PDL 824

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 824

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati
MORRONE, BELLOMO, BISA, MATONE, SUDANO

Modifiche all'articolo 87 e al titolo IV della parte II della Costituzione in materia di separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura

Presentata il 26 gennaio 2023

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge costituzionale ricalca quella di iniziativa popolare promossa dall'Unione delle camere penali e presentata il 31 ottobre 2017 con 75 mila firme (A.C. 4723 della XVII legislatura e A.C. 14 della XVIII legislatura).
In Italia i magistrati requirenti (pubblici ministeri) e i magistrati giudicanti (giudici di tribunale e corti) appartengono alla stessa carriera, nel senso che sono selezionati da un unico concorso e dei loro trasferimenti e dei loro procedimenti disciplinari si occupa il Consiglio superiore della magistratura. La Costituzione stabilisce che la magistratura è autonoma e indipendente ed è soggetta soltanto alla legge e che i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni.
Con la separazione delle carriere si vorrebbe prescrivere al magistrato di scegliere all'inizio la funzione che intende svolgere, avviando, così, il processo di separazione delle carriere tra giudicanti e requirenti. Il fine è quello di eliminare i condizionamenti che rischiano di corrompere la «terzietà del giudice» e l'«imparzialità della decisione».
La proposta di separare le carriere di giudici e di pubblici ministeri ha prodotto nel tempo diversi equivoci ed è stata spesso inquinata da false prospettive ideologiche e da improprie attribuzioni politiche. È, pertanto, opportuno chiarire il significato che questa idea possiede nel contesto ordinamentale che governa la giustizia e la giurisdizione penale in particolare. Cosa si intende per «separazione delle carriere» e perché tale separazione dovrebbe produrre, nel nostro Paese, un migliore assetto della giustizia penale ed un aumento della qualità della giurisdizione? La separazione delle carriere, come è bene subito precisare, non è un fine ma un mezzo. Si tratta di un obiettivo la cui realizzazione non è più prorogabile perché è inscritto nella nostra Costituzione ed è quello proclamato dall'articolo 111, il quale impone che il giudice sia non solo imparziale ma anche terzo. È terzietà non può che significare appartenenza del giudice ad un ordine diverso da quello del pubblico ministero. I presentatori della presente proposta di legge ritengono che ogni cittadino dovrebbe farsi fautore di un modello di giustizia e di processo penale rispettoso dei diritti e delle garanzie che gli sono propri e misurare la equità delle regole del processo ponendosi la domanda: «io vorrei essere giudicato secondo quelle regole?». La separazione delle carriere serve a rendere il processo penale più equo perché lo assegna ad un giudice terzo. La crisi del diritto e del processo che investe l'intero mondo occidentale assume nel nostro Paese caratteristiche proprie. Se, infatti, nell'intero mondo occidentale il problema è quello della presenza di un giudice che oramai governa con le proprie decisioni non solo i nodi essenziali dei diritti e delle garanzie individuali, ma anche quelli dell'economia, dell'ambiente e dello sviluppo tecnologico, sostituendosi di fatto al ruolo che un tempo esercitava la politica, improvvisando così soluzioni sul caso concreto, in Italia questa espansione si risolve in un duplice problema. Mentre nel mondo occidentale il problema della modernità riguarda il ruolo del giudice nella società, nel nostro Paese il problema è quello di trovare un «giudice» che possa autorevolmente e legittimamente coprire quel ruolo. L'anomalia, nel nostro Paese, è infatti nei rapporti ordinamentali che distorcono in radice gli equilibri giurisdizionali. È nella figura stessa di una magistratura «onnivora» che assimila giudici e pubblici ministeri, che confonde quella che dovrebbe essere la cultura del limite con la lotta ai fenomeni criminali, che tiene innaturalmente unite, in una cultura ibrida e ancipite, l'arbitro e il giocatore.
La modifica dell'articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, introdotta con la legge 17 giugno 2022, n. 71, cosiddetta riforma Cartabia, attua una separazione tendenziale delle carriere analoga a quella già prevista dalla legge delega n. 150 del 2005 e dal relativo decreto legislativo n. 160 del 2006 nella sua prima formulazione, prima della cosiddetta «controriforma» operata con la legge 30 luglio 2007, n. 111. La normativa vigente prevede un solo cambio delle funzioni durante la carriera che, solo ove posto in essere nei primi nove anni di funzioni, non comporta il sorgere di incompatibilità assolute di funzioni (requirente) o di settore (penale), anche nell'ambito della legittimità.
A prescindere dalla costituzionalità della riforma, essa determina comunque numerose difficoltà applicative e incongruenze, quali l'operatività delle incompatibilità anche per le funzioni svolte prima dell'entrata in vigore della legge n. 71 del 2022 e fino al primo cambio di funzioni o trasferimento ad altro ufficio, nonché in tutti i casi di trasferimento o applicazione d'ufficio. Si impone pertanto un'interpretazione costituzionalmente orientata che tuteli l'affidamento dei magistrati in servizio a poter effettuare le proprie scelte professionali senza che la novella abbia effetti retroattivi, nonché che eviti le criticità organizzative degli uffici e del Consiglio superiore della magistratura derivanti dall'impossibilità di assegnare a determinare funzioni o settori i magistrati non su domanda, determinando con loro pregiudizio la successiva impossibilità di accesso alle diverse funzioni o al medesimo settore.
L'ipotetica inidoneità a svolgere le funzioni giudicanti penali da parte del pubblico ministero o, all'opposto, le funzioni requirenti da parte del giudice penale, non è ragionevolmente perseguita, posto che le incompatibilità previste sono collegate al momento del cambio di funzione, piuttosto che alla durata delle pregresse funzioni esercitate; analogamente l'ulteriore ratio, sottesa alla novella, dell'alimentare una percezione di estraneità reciproca tra giudici e pubblici ministeri risulta frustrata dall'identità di status di tutti i magistrati, appartenenti al medesimo ordine e soggetti al comune governo autonomo, costituzionalmente garantita.
Conclusivamente, le modifiche dell'articolo 13 sollevano dei dubbi di costituzionalità che richiedono un approfondimento a parte; creano numerose incertezze interpretative e, inoltre, pongono notevoli difficoltà alla organizzazione degli uffici e alla politica consiliare dei trasferimenti orizzontali e verticali. Appare urgente, pertanto, un ricorso da parte del Consiglio superiore della magistratura ai suoi poteri paranormativi, che rispetti tanto il dettato legislativo della riforma recentemente approvata quanto la morfologia costituzionale delle carriere e delle funzioni dei magistrati, quale garante dell'unitarietà della magistratura prevista dall'articolo 104 della Costituzione, dell'indipendenza del pubblico ministero, nonché responsabile dell'organizzazione generale degli uffici giudiziari.
Va osservato, inoltre, come sia di tutta evidenza che le scelte che si effettuano nell'esercizio dell'azione penale e nell'uso dei mezzi di indagine siano, per loro natura, scelte di grande rilievo politico. Dal loro concreto esercizio dipende non solo l'effettiva protezione di valori che riguardano la libertà e la dignità dei cittadini, ma anche la definizione di una rilevantissima parte delle scelte di politica criminale relative alla repressione dei fenomeni delittuosi e, quindi, anche l'efficacia complessiva dell'azione repressiva. È una discrezionalità che, a differenza degli altri Paesi democratici, viene da noi esercitata in piena indipendenza da chi in nessun modo può essere chiamato, neppure indirettamente, a rispondere delle scelte politiche sia pur privo di qualsivoglia potere di rappresentanza.
Paradossalmente, quindi, proprio l'obbligatorietà dell'azione penale, che era stata voluta dal nostro Costituente per tutelare il valore dell'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, è divenuta il principale impedimento alla possibilità di rendere quella tutela effettiva. Se l'obbligatorietà dell'azione penale è un valore da salvaguardare, la sua concreta modulazione deve essere però affidata alla legge ordinaria. Poiché non è possibile perseguire tutti i reati, anche in ragione dell'accrescere del penalmente rilevante, dovrà essere la legge a stabilire forme e priorità dell'esercizio dell'azione penale.
Le ragioni sopra esposte si traducono nella proposta di legge con la modifica degli articoli 104, 105, 106, 107, 110 e 112 della Costituzione, con l'aggiunta degli articoli 105-bis e 105-ter. Sono, altresì, modificate, nella parte II della Costituzione, le rubriche del titolo IV e delle sezioni I e II.
La proposta di legge intende, dunque, in primo luogo riformare l'assetto costituzionale delineato dalla sezione I del titolo IV della Costituzione, prevedendo due distinti organi di governo della magistratura: uno per la magistratura giudicante e uno per la magistratura requirente, senza alcuna subordinazione o dipendenza dal potere esecutivo. La finalità della riforma non è, infatti, quella di porre la magistratura requirente nella sfera di influenza del potere esecutivo, bensì quella di assicurarne la piena autonomia, garantendo però al contempo l'effettiva autonomia della magistratura giudicante, attraverso una sua separata e ben distinta collocazione ordinamentale. L'articolo 104 viene modificato con l'espressa previsione che l'ordine giudiziario è costituito dalla magistratura giudicante e dalla magistratura requirente, governate da due distinti Consigli superiori. I pubblici ministeri continueranno, quindi, ad essere magistrati e a godere delle garanzie di autonomia e indipendenza proprie dei magistrati, ma apparterranno ad un ordine giudiziario distinto da quello dei giudici.
Coerentemente con tale previsione l'articolo 106, in base alle modifiche proposte, prevede che i magistrati giudicanti e requirenti siano nominati in base a concorsi separati. Al fine di scongiurare che, da organi autonomi e indipendenti di governo della magistratura, i Consigli superiori della magistratura giudicante e requirente operino quali organismi corporativi ed autocratici, ne è mutata la composizione.
La modifica dell'articolo 104 sul Consiglio superiore della magistratura giudicante, nel mantenere quali componenti di diritto il Presidente della Repubblica ed il primo presidente della Corte di cassazione, dispone che gli altri componenti siano scelti per la metà tra i giudici ordinari e per l'altra metà dal Parlamento in seduta comune, tra i professori ordinari in materie giuridiche e gli avvocati con quindici anni di esercizio della professione.
L'articolo 105-bis riguarda il Consiglio superiore della magistratura requirente, del quale sono componenti di diritto il Presidente della Repubblica e il procuratore generale della Corte di cassazione. La restante parte è delineata con le medesime proporzioni del Consiglio superiore della magistratura giudicante, salvo che la componente togata è scelta tra i pubblici ministeri ordinari. Ad entrambi gli organismi spettano le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni dei magistrati che da loro dipendono, nonché i provvedimenti disciplinari.
L'articolo 112, regolante l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, è modificato con la previsione che essa è esercitata nei casi e secondo i modi previsti dalla legge.

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

1. Al decimo comma dell'articolo 87 della Costituzione, dopo le parole: «Presiede il Consiglio superiore della magistratura» sono aggiunte le seguenti: «giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente».

Art. 2.

1. La rubrica del titolo IV della parte seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: «L'ordine giudiziario».
2. La rubrica della sezione I del titolo IV della parte seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Ordinamento dei magistrati».
3. La rubrica della sezione II del titolo IV della parte seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Norme per la giurisdizione».

Art. 3.

1. L'articolo 104 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 104. – L'ordine giudiziario è costituito dalla magistratura giudicante e dalla magistratura requirente ed è autonomo e indipendente da ogni altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura giudicante è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Ne fa parte di diritto il Primo presidente della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono scelti per la metà tra i giudici ordinari con le modalità stabilite dalla legge e, per l'altra metà, dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo quindici anni di esercizio. Durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale o provinciale o comunale ovvero di un ente di diritto pubblico».

Art. 4.

1. L'articolo 105 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 105. – Spettano al Consiglio superiore della magistratura giudicante, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici. Altre competenze possono essere attribuite solo con legge costituzionale».

Art. 5.

1. Dopo l'articolo 105 della Costituzione, come sostituito dall'articolo 4 della presente legge costituzionale, è inserito il seguente:

«Art. 105-bis. – Il Consiglio superiore della magistratura requirente è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Ne fa parte di diritto il Procuratore generale della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono scelti per la metà tra i pubblici ministeri ordinari con le modalità stabilite dalla legge e, per l'altra metà, dal Parlamento in seduta comune tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo quindici anni di esercizio. Durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti agli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale o provinciale o comunale ovvero di un ente di diritto pubblico.
Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento».

Art. 6.

1. Dopo l'articolo 105-bis della Costituzione, introdotto dall'articolo 5 della presente legge costituzionale, è inserito il seguente:

«Art. 105-ter – Spettano al Consiglio superiore della magistratura requirente, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati requirenti. Altre competenze possono essere attribuite solo con legge costituzionale».

Art. 7.

1. Il primo comma dell'articolo 106 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Le nomine dei magistrati giudicanti e requirenti hanno luogo per concorsi separati».

2. Il terzo comma dell'articolo 106 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«La legge può prevedere la nomina di avvocati e di professori ordinari di università in materie giuridiche a tutti i livelli della magistratura giudicante».

Art. 8.

1. Al primo comma dell'articolo 107 della Costituzione, dopo le parole: «I magistrati» sono inserite le seguenti: «giudicanti e requirenti», dopo le parole: «se non in seguito a decisione» è inserita la seguente: «rispettivamente» e dopo le parole: «del Consiglio superiore della magistratura» sono inserite le seguenti: «giudicante o del Consiglio superiore della magistratura requirente».
2. Il terzo comma dell'articolo 107 della Costituzione è abrogato.

Art. 9.

1. All'articolo 110 della Costituzione, dopo le parole: «Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura» sono inserite le seguenti: «giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente».

Art. 10.

1. All'articolo 112 della Costituzione, dopo le parole: «Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale» sono aggiunte le seguenti: «nei casi e nei modi previsti dalla legge».

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