PDL 783

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 783

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato SERGIO COSTA

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, per la prevenzione e la repressione della pesca illecita del dattero di mare, del dattero bianco e di altri organismi marini protetti, nonché disposizioni per il censimento delle aree litoranee interessate da attività illecite di sbancamento o di asportazione del materiale sabbioso e della vegetazione

Presentata il 18 gennaio 2023

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Onorevoli Colleghi! – Il dattero di mare (Lithophaga lithophaga), appartenente alle specie marine protette, è un mollusco bivalve perforatore che colonizza le rocce calcaree fino a 35 metri di profondità. In tutti i Paesi dell'Unione europea la pesca, la detenzione e il consumo del dattero di mare sono vietati ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio, del 21 dicembre 2006, mentre in Italia tale divieto è previsto dal decreto del Ministro per le politiche agricole 16 ottobre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 1° febbraio 1998. Nonostante tale divieto, il fenomeno della pesca illegale del dattero di mare è molto diffuso, specie in alcune regioni quali la Campania e la Puglia, e tale fenomeno, anche a causa delle ricadute nel circuito dell'economia illegale – il commercio del dattero di mare è infatti molto redditizio, specie nel contesto della ristorazione –, è sempre più spesso legato ad azioni di vera e propria criminalità organizzata. La pesca di questi molluschi ha un altissimo potenziale distruttivo per l'ecosistema marino: i datteri, che raggiungono 5 centimetri di lunghezza dopo circa venti anni, vengono estratti dalla roccia spaccandola e sminuzzandola con picconi, scalpelli e persino martelli pneumatici. Tale pratica, oltre a comportare la distruzione irreversibile della roccia, determina anche l'eliminazione del suo substrato costituito da decine di specie viventi sia animali che vegetali con rilevanti squilibri per l'ambiente marino. Nel corso degli anni vi sono state richieste di inasprimento delle pene per la pesca illegale del dattero di mare. Si ricorda che nella XVIII legislatura la Camera dei deputati ha approvato una proposta di legge per il settore ittico (atto Camera n. 1008 e abbinate) che contemplava, all'articolo 20, una modifica al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, volta all'aumento delle pene per la pesca illegale della specie Lithophaga lithophaga. Inoltre, più volte è stata espressa l'esigenza di potenziare il sistema di controlli, coadiuvando il lavoro del Corpo della guardia di finanza nonché di ascrivere il fenomeno sopra descritto al reato di disastro ambientale, non limitando il ricorso a pene di carattere esclusivamente oneroso.
I pescatori che delinquono, dunque, sono solo il primo anello di una catena che parte dal mare e arriva al consumatore finale grazie alla connivenza dei ristoratori. Tutti soggetti che evidentemente non temono le sanzioni, sia penali che amministrative, già previste dal nostro ordinamento. Le Forze di polizia e di tutela del territorio vedono ripetutamente i soggetti che arrestano, anche in flagranza, tornare a compiere gli stessi reati nel giro di pochissimo tempo. A poco servono, evidentemente, i sequestri delle attrezzature e le pene detentive, spesso ridotte o convertite in misure alternative, quali la messa alla prova, dal basso carattere preventivo, correttivo e sanzionatorio.
Per questo, con la presente proposta di legge, si intende inasprire l'assetto sanzionatorio collegato alla pesca illegale dei datteri di mare. Con la stessa logica si è voluto intervenire nei confronti delle attività di ristorazione che ancora troppo spesso offrono alla clientela di fiducia piatti contenenti i datteri di mare pubblicizzati in modo informale e fuori menù, quando non in modo sprezzante per mezzo delle pagine social.
Una lacuna cui si tenta, inoltre, di rimediare è quella legata al consumo vero e proprio di questi frutti di mare, dal momento che l'offerta è nutrita da una domanda che, egoisticamente, persegue solamente il gusto del «frutto proibito» con la consapevolezza di non rischiare quasi mai conseguenze legali. Né il decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, né il decreto ministeriale 16 ottobre 1998, infatti, insistono a sufficienza sul reato commesso anche da coloro i quali, volontariamente, ordinano questi piatti contenenti del pescato illecito.
Riconoscendo purtroppo che il fenomeno sta conoscendo una nuova significativa diffusione negli ultimi anni, si pone la necessità di allestire in modo periodico delle campagne di sensibilizzazione e informazione circa i danni provocati da questo tipo di pesca illegale sugli ecosistemi marini.
Un secondo impellente problema che si intende affrontare è quello dello sbancamento delle spiagge italiane. L'Italia, infatti, ha ottomila chilometri di coste: la metà circa di queste è costituita da spiagge di sabbia o piccoli ciottoli, l'altra metà è costituita da coste rocciose. Purtroppo quasi tutte le spiagge, che hanno un grande valore estetico e biologico, di anno in anno si riducono; dall'inizio del novecento l'Italia, rispetto ad una superficie totale di circa 300.000 chilometri quadrati, ha perduto da 200 a 400 chilometri quadrati di coste sabbiose, si è «ristretta» di un millesimo della sua superficie.
La spiaggia sabbiosa assume un volto mutevole nel tempo e presenta un grande interesse naturalistico. In quanto interfaccia fra mare e terra è infatti uno dei più straordinari ecosistemi: punto di incontro fra le acque dolci dei fiumi e del sottosuolo e l'acqua salina del mare, possiede, nella sabbia e nelle dune, una ricca, spesso quasi invisibile, flora e fauna, un grande patrimonio di biodiversità.
Le dune poi, le ondulazioni sabbiose create nel corso di secoli dal vento alle spalle delle spiagge, sono state predisposte dalla natura a protezione della vegetazione interna.
Spiagge e dune sono ambienti molto dinamici, con un'elevata capacità di recupero. Sono il risultato di lenti processi di accumulo della sabbia ad opera del vento e delle piante, i veri ingegneri delle dune. Le piante rallentano il vento e intrappolano la sabbia grazie a fusti e radici, innescando il processo fisico di costituzione delle dune. È proprio questo equilibrio dinamico tra sabbia, vento e piante che fa sì che le dune siano gli «elementi sacrificali» dei sistemi litoranei: in caso di forti mareggiate, vengono parzialmente erose, ma in questo modo smorzano la forza del mare, proteggendo l'entroterra, e cedono nuovamente la sabbia alla spiaggia.
La straordinaria importanza delle dune come elemento di mitigazione naturale del rischio costiero, che si tratti di erosione o di allagamento, è da anni oramai riconosciuta e dimostrata dalla comunità scientifica; medesima sensibilità si sta ora diffondendo anche tra gli amministratori, operatori e cittadini, anche in seguito ai danni che si registrano al verificarsi di eventi atmosferici avversi. Per tale motivo lo sbancamento delle dune e della vegetazione deve essere contrastato al fine di evitare un insanabile mutamento dell'ambiente e la conseguente progressiva desertificazione dell'area in funzione di una massiva antropizzazione della stessa.
Nel dettaglio, l'articolo 1 modifica il decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, e, in particolare:

a) aggiunge, tra le attività vietate dall'articolo 7 e punite dall'articolo 8 con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da 2.000 euro a 12.000 euro, l'importazione del dattero di mare;

b) con il nuovo articolo 7-bis, rubricato «Delitti», prevede che le violazioni riferite in modo specifico al dattero di mare e alla classe delle oloturie, comunemente note come cetrioli di mare, integrino, a seconda della gravità, i reati di inquinamento ambientale e disastro ambientale già previsti dal codice penale. In caso di reiterazione di tali delitti, nonché di loro commissione all'interno di aree protette e nei siti della rete NATURA 2000, la pena è aumentata da un terzo alla metà e può essere disposta l'applicazione dell'articolo 2 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (foglio di via obbligatorio);

c) aggiunge alle pene accessorie già previste dall'articolo 9 la confisca dei beni strumentali, compresi i mezzi di trasporto anche terrestri e qualsiasi altra attrezzatura utilizzata per commettere il reato;

d) innalza la durata della sospensione dell'attività per gli esercizi commerciali che commercializzano o somministrano specie ittiche vietate dall'attuale range di 5-10 giorni a 60-120 giorni;

e) prevede che, nel caso dei delitti di cui al nuovo articolo 7-bis, sono sempre disposte la sospensione della licenza di pesca per un periodo da tre mesi a dodici mesi, con revoca in caso di recidiva, e sempre la revoca della licenza di porto d'armi, ove regolarmente detenute; si prevede inoltre che le navi, le imbarcazioni e i natanti, acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca, possono essere assegnati ad associazioni ambientali, istituzioni scolastiche ed accademiche, nonché ad enti e società di varia natura che ne facciano richiesta, con priorità di destinazione d'uso allo svolgimento di attività di divulgazione scientifica, tutela e sensibilizzazione della collettività orientate alla difesa del territorio e dell'ambiente marino;

f) si aggiunge tra i divieti che danno luogo a illeciti amministrativi puniti con sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 6.000 euro il consumo del dattero di mare e del dattero bianco presso bar e ristoranti e attività commerciali in genere.

L'articolo 2 specifica che la violazione delle disposizioni del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, rientra tra quelle che determinano l'applicazione dell'articolo 452-novies del codice penale in materia di aggravanti ambientali.
L'articolo 3 modifica l'articolo 380 del codice di procedura penale, inserendo i delitti di cui all'articolo 7-bis del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, introdotto dalla presente proposta di legge, tra quelli per i quali si procede all'arresto obbligatorio in flagranza di reato.
L'articolo 4 prevede che il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica promuova campagne di informazione e sensibilizzazione degli studenti e dell'opinione pubblica tutta in merito ai fenomeni della pesca illegale del dattero di mare e del dattero bianco e di altri organismi marini protetti.
L'articolo 5, infine, pone in capo ai comuni il compito di censire le aree marittime sia demaniali che private interessate dallo sbancamento sabbioso e dalla distruzione della vegetazione, al fine di creare un apposito catasto – aggiornato annualmente – quale valido strumento da mettere a disposizione di amministratori e forze dell'ordine per porre fine ai comportamenti delittuosi citati.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, in materia di contrasto della pesca illegale)

1. Al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 7, comma 1, dopo la lettera c) è inserita la seguente:

«c-bis) importare ai fini della commercializzazione o del consumo personale esemplari delle specie dattero di mare (Lithophaga lithophaga) e dattero bianco (Pholas dactylus), ovvero altri organismi marini protetti»;

b) dopo l'articolo 7 è inserito il seguente:

«Art. 7-bis. – (Delitti) – 1. Le violazioni dei divieti di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a), b) e c), ove riferite a esemplari delle specie dattero di mare (Lithophaga lithophaga) e dattero bianco (Pholas dactylus), ovvero a esemplari della classe delle oloturie (Holothuroidea), di cui al decreto del Sottosegretario di Stato delle politiche agricole alimentari e forestali n. 681269 del 29 dicembre 2021, integrano il delitto di inquinamento ambientale, di cui all'articolo 452-bis del codice penale, ovvero, nei casi di particolare gravità, il delitto di disastro ambientale, di cui all'articolo 452-quater del medesimo codice.
2. In caso di reiterazione dei delitti di cui al comma 1, nonché di loro commissione all'interno di aree protette o di siti della rete Natura 2000, la pena è aumentata da un terzo alla metà e può essere disposta l'applicazione dell'articolo 2 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159»;

c) all'articolo 8, comma 1, sono premesse le seguenti parole: «Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 2-bis,» e dopo la parola: «c),» è inserita la seguente: «c-bis),»;

d) all'articolo 9:

1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Pene accessorie per le contravvenzioni e i delitti»;

2) al comma 1:

2.1) all'alinea, le parole: «le contravvenzioni previste e punite» sono sostituite dalle seguenti: «le contravvenzioni e i delitti previsti e puniti»;

2.2) alla lettera b), dopo la parola: «apparecchi» sono inserite le seguenti: «nonché dei beni strumentali, compresi veicoli stradali,»;

2.3) alla lettera d), le parole: «da cinque a dieci giorni» sono sostituite dalle seguenti: «da sessanta a centoventi giorni»;

3) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Nel caso dei delitti di cui all'articolo 7-bis, sono sempre disposte:

a) la sospensione della licenza di pesca per un periodo da tre mesi a dodici mesi, con revoca in caso di recidiva, e la revoca della licenza di porto d'armi, ove regolarmente detenute;

b) la confisca di navi, imbarcazioni e natanti, carrelli, beni strumentali, mezzi di trasporto acquatici e terrestri e ogni altra attrezzatura funzionale al compimento dei delitti.

2-ter. Le navi, le imbarcazioni e i natanti di cui al comma 2-bis, lettera b), acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca, possono essere assegnati ad associazioni ambientali, a istituzioni scolastiche e accademiche o a enti e società di varia natura che ne facciano richiesta, con priorità di destinazione d'uso allo svolgimento di attività di divulgazione scientifica, tutela e sensibilizzazione della collettività orientate alla difesa del territorio e dell'ambiente marino»;

e) all'articolo 10, comma 1, dopo la lettera i) è inserita la seguente:

«i-bis) consumare presso i locali in cui si svolgono attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti, compresi bar e ristoranti, le specie dattero di mare (Lithophaga lithophaga) e dattero bianco (Pholas dactylus)»;

f ) all'articolo 11, comma 1, dopo la parola: «i)» è inserita la seguente: «i-bis)».

Art. 2.
(Modifiche all'articolo 452-novies del codice penale, in materia di aggravante ambientale)

1. All'articolo 452-novies del codice penale, dopo le parole: «decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,» sono inserite le seguenti: «dal decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4,» e dopo le parole: «n. 152 del 2006» sono inserite le seguenti: «, dal decreto legislativo n. 4 del 2012».

Art. 3.
(Modifica all'articolo 380 del codice di procedura penale, in materia di arresto obbligatorio in flagranza)

1. All'articolo 380 del codice di procedura penale è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«m-sexies) delitti di cui all'articolo 7-bis del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4».

Art. 4.
(Campagne di sensibilizzazione e di informazione)

1. Il Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica promuove, con cadenza annuale, anche in collaborazione con le regioni e con il mondo dell'associazionismo, l'organizzazione di campagne di informazione e di sensibilizzazione degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado e dell'opinione pubblica sulle problematiche connesse ai fenomeni della pesca illegale e del consumo illecito delle specie dattero di mare (Lithophaga lithophaga) e dattero bianco (Pholas dactylus) e della classe delle oloturie (Holothuroidea).
2. All'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 5.
(Catasto delle aree marittime interessate dallo sbancamento del litorale sabbioso e dalla distruzione della vegetazione)

1. Al fine di contrastare il deturpamento di bellezze naturali, la desertificazione e il dissesto delle spiagge, l'abusivismo edilizio e l'occupazione non autorizzata del demanio marittimo, sono concessi ai comuni contributi, nel limite di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, per la realizzazione del censimento, tramite iscrizione in un apposito catasto, delle aree marittime demaniali e private interessate da attività illecite finalizzate allo sbancamento del litorale sabbioso e alla distruzione della vegetazione. Il catasto è aggiornato con cadenza annuale. La prefettura – ufficio territoriale del Governo competente per territorio vigila sulla realizzazione del censimento di cui al presente comma da parte dei comuni.
2. I comuni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, possono avvalersi, ai fini di cui al comma 1, del supporto tecnico delle regioni, delle autorità marittime, delle autorità di sistema portuale o di altri soggetti muniti delle necessarie capacità tecniche.
3. Nelle aree demaniali iscritte nel catasto di cui al comma 1 non possono essere rilasciate nuove concessioni demaniali marittime per quindici anni, ovvero venti anni se ricadenti all'interno di aree protette o nei siti della rete Natura 2000. Nelle aree private iscritte nel catasto di cui al comma 1 non possono essere rilasciati nuovi permessi di costruire ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Nelle medesime aree non può essere autorizzata la realizzazione di strutture, attrezzature o impianti di servizio connessi all'utilizzo della spiaggia, strutture di ristoro e ricreative, anche se provvisorie o completamente amovibili. Fatti salvi i vincoli derivanti dalle leggi vigenti e dagli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica, è comunque consentita la costruzione delle opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente, a preservare il decoro del litorale e a migliorare la libera fruizione e l'accesso pubblico alla fascia di libero transito e al mare. Nelle zone antistanti alle aree demaniali e private di cui al presente comma è altresì vietata, per dieci anni dalla loro iscrizione nel catasto di cui al comma 1, la pesca, anche sportiva, a eccezione delle attività di pesca a fini scientifici autorizzate dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, ai sensi dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1224 del 2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, o degli articoli 27 e 28 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639.
4. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1162 del codice della navigazione, salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di inosservanza dei divieti fissati in materia di uso del demanio marittimo da parte dei concessionari o degli esercenti attività turistico-ricreative, è disposta la revoca anche parziale della concessione demaniale marittima, dell'autorizzazione o del provvedimento amministrativo che consente l'esercizio dell'attività nelle aree iscritte nel catasto di cui al comma 1 del presente articolo. La revoca non dà diritto a indennizzo. In ogni caso si applicano le disposizioni vigenti in materia di diritto al risarcimento del danno ambientale.
5. Le aree demaniali iscritte nel catasto di cui al comma 1 sono contraddistinte da appositi cartelli esposti nelle zone di accesso al litorale secondo le modalità indicate nei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime.
6. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i criteri e le modalità di riparto delle risorse di cui al comma 1, nonché di monitoraggio, di rendicontazione e di verifica del loro utilizzo e di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.
7. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica.
8. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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