ripetitivi» o «seriali». I giudici hanno constatato che la violazione dei diritti fondamentali dei detenuti che ricorrevano in Italia non era un caso isolato, ma conseguenza del cronico malfunzionamento del sistema penitenziario. Rischia quindi, come sappiamo bene, ingenti risarcimenti.
Ma il motivo per cui ora procedere a misure di «messa alla prova», garanzie dei diritti, sconti di pena non può essere la minaccia di sanzione; il Parlamento deve sentire come un inderogabile dovere la necessità di porre fine a trattamenti inumani e degradanti. Basterebbe il triste conteggio dei suicidi, anche tra gli agenti penitenziari, perché nelle nostre carceri ci si uccide con una frequenza tra le 17 e le 20 volte superiore a quella che si registra nel Paese fuori dal carcere. Al contrario di quello che succede tra le persone libere, tra le sbarre la percentuale di suicidi è assai più elevata tra i giovani tra i 24 e i 35 anni. Spesso si verificano nei primi tempi, dopo l'ingresso in carcere, quando l'impatto con un mondo di cui spesso si ignorano regole e linguaggi, codice e gerarchie, fa precipitare in un stato di smarrimento che può portare anche al suicidio.
Ma si può morire di carcere anche per malattie non curate o situazioni inconciliabili con le condizioni di vita dietro le sbarre. Il sistema carcere, e lo sentiamo anche in questa Aula anche ora, continua a considerare la chiave un simbolo di sicurezza, ma è il contrario. Il carcere chiuso, senza progetti di recupero sociale, è patogeno e criminogeno, produce il 70 per cento dei recidivi in circolazione e tutto questo al prezzo di ben 116 euro al giorno per detenuto.
Mentre, negli ultimi tre anni, al dicembre 2013, le evasioni dai permessi premio sono state soltanto 133 su 66.589: lo 0,00 per 100.
È segno che la società è più sicura quando chi ha sbagliato viene messo alla prova. Il provvedimento introduce importanti migliorie in materia di pene alternative al carcere, penso in particolare alle disposizioni in materia di affidamento in prova, che prevedono l'innalzamento da tre a quattro anni del limite di pena per l'applicazione dell'affidamento in prova ai servizi sociali con più ampi poteri del magistrato di sorveglianza per la sua applicazione.
Guardiamo con favore alla messa a regime della disposizione che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, ma io qui vorrei sottolineare l'importanza del personale che coopera alla valutazione delle condizioni della messa alla prova. Non è stato, ad esempio, giudicato ammissibile un mio emendamento sul valore della presenza degli educatori che, insieme a psicologi e assistenti sociali, cooperano nell'accompagnare quotidianamente i detenuti, viverne le domande e i problemi. Non ci stancheremo di dire che è indispensabile rafforzare l'istituto della probation, la messa alla prova introdotta con Pag. 31disegno di legge di delega al Governo, che comporta condotte riparatorie e, dove possibile, risarcitorie, lo svolgimento di lavori di pubblica utilità e attività di volontariato.
Mi sorprende lo zelo giustizialista e punitivo di colleghi anche giovani, le cui invettive e allarmi abbiamo ascoltato per mesi in Aula, che non hanno maturato una coscienza della pena come tentativo di riportare alla legalità chi ha compiuto un crimine e riammetterlo nella comunità come membro a pieno diritto dopo aver pagato un prezzo. Sembra invece che si cerchi la criminalizzazione in un'ansia punitiva tipica delle società autoritarie. Le democrazie invece credono nella libertà dell'individuo di cambiare e nella sua capacità di riabilitarsi, forse questi giovani colleghi non credono in società democratiche. Ogni carcere desocializza la persona, la esclude dal lavoro, dalla casa, dalle relazioni abituali, ma questo carcere diventa in più un luogo criminogeno dove si perde la dignità insieme alla socialità. Questo carcere non è giusto. Oggi buona parte della popolazione detenuta – dicono gli operatori – è costituita da persone che provengono dall'emarginazione sociale, immigrati, tossicodipendenti, malati mentali, spesso fragili psichicamente, privi delle risorse caratteriali necessarie per sopravvivere in carcere.
Sul tema è intervenuto anche Papa Francesco il 23 ottobre dicendo: è facile punire i più deboli, mentre i pesci grossi nuotano liberamente nelle acque. Su circa 64 mila carcerati in 205 istituti, il 35 per cento è composto da stranieri, il 36 per cento ha un'imputazione o condanna per violazione della legge sulle droghe, più della metà è dentro per reati contro il patrimonio, alcuni stanno lanciando allarmi sulla possibile liberazione di detenuti per reati come quelli mafiosi, ma solo il 10 per cento ha una condanna o un'imputazione per mafia o dintorni, e 24 mila detenuti, il 60 per cento deve scontare una pena residua inferiore ai tre anni.
Segnalo quindi su questo tema, come indicato dai colleghi della Commissione affari sociali, il mancato riferimento in questo decreto-legge ai temi della medicina penitenziaria, anche alla luce dei recenti tragici episodi riguardanti soggetti detenuti gravemente malati, o l'assenza di disposizioni sull'importanza di garantire rapporti tra i genitori detenuti e i figli, che siano mantenuti anche grazie allo svolgimento di colloqui in luoghi idonei all'interno del carcere.
La misura temporanea denominata liberazione anticipata speciale prevista all'articolo 4 è destinata ad aumentare i flussi in uscita dal carcere, estendendo a settantacinque giorni per semestre la detrazione di pena. Per i reati di particolare allarme sociale, di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento, è necessaria una motivazione rafforzata. Infatti, ha senso solo perché non è automatica, ma deve essere valutata la persona sulla prova della partecipazione del condannato all'opera di rieducazione. L'applicazione della liberazione anticipata – ci dicono le audizioni in Commissione giustizia, che sono state fatte in questi giorni e in questi mesi – avrebbe un effetto di una certa consistenza sul sovraffollamento della popolazione carceraria e potrebbe portare il numero dei detenuti sotto la soglia dei 60 mila.
Certo, una più ampia e ragionata discussione su questi temi avrebbe certamente portato a miglioramenti e accorgimenti ulteriori – siamo d'accordo – in merito a una più profonda valutazione per quanto concerne la rieducazione del condannato per reati particolarmente odiosi e violenti. Il testo invece arriva oggi in Aula senza che ci sia stata alcuna discussione sugli emendamenti presentati agli articoli appena richiamati.
Il reclamo: bisogna dare voce a chi è recluso; in questo senso, a nostro parere, invece è molto importante dare maggiori garanzie ai detenuti nel procedimento, ampliando l'oggetto dei reclami, davanti al magistrato, soprattutto quello per l'inosservanza da parte dell'amministrazione di disposizioni previste da questa stessa legge. Il detenuto si deve difendere dallo Stato stesso, che non gli riconosce spazio vitale, come chiede tutta la giurisprudenza italiana ed europea.Pag. 32
Con particolare favore guardiamo la tutela dei diritti dei detenuti, di cui all'articolo 7, che istituisce il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale con funzioni di vigilanza, visita e aumentando la tutela dei loro diritti. Noi riteniamo che su questo punto si sarebbe dovuto fare di più e meglio. Sono necessarie risorse economiche per il funzionamento di questo ufficio; inoltre, per qualifiche ed esperienze, occorreva chiarire che non si deve trattare di funzionari qualsiasi, non di una prebenda politica, ma di un profilo che richieda esperienza specifica proprio per evitare che diventi occasione di spartizione politica.
Poi, maggiori approfondimenti avrebbe meritato l'articolo 2 – non mi soffermo – sulla condotta del piccolo spacciatore, che svolge sulla strada l'attività di vendita al minuto delle sostanze stupefacenti. L'articolo 2 – vorrei sottolinearlo – interviene sulla disciplina dell'affidamento terapeutico al servizio sociale di tossicodipendenti e alcoldipendenti, oggi un quarto del totale, abrogando il divieto di disporre per più di due volte l'affidamento terapeutico ai servizi sociali. È giusto perché spesso le persone tossicodipendenti sono le più esposte a reiterare il reato. L'affidamento terapeutico non è necessariamente presso una struttura residenziale; i tribunali di sorveglianza, però, nella prassi, preferiscono le comunità, ma dobbiamo constatare che attualmente – e personalmente mi sono scontrata più volte con questo problema – i posti disponibili presso le comunità di recupero sono insufficienti e sarebbe necessario un deciso impegno economico per realizzare una reale diminuzione del numero dei carcerati per tossicodipendenza e garantire quell'assistenza personalizzata che solo le comunità terapeutiche possono dare.
Altrettanto, con forza, chiediamo di fare più e meglio per il lavoro dei detenuti e gli sgravi alle imprese che li impiegano. Le attività dentro la prigione si controbilanciano con interventi e iniziative anche all'esterno dell'istituto penitenziario, dato che le difficoltà mostrate dai soggetti detenuti possono essere risolte solo attraverso un'efficace azione fuori dal carcere.
Concludo, con qualche nota sull'articolo 6 che interviene sul testo unico dell'immigrazione: l'anticipazione dell'identificazione all'atto dell'ingresso del detenuto nell'istituto, oltre ad accrescere le possibilità di applicazione dell'espulsione ai sensi del decreto n. 286 del 1998, dovrebbe anche produrre il positivo risultato di evitare, o perlomeno ridurre la detenzione degli stranieri nei centri di identificazione ed espulsione, successivamente all'espiazione della pena, detenzione motivata molto di frequente proprio dalla necessità di completare le procedure di identificazione per l'espulsione vergognosamente lunghe.
Ritengo quindi, concludendo, che noi come gruppo Per l'Italia valutiamo in maniera complessivamente favorevole questo testo e chiediamo ancora un maggiore approfondimento ed un ampio dibattito in quest'Aula, nonché ulteriori interventi futuri sulla strada aperta da questo decreto per garantire il diritto fondamentale di vivere con dignità in carcere (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).
PRESIDENTE. A questo punto sospendo la seduta per 45 minuti. Riprenderà alle 14,05.
La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 14,05.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Bonifazi, Capezzone, Damiano, Leone, Antonio Martino, Meta, Mogherini, Andrea Romano e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori.
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo solo per riportare la richiesta che la Commissione, in particolare il Comitato dei nove della Commissione giustizia, presenta, cioè quella di una brevissima sospensione che consenta loro di finire i lavori fino alle ore 14,30, se non vi fossero obiezioni da parte sua o dei gruppi presenti in Aula.
PRESIDENTE. Al fine di agevolare il lavoro del Comitato dei nove sospendo la seduta fino alle ore 14,30.
La seduta, sospesa alle 14,06, è ripresa alle 14,40.
Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 1921-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che i deputati Attaguile, Bazoli, Sarti, Fedriga e Prataviera non sono in Aula; s'intende che vi abbiano rinunciato.
È iscritto a parlare il deputato Turco. Ne ha facoltà.
TANCREDI TURCO. Signor Presidente, sottosegretario Berretta, grazie anche ai pochi colleghi presenti in Aula. In questo mio intervento, appunto, su questo decreto «svuota carceri» voglio arrivare a parlare di tre punti fondamentali, che ho anche sentito da altri colleghi. Il primo punto, la prima problematica di questo decreto, riguarda il fatto che per l'ennesima volta mi sto accorgendo che – perché da dieci mesi circa dura questo Governo e questa legislatura – noi qui in Aula siamo costretti, per l'ennesima volta appunto, a dovere votare un decreto-legge che arriva dal Governo, e non una proposta di legge di iniziativa di singoli deputati e di qualche gruppo parlamentare né una proposta di legge di iniziativa popolare (e questo sarebbe bellissimo).
Il secondo punto che andrò a trattare riguarda, invece, il problema dei braccialetti elettronici. Sappiamo che sono già stati spesi circa 120 milioni di euro dal 2001, da quando appunto sono stati introdotti, in qualche modo, questi braccialetti elettronici. Il terzo punto, che secondo me costituisce poi il problema maggiore, riguarda il nuovo istituto della liberazione anticipata cosiddetta «speciale».
Vengo, quindi, a parlare del primo punto. Il reiterato ricorso da parte del Governo all'utilizzo dello strumento della decretazione d'urgenza desta notevoli perplessità, in quanto impone tempi limitatissimi al procedimento parlamentare di conversione di un decreto-legge e questi non sono idonei a garantire un'adeguata discussione ed ancor più il necessario e ponderato bilanciamento dei delicati interessi generali in gioco.
Il procedimento di conversione, previsto dall'articolo 77 della Costituzione, non serve più a convertire in legge il contenuto di quei provvedimenti provvisori adottati dal Governo in casi straordinari di necessità e urgenza, ma viene utilizzato come escamotage per fare approvare un'iniziativa legislativa del tutto nuova, di fatto spesso inemendabile, eludendo le regole ordinarie del procedimento legislativo. Tale rilievo è ancora più realistico se si considera che questo decreto non ha avuto completo esame in Commissione a seguito della decisione, prima del completo svolgersi della fase referente, di porre in votazione il conferimento del mandato al relatore, in presenza di centinaia di emendamenti ancora da discutere e votare singolarmente.
In linea con l'invalsa prassi dei decreti-legge di ferragosto – ricordo, uno su tutti, il cosiddetto «lodo Alfano» – siamo in presenza di un decreto-legge natalizio, in quanto questo decreto-legge è arrivato durante le ferie natalizie. Con questo decreto Pag. 34si è ancora una volta di fronte ad un intervento disorganico, dettato dalla contingenza di alleggerire la densità dei reclusi all'interno delle carceri, che secondo gli ultimi dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il DAP, aggiornati al 30 settembre 2013, risulterebbero di 64.758 detenuti, mentre la capienza regolamentare sarebbe di 47.615 detenuti. Di questi detenuti almeno 26.042 sono detenuti in forza della legge sulle sostanze stupefacenti, il decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990. Quindi, direi che se si vuole andare a intervenire e ad affrontare veramente il problema del sovraffollamento delle carceri credo che bisogna andare a intervenire su quella che è la legge «Fini-Giovanardi» che ha, ricordo, equiparato le droghe leggere alle droghe pesanti.
Vado avanti. Anche questo decreto altro non è che il prodotto di politiche che non sono ispirate dal senso di responsabilità istituzionale, teso a salvaguardare i principi della funzione rieducativa e della certezza della pena (direi che va in tutt'altra direzione). Sin dall'inizio di questa legislatura in tema di sovraffollamento carcerario le soluzioni sin qui proposte dal Ministro sul piano quantitativo sono improntate a provvedimenti unicamente correttivi, che non sono in grado di incidere significativamente sul miglioramento delle condizioni detentive dei reclusi nei penitenziari.
Non basta mettere fuori detenuti dal carcere per risolvere il sovraffollamento delle carceri. Occorre andare anche a risolvere i problemi che i detenuti hanno nelle carceri, perché non sono neanche in grado di farsi una doccia con l'acqua calda. Questi sono i problemi del sovraffollamento delle carceri ! L'annoso e ormai cronico problema del sovraffollamento carcerario rappresenta una grave questione di legalità per l'ordinamento italiano e di certo non potrà trovare soluzione per mezzo di questo decreto, che, sebbene risulti omogeneo alle disorganiche ed inefficaci politiche messe in atto sin qui dal Governo per alleggerire la densità all'interno delle carceri, reca, in realtà, un indulto mascherato, estraneo alla Costituzione.
Ribadisco che la liberazione anticipata speciale non è altro che un indulto mascherato. Non si comprende quali interessi persegua, quindi, il Governo facendo ricorso ad indiscriminati provvedimenti indulgenziali, slegati dall'apposito percorso previsto dall'articolo 79 della Costituzione, se non quello di ovviare all'improbabile raggiungimento della maggioranza qualificata richiesta per i provvedimenti di questa natura (ricordo che per l'indulto è prevista una maggioranza dei due terzi del Parlamento).
Ad ogni modo, è giusto anche ricordare quali sono stati gli effetti dell'indulto del 2006. Prima di tale indulto erano presenti nelle carceri italiane oltre 60 mila reclusi, a fronte di una capienza regolamentare di circa 43 mila detenuti. Un mese dopo l'indulto, i reclusi erano 38 mila, e quindi erano notevolmente scesi di oltre 20 mila detenuti, ma un anno dopo, il 30 giugno 2007, erano già 43.957, e due anni dopo, il 30 giugno 2008, vi erano oltre 55 mila detenuti. Quindi, sostanzialmente, l'indulto non è servito a nulla, perché, nel giro di due, massimo tre anni, si è tornati ancora al problema del sovraffollamento delle carceri, non risolto, quindi, dall'indulto.
Il dato iniziale numerico dei detenuti riferito alla situazione preindulto è stato pertanto raggiunto prima dello scadere del terzo anno dal provvedimento di clemenza. Con riferimento alle problematiche della situazione carceraria, non si può non rilevare come questi interventi vengano a creare situazioni e condizioni assolutamente paradossali e siano volti all'unica contingente necessità di cercare di evitare – solo nell'immediato, beninteso – le gravose ripercussioni economiche derivanti dall'applicazione della sentenza Torreggiani.
In tale sentenza, la Corte europea dei diritti dell'uomo rileva che la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante Pag. 35da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora, in futuro, numerose persone. Questo, ripeto, lo ha detto la Corte europea dei diritti dell'uomo. Per questo, la Corte ha ordinato alle autorità nazionali di approntare entro un anno le misure necessarie che abbiano effetti preventivi – ripeto, effetti preventivi – e compensativi che garantiscano realmente una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia.
La Corte europea dei diritti dell'uomo fa riferimento anche al documento Raccomandazione del Consiglio d'Europa n. 22 sul sovraffollamento delle carceri e l'inflazione carceraria. In particolare, in tale atto si rileva che – leggo testualmente – «la privazione della libertà dovrebbe essere considerata come una sanzione o una misura di ultima istanza, e dovrebbe, pertanto, essere prevista soltanto quando la gravità del reato renderebbe qualsiasi altra sanzione o misura manifestamente inadeguata» e che «gli Stati dovrebbero esaminare – credo che vada sottolineata questa frase – l'opportunità di depenalizzare alcuni tipi di delitti o di riqualificarli in modo da evitare che essi richiedano l'applicazione di pene privative della libertà».
Credo che sia in questa direzione che occorra intervenire, e non, ripeto, con un indulto mascherato. Passo al secondo problema che avevo annunciato di voler trattare, cioè il problema dei braccialetti elettronici. Anche qui, vorrei citare una frase del dottor Leo Beneduci del sindacato di polizia penitenziaria OSAPP (ho già fatto un intervento analogo anche in Commissione, prima che venisse impedita la discussione degli emendamenti). Credo che il dottor Beneduci riassuma veramente qual è il problema di questi braccialetti elettronici. Cito: «Simili iniziative sono costate negli anni non meno di 120 milioni di euro, con i risultati che tutti conosciamo. Forse, qualcuno ritiene di dover sprecare, a carico della collettività, ancora altro denaro».
E a questo punto farei una breve cronistoria di questi braccialetti elettronici e la storia la prendo dal settimanale Panorama di qualche settimana fa.
Tutto inizia il 5 aprile 2001, quando il Ministro dell'interno Enzo Bianco avvia la sperimentazione dello strumento e fissa i primi accordi con cinque aziende per 400 braccialetti elettronici. La spesa: oltre 11 milioni di euro in due anni. Poi, il 6 novembre 2003, il nuovo Ministro dell'interno Giuseppe Pisanu firma una nuova convenzione con la Telecom, sempre per 400 braccialetti: 10,9 milioni di euro all'anno fino al 31 dicembre 2011, in totale altri 97,5 milioni di euro. Ed è già uno scandalo, perché fino a quel momento il braccialetto è stato applicato a quattro, cinque reclusi, uno dei quali poi si è anche dato alla fuga. E si arriva così al 15 gennaio 2012 e lo scandalo si rinnova per la terza volta. Malgrado l'evidenza del disastro dell'operazione, l'allora Ministro dell'interno Annamaria Cancellieri, oggi Ministro della giustizia, conferma la convenzione con la Telecom scatenando qualche malumore nella collega della giustizia di allora, Paola Severino. Si passa a 2 mila braccialetti al costo di 9 milioni di euro l'anno fino al 2018. In totale si investono così altri 63 milioni di euro.
Il 13 settembre 2012 la Corte dei conti censura l'operazione come una reiterata spesa antieconomica e inefficace. Io credo che a questo punto valga la pena leggere proprio quello che la Corte dei conti ha detto, vale proprio la pena riportarlo per intero. Quindi, testualmente leggo: «Il rinnovo della convenzione con la Telecom per una durata settennale, dal 2012 fino al 2018, ha reiterato, perciò, una spesa, relativamente ai braccialetti elettronici, antieconomica e inefficace, che avrebbe dovuto essere almeno oggetto, prima della nuova stipula, di un approfondito esame, anche da parte del Ministero della giustizia, Dicastero più in grado di altri di valutare l'interesse operativo dei magistrati, per appurare la praticabilità di un mancato rinnovo». Questa era la posizione dei giudici contabili, messa nero su bianco nella loro relazione datata 13 settembre.Pag. 36
Di più: secondo la Corte il rinnovo della convenzione, avvenuto a prezzi o prestazioni non identici, e perciò qualificata inesattamente come una proroga, avrebbe dovuto o potuto essere oggetto di riflessione e/o di trattative, se non di comparazione con altre possibili offerte, cosa che ovviamente – sottolineo – non è avvenuta.
E poi vorrei aggiungere anche un altro punto di vista poco pratico dell'utilizzo di questi braccialetti elettronici. Infatti, nella pratica, secondo me, questi braccialetti elettronici non verranno quasi mai applicati e questo perché i detenuti agli arresti domiciliari godono spesso di permessi premio durante la settimana. Penso soprattutto a quei detenuti agli arresti domiciliari che sono detenuti nella propria casa, ma abitano da soli. Spesso a questi detenuti che abitano da soli viene concesso una volta alla settimana, o anche due volte alla settimana, di uscire un paio d'ore dal proprio domicilio per andare a fare la spesa, pagare le bollette, buttare via la spazzatura. Ecco, io credo che a questi detenuti non possano essere applicati i braccialetti, perché poi mancano, nella pratica, dei tecnici che controllino che avvengano questi spostamenti, che sono autorizzati dal giudice, e che non suoni regolarmente l'allarme. Quindi, nella pratica – ripeto – poi questi braccialetti, secondo me, non verranno mai applicati.
E passo così al terzo punto, alla terza problematica che vorrei sottolineare in questo mio intervento, quella che riguarda la liberazione anticipata speciale. Questo decreto-legge, infatti, introduce una norma che prevede la liberazione anticipata speciale, tale da consentire un ulteriore sconto di pena di trenta giorni, oltre ai quarantacinque già previsti dalla normativa vigente, ogni sei mesi di pena detentiva che è stata scontata. Cioè, nella pratica, oggi i detenuti possono usufruire di una liberazione anticipata per buona condotta che è pari a quarantacinque giorni ogni sei mesi di detenzione; nella pratica sono tre mesi ogni anno di detenzione. La si vuole portare a cinque mesi ogni anno di detenzione: sostanzialmente a quasi la metà. Nella pratica uno viene condannato a sei anni, poi dovrà scontarne poco più della metà. Credo che sia veramente una liberazione anticipata troppo, troppo alta.
Il pessimismo nei confronti della norma investe vari profili: sia la sua retroattività per il computo temporale del beneficio all'anno 2010, sia la sua provvisorietà, cioè l'applicabilità per soli due anni successivamente alla sua entrata in vigore, venendo a creare fatalmente situazioni di disparità del tutto irragionevoli.
Vorrei anche sottolineare, come rafforzamento, che chi beneficerà di questa liberazione anticipata speciale sono i detenuti che hanno riportato anche delle sentenze importanti di 6, 7 o 8 anni. Questi sono i detenuti che potranno usufruirne interamente. I detenuti che invece hanno riportato delle condanne molto più miti, di 2 o 3 anni, che sono poi la stragrande maggioranza, ne potranno usufruire solo in parte, perché, come ripeto, la norma è retroattiva fino al primo gennaio 2010 e sarà valida per due anni.
Oltre che a forte rischio di incostituzionalità per contrasto all'articolo 3 della Costituzione, poiché crea strutturalmente più di una disparità evidente tra soggetti in condizioni analoghe, risulta essere del tutto politicamente ipocrita ed inopportuna. È ipocrita perché si presenta come la soluzione di un problema ed invece è solo un modo per nascondere il problema. È inopportuna perché al suo posto sarebbe auspicabile venissero inserite norme che inizino quanto meno ad impostare soluzioni durature e strutturali al problema del sovraffollamento carcerario. Ripeto: bisogna trovare soluzioni durature. Questa norma dà luogo a meccanismi per i quali si prevedono sconti di pena proporzionali alla pena scontata, in grado di avvantaggiare i detenuti più pericolosi sul piano criminale, macchiatisi di reati di grave allarme sociale ovvero associativi di tipo mafioso, ai quali è già oggi consentito di poter uscire anticipatamente dal carcere, provocando altresì l'effetto di vedere riconosciuti più benefici al crescere della pena, a scapito della sicurezza sociale.
Provvedimenti di questo tipo hanno avuto ed avranno, come ulteriore riflesso, Pag. 37un impatto assolutamente negativo sul fronte della percezione del principio della certezza della pena per i condannati, i quali comprenderanno il disvalore dei fatti per i quali sono stati condannati e sono in detenzione in misura sempre minore e contribuiranno, invece, ad una perversa interpretazione della funzione deterrente della pena, tale da snaturarne il carattere.
È da notare che, in sede di approvazione dell'indulto del 2006, il Parlamento aveva avuto l'accortezza di escludere dall'applicazione dello sconto di pena di 3 anni un novero di reati tra quelli più odiosi e violenti, idonei a causare un grave attacco alla pace sociale, quali i reati associativi di stampo mafioso, i reati di eversione e terrorismo, di violenza sessuale e pedopornografia, riduzione in schiavitù, strage, banda armata e illeciti in tema di armi, usura, riciclaggio, sequestro di persona, per citare le principali esclusioni, che invece non vengono prese in considerazione nel provvedimento in esame. E questo, credo, è gravissimo.
Ben si potrebbe più incisivamente andare ad incidere sulla depenalizzazione di alcune fattispecie di reato, in linea con il mutamento della percezione di disvalore sociale delle condotte dalle stesse previste, creando così i presupposti per un progressivo contenimento della popolazione carceraria, con effetti duraturi nel corso del tempo.
Io a questo punto concludo, sottolineando e rimarcando come il MoVimento 5 Stelle si opporrà in maniera veramente dura a questo decreto-legge vergogna, ed invito veramente tutte le parti, quanto meno, ad accogliere alcuni nostri emendamenti, che migliorerebbero quanto meno in parte, se si può, questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, io penso che ci sia una premessa doverosa da fare, perché quando è stato fatto questo Governo ci è stato detto che il nostro Paese era in una crisi economica drammatica, che serviva intervenire prontamente con dei provvedimenti di carattere economico, che serviva un Governo di unità nazionale, mettendo assieme all'allora PDL il Partito Democratico per intervenire sul fronte economico, che c'erano tante questioni sull'occupazione, sui giovani senza lavoro, sulle aziende che chiudevano, sul famigerato spread, sul debito pubblico e quant'altro.
Poi però, in questi mesi – anzi, ormai è quasi un anno – di provvedimenti di carattere economico ne abbiamo visti veramente pochini, per non dire che abbiamo visto quasi esclusivamente la legge di stabilità, che è obbligo farla. Tutti gli altri provvedimenti che abbiamo visto sono provvedimenti secondo me di stampo ideologico. Noi siamo al quarto provvedimento «svuotacarceri».
Vuol dire, sostanzialmente, che se qualcuno delinque – non se ruba le caramelle, ma se rapina in casa o commette addirittura il reato di pedofilia, che è un reato assolutamente schifosissimo e che è dentro questi provvedimenti, come altri reati dei più incredibili – gli si dice, con questo quarto provvedimento: guardate, criminali, voi andate a casa, perché abbiamo un problema nelle nostre carceri. Ma, peggio, ai cittadini che i reati li hanno subiti, ai cittadini che non vanno in giro a rubare o a spacciare, che non vanno in giro a commettere i reati più diversi, che non fanno rapine o furti negli appartamenti, a questi cittadini, che magari i reati li subiscono, si fa il torto di non vedersi poi ripagati, anzi di vedere chi ha commesso il reato, quelle poche volte, tra l'altro, che viene arrestato o che viene individuato il criminale, tornarsene a casa come se nulla fosse stato. Noi, innanzitutto, come Lega Nord, stiamo dalla parte di chi i reati li subisce e non dalla parte di chi i reati li commette e questo continueremo a ripeterlo alla noia.
Il bello è che, poi, dentro questi provvedimenti qualcosa di carattere economico è stato fatto, ma è stato fatto in senso contrario all'elementare buonsenso. In altre parole, si è detto: guarda, caro lavoratore, Pag. 38che magari hai cinquant'anni, la tua azienda chiude e oggi sei disoccupato, per te sono tutti cavoli tuoi, sono fattacci tuoi, vatti a trovare un lavoro, vatti a cercare un'occupazione. Se, invece, c’è un criminale che è andato in giro a rapinare e che viene rilasciato con lo «svuotacarceri», a lui vengono messe a disposizione delle risorse economiche affinché un'azienda che assume il detenuto liberato con lo «svuota carceri» abbia il credito d'imposta per assumere lui. Ci troviamo nel paradosso che a un'azienda conviene assumere chi ha commesso dei reati, che esce con lo «svuotacarceri», perché il Governo mette a disposizione delle risorse, invece della persona che non è andata in giro a delinquere, che ha sempre rispettato le leggi, che magari si è spaccata la schiena per trenta o quaranta anni di lavoro e che oggi si trova disoccupata per via della crisi economica. Il Governo interviene soltanto verso chi, invece, le leggi non le ha rispettate ed è stato un criminale. Questo è moralmente sbagliato, ancorché prima che economicamente. Questo è moralmente sbagliato perché si fa un torto alla gente onesta che ha sempre lavorato e non è mai andata in giro a rubare o a far furti negli appartamenti e ha sempre rispettato le regole. Si fa un torto ai cittadini onesti di questo Paese che perdono il posto di lavoro e magari sono stati anche derubati e che invece che vedere il criminale punito, lo vedono assunto al loro posto perché il Governo mette a disposizione delle risorse solo per questa fattispecie di persone.
Tra l'altro, volendo fare un discorso più generale, noi abbiamo visto solo provvedimenti di questo tipo. Penso all'omofobia e agli altri provvedimenti di carattere ideologico che sono stati adottati dal Governo. Non abbiamo mai visto provvedimenti di carattere economico incisivi per andare a far fronte al problema della crisi, dell'occupazione, del lavoro, della pressione fiscale, cioè a quei motivi per i quali anche questo fine settimana i telegiornali ci hanno parlato di persone che si sono tolte la vita perché non riescono a far fronte alla crisi, perché non riescono a pagare il mutuo, perché non riescono più a reggere questa situazione economica. Noi, invece, continuiamo ad occuparci di liberare i criminali. Un Paese serio, se anche ci fosse un problema di carceri e di sovraffollamento delle carceri, modernizza le carceri che ha o ne costruisce di nuove visto che, tra l'altro, costruire le carceri non vuol dire costruire una schiera di villette con piscina che possiamo comprendere che abbiano un costo anche elevato. Si tratta di costruire degli stabili, tanti dei quali ci sono già e si tratterebbe soltanto di renderli agibili.
PRESIDENTE. Chiedo scusa. Colleghi, è possibile abbassare il tono della voce ? È possibile liberare anche il banco del Comitato dei nove ?
PAOLO GRIMOLDI. Uno stabile in Calabria è l'esempio più eclatante: un carcere dove manca soltanto la strada per collegarlo alla viabilità ordinaria. Non si capisce per quale motivo non si intervenga, come farebbe qualunque Paese serio che vuol far rispettare le proprie leggi e le proprie regole e che porta rispetto ai propri cittadini onesti che le leggi e le regole le rispettano, per modernizzare o costruire carceri nuove. È vero che circa il 50 per cento dei carcerati nel nostro Paese sono extracomunitari, vengono da Paesi terzi, vengono a causa dell'immigrazione, dell'immigrazione che non viene più controllata da quando c’è questo Governo, e che poi, qua, nel nostro Paese, commettono reati. Se c’è un sovraffollamento delle carceri per via di queste figure, è sufficiente battere la strada di far scontare la pena nei loro Paesi di origine.
Perché dobbiamo sobbarcarci di immigrati che vengono da Paesi terzi qua, a casa nostra, che, comprendiamo benissimo, hanno un costo, invece di far scontare loro la pena nei Paesi di origine ? Non vengono qua per lavorare o, se hanno cercato di lavorare, hanno commesso dei reati anche efferati. I reati di violenza sessuale, tanto cari al Presidente Boldrini, arrivano ad essere coperti per quasi il cinquanta per cento da immigrati extracomunitari. Pag. 39Il Presidente Boldrini invece di inviare messaggi agli immigrati di venire tutti qua, a casa nostra, dovrebbe preoccuparsi, invece, di rispettare fino in fondo le donne e non soltanto quando fa comodo a lei e, quindi, di cercare di regolamentare l'immigrazione, visto quello che poi l'immigrazione non regolamentata porta in termini di violenza soprattutto verso le donne, numeri alla mano, qua, sul nostro territorio.
E poi un'altra osservazione: in questo nuovo svuotacarceri – ricordiamolo è il quarto, ripeto: il quarto – in cui si continua a far perdere tempo al Parlamento pensando ai cittadini quanto meno disonesti rispetto a chi è onesto e rispetta le regole, si rifinanziano, e ci si occupa, dei cosiddetti braccialetti elettronici. A parte l'aspetto molto dubbio della spesa, visto che la stessa Corte dei conti è intervenuta...
PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di abbassare un po’ il tono della voce, per favore. Prego.
PAOLO GRIMOLDI. ...mettendo in dubbio che questa spesa sia una spesa che trovi un minimo di equilibrio e non lo diciamo noi, lo dice la Corte dei conti. Inoltre, sotto l'aspetto etico e morale, non è tollerabile che l'allora Ministro dell'interno Cancellieri abbia firmato per finanziare questi braccialetti, per portare avanti questo provvedimento, la Corte dei conti è intervenuta, però adesso deve esprimersi il Ministero della giustizia che è oggi presieduto dalla stessa Cancellieri. Noi crediamo che la Cancellieri possa essere d'accordo con se stessa, però vedere poi il figlio che diventa manager di Telecom, quando il finanziamento di questi braccialetti viene pagato proprio a Telecom, qualche dubbio e qualche perplessità soprattutto dai banchi della maggioranza vorremmo sentirlo. Perché i precedenti della Cancellieri si commentano da soli. Abbiamo avuto modo di discutere sulla figura di questo Ministro e su alcune sue intercettazioni telefoniche. Capisco che per i figli si fa di tutto e di più, però ora che questo ragazzo, questo figlio del Ministro Cancellieri diventa inspiegabilmente manager di Telecom la cui azienda prende qualche milione di euro per la faccenda dei braccialetti spinti dall'allora Ministro Cancellieri, Ministro dell'interno e oggi approvati dall'odierno Ministro Cancellieri, Ministro della giustizia e, guarda caso, prendono il figlio come grande manager... Io non metto in dubbio che sia un grandissimo manager, però lei capisce, signor Presidente, che a pensar male si fa peccato ma qualche piccolo dubbio sorge spontaneo, visti i soldi, che anche la Corte dei conti denuncia essere inappropriati, che vengono dati per finanziare Telecom per questa barzelletta dei braccialetti, che poi tutte le trasmissioni televisive ci raccontano non funzionare neanche. Però, meno male, che c’è il manager figlio della Cancellieri che adesso si occuperà di Telecom a tutti gli effetti e forse farà persino funzionare questi braccialetti.
Però noi questi dubbi li abbiamo. Li abbiamo a livello etico e morale, li abbiamo perché sono riportati da altre istituzioni come la Corte dei conti. Sappiamo che li ha buona parte della maggioranza e noi, su questo provvedimento, tali questioni le vogliamo denunciare fino in fondo perché non è tollerabile che si vada avanti ogni tre mesi con uno «svuotacarceri» e con provvedimenti economici di dubbia moralità all'interno degli stessi. E noi lo denunciamo. E poi, scusate, non è che lo dice la Lega Nord o lo dicono le altre forze di opposizione o il MoVimento 5 Stelle: lo dice il Procuratore nazionale antimafia che ha detto che questo «svuota carceri» è un regalo alla mafia. Quindi vuol dire che la maggioranza di Governo si sta intestando un regalo alla mafia oppure sta sfiduciando il Procuratore nazionale antimafia e non l'ha detto solo il Procuratore nazionale antimafia che, per quanto mi riguarda, sarebbe già più che sufficiente, l'hanno detto anche altri magistrati tra cui Ardita, che ha detto che questo provvedimento va nella direzione di favorire la criminalità organizzata.
Qui in aula dovrebbe esserci oggi il Ministro Cancellieri, non dico a spiegarci Pag. 40le sventure del figliolo, grande manager, o il finanziamento per i braccialetti elettronici o le intercettazioni telefoniche, ma i motivi per cui magistrati e procuratore nazionale antimafia dicono che questo provvedimento è un regalo alla criminalità e alla mafia. Il Ministro non è neanche in Aula a spiegarci le sue ragioni, il motivo per cui, ogni tre mesi, vuole liberare i criminali invece di occuparsi, come Ministro della giustizia, che le leggi vengano rispettate e che i criminali espiino le colpe nelle patrie galere – per rispetto della gente onesta, che invece le leggi le rispetta – piuttosto che andare in giro a delinquere. Tutto questo, invece, non lo vediamo, e ci dispiace, perché è un film che continuiamo a vedere, anche noioso. Non è tollerabile che un Governo, che dovrebbe far fronte alla disoccupazione e alla crisi economica, come ci è stato raccontato, si occupi soltanto, invece, dei criminali, ai quali fa regali e magari – il sospetto è lecito –, dentro questi provvedimenti, anche qualche marchetta per il figliol prodigo di qualche Ministro.
Tutto questo non è più tollerabile, signor Presidente. Tutto questo è noioso ed è diventato anche immorale, perché continuiamo a vedere questi provvedimenti che vanno sempre e solo in una direzione. Noi chiediamo semplicemente di modernizzare le carceri esistenti; chiediamo di razionalizzare la spesa sulle carceri, di costruirne di nuove se le carceri non ci sono e, se c’è una popolazione di extracomunitari pari al 50 per cento, come i dati ci dicono, di fare accordi con il Marocco, con la Romania – come in parte si è fatto, ma non abbastanza –, per rimandare queste figure criminali nei loro Paesi di origine a scontare la pena. Poi, chiediamo anche, a questo punto, soprattutto da parte del Partito Democratico, che quello che dicono i magistrati non vada preso a seconda dei momenti. Se i magistrati attaccano o inquisiscono qualche esponente che non fa parte del Partito Democratico, la parola dei magistrati è sacra, si ha fiducia nella giustizia e via seguitando con una bella serie di comunicati stampa dove si difende sempre l'operato della magistratura; se i magistrati o addirittura il procuratore nazionale antimafia dicono che questo provvedimento sostanzialmente fa schifo ed è un regalo alla criminalità organizzata, allora dei magistrati chi se ne frega, facciano il loro corso, perché il Parlamento è sovrano e i magistrati non devono intervenire su quello che invece è il procedimento di legislazione voluto dalla maggioranza e soprattutto dal Governo. Non può essere preso a seconda dell'opportunità politica quello che viene detto da altre istituzioni o da altre cariche dello Stato.
Di conseguenza, noi vi invitiamo a ragionare su questo provvedimento e ad approfondire, anche perché abbiamo sentito voci che oggi su questo provvedimento verrà chiesto il voto di fiducia. Se così fosse, quello che è successo la settimana scorsa, che non ha precedenti nella storia della Repubblica, trova un appesantimento, perché il Governo, invece che cercare di smussare quello che c’è stato in termini di non discussione in quest'Aula, aumenta e calca ancora di più la mano ponendo la fiducia su questo tipo di provvedimenti, che quanto meno sono molto discutibili; pone la fiducia senza dare la parola al Parlamento e senza dare la possibilità a tutti i parlamentari, di maggioranza e opposizione, di intervenire sul provvedimento e di migliorarlo, e inevitabilmente avvelena il clima. Perché, è vero che magari ci sono state in quest'Aula, la settimana scorsa, delle cose che non hanno visto precedenti, anche in termini di reazione rispetto alla cosiddetta ghigliottina che la Presidente Boldrini ha messo, però è altresì vero che c’è anche un comportamento, da parte delle forze di maggioranza, non rispettoso del Parlamento, così come da parte del Governo. Andiamo avanti a decreti-legge e adesso prendiamo anche il vizio di continuare a chiedere la fiducia su questi provvedimenti perché ormai la discussione è noiosa e forse anche inutile. Su questo noi non possiamo essere d'accordo, siamo radicalmente contrari. Noi chiediamo che si discuta e si approfondisca questo provvedimento come tanti altri; chiediamo al Governo Pag. 41di smetterla di occuparsi di chi delinque e di iniziare ad occuparsi dei giovani disoccupati, del lavoro, delle aziende che chiudono e delle difficoltà che questo Paese vive, invece che delle categorie che dovrebbero espiare le colpe e non invece essere sempre favorite.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.
MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, su una tematica così importante un'altra volta si fa un intervento a garanzia dei detenuti, dei criminali. Gli stessi magistrati ci vengono a dire che alcune norme, che avete inserito, andranno semplicemente ed esclusivamente a dare un vantaggio maggiore a chi ha delle pene detentive molto più lunghe e, dunque, anche ai mafiosi.
Un'altra volta questo Governo, invece di porre in essere dei provvedimenti a favore delle vittime dei reati, va di nuovo a liberare dei detenuti senza prevedere un percorso di recupero – pure un percorso di recupero minimo –, senza andare a vedere dove sono le vere problematiche.
La popolazione carceraria in Italia, rispetto alla popolazione, è tra le più basse d'Europa ed è tra le più basse dei Paesi occidentali. Questo non vuol dire che non ci sono persone che non rispettano le regole, non vuol dire che non ci sono persone che meriterebbero il carcere, ma semplicemente continuiamo a fare questi provvedimenti «svuotacarceri».
Che si pongano in essere allora provvedimenti per ripristinare finalmente le carceri, quelle già costruite o in abbandono, affinché si possano tenere i carcerati; si pongano in essere provvedimenti che prevedano, ad esempio, di utilizzare caserme dismesse, che presentano già determinate caratteristiche fisiche, perché magari hanno già una recinzione, la possibilità di controllare le persone che sono all'interno o persone che si trovano all'esterno...
PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo di abbassare il tono della voce per favore, per rispetto di chi sta parlando.
MATTEO BRAGANTINI. ...ed utilizzarle in ordine ai reati più piccoli oppure per gli ultimi anni o gli ultimi mesi delle pene che una persona deve scontare. Questo si dovrebbe fare: mandare i detenuti stranieri a scontare la loro pena nei Paesi di origine – questo si dovrebbe fare, questo ci chiedono i cittadini –, e non liberare, di nuovo, i delinquenti e farli girare di nuovo per le strade, dicendo che, in questo modo, possono avere un recupero perché non staranno stretti nelle carceri, ma intanto aumentano i furti nelle abitazioni, intanto aumentano i vari reati e la cosa più assurda è che vedo che qualche deputato, qualche forza politica dice: «dobbiamo prevedere nuovi reati per quanto riguarda le carceri, prevedere pene di 1, 2, 3 anni per alcuni reati». Ma a cosa serve ? Si fa come con lo stalking che finalmente siamo riusciti a inserirlo nel codice penale ma la pena è così bassa che con i vostri «svuotacarceri» nessuno andrà in carcere. E abbiamo risolto il problema ? No, perché, ad esempio, soprattutto per reati così gravi, il carcere potrebbe essere non solo un deterrente ma anche una misura precauzionale, perché, molto spesso, una persona, accusata di stalking, se magari si riesce a prendere in tempo, se si riesce intanto a metterla in carcere... probabilmente non è un semplice stalker ma un violento, che potrebbe andare ad uccidere e a fare delle vittime. Invece no, continuiamo a fare questi «svuota carceri» che non hanno senso, che non prevedono veramente il recupero dei detenuti e soprattutto con l'unica scusa che le nostre carceri sono sovraffollate.
Non avete altra intelligenza, altra prospettiva di risolvere il problema nel modo più assoluto. È come dire che dal momento che non riusciamo a debellare l'evasione fiscale, cosa facciamo ? Facciamo una sanatoria. Siccome non riusciamo a trovare tutti gli evasori fiscali facciamo in modo che l'evasione fiscale non sia più un reato. Abbiamo risolto il Pag. 42problema. Ma non si risolve così il problema, così si va semplicemente ad aggravare, semplicemente diamo un messaggio sbagliato, soprattutto ai recidivi.
Un messaggio sbagliato soprattutto ai delinquenti di tutto il mondo, che sanno che, se devono scontare tre, quattro o cinque anni di pena nel loro Paese, molto spesso non delinquono o stanno molto più attenti a comportarsi bene, quando sono all'estero. Invece, se ad esempio un rumeno sa che, nel suo Paese, se viene beccato, sconterà tutta la pena, mentre, se viene in Italia a delinquere ed i nostri poliziotti sono così bravi a fermarlo, a trovarlo, al massimo dovrà farsi qualche mese di vitto e alloggio in una struttura protetta e dopo sarà di nuovo libero per delinquere, questo non è un messaggio che si manda e che crea sicurezza nelle nostre strade; stiamo veramente arrivando al ridicolo. Già ormai troppi delinquenti del mondo vengono in Italia perché sanno che qua in Italia non succede niente, si sta bene, dunque c’è anche molta possibilità di farla franca, di riuscire a fare un po’ di furti, riuscire a mettere da parte un po’ dei soldi rubati e forse, se verranno trovati, gli si darà qualcosina, qualche mese di carcere, che non sconteranno neanche. E non dovranno neanche ritornare nel Paese d'origine.
Così veramente si crea ancora più insicurezza, ci sono tanti casi – illustrava prima il mio collega Grimoldi – di magistrati che hanno anche loro sollevato problematiche su questo decreto-legge, dicendo che bisogna trovare un'altra soluzione per risolvere il problema della criminalità. Lo ripetiamo perché noi preferiamo ripetere le soluzioni, vedere se prima o poi rientrano nei progetti piuttosto che stare zitti e accondiscendenti rispetto a queste storture. Noi veramente dovremmo andare a fare più carceri, a sistemarle, a fare quello che succede negli altri Paesi civili occidentali, dove veramente non ci sono queste problematiche. Mi ricorderò sempre lo sceriffo di Phoenix, che quando le sue carceri si sono riempite a dismisura che cosa ha fatto ? Ha creato immediatamente un altro carcere, ha fatto una tendopoli in mezzo al deserto, con doppio recinto di filo spinato, mettendo dentro tutti i detenuti e, in questo modo, trattandoli in modo umano e più corretto possibile ha detto: vedete, se voi venite a delinquere nella mia zona, voi vi fate il carcere. Magari sarà un po’ più duro, magari c’è caldo perché siamo nel deserto, però – diceva – i nostri soldati in Iraq e in Afghanistan soffrono di più il caldo, i nostri cittadini normali – Phoenix è una città dell'Arizona dove c’è molto caldo durante l'anno, sempre – che sono onesti, anche loro lo soffrono. Se non volete più ritornare in carcere, comportatevi bene, non andate a infrangere ancora le leggi, questo è un deterrente serio, vero, non è quello che succede in Italia dove si dice: bene, avete infranto le leggi, forse vi facciamo il processo, se riusciamo tra qualche anno riusciamo a chiudere i processi, ma non preoccupatevi, tanto in carcere non ci andate. Questo è un messaggio sbagliato e noi non vi stiamo dicendo che una persona, che deve andare in carcere, deve soffrire le pene o stare male o ancora stare in luoghi troppo ristretti; noi diciamo che una persona, che infrange le leggi, deve andare in carcere e scontare tutta la pena in carcere in modo corretto, in spazi adeguati, magari anche lavorando e, in questo modo, se lavora, oltre ad imparare un lavoro, magari una parte di quel lavoro verrà tassato affinché possiamo mantenerlo meglio nel carcere. Questo lo si può fare, questo si deve fare; invece, alla fine, nelle nostre carceri non c’è la possibilità di lavorare e non so se il salario di chi lavora venga – come a mio avviso dovrebbe essere giusto – almeno una parte, destinato al vitto e alloggio nelle carceri, invece di «mantenerli» a spese gratuite per la collettività, evitando che chi, eventualmente, lavora si «tenga» tutti i soldi: questo mi sembra anche sbagliato.
Dovremmo veramente ripensare il sistema carcerario, che sia veramente un sistema di recupero, e dire che chi sbaglia paga e paga fino in fondo. Noi ti diamo la possibilità di redimerti, per redimerti devi lavorare sodo, quello che guadagni lavorando sodo, stando in carcere, verrà utilizzato Pag. 43dallo Stato e dal sistema carcerario per migliorare l'alimentazione e per costruire nuove carceri, e ti rimarrà una percentuale per il futuro.
PRESIDENTE. Chiedo di liberare i banchi del Governo, per favore.
MATTEO BRAGANTINI. Questo è quello che si deve fare. Non è certo lasciare i delinquenti liberi per le strade, in modo che possano di nuovo reiterare il reato, di nuovo fare delle vittime o magari sfruttare quelle conoscenze di quei pochi mesi di carcere, che hanno acquisito parlando con altri detenuti, per rubare meglio o per sapere che in fondo tra essere in carcere per qualche mese, perché si è rubato una cassetta di mele, oppure stare in carcere due o tre mesi perché uno ha ammazzato una persona, forse qualcuno comincerà pensare che conviene ammazzare una persona.
Dobbiamo veramente essere equi e ragionare di quello che volete fare di questa società, una società sempre più pericolosa, una società dove non si riesce più a vivere, dove ormai tutte le case devono avere le inferriate, il sistema d'allarme, la gente ormai dovrebbe cominciare ad armarsi per potersi difendere. È questo che volete ? Spero proprio di no, ma i segnali che ci state dando in questi pochi mesi sono questi. Voi non avete a cuore il destino della gente, voi non avete a cuore il destino dei cittadini onesti, dei cittadini che si comportano correttamente, che fanno sacrifici per comportarsi in modo corretto, che fanno tante ore di straordinario per riuscire a pagare le tasse, di imprenditori che devono lavorare il sabato e la domenica ininterrottamente perché devono pagare il 60-65 per cento di tasse sul loro prodotto e sul loro lavoro.
A queste persone non date risposte, però date risposte a quelle persone che sono in carcere non certo perché hanno fatto qualcosa di positivo, ma perché hanno infranto la legge, hanno fatto violenza verso altre persone, hanno rubato, hanno violentato persone. Questa è una cosa indegna per un Paese civile ! Voi dovreste veramente far partire degli accordi bilaterali con i Paesi di origine e cominciare a mandare tutti i detenuti stranieri a scontare le pene nei loro Paesi. Gli paghiamo anche vitto e alloggio, tanto ci costerebbe molto meno, ma che le scontino nel loro Paese. Allora vedrete che queste persone, questi delinquenti, invece di dire: vado in Italia a delinquere, perché tanto si sta bene e non avrò nessuna pena, magari staranno un po’ più attente e penseranno che, se vengono in Italia e non si comportano bene e meritano il carcere, il carcere dopo andranno a scontarlo nel loro Paese di origine. Allora vedrete che molte persone staranno molto più attente e sapranno che in Italia la tolleranza verso i delinquenti è uguale a zero.
Invece, adesso, diamo veramente un messaggio sbagliato, un messaggio che non è condivisibile, un messaggio che non è neanche moralmente giusto. Perché ai giovani quale messaggio state dando ? State dicendo che, anche se non ci si comporta bene, alla fine verrà uno sbuffetto, verrete sgridati, ma non preoccupatevi, non c’è nessun problema, non pagherete per quello che avete fatto. E allora un giovane che vede degli altri giovani che spacciano, che rubano e che passano alla bella vita, perché magari facendo queste attività criminogene e criminali hanno più soldi e fanno la bella vita, hanno delle belle macchine, dirà: ma perché io invece devo stare qua a sudare, perché devo continuare a studiare, a comportarmi bene, a trovarmi un lavoro, a fare gli straordinari, a rinunciare magari ad andare fuori con gli amici perché devo fare un po’ di musina. Tanto, a questo punto, anche io comincio a rubare, almeno faccia la bella vita e tutt'al più ogni tanto, va bene, farò uno o due mesi di carcere, ma poi mi lasceranno di nuovo libero e potrò di nuovo continuare a fare la bella vita.
È questo il messaggio che voi volete far passare ? È questa la logica: tutto è permesso, tutto è concesso. Questo è un messaggio che vi rimane sulla coscienza e vi rimarrà sempre, perché non è così che si mettono a posto le cose, non sono i messaggi che si devono dare se si vuole Pag. 44una società sana, una società in cui le persone si comportino in modo corretto. Questo è un messaggio che si dà per una società che sta andando in declino, che sta andando al fallimento, dove tutti possono pensare che tutto sia permesso, tutto sia concesso; meglio l'individualismo, meglio pensare a se stessi che alla collettività: cosa mi interessa se ho rubato i soldi alla vecchietta, tanto io non vado in carcere, io almeno, con quei soldi, riesco a passare una bella serata in discoteca a fare la bella vita. È questo il messaggio che volete dare ? Il messaggio che bisogna dare è quello che chi sbaglia paga e paga fino in fondo. Se uno si merita quattro anni, si fa quattro anni di carcere, un carcere duro, corretto e dove si va anche a lavorare, perché chi non lavora non mangia. Questo sarebbe un bel messaggio che si dovrebbe dare. Allora vedrete che si raddrizzano un po’ le schiene di qualche smidollato. Così in questo modo, forse, si ritorna ad essere una società seria, corretta, una società che potrebbe avere un futuro, se no siamo destinati ad essere una società che è destinata al fallimento, che è destinata a far vigere la legge del più forte, dove il bandito più forte è quello che comanda, il bandito più forte è quello che riesce a vincere e a fare una vita migliore. Il povero fesso, che fa una vita corretta, che fa una vita di sacrifici, comportandosi sempre bene, sarà sempre più fesso, ma purtroppo ci saranno sempre meno fessi, perché la gente prima o poi si ribellerà.
Dunque, chiedo veramente a questo Governo di ripensare a tutta la politica carceraria e alla politica della giustizia: la giustizia deve essere giusta, deve essere seria, deve essere certa nei tempi, se no vuol dire che non c’è una vera giustizia, ma c’è semplicemente l'anarchia, la legge del più forte che può essere il più forte fisicamente, il più forte dal punto di vista economico o il più forte dal punto di vista intellettuale, ma questa non è una vera società, è una società egoistica, è una società che non ha futuro, è una società che è destinata a fallire e ad essere spazzata via da altre società.
PRESIDENTE. Deputato Bragantini, concluda.
MATTEO BRAGANTINI. Dunque, vi ringrazio per l'ascolto, per quei pochi che hanno ascoltato, ma soprattutto chiedo al Governo di rivedere e pensare veramente a una società del futuro. Sottosegretario, devo ancora finire, mi conceda questi ultimi scampoli di tempo, mi raccomando, provate a guardare al vostro interno, alla vostra coscienza, ai vostri figli se li avete, e pensate se volete lasciare ai vostri figli una società così deleteria oppure pensate che occorra migliorarla con altri provvedimenti, più corretti e che potrebbero, forse, dare un futuro a tutti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, dopo l'intervento del collega Bragantini ci sarebbe poco da aggiungere ad una situazione che è diventata incredibile e surreale. Vorrei far presente ai colleghi, ma soprattutto alla maggioranza e al Governo, qual è la situazione reale e come vivono la quotidianità i cittadini, una quotidianità che, vuoi anche per la crisi economica che ormai è esasperante, è fatta di continui furti e assalti sia alle abitazioni private sia alle piccole aziende. Spesso questi fatti sono provocati da persone che hanno già avuto delle condanne e che sono state liberate dagli «svuotacarceri» precedenti. Allora tutti i dati ci dicono che questa non è la soluzione.
E, pur non essendo la soluzione, il Governo decide di presentare i quattro «svuotacarceri» di questa legislatura, una legislatura che in dieci mesi ha prodotto quattro provvedimenti di questo tipo, provvedimenti che danno alcune risposte. La prima è quella che dicevo, cioè una risposta non conforme alle statistiche, non conforme al fatto che gli «svuotacarceri» e gli indulti precedenti non hanno svuotato le carceri, ma hanno ricondotto coloro i quali sono stati liberati nelle carceri dopo avere commesso Pag. 45nuovi reati, altrimenti non saremmo qui a parlarne oggi. Questa non è sicuramente una risposta ? Ma, non è una risposta neanche per i cittadini, cittadini vittime di continui furti, di continue violenze nelle proprie abitazioni e che oggi, dall'altra, parte si trovano un Governo che gli risponde dicendo che è opportuno oggi liberare quelli che hanno commesso questi reati nei confronti dei cittadini vittime.
Non è neanche una risposta dal punto di vista politico. Questo è un Governo che si era presentato con un programma che poi è stato rivisto per ben due volte, e siamo in attesa del quarto programma di Governo. Un Governo che doveva rispondere alla crisi economica, alla situazione occupazionale e, invece, ha messo come primi punti all'ordine del giorno, visto che questi sono gli unici provvedimenti che vanno in porto senza alcuna difficoltà, la tutela dei detenuti e la tutela dei delinquenti, perché queste sono persone che hanno commesso reati e che giustamente sono state condannate. Tutela che passa da una depenalizzazione dei reati agli arresti domiciliari, e anche qui vorremmo capire chi poi controlla questi detenuti ed ex detenuti agli arresti domiciliari, visto che per le forze di polizia penitenziaria i fondi sono limitati. Per cui, ci troviamo di fronte ad un Governo che ancora una volta dimostra di vivere completamente una realtà diversa da quella che invece è, di vivere in una situazione completamente surreale, di una mancanza di risposte alle vere esigenze e ai veri bisogni dei cittadini.
Poi, ci sono alcune questioni che riguardano anche gli investimenti economici rispetto a questi provvedimenti, investimenti economici che riguardano i braccialetti elettronici, che hanno un legame particolare, dal punto di vista familiare, con il Ministro della giustizia, cosa che i colleghi hanno riportato precedentemente – Ministro della giustizia che ancora una volta è assente in quest'Aula, nonostante il provvedimento la riguardi e l'abbia scritto direttamente lei – e coperture economiche che mancano, lo ripeto, dal punto di vista, invece, delle forze di polizia penitenziaria, che non saranno in grado di controllare questi detenuti liberati.
E, poi, vede, Presidente, ci sono altre questioni da valutare e alcuni principi sui quali noi non siamo assolutamente d'accordo. Mi chiedo per quale motivo questo Governo decide di liberare i detenuti dalle carceri e decide di non investire in nuovi plessi penitenziari, nonostante sia ancora incaricato un commissario all'edilizia penitenziaria. Mi chiedo, inoltre, per quale motivo questo Governo – il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari esteri – non decide di fare degli accordi con altri Stati, in maniera tale che quel 40 per cento di detenuti di origine straniera, che in alcune regioni raggiunge la soglia addirittura della maggioranza dei detenuti – e stiamo parlando non di clandestini, non di rifugiati, ma stiamo parlando di delinquenti –, vadano a scontare la pena nei Paesi di origine: per quale motivo il Governo non si muove in questo senso ? E per quale motivo il Governo non adotta soluzioni, visto e considerato che questi provvedimenti hanno avuto dei precedenti negli anni scorsi, dal Governo Prodi e dal Governo Monti, che non hanno prodotto assolutamente i risultati sperati, altrimenti oggi non saremmo qui a discuterne.
Ma oggi – e concludo – noi ancora una volta verifichiamo che il Governo e la maggioranza hanno delle priorità precise e predefinite.
Priorità che non riguardano, per esempio, il lavoro, che non riguardano i disoccupati, che non riguardano i cassintegrati. Qui vorrei ricordarvi che da una richiesta di cassa integrazione alla decretazione per la cassa passano circa sei mesi; intanto, in quei sei mesi, lasciamo le persone e i lavoratori completamente privi di sostegno economico, aumentando il disagio sociale che la crisi occupazionale ed economica ha provocato. Ma, nonostante questo, il Governo continua, coerentemente, con la sua attività di tutela dei delinquenti.
Signor Presidente, noi a questo assolutamente non ci stiamo e combatteremo queste soluzioni. Concludo dicendo anche che ritengo opportuno che lei, Presidente Pag. 46che oggi presiede quest'Aula, magari si faccia carico di capire dal Presidente della Camera come intende gestire i lavori di quest'Aula, visto che ci troviamo di fronte a decreti che hanno bisogno della «tagliola», come la scorsa settimana, per non scadere, o a un voto di fiducia su provvedimenti così importanti, che vanno non incontro, ma contro, le esigenze dei cittadini.
Per cui, vorremmo anche capire come d'ora in poi gestiremo quest'Aula, che assolutamente mi sembra in preda all'anarchia e alla mancanza di coordinamento da parte della Presidenza – e non sto, ovviamente, parlando della Presidenza attuale, che sta presiedendo oggi – e da parte del Governo. Qui si passa, da un giorno all'altro, a spostamenti di orario, a spostamenti di decreti, in base anche a quello che fuori da quest'Aula viene ritenuto prioritario.
Quando si usa questa parola, ci si dovrebbe riferire alle priorità dei cittadini; invece, le priorità sono quelle dei due leader politici dei due partiti più importanti, che hanno preso più voti alle ultime elezioni politiche, Renzi e Berlusconi, che hanno deciso di formare un'accoppiata vincente e di dire al Parlamento e all'Aula quali sono le priorità, che passano dalla legge elettorale ad altre questioni, che assolutamente non riguardano la crisi di questo Paese.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dei deputati Bossi e Allasia, iscritti a parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.
GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, dietro richiesta del collega Daniele Farina, del gruppo di SEL, che sarebbe iscritto a parlare molto in coda rispetto ai colleghi, anche per un fatto di alternanza, chiedo alla Presidenza se sia possibile concedere la parola a lui, anziché al deputato iscritto successivamente per il gruppo della Lega Nord. Per noi non ci sarebbe... ci è arrivata questa richiesta.
PRESIDENTE. Quindi, il deputato Busin si scambia con il deputato Daniele Farina ?
DANIELE FARINA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, penso che vi sia un ordine, e l'ordine, secondo me, va rispettato. Se vi è un'intenzione, invece, di arrivare a una chiusura di questa discussione sulle linee generali, la si espliciti e ci ragioniamo. Però, finché questo è l'ordine, io lo conserverei. Tanto tu qui sei iscritto dopo di me e quindi sei molto sereno.
PRESIDENTE. Mi era sembrato vi fosse un accordo tra i due. Non essendoci l'assenso, si continua con l'ordine previsto.
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, noi abbiamo tentato di fare il possibile perché la discussione avvenga nel modo più sereno e si concluda, ove possibile. Quindi, ai sensi dell'articolo 44 del Regolamento, chiederei la chiusura della discussione sulle linee generali, che prevede ancora circa sei ore di dibattito in base alle iscrizioni, per poi prendere atto anche che nel Comitato dei nove – credo di dire una cosa che ormai è evidente – vi è una richiesta di rinvio in Commissione, ma questa sarà oggetto di un ulteriore approfondimento e di un'ulteriore richiesta, che credo farà la presidente della Commissione o chi per lei. Quindi, chiederei che venga adesso deliberata la chiusura della discussione sulle linee generali, per poi proseguire con il seguito del provvedimento.
Pag. 47PRESIDENTE. Quindi, procediamo alla richiesta di chiusura della discussione sulle linee generali.
DANIELE FARINA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Semplicemente immagino di non dover ricordare che, anche in caso di taglio dei tempi del dibattito generale, è previsto l'intervento di almeno...
PRESIDENTE. Sì, assolutamente.
DANIELE FARINA. Benissimo, Presidente.
PRESIDENTE. Se viene deliberata la chiusura della discussione sulle linee generali, poi procediamo e c’è almeno un intervento. Non c’è problema.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,48).
PRESIDENTE. Dovendosi procedere ad una votazione con il procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 1921-A)
PRESIDENTE. Sulla richiesta di chiusura della discussione sulle linee generali darò la parola, a norma dell'articolo 44, comma 1, del Regolamento, ad un oratore contro e uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno.
ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare contro.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Faccio una premessa: noi del MoVimento 5 Stelle, anche se avremmo potuto, non ci siamo iscritti tutti in discussione sulle linee generali, poiché ci interessa fare e discutere qui in Aula, emendamento per emendamento, su questo vergognoso decreto-legge. Però, riteniamo anche che tutti gli altri gruppi abbiano il diritto di discutere come meglio credano in discussione sulle linee generali.
Credo anche che alcuni gruppi non siano nemmeno forse intervenuti in discussione sulle linee generali. Quindi, invito, in questo caso coloro che hanno richiesto il taglio della discussione generale, in primis il collega Rosato, a fare presente ai gruppi che hanno iscritto troppe persone se, con le buone, con la discussione pacata e civile tra di noi, possano eventualmente rinunciare, evitando un ennesimo taglio della discussione e delle votazioni qui in Parlamento, poiché l'ultimo non ha portato a nulla di buono purtroppo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
BARBARA SALTAMARTINI. Chiedo di parlare a favore.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, io credo che, come diceva il collega del Partito Democratico, Rosato, ci sia stato modo di discutere in quest'Aula e, quindi, in tal senso credo che sia giusto procedere nei modi e nei termini previsti dal Regolamento e il nostro gruppo è favorevole alla interruzione della discussione sulle linee generali, ai sensi dell'articolo 44 del nostro Regolamento, e, quindi, chiede di poter votare la stessa.
PRESIDENTE. A questo punto, non essendo ancora decorso il termine di preavviso previsto dal Regolamento per lo svolgimento di votazioni con il procedimento elettronico, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16,05.
La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 16,05.
Pag. 48 PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico con registrazione dei nomi, sulla proposta di chiusura della discussione sulle linee generali del decreto-legge in esame.
GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Che intervento vuole fare ?
GIANLUCA PINI. Volevo chiedere la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Si verifica automaticamente, è computerizzato, con registrazione dei nomi, non c’è problema.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Chi non riesce a votare ? Di Salvo ? Di Stefano Marco ? Marotta ? Romele ? Nardi ? Fregolent ? Simoni ? Epifani ? Sberna ? Chaouki ? Martelli ? Oliverio ? Calabria ? Nardella ? Valeria Valente ? Vi prego di alzare le mani se non riuscite a votare. Latronico ? Villecco Calipari ? Mandiamo un tecnico. Chi non riesce a votare ? Terrosi ?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
Presenti e votanti 257
Maggioranza 129
Hanno votato sì 203
Hanno votato no 54.
(I deputati Amoddio, Fossati, Bossa, Capozzolo, Bruno Bossio, Monaco e Rocca hanno segnalato che non sono riusciti a votare a favore e il deputato Rotondi ha segnalato che non è riuscito a votare).
Ricordo che, essendo stata deliberata la chiusura della discussione sulle linee generali, a norma dell'articolo 44, comma 2, del Regolamento, ha facoltà di parlare, per non più di 30 minuti, un deputato, fra gli iscritti non ancora intervenuti nella discussione, per ciascuno dei gruppi che ne facciano richiesta.
Per il gruppo Lega Nord ha chiesto di intervenire il deputato Busin. Ne ha facoltà. Constato l'assenza del deputato Busin, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Per il gruppo Sinistra Ecologia Libertà ha chiesto di intervenire il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, il fatto che siamo arrivati a tecniche di piccola guerriglia parlamentare – legittime, per carità – su un decreto che riguarda le nostre carceri, i detenuti e la terraferma circostante, io credo che racconti molto di questo decreto. Noi abbiamo ascoltato – io mio malgrado, gli italiani forse anche – negli ultimi interventi, in particolare, una specie di fiera del luogo comune, ove però, sulle bancarelle, spesso si è venduta merce contraffatta, cioè cose non corrispondenti alla verità. È stato ripetuto in quest'aula – con vivacità, devo dire – che siamo in presenza del quarto provvedimento svuotacarceri. Mi permetto di ricordare che, in nove mesi, il numero dei detenuti è sceso di 3 mila unità, il che significa che questi provvedimenti non svuotano un bel niente. Ma da Strasburgo arrivano nuove.
È stata citata la sentenza Torreggiani, sentenza pilota. Nel frattempo, abbiamo scalato le classifiche, abbiamo superato la Turchia, quella di Fuga di mezzanotte. Adesso peggio di noi, in Europa allargata, c’è soltanto la Russia, la Russia di Putin. E, allora, io credo che ci si debba interrogare sul perché continuamente siamo costretti a intervenire su questa materia, le carceri. Forse perché ci sono stati anni di colpevole incuria e, quindi, abbiamo un'urgenza che in qualche modo dobbiamo affrontare e degli errori che dobbiamo sanare. Eppure, invece, anche questo provvedimento del Governo era cosa timida in origine ed è stato taglieggiato tanto da divenire una sottile rete da pesca, poco efficace per ciò che servirebbe. Ma c’è di peggio: questo provvedimento è Pag. 49stato crivellato essenzialmente da coloro che in quest'Aula hanno gridato e grideranno con grande scandalo all'indulto mascherato e all'amnistia mascherata. E ancora dovremo dire e ripetere per l'ennesima volta che non dell'uno si tratta e neppure dell'altra, ahinoi. E al peggio si aggiunge anche il peggio perché la squadrata di venerdì del MoVimento 5 Stelle ci consegna un testo il cui esame in Commissione non è stato completato e, semmai, nel poco che si è fatto, è stato peggiorato. Il che ci fa capire e fa capire agli italiani che, nonostante le chiacchiere, di carceri, di polizia penitenziaria, di operatori e di detenuti interessi in realtà assolutamente poco. E, poi, per l'ennesima volta ancora, secondo un film che si ripete identico a se stesso, sentiamo invocare il dolore delle vittime...
PRESIDENTE. Giustamente alcuni colleghi si lamentavano del tono alto della voce. Se potete abbassare il tono della voce, sentiamo il deputato Farina, grazie.
DANIELE FARINA. Grazie, Presidente, a casa si sente bene comunque. Abbiamo sentito giustamente invocare il dolore delle vittime, quasi che però le leggi in vigore oggi fossero altrui e non di chi invoca, quasi che il fallimento di quelle leggi, fatte negli anni scorsi e nelle passate legislature, non fosse evidente, quasi che la responsabilità non fosse di una classe politica truffaldina che, invocando la sicurezza dei cittadini, l'ha invece grandemente e largamente pregiudicata.
Per brevità della nostra discussione non prenderò mezz'ora e richiamerò soltanto tre aspetti che potevano avere esiti diversi, tre materie trattate nel decreto-legge che saranno immagino oggetto di controversia. L'articolo 2, che modifica – modestamente devo dire – il testo unico in materia di sostanze stupefacenti, interviene sul famoso comma 5 dell'articolo 73, sui fatti di lieve entità e li rende una fattispecie autonoma di reato. Questo è buono perché va nel senso delle proposte di legge d'iniziativa popolare e anche di alcune proposte di legge d'iniziativa parlamentare che andiamo discutendo. Anche qui il coraggio finisce presto, però, perché la soglia del massimo edittale scende da sei a cinque anni, molto poco. Se voi forse ricordate, c’è perfino una commissione ministeriale, la commissione Giostra, che aveva sviluppato su questo specifico comma e sull'articolato in generale del testo unico sugli stupefacenti un altro ragionamento, più deciso e coraggioso. Avevamo un'occasione, di non essere ancora una volta in ritardo perché ormai è invalso il ragionamento, in queste ore devo dire, che tanto c’è la sentenza della Corte costituzionale il 12 o il 13 febbraio e che, quindi, il Parlamento debba aspettare quel pronunciamento senza dar segnali.
Allora io penso che, siccome questo rapporto con la Corte costituzionale si sta consolidando-guardiamo la legge elettorale – la politica tace, si immobilizza, la Corte costituzionale si pronuncia e ancora, a quel punto, dopo anni di ritardi, la politica si rimette in moto. Però quello che c’è nelle nostre galere, essendo largamente dipendente da questo articolo 2 che sto citando, ha atteso anni e ogni giorno in più io immagino sia una colpa. L'appello sarebbe quello di non sprecare l'occasione nel nostro dibattito, di far salire sul decreto questo piccolo cuneo penalistico che però ci racconta molto: differenziare la cannabis dalle altre sostanze, anche perché abbiamo osservato il vento che arriva dall'Atlantico, Atlantico del sud e Atlantico del nord; forse l'Italia pensa di poter reggere vela di fronte a quest'onda globale che vuole cambiare le politiche fallimentari ? Io non credo. Cominciamo ora a chiudere le falle degli errori provocati soprattutto da quelli che più alto lanciano il grido e che vorrebbero lucrare, ancora una volta, sull'insicurezza degli italiani.
Poi abbiamo l'articolo 4 – vado veloce e non vi tedio – la liberazione anticipata speciale. Qua è da settimane o da mesi che, tramite stampa o interviste confezionate, si grida alla liberazione dei detenuti per mafia e ad altri pericoli citati in quest'aula. Con il testo uscito dalla Commissione, sostanzialmente quello che arriverà in aula dopo questa sospensione, Pag. 50stiamo pur certi che non uscirà nessuno. Quell'istituto, se ricordate, ha una data vecchia. È il 1975 – forse qualcuno lo ricorda – qualcun altro come me era assai giovinetto ma ricorda quelle foto di detenuti arrampicati sui tetti delle carceri italiane e, senza quel provvedimento, la liberazione anticipata speciale, ancora ci sarebbero e cose assai più gravi sarebbero avvenute nella storia della Repubblica. E quindi noi, per non sbagliare, introdurremo l'intero articolo 4-bis di quella legge di ordinamento che, praticamente, è diventata un autobus su cui, da emergenza in emergenza, abbiamo messo dentro tutto, tutto quanto. E, quindi, di questo provvedimento non si capisce perché lo discutiamo questo articolo 4, il perché tanto affannarsi, il raccontare fole agli italiani, sollevare l'inquietudine che non ci deve essere perché sostanzialmente non c’è norma e tutto rimarrà sostanzialmente come prima.
Oggi, in aggiunta mistifichiamo e quel giudizio rafforzato, quel meccanismo rafforzato che compete al magistrato, lo dimentichiamo perché conviene gridare alto piuttosto che guardare la carta; allora io penso che avevamo occasioni magari per dire cose particolari su chi sono coloro su cui vorremmo incidere, chi sono questi 63 mila. A volte abbiamo provato a dirlo in positivo, elencando le biografie dei cristi poveri: oggi lo facciamo in negativo, anche questi dati che avrete letto in questi giorni. Ci si chiede come possa essere possibile che, tra questi 63 mila, quelli che sono in carcere per corruzione sono 60: 55 volte in meno della Germania. E allora si capisce molto di come è strutturato il nostro sistema penale e di cosa dovremmo fare in fretta e non vogliamo fare. Alla fine della settimana discuteremo – finalmente, dico io – il messaggio che il Presidente della Repubblica ha inviato alle Camere: lì c’è una ricognizione, c’è un appello, c’è un'indicazione. Vedremo allora se quei nomi mascherati avranno il coraggio di vedere la luce e finalmente in quest'aula si parlerà di amnistia e di indulto con coraggio, anche poi, prendendosi la responsabilità di non andare in quella direzione.
Un'ultima annotazione, questa positiva, vieppiù se ci riusciamo: finalmente questo provvedimento istituisce il garante nazionale delle persone ristrette, dei detenuti.
Unica annotazione su questo, anzi, due: se quella figura fosse esistita, forse questo strumentale dibattito sui ministri che telefonano agli amici non l'avremmo avuto, perché sarebbe stato compito di quel garante farle e accertarsi delle condizioni di salute dei tanti e delle tante.
Altra annotazione piccolina, l'ultima, la seconda: magari, se la nomina di quel garante non la facesse il Governo, ma il Presidente della Repubblica sentiti i parlamentari, i Presidenti di Camera e Senato, le Commissioni, come molti emendamenti chiedono, sarebbe meglio, perché l'autorevolezza di un garante nazionale – privo di stipendio, sia detto, così tutti sono sereni – è molto in relazione con la sua terzietà, cioè l'essere persona che non dipende dal Governo e non ne è condizionato. Vedremo nel prosieguo di questa discussione; mi dicono che sarà posta la fiducia: la frittata mi sembra completata, e anche un provvedimento che è diventato poca cosa (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Busin, al quale, anche se non lo avevo visto in Aula prima, ho intenzione di dare la parola, in quanto, deliberata la chiusura della discussione sulle linee generali, almeno un intervento per gruppo va garantito. Ne ha facoltà.
FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, volevo riportare delle voci – che poi non sono poche – di procuratori generali che si sono espressi in modo contrario su questo provvedimento.
Vorrei partire dal procuratore generale della corte d'appello di Roma, Luigi Ciampoli, il quale, esprimendosi su questo provvedimento, ne sostiene l'inutilità, dicendo che si tratta di un provvedimento di clemenza senza un intervento organico su tutta la giustizia, come invece sarebbe richiesto. Notiamo qui il perpetrarsi di un atteggiamento, di un modo, di una condotta Pag. 51del Governo che si ripete anche in questa occasione, che cerca di risolvere dei problemi che sono strutturali con degli interventi spot, estemporanei, che nulla risolvono e a nulla servono se non a spostare il problema, che si ripeterà poi uguale se non aggravato.
Riprendo le parole di Ciampoli: il problema del sovraffollamento carcerario – ha detto – non può essere affrontato solo con provvedimenti che consentano, attraverso formule giuridiche più o meno camuffate, la semplice e sola rimessa in libertà di un certo numero di detenuti; sarebbe necessario preoccuparsi di impedire, come più volte accaduto, che dopo poco tempo gli istituti di prevenzione tornino ad essere sovraffollati. Tanti provvedimenti di clemenza dichiaratamente formulati con l'intento di diminuire la popolazione carceraria hanno visto annullare l'evento voluto mediante un successivo e veloce ripristino del sovraffollamento degli istituti stessi. Questo lo abbiamo visto chiaramente con l'indulto fatto nel 2006, all'epoca del Governo Prodi, che, dopo due anni, ha visto la popolazione carceraria tornata esattamente al numero pre-indulto.
Ma volevo anche citare l'intervento di Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Messina, il quale ha duramente criticato il decreto «svuotacarceri» di Annamaria Cancellieri, perché contraddice lo scopo primario di ogni seria politica criminale: far diminuire il tasso di delinquenza. L'obiettivo di questo testo, invece, è ridurre il sovraffollamento delle carceri tramite sconti di pena che quasi annullano l'effettività della stessa. Da molte procure arriva l'allarme sulle porte spalancate in anticipo a mafiosi e camorristi.
Quindi, questo provvedimento riguarda anche reati di grave pericolosità sociale, come i reati mafiosi e di camorra. È una conseguenza grave quanto inevitabile. Gli sconti più forti sono previsti per chi è stato condannato alle pene più alte. Ma c’è un altro punto molto dannoso nel testo: il decreto ha trasformato la lieve entità dello spaccio da attenuante a reato autonomo, con pena massima di cinque anni. Ciò renderà impossibile arrestare e mandare in comunità gli spacciatori minorenni, punibili solo per i delitti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. È evidente che ora le mafie correranno a reclutare spacciatori minorenni, ben sapendo che sono intoccabili a norma di legge.
Per ultimo vorrei aggiungere quanto dichiarato dal procuratore aggiunto del tribunale di Messina, Sebastiano Ardita, ex direttore generale del DAP, il quale stronca la cosiddetta liberazione anticipata speciale. «Si parla» – dice Ardita – «di un indulto mascherato» – e queste sono le parole che ha ripetuto in Commissione giustizia alla Camera – «ma è peggio. L'indulto opera in maniera generalizzata, uguale per tutti, invece con il meccanismo previsto dal decreto lo sconto cresce con il crescere della pena e, non essendovi sbarramento, vi è la possibilità di far uscire i soggetti più pericolosi sul piano criminale». Il decreto è applicabile anche ai detenuti di mafia (così come previsto già per la liberazione anticipata dal 1975).
La disposizione, che permette di aumentare da 45 a 75 i giorni di sconto concessi ogni semestre per la liberazione anticipata a partire dal 2010 e per altri due anni – ha spiegato – «avrà un'ampia applicazione tra gli esponenti della criminalità mafiosa condannati a pene lunghe». Mentre «è chiaro che non potrà che incidere in modo molto marginale sull'affollamento, potendo riguardare al più qualche migliaio di soggetti».
In sostanza, si cerca, secondo Ardita, «di svuotare il mare con un cucchiaio ma con l'effetto che si consentirà ai detenuti che hanno pene più gravi di uscire prima». In questo modo, «la soluzione al sovraffollamento» – ha aggiunto – «viene perseguita come una rinuncia alla pena», con tutte le conseguenze che questo ha sulla sicurezza della nostra società, «e non ottiene lo scopo deflattivo», che è quello perseguito dal decreto.
Ardita critica anche il «risarcimento equitativo» di 100 euro al giorno per ciascun detenuto nel caso di mancata ottemperanza alle disposizioni dei magistrati Pag. 52di sorveglianza, per l'impatto economico che l'attuale formulazione potrebbe avere. «Può riguardare – ha rilevato – una posizione soggettiva che non equivale ad una violazione dei diritti», ma la mancata ottemperanza comporterebbe un risarcimento ottenuto «surrettiziamente». «Il costo sociale della carenza di adeguatezza delle carceri oggi lo pagano i detenuti sotto forma di disagio ulteriore. E questo non è giusto. Ma l'operazione che si vorrebbe fare è scaricare questo costo sui cittadini».
Ma io vorrei fare anche, visto che ho del tempo per intervenire, un breve riassunto dei provvedimenti fin qui fatti, cosiddetti svuotacarceri, aventi tutti lo stesso scopo e cioè quello di ridurre la popolazione carceraria ma che abbiamo visto ottengono il risultato semplicemente di aumentare l'insicurezza dei cittadini.
Il primo provvedimento svuotacarceri è riferito al decreto-legge «Severino» del 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con modificazioni dalla legge n. 9 del 17 febbraio 2012, recante interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata da sovraffollamento delle carceri, ed è un provvedimento che riguardava ancora il Governo Monti. Con questo provvedimento si prevede l'innalzamento da 12 a 18 mesi della pena detentiva qualunque sia il reato da scontare, che può essere scontata presso il domicilio del condannato anziché in carcere permettendo quindi di applicare la detenzione presso il domicilio introdotta dalla legge 26 novembre 2010 n. 199.
La detenzione presso il domicilio non è applicabile ai soggetti condannati per delitti gravi (in questo caso terrorismo, mafia, traffico di stupefacenti), ai delinquenti abituali e professionali o per tendenza, ai detenuti che sono sottoposti a regime di sorveglianza particolare.
Nel dettaglio il provvedimento introduce due modifiche nell'articolo 558 del codice di procedura penale. Con la prima si prevede che, nei casi di arresto in flagranza, il giudizio direttissimo debba essere necessariamente tenuto entro, e non oltre, le 48 ore dall'arresto, non essendo più consentito al giudice di fissare l'udienza nelle successive 48 ore. Nel dettaglio il provvedimento stabilisce che sarà impossibile procedere a giudizio direttissimo nel caso di arresti eseguiti a ridosso del Santo Natale, di Pasqua e a ridosso di altre festività nazionali (ad esempio il 1 e il 6 gennaio, 25 aprile, il 1 maggio, il 2 giugno, il 15 di agosto, il 1 novembre, l'8 dicembre) immediatamente precedute da una domenica. In tali circostanze, quindi, sarà impossibile la celebrazione dell'udienza dibattimentale nelle 48 ore previste dalla legge. Questo, di fatto, porta il giudice a doversi limitare a dichiarare la sopravvenuta inefficacia dell'arresto e a non convalidarlo.
Con la seconda modifica viene introdotto il divieto di condurre in carcere le persone arrestate per determinati reati prima della loro presentazione dinanzi al giudice per la convalida dell'arresto e il giudizio direttissimo.
In questi casi l'arrestato dovrà essere di norma custodito dalle forze di polizia, salvo che ciò non sia possibile per mancanza di adeguate strutture o per altri motivi, quali lo stato di salute dell'arrestato o la sua pericolosità. In tali casi il pubblico ministero dovrà adottare uno specifico provvedimento motivato.
Il secondo provvedimento cosiddetto «svuotacarceri» è stato attuato con il decreto «Cancellieri», il decreto-legge 1 luglio 2013, n. 78, recante «Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena» – e questo riguarda il nostro Governo, il Governo attuale – convertito con modificazioni in legge 9 agosto 2013, n. 98. Con questo provvedimento si prevede di incidere direttamente e strutturalmente sui flussi carcerari. Esso contempla la modifica dell'articolo 656 del codice di procedura penale, rubricato «Esecuzione delle pene detentive». L'immediata incarcerazione è disposta solo per i condannati in via definitiva nei cui confronti vi sia una particolare necessità del ricorso alla più grave forma detentiva. Tra questi, oltre ai condannati per reati contemplati dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, è stato inserito il delitto di maltrattamenti Pag. 53in famiglia commesso in presenza di minori di quattordici anni. Nei confronti degli altri condannati sarà il pubblico ministero, prima di emettere l'ordine di carcerazione, a verificare se vi siano le condizioni per concedere la liberazione anticipata e a investire, in caso di valutazione positiva, il giudice competente della relativa decisione. In questo modo il condannato potrà attendere, da libero, la decisione del tribunale di sorveglianza sulla sua richiesta di misura alternativa. Inoltre, per le donne madri e i soggetti portatori di gravi patologie, viene ora data l'opportunità di accedere alla detenzione domiciliare nei casi in cui debba essere espiata una pena non superiore ai quattro anni. Prevede, inoltre, il divieto di disporre la custodia cautelare preventiva in carcere per i delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni; è inasprita la pena per il reato di atti persecutori – articolo 612-bis – punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni anziché quattro anni, al fine di eliminare l'applicabilità del punto di cui sopra.
Poi vengono ampliate le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità per i detenuti e gli internati, i quali possono svolgere la loro attività anche a sostegno delle famiglie delle vittime dei reati da loro commessi. Esclusi da tali previsioni sono solo i condannati per il delitto ex articolo 416-bis del codice penale e per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo, oppure al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste.
Viene, inoltre, elevata a trenta giorni la durata dei permessi premio per i detenuti minori di età, durata che in ciascun anno di espiazione non può eccedere i cento giorni, contro i sessanta del passato, quindi un aumento anche qui. È ampliata, altresì, la possibilità di accesso ai permessi premio per tutti.
È stata ripristinata la misura, prima cancellata con il decreto-legge, grazie al lavoro intenso in Commissione e in Aula della Lega Nord, della detenzione domiciliare per il detenuto che sia condannato per evasione. Sono previste, inoltre, misure per favorire l'attività lavorativa di detenuti e internati attraverso la concessione di sgravi contributivi e crediti di imposta a cooperative sociali e imprese.
Il terzo decreto-legge «svuotacarceri» è l'Atto Camera 1921, conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante, anche questo, misure urgenti in tema di diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria.
I titoli cambiano di poco ma si tratta sempre di «svuotacarceri», come l'abbiamo nominato per comodità. Le principali novità del provvedimento sono queste: tra le misure c’è l'innalzamento dello sconto per la liberazione anticipata, misura temporanea che scadrà fra due anni, portando gli attuali quarantacinque giorni a semestre a settantacinque giorni a semestre, applicabile a tutti; indulto permanente mascherato così definito in Aula dal collega Molteni; l'applicazione retroattiva dal 1 gennaio 2010, che comporta l'applicazione automaticamente a tutti di un indulto; si abbassa, inoltre, la pena per spaccio di lieve entità dagli attuali sei anni, come pena massima, a cinque anni, così consentendo di non applicare più la possibilità della carcerazione preventiva. Tra le nuove misure c’è anche il braccialetto elettronico, che viene incentivato prevedendone comunque l'applicazione solo per i domiciliari.
Il decreto-legge prevede poi la creazione del Garante nazionale per i diritti dei detenuti. Infine, vi è il disegno di legge atto Senato n. 925, in materia di pene detentive non carcerarie e di sospensione del provvedimento per messa alla prova, il quale prevede, all'articolo 1, lettera a), la riforma del codice penale, poiché le pene principali, rimanendo quella dell'ergastolo, vengono definite come: reclusione, reclusione domiciliare, arresto domiciliare. Pertanto, rispetto all'attuale sistema si introduce la reclusione domiciliare e viene eliminato l'arresto come pena che era prevista per i reati contravvenzionali oltre, ad esempio, all'applicazione della norma ad un reato tipo come la guida in stato di Pag. 54ebbrezza. Questa modifica è fatta per legarla alle successive due lettere, la lettera b) e la lettera c), dell'articolo 1, che prevedono per tutti i reati contravvenzionali, lettera b), e per quelli che prevedono la reclusione fino a tre anni, attraverso una parametrizzazione legata all'articolo 268 del codice di procedura penale, che la pena sia unicamente quella della reclusione domiciliare o arresto domiciliare. Pertanto, nessuno andrà più in carcere per i reati con pena della reclusione sino a tre anni, tra cui rientra l'articolo 624 del codice penale, cioè il furto. E qui lasciatemi dire che i furti sono proprio quella fattispecie di reato che con la crisi economica particolarmente drammatica che sta vivendo il nostro Paese sono in crescita esponenziale.
All'articolo 1, lettera c), per i reati previsti con pena tra i tre e i cinque anni di reclusione, il giudice può applicare la reclusione domiciliare, quindi il giudice potrebbe, a suo insindacabile giudizio in questo caso, anche non concedere la reclusione domiciliare. Nell'alveo dei reati previsti con la pena della reclusione sino a cinque anni, rientrano, ad esempio, anche quello degli atti persecutori, articolo 612-bis, e altri reati gravi, tra cui la violazione di domicilio, articolo 610 del codice penale, e la truffa, articolo 640 del codice penale. In questo modo difficilmente le persone verranno tratte in arresto per questo tipo di reati.
L'articolo 1, alla lettera i), prevede espressamente che il giudice, nei casi descritti dalle lettere b) e c), preveda anche i lavori di pubblica utilità, ossia il giudice può mettere le persone ai lavori di pubblica utilità. All'articolo 1, alla lettera n), si escludono dall'applicazione dell'istituto di cui all'articolo 1 solo i reati previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. Pertanto, queste norme si applicano a tutti i reati, anche di grave allarme sociale, salvo escluderle solo per alcuni, quelli di cui all'articolo 4-bis della legge del 26 luglio 1975, n. 354, ossia l'ordinamento penitenziario, in buona sostanza i reati commessi dai mafiosi e altri tipi di reati, come la violenza sessuale.
L'articolo 2, inoltre, introduce – a differenza della Camera questa parte è stata introdotta ex novo dalla Commissione giustizia – la depenalizzazione di alcuni reati. Tra questi reati per cui è stata prevista la depenalizzazione, non essendoci la voce all'articolo 2, lettera a), si può prevedere anche la materia dell'immigrazione. Pertanto, la materia dell'immigrazione sarà, se passa il testo, soggetta a depenalizzazione. Un nostro emendamento ha previsto l'introduzione e quindi il divieto di procedere a depenalizzazione. Inoltre è stato previsto alla lettera c), tra i reati per cui procedere alla depenalizzazione, anche, all'articolo 2, comma 2, lettera c), il numero sei, quello in materia di sostanze stupefacenti e, quindi, nel solco di evitare problemi a coloro che utilizzano e consumano droghe.
Infine è stato previsto, sempre dall'articolo 2, comma 3, lettera b), la soppressione del reato di immigrazione clandestina, introdotto nel testo sull'immigrazione, la cosiddetta Bossi-Fini. Il nostro gruppo sul punto ha presentato vari emendamenti soppressivi al fine di eliminare dal testo la previsione normativa. L'articolo 3, messa alla prova, non ha subito di fatto delle modifiche rispetto al testo della Camera. Si prevede quindi la possibilità, tramite l'istituto della messa alla prova, di consentire a chiunque abbia commesso un reato con la pena fino a quattro anni di reclusione o reati di cui all'articolo 550, comma 2, del codice di procedura penale, tra cui vi sono appunto il furto aggravato e il reato di ricettazione, di poter essere messo alla prova attraverso un lavoro di pubblica utilità, anche se la parte offesa fosse contraria.
Quindi, l'imputato avrebbe in questo modo il diritto ad essere ammesso comunque alla messa alla prova. Pertanto, le parti offese dal reato rimarranno senza tutela, oltre alla beffa che il sistema consente di praticare. Inoltre, al termine del periodo di messa alla prova, una volta terminato il lavoro di pubblica utilità, il reato si estingue, quindi la persona che ha commesso il reato è come se non lo avesse mai commesso; ad esempio, nei casi prospettati, Pag. 55di chi si fosse macchiato del reato di furto aggravato; ciò è particolarmente grave, a nostro avviso. In questo modo, si incentiva a commettere reati e si pongono delle norme che tendono a salvaguardare i delinquenti; infatti, alla Camera il provvedimento era stato bollato anche come «salva delinquenti».
Gli articoli 5, 6, 7 e 8 sono volti: il primo solo a far sì che il pubblico ministero avvisi l'imputato della facoltà di poter richiedere l'istituto della messa alla prova, mentre gli altri tre sono relativi al coordinamento di alcune norme del Testo unico in materia di casellario giudiziale o in materia di pianta organica del Ministero della giustizia.
Il vero problema sarà quello che le attuali strutture, visto che il provvedimento non prevede alcun tipo di nuova risorsa in merito agli uffici esterni di esecuzione penale del Ministero della giustizia, con l'introduzione della messa alla prova si avrà un aumento considerevole delle competenze degli uffici del Ministero, sarà quindi inevitabile un collasso del sistema giustizia.
Gli articoli 9, 10 e 11 del provvedimento modificano l'istituto degli irreperibili; su questi articoli il gruppo della Lega Nord ha presentato proposte emendative perché ci si conformi anche a dei principi europei.
All'articolo 12 abbiamo presentato diverse proposte emendative perché quest'ultimo non pare coerente con il sistema secondo cui chi si sottrae alla giustizia, cioè l'irreperibile, goda della prescrizione del reato. Alcuni emendamenti hanno previsto l'aumento del periodo relativo alla prescrizione, altri l'eliminazione dell'istituto per gli irreperibili.
Detto questo, mi consenta di fare una considerazione finale. Si continua ad intervenire con provvedimenti che prevedono la deflazione della popolazione carceraria senza indicare invece riforme strutturali, quali quelle proposte dal nostro gruppo, che prevedono la costruzione di nuove carceri o lo sfruttamento di altre strutture che magari non possono essere adibite a carceri, come le caserme dimesse, ma possono esservi reclusi coloro che hanno commesso reati di entità minore, non grave, con conseguenti minori rischi di evasione. Questo è anche supportato da dati oggettivi, i quali riprendono il fatto che la popolazione carceraria in Italia è la più bassa a livello europeo, quindi il sovraffollamento non è determinato da un problema di esubero o di aumento della popolazione carceraria che deriva da una particolare severità dei nostri codici, penale e di procedura penale. Piuttosto, siamo in presenza di una evidente carenza di strutture carcerarie; ricordo anche il dato, ancora più eclatante, della popolazione carceraria negli Stati Uniti che, se rapportata alla popolazione, è dieci volte superiore a quella italiana.
Noi ripetiamo che è il vero problema da affrontare è la costruzione, la messa a regime di strutture carcerarie in via di ultimazione o abbandonate per carenza di fondi, e non quello di liberare anzitempo o con formule deflative declinate in varie maniere da questi quattro provvedimenti che non avrebbero altro risultato se non quello di risolvere solo temporaneamente e teoricamente il problema. Infatti, molto è lasciato anche alla discrezionalità dei giudici, i quali di fronte alla pericolosità di certi reati non faranno uscire anzitempo i detenuti.
Quindi, non si devono scaricare sulla società civile i problemi, le carenze di un Governo che non sa agire, non sa prendere i provvedimenti strutturali necessari, scaricandoli appunto sulle persone oneste rendendo questa società sempre meno sicura e sempre meno vivibile.
PRESIDENTE. La ringrazio, non vi sono altri iscritti a parlare, pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche relatori e Governo – A.C. 1921-A)
PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori di minoranza Molteni e Colletti, il relatore di maggioranza Ermini e il Governo rinunciano alla replica. Pag. 56
Avverto che per un disguido gli emendamenti presentati dai deputati del gruppo Per l'Italia (Santerini 3.17 e 3.18, Binetti 5.6 e Marazziti 6.28) non compaiono nel fascicolo n. 1 degli emendamenti.
Tali proposte emendative sono in distribuzione e devono intendersi ricompresse nel suddetto fascicolo.
Ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori la presidente della Commissione giustizia, la deputata Donatella Ferranti. Ne ha facoltà.
DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo provvedimento d'urgenza, come sappiamo, risponde a istanze che riguardano appunto la sentenza della Corte di Strasburgo che detta dei tempi per riforme strutturali all'Italia, entro il prossimo mese di maggio, e che riguarda appunto la gravissima questione del sovraffollamento delle carceri. Purtroppo i noti eventi della scorsa settimana, non hanno consentito alla Commissione giustizia di approfondire e soprattutto di deliberare su alcuni emendamenti che avevano visto, con varie convergenze, alcuni correttivi al testo, che è un testo diciamo complesso, e che va ad intervenire su vari fronti. Su questi punti, per i quali sono stati presentati emendamenti in aula – tra i vari emendamenti sono stati presentati anche questi – stamani si è riunito il Comitato dei nove; il relatore e il Governo hanno espresso parere favorevole con riferimento alle seguenti proposte emendative:
2.800 Ferranti;
3.185 Sarti se riformulato in tal senso: al comma 1, lettera b), capoverso «Art. 35-bis», comma 3, dopo le parole «porre rimedio» inserire le seguenti: «entro il termine indicato dal giudice»;
3.19 Costa e 3.14 Dambruoso, se riformulati in tal senso: sostituire il comma 4 con i seguenti: «4. Avverso la decisione del magistrato di sorveglianza è ammesso reclamo al Tribunale di sorveglianza nel termine di 15 giorni dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della decisione. 4-bis. La decisione del Tribunale di sorveglianza è ricorribile in Cassazione per violazione di legge nel termine di 15 giorni dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della decisione.»;
identici: 3.42 Molteni, 3.174 Sarti e 3.805 Dambruoso;
3.800 Ferranti se riformulato aggiungendo infine le seguenti parole: conseguentemente dopo il comma 1 inserire il seguente: 1-bis «In attesa dell'espletamento dei concorsi pubblici finalizzati alla copertura dei posti vacanti nell'organico del ruolo dei dirigenti dell'esecuzione penale, per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in deroga a quanto previsto dagli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, le funzioni di dirigente dell'esecuzione penale esterna possono essere svolti dai funzionari inseriti nel ruolo dei dirigenti di istituto penitenziario.»;
identici 4.5 Ferranti e 4.800 Colletti e l'emendamento 4. 150 Molteni, se riformulato come i primi due;
4.152 Ferranti;
6.7 Daniele Farina;
7.36 Micillo, 7.49 Cicu e 7.50 Cicu.
Si tratta di emendamenti sui quali l'orientamento prevalente del Comitato dei nove è stato di darmi mandato a chiedere all'Assemblea un rinvio in Commissione al fine di consentire l'esame delle suddette proposte emendative, quindi un rinvio vincolato a poter riprendere ad esaminate tali proposte emendative per poter riprendere l'esame da parte dell'Assemblea entro un termine di 2 ore dalla sospensione dei suoi lavori, affinché sia possibile procedere alla predisposizione di un nuovo testo ed alla fissazione di un termine per la presentazione di eventuali emendamenti in Assemblea riferiti alle parti modificate e far esprimere alla Commissione bilancio il parere sul nuovo testo.
Pag. 57 PRESIDENTE. Ovviamente è stata formalizzata una proposta di rinvio di due ore a cui va aggiunto il tempo tecnico per permettere alla V Commissione bilancio di esprimere i pareri, e quindi sarebbero due ore e mezza.
Io adesso pongo in votazione questa richiesta, dando la parola ad un oratore contro e uno a favore. Ha chiesto di parlare il deputato Molteni. Deputato Molteni, chiede di parlare contro o a favore sulla richiesta di rinvio in Commissione ? Contro ?
NICOLA MOLTENI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, chiedo di intervenire per qualche precisazione.
PRESIDENTE. A che titolo ?
NICOLA MOLTENI, Relatore di minoranza. Come relatore di minoranza, Presidente.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, io voglio fare presente che questo decreto...
PRESIDENTE. Scusi un attimo. Si possono liberare i banchi del Governo, per favore ? Chiedo scusa. Scusi, deputato Romano, è possibile liberare i banchi del Governo ? Grazie. Prego, deputato Molteni.
NICOLA MOLTENI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, questo decreto «svuotacarceri», è stato definito dai più anche come un decreto «salvamafia». Proprio con riferimento all'articolo 4 sulla liberazione anticipata speciale, voglio fare presente che in Commissione giustizia non è stato esaminato o, meglio, dopo pochi e alcuni emendamenti, rispetto ai quasi – anzi, agli oltre – 550 emendamenti, molti dei quali presentati dal gruppo della Lega Nord, si è deciso, per una serie di vicende note, di mettere immediatamente il provvedimento ai voti, dando, quindi, il mandato al relatore senza espletare in Commissione l'analisi di tutti gli emendamenti o di gran parte di questi.
Per cui, alla luce delle considerazioni fatte dal presidente Ferranti e soprattutto alla luce di quanto è avvenuto in mattinata nel comitato dei nove, dove correttamente sono state apportate delle modifiche e dove anche la maggioranza ha sostanzialmente sconfessato il Governo, in modo particolare con riferimento all'articolo 4 e, quindi, alla cancellazione della vergogna dell'applicazione della liberazione anticipata speciale ai reati di cui all'articolo 4-bis, emendamento e situazione questa che trova ovviamente il favore anche della Lega Nord, noi chiediamo, abbiamo chiesto e ribadiamo, che si torni sì in Commissione giustizia, ma non per esaminare unicamente gli emendamenti di cui al Comitato dei nove, perché noi crediamo – e soprattutto la Lega Nord chiede – che in Commissione giustizia, non essendo stato espletato l'esame degli emendamenti durante l'ordinaria seduta della Commissione medesima, venga concesso alla Lega Nord e alle forze politiche di opposizione di potere discutere, come tra l'altro prevede l'articolo 72 della Costituzione, il provvedimento, indicando anche altri emendamenti che per noi sono fondamentali e basilari rispetto al testo.
Per cui la Lega Nord acconsente al ritorno in Commissione a condizione che, senza indicare il limite temporale, come è stato indicato poc'anzi, vi sia la possibilità, per il gruppo della Lega Nord, di potere individuare e segnalare alcuni emendamenti, in un numero ovviamente importante rispetto ai 250 che sono stati depositati, in modo tale da poterci consentire di avere un dibattito e una votazione anche su questi emendamenti.
PRESIDENTE. Chiedo scusa: mi sta formalizzando questa richiesta ? È formalizzata.
GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Pag. 58 GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, in effetti il mandato dato alla presidente Ferranti, così come giustamente e puntualmente il collega Molteni ha ribadito, è stato dato affinché si tornasse in Commissione per esaminare una serie di emendamenti, avendo avuto anche la disponibilità da parte della Lega Nord di ridurre congruamente quelli che sono stati presentati, affinché si possa discutere in Commissione non solo dell'articolo 4 bensì anche di una serie di emendamenti all'articolo 1, all'articolo 2 e all'articolo 3.
Questo, per amore di verità, è stato il mandato dato alla presidente, perché la presidente quando interviene omette probabilmente di dire che la sua richiesta è stata quella di tornare in Commissione e omette di dire che ci sono state delle forze politiche, Lega Nord, MoVimento 5 Stelle e Forza Italia, che invece la pensavano diversamente.
Detto questo, ormai è chiaro il percorso di questo decreto. È chiaro il percorso di questo provvedimento, che non è un provvedimento semplice ma è un provvedimento importante ed è un provvedimento che va valutato nella sua interezza per migliorarlo.
Siccome ormai è noto a tutti che si vuole rinviare questo provvedimento in Commissione, per poi tornare fra due ore e mezza, con il Governo che porrà la questione di fiducia, è noto quindi che quello che sarà il lavoro fatto in Commissione poi costituirà il provvedimento su cui il Governo porrà la questione di fiducia. Per cui, siamo d'accordo che questo provvedimento venga rinviato in Commissione, ma ci appelliamo affinché venga visto ed esaminato sotto tutti i punti di vista, per migliorarlo e per rendere, almeno una volta, per sempre, la minoranza fattiva nell'apporto a un provvedimento così importante.
PRESIDENTE. Finora ho due proposte da mettere ai voti.
ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, in realtà, la proposta della presidente Ferranti, così com’è formulata, per noi risulta irricevibile. Ci domandiamo che concetto di democrazia si ha quando si chiede di poter discutere di un decreto-legge che va a favore delle istanze dei mafiosi solo due ore in Commissione, per poi porre la questione di fiducia in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle); che concetto si ha della democrazia se si chiede di discutere di un provvedimento, quale questo decreto-legge, che contiene un indulto mascherato, discutendo solo su otto emendamenti, che vengono scelti dalla maggioranza parlamentare. Si è persa totalmente, qui dentro, la cultura del dissenso e, facendo così, non si permette il dissenso alle opposizioni, le vere opposizioni, che sono qui in Parlamento; non si permette di discutere, anche in maniera tranquilla, ma ferma e netta, sulle istanze che provengono non dai mafiosi, ma dai cittadini.
Pertanto, noi chiediamo alla presidente Ferranti, ma anche alla sua Presidenza, così come chiediamo agli altri gruppi, di discutere il provvedimento qui, in quest'Aula, davanti alle telecamere di quest'Aula, emendamento per emendamento, e siamo pronti anche a tagliare della metà i nostri emendamenti, per portare la discussione qui, perché non dovete avere paura di discutere qui, in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Vi dovete prendere le responsabilità delle vostre scelte ! E proprio per questo, perché non si può mettere un timer alla democrazia, non esiste il timer alla democrazia, proprio per queste scelte, noi chiediamo che si discuta qui, in Aula, mettendo la faccia sulle scelte vergognose di questo Governo.
Pertanto, ci opporremo, in primis, a un rinvio in Commissione, ma, soprattutto, ci opporremo, con tutta la forza democratica, ad un rinvio in Commissione secondo gli emendamenti voluti da questa maggioranza. Semmai si dovesse votare un rinvio in Commissione, chiediamo – e ci associamo, Pag. 59in questo caso, alle parole del collega Molteni – che si discuta di tutti gli emendamenti, di non avere paura delle opposizioni, di non avere paura di un confronto democratico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
DANIELE FARINA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Vi invito solo a riflettere che dopo io devo concedere comunque un intervento a favore e uno contro su entrambe le proposte. Quindi, si può intervenire anche in quel caso. Prego, deputato Farina.
DANIELE FARINA. Signor Presidente, sono appena intervenuto, lo faccio brevissimamente. Credo che ci sono elementi di propaganda e ci sono elementi di merito. Io rimango nel merito: noi ci opporremo a un rinvio del provvedimento in Commissione semplicemente perché quegli emendamenti che verranno discussi nella Commissione vanno largamente nel senso di ciò che alcune forze politiche, la Lega e il MoVimento 5 Stelle, precedentemente, hanno esplicitato. Non erano e non sono elementi migliorativi del testo. Erano già previsti alla Commissione ed è il motivo per cui abbiamo ritenuto e riteniamo che questo provvedimento sia stato svuotato di alcune caratteristiche fondamentali. Proseguire in questa direzione, quando i fatti sono questi, è un esercizio di propaganda che, sinceramente, non condividiamo e quindi ci opporremo al rinvio in Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. A questo punto, mi sono state formulate due proposte: una è quella del deputato Molteni e una è quella della presidente Ferranti. La proposta del relatore di minoranza Molteni è quella che è più lontana, in quanto chiede che il provvedimento sia rinviato in Commissione senza limitazioni temporali e di oggetto, a differenza di quella della presidente Ferranti, che ha limitazioni di tempo, di discussione e di oggetto.
Quindi, io adesso pongo in votazione, prima, la proposta del deputato Molteni e poi la proposta della presidente Ferranti. Se viene respinta la proposta del deputato Molteni, si procede alla votazione della proposta della presidente Ferranti.
Se non vi sono interventi a favore o contro sulla proposta del deputato Molteni...
ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo ?
ANDREA COLLETTI. Come detto prima, noi non siamo favorevoli al ritorno in Commissione, sebbene sia ovviamente una proposta migliorativa della incredibile ed irricevibile proposta del PD. Non siamo favorevoli al ritorno in Commissione; la nostra proposta è di continuare la discussione come stava avvenendo...
PRESIDENTE. È chiaro, deputato Colletti.
ANDREA COLLETTI. Ovviamente, faccio presente alla Presidenza che la proposta della presidente Ferranti è lesiva dei diritti dell'opposizione e va contro ogni articolo della Costituzione in cui si prevede la democrazia parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Io comunque continuo a vedere due proposte in quanto...
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare contro la proposta del deputato Molteni.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, solo due parole per chiarire che il nostro intento, quello che ha spiegato la presidente Ferranti, è quello di rinviare il testo in Commissione per proseguire un dibattito che noi, che la Commissione, che il nostro gruppo, che i gruppi di maggioranza hanno provato a fare. Un dibattito Pag. 60che doveva avere tutti i tempi necessari, nella scorsa settimana, che è stato interrotto per altri motivi, su cui è inutile tornarci ancora, ma che aveva tutta la volontà di entrare nel merito di ogni singolo emendamento. E la consapevolezza, che non solo la maggioranza, ma anche altri gruppi – come espresso in Comitato dei nove – hanno sul fatto che vi sono alcuni correttivi da porre, impone che questo ritorno in Commissione ci sia.
Perché non possiamo accogliere la proposta del collega Molteni ? La risposta sta nel numero di iscritti a parlare che loro hanno previsto nel dibattito generale, con una finalità ben esplicita, chiara, dichiarata anche pubblicamente, cioè quella di produrre un ostruzionismo, ostruzionismo a cui il nostro gruppo non vuole sottoporsi per evitare un ingolfamento dei lavori di quest'Aula. È necessario procedere, andare avanti, discutere, avere la chiarezza nel merito, ma sicuramente dare la possibilità a questo Parlamento di convertire questo decreto-legge, cosa che a noi sta a cuore, per cui abbiamo previsto un'altra procedura.
GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, io sarò poco esperto di lavori di Commissione evidentemente, però non trovo, dall'articolo 72 in avanti del Regolamento, che riguarda proprio l'esame in Commissione in sede referente di un provvedimento come è quello che si invita a rinviare in questa fase, un rinvio condizionato. Da nessuna parte nel Regolamento può essere in qualche modo posta una condizione al rinvio dell'esame in Commissione. Dev'essere libero, anche perché condizionare solo ed esclusivamente all'esame di quegli emendamenti proposti o dal Governo o dalla maggioranza è, come diceva il collega Colletti, assolutamente lesivo non solo dei diritti dell'opposizione, ma dei diritti propri della democrazia.
Quindi, probabilmente – ripeto – è un mio difetto non conoscere a fondo il Regolamento sulla questione delle Commissioni, se lei mi può venire incontro e dire dove è scritto nel Regolamento che il rinvio in Commissione può essere condizionato, poi ognuno prenderà le sue decisioni in sede di votazione. Ma io non lo trovo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Giusto per risponderle, mi facevano presente che vi sono almeno dieci precedenti su tale questione. Il rinvio in Commissione, infatti, come qualsiasi altra proposta sull'ordine dei lavori, formulata ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, ha un'estensione oggettiva e temporale che è di volta in volta stabilita dall'Assemblea con una deliberazione. Sono, infatti, assai numerosi i precedenti. Si vedano, al riguardo, i seguenti: il 4 ottobre 2004, il 27 dicembre 2004, il 10 maggio 2005, il 18 aprile 2012. Ci sono diversi precedenti, almeno dieci, che ho qui. Come sa bene, ci sono delle scelte che si fanno osservando i precedenti.
ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo chiede di intervenire ? Poi direi di mettere in votazione la proposta del deputato Molteni. A che titolo interviene ?
ROCCO BUTTIGLIONE. A titolo personale per dichiarazione di voto individuale.
PRESIDENTE. Aspetti. Io ho concesso un intervento a favore e uno contro. Quindi, per il resto, non posso consentire altri interventi. Perciò le chiedo a che titolo interviene. Il deputato Gianluca Pini è intervenuto per un richiamo al Regolamento.
ROCCO BUTTIGLIONE. Ho sentito altri interventi di dichiarazioni di voto, mi era sembrato.
Pag. 61PRESIDENTE. Era prima, prima che mettessi in votazione la proposta.
ROCCO BUTTIGLIONE. Non lo metto in dubbio, va bene.
ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, mi associo al collega Pini per il richiamo al Regolamento, ma soprattutto faccio notare che, a differenza delle prassi precedenti, delle prassi delle precedenti legislature, c’è un motivo per cui, in questo caso, le prassi non possono essere validate: a differenza delle altre legislature, in questo caso c’è una vera opposizione (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico – Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)...
PRESIDENTE. Colleghi ! Colleghi !
ANDREA COLLETTI. ...che non ci sta a queste prassi parlamentari lesive dei diritti costituzionali (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico – Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Mi dispiace: negli scorsi anni vi potevate scegliere le opposizioni. Non è più così: le opposizioni non ve le potete più scegliere ormai (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico – Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
ANDREA ROMANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Per un richiamo al Regolamento ? Non ho capito, mi scusi.
ANDREA ROMANO. A che punto del Regolamento si riferiva l'intervento del collega precedente ? E perché lei gli ha dato la parola, visto che era un intervento... grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Dunque...
ANDREA ROMANO. Dovete rispondermi !
IGNAZIO ABRIGNANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo Abrignani ?
IGNAZIO ABRIGNANI. Sull'ordine dei lavori, Presidente, prima della votazione, perché mi sembra che, rispetto ad altre situazioni...
PRESIDENTE. Allora, se è per richiamo al Regolamento...
IGNAZIO ABRIGNANI. È molto semplice, è proprio sulla votazione, perché, siccome normalmente il rinvio in Commissione è un semplice voto procedurale, io ritengo che, questa volta, sia un voto diverso, anche di natura politica. Pertanto, le chiede se è possibile che rimanga agli atti chi ha votato e chi no, con registrazione.
PRESIDENTE. Ha comunque natura di voto procedurale.
IGNAZIO ABRIGNANI. Va bene, secondo me questo invece ha una natura molto diversa.
NICOLA MOLTENI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Molteni è già intervenuto. Penso che si sia svolto un richiamo al Regolamento per ogni gruppo, adesso possiamo porre in votazione la proposta Molteni e poi andiamo avanti. Io indirei la votazione sulla proposta Molteni...
NICOLA MOLTENI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Il suo gruppo ha già svolto l'intervento sul richiamo al Regolamento. Comunque prego, ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, il motivo per cui noi...
Pag. 62PRESIDENTE. Sempre sull'aspetto procedurale che stiamo trattando...
NICOLA MOLTENI. Sempre sull'aspetto procedurale, assolutamente sì.
Presidente, il motivo per cui noi chiediamo che il ritorno in Commissione non sia condizionato deriva da un fatto evidente, che non so se era presente nei dieci casi di prassi che lei ha citato, ovvero: io faccio presente che questo decreto, in Commissione giustizia, non è stato discusso. È stato precluso alle opposizioni, alla Lega ed al MoVimento 5 Stelle, di votare gli emendamenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie e MoVimento 5 Stelle). Sui 500 emendamenti presentati, ne abbiamo votati solo poche decine, perché poi la maggioranza, il relatore ed il Governo hanno deciso di votare immediatamente il mandato al relatore. Quindi, questo provvedimento, anche alla luce del fatto che, probabilmente, il Governo verrà a chiedere la fiducia e quindi a precludere ulteriormente il dibattito su questo decreto, Presidente, noi chiediamo che il rinvio in Commissione consenta che ci possa essere un dibattito legittimo Presidente...
PRESIDENTE. È la sua proposta Molteni, adesso la poniamo in votazione.
NICOLA MOLTENI. ... alla luce del fatto che non abbiamo potuto farlo precedentemente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie e MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È chiaro Molteni. Adesso la poniamo in votazione.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio in Commissione come formulata dal deputato Molteni.
Dichiaro aperta la votazione.
Latronico ? Paris ? Monaco ? Carinelli ? Rostellato ? Grillo ? Fantinati ?
Dichiaro chiusa la votazione.
(È respinta).
La Camera respinge per 131 voti di differenza.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio in Commissione come formulata dalla presidente Ferranti.
Villecco Calipari ? Marazziti ? Carbone ? Simone Valente ? Ermini ?
(È approvata).
La Camera approva per 85 voti di differenza.
A questo punto sospendo la seduta, che riprenderà tra due ore e mezza, esattamente alle 19,40.
La seduta, sospesa alle 17,10, è ripresa alle 19,55.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI
(Esame dell'articolo unico – A.C. 1921-A/R)
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito dell'esame del disegno di legge n. 1921-A: Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione e per gli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione vedi l'allegato A – A.C. 1921-A/R).
Avverto che la Commissione ha deliberato di conferire il mandato al relatore sul nuovo testo del provvedimento, che comprende alcuni emendamenti approvati dalla Commissione nell'ambito delle materie sulle quali era stato deliberato il rinvio. Come già preannunciato prima del rinvio, si intendono ripresentati gli emendamenti Pag. 63già presentati per l'esame in Assemblea prima del rinvio, ove ancora riferibili al nuovo testo approvato dalla Commissione. Sul nuovo testo, nonché sugli emendamenti, la Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A – A.C. 1921-A/R). Avverto che anche la Commissione affari costituzionali aveva espresso, prima del rinvio, il prescritto parere (Vedi l'allegato A – A.C. 1921-A/R).
ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Scusi, c'era, però, il Ministro che voleva prendere subito la parola. Le dispiace ?
ANDREA COLLETTI. Forse è interessante che io parli prima del Ministro.
PRESIDENTE. È per la Commissione ?
ANDREA COLLETTI. Sì.
PRESIDENTE. Prego. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, è un intervento sull'ordine dei lavori. Noi, questo pomeriggio, dopo ben 7 minuti di Commissione, abbiamo deciso di abbandonare i lavori di quella Commissione. Ci sembra particolare che si possa chiamare una Commissione quella in cui vengono presentati e votati solo gli emendamenti scelti dalla maggioranza. Ci sembra particolare che si possa discutere, su un provvedimento, questo, che fa uscire di carcere i mafiosi, come MoVimento 5 Stelle solo 27 minuti in totale, poiché avevamo 3 minuti per ogni emendamento, scelto dalla maggioranza. Nove milioni di persone, rappresentate dal MoVimento 5 Stelle, avevano 27 minuti per esprimere il proprio parere sugli emendamenti scelti – e affermo di nuovo scelti – dalla maggioranza. Non so a chi fare questa denuncia pubblica, vorrei farla anche a lei, ma sinceramente preferisco farla ad altre autorità. Però questa non è democrazia, questo è un fantoccio. Avete creato un fantoccio di democrazia e di questo siete responsabili, tutti quanti. Rifletteteci quando la prossima volta, quando sarete opposizione, perché capiterà che sarete opposizione, parlerete di assalto alla democrazia quando la maggioranza vi taccerà come voi avete tacciato oggi i deputati del MoVimento 5 Stelle. Rifletteteci magari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
WALTER VERINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
WALTER VERINI. Signor Presidente, io credo che oggi la Commissione, a differenza di quanto è stato detto adesso, abbia dato prova di responsabilità. Io voglio ricordare a quest'Aula che i lavori della Commissione sono stati quasi fisicamente impediti la scorsa settimana da un atteggiamento che, sì, forse qualcuno ha ragione a non definirlo proprio eversivo, ma certamente squadrista da parte dei deputati del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia). E nonostante questo, la Commissione, che è stata impedita, ha cercato di fare il suo dovere, dando e votando il mandato al relatore. Avrebbe potuto proseguire lungo questa strada, non tenendo conto di pareri, non tenendo conto di contenuti e di emendamenti e, tuttavia, oggi, grazie ad un lavoro intelligente, innanzitutto della presidente Ferranti e del relatore Ermini, la Commissione ha cercato di licenziare per l'Aula un decreto-legge importante che non è vero che libererà i delinquenti e i mafiosi. Questa è propaganda vergognosa che dite voi. Noi non liberiamo i delinquenti e i mafiosi, ma cerchiamo di dare un contributo a una situazione drammatica come quella del sovraffollamento delle carceri.
E lo abbiamo fatto, approvando un emendamento a prima firma Ferranti che tiene conto anche di cose dette dalle opposizioni: altro che scegliere gli emendamenti ! Abbiamo licenziato un provvedimento urgente, tenendo conto anche Pag. 64delle ragioni di un'opposizione, anche quando questa opposizione fa un filibustering incredibile, e sono stati emendamenti che, lo ricordo, sono stati oggi approvati all'unanimità perché sono stati votati anche da coloro che poi legittimamente si oppongono all'insieme del provvedimento.
Questo, io lo dico con polemica, è un atteggiamento vergognoso, non è soltanto forcaiolo, è un atteggiamento vergognoso che offende la dignità del Parlamento, come avete offeso nei giorni scorsi la Presidente della Camera, le donne del Partito Democratico (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà, Nuovo Centrodestra, Per l'Italia e Misto) e tutti coloro che non sono d'accordo con i vostri atteggiamenti e, mi permetto, sono convinto che non lo sono d'accordo neanche tanti elettori che vi avevano votato con speranze e oggi provano delusione davanti a questo atteggiamento così incapace di essere propositivo.
Per questi motivi io rigetto queste accuse e credo che la Commissione abbia svolto un lavoro positivo ancora una volta. Magari, certo, noi siamo in grado di farlo a maggioranza ma lo abbiamo fatto nell'interesse crediamo del nostro Paese e di quella situazione drammatica rappresentata dall'emergenza carceri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
NICOLA MOLTENI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, c’è una violenza fisica che va fortemente condannata, c’è una violenza verbale che va fortemente condannata, c’è una violenza istituzionale che, allo stesso modo, va condannata ma c’è una violenza della democrazia a cui noi stiamo assistendo ormai da giorni rispetto alla quale non c’è nessuna condanna e non c’è nessuna condanna nemmeno da parte sua. Presidente, la settimana scorsa a un deputato della Lega e ad altri deputati è stato impedito di votare in Commissione affari costituzionali.
Oggi, Presidente, è stato impedito ad una forza politica di opposizione, alla Lega, come giustamente e democraticamente abbiamo chiesto in aula e in Commissione e nel Comitato dei nove, di poter votare i nostri emendamenti sul decreto-legge svuotacarceri o salvamafiosi. E al collega Verini dico: non libererete probabilmente mafiosi, sa perché ? Perché i mafiosi li avete già liberati ! Perché il decreto svuotacarceri è un decreto-legge e ha efficacia nel momento in cui è entrato in vigore e ci sono già mafiosi che hanno beneficiato della liberazione speciale anticipata con tanto di nomi e con tanto di cognomi. E di questo voi vi dovete vergognare, coloro i quali fanno dell'antimafia delle parole e poi, nei fatti, approvano o andranno ad approvare un provvedimento che rimette in libertà, che dà degli sconti di pena ai mafiosi.
Presidente, a noi, alla Lega è stato impedito – ricostruisco brevissimamente quello che è successo – di votare legittimamente i nostri emendamenti in Commissione giustizia la settimana scorsa perché è stato dato il mandato al relatore senza che la stragrande maggioranza degli emendamenti venissero votati. Oggi, nel Comitato dei nove, dove sono state apportate delle modifiche che hanno migliorato il testo vergognoso che il Governo ha approvato, il decreto «salvamafia», il decreto «svuotamafia», abbiamo chiesto, oltre ai dodici emendamenti su cinquecento, di poter votare altri emendamenti: non tutti i duecentosessanta emendamenti che la Lega ha presentato. Abbiamo chiesto cortesemente, in modo pacifico, in modo civile e in modo democratico, di poter votare altri venti-venticinque emendamenti, cosa che, tra l'altro, prevede l'articolo 72 della Costituzione, che un disegno di legge venga discusso in Commissione e venga discusso in aula. Il decreto-legge non è stato discusso in Commissione, salvo pochi e specifici emendamenti, e probabilmente vediamo il Ministro Franceschini che verrà ad annunciare l'ennesima Pag. 65fiducia, l'ennesimo intervento a gamba tesa del Governo sull'attività del Parlamento. Credo che la vera vergogna è quella che si sta perpetrando ai danni delle opposizioni; opposizioni che, in modo civile, in modo democratico, anche in modo pacifico, in modo sicuramente duro e determinato, cercano di far valere le proprie prerogative e ciò qui viene costantemente impedito.
Presidente, era da Fazio l'altro giorno a santificare i diritti delle opposizioni, a parlare di imparzialità, qua si sta mettendo in discussione – e le chiediamo di intervenire – la democrazia del dibattito parlamentare; non lo possiamo accettare e non lo possiamo soprattutto accettare su un decreto-legge così drammatico, un decreto-legge che andrà a rimettere in libertà mafiosi e criminali. Noi abbiamo il diritto, le opposizioni hanno il diritto di far valere le proprie istanze, le proprie prerogative, dando voce a quei milioni di cittadini, pochi o tanti che siano, che le hanno votate. Ci sono i diritti dei detenuti e dei criminali secondo il Partito Democratico, per la Lega ci sono i diritti delle persone perbene, i diritti delle vittime dei reati che costantemente vengono contestati e una democrazia che ormai non regna più in quest'Aula, è suo compito garantirla. Lei non è adeguata, è inadeguata ed è non confacente ai propri diritti, Presidente. Ripristini la democrazia mancante in quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e MoVimento 5 Stelle) !
DANIELE FARINA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Signora Presidente, vedo che la stanchezza fa brutti scherzi, d'altronde siamo qua da questa mattina a discutere di provvedimenti diversi, perché anche da quello che dicevano alcuni colleghi, il collega Molteni, ad esempio, penso che abbiamo in mano delle carte diverse, che parliamo di decreti-legge diversi. C’è la violenza, il collega Molteni ne parlava, e c’è anche la truffa in commercio cioè quando si tratta di far credere agli italiani una cosa mentre invece è un'altra, tant’è vero che le modifiche migliorative di cui si parlava, in realtà, per noi, Sinistra Ecologia Libertà, sono totalmente peggiorative, lo abbiamo detto, non insistiamo, lo diremo, non voteremo la questione di fiducia se verrà posta, voteremo contro il provvedimento, per motivi opposti a quelli di altri colleghi in quanto riteniamo che questo decreto-legge sia stato svuotato larghissimamente di qualsiasi efficacia e che ci allontani dall'Europa invece che avvicinarci.
Credo, e lo dico per ultimo, che in politica quando si fanno gli errori si pagano, e quello che è successo venerdì, purtroppo, è stato un errore. Quindi, credo che quella del collega Colletti più che una denuncia sia un'autodenuncia.
DANILO TONINELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. A che titolo ?
DANILO TONINELLI. Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DANILO TONINELLI. Lei sa che io e il mio gruppo abbiamo sempre portato avanti battaglie per il rispetto del Regolamento; lei sa che rispettare il Regolamento significa principalmente rispettare le minoranze e rispettare le opposizioni. In un passaggio dei lavori sulla legge elettorale in Commissione affari costituzionali, come è appena stato richiamato, e come appena è stato richiamato dal collega del Partito democratico relativamente ai lavori della Commissione giustizia, è stata violata qualsiasi procedura. Io per primo l'ho riportato in quest'Aula ovverosia quel voto che non aveva il numero legale, quel voto che in Commissione ha dato mandato al relatore senza poterlo dare, perché violava qualsiasi, lo ripeto, procedura e qualsiasi norma, senza la verifica del numero legale e senza la presenza in Commissione di tutti i membri Pag. 66perché – lo ha confermato lo stesso presidente Sisto – tutti i membri della Commissione affari costituzionali non sono potuti entrare quel giorno in Commissione. È stata posta la questione e lo stesso Sisto, lo ripeto, ha confermato. Lei ha preso atto di quanto detto da Sisto, ovverosia che il voto fosse un voto regolare. Ieri, nella sua intervista da Fazio a Che tempo che fa, invece, ha ribadito un passaggio completamente diverso, ovverosia ha ribadito che in Commissione affari costituzionali alcuni membri non hanno potuto votare. Sulla base di quanto da lei detto, io le domando: avendo lei interpellato il presidente Sisto, avendo lei interpellato tutta l'Assemblea e avendo confermato le parole del presidente Sisto che diceva che il voto è stato regolare, mi spiega cosa significano le sue parole di ieri ovverosia che alcuni membri della Commissione affari costituzionali non sono potuti entrare a votare in Commissione ? Non le sembra forse il caso di rispondere alla mia richiesta, e alla richiesta del gruppo che rappresento in questo momento, parlandole, di portare la questione in Giunta e di verificare un ritorno in Commissione di un passaggio tanto importante che riguarda un provvedimento tanto importante ?
Ovviamente, non rispondo alle illazioni appena portate avanti dal collega del Partito Democratico sulla violenza, sullo squadrismo e su quant'altro, perché vi ricordo che noi stavamo difendendo un qualcosa che è assolutamente democratico ovverosia il rispetto della possibilità di dare parola alle opposizioni. La tirannia della maggioranza è un qualcosa di gravissimo, è un qualcosa di reale se viene portata avanti in questa Assemblea....
PRESIDENTE. Guardi, non è pertinente al tema di cui ci stiamo occupando adesso. Se vuole concludere, perché questo è il secondo intervento del suo gruppo.
DANILO TONINELLI. Concludo riconfermandole la richiesta di valutare le sue parole che sono completamente opposte ad una decisione che lei ha preso in questa Assemblea, ovverosia che significa la sua affermazione di ieri in televisione dove affermava che in Commissione...
PRESIDENTE. Non è questa la sede, la ringrazio.
Adesso la presidente Ferranti se vuole chiudere questa fase e dopo passerei la parola al Ministro Franceschini. Prego, ne ha facoltà.
DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Signora Presidente, io vorrei sottolineare questo, capisco ovviamente i toni anche alti che si possono avere quando si rappresenta l'opposizione, però ci tengo, anche per il lavoro che è stato fatto in Commissione giustizia in questi mesi, a segnalare questi punti.
Gli emendamenti che si dice siano stati scelti dalla maggioranza e che quindi inopinatamente sarebbero stati messi in votazione questo pomeriggio, in realtà, Presidente, lo dico anche ai colleghi che sono qui in Aula presenti e che non sono della Commissione, sono quegli emendamenti su cui c'era stata convergenza da parte di quasi tutti i gruppi, anche delle opposizioni, durante quel dibattito in Commissione che si è dovuto interrompere forzatamente la scorsa settimana. A noi qui sembra che parliamo di un altro mondo, come se non ci ricordassimo più che cosa è accaduto la scorsa settimana, quando non abbiamo potuto completare l'esame, sia pure attraverso notturne, attraverso contingentamento dei tempi come accade quando ci sono 550 emendamenti, ma quell'esame non l'abbiamo potuto completare.
Oggi noi, e io per prima insieme all'onorevole Ermini, che è il relatore, ci siamo fatti carico non solo delle esigenze della maggioranza, non solo della necessità di apportare dei correttivi, perché avremmo potuto tralasciare tutto questo. C'era un provvedimento, è in Aula, il Governo è qui, si può poi correggere al Senato. Invece abbiamo voluto dare un segnale, tanto è vero che – dico solo questo perché penso che tagli la testa al toro – tutti questi emendamenti, gli emendamenti Pag. 67che sono stati segnalati stamane in Comitato dei nove, come quegli emendamenti su cui c'era convergenza, sono stati approvati quasi tutti – erano dieci – ma i fondamentali sono stati approvati all'unanimità.
Questo è il punto, un punto insormontabile per dire che si stanno dicendo delle falsità quando si dice che qui la democrazia è stata soppressa, è stata eliminata da un dibattito in Commissione giustizia. No, certo che io oggi ho dato dei tempi, li ho dati perché li avevo ricevuti dall'Aula, la quale a sua volta mi aveva dato dei tempi, dovevo avere il rispetto anche per la Commissione bilancio che doveva esprimersi, però io credo che la prova del nove, la cartina di tornasole è che questi emendamenti – tranne uno, mi pare – sono stati approvati all'unanimità. E finché c’è stato, anche il MoVimento 5 Stelle ha votato quegli emendamenti. Erano emendamenti che recavano la firma del Partito Democratico, la firma del MoVimento 5 Stelle, della Lega, di Scelta Civica, degli altri di Forza Italia e di tutte le forze politiche. Quindi io, non solo come presidente, ma anche come cittadina, ho la coscienza più che a posto; questo è stato un passaggio democratico di alta democrazia (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) e soprattutto di alto senso di responsabilità, perché correggere un decreto-legge, quando viene alle Camere, credo che sia un nostro dovere, perché altrimenti facciamo i passacarte.
Noi questo ruolo in Parlamento, anche quando eravamo all'opposizione, l'abbiamo sempre riconosciuto, tanto è vero che proprio sullo svuotacarceri vorrei ricordare al collega Molteni della Lega che il primo decreto svuotacarceri del 2010 fu votato anche dall'opposizione. Io ero capogruppo in Commissione giustizia e credo che chi era qui, il presidente Giorgetti e gli altri che erano qui, si ricordano bene che quel primo decreto-legge fu votato dall'Aula, perché qui bisogna rispondere alla sentenza di Strasburgo che ha messo dei tempi.
Ecco perché c’è un decreto-legge; così come cercheremo di portare in Aula presto anche l'altra questione, quella della messa alla prova, ed altri argomenti, perché bisogna fare in modo che l'Italia risponda, perché un conto è contribuire al dibattito e un conto è impedire che si portino avanti i provvedimenti e questo non ce lo possiamo consentire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Posizione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 1921-A/R)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro Franceschini, come avevo già annunziato. Ne ha facoltà.
DARIO FRANCESCHINI, Ministro per i rapporti con il Parlamento ed il coordinamento dell'attività di Governo. Signor Presidente, intervengo in questo dibattito basato sul sospetto legittimo che mettessi la fiducia su questo decreto-legge, quindi è un dibattito anticipato. In realtà, io ho chiesto poco fa a lei – e la ringrazio – la convocazione della Conferenza dei presidenti di gruppo per capire se esistessero le condizioni, nei rapporti parlamentari e politici con le opposizioni, per garantire una conversione del decreto-legge senza la posizione della fiducia. Quelle condizioni, come è normale e possibile che sia, non ci sono, però dato che c’è stato questo dibattito, mi perdoneranno i colleghi presenti se prendo solo qualche minuto prima dell'atto formale della posizione della questione di fiducia, per fare, in un clima che spero possa restare sereno almeno per qualche minuto, un ragionamento che credo dovremmo fare tutti e che dovrebbero conoscere i parlamentari dei gruppi, a cominciare dalla Lega o da SEL, che si sono alternati in maggioranza e opposizione.
Qui c’è un problema che riguarda i Regolamenti parlamentari, ed in particolare il Regolamento della Camera, che costringe sempre chi si alterna in questo ruolo e chi si alterna all'opposizione, ad Pag. 68un copione piuttosto prestabilito. Di fronte ai decreti-legge o all'eccesso di decretazione d'urgenza, le opposizioni ricorrono – alla Camera dove il provvedimento non è contingentabile – allo strumento dell'ostruzionismo, che lo si chiami con questo o con altri nomi e la maggioranza ricorre al voto di fiducia per garantire la conversione del decreto-legge. Se non cambiamo le regole, questo meccanismo non è risolvibile, credo che riguardi tutti. Ho ascoltato l'onorevole Colletti che ha detto: quando saremo in maggioranza. Allora mi faccia dire che c’è interesse oggi a lavorare sulle regole anche per chi un giorno – io mi auguro di no, evidentemente – fosse in maggioranza.
Se guardiamo i numeri, il Governo Letta, che viene criticato per questi numeri, ha posto nove fiducie nei primi nove mesi, undici il Governo Berlusconi e trentadue il Governo Monti. Il Governo Letta, che viene criticato per aver fatto troppa decretazione d'urgenza, ha approvato venticinque decreti-legge, trentotto il Governo Monti e trentadue il Governo Berlusconi. Allora, per dire che il problema è evidentemente capire se ci sono le condizioni, mentre parliamo di riforme costituzionali e di legge elettorale, per correggere questo meccanismo che altrimenti porta obbligatoriamente a questo imbuto. È capitato a tutti e credo che capiterà anche a chi viene dopo, se non cambiano le regole. Quando io mi sono seduto alla prima Conferenza dei presidenti di gruppo di Camera e Senato ho chiesto – il Presidente lo ricorda – se dentro il tema della modifica del Regolamento era possibile stralciare l'argomento «decreti-legge» non per dare garanzia al Governo, ma per dare garanzie sulla conversione dei provvedimenti del Governo, bilanciata evidentemente da garanzie a favore dell'opposizione. So che su questo la Giunta per il Regolamento sta lavorando, anche se non è stato stralciato questo problema, che è il più grosso, e quindi siamo ancora dentro questo schema.
Allora, anche in questo caso, ci sono cinquecentodieci emendamenti, ci sono due decreti-legge nel calendario di questa settimana, che devono essere convertiti entro il 21 febbraio, e che devono andare al Senato, e siccome il sistema oggi è bicamerale e io, come dire, mi prendo quello che mi devo «prendere» anche nell'altra Camera... la Camera dei deputati ha inviato al Senato adesso un decreto-legge dopo averlo tenuto cinquantadue giorni, per tante ragioni, che è il decreto-legge «Terra dei fuochi»; adesso arrivano due decreti-legge – se questo e «destinazione Italia» verranno approvati al Parlamento – che arriveranno al Senato tra pochi giorni, quindi quasi con l'impossibilità di modificarli. Anche da questo punto di vista, è evidente che qualche cosa bisogna rivederla; per questo, nella Conferenza dei presidenti di gruppo, ho proposto se era possibile almeno concordare il voto finale di chiusura per votare in Aula. Mi è stato detto comprensibilmente di no, per ragioni anche di merito e di non condivisione del provvedimento, però, guardate, che qualche cosa va fatta; è un appello che io faccio ai gruppi e alla Presidenza della Camera, anche se non competerebbe al Governo, ma così non possiamo andare avanti, anche perché è profondamente diverso il sistema tra le due Camere – mi riferivo al Parlamento – e sullo stesso provvedimento – non sto a dire qual è giusto e qual è sbagliato – di fronte ad un momento come questo, al Senato i decreti-legge sono contingentabili.
Qui alla Camera c’è una norma del Regolamento transitoria, introdotta transitoriamente nel 1990, che prevede l'impossibilità di contingentare l'unico provvedimento che ha una scadenza. C’è qualcosa che non torna, al Senato è contingentabile. Non ci sono le ventiquattr'ore tra la fiducia e il voto finale. Sapete che, tra la posizione della fiducia e il voto finale, queste ventiquattr'ore derivano dal fatto che si doveva lasciare tempo ai deputati di arrivare a Roma con i mezzi di trasporto di una volta e c’è ancora la norma. Al Senato c’è il voto unico, non c’è il voto doppio, ma al di là delle convenienze parlamentari che tutti abbiamo utilizzato, non soltanto le opposizioni di adesso, ma che senso ha che, dopo che il Pag. 69Governo ha posto la fiducia e ha «preso» la fiducia su un provvedimento, dopo, c’è un secondo voto, che è il voto finale ? Ultima cosa: al Senato non ci sono nemmeno gli ordini del giorno. Allora, io credo che mettere a posto queste norme, introducendo – voglio dirlo: non è un problema di garantire i diritti del Governo –, dico lavorando per tutelare in modo migliore, perché poi non si sa chi domani le utilizzerà queste norme, mettere a punto i diritti dell'opposizione, i diritti della maggioranza e il diritto del Governo, credo che sarebbe nell'interesse generale per evitare a chi verrà dopo il compito sgradevole cui sono sottoposto io. In questo caso – ripeto – come abbiamo sempre fatto... e anche questa, considerate, non è una cosa che è sempre accaduta e lo dico per chi è qui da poco, perché nell'ordinamento, dentro queste regole, c’è stata anche l'abitudine del maxiemendamento che «prendeva» il lavoro della Commissione, lo cambiava, lo presentava e su quel maxiemendamento modificativo dei lavori della Commissione poneva la fiducia. Noi abbiamo sempre rispettato il lavoro della Commissione e faremo così finché siamo qui; anche in questo caso, prendiamo atto che, in Commissione giustizia, con l'iter travagliato che c’è stato per tante ragioni, è stato modificato il provvedimento. In particolare, lo dico per chi potrebbe avere il dubbio che non fosse così, è stato approvato all'unanimità, positivamente, un emendamento che esclude l'applicazione della liberazione anticipata per i reati di cui all'articolo 4-bis della legge n. 334 del 1975, quindi prevenendo il rischio che possa usufruire di questo beneficio anche chi fa parte o chi è affiliato alla criminalità organizzata.
Quindi, sul testo della Commissione, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei Ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria, nel testo della Commissione, approvato oggi.
PRESIDENTE. Secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia la votazione per appello nominale avrà luogo domani non prima delle ore 20,25 e le dichiarazioni di voto sulla fiducia avranno inizio a partire dalle ore 18,30. Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 11 di domani.
Ha chiesto di parlare il deputato Chiarelli. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, avrei preferito intervenire prima, domani sicuramente nelle dichiarazioni di voto, in qualità di capogruppo di Forza Italia, spiegherò anche le motivazioni del voto contrario. Il Ministro Franceschini ha fatto la sua disamina del perché si arriva a chiedere il voto di fiducia, attraverso quelli che sono i meccanismi di Camera e Senato, ma sostanzialmente quello che ci aspettavamo è che su un provvedimento così importante non ci fosse stata la limitazione da parte della Commissione. È chiaro che mi riservo nella giornata di domani di specificare nel dettaglio tutte le cose che, a nostro parere, a parere del gruppo di Forza Italia, non vanno. Solo un accenno a quella che è stata la dichiarazione del presidente Ferranti, perché ritengo che sia veramente offensivo parlare di alta democrazia nel momento in cui vi è stata una ristrettezza nell'esaminare determinati emendamenti, non dando veramente la possibilità a tutti noi di esaminarne altri. Il fatto che si sia votato qualche emendamento è perché noi sosteniamo che non tutte le parti del decreto non sono buone. Vi sono alcune parti che sono sicuramente condivisibili, ma ce ne sono tante altre che andavano migliorate, ecco perché preannunzio, così come sarà fatto domani, il voto contrario di Forza Italia al decreto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Castelli. Ne ha facoltà.
Pag. 70 LAURA CASTELLI. Grazie. Visto che in aula abbiamo il piacere di avere il Ministro Franceschini, forse è il caso che, in quanto Ministro per i rapporti con il Parlamento, lei sappia – prima di mettere a punto, come dice lei, i giusti equilibri tra maggioranza ed opposizione – che tutte le volte che in questo palazzo aleggia la possibilità di una fiducia, la Commissione bilancio, di cui io faccio parte, ha un atteggiamento che, lei purtroppo lo deve sapere, mette a grosso repentaglio i conti pubblici di questo paese, perché la Commissione bilancio, ogni qual volta si millanta la fiducia, si comporta in maniera tale per cui qualunque tipo di parere e di approfondimento contabile non è necessario, se non il parere favorevole tout court. Ora io credo che questo sia rilevante e, se vuole, ci vediamo per un caffè e le racconto che cosa c’è di non coperto nei decreti su cui voi finora avete messo la fiducia; le assicuro che su tutti loro ci sono dei problemi di copertura finanziaria perché, lo sa meglio di me, dire che un provvedimento ha dei problemi secondo l'articolo 81 della Costituzione vuol dire creare problemi soprattutto di tempo. Quindi, questo continua a succedere, è successo sulla Banca d'Italia, sulla terra dei fuochi e continua a succedere. Quindi, io credo che lei Ministro debba essere messo al corrente di questa gravissima situazione che continua a perpetrarsi tutte le volte che in questa Camera aleggia la possibilità di una fiducia.
Allora, noi abbiamo lasciato agli atti ogni dichiarazione che riguarda questo tema, la invito a leggerle e a fare attenzione perché è gravissimo mettere a repentaglio così i soldi dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 stelle).
PRESIDENTE. La ringrazio.
ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA COLLETTI. Innanzitutto ringrazio il ministro Franceschini per il suo intervento, lo ringrazio soprattutto per alcune, ovviamente, bugie od omissioni che erano presenti nel suo intervento e, con tranquillità, Ministro Franceschini le spiego che basterebbe poco per far lavorare al meglio questo Parlamento. Basterebbe che voi evitaste di fare continuamente decreti-legge che mortificano questo Parlamento, che mortificano soprattutto magari i parlamentari di maggioranza che, piuttosto che pigiare un bottone – sì, no, astenuto – sulle fiducie, vorrebbero loro stessi discutere i provvedimenti di legge che hanno presentato anche legittimamente. Sinceramente, in questo caso non accetto lezioni di politica costituzionale da parte di coloro che hanno avuto tutto il tempo per cambiare, volendo, questo andazzo e, soprattutto, le faccio conoscere che, in realtà, l'obiettivo del Governo e di questa maggioranza all'interno della Giunta per il regolamento è quello artatamente di zittire in tutti i modi le opposizioni, anche dentro questa Camera dei deputati, come già è successo purtroppo al Senato.
Le spiego che il Governo della maggioranza o il Governo della maggioranza di Governo non è propriamente parte del nostro sistema costituzionale; noi siamo una liberaldemocrazia e non siamo neanche una Repubblica governativa, siamo una Repubblica parlamentare, glielo ricordo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 stelle).
Cambiatelo, abbiate il coraggio di cambiare la Costituzione e di indicare che, secondo voi, è necessaria una Repubblica governativa: abbiate il coraggio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 stelle).
Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 20,30).
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Chiede di intervenire il deputato Umberto D'Ottavio. Non lo vedo, si intende che vi abbia rinunciato.
TIZIANO ARLOTTI. Chiedo di parlare.
Pag. 71PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TIZIANO ARLOTTI. Signor Presidente, colleghi deputati, con l'approvazione all'unanimità da parte di Camera e Senato della legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione fra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino, per evitare le doppie imposizioni fiscali in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, è entrato in vigore il 31 luglio questo importante provvedimento. Altri accordi e provvedimenti arriveranno entro pochi mesi in Parlamento per essere discussi e approvati. Siamo di fronte ad accordi che contribuiscono a rinsaldare e rafforzare una lunga storia di amicizia e di cooperazione fra Italia e San Marino. I due Stati proprio nel 2014 celebreranno la ricorrenza del settantacinquesimo anniversario della firma del Trattato di amicizia e di buon vicinato avvenuta il 31 marzo 1939, con la visita anticipata già dal Presidente Repubblica Giorgio Napolitano sul Titano.
Risulta proprio per questo incomprensibile che ancora il Ministero dell'Economia e delle finanze non abbia provveduto ad emanare il decreto che sancisca la definitiva uscita della Repubblica di San Marino dalla black list. L'assenza del decreto penalizza fortemente l'economia: ricordo che l'interscambio commerciale fra l'Italia e la Repubblica di San Marino è pari a 4,5 miliardi di euro, con un attivo per la Repubblica di San Marino di un miliardo; le ricadute negative di questo stallo pesano soprattutto sui territori e le regioni limitrofe.
Rivolgo perciò il mio appello al Ministro affinché, anche in considerazione degli importanti recenti pronunciamenti da parte di OCSE e Moneyval, tale decreto possa essere emanato al più presto. A fronte della rinnovata collaborazione e cooperazione fra i due Paesi, nel momento in cui l'economia fa intravedere timidi segnali di ripresa, il provvedimento è quanto mai urgente e non più procrastinabile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Salvatore Micillo. Ne ha facoltà.
SALVATORE MICILLO. Signor Presidente, volevo ricordare a quest'aula che il 1 febbraio è stata incendiata l'attività commerciale della famiglia di Josi Gerardo Della Ragione, un ragazzo con meno di trent'anni che da anni combatte attraverso l'informazione e la sua opera in consiglio comunale il malaffare. A Josi Gerardo – e alle persone che combattono queste nefandezze a testa alta sui nostri territori – vogliamo dare l'abbraccio del MoVimento 5 Stelle spingendolo ad andare avanti e ricordandogli che non è solo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo semplicemente per dire che non sono affatto d'accordo con l'impostazione sostenuta in quest'aula dall'onorevole Colletti. E lo faccio perché io credo – al netto delle posizioni molto differenti che si possono prendere su questa questione di fiducia e nel merito di questo decreto, su cui ci sono distinguo anche all'interno dei gruppi (il mio gruppo, per bocca del capogruppo in Commissione giustizia, voterà contro) – il Ministro Franceschini abbia svolto un intervento di estrema onestà intellettuale, cogliendo un punto che, non da oggi, è centrale nel dibattito politico-istituzionale di questo Paese. E lo ha colto non solo relativamente al rapporto tra Governo e Parlamento circa la decretazione d'urgenza, strumento che è stato abusato nel corso del tempo. Se si volesse procedere ad un approfondimento, onorevole Colletti, noi dovremmo domandarci perché c’è stato l'abuso della decretazione d'urgenza. A quel punto scopriremmo che, probabilmente, governare in questo Paese è permesso quasi esclusivamente attraverso la decretazione d'urgenza. Ciò, per un motivo molto semplice: il Parlamento non offre al Governo strumenti alternativi alla decretazione d'urgenza. Tutto questo esiste, onorevole Colletti, dai tempi in cui i decreti non venivano neanche convertiti perché venivano reiterati all'infinito.Pag. 72
Quindi, onorevole Presidente, credo che quella che in quest'aula con onestà intellettuale il Ministro Franceschini ha posto non sia una questione di parte, ma una questione che riguarda tutti, l'equilibrio e l'assetto delle nostre istituzioni. Essa non è stata affrontata perché ogni volta le opposizioni di turno hanno preferito avvalersi della facoltà di utilizzare forme di dilazione dei tempi come ostruzionismo, filibustering, ci sono mille modi per chiamarle. Insomma, la possibilità in questo ramo del Parlamento di non contingentare i decreti attraverso una norma transitoria ormai vecchia di sedici anni è forse, effettivamente, il punto centrale poiché non si è mai superata questa fase. Poi si possono avere le posizioni che ciascun gruppo sceglie di avere nella dinamica parlamentare, anche sulla riforma del Regolamento; ad ogni modo, quello che il Ministro Franceschini ha detto è né più né meno che la verità, ed è un punto di vista quello del Ministro dei rapporti con il Parlamento di grande spessore perché ha la possibilità di confrontare ciò che succede tra Camera e Senato, quindi sa bene il Ministro Franceschini che al Senato non si fa il doppio voto perché con la fiducia si esaurisce il dibattito, che non ci sono gli ordini del giorno. La ragione per cui noi abbiamo il doppio voto...
PRESIDENTE. Deputato Baldelli, concluda.
SIMONE BALDELLI. Presidente, noi abbiamo fatto un dibattito addirittura prima che il Ministro Franceschini mettesse la fiducia. Io mi sono riservato di intervenire dopo (almeno spero che questo possa portare un contributo costruttivo). Ma, la ragione per cui noi abbiamo mantenuto il doppio voto era per garantire ai provvedimenti che potessero essere segretati la possibilità del Parlamento di esprimersi attraverso un voto segreto. Aggiungo, Presidente, che probabilmente...
PRESIDENTE. Concluda, onorevole Baldelli. È scaduto il tempo.
SIMONE BALDELLI. ... questo dibattito va fatto con toni e con modalità molto diversi da quelli con cui l'onorevole Colletti lo ha affrontato in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Villarosa. Ne ha facoltà.
ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, volevo sollecitare le mie interrogazioni, ma prima volevo rispondere al collega Baldelli, visto che ha parlato prima, semplicemente per dirgli di valutare, prima di parlare, di dire e di fare passare un messaggio del tipo «il Governo non riesce a lavorare e allora non si rispettano le regole né del Regolamento né della Costituzione».
Io vorrei dire all'onorevole Baldelli che è molto pericoloso lanciare questo tipo di messaggi, perché allora in questo Paese non è possibile neanche fare impresa a causa delle tasse eccessive che devono pagare i nostri imprenditori. Questo cosa significa: che i nostri imprenditori non devono più pagare le tasse ? È questo il messaggio che vogliamo fare passare ? Se le regole bloccano qualsiasi lavoro non si rispettano ? Quindi, semplicemente ho dovuto fare questo intervento perché dopo l'intervento dell'onorevole Baldelli era doveroso.
Volevo chiedere il sollecito per gli atti n. 01838, 01634, 01289, addirittura datati luglio, agosto e settembre, per i quali richiedo la risposta scritta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rizzetto. Ne ha facoltà.
WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, volevo soltanto ricordare a quest'Aula che non esistono sequestrati di serie A e sequestrati di serie B. Ricordo che circa un mese e mezzo fa, quasi due mesi fa, abbiamo presentato, come MoVimento 5 Stelle, un'interrogazione al Ministero degli affari esteri e, nello specifico, al Ministro Bonino, sul caso di Giovanni Lo Pag. 73Porto, cooperante italiano rapito il 19 gennaio 2012 in Pakistan. È sotto sequestro, Presidente, da due anni e da quanto ho capito la politica, i media e qualsiasi altra persona, anche all'interno di quest'Aula, se ne sono dimenticati. Il caso è ritornato un po’ alla luce qualche giorno fa, ma adesso c’è di nuovo un silenzio imbarazzante. Quindi, questo mio intervento è per sollecitare una risposta importante rispetto a questa interrogazione.
PRESIDENTE. La ringrazio di averlo sollevato. A questo punto io stessa ho scritto alla Ministra Bonino, perché persona conosciuta, e mi ha chiaramente detto che si sta lavorando e che è necessaria anche una certa riservatezza su questo caso. Volevo che lei lo sapesse.
Ha chiesto di parlare il deputato Pesco. Ne ha facoltà.
DANIELE PESCO. Signor Presidente, intervengo per ciò che è avvenuto la settimana scorsa, nel senso che è stata approvata la conversione in legge del decreto-legge n. 133 del 2013 sulla Banca d'Italia e sulla rivalutazione del capitale. È arrivata oggi la notizia che molti cittadini stanno facendo dei ricorsi presso le procure per quanto previsto, appunto, da quel decreto e sulla stima del capitale sociale fatta a 7,5 miliardi.
Siccome ho a cuore veramente i colleghi della maggioranza, che si sono resi responsabili di questa approvazione, vorrei veramente che anche lei si facesse parte in causa su questo argomento, nel senso che le chiedo veramente di agevolare qualsiasi provvedimento che possa prendere questa Camera per riuscire a porre rimedio a questa situazione, a questa approvazione del decreto della settimana scorsa.
Quindi, veramente è una preghiera che le faccio con il cuore, rivolta a tutta questa Camera e, soprattutto, ai colleghi che hanno approvato questo decreto affinché, appunto, non si possano verificare delle responsabilità di chi ha approvato il decreto per magari, insomma, danno erariale oppure per una procurata cosa del genere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Ambrosio. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, volevo rassicurare il collega Villarosa nella questione che diceva prima, relativamente all'intervento del Ministro Franceschini e quindi anche in qualche modo a quella che è la logica che porterebbe le imprese a non pagare le tasse, perché del resto l'onorevole Baldelli fa parte del partito di colui che per fortuna finora è ancora al di fuori delle istituzioni e del Parlamento e che fino a qualche tempo fa diceva che è legittimo che i cittadini non paghino le tasse, perché la tassazione in Italia è troppo alta. Quindi, è legittimo evadere.
Inoltre, volevo ricordare, sempre al collega Villarosa, magari tramite lei, Presidente, che è notizia di oggi che in Italia abbiamo la corruzione che si attesta all'incirca sui 60 miliardi di euro ed è la metà della corruzione in tutta Europa. Quindi, questa classe politica, responsabile degli ultimi decenni, dovrebbe essere molto felice di avere partorito la classe politico-amministrativa più corrotta di tutta l'Europa intera.
E allora, qui, più che chiedere a lei, Presidente, verso la quale non nutro oramai grandi speranze relativamente al «ponte» con i cittadini, mi rivolgo direttamente ai cittadini e lancio un messaggio di tranquillità. Dico ai cittadini...
PRESIDENTE. Deputato, concluda.
GIUSEPPE D'AMBROSIO. ... che possiamo – grazie, Presidente – stare tutti tranquilli, perché il futuro della democrazia in Italia, che è quello della legge elettorale, importante all'interno di quest'Aula, è affidato, appunto, ad un condannato in primo grado per cose che tutti possono vedere per fatti rilevati dalla Corte dei conti relativamente all'allora presidenza della provincia e a colui che diceva di evadere le tasse e che è responsabile degli ultimi 20 anni di disastro italiano che hanno prodotto questo sfacelo.Pag. 74
Ora tutto il Parlamento e l'Italia si sono affidati a questi due condannati per dettare la legge elettorale e la democrazia in Italia. Presidente, noi siamo felici e accogliamo questo con un grandissimo sorriso. Quindi, dico al collega Villarosa: stiamo tutti tranquilli, tanto ci fidiamo di Renzi e Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Sarti. Ne ha facoltà.
GIULIA SARTI. Signor Presidente, ci sarà, ovviamente, occasione domani, con le dichiarazioni di voto sulla fiducia, di spiegare cosa c’è che non va in questo decreto. Quello che, però, è importante far capire già da stasera, in modo tale che rimanga agli atti, e che domani verrà ripetuto, visto che, purtroppo, non ci potrà essere la discussione su tutti gli emendamenti, quello che deve rimanere in quest'Aula e che tutti devono sapere è che i danni provocati dalla decretazione d'urgenza si vedono.
Si vedono perché, se un decreto viene emanato, come è successo in questo caso, senza che vi sia l'esame da parte della sede competente, cioè la Commissione giustizia di questa Camera o tutte le Commissioni che lavorano in questo Parlamento, succede che, come in questo decreto, i benefici che arrivano fuori da qui sono per tutti i detenuti, tra cui mafiosi, come abbiamo detto, che se ne sono avvalsi durante le vacanze di Natale.
E queste non sono invenzioni del MoVimento 5 Stelle: sono preoccupazioni dello stesso procuratore nazionale antimafia. Noi siamo stati tacciati di allarmismo, di qualunquismo, di sbagliare i termini, perché si parlava di indulto mascherato. Allora, ci sono i nomi delle persone che intanto ne hanno beneficiato e chissà quante altre saranno: Nicola Ribisi, boss mafioso di Agrigento, di Palma di Montechiaro; addirittura, anche Gilberto Caldarozzi, ex capo dello Sco, condannato per le violenze alla scuola Diaz di Genova.
E chissà quanti altri ! Qui, oggi, non c’è il tempo per parlarne e non ci sarà il tempo domani: avremo quei dieci minuti per la dichiarazione di voto sulla fiducia, ma quante nefandezze che ci sono in questo decreto, dai braccialetti elettronici a un Garante dei detenuti senza poteri, senza soldi e di nomina governativa, alla super liberazione anticipata. C’è di tutto che non va ! Oggi siamo riusciti in Commissione a mettere a punto qualche contentino, con qualche emendamento della maggioranza, ma la sostanza non cambia. Il problema della decretazione d'urgenza è questo, che si provocano danni ai cittadini italiani...
PRESIDENTE. Deputato, concluda.
GIULIA SARTI. ... ai detenuti, a tutti e, soprattutto, ai diritti dei parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Crippa. Ne ha facoltà.
DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, volevo chiedere un chiarimento riguardo a un fatto accaduto nelle Commissioni VI e X pochi minuti fa, dove i presidenti di Commissione riportavano, secondo gli uffici, un resoconto unanime della deroga di domani all'attività di lavoro della VI e X Commissione sul provvedimento «Destinazione Italia».
Vedo che, in realtà, non è una questione di unanimità dei capigruppo, ma è un ricorso – quindi, mi sarebbe piaciuto che questa precisazione venisse fatta anche nelle Commissioni opportune – a uno strumento utilizzato nella XVI legislatura. Per cui, costituisce prassi, in realtà, e non un'unanimità di visione di gruppo. Quindi, si è data la deroga a riunioni per l'esame di decreti-legge pendenti.
Con l'occasione vorrei comunicarle, sicuramente ne è a conoscenza, e ribadirle il fatto che questo decreto-legge «destinazione Italia» rientra in quei pacchetti che il Governo e il Ministro Franceschini hanno sfornato con una fretta pazzesca prima della fine dell'anno. Questi decreti-Pag. 75legge – le ricordo – sono stati emanati in un momento in cui forse andava fatta una riflessione.
Avendo avuto quest'Aula un periodo di sosta natalizia, per cui dal 23 dicembre fino all'8 gennaio sostanzialmente è stata chiusa e le Commissioni non hanno potuto lavorare nel merito, qualcuno doveva farsi delle domande se questi decreti-legge avevano questo carattere di urgenza. In realtà oggi tale compito, quindi, viene riversato più che altro sulle minoranze per i difetti di programmazione governativi, di cui il Ministro Franceschini crediamo che sia uno dei principali responsabili.
Infatti, non è ammissibile che venga data una deroga all'attività, ad esempio, relativa al decreto-legge «destinazione Italia» domani, perché qualcuno ha sfornato decreti-legge prima della fine dell'anno sapendo che ci sarebbe stato un periodo di quindici giorni di stop. Questo è inammissibile, anche perché domani noi ci troveremo a lavorare ancora in condizioni di massima urgenza, senza che in realtà dal Governo, specie sull'articolo 8 e sulle assicurazioni, ci siano delle voci unanimi e soprattutto un testo condiviso dalla maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Non si tratta, infatti, di una deroga. La Commissione può decidere liberamente, non ha l'obbligo di lavorare, ma per prassi può lavorare. E questo io l'ho ribadito, anche poco fa, alla Conferenza dei presidenti di gruppo, per cui la decisione è rimessa alla Commissione. La Commissione può continuare. Questa non è una deroga, non è neanche un obbligo.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Martedì 4 febbraio 2014, alle 18,30:
1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, recante misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria (C. 1921-A/R).
– Relatori: Ermini, per la maggioranza; Molteni e Colletti, di minoranza.
2. – Discussione delle mozioni Ruocco ed altri n. 1-00288, Busin ed altri n. 1-00329 e Paglia ed altri n. 1-00330 concernenti iniziative per armonizzare il sistema europeo dell'imposta sul valore aggiunto alla luce del Libro verde sul futuro dell'IVA adottato dalla Commissione europea.
La seduta termina alle 20,50.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO DAVID ERMINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1921-A
DAVID ERMINI, Relatore per la maggioranza. Il decreto-legge n. 146 del 2013 è diretto ad affrontare la questione del sovraffollamento carcerario e a garantire il pieno esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti reclusi.
Prima di passare all'esame del contenuto del decreto – con tutte le precisazioni necessarie per spiegare non solo la portata normativa delle sue disposizioni ma anche la ragione per cui alcune non sono state modificate in Commissione come invece avrebbe voluto la maggioranza e, in alcuni casi, anche l'opposizioni – è opportuno calare il decreto stesso nel contesto in cui si muove, dato da due elementi: il primo di fatto, il secondo giuridico.
L'elemento di fatto è il disumano sovraffollamento delle carceri, quello giuridico a sua volta ha due diverse sfaccettature: la lesione dei diritti fondamentali dei soggetti reclusi e la sentenza Torreggiani della Corte europea dei diritti dell'uomo (emessa in data 8 gennaio 2013), che ha riconosciuta questa lesione.Pag. 76
Come ricorda la stessa relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, la questione è stata affrontata anche di recente dal messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere del 7 ottobre 2013 (doc. I, n. 1), a seguito della nota sentenza Torreggiani. Sulle tematiche oggetto del messaggio, la Commissione Giustizia della Camera dei deputati ha poi approvato una relazione per l'Assemblea (doc. XVI, n. 1), i cui lavori preparatori, ed in particolare le audizioni svolte, è opportuno richiamare anche in relazione all'esame del decreto legge il cui esame viene avviato oggi dalla Commissione.
Non è questa la sede per ripercorrere tutto il percorso della giurisprudenza dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in relazione al sovraffollamento delle carceri italiane, in quanto la Commissione Giustizia ha già affrontato questo tema in occasione dell'elaborazione della richiamata relazione all'Assemblea. In relazione all'esame del decreto legge mi limito a ricordare che l'Italia, che nel 2009 era già stata condannata per il sovraffollamento carcerario, è stata condannata con la sentenza Torreggiani in quanto la violazione del diritto dei ricorrenti (si trattava di una sentenza pilota) di beneficiare di condizioni detentive adeguate non costituisce un caso isolato, ma è frutto di un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può in futuro interessare numerose persone.
In particolare, la Corte ha ribadito che l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo pone a carico delle autorità statali un obbligo positivo che consiste nell'assicurare che le condizioni di detenzione siano compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l'interessato ad uno stato di sconforto né ad una prova d'intensità che ecceda l'inevitabile livello di sofferenza insita nella detenzione e che, tenuto conto delle esigenze pratiche della reclusione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati adeguatamente. La Corte ha quindi ricordato i suoi precedenti in materia di sovraffollamento delle carceri, rilevando come in alcuni casi la mancanza di spazio all'interno delle celle costituisca l'elemento centrale nella valutazione della conformità di una data situazione all'articolo 3.
La Corte, constatando che il sovraffollamento carcerario in Italia ha carattere strutturale e sistemico, ha riconosciuto gli sforzi messi in campo dallo Stato italiano per contribuire a ridurre il fenomeno del sovraffollamento negli istituti penitenziari e le sue conseguenze. Quanto ai rimedi da adottare per far fronte a tale situazione, la Corte ha rimarcato la necessità di ridurre il numero di persone incarcerate, in particolare attraverso una maggiore applicazione di misure alternative alla detenzione e una riduzione al minimo del ricorso alla custodia cautelare in carcere.
Con la citata sentenza è stato stabilito che lo Stato italiano dovrà, entro un anno a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva, istituire un ricorso o un insieme di ricorsi interni effettivi ed idonei ad offrire una riparazione del danno adeguata e sufficiente in caso di sovraffollamento carcerario. Questo termine, che scade il 28 maggio prossimo, ha determinato l'esigenza di emanare il decreto-legge in esame.
Inoltre, nell'attesa che vengano adottate le suddette misure, la Corte ha disposto il rinvio, per la durata di un anno a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva, dell'esame di tutte le cause non ancora comunicate aventi unicamente ad oggetto il sovraffollamento carcerario in Italia riservandosi la facoltà, in qualsiasi momento, di dichiarare irricevibile una causa di questo tipo o di cancellarla dal ruolo a seguito di composizione amichevole tra le parti o di definizione della lite con altri mezzi, conformemente agli articoli 37 e 39 della Convenzione.
Il decreto-legge, composto da dieci articoli, contiene quindi una serie di modifiche legislative con la finalità di affrontare le questioni connesse al sovraffollamento carcerario al fine di dare una risposta, che comunque non è l'unica. A Pag. 77questo proposito ricordo il decreto-legge n. 78 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 2013, il provvedimento in materia di pene detentive non carcerarie e di messa alla prova, approvato nel luglio scorso dalla Camera dei deputati e modificato dal Senato (questa Assemblea lo esaminerà a partire dal 21 febbraio prossimo), il provvedimento in materia di custodia cautelare approvato dalla Camera ed all'esame del Senato, ed, infine, la proposta di legge presentata dall'onorevole Daniele Farina in materia di modifica della normativa penale sugli stupefacenti, che si trova all'esame della Commissione Giustizia.
Ora dovrei passare all'esame delle disposizioni del decreto, ma prima di farlo occorre soffermarsi sull'iter legislativo che ha portato al testo approvato dalla Commissione.
Questo testo in alcune parti non è il testo che si sarebbe potuto approvare. In alcuni punti si sarebbe potuto migliorare, ma ciò è stato impedito da una chiusura dell'esame del procedimento legislativo determinato non tanto dal legittimo ostruzionismo condotto dai gruppi del MoVimento 5 Stelle e dalla Lega, quanto dall'atteggiamento assunto dai deputati del MoVimento 5 Stelle nelle ultime due sedute della Commissione.
Non ho alcuna intenzione soffermarmi su questi episodi, ma, quale relatore del provvedimento non posso non richiamarli per dare una spiegazione delle ragioni per cui il testo in alcune sue parti non corrisponde a quella che era la volontà della commissione così come era emersa nel corso dell'esame in sede referente.
L'iter legislativo ha visto un approfondimento di tutte le tematiche oggetto del decreto- legge anche attraverso una indagine conoscitiva ne corso della quale sono stati sentiti in ordine cronologico: Giovanni Tamburino, Capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, Valerio Spigarelli, Presidente dell'Unione delle camere penali italiane, Rodolfo Maria Sabelli, Presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Marcello Bortolato, componente della Giunta dell'Associazione nazionale magistrati, Sebastiano Ardita, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Messina, di Raffaele Cantone, magistrato della Corte di Cassazione, il Prefetto Alessandro Pansa, Capo della Polizia, e Consigliere Calogero Roberto Piscitello – Direttore generale della Direzione generale dei detenuti e del trattamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria presso il Ministero della giustizia.
A ciò si aggiunga non solo il ciclo di audizione che la Commissione ha condotto nel corso dell'istruttoria che ha portato alla Relazione della Commissione sulle tematiche oggetto del Messaggio del Presidente della Repubblica, ma anche l'indagine conoscitiva sulla proposta di legge n. 1203 dell'onorevole Farina in materia di stupefacenti.
Proprio a seguito di questo approfondito esame ho ritenuto di presentare emendamenti e di dare parere favorevole su altri. Questi emendamenti, salvo due identici sull'articolo 3, non sono stati approvati per le ragioni sono esposte.
Nell'esaminare il testo oggi in esame vorrei partire proprio da uno di questi emendamenti, al quale peraltro corrispondevano sia pure con formulazioni diverse e anche meno estese relativamente ad un gruppo, emendamenti del MoVimento 5 Stelle e della Lega. Mi riferisco all'emendamento 4.5 del Presidente Ferranti poi sottoscritto dal Presidente della Commissione antimafia e dall'onorevole Mattiello, diretto ad escludere l'applicazione del nuovo istituto della liberazione anticipata speciale, di cui all'articolo 4 del decreto legge, ai condannati dei reati gravissimi previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, tra i quali ricordiamo i reati di mafia, omicidio, violenza sessuale, e rapina negli appartamenti. Per quanto vi possano essere in astratto delle considerazioni giuridiche secondo cui le stesse ragioni che giustificano l'applicabilità della liberazione anticipata ai sensi dell'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario ai condannati per l'articolo 4-bis giustificherebbero anche l'applicabilità a costoro della liberazione anticipata speciale, Pag. 78ragioni di politica criminale ed esigenza di sicurezza dei cittadini ci portano a ritenere necessario escludere i condannati per i reati cui sopra dal nuovo sconto di pena determinato dalla liberazione anticipata speciale.
Questa esclusione che non si è potuta (sottolineo la parola: potuta) fare in Commissione la faremo in Assemblea.
Altre modifiche importanti si sarebbero volute fare all'articolo 2, diretto a trasformare in reato autonomo la circostanza attenuante dello spaccio per lieve entità. Non mi riferisco tanto alla parte del mio emendamento che distingue in tale ambito, prevedendo una sanzione più ridotta, lo spaccio della cannabis indica e dei suoi derivati naturali dallo spaccio di altre sostanze quali quelle sintetiche, ma agli aggiustamenti relativamente all'arresto in flagranza ed al caso in cui il reo sia un minorenne. Si tratta di aggiustamenti diretti ad evitare delle incongruenze applicative, la cui esigenza di aggiustamento non risponde ad alcuna considerazione di natura politica. Neanche questi aggiustamenti si sono potuti fare. Di altra portata è, invece, l'altra questione alla quale ho fatto prima riferimento: la distinzione dal punto di vista dell'entità della sanzione tra le sostanze stupefacenti in relazione al piccolo spaccio. Ho presentato un emendamento in tal senso, sul quale un gruppo di maggioranza ha espresso critiche nel merito e nel metodo. Le prime no ritengo di condividerle e sono sicuro che potrebbero essere superato dopo un sereno confronto che tenga conto di dati scientifici. Le seconde, invece, possono avere un loro fondamento. Viene contestato il metodo in quanto si ritiene che la questione è di una comprensività tale che deve essere affrontata dalla Commissione in un ambito specifico come può essere l'esame della ricordata proposta di legge Daniele Farina. In realtà questa proposta di legge è stata a lungo oggetto di approfondimento in Commissione, per cui il decreto legge potrebbe essere l'occasione per tradurre in una modifica dello stesso tale approfondimento. Maggiore valenza ha invece la considerazione secondo cui potrebbe essere inopportuno modificare le condotte dei reati in materia di stupefacenti pochi giorni prima della decisione della Corte costituzionale (il 12 febbraio prossimo è fissata l'udienza in Camera di Consiglio) che affronterà, tra l'altro, anche il tema della proporzionalità delle sanzioni rispetto alla effettiva gravità delle specifiche sostanze stupefacenti. Solo quest'ultima concomitanza mi porta a non voler insistere, nell'ambito del decreto legge, nella distinzione tra cannabis e altre sostanziose sostanze stupefacenti. Il tema verrà quindi affrontato nell'ambito dell'esame della proposta di legge Farina e sulla base della decisione della corte Costituzionale, che nel frattempo sarà stata presa.
Queste sono le modifiche più rilevanti che si sarebbero potute fare al decreto, ma che non è stato possibile fare. Altre modifiche rilevanti che non abbiamo riportato nel testo in esame riguardano la previsione dell'appello al Tribunale di sorveglianza contro il reclamo fatto dal detenuto al magistrato di sorveglianza e la previsione secondo cui in attesa dell'espletamento dei concorsi pubblici finalizzati alla copertura dei posti vacanti nell'organico del ruolo dei dirigenti dell'esecuzione penale, per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, in deroga a quanto previsto dagli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63, le funzioni di dirigente dell'esecuzione penale esterna possono essere svolte dai funzionari inseriti nel ruolo dei dirigenti di istituto penitenziario. Quest'ultima disposizione sarebbe strategica per una adeguata politica di recupero dei detenuti in una situazione di carenza degli uffici della esecuzione penale.
Passo quindi ad illustrare il contenuto del testo che si trova ora al nostro esame.
Per quanto attiene al contenuto del decreto legge, questo, in sintesi, prevede: come regola generale, la prescrizione da parte del giudice, nell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, del cosiddetto braccialetto elettronico; è inoltre previsto il ricorso allo stesso strumento nell'applicazione della detenzione Pag. 79domiciliare; una procedura semplificata nella trattazione di alcune materie di competenza della magistratura di sorveglianza; la trasformazione in autonoma fattispecie di reato della circostanza attenuante del delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti (cosiddetta attenuante di lieve entità); si produce così l'effetto di riduzione della pena per le fattispecie di minore gravità (ad esempio il piccolo spaccio). Viene insieme abrogato il divieto di disporre per più di due volte l'affidamento terapeutico al servizio sociale; più ampie garanzie per i soggetti reclusi nel procedimento di reclamo in via amministrativa e in quello davanti alla magistratura di sorveglianza; l'innalzamento da tre a quattro anni del limite di pena per l'applicazione dell'affidamento in prova al servizio sociale, con più ampi poteri del magistrato di sorveglianza per la sua applicazione; l'introduzione della liberazione anticipata speciale, che porta da 45 a 75 giorni per semestre – per il periodo dal lo gennaio 2010 al 24 dicembre 2015 – la detrazione di pena già prevista per la liberazione anticipata ordinaria; l'applicazione a regime della disposizione che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena; l'estensione dell'ambito applicativo dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione, prevista dal testo unico immigrazione, insieme con uno snellimento delle procedure di identificazione; l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale; il differimento del termine di adozione dei regolamenti sugli specifici benefici fiscali e contributivi per le imprese e le cooperative sociali che assumono detenuti.
Passo, quindi, all'esame dei singoli articoli.
L'articolo 1 del decreto-legge interviene sul codice di procedura penale e ne modifica gli articoli 275-bis e 678.
In particolare, la lettera a) interviene sull'articolo 275-bis, che delinea particolari modalità di controllo, mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (cosiddetto braccialetto elettronico) da riservare a coloro ai quali è applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari.
Il decreto-legge stabilisce che il giudice deve ordinariamente prescrivere queste particolari modalità di controllo, a meno che, a seguito della valutazione del caso concreto, non ne escluda la necessità.
Nonostante l'utilizzo del decreto-legge, questa modifica non è ancora efficace. Il comma 2 dell'articolo in commento differisce infatti l'efficacia della disposizione dell'articolo 1, lettera a), alla data di pubblicazione della legge di conversione. La relazione illustrativa del decreto-legge motiva il differimento dell'entrata in vigore con necessità di tipo organizzativo legate al necessario incremento della disponibilità delle apparecchiature elettroniche.
La modifica prevede dunque che la prescrizione degli strumenti elettronici di controllo deve rappresentare la regola. Peraltro, Io stesso comma 1 dell'articolo 275-bis stabilisce che il giudice applica le particolari modalità di controllo «quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria».
Le lettere b) e c) dell'articolo 1 modificano l'articolo 678 del codice di procedura penale, sul procedimento di sorveglianza, semplificando la trattazione di alcune materie di competenza della magistratura di sorveglianza.
Il decreto-legge, modificando il comma 1 e inserendo il comma 1-bis nell'articolo 678 del codice di procedura penale estende il ricorso al procedimento semplificato disciplinato dall'articolo 667, comma 4, codice di procedura penale.
L'applicazione del procedimento semplificato comporta che il giudice dell'esecuzione possa provvedere senza formalità con ordinanza comunicata al Pubblico Ministero e notificata all'interessato. Contro l'ordinanza possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice il Pubblico Ministero, l'interessato e il difensore e in questo caso si torna al procedimento ordinario di esecuzione disciplinato dall'articolo 666 del codice di procedura penale. L'opposizione deve essere proposta, Pag. 80a pena di decadenza, entro quindici giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'ordinanza.
Tra gli interventi diretti ad incidere in misura significativa sul flusso degli ingressi in carcere, particolare rilievo assume quello di cui all'articolo 2, di modifica dell'articolo 73 del TU stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990).
L'articolo 2 (comma 1, lettera a) riformula, infatti, l'articolo 73, comma 5, del TU stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990) rendendo autonoma fattispecie di reato quella che, fino all'entrata in vigore del disegno di legge, costituiva circostanza attenuante del delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti (cosiddetta attenuante di lieve entità).
Ricordo che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno già considerato ipotesi autonoma – rispetto all'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 – l'attenuante di cui al comma 6 dello stesso articolo 74 ovvero la fattispecie dell'associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità di traffico illecito di sostanze stupefacenti (sentenza 23 giugno-22 settembre 2011, n. 34475).
Come sopra accennato, il previgente comma 5 dell'articolo 73 stabiliva che quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dallo stesso articolo (detenzione, coltivazione, spaccio) erano di lieve entità, si applicavano le pene della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 3.000 a 26.000 euro.
Il nuovo comma 5 – mantenendo inalterata la descrizione della fattispecie – sanziona la detenzione e il cosiddetto piccolo spaccio di strada con la reclusione da 1 a 5 anni lasciando invariata la misura della multa (da 3.000 a 26.000 euro).
La necessità dell'intervento – evidenziato anche dal documento conclusivo della Commissione di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione (cosiddetta Commissione Giostra) – deriva dall'opportunità di sottrarre il piccolo spaccio al bilanciamento delle circostanze operato dal giudice in base all'articolo 69 del codice penale (il comma 5 dell'articolo 73 TU proposto dalla Commissione prevedeva, tuttavia, per la «lieve entità», la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000).
L'esperienza giudiziaria ha, infatti, dimostrato come la comparazione dell'attenuante della lieve entità con le aggravanti contestate (tra cui ricorrente, in tale tipo di reato, è la recidiva) porta, in caso di equivalenza, a risultati sanzionatori ingiustificatamente pesanti ovvero alla non infrequente contestazione all'autore dell'illecito della pena base di cui all'articolo 73 ovvero la reclusione da 6 a 20 anni e la multa da 26.000 a 260.000 euro.
Come riportato nella relazione illustrativa del decreto-legge, la modifica introdotta dall'articolo 2 potrebbe avere un impatto notevole ai fini della riduzione degli ingressi in carcere considerando che «al 26 luglio 2013 su 23.683 detenuti imputati ben 8.486 erano ristretti per violazione della legge stupefacenti e che, su 40.024 detenuti condannati, ben 14.970 stavano scontando pene inflitte per lo stesso tipo di reati».
Va, tuttavia, segnalato come il mantenimento del limite edittale di 5 anni di pena consenta tuttora l'applicazione di misure cautelari.
L'articolo 2 del decreto-legge prevede una ulteriore modifica al TU stupefacenti finalizzata alla riduzione sia del flusso in ingresso che di quello in uscita dal circuito penitenziario. La norma interviene sulla disciplina dell'affidamento terapeutico al servizio sociale di tossicodipendenti ed alcool dipendenti di cui all'articolo 94 del TU stupefacenti (cosiddetto affidamento in prova in casi particolari).
Il comma 1, lettera b), dell'articolo 2 abroga il comma 5 dell'articolo 94 del TU stupefacenti secondo il quale l'affidamento terapeutico al servizio sociale non può essere disposto più di due volte.Pag. 81
Le motivazioni alla base dell'intervento risiedono nella particolare condizione di tali soggetti che lo stato di tossicodipendenza espone al rischio di frequenti recidive nel reato. La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto-legge, sulla base dei dati di esperienza, ritiene «più opportuno non escludere del tutto la possibilità di ulteriore accessi a misure di recupero extramurarie dalla forte valenza sul piano socio-sanitario».
Alla data del 31 ottobre 2013, risultavano in affidamento terapeutico ex articolo 94, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 un totale di 2.858 condannati tossico/alcool dipendenti. Di questi, 964 provenienti dallo stato di libertà e 1.894 provenienti da detenzione (carcere, arresti domiciliari o detenzione domiciliare).
La relazione illustrativa, in relazione al positivo effetto che può derivare dalla novella riferisce che – in base a dati ISTAT – gli ingressi in carcere di tossicodipendenti sono stati, nel 2011, pari a 22.432; i detenuti tossicodipendenti al 31 dicembre dello stesso anno sono risultati 16.364, pari al 24,5 per cento del totale (66.897).
L'articolo 3, comma 1, lettere a), b) e i), interessa complessivamente la tutela dei diritti dei detenuti in base all'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975): diritto di reclamo (articolo 35 dell'ordinamento penitenziario – o.p.), reclamo giurisdizionale (nuovo articolo 35-bis ordinamento penitenziario) e funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza (articolo 69 ordinamento penitenziario). Sulla tutela dei diritti dei detenuti interviene anche l'articolo 7 del decreto-legge, sul Garante nazionale dei detenuti.
Le modificazioni recepiscono in gran parte indicazioni contenute nel documento conclusivo della Commissione di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, istituita presso il Ministero della Giustizia (Commissione Giostra).
La modifica introdotta dalla lettera a) amplia l'elenco dei soggetti destinatari del diritto di reclamo da parte dei detenuti e degli internati. Si tratta del reclamo in via amministrativa e non davanti al giudice.
Il previgente articolo 35 ordinamento penitenziario prevedeva che i detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa: 1) al direttore dell'istituto, nonché al direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e al Ministro per la grazia e giustizia; 2) al magistrato di sorveglianza; 3) alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto; 4) al presidente della Giunta regionale; 5) al Capo dello Stato.
La modifica introduce la possibilità di indirizzare il reclamo anche al provveditore regionale, alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto ed al garante nazionale e ai garanti regionali o locali dei diritti dei detenuti.
La lettera b) introduce l'articolo 35-bis dell'ordinamento penitenziario, relativo al reclamo giurisdizionale.
In particolare, si tratta del procedimento relativo al reclamo, che si tiene davanti al magistrato di sorveglianza, ai sensi dell'articolo 69, comma 6, ordinamento penitenziario, come modificato dalla lettera i) (v. ultra). Si tratta del reclamo relativo all'esercizio del potere disciplinare e di quello relativo alle inosservanze dell'amministrazione penitenziaria da cui derivino un attuale e grave pregiudizio all'esercizio dei diritti.
Il procedimento pare connotato da maggiori garanzie rispetto a quelle attualmente assicurate dal procedimento camerale applicato in base all'articolo 69 ordinamento penitenziario.
La lettera i) modifica due commi dell'articolo 69 ordinamento penitenziario.
La modificazione apportata al comma 5, con la soppressione delle parole «nel corso del trattamento», pare diretta a determinare una più ampia possibilità per il magistrato di sorveglianza di impartire disposizioni dirette a eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati. Non è più richiesto, infatti, che tali disposizioni debbano essere impartite Pag. 82nel corso del trattamento. Sul punto la relazione illustrativa non reca precisazioni.
Il nuovo comma 6 dell'articolo 69 ordinamento penitenziario stabilisce che il magistrato di sorveglianza provvede a norma del nuovo articolo 35-bis dell'ordinamento penitenziario – e non più dell'articolo 14-ter – sui reclami dei detenuti e degli internati.
Il richiamo all'articolo 35-bis – anziché all'articolo 14-ter ordinamento penitenziario. – introduce maggiori garanzie procedurali a tutela dei detenuti.
L'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed e), del decreto-legge, novella l'Ordinamento penitenziario (legge 354 del 1975) per quanto concerna la disciplina dell'affidamento in prova al servizio sociale.
La lettera c) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge introduce un nuovo comma 3-bis nell'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario. La modifica consente l'affidamento in prova al servizio sociale: al condannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni; quando abbia serbato un comportamento tale da consentire il giudizio sulla rieducazione del reo e sulla prevenzione del pericolo di commissione di altri reati; quando tale comportamento sia stato serbato quantomeno nell'anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà; il periodo minimo di un anno di osservazione costituisce pertanto un elemento di aggravio rispetto all'ipotesi ordinaria di affidamento in prova per pena detentiva non superiore a tre anni.
La lettera d) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge sostituisce poi il comma dell'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario, rafforzando i poteri del magistrato di sorveglianza di applicare la misura in via di urgenza, sulla falsariga dell'affidamento c.d. terapeutico, previsto dall'articolo 94 del testo unico sulle tossicodipendenze.
Viene pertanto previsto che: l'istanza di affidamento in prova deve essere proposta, dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione (e non, come in precedenza, al magistrato di sorveglianza); l'istanza può essere proposta al magistrato di sorveglianza competente quando sussiste un grave pregiudizio; il magistrato di sorveglianza – in presenza dei prescritti requisiti – dispone con ordinanza la liberazione del condannato e l'applicazione provvisoria dell'affidamento in prova; l'ordinanza conserva efficacia fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, che decide entro sessanta giorni (in luogo di quarantacinque).
È inoltre soppressa la disposizione in base a cui, se l'istanza non è accolta, non può essere accordata altra sospensione, quale che sia l'istanza successivamente proposta.
Le lettere f) e h) riguardano entrambe il tema dei controlli elettronici a distanza (cosiddetto braccialetto elettronico) da eseguire su soggetti in detenzione domiciliare. Si ricorda che il medesimo oggetto è trattato anche dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legge, al cui contenuto si rinvia per quanto riguarda le considerazioni generali sul numero dei dispositivi elettronici oggi disponibili e relativi oneri.
In particolare, la lettera f) novella l'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, in tema di detenzione domiciliare, abrogando il comma 4-bis, in base al quale «Nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte delle autorità preposte al controllo, può prevedere modalità di verifica per l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 275-bis del codice di procedura penale».
L'abrogazione non rappresenta una rinuncia ai controlli elettronici a distanza in quanto il Governo dedica a questa modalità di controllo un'apposita nuova disposizione dell'ordinamento penitenziario, inserita dalla lettera h): articolo 58-quater, Particolari modalità di controllo nell'esecuzione della detenzione domiciliare.Pag. 83
La nuova disposizione, nel riprodurre sostanzialmente i contenuti di quella abrogata (in particolare resta immutato il carattere eventuale dell'impiego degli strumenti elettronici) introduce peraltro le seguenti novità: la collocazione della disposizione al di fuori dell'articolo 47-ter, potrebbe renderla applicabile anche alla detenzione domiciliare speciale di cui all'articolo 47-quinquies; l'impiego delle particolari modalità di controllo può essere deciso anche se la misura è già in corso di esecuzione (da qui il necessario richiamo oltre che al tribunale anche al magistrato di sorveglianza), non solo in sede di decisione circa la concessione della stessa.
Anche questa nuova disposizione – al pari della novella all'articolo 275-bis c.p.p. – non produce ancora effetti. Il comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge differisce infatti l'efficacia di questa previsione all'entrata in vigore della legge di conversione. Si segnala, invece, che l'abrogazione del comma 4-bis dell'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario è già efficace.
La lettera g) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge sostituisce l'articolo 51-bis dell'ordinamento penitenziario, relativo alla sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà.
È così modificato il procedimento relativo alla prosecuzione delle misure alternative: nei casi in cui sopravvenga un nuovo titolo detentivo il relativo provvedimento è assunto dal magistrato di sorveglianza, senza che si renda necessaria una decisione da parte del tribunale.
Si tratta in particolare del caso in cui durante l'attuazione dell'affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare o della detenzione domiciliare speciale o del regime di semilibertà sopravvenga un titolo di esecuzione di altra pena detentiva. È ora previsto che spetti al pubblico ministero – e non più al direttore dell'istituto penitenziario o del centro di servizio sociale – informare il magistrato di sorveglianza, formulando insieme le proprie richieste.
Il magistrato di sorveglianza deve verificare se, a seguito del cumulo delle pene, permangano le condizioni rispettivamente previste: per l'affidamento in prova al servizio sociale per pena detentiva inflitta inferiore a tre anni; per la detenzione domiciliare non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, per alcune categorie indicate dall'articolo 47-ter, comma 1, ordinamento penitenziario; per la detenzione domiciliare applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena; per la detenzione domiciliare speciale delle condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci; per l'ammissione alla semilibertà prevista dai primi tre commi dell'articolo 50 ordinamento penitenziario.
In caso di esito positivo, il magistrato di sorveglianza dispone con ordinanza la prosecuzione della misura in corso, altrimenti ne dispone la cessazione.
È soppresso pertanto l'obbligo per il magistrato di sorveglianza di trasmettere gli atti al tribunale di sorveglianza.
È introdotto in fine un nuovo comma in base a cui è ammesso reclamo avverso l'ordinanza del magistrato di sorveglianza, secondo il procedimento per la liberazione anticipata (articolo 69-bis ordinamento penitenziario). In particolare, tale procedimento prevede la possibilità del reclamo al tribunale di sorveglianza.
L'articolo 4 – con una misura temporanea destinata a incidere sui flussi in uscita dal carcere – prevede l'estensione da 45 a 75 giorni della liberazione anticipata di cui all'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975).
L'articolo 4 stabilisce che, per il periodo che va dal l gennaio 2010 al 24 dicembre 2015 (ovvero fino ai due anni successivi all'entrata in vigore del decreto-legge), ogni detenuto potrà beneficiare di uno sconto di 75 giorni di pena per ogni semestre già espiato. L'ulteriore sconto di 30 giorni per i condannati che abbiano dal l gennaio 2010 già usufruito del beneficio nella misura ordinaria è Pag. 84riconosciuto non ex lege, bensì a seguito di valutazione sulla «meritevolezza» dell'ulteriore beneficio (comma 2).
Stante la competenza sul beneficio di cui all'articolo 54 O.P., anche la valutazione per l'applicazione della liberazione anticipata speciale di cui all'articolo 4 (nel silenzio della norma) appare attratta alla competenza del magistrato di sorveglianza.
Il comma 3 precisa poi che la detrazione ulteriore per i condannati che abbiano dal 1 gennaio 2010 usufruito del beneficio nella misura ordinaria si applica anche ai semestri di pena in corso di espiazione al 1 gennaio 2010.
In base al comma 4, la liberazione anticipata speciale si applicherà per tutti i reati anche se, per quelli di particolare allarme sociale di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, sarà necessaria una motivazione rafforzata.
La formulazione del comma 4 pare richiedere a tali condannati un quid pluris rispetto alla ordinaria «prova di partecipazione all'opera di rieducazione» richiesta dall'articolo 54 per la liberazione anticipata.
Il beneficio sarà, infatti, loro concedibile sono se «abbiano dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità».
A differenza della liberazione anticipata ordinaria, la liberazione anticipata «speciale» non è applicabile in relazione ai periodi in cui il condannato è ammesso all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare.
Si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge che «al fine di aumentare l'impatto deflattivo si è stabilito che il periodo valutabile ai fini della maggiore riduzione decorra dal 1 gennaio 2010» e che «è ragionevole prevedere che nell'immediato, sempre che vi sia una valutazione favorevole dell'autorità competente, i detenuti rimessi in libertà possano raggiungere il numero di circa 1.700».
Nella relazione si legge che è stato individuato il termine di efficacia nel 1 gennaio 2010, in quanto si tratterebbe della data in cui si è determinata la situazione di emergenza detentiva.
L'articolo 5 novella la legge n. 199 del 2010, sull'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi, stabilizzando la misura che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena. Senza l'intervento del decreto-legge, tale misura non sarebbe stata più applicabile a decorrere dal l gennaio 2014.
Il decreto-legge elimina l'incipit dell'articolo 1 della legge n. 199, sul carattere temporaneo del beneficio, attribuendogli così carattere permanente.
Come risulta dalle statistiche fornite dal Ministero della giustizia, al 30 novembre 2013 in applicazione della legge n. 199 del 2010 sono uscite dal carcere 12.741 persone.
L'istituto che viene stabilizzato presenta le seguenti caratteristiche, disciplinate dall'articolo 1 della legge del 2010.
Anzitutto, la decisione sull'esecuzione domiciliare della pena detentiva è attribuita alla competenza del magistrato di sorveglianza; il rinvio al procedimento in materia di liberazione anticipata di cui all'articolo 69-bis dell'ordinamento penitenziario (insieme con la riduzione del termine per decidere da 15 a 5 giorni) prefigura un iter dell'istanza particolarmente snello (articolo 1, comma 5, legge n. 199 del 2010).
In base all'articolo 1, comma 2, della legge n. 199 del 2010 l'istituto non è applicabile: in relazione alla commissione dei delitti di particolare allarme sociale previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) ovvero: riduzione in schiavitù, induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, tratta di persone, violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga o al contrabbando di tabacchi lavorati esteri; ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ai soggetti Pag. 85sottoposti al regime di sorveglianza particolare in carcere, ai sensi dell'articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario (salvo che sia stato accolto dal tribunale di sorveglianza il reclamo di cui all'articolo 14-ter avverso il provvedimento che lo dispone o lo proroga); se vi è la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga; se sussistano specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti; l'insussistenza di un domicilio idoneo ed effettivo, anche in funzione delle esigenze di tutela della persona offesa dal reato.
Per quanto riguarda la procedura per l'applicazione del beneficio (commi 3 e 4 dell'articolo 1): se il condannato non è ancora detenuto (si è, quindi, nella fase di esecuzione della pena detentiva ai sensi dell'articolo 656, comma 1, c.p.p.) il pubblico ministero – ricorrendo il presupposto di una pena detentiva da eseguire non superiore a 18 mesi – deve sospendere l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmettere senza ritardo gli atti al magistrato di sorveglianza affinché quest'ultimo disponga che la pena sia eseguita presso il domicilio; la disposizione non si applica se ricorrono le condizioni per la sospensione dell'esecuzione della pena ai sensi del comma 5 dell'articolo 656 c.p.p. o le cause ostative alla sospensione previste dal comma 9, lettera a), della medesima disposizione (condanna per i delitti di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, per i reati di incendio boschivo e furto aggravato, furto in abitazione e furto con strappo e delitti e delitti per i quali sussiste l'aggravante della clandestinità). Se, invece, il condannato è già detenuto spetta alla direzione dell'istituto penitenziario trasmettere al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta dal detenuto; il nuovo istituto non si applica nel caso previsto dall'articolo 656, comma 9, lettera b), c.p.p. (soggetti che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva).
In caso di condannato tossicodipendente o alcoldipendente sottoposto o che intenda sottoporsi ad un programma di recupero, la pena può essere eseguita presso una struttura sanitaria pubblica o una struttura privata accreditata ai sensi del T.U. stupefacenti.
L'articolo 2 della legge n. 199 del 2010 inasprisce il regime sanzionatorio per la fattispecie semplice e per quelle aggravate di evasione; tale reato, in virtù del rinvio alla disciplina della detenzione domiciliare, è applicabile anche nel caso di allontanamento dall'abitazione o dal luogo presso il quale sia in atto l'esecuzione domiciliare della pena ai sensi del precedente articolo 1.
L'articolo 6 novella l'articolo 16 del Testo Unico immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998), intervenendo in particolare sull'istituto dell'espulsione dello straniero a titolo di misura alternativa alla detenzione.
Il decreto-legge modifica la disciplina dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione, intervenendo sui commi 5 e 6 dell'articolo 16 e aggiungendovi i commi 5-bis e 5-ter. Rispetto al quadro normativo previgente, l'articolo 6 del decreto-legge conferma l'espulsione quando lo straniero detenuto debba scontare due anni di pena detentiva, anche residua, ma amplia il campo di possibile applicazione della misura. Infatti, in base al nuovo secondo periodo del comma 5 dell'articolo 16 del testo unico immigrazione, come sostituito dal decreto-legge: se la condanna è relativa a delitti previsti dal TU immigrazione, è consentita l'espulsione purché per tali delitti sia stabilita la pena detentiva superiore nel massimo a 2 anni (fino all'entrata in vigore del decreto-legge era comunque esclusa l'espulsione nel caso di condanna per i delitti previsti dal testo unico); sul punto la relazione illustrativa afferma che «si estende l'area applicativa della sanzione alternativa ai delitti meno gravi previsti dal TU immigrazione».
È consentita l'espulsione anche se la condanna è relativa al delitto, consumato o tentato, di rapina aggravata (articolo Pag. 86628, terzo comma c.p.) o di estorsione aggravata (articolo 629, secondo comma, c.p.).
Sono questi, infatti, gli unici delitti compresi nell'articolo 407, comma 2, lettera a) per i quali il decreto-legge consente comunque l'espulsione. La relazione illustrativa afferma che attraverso questo ampliamento alla rapina e all'estorsione il numero dei detenuti stranieri espellibili aumenta di 1.300 unità.
Il decreto-legge, nelle ipotesi di condanna per concorso di reati o di unificazione di pene concorrenti, se la condanna riguarda anche un delitto per il quale l'espulsione è esclusa, consente comunque questa misura quando la parte di pena relativa a tale delitto sia stata espiata.
Sul punto la relazione illustrativa afferma che l'intento del legislatore è stato quello di «risolvere la questione, controversa nella concreta pratica applicativa, della possibilità di disporre l'espulsione, previo scioglimento del cumulo, nel caso in cui il titolo esecutivo ricomprenda uno o più reati ostativi. In tal caso, infatti, la prevalente giurisprudenza di legittimità accede alla soluzione negativa, ponendo una significativa limitazione alla possibilità di ricorrere allo strumento».
Il nuovo comma 5-bis dell'articolo 16 del testo unico specifica la procedura da seguire per operare l'espulsione nei casi previsti dal comma 5, individuando le seguenti fasi: all'ingresso in carcere dello straniero la direzione dell'istituto deve richiedere al questore informazioni su identità e nazionalità del recluso; il questore avvia la procedura di identificazione attraverso le competenti autorità diplomatiche e «procede all'eventuale espulsione dei cittadini identificati». Per attuare questa disposizione il Ministro della giustizia e il Ministro dell'interno dovranno adottare i necessari strumenti di coordinamento.
Il nuovo comma 5-ter prevede che le informazioni su identità e nazionalità del detenuto straniero siano inserite nel suo fascicolo personale conservato presso il carcere (cfr. articolo 26 del regolamento penitenziario).
Infine, il decreto-legge sostituisce anche il comma 6 dell'articolo 16 del TU immigrazione, che disciplina la competenza a disporre l'espulsione.
Rispetto alla formulazione previgente (misura ordinata dal magistrato di sorveglianza, possibile opposizione, con sospensione dell'esecuzione, presentata entro 10 giorni dallo straniero al tribunale di sorveglianza, che decide in 20 giorni), il decreto-legge: specifica che non si può procedere ad espulsione se non è stato possibile identificare lo straniero; sottolinea che spetta alla direzione dell'istituto penitenziario trasmettere gli atti necessari all'adozione del provvedimento di espulsione al magistrato di sorveglianza; conferma che il magistrato decide con decreto motivato, senza formalità; stabilisce che il decreto debba essere comunicato non solo allo straniero ma anche al suo difensore e al PM; prescrive al magistrato di nominare un difensore d'ufficio se lo straniero risulta sprovvisto di un difensore di fiducia; conferma il termine di 10 giorni per l'opposizione al tribunale di sorveglianza e i 20 giorni a disposizione del collegio per pronunciarsi.
L'articolo 7 prevede l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
Il Garante è costituito da un collegio di tre membri, di cui un Presidente, che restano in carica per cinque anni, non prorogabili. Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, il comma 2 stabilisce che i componenti sono scelti tra persone, non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano indipendenza e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani.
La loro nomina ha luogo, previa delibera del Consiglio dei ministri, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, sentite le competenti commissioni parlamentari.
A garanzia della loro indipendenza, il comma 3 prevede che i componenti del Garante nazionale non possano assumere Pag. 87cariche istituzionali, anche elettive, ovvero incarichi di responsabilità in partiti politici.
Sono previsti inoltre i casi di immediata sostituzione: dimissioni, morte, incompatibilità sopravvenuta, accertato impedimento fisico o psichico, grave violazione dei doveri inerenti all'ufficio, ovvero nel caso in cui riportino condanna penale definitiva per delitto non colposo. Essi non hanno diritto ad indennità od emolumenti per l'attività prestata, fermo restando il diritto al rimborso delle spese.
Il comma 4 riguarda l'organizzazione del Garante. Esso si avvale delle strutture e delle risorse messe a disposizione dal Ministro della giustizia e alle sua dipendenze è istituito un ufficio composto da personale dello stesso Ministero, scelto in funzione delle conoscenze acquisite negli ambiti di competenza del Garante.
Sono poi rimesse a un successivo regolamento del Ministro della giustizia, da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge, la struttura e la composizione dell'ufficio.
Il comma 5 disciplina le funzioni del Garante nazionale, che si aggiungono a quella di promozione e collaborazione con i garanti territoriali o con altre figure istituzionali comunque denominate competenti nelle stesse materie.
Le funzioni del Garante nazionale – analiticamente individuate dall'articolo 7 – possono essere così sintetizzate: vigilanza sulla conformità di ogni forma di limitazione della libertà personale a norme e principi costituzionali, convenzioni internazionali ratificate dall'Italia, disposizioni legislative e regolamentari; visita, senza necessità di autorizzazione, agli istituti penitenziari e a ogni altra struttura restrittiva o limitativa della libertà personale, anche minorile, oltre che, previo avviso e senza che da ciò possa derivare danno per le attività investigative in corso, alle camere di sicurezza delle Forze di polizia, con accesso, senza restrizioni, a qualunque locale adibito o comunque funzionale alle esigenze restrittive; presa visione, previo consenso anche verbale dell'interessato, degli atti contenuti nel fascicolo della persona detenuta o privata della libertà personale e comunque degli atti riferibili alle condizioni di detenzione o di privazione della libertà; richiesta alle amministrazioni responsabili delle strutture delle informazioni e dei documenti necessari; nel caso in cui l'amministrazione non fornisca risposta nel termine di trenta giorni, il Garante informa il magistrato di sorveglianza competente e può richiedere l'emissione di un ordine di esibizione; verifica del rispetto degli adempimenti connessi ai diritti previsti agli articoli 20 (trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione), 21 (modalità del trattamento), 22 (funzionamento dei centri) e 23 (attività di prima assistenza e soccorso) del regolamento di attuazione del testo unico sull'immigrazione, presso i centri di identificazione e di espulsione previsti dall'articolo 14 del testo unico, con accesso senza restrizione alcuna in qualunque locale; formulazione di specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata, in caso di accertamento di violazioni alle norme dell'ordinamento ovvero la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti ai sensi dell'articolo 35 dell'ordinamento penitenziario. L'amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni; trasmissione annuale di una relazione sull'attività svolta, ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Ministro dell'interno e al Ministro della giustizia.
L'articolo 8 del decreto intende rimediare al ritardo nell'adozione dei regolamenti attuativi previsti dalle leggi n. 381 del 1991 e n. 193 del 2000 che, recentemente novellati dal disegno di legge n. 78 del 2013 (Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena), prevedono specifici benefici fiscali e contributivi per le imprese che assumono detenuti.
Si ricorda, infatti, che, con la finalità di sostenere il reinserimento lavorativo dei detenuti, il decreto-legge n. 78 del 2013 (articolo 3-bis) è intervenuto sulla legge Pag. 88n. 193 del 2000 (cosiddetta legge Smuraglia) e sulla legge n. 381 del 1991 sulle coop. sociali.
Il disegno di legge n. 78 del 2013 ha, anzitutto, riformulato l'articolo 3 della legge n. 193 del 2000: Norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti, che concede un credito d'imposta alle imprese che assumono detenuti.
L'articolo 4 della legge 193 ha previsto che le modalità ed entità delle agevolazioni e degli sgravi di cui all'articolo 3 fossero determinate da un decreto del Ministro della giustizia – da emanare entro il 31 maggio di ogni anno – di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro delle finanze. L'entità dei benefici è comunque determinata nei limiti delle risorse finanziarie di cui all'articolo 6 (dal 2014, 14,5 milioni di euro all'anno).
L'ulteriore intervento del disegno di legge n. 78 ha riguardato l'articolo 4, comma 3-bis, della legge n. 381 del 1991 relativo a sgravi contributivi per l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (tra cui i detenuti) impiegate in cooperative sociali.
L'articolo 8 in esame, in riferimento all'anno 2013, differisce per un periodo massimo di sei mesi (decorrenti dal 24 dicembre 2013, data di entrata in vigore del decreto- legge) il termine per l'adozione dei regolamenti interministeriali di attuazione relativi alle misure di favore per imprese e cooperative sociali che assumono detenuti e internati. La proroga, come recita la relazione di accompagnamento al decreto, mira a «scongiurare il rischio che costoro, in ragione del ritardo nell'adozione del regolamento, si vedano privati della possibilità di usufruire di detti benefici».
L'articolo 8 reca, poi, una norma di interpretazione autentica dell'articolo 3 della legge 193/2000 che chiarisce che l'ammontare massimo dei crediti d'imposta concessi alle imprese che assumono detenuti ha riguardo a tutti i mesi dell'anno solare 2013 e non solo a quelli successivi al 20 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione (legge n. 94 del 2013) che ha introdotto la novella all'articolo 3 della stessa legge 193.
L'articolo 9 prevede che l'attuazione del decreto-legge deve avvenire con l'utilizzo delle risorse disponibili a legislazione vigente, ovvero senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
L'articolo 10 dispone in ordine all'entrata in vigore del decreto-legge, che viene collegata alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo del provvedimento d'urgenza.
Si ricorda peraltro che tanto l'articolo 1 quanto l'articolo 3 del decreto-legge posticipano all'entrata in vigore della legge di conversione l'efficacia delle novelle sul procedimento di controllo a distanza (cosiddetto braccialetto elettronico) negli arresti domiciliari e nella detenzione domiciliare.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Chiusura DG ddl 1921-A | 257 | 257 | 129 | 203 | 54 | 67 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.