PDL 896

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 896

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del
CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO

Modifiche alla legge 23 giugno 1927, n. 1188, in materia di toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei, e alla legge 3 marzo 1951, n. 178, recante istituzione dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana» e disciplina del conferimento e dell'uso delle onorificenze, al fine di vietare la dedicazione di strade, piazze pubbliche e monumenti nonché di consentire la revoca di onorificenze di Stato a esponenti del partito o dell'ideologia fascista e a coloro che la storia abbia riconosciuto responsabili di azioni efferate, crimini di guerra, crimini contro l'umanità, crimini di aggressione e, in generale, per gravi violazioni del diritto internazionale umanitario come Josip Broz Tito

Presentata il 17 febbraio 2023

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Onorevoli Deputati! – La legge n. 30 marzo 2004, n. 92, istituisce il «Giorno del Ricordo» per «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
L'atroce pagina storica del territorio del confine orientale – teatro delle efferatezze subite dagli italiani, vittime di negazione di diritti e di ogni forma di violenza, fino all'assassinio di massa – per suo disegno, modalità di esecuzione e dimensioni è considerata come caso di pulizia etnica.
Fu per primo il Presidente della Repubblica Napolitano, nel 2007, ad affermare che le foibe furono «vera e propria pulizia etnica» subita dagli italiani a Trieste ed altrove durante l'occupazione del Governo di Tito e a ribadire la medesima posizione l'anno successivo, forte della condivisione da parte dell'Unione europea e a dispetto delle reazioni inconsulte della Croazia.
La storia della frontiera orientale fu fra le più eloquenti e laceranti della seconda guerra mondiale e del dopoguerra ed ha subìto, rispetto all'opinione pubblica nazionale e alla stessa storiografia, una lunga congiura del silenzio, soprattutto per ragioni di opportunità politica e di strategie internazionali legate alla guerra fredda tra le due potenze principali emerse vincitrici dalla seconda guerra mondiale: gli Stati Uniti d'America e l'Unione Sovietica.
In occasione del Giorno del Ricordo 2018, il Presidente della Repubblica Mattarella, osservando come «per troppo tempo questa tragedia è stata dimenticata», ha ribadito come essa sia stata un fatto di pulizia etnica, frutto di nazionalismo estremo, odio etnico e violenza ideologica eretta a sistema, «scatenato dalla violenza del comunismo titino». Pulizia etnica che provocò anche l'esodo di migliaia di profughi.
Che la persecuzione e gli eccidi di cui fu vittima la comunità italiana del confine orientale siano totalmente da ascriversi alla responsabilità del maresciallo Tito, delle sue milizie e del regime comunista titino è dunque fatto storico finalmente incontestato.
Tuttavia, per incomprensibili e ricorrenti contraddizioni di questo strano nostro Paese, vi sono ancora vie di città italiane intitolate a Tito, come ad altri personaggi cui la storia ha riconosciuto responsabilità criminali verso il genere umano.
Così come ancora oggi Broz Josip Tito risulta ufficialmente decorato come Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica italiana, titolare altresì del Gran cordone, il più alto riconoscimento conferibile in Italia.
Fu il 2 ottobre 1969 che il Capo dello Stato Giuseppe Saragat concesse a Tito la più alta onorificenza, per sigillare accordi commerciali allora assunti con la Jugoslavia. A quel riconoscimento ne seguirono altri nel tempo, a Tito ed ai suoi uomini più fidati, come Mija Ribicic, Cavaliere di Gran Croce, già alto ufficiale della polizia segreta contro gli italiani, e come l'ammiraglio Franjo Rustja, primo assistente al comando del IX Corpus, l'unità di Tito che deportò e fece sparire tanti italiani.
A fronte dell'imbarazzante inerzia del nostro Stato, rispetto al dovere di rimuovere e vietare l'intitolazione di strade e monumenti a criminali della storia, nonché di porre fine alla vergogna di stridenti riconoscimenti ed onorificenze, è stata assunta più di un'azione da parte di politici ed associazioni di esuli. Inutilmente.
La presente iniziativa legislativa intende dunque esperire un nuovo tentativo di riparare alla vergogna nazionale, proponendo semplici, logiche modifiche alla legge del 1927 sulla toponomastica statale, nonché a quella del 1951, sulla disciplina del conferimento delle onorificenze. Novelle utili a consentire finalmente l'eliminazione degli ostacoli normativi che si frappongono all'obiettivo di rimuovere dalla memoria storica e collettiva siffatti personaggi.
Quanto alla toponomastica, essa sta nella competenza del comune. Allo Stato residuano esclusivamente poteri di autorizzazione limitati al riscontro dell'assenza di motivi ostativi relativi alla nuova intitolazione della strada o piazza che il comune intende operare. L'articolo 1 della legge 23 giugno 1927, n. 1188, dispone che l'attribuzione della denominazione a nuove strade, piazze pubbliche, monumenti, lapidi o altri ricordi permanenti da parte dei comuni è subordinata all'autorizzazione del prefetto, in ragione delle sue valutazioni di merito.
L'unico limite attualmente previsto dalla norma, quanto all'esercizio del potere autorizzatorio, è quello temporale, consistente nell'impossibilità di dedicare strade, piazze pubbliche, monumenti, lapidi e così via, a persone che non siano decedute da almeno dieci anni. Il nostro ordinamento, dunque, attualmente, non dispone anche l'espresso divieto di intestare toponomastica e monumenti a coloro che si sono macchiati di gravi crimini giudizialmente accertati o storicamente riconosciuti. Pertanto, allo stato, spetta alla sola discrezionalità del prefetto valutare o meno l'opportunità di autorizzare l'intestazione, fermo restando l'unico limite espresso dalla legge, quello, per l'appunto, di natura temporale.
Si propone pertanto, con questa proposta di legge (articolo 1) una modifica alla legge 23 giugno 1927, n. 1188, per introdurre il divieto di intestare strade, piazze pubbliche, monumenti, lapidi o simboli materiali permanenti a coloro cui siano state storicamente riconosciute responsabilità politiche e di Governo per fatti qualificabili come azioni efferate, crimini di guerra e crimini contro l'umanità o che, per le stesse responsabilità, abbiano subìto una condanna giudiziale.
L'ulteriore modifica che si introduce ha ad oggetto la legge 3 marzo 1951, n. 178, che all'articolo 5 prevede la revoca per indegnità dell'onorificenza, da disporsi con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta motivata del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dell'Ordine. Poiché l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 458 del 1952, attuativo del citato articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178, disciplina un procedimento di revoca che garantisca al soggetto destinatario del provvedimento la facoltà di difendersi presentando per iscritto sue difese, l'osservanza pedissequa di tale disposizione attuativa ha, ad oggi, impedito la revoca per indegnità di onorificenze a chi – poiché deceduto – non sia in grado di avvalersi della facoltà di produrre memorie scritte a sua difesa, secondo il procedimento previsto dal menzionato articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 458 del 1952. Il che è paradossale e ridicolo.
Con la novella (articolo 2) qui proposta all'articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178, si specifica, dunque, che la revoca possa operare quand'anche le ragioni dell'indegnità si rendano evidenti successivamente alla morte e consistano in responsabilità politiche e di Governo per fatti qualificabili come azioni efferate, crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Si dispone, infine, che, a tal fine, sia adattato l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 458 del 1952.

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PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA REGIONALE

Art. 1.
(Modifica alla legge 23 giugno 1927, n. 1188, in materia di toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei)

1. Dopo l'articolo 4 della legge 23 giugno 1927, n. 1188, sono inseriti i seguenti:

«Art. 4-bis. – 1. È fatto divieto a qualsiasi amministrazione comunale, di dedicare strade, piazze pubbliche, monumenti, lapidi o simboli materiali permanenti a coloro cui siano state storicamente riconosciute responsabilità politiche e di Governo per fatti qualificabili come azioni efferate, crimini di guerra, crimini contro l'umanità, crimini di aggressione e, in generale, per gravi violazioni del diritto internazionale umanitario o che, per le stesse responsabilità, abbiano subito una condanna giudiziale.
Art. 4-ter. – 1. È in ogni caso vietata l'intitolazione di strade, piazze e altri luoghi o edifici pubblici a esponenti del partito o dell'ideologia fascista. Il divieto di cui al presente articolo si applica in ogni caso in relazione a coloro che hanno ricoperto ruoli dirigenziali nel Partito nazionale fascista o nel Partito fascista repubblicano, ovvero che hanno rivestito cariche politiche, istituzionali o dirigenziali nella Repubblica sociale italiana.
Art. 4-quater. – 1. Le amministrazioni comunali procedono alla modificazione delle denominazioni di strade e piazze pubbliche ed alla rimozione di monumenti, lapidi o simboli materiali permanenti che contravvengano al divieto di cui all'articolo 4-bis e 4-ter».

Art. 2.
(Modifica alla legge 3 marzo 1951, n. 178, recante istituzione dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana» e disciplina del conferimento e dell'uso delle onorificenze, e prescrizioni ai fini dell'attuazione della modifica)

1. All'articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178, dopo la parola: «indegno» sono aggiunte le seguenti: «, quand'anche le ragioni dell'indegnità si rendano evidenti successivamente alla sua morte e consistano in responsabilità politiche e di Governo per fatti qualificabili come azioni efferate, crimini di guerra e crimini contro l'umanità».
2. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate all'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1952, n. 458, secondo le procedure di cui all'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, le modifiche necessarie ad adeguarlo alle disposizioni di cui al comma 1.

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