FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
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                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1825

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa delle deputate
CUNIAL, BENEDETTI, GIANNONE, VIZZINI

Disposizioni in materia di agricoltura contadina

Presentata il 6 maggio 2019

  Onorevoli Colleghi! — Con la presente proposta di legge, nata grazie alla «Campagna popolare per l'agricoltura contadina» promossa nel 2009 in forma di petizione con l'intento di ottenere il riconoscimento istituzionale delle agricolture contadine familiari, si punta a inserire il fenomeno diffuso dell'agricoltura contadina in una precisa cornice normativa, riconoscendo quali suoi elementi principali la custodia della terra quale bene comune dell'umanità, il presidio della biodiversità dell'ambiente e delle risorse primarie da esso derivanti, nonché il contrasto dello spopolamento delle aree interne, montane, marginali e rurali del Paese.
  Tale riconoscimento trova il suo fondamento nella dichiarazione, da parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), dell'Anno internazionale dell'agricoltura familiare nel 2014 ed è coerente con la Dichiarazione sui diritti dei contadini e delle persone che lavorano in ambito rurale adottata dall'Assemblea Generale dell'ONU il 17 dicembre 2018.
  In uno studio del settembre 2013 della United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD) sul cambiamento climatico e l'agricoltura sostenibile, si afferma esplicitamente la necessità di una trasformazione dell'agricoltura, «consistente in un mosaico di pratiche produttive agroecologiche, che deve divenire il nuovo paradigma», a cui viene riconosciuta la fondamentale funzione delle agricolture sostenibili. Le medesime sollecitazioni sono emerse dalla conferenza dell'aprile 2012 della Commissione europea, «Local agriculture and short food supply chains», sull'agricoltura locale e sulle filiere corte, che ne ha messo in luce il ruolo fondamentale anche nell'Europa odierna.
  Tali analisi possono essere incrociate con i dati nazionali del 6° censimento generale dell'agricoltura (2012), nonché con il percorso del Ministero dello sviluppo economico sull'utilizzo efficace dei fondi strutturali 2014-2020 attraverso la predisposizione della «Strategia nazionale per le aree interne». In essa si afferma che «(...) da queste aree provengono beni necessari a tutti noi: acqua, cibo, paesaggi, cultura (...). Una strategia che richiede una grande attenzione alle comunità di produttori agricoli» e che propone «un approccio credibile e condiviso che sappia dare concretezza a queste finalità».

Modelli di produzione agricola sostenibili e insostenibili.

  Le organizzazioni che danno vita al movimento contadino internazionale «La Via Campesina» argomentano ormai da decenni la loro avversione verso l'agricoltura mineraria, meglio conosciuta come agricoltura industriale. Vale la pena far partire una riflessione proprio dalle principali critiche mosse da questi attori sociali al modello di agricoltura industriale per comprendere la definizione di «agricoltura mineraria». L'agricoltura industriale:

   comporta un'intensività crescente di capitali, input produttivi ed energia fossile;

   produce un forte processo di indebitamento delle aziende contadine;

   si fonda sulla sostituzione dell'energia solare con l'energia fossile. Gli aumenti delle rese, seppur vistosi, restano comunque inferiori agli aumenti del consumo energetico necessario alla produzione. È emblematico, ad esempio, quanto avvenuto negli Stati Uniti d'America: tra il 1945 e il 1970 la produzione di mais registrò un aumento del 238 per cento, tuttavia l'aumento del consumo energetico fu pari al 313 per cento. La resa energetica del mais, nello stesso periodo, diminuì del 24 per cento; d'altronde quella degli allevamenti da carne intensivi fu dieci volte più bassa di quella degli allevamenti da carne al pascolo;

   risponde a un modello che produce dipendenza dal mercato e subordinazione alla ratio del sistema economico capitalista;

   causa l'accelerazione dei processi di esodo rurale, a causa delle trasformazioni che comporta in termini di concentrazione delle risorse, proletarizzazione e mortalità aziendale;

   privilegia la «ricerca agronomica determinista» o la tecno-scienza orientate da princìpi produttivistici, come nel caso della promozione delle varietà ad alta resa, le High Yielding Varietis (HYV).

  A tale quadro, il movimento internazionale «La Via Campesina» contrappone fin dagli anni novanta la difesa dell'agricoltura contadina, un modello di agricoltura alternativo basato sui princìpi della sovranità alimentare (Corrado 2010), cioè del diritto non solo all'accesso al cibo (cui si riferisce il concetto più ufficiale della sicurezza alimentare), ma anche ai mezzi per produrlo (terra, acqua, sementi, eccetera) in sistemi agroalimentari decentralizzati e, dunque, culturalmente ed ecologicamente adattati alle specificità dei singoli territori. Ciò, chiaramente, implica la centralità dei contadini che producono e di chi consuma nei territori e non delle corporation agro-alimentari, mentre scommette sull'autodeterminazione delle politiche agrarie e alimentari da parte dei popoli e degli Stati.

Dati e condizioni storiche e ambientali.

  Il panorama agricolo italiano è stato storicamente caratterizzato da una pluralità di sistemi agrari: al nord si distinguono le piccole aziende dirette coltivatrici delle aree montane e altocollinari e le imprese medio-grandi e grandi dell'area padana; al centro le strutture sono state per secoli strutturate sulla mezzadria e solo in seguito alla riforma agraria del 1952 sono nate numerose aziende dirette coltivatrici; al sud il panorama si presenta con un grande numero di piccole e micro aziende inframmezzate da altre di grandi ed estese dimensioni; quello che accomuna le tre macroaree è la presenza, in particolar modo nei territori considerati marginali e montani, delle miriadi di micro realtà anche di sola autosussistenza.
  La grande diversità italiana degli agroecosistemi e delle condizioni socio-economiche ha prodotto nel tempo una pluralità di forme economiche, strutture produttive e mercati agricoli.
  Nell'ambito di questa pluralità si possono individuare differenti orientamenti quali: le imprese totalmente inserite nel mercato agroindustriale (alta intensità di capitali e tecnologia, filiera commerciale, aree a forte reddito); le aziende di ridotta dimensione economica e fisica che producono con alta intensità di lavoro e bassa capitalizzazione, per mercati di prossimità ma, talvolta, anche nazionali ed esteri; le piccole aziende di autoconsumo e con limitata vendita diretta (bassa intensità tecnologica e scarsi o assenti capitali, territori considerati marginali).
  Dall'ultimo censimento delle aziende agricole in Italia in base alla dimensione economica (2010), è emerso che le aziende non imprese (reddito lordo inferiore a 10.000 euro) erano 1.086.000, pari al 67 per cento, le aziende intermedie (reddito lordo tra 10.000 e 20.000 euro) erano 225.000, pari al 14 per cento, e le imprese (reddito lordo oltre 20.000 euro) erano 310.000, pari al 19 per cento (di cui il 70 per cento con reddito lordo inferiore a 100.000 euro e il 30 per cento con reddito lordo superiore a 100.000 euro).
  Alle realtà censite andrebbero aggiunte le autoproduzioni delle innumerevoli pratiche di «agricoltura informale», che forniscono prodotti alimentari per l'autoconsumo e lo scambio non monetario a tutt'oggi non stimati.
  Le caratteristiche indicate rappresentano una specificità italiana, che fotografa l'esistenza di un considerevole numero di aziende agricole ancora presenti, seppure in diminuzione, e diffuse in ogni angolo del nostro territorio, non riscontrabili in altri Paesi europei e che, secondo i dati dell'ISTAT, danno lavoro a oltre 3,5 milioni di persone.
  L’«agricoltura informale» rappresenta un importantissimo patrimonio di grande ricchezza e biodiversità delle produzioni agricole. Questa presenza capillare è, ancora oggi, il presidio più sicuro per la salvaguardia dei territori montani e collinari al cui interno si svolgono processi e funzioni agro-sociali che risultano essere insostituibili per l'ambiente e la società.
  Oggi, la pluralità delle realtà agricole è seriamente messa in crisi da quelle politiche agricole produttivistiche che cercano di sussumere e forzare i differenti tipi di organizzazione aziendale, alterando la fisionomia variegata del panorama agricolo italiano.
  La superficie totale dell'Italia è di poco più di 300.000 chilometri quadrati, con solo il 22 per cento di pianura, il resto sono montagne (35 per cento) e zone collinari (42 per cento). Nel 1961, la superficie agricola totale era l'88 per cento della superficie totale, nel 1982 era scesa al 75 per cento, nel 2010 si era ridotta al 56 per cento. Le terre per l'agricoltura spariscono e non torneranno più. Il risultato dello «sprawl urbano» è un processo di dispersione urbana o la collocazione sparsa di caseggiati, strade e centri commerciali in continuità con le città che li hanno generati erodendo le terre agricole. Le agricolture contadine, in virtù del loro radicamento con il territorio, sono in grado, se valorizzate e riconosciute, di praticare un altro sistema di produzione agroalimentare più sostenibile ed etico, ma soprattutto sono ancora un argine alla ricostituzione dei latifondi e alla conseguente speculazione edilizia e al consumo di suolo agricolo fertile.
  Elementi di prova del funzionamento economicamente, oltre che socialmente ed ecologicamente, insostenibile dell'agricoltura industriale ce li offrono i dati pubblicati nel 2017 da EUROSTAT. Più le aziende agricole sono industrializzate, con forte capitalizzazione, e più dipendono dalle forniture degli input industriali, i cosiddetti «consumi intermedi». Questi, per l'Unione europea, pesano per il 60,2 per cento del valore totale della produzione agricola, per la Francia il 63,6 per cento, per la Germania il 73,5 per cento, per l'Italia il 43,2 per cento, per la Spagna il 45,5 per cento, per il Regno Unito il 65,2 per cento e per i Paesi Bassi il 61,8 per cento. Ciò significa che per 100 euro di grano prodotto in Germania, 75 euro servono per pagare le industrie che hanno fornito gli input produttivi. Confrontiamo questi dati con il valore dell'aiuto pubblico fornito alle aziende agricole. I contributi alla produzione del settore agricolo, che a livello europeo nel 2016 ammontavano a 52 miliardi di euro in totale, provenivano sia dalle amministrazioni pubbliche nazionali che dall'Unione europea. Considerando gli importi assoluti, la Francia è al primo posto con 8,3 miliardi di euro, seguita dalla Germania con 6,7 e dalla Spagna con 5,8; segue l'Italia con 4,8. Tali contributi rappresentano quasi il 50 per cento del valore aggiunto del settore in Germania, il 40,4 per cento nel Regno Unito, il 32,4 per cento in Francia e solo il 16 per cento in Italia. Cioè, per un'azienda agricola tedesca, la metà del compenso per i fattori produttivi, cioè il reddito dell'agricoltore, è pagato da fondi pubblici. Se venisse meno questo fondamentale apporto di denaro pubblico questo modello di aziende crollerebbe.
  Malgrado il dato oggettivo riportato, sviluppo agricolo e crescita economica vengono ancora intesi in termini incompatibili con il mantenimento dell'agricoltura contadina la cui sparizione viene considerata ineluttabile, come un parametro del progresso e della modernità. Tali concezioni trovano la loro ragione in una visione del contadino non come soggetto economico ma come un residuo votato al mantenimento di se stesso, una decorazione del paesaggio o del folklore.
  L'agricoltura che va in una direzione diversa da quella industriale non viene intercettata dalla comunicazione e tantomeno dalle leggi vigenti ed emerge solo come caso individuale di riuscita di giovani neo-rurali che provengono da altri sistemi sociali. Viene così cancellato il valore della storia corale, dell'azione e della condizione collettiva.

Accesso al cibo di qualità per tutta la popolazione.

  A seguito della lunga crisi economica che colpisce il nostro Paese in modo più grave che altri Paesi cosiddetti «sviluppati», è facile constatare come l'alimentazione stia assumendo sempre più alcune caratteristiche di un «bene di lusso». Nella realtà quello che sta succedendo è che, in mancanza di una ripresa effettiva dell'economia e quindi della capacità di spesa della parte della popolazione che più soffre dell'impatto della crisi prolungata, c'è un continuo spostamento nel mercato dell'alimentazione verso una concorrenza basata sulla riduzione dei prezzi («offerte d'acquisto tutte basate su forti sconti») e quindi sulla riduzione della qualità degli alimenti. Il cibo di qualità resta appannaggio quasi esclusivo delle classi alte della società, mentre il mercato degli alimenti riceve continue spinte verso una sua sempre più ampia segmentazione basata, appunto, sull'immaginario, in particolar modo sostituendo le qualità intrinseche di materie prime alimentari prodotte in modo agroecologico con qualità dichiarate «salutistiche» o «senza qualcosa» o «del contadino». Un immaginario interamente dominato dal potere di mercato.

Le agricolture contadine familiari

  La definizione di agricoltura contadina si fonda sulle radici storiche della figura di contadino.
  In prima approssimazione si individuano alcuni caratteri fondanti: diversificazioni colturali, tecniche agronomiche conservative e di basso o nessun impatto ambientale, recupero e riproduzione delle sementi e delle razze autoctone, controllo dei saperi, radicamento locale e mercati di prossimità, dimensioni limitate e contesti familiari o di comunità. Il tutto è coerente con gli obiettivi di gestione autonoma delle risorse alimentari di ogni territorio e che oggi è definito come il diritto alla sovranità alimentare di ogni popolo. Le agricolture contadine familiari rivestono il ruolo di vera e propria colonna portante delle comunità locali e territoriali.
  Queste pratiche e percorsi si riscontrano oggi in una moltitudine di aziende agricole sia di tradizione familiare sia di nuovi insediamenti rurali.
  Le agricolture contadine sono individuate come modello agricolo e a esse sono associati sinonimi che ne comprendono singoli aspetti ma che, se utilizzati isolatamente, ne limitano la comprensione:

   agricoltura di piccola scala, si fonda sulla dimensione aziendale e acquista significato variabile secondo i contesti produttivi, non definisce gli aspetti qualitativi delle produzioni (gestione, lavoro, capitali, intensità, tecnologia, sostenibilità), non comprende le attività extragricole e non interpreta adeguatamente le realtà aziendali in cui tutto o parte delle attività e delle risorse sono di proprietà collettiva;

   agricoltura locale, agricoltura cosiddetta «a km 0», si limita a indicare un riferimento territoriale, spesso non precisato, di produzione o commercializzazione, senza individuarne gli aspetti qualitativi e le strutture produttive;

   agricoltura familiare, comprende in modo più articolato diversi aspetti connessi con le agricolture contadine.

  Le agricolture contadine sono storicamente strettamente legate alle forme di conduzione familiare e, ancora oggi, questo rapporto è prevalente ma non esclusivo ed è proprio a partire da queste considerazioni che si rende necessaria una legge che ne definisca i contorni e le specificità.
  È evidente l'esistenza storica in Italia di differenti forme di agricolture, diverse per territori, strutture sociali ed economie.
  Esistendo una pluralità di modelli agricoli sono necessarie misure adeguate e diversificate che sappiamo prendere in considerazione le diverse realtà produttive agricole dandone una definizione legislativa che ristabilisca princìpi di equità sociale e garantisca una migliore gestione del territorio e il mantenimento della biodiversità agraria e spontanea.
  In tale analisi diventano primari la definizione e il riconoscimento delle agricolture contadine come modello socio-economico, attraverso provvedimenti specifici e un adeguamento delle norme vigenti.
  La politica agricola italiana attuale è strutturata per sostenere unicamente un modello agroindustriale di agricoltura specializzata e sempre più capitalizzata nell'ambito della competitività del mercato globale.
  Questa impostazione porta a intervenire in termini di comparti produttivi con un corpus normativo elaborato a questi fini, orientando in modo sostanzialmente unidirezionale la distribuzione delle risorse dell'Unione europea.
  Questo processo ha introdotto il modello unico della competitività commerciale e della logica del profitto nella vita delle aziende agricole, spingendo a una forte selezione forzosa all'interno del mondo agricolo basata sui criteri economicisti della disponibilità di capitali.
  Le stesse caratteristiche di pluriattività, produzioni di qualità e filiera corta, che da sempre sono state le comuni caratteristiche positive del buon contadino, oggi vengono riprese in chiave aziendalista come diversificazione dell'impresa sul mercato e, quindi, necessariamente, dipendente dalla logica dei bilanci aziendali e del profitto.
  Occorre oggi riconoscere anche l'esistenza della figura contadina contemporanea, la cui finalità quotidiana è di vivere nel suo luogo, di coltivare e allevare per la propria famiglia o comunità e di vendere in modo equo i propri prodotti.

L'azione legislativa dell'Unione europea in favore dell'agricoltura industriale ha schiacciato le aziende contadine familiari

  La modernizzazione agricola della Politica agricola comune (PAC), fin dalla sua origine, si è fondata sulla competitività, sulla crescita e sulla produttività. Negli anni, le politiche europee non hanno risolto il conflitto che hanno sviluppato; tuttavia hanno previsto nuove pratiche distorsive, che hanno affiancato le tutele dell'ambiente e della salute alla corsa alla produttività e alla competitività proprie della modernizzazione agricola. Tali passaggi erano divenuti necessari dinanzi al consolidarsi di una generalizzata sensibilità sociale intorno alle questioni alimentari e della qualità della vita e dell'alimentazione, accompagnata da una sempre più capillare diffusione di pratiche sociali innovatrici ispirate a tali princìpi nei diversi territori europei. D'altronde, la PAC ha dovuto tenere conto della mancata uniformazione delle agricolture europee, dove permangono ed emergono modelli agricoli che non aderiscono a quello industriale e imprenditoriale promosso con i processi di modernizzazione.
  In questo quadro, con la riforma della PAC per il periodo 2021-2027 (comunicazione COM(2017)713, «Il futuro dell'alimentazione e dell'agricoltura» della Commissione, del 1° giugno 2017) sono state previste alcune misure minime, mirate al sostegno delle agricolture familiari e di quelle giovanili, nonché alcune semplificazioni burocratiche che facilitano una distribuzione più equa degli aiuti europei, per contrastare l'esclusione delle piccole unità produttive. Le agricolture familiari, dunque, vengono rese visibili come parte di un'Europa rurale immaginata ecologicamente ed economicamente competitiva. A esse è riconosciuto un ruolo, sia dal punto di vista ecologico, sia nella garanzia della sicurezza alimentare, dato che rappresentano il modello di agricoltura più diffuso e quindi di fondamentale importanza nell'Unione. Alle agricolture familiari si richiede, però, un allineamento ai più generali obiettivi delle politiche europee per l'agricoltura e per lo sviluppo rurale, compresa la scommessa della maggiore affermazione dell'Unione europea nei mercati globali.
  Di fronte al classico approccio della modernizzazione agricola seguito dall'Unione europea (basato su ricette quali crescita, competitività, produttività e superamento della condizione contadina) il movimento internazionale «La Via Campesina» ha in diverse occasioni sostenuto che l'agricoltura contadina è «il modello del futuro», grazie alla sua capacità di produrre cibo di qualità, nel rispetto degli equilibri ecologici e generando lavoro dignitoso: «La modernità agricola è nelle mani delle contadine e dei contadini del mondo. Sono loro che in realtà alimentano il pianeta offrendo un modello più solido e sostenibile di agricoltura. Sono quelli che offrono i prodotti di qualità con il più alto valore aggiunto, promuovendo la ricollocazione delle coltivazioni e dell'allevamento. Propongono un modello sostenibile per la gestione delle risorse limitando le esternalità, integrando una organizzazione degli spazi rurali socialmente densa e dinamica, capace di garantire una produzione adeguata in quantità e qualità. È in questo settore e non in quello agroindustriale che si creano posti di lavoro dignitosi. L'agricoltura familiare intesa come agricoltura contadina è un modello per il futuro».
  Dunque, richiamando le potenzialità del modello contadino e di come esso possa rappresentare una soluzione ai problemi sociali e ambientali che attraversano il continente, il Coordinamento europeo dello stesso movimento internazionale ha sollecitato l'Unione europea affinché le politiche agricole sostengano le agricolture familiari contadine, promuovendo l'accesso alla terra, all'acqua e alle sementi, oltre che al credito, sostenendo l'avvio di nuove unità produttive e legando gli aiuti diretti alla produzione, poiché «dobbiamo rivolgerci ai problemi attuali, che sono di ordine sociale e ambientale, e che il modello dell'agricoltura familiare contadina è in grado di risolvere».

Le aree normative nazionali e le integrazioni da prevedere.

  Ci si può chiedere se le politiche pubbliche nazionali in qualche modo abbiano favorito la capacità di resistenza delle piccole aziende contadine. Al contrario, sembra difficile per ciascuno immaginare quanto degrado abbia prodotto sia la mancanza di una strategia di politica agraria nazionale che una pervicace volontà di improvvisare, di volta in volta, iniziative per rispondere a emergenze, vere o false, animate da interessi di piccoli gruppi di aziende agricole e industriali.
  L'agricoltura contadina, in quanto fenomeno che, evolvendosi costantemente, ha accompagnato l'esistenza umana fin da epoche antichissime, non può essere considerata solo come una mera attività economica, ma è una vera e propria dimensione di vita complessa e integrata, di interazione con gli ecosistemi, di gestione dei territori e di espressione di realtà socio-culturali, le cui valenze e ricadute sono economicamente, socialmente e culturalmente rilevanti rispetto al suo aspetto strettamente produttivo. Tra queste, nel contesto attuale si evidenziano:
  a) il suo essere una risorsa importante, sia quando prevalente che quando integrativa, in termini di auto occupazione e di autosostentamento al reddito, che in quest'epoca di crisi economica e occupazionale consente di sostenere il bilancio delle famiglie sia in termini non monetari, con la produzione diretta di beni utili, che in termini monetari con la vendita diretta dei prodotti;
  b) il suo essere, grazie a una presenza attiva e diffusa, un elemento decisivo di presidio e di salvaguardia dei territori, con effetti virtuosi e in alcuni casi insostituibili sulla tutela del paesaggio, generando un turismo agreste che guarda alla qualità dei luoghi e dei beni primari, alla manutenzione degli equilibri idrogeologici, alla biodiversità agraria e alimentare e al mantenimento dello strato fertile del suolo, contrastando il dilavamento e l'erosione. Si evidenziano, inoltre, il recupero, la preservazione ed evoluzione delle tipicità alimentari e gastronomiche italiane, quale elemento culturale e didattico utile nei percorsi sull'educazione alimentare dei giovani, in un contesto socio-culturale dove si sviluppano e progrediscono le forme multifunzionali dell'agricoltura sociale.
  Il carattere sfaccettato, molteplice, multifunzionale e complesso dell'agricoltura contadina non è adeguatamente riconosciuto dalla normativa di settore vigente che ne coglie, nei casi più fortunati, solo alcuni aspetti parziali isolandoli dalla ricchezza e dalla complessità che caratterizza questa agricoltura.
  Il riconoscimento dell'esistenza sul territorio italiano di una pluralità di modelli agricoli richiede di ridefinire un progetto complessivo, integrando il quadro istituzionale, nel quale le agricolture contadine siano pensate e sostenute come progetto politico, sociale ed economico complessivo e nell'insieme delle sue pratiche con interventi congiunti e coordinati di politiche pubbliche in suo favore.
  Una legge sulle agricolture contadine ha quindi come obiettivo quello di: riconoscere la ricchezza della diversità delle agricolture come fondamento di politiche agricole differenziate, attraverso un'analisi delle realtà territoriali, considerandone i contributi economici, sociali e ambientali e l'impatto sui territori; riconoscere i caratteri dei modelli contadini in precedenza indicati; riconoscere la molteplicità di funzioni svolte dalle agricolture contadine attraverso l'integrazione organica di misure ambientali, sociali e produttive premianti questa molteplicità; valorizzare il legame tra famiglia, economia e territorio; riformare il governo del sistema fondiario nazionale e favorire l'accesso alla terra al fine di facilitare la trasmissione intergenerazionale, nonché limitare la concentrazione fondiaria anche sostenendo l'allargamento della maglia poderale delle aziende dirette coltivatrici di piccola dimensione; assicurare il diritto di accesso alla terra ai fini dell'insediamento di nuovi coltivatori diretti; mantenere la proprietà pubblica dei terreni demaniali destinandoli a progetti agricoli contadini; sostenere le azioni collettive (cooperative e associative) per lo sviluppo e la nascita di esperienze, in particolare negli ambiti dell'economia sociale e solidale; favorire le modalità di accesso e di controllo del mercato locale, regionale e, dove possibile, nazionale da parte delle aziende contadine attraverso misure specifiche ed esclusive che regolino l'immissione in commercio dei prodotti dell'azienda contadina.
  La necessità di diversificare il mercato e, nello stesso tempo, di creare condizioni favorevoli alla riconversione produttiva e sociale di aziende oggi in crisi nel mercato convenzionale, ci impone di favorire nuovi insediamenti, in particolare di giovani, ricchi di progettualità ma spesso poveri di capitali, e di sostenere, in modo organico, pratiche agroambientali già diffuse e nuovi processi di differenziazione produttiva.
  Gli interventi nella presente proposta di legge sono rivolti al riconoscimento, alla tutela e alla valorizzazione dell'agricoltura contadina attraverso l'individuazione di determinati requisiti e la conseguente iscrizione a un albo comunale specifico.
  Inoltre sono introdotte misure atte a incentivare e a supportare la presenza e la pratica delle agricolture contadine con:

   norme di indirizzo per la produzione e per la fissazione dei requisiti urbanistici, edilizi e igienici dei locali, che recepiscano la vigente flessibilità normativa europea, finalizzate anche all'adozione, da parte degli enti regionali, di normative più specifiche tese alla semplificazione in merito alla lavorazione, alla trasformazione e alla vendita di limitati quantitativi di prodotti agricoli nell'ambito della filiera corta e della produzione locale, i cui destinatari sono le aziende che praticano esclusivamente produzioni contadine (sia imprese individuali che società e cooperative, che trasformano per la vendita esclusivamente i propri prodotti);

   norme per il riconoscimento dell'impiego gratuito in attività agricole stagionali di soggetti a titolo amicale;

   l'agevolazione e la semplificazione dell'accesso alla terra, facendo delle zone rurali, in particolare nelle aree interne e in quelle considerate marginali, territori di sperimentazione volti a favorire il ripopolamento umano residente e lavorativo, attraverso le banche regionali della terra e le associazioni fondiarie;

   la possibilità di attivare un presidio agricolo di prossimità nei locali dell'azienda agricola contadina per l'erogazione di servizi di varia natura, al fine di rispondere alle necessità quotidiane delle persone, aumentare il presidio antropico dello spazio rurale e contrastare lo spopolamento delle aree rurali.

Ulteriori forme di agevolazione fiscale.

  Le piccole aziende agricole – cioè quelle che definiamo aziende contadine – sono quelle che fatturano meno di 15.000 euro all'anno, occupano un terzo degli addetti e realizzano il 10 per cento della produzione, ma pagano il 23 per cento dei contributi sociali a carico di conduttore e familiari.
  Le grandi aziende agricole occupano più di dieci unità di lavoro annue (ULA), occupano solo il 2,7 per cento degli addetti e producono il 5,4 per cento della produzione, mentre le aziende fino a dieci ULA producono il restante 94,6 per cento, di cui il 25,5 per cento è rappresentato dalle aziende con meno di una ULA, cioè le cosiddette «aziende di sussistenza», che evidentemente non sono solo di sussistenza e di autoconsumo, ma lavorano essenzialmente per il mercato locale e producono un quarto del valore dell'intera produzione agricola nazionale, cioè non meno di 12,5 miliardi di euro all'anno (dati dell'ISTAT). È possibile affermare, quindi, che oltre 800.000 aziende agricole italiane hanno un carattere «contadino».
  La presente proposta di legge prevede forme di defiscalizzazione con l'innalzamento della fascia in regime di esonero dall'IVA a 15.000 euro per le aziende agricole contadine.
  Sarebbero tuttavia auspicabili anche una ridefinizione delle fasce di contribuzione dell'INPS prevedendo riduzioni, in particolare, nelle zone montane e svantaggiate, e la definizione di misure per defiscalizzare l'accesso all'energia (per esempio i carburanti) e per agevolare l'accesso, da parte dei contadini, a servizi quali uffici comunali, scuole, ospedali, eccetera, in caso di assenza o di carenza di mezzi di trasporto pubblico; prevedendo un'apposita copertura finanziaria, si potrebbe inoltre proporre che l'iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura sia facoltativa per le piccole aziende che praticano l'agricoltura contadina, non rendendola quindi vincolante per l'accesso ai finanziamenti e ai sostegni pubblici.
  Inoltre, in collaborazione con le regioni e con le province autonome, si prevedono misure di sostegno nell'ambito della PAC e dei Programmi di sviluppo rurale, rafforzando e rendendo organiche le nuove misure previste in favore delle piccole aziende e delle aree svantaggiate, introducendo parametri basati sul progetto agricolo nel suo insieme e non in termini di comparti produttivi.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Oggetto e finalità)

  1. La presente legge reca norme per il riconoscimento e la valorizzazione dell'agricoltore contadino, definito dall'articolo 2.
  2. La presente legge, in coerenza con la Dichiarazione sui diritti dei contadini e delle persone che lavorano in ambito rurale, adottata dall'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite il 17 dicembre 2018, e in conformità a quanto disposto dall'articolo 44 della Costituzione, dalla Convenzione sulla biodiversità, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 e resa esecutiva dalla legge 14 febbraio 1994, n. 124, dal Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, adottato a Roma il 3 novembre 2001 e reso esecutivo dalla legge 6 aprile 2004, n. 101, e dalle Linee guida volontarie sulla gestione responsabile della terra, dei territori di pesca e delle foreste approvate dal Comitato sulla sicurezza alimentare mondiale delle Nazioni Unite l'11 maggio 2012, persegue le seguenti finalità:

   a) promuovere e salvaguardare la terra quale fonte primaria di cibo, preservando i valori e i sistemi della tradizione agricola locale e il modello agroecologico come fondamento della produzione e della trasformazione dei beni primari;

   b) contrastare e prevenire lo spopolamento delle aree rurali, in particolare di quelle interne e montane, anche mediante l'individuazione, il recupero e l'utilizzazione dei terreni agricoli abbandonati, garantendo la sostenibilità degli insediamenti e delle attività umane;

   c) valorizzare il legame tra comunità locale, economia e territorio anche sostenendo l'uso collettivo delle terre finalizzato alla difesa del suolo, alla tutela della biodiversità e alla manutenzione idrogeologica.

Art. 2.
(Definizioni)

  1. Ai fini della presente legge è definito agricoltore contadino colui che, in forma singola o in associazione con altri agricoltori contadini, esercita, su un fondo di sua proprietà, su un fondo affittato o concesso in comodato d'uso, ovvero su un fondo oggetto di una convenzione ai sensi dell'articolo 8, comma 3, attività agricola su piccola scala.
  2. Ai fini di cui al comma 1, è agricoltore contadino colui che, in forma singola o associata con altri agricoltori contadini:

   a) conduce direttamente il fondo mediante un apporto di lavoro maggioritario rispetto ad altre eventuali forme di impiego o di collaborazione e si avvale prioritariamente dell'opera dei suoi familiari. È ammesso l'apporto di lavoratori stagionali e di dipendenti nel limite delle tabelle regionali delle unità lavoro uomo relative alle diverse produzioni;

   b) tutela e promuove la biodiversità attraverso l'utilizzo di pratiche agronomiche conservative e sostenibili in grado di minimizzare l'alterazione della composizione, della struttura e della naturale diversità biologica del suolo, salvaguardandolo dall'erosione e dalla degradazione, attraverso la conservazione e il rispetto di tradizioni agricole locali e lo sviluppo delle produzioni con metodo biologico, biodinamico o agroecologico;

   c) pratica la vendita diretta dei prodotti primari e trasformati direttamente, anche nei locali dell'abitazione familiare, presso mercati contadini, circuiti di filiera corta, dettaglianti locali e gruppi di acquisto solidale ovvero tramite piattaforme telematiche. In caso di vendita di prodotti trasformati, questi sono ottenuti con materie prime provenienti dal fondo ad eccezione dei prodotti tradizionalmente usati a fini conservativi, quali sale, pepe, zucchero e spezie, ovvero di altri conservanti tipici delle tradizioni locali;

   d) se pratica allevamento, questo è da intendersi di animali allevati all'aperto ovvero condotti al pascolo nei mesi in cui esso è accessibile, con esclusione dei metodi di allevamento al chiuso e con forme intensive di stabulazione fissa.

  3. L'agricoltore contadino non può concedere ad altri, a qualsiasi titolo, l'uso dei terreni da esso coltivati.

Art. 3.
(Albo degli agricoltori contadini)

  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a istituire l'albo degli agricoltori contadini, di seguito denominato «albo», operanti nei rispettivi territori nonché a stabilire le modalità di registrazione e di eventuale aggiornamento dell'albo medesimo.
  2. L'iscrizione all'albo è gratuita e avviene a seguito di autocertificazione da parte dell'interessato del possesso dei requisiti di cui all'articolo 2. L'iscrizione è condizione indispensabile per la fruizione, da parte degli agricoltori contadini, delle agevolazioni previste dalla presente legge.
  3. Nel caso in cui, a seguito di controlli ispettivi, risulti l'insussistenza ovvero la cessazione dei requisiti di cui all'articolo 2, l'iscrizione all'albo è revocata d'ufficio e può essere nuovamente chiesta dall'interessato per una sola volta.

Art. 4.
(Norme di produzione e requisiti urbanistici, edilizi e igienici dei locali)

  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplinano la trasformazione dei prodotti da parte dell'agricoltore contadino nel rispetto dei seguenti criteri:

   a) individuazione dei limiti qualitativi e quantitativi di produzione entro i quali considerare applicabili le deroghe consentite dai regolamenti (CE) n. 852/2004 in materia di igiene dei prodotti alimentari e n. 853/2004 in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004;

   b) individuazione delle materie prime di esclusiva produzione propria oggetto di trasformazione;

   c) individuazione dei requisiti igienici minimi dei locali, compresi quelli facenti parte dell'abitazione dell'agricoltore contadino, e delle attrezzature adibiti alla trasformazione, alla lavorazione, alla somministrazione e alla degustazione dei prodotti;

   d) definizione di procedure semplificate per la realizzazione di strutture rimovibili, senza cambio di destinazione d'uso, di ricoveri per animali, di fienili, di serre e di eventuali altri annessi destinati all'attività agricola;

   e) definizione di procedure semplificate per lo svolgimento, anche in economia diretta, di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria di edifici rurali, sia per uso abitativo proprio sia come annessi agricoli.

Art. 5.
(Disposizioni transitorie in materia di requisiti generali applicabili ai locali destinati alle attività e alle attrezzature di trasformazione, all'etichettatura, alla vendita diretta e alla formazione in materia di igiene alimentare)

  1. Nel caso in cui una regione o una provincia autonoma non adempia a quanto previsto dall'articolo 4 nel termine ivi stabilito, in via transitoria e fino a quando non ottemperi si applicano le seguenti disposizioni:

   a) al fine di garantire la sicurezza del prodotto finito, l'agricoltore contadino è tenuto al rispetto della normativa generale vigente in materia di igiene degli alimenti e delle disposizioni della presente legge;

   b) gli agricoltori contadini, che intendono produrre e commercializzare i prodotti agroalimentari, devono rispettare i requisiti previsti dal regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, e, in particolare, per la produzione primaria, i requisiti generali di igiene stabiliti dall'allegato I e, per le fasi successive, i requisiti generali di igiene stabiliti dall'allegato II del medesimo regolamento;

   c) i locali già in possesso dell'autorizzazione sanitaria rilasciata ai sensi della legislazione vigente o registrati ai sensi del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sono considerati conformi anche ai requisiti igienici previsti dalla presente legge;

   d) fermo restando il rispetto dei requisiti generali di cui all'articolo 4, per le attività di lavorazione, di produzione e di vendita dei prodotti possono essere utilizzati i locali situati nell'abitazione, compresi i vani accessori e l'impiego della cucina domestica per le lavorazioni di prodotto, e i locali situati nelle pertinenze dell'abitazione e nelle strutture agricole produttive dell'agricoltore contadino, senza obbligo di cambio di destinazione d'uso, aerati naturalmente e adeguatamente illuminati;

   e) nel caso di locali interrati o seminterrati, l'accesso ad essi deve essere possibile dall'esterno, anche attraverso altri locali;

   f) i locali adibiti alla lavorazione dei prodotti alimentari devono possedere i requisiti minimi e le attrezzature idonee di cui all'articolo 4. Lo stesso locale può essere adibito alla lavorazione di più prodotti purché le lavorazioni di prodotti diversi avvengano in tempi diversi e a seguito di adeguata pulizia e disinfezione delle strutture e delle attrezzature;

   g) i locali adibiti alla maturazione, alla stagionatura e all'essiccazione devono essere idonei allo scopo e tenuti in buono stato di pulizia e di manutenzione. Tali locali possono essere anche ricavati in cavità geologiche naturali o avere pavimenti o pareti di roccia naturale. In tali locali è vietato l'immagazzinamento promiscuo con prodotti non alimentari;

   h) i locali adibiti al deposito devono essere idonei allo scopo e tenuti in buono stato di pulizia e di manutenzione. Tali locali possono essere anche accessori all'abitazione, purché non direttamente comunicanti con l'allevamento;

   i) i locali adibiti alla vendita diretta devono avere dimensioni e attrezzature adeguate alla tipologia dei prodotti oggetto della vendita. Tali locali possono essere anche accessori all'abitazione, con esclusione dei locali completamente interrati, e devono essere aerati naturalmente e adeguatamente illuminati;

   l) la vendita può avvenire anche nei locali di lavorazione, purché esercitata in tempi diversi o in uno spazio appropriato, adeguatamente separato dalla zona di lavorazione;

   m) i prodotti agroalimentari devono essere venduti assicurando il rispetto delle disposizioni concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari stabilite dal regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, e dal decreto legislativo 15 dicembre 2017, n. 231. Tali prodotti devono inoltre indicare nell'etichetta in maniera chiara e leggibile, affinché sia comprensibile al consumatore, la dicitura «prodotto da agricoltura contadina» seguita dal nome del comune o della provincia di produzione e dal numero di registrazione dell'attività;

   n) gli operatori, al fine di garantire il rispetto dei requisiti relativi alla rintracciabilità delle produzioni stabiliti dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, provvedono alla conservazione dei documenti commerciali e di qualsiasi altra documentazione prevista dalla normativa vigente, dalla fase di produzione fino alla fase di commercializzazione;

   o) le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire corsi di formazione per il personale addetto alla lavorazione, alla preparazione, alla trasformazione, al confezionamento, al trasporto e alla vendita dei prodotti dell'agricoltura contadina. Il personale addetto frequenta i corsi che si svolgono nella regione o nella provincia autonoma nel cui territorio è esercitata l'attività dell'azienda agricola contadina;

   p) i corsi di formazione devono essere frequentati entro quindici mesi dalla registrazione dell'attività e in ogni caso prima dell'avvio delle lavorazioni, a meno che l'operatore interessato o il personale che lo coadiuva abbia ricevuto un addestramento o una formazione in materia di igiene alimentare giudicati adeguati dall'autorità competente rispetto alla tipologia dei prodotti dell'agricoltura contadina interessati;

   q) i corsi di formazione hanno lo scopo di far acquisire nozioni sulle buone prassi di igiene nella lavorazione, nella trasformazione e nella vendita, sull'applicazione delle corrette prassi operative relative alla rintracciabilità, all'etichettatura e alla vendita nonché su elementi di microbiologia, di tecnologia alimentare, di valutazione del rischio e del sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici (HACCP);

   r) le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, per il tramite dei servizi veterinari e dei servizi di igiene degli alimenti e della nutrizione delle aziende sanitarie locali competenti per territorio, esercitano i controlli per l'accertamento delle violazioni delle disposizioni della presente legge. A tale scopo le amministrazioni competenti possono avvalersi degli organi di polizia amministrativa locale, anche attraverso l'istituzione di appositi gruppi di intervento nell'ambito degli stessi organi.

Art. 6.
(Impiego gratuito nelle attività agricole stagionali di soggetti a titolo amicale e gratuito)

  1. In parziale deroga a quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, gli agricoltori contadini, che nello svolgimento dell'attività agricola stagionale si avvalgono della collaborazione resa a titolo amicale e gratuito da soggetti non rientranti nelle fattispecie di cui all'articolo 230-bis del codice civile, sono tenuti alla sola comunicazione agli organi preposti dei nomi di tali soggetti entro la data di inizio dell'attività. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, sono definiti le modalità e i contenuti della comunicazione di cui al primo periodo.
  2. Nei casi di cui al comma 1 non si applicano le sanzioni previste dalla normativa vigente per le violazioni della disciplina in materia di contribuzione previdenziale nel settore agricolo.

Art. 7.
(Banche regionali della terra)

  1. Al fine di agevolare la ricognizione e il recupero dei terreni abbandonati, di promuovere l'insediamento di nuove attività agricole, di valorizzare il patrimonio agro-silvo-pastorale, di limitare il consumo di suolo e di contrastare lo spopolamento delle aree rurali, le regioni possono istituire banche regionali della terra.
  2. La banca regionale della terra è un sistema informativo liberamente consultabile nel sito internet istituzionale della regione, contenente l'elenco dei terreni incolti o abbandonati, definiti dall'articolo 2 della legge 4 agosto 1978, n. 440.
  3. Ai fini di cui al comma 2, le regioni provvedono con cadenza triennale al censimento dei terreni incolti o abbandonati anche avvalendosi del supporto delle unioni di comuni, se esistenti. La struttura regionale competente in materia fitosanitaria segnala ai comuni, ovvero alle unioni di comuni, se esistenti, i terreni incolti o abbandonati oggetto di fitopatie e di infestazioni parassitarie, per i quali non siano state adottate le misure di lotta obbligatoria previste dalla legislazione vigente, al fine del loro inserimento nella banca regionale della terra.
  4. Le regioni definiscono le modalità di richiesta, da parte degli agricoltori contadini, dell'assegnazione e dell'utilizzo dei terreni incolti o abbandonati, nonché di revoca da tale beneficio in base ai seguenti criteri:

   a) il richiedente deve presentare un progetto attinente a un'attività agricola produttiva di durata non inferiore a cinque anni decorrenti dal giorno di assegnazione del terreno;

   b) in presenza di più richieste di utilizzazione per il medesimo terreno, sono preferite quelle presentate da iscritti all'albo;

   c) nel caso di terreni privati:

    1) il canone di affitto è stabilito tenendo conto del beneficio che deriva dallo svolgimento delle attività previste dal progetto alla comunità locale e comunque non può superare i due terzi del canone medio praticato in loco per terreni aventi le medesime caratteristiche. I proventi del canone di affitto sono tenuti dal comune a disposizione dei proprietari del terreno assegnato per tre anni decorrenti dal primo pagamento e, decorso tale termine, essi sono acquisiti dal comune e destinati alla concessione di un indennizzo per l'assegnatario che abbia apportato al terreno migliorie di natura durevole;

    2) alla scadenza dei nove anni dall'immissione dei terzi nel possesso del terreno, il proprietario, con un preavviso di almeno dodici mesi, può chiedere la riconsegna dello stesso; in mancanza di richiesta del proprietario, il periodo di utilizzo è rinnovato per ulteriori nove anni anche per le ulteriori scadenze novennali. L'assegnazione del terreno viene meno nel caso in cui il proprietario e l'assegnatario stipulino un contratto di affitto della durata di almeno nove anni rinnovabile e con un canone non superiore a quello previsto dall'assegnazione originaria.

  2. Il possesso continuato del terreno incolto o abbandonato non assegnato non costituisce presupposto ai fini dell'usucapione.

Art. 8.
(Associazioni di promozione sociale)

  1. Al fine di valorizzare le potenzialità del territorio, di recuperare e di utilizzare i terreni incolti o abbandonati, i comuni e le loro unioni possono incentivare la costituzione, tra i proprietari di tali terreni, di associazioni di promozione sociale, individuate ai sensi del capo II del titolo V del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, che prevedono l'accorpamento dei terreni con caratteristiche omogenee e il loro utilizzo da parte di uno o più agricoltori contadini.
  2. Le associazioni di cui al comma 1 perseguono le seguenti finalità:

   a) il rilancio o la conservazione del potenziale produttivo agricolo, con particolare riguardo all'agricoltura contadina, all'allevamento allo stato brado e alla pastorizia;

   b) la conservazione della biodiversità;

   c) la tutela e la conservazione del territorio nei suoi aspetti ambientali e paesaggistici fondamentali;

   d) la sicurezza delle persone, con particolare riguardo alla prevenzione degli incendi boschivi e del dissesto idrogeologico.

  3. Le associazioni di cui al comma 1 operano sulla base di una convenzione stipulata con il comune. I proprietari che non aderiscono alle associazioni sono comunque obbligati a gestire il terreno di loro proprietà, in modo autonomo, secondo le regole stabilite nella convenzione di cui al periodo precedente. Nel caso di terreni incolti o abbandonati, il comune può delegare le associazioni alla loro gestione garantendo che nessuno possa usucapirne la proprietà.
  4. Le associazioni di cui al comma 1:

   a) sono patrocinate da uno più enti locali;

   b) sono costituite dai proprietari di un determinato terreno e aperte a tutti i cittadini che ne condividono gli obiettivi statutari;

   c) garantiscono una rappresentanza paritaria dei due sessi negli organi statutari e si dotano di regolamenti interni;

   d) stipulano contratti di affitto o di comodato d'uso gratuito con agricoltori contadini interessati a utilizzare i terreni dell'associazione.

  5. Le cariche sociali delle associazioni di cui al comma 1 non possono essere oggetto di retribuzione; i soci hanno diritto al solo rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento delle attività dell'associazione.

Art. 9.
(Presidio agricolo di prossimità)

  1. Gli agricoltori contadini, nell'ambito degli immobili e delle proprietà di cui hanno disponibilità in forza di un titolo legittimo, possono riservare appositi spazi per lo svolgimento di attività, compresa l'erogazione di servizi di varia natura, al fine di rispondere alle necessità quotidiane delle persone, di aumentare il presidio antropico dello spazio rurale e di contrastare lo spopolamento delle aree rurali.
  2. Le regioni, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, prevedono le modalità di attuazione del comma 1.

Art. 10.
(Esonero dall'IVA)

  1. Dopo il comma 6 dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, è inserito il seguente:

   «6-bis. Gli agricoltori contadini, definiti ai sensi della legislazione vigente, che nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a 15.000 euro, costituito da cessioni di prodotti di cui al comma 1 provenienti dal fondo, sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, fermo restando l'obbligo di numerare e di conservare le fatture e le bollette doganali a norma dell'articolo 39. I cessionari e i committenti, se acquistano i beni o utilizzano i servizi nell'esercizio dell'impresa, devono emettere fattura, con le modalità e nei termini di cui all'articolo 21, indicandovi la relativa imposta, determinata applicando le aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione, consegnarne copia al produttore agricolo e registrarla separatamente a norma dell'articolo 25. Le disposizioni del presente comma cessano comunque di avere applicazione a partire dall'anno solare successivo a quello in cui è stato superato il limite di 15.000 euro».