Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
Art. 3-bis.
(Modifica all'articolo 337-ter del codice civile, concernente i provvedimenti del giudice in materia di affidamento e rapporti dei figli con i genitori)
1. Dopo il secondo comma dell'articolo 337-ter del codice civile sono inseriti i seguenti:
«Il figlio minore che manifesti in modo espresso la volontà contraria a incontrare il genitore non convivente o a permanere presso questo non può esservi obbligato per effetto dei provvedimenti adottati ai sensi del presente articolo.
La manifestazione di volontà di cui al terzo comma non si presume indotta dal genitore con cui il figlio minorenne convive. Qualora tale manifestazione di volontà risulti viziata per effetto di una specifica condotta tenuta dal genitore convivente e accertata dal giudice, il figlio minore non può essere collocato in altro ambiente contro la propria volontà. In tale caso, su istanza dell'altro genitore, il giudice ordina al genitore convivente di cessare dalle condotte lesive della libera volontà del minore, assegnandogli un termine a questo fine. Se accerta la mancata ottemperanza al proprio ordine entro il termine assegnato, il giudice condanna il genitore inadempiente al risarcimento del danno. Il danno è liquidato con valutazione equitativa del giudice, ove opportuno anche mediante la determinazione di una somma di denaro da corrispondere al genitore danneggiato per ogni giorno di ritardo nell'ottemperanza.
I provvedimenti di cui al quarto comma sono adottati dal giudice previo ascolto del minore. In ogni caso, il giudice, dopo aver ascoltato il minore, ne dispone la convocazione periodica allo scopo di verificare se permangano le ragioni di opposizione alla frequentazione con il genitore non convivente manifestate ai sensi del terzo comma, informando altresì il minore dei diritti a lui riconosciuti ai sensi del primo comma, nonché della possibilità di esercitare tali diritti anche a fronte di eventuali comportamenti pregiudizievoli tenuti dal genitore non convivente, da cui questi abbia desistito. Il giudice propone altresì al minore modalità di frequentazione del genitore non convivente che risultino compatibili con le motivazioni addotte dal minore stesso, informandolo comunque che in nessun caso egli può essere obbligato ad aderirvi contro la propria volontà.
Quando il rifiuto del figlio minorenne di incontrare un genitore sia motivato dalla violenza da quest'ultimo commessa sul figlio stesso o sull'altro genitore o su altro familiare convivente con il figlio medesimo e tale condotta sia stata causa dell'applicazione di una misura cautelare, di protezione o comunque restrittiva, purché non revocata per accertata insussistenza dei presupposti di cui all'articolo 273 del codice di procedura penale, ovvero di condanna passata in giudicato, il giudice, nella convocazione periodica di cui al quinto comma del presente articolo, propone modalità di frequentazione con il genitore non convivente soltanto allorché sia venuta meno la determinazione del figlio di non incontrarlo.
Le disposizioni del sesto comma si applicano anche quando, pur non essendo in corso l'applicazione di una misura cautelare, di protezione o comunque restrittiva, la violenza denunciata emerga da indizi gravi, precisi e concordanti e sia tale da fare ritenere che dall'incontro con il genitore possa derivare al figlio un pericolo concreto per la vita o l'incolumità fisica ovvero il rischio di essere sottoposto a minacce o coercizioni.
Quando non sussista il rifiuto del figlio minore di incontrare il genitore, ma risulti, in modo comprovato o in base a indizi gravi, precisi e concordanti, che questi ha commesso violenza sul figlio stesso o sull'altro genitore o su altro familiare convivente con il figlio medesimo, il giudice, nel disciplinare la frequentazione tra il genitore e il figlio, indica i mezzi di protezione che devono essere apprestati prima, durante e dopo gli incontri e che risultano strettamente necessari per evitare che al figlio derivi un pericolo concreto per la vita o l'incolumità fisica ovvero il rischio di essere sottoposto a minacce o coercizioni. Il giudice indica altresì i mezzi che devono essere apprestati a tutela della sicurezza dell'altro genitore o del familiare che accompagni il figlio per lo svolgimento degli incontri in regime di protezione e, comunque, tutti i mezzi che siano utili per garantire la tutela degli interessati in conformità alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77.
La necessità che gli incontri siano svolti in regime di protezione è nuovamente valutata ogni sei mesi, a istanza del pubblico ministero, di ciascuno dei genitori ovvero del tutore o curatore speciale del minore, se nominato. Il giudice, quando ne ravvisi la necessità, da motivare specificamente, può condizionare la cessazione o l'attenuazione delle cautele di protezione allo svolgimento effettivo e durevole o al completamento, da parte del genitore la cui frequentazione sia sottoposta a limitazioni, di un percorso di assistenza per il contrasto della violenza e l'analisi delle relative cause; in tale caso, il giudice informa il genitore predetto che l'adesione al percorso di assistenza non costituisce riconoscimento di responsabilità per eventuali fatti controversi. Quando non esistano mezzi idonei a tutelare la sicurezza degli interessati, il giudice può vietare lo svolgimento degli incontri ancorché la frequentazione non sia rifiutata dal minore; tale disposizione deve essere rivalutata ogni quattro mesi, a istanza del pubblico ministero, di ciascuno dei genitori ovvero del tutore o curatore speciale del minore, se nominato.
Quando non ricorrono le condizioni di cui al decimo comma, non può essere vietata o in alcun modo inibita la frequentazione tra il figlio e il genitore.
La frequentazione tra il figlio e il genitore può essere interrotta, prima che intervenga un provvedimento del giudice, soltanto se ciò sia strettamente necessario a preservare la vita o l'incolumità fisica del minore, dell'altro genitore o di altro familiare convivente con il minore ovvero allo scopo di porre termine a coercizioni o minacce nei loro confronti. L'interruzione non può superare la durata strettamente necessaria ad assicurare la protezione dei soggetti indicati al primo periodo. Su istanza del genitore al quale è inibita la frequentazione, il giudice provvede entro sette giorni; l'ingiustificata inosservanza di tale termine può assumere rilievo ai fini delle valutazioni professionali riguardanti il magistrato e ai fini disciplinari. Se il giudice esclude la sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo o accerta che l'interruzione ha avuto durata superiore a quella strettamente necessaria, dispone che i tempi di mancata frequentazione tra il genitore e il figlio siano recuperati quanto prima possibile in misura pari a quella degli incontri o dei periodi di permanenza che sono stati omessi».