PDL 787

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                Capo II
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                Capo III
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                Capo IV
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                Capo V
                        Articolo 14
                        Articolo 15

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 787

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
BONELLI, ZARATTI, ZANELLA, FRATOIANNI, EVI, BORRELLI, DORI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI

Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo e la rigenerazione urbana nonché delega al Governo per l'introduzione di misure fiscali agevolative

Presentata il 19 gennaio 2023

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Onorevoli Colleghi! — Le conseguenze drammatiche degli eventi pluviometrici estremi che hanno coinvolto negli ultimi anni alcune regioni del Paese hanno ricondotto all'attenzione dell'opinione pubblica il problema della tutela e della manutenzione del suolo. Una consapevolezza che tende purtroppo rapidamente a sbiadire dopo tali episodi e che non ha ancora prodotto politiche territoriali in grado di assumere la questione fondamentale che la conservazione del suolo svolge, non solo per la funzione produttiva agricola, ma anche per una corretta regolazione del ciclo dell'acqua e della conservazione della biodiversità, funzioni compromesse irrimediabilmente dalle pressioni antropiche.
Il fenomeno del consumo di suolo ha dimensioni globali ed è monitorato da alcuni anni, con attenzione, anche dalle istituzioni internazionali. La crescita della popolazione urbana su scala mondiale segna un trend che registra il passaggio, nel ristretto arco temporale di un secolo dal dopoguerra alle previsioni per il 2050, dei residenti nelle aree urbanizzate da circa un terzo della popolazione a oltre il doppio, con sei dei nove miliardi di abitanti stimati al termine della proiezione che vivranno nella nuova dimensione della diffusione urbana.
L'Unione europea, con la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per la protezione del suolo (COM(2006)232), ha tracciato un orientamento in base al quale il suolo deve essere protetto, così come le altre matrici ambientali, in primo luogo dai fenomeni di impermeabilizzazione e in quanto riserva di carbonio. Alcuni Stati membri hanno del resto già adottato misure di prevenzione, come la Germania che ha fissato un target decrescente di consumo che, partendo da una media di 30 ettari al giorno, dovrà giungere all'azzeramento entro il 2050. Eurostat conduce inoltre un monitoraggio sul consumo di suolo in atto nei Paesi membri dell'Unione europea che colloca l'Italia abbondantemente al di sopra della media europea, con una percentuale di aree artificiali e cementificate che supera il 7 per cento. Tra il 2006 e il 2021 il nostro Paese ha perso 1.153 chilometri quadrati di suolo naturale o semi-naturale, con una media di 77 chilometri quadrati all'anno a causa principalmente dell'espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali che, rendendo il suolo impermeabile, oltre all'aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di euro annui.
I dati ufficiali sul fenomeno del consumo di suolo sono raccolti in Italia dall'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA), facente capo al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica. Il consumo di suolo in Italia continua a crescere, come confermato dai dati più recenti relativi al Rapporto «Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici», presentato il 16 luglio 2022. Con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 chilometri quadrati di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la regione Liguria, riguarda i soli edifici che rappresentano il 25 per cento dell'intero suolo consumato.
Le elaborazioni condotte dall'Istituto nazionale di statistica sulle basi territoriali e riportate nei rapporti annuali del medesimo Istituto consentono inoltre un'efficace descrizione delle dinamiche di trasformazione del suolo in atto e della loro localizzazione. Oltre alle aree «storiche» di edificazione che coincidono con i sistemi urbani esistenti, si osserva chiaramente la diffusione di sistemi insediativi periurbani caratterizzati da bassa densità e commistione disordinata di residenze e attività produttive, con tendenza a saturare gli spazi disponibili su superfici molto estese.
È il caso della conurbazione che interessa la pianura padana nel triangolo veneto-lombardo-romagnolo, con una propaggine lineare lungo la costa adriatica fino alla regione Marche, e del consistente aggregato territoriale, con elevati tassi di consumo di suolo, che si va formando fra Roma e Napoli con la tendenza alla saldatura delle due aree metropolitane. Il fenomeno viene definito a livello internazionale come urban sprawl, ossia uno sviluppo urbano alternativo che si caratterizza per una «esplosione» incontrollata della città verso l'esterno.
Un modello di espansione delle grandi aree urbane caratterizzato da bassa densità demografica, a scapito delle aree agricole, e determinato per lo più dalla dispersione dell'edilizia abitativa, delle infrastrutture e degli stabilimenti produttivi in forma di «periferia diffusa» che si spalma sul territorio, dando origine a fenomeni insediativi con forte impatto sul suolo e privi di identità. La principale ricaduta ambientale è l'eccessivo consumo di suolo che può avvenire attraverso l'impermeabilizzazione (in seguito alla copertura con materiali impermeabili artificiali come il cemento), attraverso la rimozione totale del suolo (causata dall'escavazione), o attraverso fenomeni come la compattazione o contaminazione (causati, ad esempio, dal passaggio di mezzi di trasporto o dalla presenza di depositi permanenti).
In una prospettiva di crescita della popolazione urbana, di eventi climatici estremi sempre più frequenti e violenti e di necessità di ridurre le emissioni di anidride carbonica, la scelta di sottrarre suolo destinabile alla produzione di cibo, al contenimento del dissesto idrogeologico e alla preziosa funzione di serbatoio di carbonio a favore dell'espansione urbana è estremamente pericolosa. Inoltre, il consumo di suolo incontrollato è anche indissolubilmente legato al cambiamento climatico. Questo perché il suolo in condizioni naturali fornisce numerosi servizi cosiddetti ecosistemici: permette infatti di produrre cibo, regola il clima e la qualità dell'acqua, mitiga i fenomeni idrologici estremi, facilita il controllo dell'erosione e della decomposizione della materia organica. È anche un serbatoio di carbonio, ha un ruolo centrale nel mantenere e conservare la biodiversità e funge da habitat per flora e fauna. In breve, tante funzioni preziose concentrate in una risorsa così vulnerabile, potenzialmente a rischio se consumata in modo incontrollato e irresponsabile.
Non depone a favore di una razionale gestione del suolo nel nostro Paese una disciplina urbanistica datata, storicamente carente e ulteriormente indebolita, a partire dagli anni Novanta, dalle procedure in deroga degli strumenti di programmazione territoriale. La pratica degli accordi di programma, dei piani integrati e dei molteplici istituti che consentono di derogare la pianificazione generale è ormai divenuta prassi amministrativa, spianando la strada a forme di deregolamentazione sempre più spinte nei processi di trasformazione urbana.
Oggi ci troviamo sempre più alla presenza di «città deliranti», ovvero città all'interno delle quali si assiste da un lato alla continua espansione senza limiti di consumo del suolo, cosiddetto «greenfield», e dall'altro all'aumento delle aree urbane dismesse, cosiddetto «brownfield», all'interno delle città stesse, le quali versano in totale stato di abbandono e degrado sia nei centri storici e urbani sia nelle periferie. Lo stesso termine periferia ha perso il suo originario significato topografico di area urbana posta al limite esterno della parte centrale della città ed ha assunto sempre più una connotazione di tipo socio-economica, per cui oggi quando si parla di periferia si pensa molto più genericamente ad un'area, anche centrale, soggetta però a degrado ed abbandono.
È evidente che le conseguenze di tale modello sono gravi tanto a livello ambientale, quanto a livello economico, sociale e culturale. A città che si sono via via «allargate nel territorio» corrispondono infatti «comunità spaesate e impaurite». La perdita dei luoghi che caratterizzano la vita delle comunità ha, infatti, un impatto negativo diretto sulle comunità stesse. È sotto gli occhi di tutti che lo spopolamento delle città, accompagnato da fenomeni di gentrificazione riguarda ormai buona parte dei centri storici delle città italiane.
Va dunque superato definitivamente un approccio urbanistico-espansivo e va intrapresa con decisione una nuova visione urbanistico-rigenerativa dei nostri tessuti urbani, una nuova cultura della sostenibilità ambientale, che tenga insieme sia le politiche urbane di mitigazione che le politiche urbane di adattamento, ovvero, mentre si riducono le emissioni nocive allo stesso tempo si adattano gli spazi urbani agli effetti del cambiamento climatico in atto.
La presente proposta di legge muove dunque dall'assunto che il suolo debba essere considerato un «bene comune» e una risorsa preziosa per il futuro e che occorra dedicare la massima attenzione alle condizioni concrete di sviluppo delle attività che hanno un impatto sulla conservazione e sulla qualità dei suoli, per consentirne un'adeguata tutela e riproduzione. Un obiettivo che si deve perseguire da una parte ponendo un fermo limite al consumo di suolo e dall'altra promuovendo e incentivando processi di riuso e rigenerazione da realizzare prioritariamente nelle aree già urbanizzate degradate da riqualificare, avendo l'ambizione di garantire una nuova qualità e una sostenibilità della vita stessa dei cittadini all'interno degli agglomerati urbani.
Il provvedimento si compone di cinque capi suddivisi in quattordici articoli.
Nel capo I (articoli 1 e 2) sono previste le finalità, i princìpi fondamentali e le definizioni in materia di riduzione del consumo di suolo e di rigenerazione urbana.
L'articolo 1 indica le finalità generali della legge e gli obiettivi di carattere generale che la disciplina proposta mira a perseguire.
L'articolo 2 reca le definizioni utilizzate nella legge.
Nel capo II (articoli 3, 4 e 5) sono contenute le disposizioni in materia di consumo di suolo e riuso.
L'articolo 3 stabilisce il limite al consumo di suolo e le modalità per pervenire a tale risultato, nonché le competenze in materia di monitoraggio del consumo di suolo.
L'articolo 4 definisce la priorità del riuso del patrimonio edilizio esistente.
L'articolo 5 istituisce il registro degli enti locali nei cui strumenti urbanistici non è previsto consumo di suolo o è prevista una riduzione del consumo di suolo superiore alla percentuale fissata ai sensi dell'articolo 3.
Nel capo III (articoli 6 e 7) sono previste le disposizioni in materia di rigenerazione urbana.
L'articolo 6 fissa gli obiettivi generali della rigenerazione urbana, quale strumento fondamentale di trasformazione, sviluppo e governo del territorio senza consumo di suolo.
L'articolo 7 individua i compiti e le funzioni dei soggetti istituzionali responsabili della rigenerazione urbana.
Nel capo IV (articoli da 8 a 13) vengono individuati gli strumenti della rigenerazione urbana.
L'articolo 8 stabilisce i contenuti e le modalità di approvazione del programma di rigenerazione urbana quale strumento teso a riqualificare il contesto urbano in situazione di criticità e di degrado e a recuperare e riqualificare gli ambiti, i complessi edilizi e gli edifici dismessi o inutilizzati al fine del miglioramento delle condizioni abitative, sociali, economiche, ambientali, culturali e paesaggistiche dei tessuti urbani.
L'articolo 9 definisce i processi partecipativi delle comunità locali ai processi di formazione e attuazione degli interventi di rigenerazione urbana.
L'articolo 10 definisce i criteri e le modalità di realizzazione del Piano del verde e delle superfici urbane libere, che deve essere adottato da ciascun comune.
L'articolo 11 riguarda il divieto di mutamento di destinazione d'uso per le superfici libere censite nell'anagrafe delle aziende agricole per le quali siano stati erogati contributi dell'Unione europea nell'ambito della politica agricola comune.
L'articolo 12 reca la disciplina degli interventi privati di rigenerazione urbana.
L'articolo 13 individua casi di esclusione della rigenerazione.
Nel capo V (articoli 14 e 15) vengono, infine, previste norme di carattere economico e fiscale.
L'articolo 14 prevede che i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, siano destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione, all'adeguamento e alla razionalizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, che non comportano nuovo consumo di suolo e a interventi di riuso e rigenerazione urbana.
L'articolo 15 prevede una delega al Governo e altre disposizioni concernenti misure fiscali agevolative per favorire gli interventi di rigenerazione urbana.

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
FINALITÀ E DEFINIZIONI

Art. 1.
(Finalità e obiettivi)

1. La presente legge, in coerenza con gli articoli 9, 41, 44 e 117 della Costituzione, con la Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 14, e con gli articoli 11 e 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, detta princìpi fondamentali per la valorizzazione sostenibile e la tutela del suolo, con particolare riguardo alle superfici agricole, naturali e semi-naturali, al fine di promuovere e tutelare il paesaggio, l'ambiente e l'attività agricola, nonché di arrestare il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici, anche in funzione della prevenzione degli eventi di dissesto idrogeologico, delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici e della riduzione dei fenomeni che causano erosione e perdita di materia organica e di biodiversità.
2. La salvaguardia del territorio non urbanizzato è parte della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
3. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1 la presente legge individua i seguenti obiettivi:

a) favorire il riuso edilizio e la rigenerazione urbana di aree già urbanizzate, in particolare di aree con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti;

b) migliorare la permeabilità dei suoli tramite il principio della invarianza idraulica, anche al fine della mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici nelle città, come gli eventi pluviometrici estremi, favorendo il riequilibrio ambientale, la sostenibilità ecologica, la presenza di aree verdi e il rimboschimento;

c) recuperare e rivitalizzare gli ecosistemi, migliorandone i servizi e la biodiversità, attraverso l'uso e il potenziamento delle infrastrutture verdi, di cui alla comunicazione della Commissione europea «Infrastrutture verdi — Rafforzare il capitale naturale in Europa» (COM(2103)249 final), e di forestazione urbana, funzionali ai sistemi di adattamento climatico e di contrasto all'inquinamento ambientale;

d) individuare le principali minacce che incombono sulla risorsa del suolo e che ne determinano la perdita e predisporre misure finalizzate a prevenire e ridurre il consumo e il degrado dei suoli, tutelando e valorizzando in modo sostenibile le loro funzioni;

e) riportare i suoli degradati a un livello di funzionalità corrispondente alla loro naturale potenzialità attraverso interventi di rinaturalizzazione, de-impermeabilizzazione o bonifica del suolo degradato, secondo il criterio di «saldo zero» del consumo di suolo;

f) indirizzare lo sviluppo territoriale verso strumenti di governo che favoriscano la destinazione agricola, l'utilizzo agroforestale dei suoli agricoli abbandonati, la conservazione delle condizioni di naturalità o semi-naturalità delle aree libere urbane, tutelando i suoli integri dal punto di vista della funzionalità e dei servizi ecosistemici, anche promuovendo misure volte a disincentivare l'abbandono delle coltivazioni, a sostenere il recupero produttivo, la rigenerazione delle aree agricole dismesse od obsolete, il ricambio generazionale in agricoltura e lo sviluppo dell'imprenditorialità agricola giovanile.

Art. 2.
(Definizioni)

1. Ai fini della presente legge, si intende:

a) per «suolo»: lo strato superficiale della crosta terrestre, formato da particelle minerali, materia organica, acqua, aria e organismi viventi;

b) per «consumo di suolo»: l'incremento della superficie libera trasformata dovuta a interventi di impermeabilizzazione, realizzazione dentro e fuori terra di costruzioni o infrastrutture, escavazione, asportazione o compattazione, modifica o perdita della superficie naturale o semi-naturale a seguito di contaminazione, inquinamento o degrado. Il cambiamento della natura del suolo mediante interventi di copertura con materiale artificiale tali da eliminarne o ridurne la permeabilità, cosiddetto «consumo di suolo permanente», o per effetto della compattazione dovuta alla presenza di infrastrutture, manufatti e depositi permanenti di materiale, delle altre trasformazioni i cui effetti sono più facilmente reversibili, quali impianti fotovoltaici a terra, aree estrattive non ri-naturalizzate, aree di cantiere, e delle trasformazioni in cui la sola rimozione della copertura ripristina le condizioni iniziali del suolo, cosiddetto «consumo di suolo reversibile»;

c) per «territorio non urbanizzato»: le aree naturali o in condizioni di prevalente naturalità o semi-naturalità, anche in ambito urbano o periurbano, le aree ad uso agricolo, forestale, pascolativo e le aree incolte o in abbandono;

d) per «impermeabilizzazione»: il cambiamento della natura del suolo mediante interventi antropici di copertura artificiale tali da eliminarne o ridurne la permeabilità;

e) per «rigenerazione urbana»: azioni di trasformazione urbana ed edilizia in ambiti urbani, su aree e complessi edilizi, prioritariamente su quelli caratterizzati da degrado urbanistico, edilizio, ambientale o socio-economico, che non determinino nuovo consumo di suolo, finalizzati alla sostituzione, al riuso e alla riqualificazione dell'ambiente costruito in un'ottica di sostenibilità ambientale, di riduzione del consumo di suolo, di innalzamento del potenziale ecologico e ambientale degli edifici, di riduzione dei consumi idrici ed energetici, di realizzazione di servizi primari e secondari e di reti materiali e immateriali;

f) per «ambiti urbani»: porzione di territorio urbanizzato caratterizzata prevalentemente da situazione di criticità o di degrado, con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché di complessi edilizi e di edifici in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati sulle quali sono indirizzati i programmi di rigenerazione urbana;

g) per «mitigazione»: un insieme coordinato di azioni tese a mantenere o migliorare le funzioni ecosistemiche del suolo, a minimizzare gli effetti di frammentazione delle superfici, naturali o semi-naturali, nonché a ridurre gli effetti negativi diretti o indiretti sull'ambiente, sulle attività agro-silvo-pastorali, sul paesaggio, sull'assetto idrogeologico e sul benessere umano;

h) per «compensazione ambientale»: l'adozione di misure dirette a recuperare, ripristinare o migliorare le funzioni ecosistemiche di una superficie già impermeabilizzata, attraverso la sua de-impermeabilizzazione e il recupero delle condizioni di naturalità;

i) per «isola di calore»: l'accumulo di calore causato, nelle aree urbane, dalla prevalenza della cementificazione rispetto alle aree verdi, dalla concentrazione di emissioni degli autoveicoli, degli impianti industriali e dei sistemi di riscaldamento e di aria condizionata ad uso domestico e dalla riduzione degli effetti eolici refrigeranti causata dell'edificazione;

l) per «degrado urbano»: le aree e i complessi edilizi caratterizzati da abbandono, povertà e fragilità sociale, sottoutilizzazione o sovraffollamento degli immobili esistenti o, comunque, di impropria o parziale utilizzazione degli stessi, connotati da condizioni di compromissione degli equilibri ecosistemici dovute a inquinamento, antropizzazione, squilibri degli habitat, mancata manutenzione del territorio ovvero da situazioni di rischio individuati dagli strumenti di pianificazione;

m) per «centri storici e agglomerati urbani di valore storico»: i nuclei e i complessi edilizi identificati nell'insediamento storico quale risulta dal nuovo catasto edilizio urbano di cui al regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, che costituiscono la più ampia testimonianza, materiale e immateriale, avente valore di civiltà, del patrimonio culturale della Nazione e la cui tutela è finalizzata a preservare la memoria della comunità nazionale nelle plurali identità di cui si compone e ad assicurarne la conservazione e la pubblica fruizione anche al fine di valorizzare e promuovere l'uso residenziale, sia pubblico che privato, per i servizi e per l'artigianato.

Capo II
DISPOSIZIONI SUL CONSUMO DI SUOLO E IL RIUSO

Art. 3.
(Limite al consumo di suolo)

1. In coerenza con l'obiettivo di azzeramento netto del consumo di suolo entro il 2030, come stabilito dal Piano per la transizione ecologica e per la sicurezza energetica approvato, ai sensi dell'articolo 57-bis, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con deliberazione del Comitato interministeriale per la transizione ecologica 8 marzo 2022, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 138 del 15 giugno 2022, è definita, a livello regionale, la riduzione progressiva del consumo di suolo che deve essere pari ad almeno il 20 per cento annuo rispetto al consumo di suolo rilevato nei tre anni precedenti, sia per il consumo di suolo permanente, sia per il consumo di suolo reversibile.
2. Al fine di definire un quadro aggiornato delle potenzialità contenute negli strumenti di pianificazione locale, i comuni, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, forniscono alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i dati circa le previsioni vigenti non attuate che comportano consumo di suolo contenute negli strumenti di pianificazione territoriale vigenti alla medesima data di entrata in vigore della presente legge.
3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano opportuni criteri, parametri e percentuali di riduzione del consumo di suolo coerenti con l'obiettivo di cui al comma 1, definiti a livello comunale o per gruppi di comuni, attraverso l'adozione di direttive per la pianificazione o di disposizioni immediatamente operative, tenendo conto della percentuale complessiva di consumo di suolo rispetto alla superficie comunale, delle specificità territoriali, paesaggistiche e ambientali, delle caratteristiche qualitative dei suoli e delle foro funzioni ecosistemiche, nonché delle potenzialità agricole, dello stato della pianificazione urbanistica e paesaggistica, dell'esigenza di realizzare infrastrutture e opere pubbliche, della salvaguardia del territorio non urbanizzato e della presenza di edifici inutilizzati.
4. I comuni procedono, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla redazione di varianti agli strumenti urbanistici generali vigenti, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di contenimento del consumo di suolo indicati dalla presente legge, dalle disposizioni regionali o da specifiche direttive o atti di indirizzo approvati dal consiglio comunale che prevedano una riduzione del consumo di suolo di entità superiore a quella prevista ai sensi del comma 3.
5. Qualora il comune non abbia fornito i dati di cui al comma 2 e non abbia approvato le varianti ai propri strumenti urbanistici di cui al comma 4 o non rispetti le percentuali di riduzione dei consumo di suolo definite dalla regione ai sensi del comma 3, ovvero, in assenza della definizione di tali percentuali da parte della regione, non può procedere a interventi edilizi e all'approvazione di strumenti urbanistici attuativi che comportino consumo di suolo e sono considerati illegittimi tutti gli atti eventualmente adottati che comportino nuovo consumo di suolo.
6. Il monitoraggio del consumo di suolo è effettuato dall'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA) e dalle agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle province autonome ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 28 giugno 2016, n. 132, anche in collaborazione con il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA). Ai fini del monitoraggio di cui al presente comma, l'ISPRA, le agenzie per la protezione dell'ambiente delle regioni e delle province autonome e il CREA hanno accesso diretto alle banche di dati delle amministrazioni pubbliche e a ogni altra fonte informativa rilevante gestita da soggetti pubblici, che devono renderle disponibili secondo le modalità di cui all'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32, e all'articolo 23, comma 12-quaterdecies, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
7. La cartografia e i dati del monitoraggio del consumo di suolo di cui al comma 6 sono pubblicati e resi disponibili dall'ISPRA annualmente, nel proprio sito internet istituzionale, sia in forma aggregata a livello nazionale sia in forma disaggregata per regione, provincia e comune. Entro sessanta giorni dalla pubblicazione nel sito internet istituzionale dell'ISPRA, i comuni e le regioni possono inviare all'ISPRA, secondo i criteri resi disponibili nel sito internet istituzionale del medesimo Istituto, eventuali proposte motivate di modifica alla cartografia; entro i successivi trenta giorni, l'ISPRA pubblica la versione definitiva dei dati, previa verifica della correttezza delle proposte di modifica da parte dell'agenzia per la protezione dell'ambiente territorialmente competente. I dati rilevati annualmente costituiscono il parametro di riferimento per la definizione dei dati medi su base triennale di cui al comma 1. All'attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
8. Gli interventi di rilocalizzazione conseguenti a calamità naturali, nonché tutte le opere pubbliche per le quali sia stata condotta la preventiva verifica di cui all'articolo 4, comma 1, della presente legge non concorrono al computo del consumo di suolo a livello comunale.
9. Gli interventi di consumo di suolo connessi con la conduzione dell'attività agricola in cui siano assicurate le condizioni di naturalità del suolo non concorrono al computo del consumo di suolo.

Art. 4.
(Priorità del riuso)

1. Fatte salve le previsioni di maggiore tutela delle aree identificate dalla legislazione statale e regionale, il consumo di suolo è consentito, al di fuori del territorio non urbanizzato come definito all'articolo 2, comma 1, lettera c), esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse e limitatamente a interventi che rivestono preminente interesse pubblico. Per le opere pubbliche non soggette alle procedure di valutazione d'impatto ambientale, di valutazione ambientale strategica e di verifica di assoggettabilità, la valutazione delle alternative di localizzazione deve risultare dall'atto di approvazione della progettazione definitiva degli interventi.
2. Al fine di attuare i princìpi di cui al comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in applicazione dell'articolo 3, comma 3, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore delle presente legge, adottano disposizioni per incentivare i comuni, singoli e associati, a promuovere strategie di rigenerazione urbana anche mediante l'individuazione, negli strumenti di pianificazione, degli ambiti urbani e delle aree e complessi edilizi prioritariamente caratterizzati da degrado urbanistico, edilizio e ambientale o socio-economico o a destinazione produttiva dismessi o da dismettere, da sottoporre prioritariamente a interventi di ristrutturazione urbanistica e di rinnovo edilizio. A tale fine è promossa l'applicazione di strumenti di perequazione, compensazione e incentivazione urbanistica, purché non determinino ulteriore consumo di suolo e siano attuati esclusivamente in ambiti definiti e di urbanizzazione consolidata.
3. Il riuso delle aree sottoposte a interventi di risanamento ambientale è ammesso nel rispetto della normativa vigente in materia di bonifiche e dei criteri di cui al titolo V della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
4. Al fine di attuare i princìpi di cui al comma 1, i comuni, tenuto conto delle linee guida condivise con l'Istituto nazionale di statistica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, realizzano un censimento delle infrastrutture e degli edifici esistenti aventi qualsiasi destinazione, sia pubblici che privati, anche non utilizzati, abbandonati o collabenti, specificando le caratteristiche e le dimensioni di tali immobili, al fine di creare una banca di dati del patrimonio edilizio pubblico e privato finalizzata agli obiettivi di rigenerazione urbana, denominata «banca dati del riuso». I comuni provvedono altresì con deliberazione del consiglio comunale a perimetrare il territorio urbanizzato. Attraverso tale censimento i comuni verificano se le previsioni urbanistiche che comportano consumo di suolo possano essere soddisfatte attraverso interventi di rigenerazione, recupero e riuso. Le relative informazioni sono pubblicate e costantemente aggiornate nei siti internet istituzionali dei comuni interessati. L'effettuazione del censimento da parte dei comuni è presupposto necessario e vincolante per l'eventuale pianificazione di nuovo consumo di suolo che non può riguardare le aree del territorio non urbanizzato come definitivo dell'articolo 2, comma 1, lettera c). Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in applicazione dell'articolo 3, comma 3, adottano disposizioni per l'effettuazione del censimento e del suo periodico aggiornamento. All'attuazione del presente comma si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 5.
(Registro degli enti locali)

1. Presso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un registro pubblico, accessibile nel sito internet istituzionale di ciascuna regione e provincia autonoma, in cui sono iscritti i comuni che hanno adeguato gli strumenti urbanistici comunali secondo i criteri e le modalità di cui all'articolo 3, nei quali non è previsto consumo di suolo o è prevista una riduzione del consumo di suolo superiore alle percentuali stabilite ai sensi del medesimo articolo 3.

Capo III
NORME IN MATERIA DI RIGENERAZIONE URBANA

Art. 6.
(Obiettivi della rigenerazione urbana)

1. Ai fini della presente legge la rigenerazione urbana rappresenta lo strumento fondamentale di trasformazione, sviluppo e governo del territorio senza consumo di suolo che persegue i seguenti obiettivi:

a) promuovere il riuso edilizio di aree urbanizzate e di aree produttive con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché dei complessi edilizi e di edifici pubblici o privati, in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione o da rilocalizzare, incentivandone la riqualificazione fisico-funzionale, la sostenibilità ambientale, la sostituzione e il miglioramento del decoro urbano e architettonico complessivo;

b) favorire l'innalzamento del livello della qualità della vita sostenendo l'integrazione sociale, culturale e funzionale mediante la formazione di nuove centralità urbane, nonché la interconnessione funzionale promuovendo la concezione di quartieri residenziali integrati, secondo i criteri dimensionali e spaziali dell'unità di vicinato e l'interrelazione di residenze, attività economiche, servizi pubblici e commerciali, attività lavorative, tecnologie e spazi dedicati al coworking e al lavoro agile, servizi e attività sociali, culturali, educativi e didattici promossi da soggetti pubblici e privati, nonché spazi e attrezzature per il tempo libero, per l'incontro e la socializzazione, con particolare considerazione delle esigenze dei soggetti con disabilità;

c) sostenere la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale allo scopo di soddisfare la domanda abitativa e la coesione sociale;

d) perseguire nelle aree oggetto di rigenerazione urbana elevati standard bioclimatici, di efficienza idrica ed energetica degli edifici e misure di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici, tese a favorire l'assorbimento delle emissioni di anidride carbonica, nonché a ridurre l'effetto «isola di calore», come la creazione di aree verdi sulle superfici impermeabilizzate, di micro-parchi di quartiere, di tetti e pareti verdi per la laminazione delle acque e di sistemi alternativi per il condizionamento dell'aria;

e) tutelare i centri storici nelle peculiarità identitarie e dalle distorsioni causate dalla pressione turistica e dall'abbandono;

f) migliorare l'accessibilità e l'integrazione delle infrastrutture della mobilità e dei percorsi pedonali e ciclabili con il tessuto urbano e, più in generale, con le politiche urbane della mobilità sostenibile e con la rete dei trasporti collettivi anche promuovendo interventi di rigenerazione urbana nei nodi d'interscambio in modo da ridurre la dipendenza dalla mobilità privata;

g) promuovere la partecipazione attiva degli abitanti alla progettazione e alla gestione dei programmi di rigenerazione urbana.

Art. 7.
(Soggetti istituzionali della rigenerazione
urbana)

1. Fermo restando quanto disciplinato nella preesistente normativa regionale adottata in materia, se coerente con i princìpi della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle proprie competenze in materia di governo del territorio:

a) identificano le priorità di intervento nell'ambito degli strumenti regionali di pianificazione del territorio e, in ordine ad essi, individuano le risorse di propria competenza da destinare al finanziamento di interventi di rigenerazione secondo criteri parametrici ovvero con bandi di partecipazione rivolti ai comuni;

b) in base alla specificità del territorio e della legislazione regionale in materia urbanistica, individuano incentivi e semplificazioni per favorire gli interventi di rigenerazione pubblica e privata finalizzati all'attuazione della presente legge;

c) promuovono specifici programmi di rigenerazione urbana nelle aree di edilizia residenziale pubblica, anche con interventi complessi di demolizione e ricostruzione, con particolare riguardo alle periferie e alle aree di maggiore disagio sociale;

d) favoriscono l'aggregazione della piccola proprietà immobiliare in consorzi unitari al fine di agevolare gli interventi di ristrutturazione urbanistica e l'attuazione di una strategia di rigenerazione urbana;

e) definiscono metodi e procedure per il coinvolgimento e la partecipazione di cittadini residenti, soggetti locali, soggetti sociali e del Terzo settore nelle iniziative di rigenerazione urbana.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per il finanziamento dei bandi di cui al comma 1, lettera a), possono fare ricorso, in via prioritaria, alle risorse relative ai programmi dei fondi strutturali europei e a quelli previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
3. A seguito dell'individuazione delle aree di cui all'articolo 4, comma 4, i comuni individuano gli ambiti urbani oggetto di interventi di rigenerazione urbana a valere sulle risorse regionali o comunali che confluiscono nella programmazione comunale di rigenerazione urbana di cui all'articolo 8.
4. I comuni esercitano le proprie funzioni in materia di rigenerazione urbana singolarmente, ovvero nelle forme associate previste dalla legislazione regionale, ovvero avvalendosi di regioni, province e città metropolitane sulla base degli istituti di cooperazione previsti dalla legislazione statale e regionale.

Capo IV
GLI STRUMENTI DELLA RIGENERAZIONE URBANA

Art. 8.
(Programmi comunali di rigenerazione
urbana)

1. Nelle porzioni di territorio urbanizzate di cui all'articolo 4, comma 4, sono consentiti, anche attraverso il coinvolgimento di soggetti pubblici e su proposta dei privati, programmi di rigenerazione urbana costituiti da un insieme coordinato di interventi urbanistici, edilizi e socioeconomici volti, nel rispetto dei princìpi di sostenibilità ambientale, economica e sociale, con finalità di interesse generale e con il riuso dei materiali derivanti dalle demolizioni di opere e manufatti di edilizia civile ed infrastrutturale, a riqualificare il contesto urbano in situazione di criticità e di degrado e a recuperare e riqualificare gli ambiti, i complessi edilizi e gli edifici dismessi o inutilizzati al fine del miglioramento delle condizioni abitative, sociali, economiche, ambientali, culturali e paesaggistiche, compresi i programmi volti a potenziare la mobilità sostenibile, a favorire l'insediamento di attività di agricoltura urbana e al conseguimento dell'autonomia energetica basato sulle fonti energetiche rinnovabili.
2. I comuni, nel perseguire gli obiettivi e le finalità di cui all'articolo 1, valutando anche le proposte dei privati, ivi comprese quelle presentate da associazioni consortili di recupero urbano, approvano nel rispetto delle procedure di cui al comma 3 i programmi di rigenerazione urbana, indicando:

a) la strategia localizzativa e di promozione sociale nonché le correlazioni e le ricadute rispetto alle previsioni dello strumento urbanistico generale vigente, evidenziate in uno schema d'inquadramento;

b) gli obiettivi di riqualificazione urbana, di sostenibilità ambientale, di coesione sociale ed economica che si intendono conseguire attraverso progetti e interventi organici relativi a edifici e spazi pubblici e privati, basati sul riuso e sulla rigenerazione delle funzioni ecologiche del suolo, sulla riqualificazione e sostituzione degli edifici esistenti, sulla creazione di aree verdi e di forestazione urbana e sull'inserimento di funzioni diversificate volte al miglioramento della qualità della vita dei residenti, della vivibilità e salubrità degli spazi urbani;

c) le prescrizioni da seguire nella progettazione degli interventi di rigenerazione urbana che garantiscano elevati standard di qualità, di sicurezza sismica, di compatibilità paesaggistica, di efficienza energetica e idrica, di riduzione delle emissioni attraverso specifici obiettivi prestazionali e di qualità architettonica degli edifici;

d) le eventuali premialità per la realizzazione di opere pubbliche o per le cessioni di aree aggiuntive finalizzate alla dotazione o integrazione degli standard urbanistici di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;

e) le infrastrutture e gli edifici esistenti, sia pubblici che privati, sfitti, non utilizzati o abbandonati, da sottoporre a interventi pubblici e privati di rigenerazione urbana;

f) gli interventi finalizzati alla realizzazione di servizi pubblici e privati, di valorizzazione degli spazi pubblici per lo svolgimento di lavoro agile, delle aree verdi e dei servizi di quartiere;

g) le destinazioni d'uso consentite nell'ambito del programma di intervento;

h) la quota di alloggi da destinare ad edilizia residenziale pubblica, non inferiore al 20 per cento nel caso di edilizia sociale;

i) le opere di mitigazione e compensazione ambientale e gli interventi finalizzati a pareggiare o migliorare il bilancio dei servizi ecosistemici;

l) gli interventi per l'accessibilità nelle aree oggetto dei programmi di rigenerazione urbana attraverso il trasporto pubblico, la mobilità leggera e sostenibile, i sistemi di mobilità collettiva, i percorsi pedonali e ciclabili;

m) gli interventi di accessibilità alle tecnologie dell'informazione e delle reti di comunicazione e connessione digitale e della loro correlazione con le reti di energia, gas e acqua (smart grid);

n) gli interventi connessi al ciclo dei rifiuti e dei materiali di costruzione e demolizione secondo il principio dell'economia circolare;

o) il programma dettagliato delle iniziative e delle modalità per la partecipazione civica e per il coinvolgimento di enti, forze sociali, economiche e culturali interessati ai programmi di rigenerazione;

p) i soggetti pubblici, sociali ed economici da coinvolgere nell'elaborazione, attuazione e gestione dei programmi di rigenerazione e le modalità di selezione dei soggetti privati;

q) una relazione di fattibilità contenente la stima dei costi, il quadro economico e i criteri per valutare la fattibilità dei diversi programmi di rigenerazione.

3. I programmi di rigenerazione urbana sono realizzati dai comuni attraverso piani attuativi della programmazione urbanistica generale, di recupero e di riqualificazione, o comunque denominati in base alla legislazione regionale. Gli strumenti attuativi del programma di rigenerazione urbana adottati come variante allo strumento urbanistico generale comunale sono approvati attraverso procedimenti amministrativi semplificati se previsti dalla legislazione regionale.
4. Nelle aree comunali che interessano i centri storici e gli agglomerati urbani di valore storico di cui all'articolo 2, comma 1, lettera m), i programmi di rigenerazione urbana si attuano mediante il piano di recupero di cui all'articolo 28 della legge 5 agosto 1978, n. 457, approvato dal comune d'intesa con la soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio territorialmente competente. L'intesa non determina l'esclusione delle autorizzazioni di tutela diretta e paesaggistica per gli interventi di rigenerazione urbana sugli immobili sottoposti alle tutele previste agli articoli 10 e 12 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
5. Al fine di consolidare e incrementare la funzione residenziale nei centri storici, di arrestare i gravi fenomeni di spopolamento e di abbandono, ovvero di esclusione della popolazione residente per effetto di processi di repentina ricomposizione sociale, gli interventi di rigenerazione urbana devono prevedere una quota non inferiore al 25 per cento della superficie utile lorda da destinare a edilizia sociale o ad alloggi da cedere in locazione a canone agevolato.

Art. 9.
(Partecipazione delle comunità locali)

1. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e i comuni, singoli o in forma associata, disciplinano le forme e le modalità per assicurare la partecipazione diretta, a livello locale, dei cittadini nella definizione degli obiettivi dei programmi di rigenerazione urbana, anche favorendo la partecipazione attiva degli abitanti, degli operatori economici locali e delle associazioni con particolare riguardo a forme di sussidiarietà orizzontale come i patti di collaborazione per la cura e la gestione condivisa dei beni comuni urbani.
2. I processi partecipativi e la piena informazione sui contenuti dei programmi e degli interventi di rigenerazione urbana sono garantiti, anche attraverso la realizzazione di portali web informativi e forme di dibattito pubblico.
3. Nei provvedimenti di approvazione dei programmi comunali di rigenerazione urbana devono essere specificamente documentate le fasi relative alle procedure di partecipazione delle comunità locali, nelle modalità stabilite dai singoli enti locali.

Art. 10.
(Piano del verde e delle superfici libere
urbane)

1. Al fine di favorire la rigenerazione dei tessuti edilizi, e in particolare di quelli degradati, di riqualificare le periferie, di mantenere permeabili e inedificate le aree libere nelle zone ad alta densità abitativa e nei contesti prevalentemente artificiali, di ridurre l'inquinamento e le isole di calore, di migliore la qualità urbana dal punto di vista della salubrità, del clima, della socialità e dell'integrazione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in applicazione dell'articolo 3, comma 3, definiscono i criteri e le modalità di realizzazione del Piano del verde e delle superfici urbane libere, di seguito «Piano», che ciascun comune deve adottare entro dodici mesi dalla data di adozione delle disposizioni di cui al medesimo articolo 3, comma 3. Gli strumenti urbanistici già adottati o approvati si adeguano alle nuove disposizioni prescritte nel Piano.
2. Nel rispetto dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano che il Piano di cui al comma 1:

a) attribuisca a ciascuna superficie libera in un contesto prevalentemente artificiale una destinazione d'uso che non comporti nuove edificazioni e impermeabilizzazioni del terreno;

b) preveda la realizzazione o il completamento di corridoi ecologici, aree destinate all'agricoltura urbana e periurbana, aree pedonali, piste ciclabili, percorsi per disabili e il soddisfacimento degli standard urbanistici comunali e sovracomunali di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e loro adeguamenti previsti dalle leggi regionali e dalle norme dei piani comunali;

c) censisca i soggetti vegetali significativi esistenti e in particolare individui, ai fini della loro tutela, gli elementi che rappresentano e rivelano tracce di storia del territorio e caratteristiche specifiche della singola area;

d) preveda la piantumazione di piante e masse arboree anche nelle aree di proprietà privata;

e) crei fasce ripariali di pertinenza di fiumi e torrenti e di aree sensibili di particolare valenza paesistica, ambientale e culturale;

f) tuteli e valorizzi le aree naturali, gli ecosistemi e le aree incolte che possono rappresentare aspetti di storia del territorio per la presenza di specie vegetali e per la morfologia.

Art. 11.
(Divieto di mutamento di destinazione)

1. Per le superfici libere censite nell'anagrafe delle aziende agricole all'interno del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, in favore delle quali sono stati erogati aiuti dell'Unione europea previsti dalla politica agricola comune o dalla politica di sviluppo rurale sono vietati, per almeno cinque anni dall'ultima erogazione, usi diversi da quello agricolo, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6 della presente legge, e l'adozione di atti amministrativi finalizzati al cambiamento della destinazione d'uso, fatta salva l'applicazione di eventuali disposizioni più restrittive. Sono altresì vietati nelle stesse aree, per la medesima durata, gli interventi di trasformazione urbanistica, nonché quelli di trasformazione edilizia non connessi alla conduzione dell'attività agricola, ad eccezione della realizzazione di opere pubbliche. L'autorità competente all'erogazione degli aiuti di cui al presente comma pubblica nel proprio sito internet istituzionale l'elenco dei terreni, suddivisi per comune, per i quali sono stati erogati gli aiuti, ai fini della conseguente annotazione del vincolo, da parte del comune, nel certificato di destinazione urbanistica.
2. Negli atti di trasferimento della proprietà e nei contratti aventi ad oggetto la costituzione o il trasferimento di diritti reali o personali di godimento ovvero lo scioglimento delle comunioni e, comunque, in tutti i negozi aventi ad oggetto la modifica soggettiva nella conduzione della superficie agricola deve essere espressamente richiamato, a pena di nullità, il vincolo indicato nel comma 1. Sono esclusi gli atti di trasferimento dei diritti di cui al primo periodo derivanti da procedure esecutive e concorsuali.
3. In caso di violazione del divieto di cui al comma 1, il comune applica al trasgressore, destinando i relativi introiti per le finalità della presente legge, la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore a 5.000 euro e non superiore a 50.000 euro e la sanzione accessoria della demolizione delle opere eventualmente costruite e del ripristino dello stato dei luoghi. Si applicano in ogni caso le disposizioni di cui al titolo IV della parte prima e alla parte seconda del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e le disposizioni regionali in materia di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia.

Art. 12.
(Disciplina degli interventi privati di
rigenerazione urbana)

1. Fermi restando gli interventi di rigenerazione identificati attraverso la programmazione comunale di cui all'articolo 8, sono consentiti, previa acquisizione dei titoli autorizzativi previsti dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, interventi diretti di rigenerazione urbana realizzati da privati secondo le seguenti tipologie:

a) interventi su singoli immobili;

b) interventi su ambiti urbani, su proposta del privato subordinata ad autorizzazione comunale.

2. Gli interventi privati di rigenerazione urbana su singoli immobili devono garantire:

a) la realizzazione di edifici di classe energetica A o il miglioramento di due classi energetiche per l'edificio oggetto dell'intervento;

b) la realizzazione di edifici con classe di vulnerabilità sismica conforme alla zona ove ricade l'intervento;

c) il miglioramento delle prestazioni di isolamento acustico degli edifici;

d) la permeabilità dei suoli e delle aree di sedime degli immobili, con l'obbligo del pareggio di bilancio non economico dei servizi ecosistemici;

e) il mantenimento delle distanze minime tra edifici legittimamente preesistenti al fine di garantire le prestazioni energetiche attive e passive degli edifici circostanti;

f) l'accessibilità e l'abbattimento delle barriere architettoniche delle parti comuni dell'edificio.

3. Gli interventi privati di rigenerazione urbana su ambiti territoriali sono proposti dai privati al comune, che ne valuta la coerenza con la programmazione comunale di rigenerazione urbana. Le proposte di intervento devono essere corredate dalla seguente documentazione:

a) l'indicazione delle proposte progettuali di massima sulle aree e sugli immobili ricadenti negli ambiti urbani con la valutazione degli obiettivi di rigenerazione urbana;

b) una relazione tecnico-illustrativa;

c) una relazione economica, contenente il piano economico-finanziario;

d) la previsione di eventuali interventi di demolizioni integrali di edifici, con l'indicazione delle modalità di gestione dei rifiuti derivanti dagli interventi;

e) uno schema di accordo con l'indicazione degli impegni assunti dai proponenti.

4. Sono a carico dei soggetti privati:

a) i costi per il raggiungimento degli obiettivi di interesse pubblico;

b) i costi relativi agli oneri per il trasferimento temporaneo delle unità abitative e dei nuclei familiari coinvolti nell'intervento secondo modalità socialmente sostenibili;

c) le garanzie finanziarie per l'attuazione dei programmi;

d) i costi per lo svolgimento delle procedure partecipative così come definite dalla presente legge.

5. Il piano economico-finanziario che garantisce le suddette obbligazioni di cui al comma 4, lettera c), è allegato al progetto presentato all'autorità competente, è approvato con i relativi atti d'obbligo e le garanzie finanziarie certificate al momento dell'approvazione del programma ed è parte integrante della relativa convenzione.
6. Nelle more della definizione della programmazione comunale di rigenerazione urbana ai sensi dell'articolo 8, i progetti di interventi presentati dai privati possono essere approvati in base alla valutazione del loro interesse pubblico e dell'equilibrio del piano economico-finanziario dell'intervento. Gli interventi approvati che soddisfano gli obiettivi e le obbligazioni di cui al presente articolo sono esentati dalle determinazioni stabilite ai sensi dell'articolo 16, comma 4, lettera d-ter), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno del 2001, n. 380.
7. Nelle aree comunali che interessano i centri storici e gli agglomerati urbani di valore storico di cui all'articolo 2, comma 1, lettera m), gli interventi di cui al presente articolo per i quali è previsto il mutamento delle destinazioni d'uso necessitano di un atto abilitativo comunale. Il mutamento delle destinazioni d'uso degli edifici è consentito tra le destinazioni previste dallo strumento urbanistico generale vigente ovvero tra le destinazioni non specificamente residenziali strettamente connesse con le residenze, compresi i negozi di prima necessità, i servizi collettivi per le abitazioni e gli studi professionali.
8. Gli interventi privati di rigenerazione urbana di cui al presente articolo sono realizzati in conformità e nel rispetto della normativa di settore e della pianificazione sovraordinata comunale. Per gli edifici situati in aree soggette a tutela paesaggistica ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, gli interventi privati di rigenerazione urbana di cui al presente articolo sono consentiti nel rispetto dei piani paesaggistici regionali, previa autorizzazione ai sensi dell'articolo 146 del medesimo codice, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 149 dello stesso codice, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, e dell'allegato A annesso al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31.
9. Gli interventi privati di rigenerazione urbana di cui al presente articolo non possono avere ad oggetto:

a) immobili eseguiti in assenza di titolo abilitativo o in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto allo stesso, ad esclusione di quelli per i quali siano stati rilasciati titoli edilizi in sanatoria;

b) immobili situati in aree soggette a vincoli di inedificabilità assoluta ai sensi delle vigenti disposizioni normative applicabili;

c) immobili situati nei parchi e nelle aree naturali protette.

Art. 13.
(Esclusione degli interventi di rigenerazione urbana)

1. I programmi di rigenerazione urbana non possono riguardare interventi di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 38.

Capo V
MISURE ECONOMICHE E FISCALI

Art. 14.
(Destinazione dei proventi dei titoli
abilitativi edilizi)

1. Il comma 8 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è abrogato.
2. I proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione, all'adeguamento e alla razionalizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria che non comportano nuovo consumo di suolo, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici o comunque aventi valenza storico-testimoniale e a interventi di riuso e rigenerazione urbana.
3. È istituito un contributo aggiuntivo al contributo per il rilascio del permesso di costruire, previsto dall'articolo 16 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, commisurato al consumo di suolo indotto dalle opere autorizzate e determinato nella misura minima pari al doppio della somma derivante dagli oneri di urbanizzazione e dal costo di costruzione dovuti per il medesimo intervento. Il contributo aggiuntivo di cui al presente comma non si applica agli interventi di ristrutturazione e recupero edilizio e agli interventi per i quali il contributo per il rilascio del permesso di costruire non è dovuto. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabiliscono con propri provvedimenti l'entità e le modalità di applicazione del contributo aggiuntivo di cui al presente comma, nonché le modalità di destinazione dei relativi proventi per opere di rigenerazione urbana delle aree urbane degradate di cui alla presente legge e per interventi di riqualificazione ambientale di competenza dei comuni.

Art. 15.
(Delega al Governo e altre disposizioni in materia di misure fiscali agevolative)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la definizione di misure fiscali agevolative, statali, regionali o comunali, finalizzate alla compensazione dei mancati introiti in termini di contributo di costruzione in favore dei comuni che nella strumentazione urbanistica vigente prevedono una riduzione di consumo di suolo, mediante le opportune modifiche alla disciplina della fiscalità immobiliare e fondiaria e la riduzione degli oneri per lo smaltimento di materiali di costruzione inerti non contaminati derivanti da interventi di riqualificazione e di rigenerazione urbana. I decreti legislativi previsti dal presente comma sono adottati con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere, in accordo con gli enti locali, forme di riduzione dell'imposta unica comunale (IUC) per il triennio 2024-2026 a beneficio dei proprietari di immobili oggetto di recupero e riuso;

b) prevedere forme di agevolazione e detrazione fiscale per gli interventi di rigenerazione urbana su immobili ubicati in aree urbane periferiche o degradate;

c) prevedere, in accordo con gli enti locali, forme di riduzione della tassa sui rifiuti (TARI) a favore dei proprietari di immobili oggetto di demolizione per lo smaltimento dei rifiuti inerti;

d) prevedere opportune misure e contributi ai comuni a titolo di rimborso del minor gettito ad essi derivante dall'applicazione di eventuali esoneri o riduzione di oneri di urbanizzazione per interventi che non determinano consumo di suolo.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, per le materie di cui alle lettere a) e c) del comma 1 del presente articolo e previo parere della medesima Conferenza per le restanti materie. Il Governo trasmette alle Camere gli schemi dei decreti di cui al comma 1 accompagnati dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi dell'impatto della regolamentazione per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti. Ciascuna Commissione esprime il parere entro un mese dalla data di trasmissione degli schemi di decreto legislativo. Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.
3. Ai comuni iscritti nel registro degli enti locali istituito ai sensi dell'articolo 5 è attribuita priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali per gli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana e di bonifica dei siti contaminati a tale fine necessari, nel rispetto della disciplina di settore, e per gli interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura urbana e il ripristino delle colture nei terreni agricoli incolti, abbandonati, inutilizzati o non più sfruttati a fini agricoli.
4. La priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali di cui al comma 3 è attribuita anche ai soggetti privati, singoli o associati, per gli interventi di recupero di edifici, manufatti e di infrastrutture rurali di antico impianto nei nuclei abitati rurali, finalizzato all'insediamento di attività connesse alla conduzione dell'attività agricola del fondo, mediante gli interventi di cui al medesimo comma 3, nonché il recupero del suolo ad uso agricolo mediante la demolizione di capannoni e altri fabbricati rurali o annessi agricoli strumentali abbandonati e il ripristino della permeabilità di superfici impermeabilizzate.
5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per le finalità di cui all'articolo 2, nei limiti delle rispettive competenze, possono adottare misure di semplificazione e agevolazioni per il recupero del patrimonio edilizio esistente, anche al fine di prevenire il dissesto idrogeologico e il degrado dei paesaggi rurali e di favorire il reinsediamento di attività agricole in aree interessate da estesi fenomeni di abbandono.
6. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e i comuni, per le finalità di cui all'articolo 6, comma 1, lettera c), e al fine di alleviare l'emergenza abitativa, possono disporre, previa adozione di specifiche disposizioni e attraverso procedure ad evidenza pubblica, l'assegnazione di immobili inutilizzati appartenenti al patrimonio pubblico a cooperative costituite per promuovere l'autorecupero degli immobili medesimi, formate da soci aventi i requisiti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica.
7. All'articolo 16, comma 10, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Al fine di incentivare gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, i comuni provvedono a modulare la determinazione dei costi di costruzione in modo da garantire un regime di favore per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), assicurando comunque che dall'attuazione di tale disposizione non derivino minori entrate per la finanza pubblica compensando il minore introito con una maggiorazione dei costi di costruzione per gli interventi di nuova edificazione che interessano superfici libere».
8. I comuni, sulla base delle risorse previste dal comma 1, possono esentare dal pagamento dell'imposta municipale propria le unità abitative realizzate mediante interventi di recupero edilizio o previo riuso di aree dismesse e degradate e senza consumo di suolo, per un periodo di tre anni a decorrere dalla data di ultimazione dei lavori.

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