PDL 839

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 839

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
QUARTINI, AMATO, ASCARI, CHERCHI, GIULIANO, MORFINO, ONORI, PAVANELLI

Modifiche alla legge 29 luglio 1975, n. 405, in materia di organizzazione e funzioni dei consultori familiari

Presentata il 30 gennaio 2023

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Onorevoli Colleghi! – I consultori familiari sono stati istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, una delle leggi italiane che più contraddistingue il livello di civiltà del nostro sistema sanitario e socio-sanitario che, quasi incredibilmente, era riuscito ben oltre quarantacinque anni fa a istituire dei presìdi territoriali di assistenza e di sostegno alle donne e alle famiglie.
Da quel momento ad oggi i valori e la società stessa sono mutati profondamente. Già nel 1978, con l'introduzione operata dalla legge n. 194 del 1978 della possibilità di scegliere, a determinate condizioni, l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), i compiti del consultorio si sono estesi fino a comprendere lo svolgimento del colloquio e del confronto con la donna nonché l'eventuale assistenza nel percorso verso tale intervento, successivamente reso possibile anche attraverso la somministrazione di farmaci, cosiddetta «IVG farmacologica», la cui immissione in commercio è stata autorizzata dalla delibera dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) n. 14 del 30 luglio 2009, a condizione che tale farmaco fosse somministrato in regime di ricovero, come successivamente precisato nelle linee di indirizzo sulla IVG adottate dal Consiglio superiore di sanità in data 18 marzo 2010.
Recentemente, con la determina n. 865 del 12 agosto 2020 dell'AIFA recante modifica delle modalità di impiego del medicinale Mifegyne a base di mifepristone (RU486) sono state superate le precedenti limitazioni contenute nella citata delibera del 2009 e si è previsto che la somministrazione del farmaco e il percorso di IVG possano esser compiuti anche «presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all'ospedale ed autorizzate dalla regione, nonché consultori, oppure day hospital»; conseguentemente è stata emanata la circolare del Ministero della salute del 12 agosto 2020, con la quale sono state aggiornate le Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine.
Inoltre, l'assistenza ai nuclei familiari sempre più eterogenei e frammentati, nell'ambito di un sistema sociale ed economico estremamente difficile, è divenuta anch'essa un vero e proprio banco di prova per i consultori. Pertanto anche l'assistenza psico-sessuale, compresa quella relativa all'identità di genere, il supporto degli adolescenti nel loro percorso di crescita, l'assistenza psicologica nelle problematiche legate all'età (l'accettazione nel gruppo, l'alimentazione, il bullismo a scuola, il sesso e altro), la consulenza e il supporto in menopausa, la tutela delle donne immigrate e dei loro bambini e quella delle donne nell'ambito della violenza di genere sono divenuti ulteriori compiti, fra loro interconnessi, di un'istituzione sempre più moderna, a cui aggiungere ulteriori funzioni su base regionale.
Maggiori e più complessi bisogni, da parte di utenti sempre più eterogenei, rappresentano una sfida a cui i consultori devono essere in grado di rispondere, intercettando le richieste di supporto attraverso una sufficiente diffusione territoriale e capillarità, unita ad una capacità di avvicinare appropriatamente, correttamente e velocemente la persona e di ascoltarla. La sensibilità dei problemi in questione, infatti, fa sì che il rischio di non intercettare e non rispondere bene alle domande, anche indirizzando e seguendo le persone verso corretti percorsi sanitari e sociali, magari in collaborazione con altre strutture sanitarie o socio-sanitarie, possa divenire il pericolo concreto di perdere soggetti già in difficoltà.
Per migliorare i percorsi che i professionisti che operano nei consultori possono compiere, in team, assieme alle persone, occorre diffusione nel territorio ed organizzazione dei consultori.
A tale riguardo, si ricorda che, nel 2010, il Ministero della salute ha pubblicato un rapporto sull'organizzazione e attività dei consultori familiari pubblici in Italia, fornendo a distanza di trentacinque anni una fotografia delle caratteristiche strutturali e organizzative e delle attività dei consultori familiari a livello nazionale e regionale. Il quadro emerso da tale rapporto, peraltro realizzato anche per verificare lo stato di attuazione del progetto obiettivo materno-infantile, di cui al decreto del Ministro della sanità 24 aprile 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 2000, evidenziò che, già all'epoca, nel 43 per cento delle regioni mancavano atti formali relativi al coordinamento o all'integrazione tra il consultorio familiare e altri servizi di I, II e III livello (territoriali od ospedalieri) e che la presenza di un budget vincolato per l'attività dei consultori era prevista nelle aziende sanitarie locali (ASL) di solo sei regioni. Si evidenziava, altresì, una diffusa eterogeneità in riferimento alle strutture e alla composizione qualitativa e quantitativa del personale e delle attività (colloqui prematrimoniali, assistenza alle donne in gravidanza, corsi di educazione sessuale, spazi giovani, screening dei tumori, psicoterapie, interventi per affidi e adozioni, eccetera).
Nel 2019, l'Istituto superiore di sanità (ISS) ha pubblicato i risultati dell'indagine condotta su 1.800 consultori italiani, tra il mese di novembre 2018 e il mese di luglio 2019, nell'ambito del progetto del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie «Analisi delle attività della rete dei consultori familiari per una rivalutazione del loro ruolo con riferimento anche alle problematiche relative all'endometriosi», finanziato e promosso dal Ministero della salute e coordinato dal reparto salute della donna e dell'età evolutiva dell'ISS. Dall'indagine si evince quanto segue:

1) per quanto riguarda la quantità, nel nostro Paese ci sono troppo pochi consultori familiari rispetto ai bisogni della popolazione (1 consultorio ogni 35.000 abitanti sebbene siano raccomandati nel numero di 1 ogni 20.000 abitanti);

2) per quanto riguarda i servizi offerti, oltre il 98 per cento dei consultori familiari partecipanti all'indagine (1.535 su 1.800, di cui 622 al Nord, 382 al Centro e 531 al Sud) lavora nell'ambito della salute della donna. Più del 75 per cento si occupa di sessualità, contraccezione, interruzione volontaria della gravidanza, salute preconcezionale, percorso nascita, malattie sessualmente trasmissibili, screening oncologici e menopausa e post menopausa. L'81 per cento dei consultori familiari (1.226, di cui 504 al Nord, 224 al Centro e 498 al Sud) offre servizi in favore delle coppie, delle famiglie e dei giovani e gli argomenti più trattati sono la contraccezione, la sessualità e la salute riproduttiva, le infezioni e le malattie sessualmente trasmissibili e il disagio relazionale. Tra i consultori familiari che hanno svolto attività nelle scuole il tema più frequentemente trattato è l'educazione affettiva e sessuale (il 94 per cento), seguito dagli stili di vita, dal bullismo e dal cyberbullismo;

3) per quanto riguarda le figure professionali, il ginecologo, l'ostetrica, lo psicologo e l'assistente sociale sono quelle più rappresentate nei consultori, con una grande variabilità in termini di organico tra le regioni. Infatti, prendendo a indicatore il numero medio di ore lavorative settimanali per 20.000 abitanti previste per le diverse figure professionali per rispondere al mandato istituzionale, solo cinque regioni del Nord raggiungono lo standard atteso per la figura dell'ostetrica, due regioni per il ginecologo, sei regioni per lo psicologo e nessuna per l'assistente sociale, che al Sud registra un numero medio di ore settimanali (14) che è quasi il doppio rispetto al Centro (8 ore) e al Nord (9 ore).

Permane, dunque, ad oggi, una sostanziale disomogeneità fra i modelli operativi indicati dalle leggi regionali, accompagnata dall'assenza o dalla precarietà delle figure professionali necessarie a garantire il ruolo sistemico di sostegno delle famiglie, delle donne e dei soggetti vulnerabili che i consultori familiari dovrebbero, invece, garantire. Il tutto, unito ad una insufficiente diffusione dei consultori sul territorio, in modo da essere prossimi alle persone più fragili. Non appare congrua, infatti, neppure la distribuzione dei consultori familiari in riferimento alla diversa densità per unità di popolazione dei servizi consultoriali nelle regioni italiane e, soprattutto, tra Nord, Centro e Sud.
Alla luce della vocazione sociale delle strutture consultoriali, poteva apparire comprensibile un avvio difficoltoso nel contesto del Servizio sanitario nazionale del 1978 a forte connotazione sanitaria ma, a distanza di oltre quaranta anni, alcune difficoltà non appaiono più comprensibili né accettabili tenuto conto dell'evoluzione epidemiologica, che ha spostato l'attenzione dei decisori politici della sanità da un contesto di mera «cura» a un contesto di prevenzione e di sostegno ai bisogni sociali e socio-sanitari della popolazione.
La complessità sociale della salute, la continuità assistenziale e la pressante richiesta di integrazione socio-sanitaria richiedono oggi di ripensare il ruolo dei consultori familiari, accrescendo la loro diffusione, le loro funzioni e il loro personale, oltre che, ovviamente, le risorse, in modo da creare uno standard di riferimento quanto a prossimità e professionalità nell'intercettare la domanda di salute relativa alle loro aree di competenza e gestirla in un percorso multilivello e collaborativo, a rete con le altre strutture del sistema sanitario.
La presente proposta di legge, dunque, come si evince dall'articolo 1, ha come finalità precipua quella di potenziare e di riqualificare l'attività dei consultori familiari nel territorio nazionale, ampliandone e potenziandone gli interventi sociali in favore delle famiglie, nonché di promuovere l'integrazione socio-sanitaria.
Per tali finalità, quindi, all'articolo 2, tra le funzioni dei consultori familiari si introducono anche l'assistenza psicologica e sociale alle famiglie e alle donne, con particolare riferimento al sostegno delle responsabilità genitoriali, alla presenza di disabilità o di patologie gravi; il coordinamento di interventi sanitari e socio-assistenziali per la tutela della salute della donna e della famiglia; la protezione dei minori e del loro corretto sviluppo psico-fisico; la promozione di iniziative di prevenzione e di tutela in caso di violenze, maltrattamenti e abusi sessuali; la mediazione familiare in caso di conflittualità nel nucleo familiare; la prevenzione e il trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili, delle patologie e delle situazioni di disagio che incidono sulla vita sessuale e di relazione, nonché l'informazione sui metodi contraccettivi, il counselling ostetrico sull'aborto farmacologico e chirurgico e l'affiancamento nella pianificazione familiare.
Al fine di garantirne la diffusione si prevede che i consultori familiari o le loro funzioni, costituendo un servizio di base, pubblico e gratuito, devono essere garantiti in maniera vicina alla popolazione. A tal fine, può essere preso ad esempio il sistema basato sul «distretto sociosanitario», di cui al decreto del Ministero della salute 23 maggio 2022, n. 77 «Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale», adottato in quanto necessario per l'attuazione della misura prevista dal PNRR (M6 – C1 – Riforma Reti di prossimità strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale). Il concetto di distretto sociosanitario si è consolidato, in linea con quanto previsto dal PNRR, quale «unità di base della programmazione sanitaria e di salute», e dovrebbe avere un dimensionamento standard di 100.000 abitanti, fermo restando che «come previsto dalla normativa vigente, l'articolazione in distretti della Asl è disciplinata dalla legge regionale, garantendo una popolazione minima di almeno sessantamila abitanti, salvo che la regione/provincia autonoma, in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densità della popolazione residente, disponga diversamente.».
In coerenza con ciò, con le funzioni che il consultorio dovrà svolgere per le persone, con l'esigenza della sua messa in rete e considerata la delicatezza delle materie in questione, i firmatari della presente proposta di legge ritengono che sia necessario un rapporto minimo di un consultorio – o di una struttura con il personale di un consultorio e svolgente le sue funzioni – per ogni 20.000 abitanti nei centri urbani, nonché di un consultorio ogni 10.000 abitanti nelle zone rurali.
La proposta di legge prevede, inoltre, che le regioni stabiliscano i criteri per la programmazione, il funzionamento, la gestione e il controllo del servizio prestato dai consultori familiari, sulla base di specifici princìpi, tra i quali: la rispondenza alle esigenze territoriali, l'organicità all'interno delle ASL, la necessità di garantire la continuità assistenziale attraverso un costante raccordo con i medici di medicina generale e con i pediatri di libera scelta.
La presente proposta di legge stabilisce anche un'adeguata dotazione organica dei consultori familiari, assicurando la presenza di figure professionali non obiettrici di coscienza e in grado di garantire la giusta multidisciplinarità.
Si garantiscono, infine, le necessarie risorse economiche adeguate allo scopo di consentire la realizzazione di un piano di sviluppo del sistema territoriale dei consultori familiari, in conformità alle finalità della presente proposta di legge.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità)

1. La presente legge, in attuazione degli articoli 29, 30, 31, 32 e 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, ha la finalità di potenziare e di riqualificare l'attività dei consultori familiari nel territorio nazionale, ampliandone e potenziandone gli interventi sociali a favore delle famiglie, nonché di promuovere l'integrazione socio-sanitaria.

Art. 2.
(Modifiche alla legge 29 luglio 1975, n. 405, in materia di consultori familiari)

1. Alla legge 29 luglio 1975, n. 405, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1:

1) al primo comma, dopo la lettera a) sono inserite le seguenti:

«a-bis) l'assistenza psicologica e sociale alle famiglie e alle donne, con particolare riferimento al sostegno delle responsabilità genitoriali e alla presenza di disabilità o di patologie gravi;

a-ter) il coordinamento di interventi sanitari e socio-assistenziali per la tutela della salute della donna e della famiglia;

a-quater) la protezione dei minori e il loro corretto sviluppo psico-fisico;

a-quinquies) la promozione di iniziative di prevenzione e di tutela in caso di violenze, maltrattamenti e abusi sessuali;

a-sexies) la mediazione familiare in caso di conflittualità nel nucleo familiare;

a-septies) la prevenzione e il trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili, delle patologie e delle situazioni di disagio che incidono sulla vita sessuale e di relazione, nonché l'informazione sui metodi contraccettivi»;

2) dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti:

«I servizi di assistenza alla famiglia, alla donna e ai minori di cui al primo comma sono assicurati, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, dai consultori familiari, che costituiscono un servizio di base, pubblico e gratuito, nonché un presidio da garantire nell'ambito di ciascun distretto sanitario di cui all'articolo 3-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, con un rapporto minimo di un consultorio ogni 20.000 abitanti nei centri urbani e di un consultorio ogni 10.000 abitanti nelle zone rurali o disagiate per ubicazione, collegamenti, o caratteristiche orografiche.
In ogni caso, i servizi offerti dai consultori devono essere resi disponibili attraverso ramificazioni funzionali del sistema sanitario in grado di garantire quanto previsto dal comma 2»;

b) l'articolo 2 è sostituito dal seguente:

«Art. 2. – 1. Le regioni stabiliscono i criteri per la programmazione, il funzionamento, la gestione e il controllo del servizio prestato dai consultori familiari ai sensi dell'articolo 1, in conformità al principio di massima prossimità possibile ai cittadini e della massima integrazione a rete, nel percorso diagnostico terapeutico e sociale, con il sistema socio sanitario, e conseguentemente nel rispetto dei seguenti princìpi:

a) i consultori familiari operano nel territorio nazionale in base al principio della rispondenza alle esigenze territoriali;

b) i consultori familiari sono istituiti d'intesa con i comuni, in forma singola o associata, quali organismi operativi delle aziende sanitarie locali;

c) i consultori familiari possono essere istituiti anche da istituzioni o enti pubblici e privati che hanno finalità sociali, sanitarie e assistenziali senza scopo di lucro, quali presìdi di gestione diretta o convenzionata delle aziende sanitarie locali;

d) i consultori familiari assicurano le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie necessarie avvalendosi delle aziende sanitarie locali di riferimento, degli ospedali e dei presìdi specialistici;

e) i consultori familiari, anche al fine di garantire la continuità assistenziale, assicurano un costante raccordo con i medici di medicina generale e con i pediatri di libera scelta;

f) i consultori familiari, al fine di accompagnare le fasi di apprendimento dei soggetti da 0 a 6 anni di età, promuovono l'interazione con il sistema educativo dell'infanzia.

2. La regione, tenuto conto delle proposte dei comuni e dei loro consorzi nonché delle esigenze di articolazione territoriale del servizio, redige un programma annuale, approvato dal consiglio regionale, per finanziare l'attività dei consultori familiari che operano ai fini di cui all'articolo 1.
3. Le aziende sanitarie locali, nell'ambito dei propri servizi consultoriali, prevedono l'organizzazione, la qualificazione e lo sviluppo dei servizi di cui all'articolo 1»;

c) all'articolo 3:

1) dopo le parole: «ed assistenza sociale,» sono inserite le seguenti: «scienze dell'educazione e della formazione, scienze infermieristiche e ostetriche,»;

2) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«Nella dotazione organica dei consultori familiari deve comunque essere assicurata la presenza delle seguenti figure professionali, non obiettori di coscienza ai sensi dell'articolo 9 della legge 22 maggio 1978, n. 194:

a) un medico specialista in ginecologia;

b) un medico specialista in pediatria;

c) un medico specialista in psicologia, psicologia clinica o psichiatria;

d) un'ostetrica;

e) un assistente sociale;

f) un mediatore linguistico-culturale;

g) un consulente legale esperto in diritto di famiglia;

h) un infermiere.

Le figure professionali di cui al secondo comma sono tenute a esercitare la propria attività secondo il metodo di lavoro dell'équipe interdisciplinare.
L'organigramma dei consultori familiari prevede la figura di un medico o di uno psicologo quale direttore responsabile»;

d) l'articolo 6 è abrogato.

Art. 3.
(Disposizioni finanziarie)

1. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede mediante l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della salute, di un apposito fondo finalizzato a garantire il funzionamento dei consultori familiari, la cui dotazione finanziaria è determinata ai sensi del comma 3.
2. La dotazione del fondo di cui al comma 1 può essere integrata dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle province, dai comuni o dai consorzi di comuni direttamente o attraverso altre forme stabilite dai medesimi enti.
3. Nell'ambito delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, del Fondo nazionale per le politiche della famiglia e del Fondo sanitario nazionale sono individuate, in fase di riparto delle risorse tra le regioni, mediante intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, risorse pari a 100 milioni di euro da destinare alla realizzazione di un piano di sviluppo del sistema territoriale dei consultori familiari, in conformità alle disposizioni di cui alla presente legge.
4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 4.
(Disposizione transitoria)

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni adottano le norme necessarie per l'attuazione della medesima legge nel territorio di competenza.
2. In sede di prima attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla copertura dei posti delle piante organiche dei consultori familiari situati nel territorio di competenza mediante un'apposita selezione, dando priorità al personale in servizio presso le aziende sanitarie locali e al personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni in possesso delle competenze, dei requisiti professionali e dell'esperienza richiesti per lo svolgimento delle funzioni previste dalle disposizioni di cui alla presente legge.

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