PDL 681

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 681

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del
CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO

Delega al Governo per l'integrazione e l'attuazione dello Statuto dei diritti del contribuente attraverso disposizioni ispirate ai princìpi generali delle tradizioni giuridiche comuni degli Stati membri dell'Unione europea e ai princìpi costituzionali sull'azione amministrativa, di sussidiarietà orizzontale fiscale, di certezza del diritto, di trasparenza, di tutela dell'affidamento, di partecipazione al procedimento, di motivazione, di chiarezza dei provvedimenti, di efficienza, di equità, di collaborazione e di buona fede

Presentata il 5 dicembre 2022

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Onorevoli Deputati! — La presente proposta di legge di delegazione intende completare la disciplina dello statuto dei diritti del contribuente, nella consapevolezza che, pur dettando norme di principio in funzione garantista di grande rilievo, il testo fondamentale della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante «Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente» (di seguito denominata «Statuto»), non regola compiutamente lo sviluppo dei procedimenti tributari. La maturazione del rapporto tra il fisco e il contribuente avutasi negli ultimi anni, se da un lato enfatizza forme collaborative di ottemperanza, dall'altro resta priva di alcuni tasselli essenziali, anche per una certa timidezza giurisprudenziale nel valorizzare gli spunti presenti nello Statuto.
Sembra allora necessario intervenire assicurando alcune misure di garanzia che rendano effettivamente partecipato il procedimento e fissino alcune regole essenziali, non eludibili, dell'azione impositiva.
La presente proposta di legge di delegazione si propone, in particolare, di integrare lo Statuto, attraverso un intervento di dettaglio riservato al legislatore delegato, secondo la migliore tradizione che ha sempre caratterizzato le più importanti riforme nella materia tributaria. Trattandosi di alcune regole di carattere generale, destinate a regolare l'attuazione di ciascun tributo, la collocazione delle nuove norme (e cioè l'oggetto della delega) riguarderà appunto lo Statuto, proprio per evitare che la riforma possa essere interpretata come un rimaneggiamento delle specifiche regole riguardanti l'azione impositiva in determinati tributi, compresi quelli regionali e locali.
Resta, come è ovvio, il problema di assicurare un'effettiva priorità alle norme statutarie – e dunque anche a quelle di cui si propone l'introduzione – e un vincolo di adeguamento da parte del legislatore ordinario. Problema che potrebbe essere superato non tanto integrando il testo della Costituzione, quanto assicurando, con legge costituzionale, un valore rinforzato allo Statuto, imponendone la deroga o la modifica soltanto tramite maggioranze parlamentari qualificate. Si tratterebbe di una valutazione politica che supera i confini della presente iniziativa, ma che tuttavia in questa sede appare auspicabile, come evidenziato anche in diverse proposte provenienti dal Parlamento o dagli ordini professionali.
L'articolo 1 richiama i princìpi generali delle tradizioni giuridiche comuni degli Stati membri dell'Unione europea e i princìpi costituzionali direttamente collegati alla materia oggetto della presente iniziativa. Tra essi è menzionata la «sussidiarietà orizzontale fiscale» con riferimento agli istituti attraverso cui cittadini ed enti del Terzo settore possono esercitare un ruolo attivo nel determinare la destinazione delle risorse dedicate al welfare e il loro impiego. L'applicazione fiscale del principio di cui all'articolo 118 (in particolare al quarto comma) della Costituzione è posta allo scopo di consolidare il favor per le pratiche (percentage philanthropy) attraverso le quali il cittadino può direttamente determinare la destinazione di parte dell'imposta ad attività, da lui scelte, finalizzate alla cura e al sostegno di un interesse generale.
Si illustrano in dettaglio i singoli criteri direttivi.
Il primo – lettera a) – intende superare il testo attuale dell'articolo 12 dello Statuto, nella parte in cui limita il diritto del contribuente al contraddittorio di tipo «difensivo» ai soli casi di verifica presso il contribuente (così viene interpretato, probabilmente in modo più restrittivo di quanto il testo non preveda, dalla giurisprudenza della Corte di cassazione), rendendo generale ed effettivo l'esercizio di tale diritto. Come è noto, secondo la giurisprudenza nazionale non è configurabile, in base ai princìpi costituzionali ovvero di legge ordinaria, un diritto generalizzato del contribuente al contraddittorio procedimentale. Un tale diritto è invece assicurato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, e quindi si applica limitatamente ai tributi armonizzati (imposta sul valore aggiunto, accise, dazi doganali). Sono tuttavia presenti nell'ordinamento interno specifiche disposizioni, tra le quali alcune recate dallo stesso Statuto (articoli 6 e 10-bis), che in particolari ipotesi prevedono forme procedimentalizzate di contraddittorio. L'ultima di queste norme, in ordine di tempo, è l'articolo 5-ter del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale), che a partire dal luglio 2020 ha introdotto un obbligo di contraddittorio limitato ad alcune tipologie di accertamento (escludendo, peraltro, tutti i frequentissimi casi di accertamenti parziali) e finalizzato alla ricerca di una definizione consensuale. Ne deriva un'incongrua situazione «a macchia di leopardo», che necessita di una riconduzione a razionalità, appunto attraverso una norma di carattere generale come quella che si propone. Del resto, la stessa Agenzia delle entrate promuove una generalizzata attuazione del contraddittorio, da ultimo nella circolare n. 4 del 2021.
Fermo restando che il fine del nuovo contraddittorio potrà comunque essere quello di consentire una definizione consensuale delle contestazioni, si prevede che siano fissati presupposti essenziali ad un consapevole esercizio del contraddittorio, sia in chiave partecipativa, sia in chiave più strettamente difensiva: in tale contesto, la necessità di attendere sessanta giorni per la notifica dell'atto impositivo trova ragione in un preventivo obbligo di informazione del contribuente in ordine al materiale acquisito presso terzi o comunque nell'ambito di indagini che non lo abbiano visto coinvolto. In sostanza, la disciplina tiene conto della giurisprudenza europea, che, come premessa al contraddittorio, individua un diritto di informazione e di visione del fascicolo da parte del soggetto passivo. Sancita la fine dell'istruttoria, in modo formale, l'adozione dell'atto finale presuppone un consapevole apporto del contribuente, mediante deduzioni che fanno seguito ad una compiuta conoscenza degli atti istruttori.
Ai fini della generalità ed effettività del diritto al contraddittorio, i decreti attuativi potrebbero prevedere la disciplina di un'interlocuzione breve con i contribuenti di piccole e medie dimensioni, centrata sull'esame di specifici elementi risultanti anche dal sistema informativo dell'Amministrazione finanziaria e preordinata al corretto assolvimento di future obbligazioni tributarie, prevedendo l'eventuale compartecipazione degli enti locali alla gestione del relativo procedimento e al correlato gettito.
In tutti i casi in cui le norme fiscali già prevedono – con riferimento a casi specifici – regole coerenti con il principio generale in esame (ad esempio, il doppio contraddittorio previsto per il caso di accertamento sintetico), il legislatore delegato dovrà mantenerle, individuando, se del caso, idonee forme di adeguamento o raccordo [lettera b)].
Tra le altre, come previsto dalla lettera c), andranno mantenute le procedure di liquidazione del dichiarato e di controllo formale, già attualmente basate sul contraddittorio anticipato tra il contribuente e l'Agenzia delle entrate.
Il legislatore delegato [lettera d)] dovrà inoltre coordinare tale forma avanzata di partecipazione sia con le esigenze di riservatezza dei terzi, sia con la segretezza che contraddistingue le indagini penali, senza tuttavia che quest'ultima possa precludere completamente la conoscenza degli atti di indagine di cui sia stato autorizzato l'utilizzo a fini fiscali.
Il criterio di delega enunziato alla lettera e) intende demandare al legislatore delegato la fissazione di alcune regole per i procedimenti a istanza di parte, che siano previsti dalla normazione tributaria, al fine di assicurare un esito certo al procedimento e di garantire anche in questo caso un confronto preventivo rispetto alla definitiva adozione di un atto di diniego.
In primo luogo, si propone la generalizzazione del silenzio inadempimento, attualmente previsto per le sole istanze di rimborso, quale presupposto che assicura all'istante la possibilità di accesso al giudice tributario. Per evitare il proliferare delle controversie, l'amministrazione, sempre che il procedimento ad istanza di parte debba avere un esito previsto dalla legge (tale ipotesi non ricorre, ad esempio, per l'istanza di autotutela, che anche la Corte costituzionale ha riconosciuto non essere generatrice di un obbligo di risposta a carico dell'Amministrazione finanziaria), deve emettere un motivato diniego esplicito, il quale deve a sua volta essere preceduto dalla comunicazione di un preavviso di atto negativo, in analogia a quanto già previsto dall'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e già osservato dall'Agenzia delle dogane in materia di dazi; il preavviso rende possibile la presentazione di chiarimenti e deduzioni da parte dell'istante, sulle quali il diniego definitivo, se confermato, dovrà contenere espresse motivazioni. La garanzia per il soggetto istante viene completata dalla previsione di immodificabilità delle ragioni del diniego, ove la controversia pervenga alla fase processuale. Le stringenti regole per il diniego esplicito non dovrebbero però indurre le amministrazioni finanziarie a preferire la strada del silenzio, posto che in questo caso al contribuente si aprirebbe la possibilità di un giudizio di pieno accertamento sull'interesse pretensivo vantato.
Il legislatore delegato anche in questo caso assicurerà che talune disposizioni vigenti, per la loro specificità, siano mantenute: è il caso delle norme, già di rango statutario, sul diritto di interpello, che resteranno disciplinate secondo le regole introdotte con la riforma del 2014-2015.
Il criterio direttivo della lettera f) demanda al legislatore delegato la compiuta disciplina generale della motivazione degli atti impositivi, ad integrazione di quanto già efficacemente previsto dall'articolo 7 dello Statuto; rispetto al testo vigente, si aggiungono l'obbligo di una più precisa indicazione degli elementi istruttori e soprattutto, alla lettera g), l'immodificabilità della motivazione dell'atto in sede processuale; tale vincolo riguarderà non solo l'amministrazione, ma anche il giudice tributario.
I criteri di cui alle successive lettere h), i) e l) hanno la finalità di adeguare il testo dello Statuto al testo, novellato già da diversi anni, della legge n. 241 del 1990, nella quale compare la disciplina dei vizi dei provvedimenti amministrativi, della loro rilevanza e delle forme di intervento in autotutela.
In tale prospettiva, la prima delle lettere in esame demanda al Governo di tipizzare una serie di vizi che, pur potendo essere qualificati come vizi di forma – ossia non direttamente inerenti al contenuto impositivo dell'atto –, hanno però un rilievo determinante al fine di compromettere la legalità sostanziale dell'atto impositivo: si pensi all'atto emanato da un ufficio incompetente, alla violazione di termini decadenziali o dilatori, alla violazione delle regole essenziali sull'istruttoria e sul contraddittorio, alla difformità dell'atto rispetto a precedenti risposte fornite ad interpelli.
Nel catalogo di tali vizi, che nella successiva lettera i) sono classificati come invalidanti, il legislatore delegato dovrà comprendere anche le carenze strutturali del provvedimento che, in diritto amministrativo, sono classificate come motivi di nullità o inesistenza, come tali deducibili senza necessità di rispettare il termine decadenziale previsto per la proposizione del ricorso giurisdizionale. Su tale punto si ritiene non opportuno discostarsi dall'orientamento della Corte di cassazione che, a proposito delle ragioni di radicale nullità dell'atto, ritiene comunque non utile differenziare il regime delle impugnative, in ragione del particolare interesse pubblico sotteso agli atti impositivi; del resto, forme macroscopiche di carenze strutturali, tali da realizzare un atto del tutto abnorme, potranno essere valutate dal giudice ricorrendo alla categoria dommatica dell'atto inesistente.
In definitiva, tutte le ragioni di invalidità dell'atto si riconducono all'annullabilità, ossia possono essere rilevate dal giudice solo se oggetto di ricorso nel termine di decadenza.
Nella convinzione che un atto invalido non deve soltanto essere suscettibile di annullamento in sede giudiziale, ma deve potere essere riesaminato ed emendato dalla stessa amministrazione, si chiede al Governo di prevedere che le ragioni di invalidità siano oggetto di considerazione da parte delle amministrazioni finanziarie, anche in sede di procedure deflative come quella di reclamo e mediazione.
Nella stessa logica, il Governo dovrà prevedere che, rispetto alla stima della capacità operativa degli uffici, un determinato lasso di tempo impiegato per l'effettivo esame delle istanze di autotutela sia considerato come pienamente destinato all'attività impositiva, in quanto il ripristino di una giusta imposizione è certamente valore di interesse generale, in quanto destinato a dare attuazione agli articoli 53 e 97 della Costituzione.
La disciplina dei vizi è poi completata, nella lettera l), dalla previsione di carenze che già oggi la giurisprudenza non riconosce idonee a determinare l'annullabilità dell'atto; pur potendo arrecare pregiudizi alle situazioni dei contribuenti, questa tipologia di vizi può meglio condurre a diverse conseguenze, se del caso, indennitarie o di rimessione in termini (si pensi alla carente o errata indicazione dei comportamenti possibili dopo la notifica del provvedimento impositivo).
Con la lettera m) si delega il Governo a disciplinare, su basi nuove e di carattere generale, la problematica del concorso di atti impositivi, che, pur avendo incidenza soprattutto nelle imposte applicate su base periodica, ha una valenza sistematica di carattere generale. Prendendo atto del superamento della distinzione tra accertamenti parziali e no, poiché l'ampliamento dei presupposti per qualificare parziale un accertamento ha comportato una perdita di identità del tipo, la nuova disciplina dovrà prevedere la possibilità di reiterazione degli atti, condizionata solo dalla novità degli elementi assunti a base dei provvedimenti via via adottabili, con conseguente abrogazione anche del comma 3 dell'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui prevede quale presupposto per notificare ulteriori atti di accertamento la «sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi». L'apparente minore garanzia della nuova disciplina è compensata dalla maggiore chiarezza, rispetto all'attuale assetto, e dall'effetto preclusivo che la definizione del primo atto mediante adesione comporterà circa la possibilità di emettere i successivi; inoltre verranno meno le disposizioni che sulla distinzione tipologica fondano effetti e regole diverse (ad esempio in tema di contraddittorio).
Resta fermo che ciascun atto di accertamento, in quanto omogeneo agli altri, potrà essere oggetto di definizione mediante adesione, ma la definizione raggiunta su un atto, salvo il superamento di soglie quantitative, limita la possibilità di notificare nuovi atti.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196)

La presente iniziativa, redatta in forma di legge di delegazione, individua princìpi e criteri direttivi che indicano al legislatore delegato le modalità di attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 1, primo periodo.
Si tratta di interventi che agiscono sul perimetro della sfera delle situazioni di diritto e di dovere che connotano le parti del rapporto tributario.
Ciò premesso, può escludersi, ai sensi di quanto disposto dai regolamenti parlamentari e dalla legislazione contabile, che la presente iniziativa legislativa determini, direttamente o indirettamente, oneri a carico della finanza pubblica per cui occorra indicare adeguati mezzi di copertura finanziaria.

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PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA DEL CNEL

Art. 1.

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto disposizioni integrative e attuative dello statuto dei diritti del contribuente, di cui alla legge 27 luglio 2000, n. 212, ispirate ai princìpi generali delle tradizioni giuridiche comuni degli Stati membri dell'Unione europea e ai princìpi costituzionali sull'azione amministrativa, di sussidiarietà orizzontale fiscale, di certezza del diritto, di trasparenza, di tutela dell'affidamento, di partecipazione al procedimento, di motivazione, di chiarezza dei provvedimenti, di efficienza, di equità, di collaborazione e di buona fede, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previsione di una disciplina generale della partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento dei tributi, assicurando, anche in funzione di una definizione consensuale delle contestazioni, il diritto del contribuente:

1) ad essere informato, mediante atto formale, della chiusura delle attività istruttorie e di controllo, in qualsiasi forma effettuate, che abbiano riguardato l'adempimento degli obblighi tributari;

2) a prendere visione del fascicolo nonché in particolare dei mezzi di prova raccolti mediante indagini presso terzi;

3) a presentare deduzioni difensive in un congruo termine, non inferiore a sessanta giorni;

b) coordinamento delle norme di garanzia della partecipazione e del contraddittorio già vigenti, provvedendo all'abrogazione di quelle in contrasto con la nuova disciplina;

c) mantenimento delle attuali regole sulla partecipazione al procedimento di liquidazione e rettifica formale;

d) coordinamento del diritto alla conoscenza degli atti istruttori, di cui alla lettera a), con le esigenze di segretezza e di riservatezza;

e) disciplina generale dei procedimenti ad istanza di parte previsti da legge o da regolamento, prevedendo che l'adozione del provvedimento di diniego sia preceduta dalla comunicazione di un preavviso e da un congruo termine entro il quale sia consentito al destinatario di presentare deduzioni e osservazioni; per gli atti di diniego esplicito nei procedimenti ad istanza di parte, applicazione del principio per cui nuove ragioni di diniego non possono essere dedotte in sede processuale e, solo se sopravvenute, possono essere oggetto di un atto sostitutivo del precedente; estensione del principio del silenzio-inadempimento ad ogni procedimento ad istanza di parte previsto da legge o da regolamento, con accesso diretto alla giurisdizione tributaria decorsi novanta giorni dalla presentazione dell'istanza senza l'adozione di un diniego esplicito;

f) disciplina generale dei requisiti minimi di motivazione degli atti impositivi impugnabili, da identificare nelle ragioni giuridiche e di fatto sui quali l'atto si basa, nell'individuazione delle norme applicate, nella replica alle eventuali deduzioni difensive presentate e nell'indicazione delle risultanze delle attività istruttorie compiute;

g) previsione della non modificabilità e della non integrabilità della motivazione dell'atto impositivo in sede processuale;

h) disciplina generale dei vizi invalidanti dell'atto impositivo, da identificare, oltre che nei casi di cui all'articolo 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, nella violazione delle norme essenziali regolatrici dell'istruttoria e del contraddittorio e dei contenuti dell'atto, nella violazione di termini decadenziali o di termini dilatori essenziali, nell'incompetenza dell'ufficio o del funzionario che sottoscrive l'atto e nella difformità da risposte ad interpelli;

i) disciplina della rilevanza dei vizi di validità di cui alla lettera h), prevedendo che essi siano rilevabili dal giudice solo se tempestivamente dedotti nei motivi di ricorso, non precludano la riemissione dell'atto emendato nei termini di decadenza, debbano essere valutati dalle amministrazioni finanziarie in sede di riesame in autotutela e nell'ambito dei procedimenti di adesione, di reclamo e mediazione e di conciliazione; attribuzione di un peso specifico, rispetto alla produttività dell'ufficio, per l'attività lavorativa impiegata nella valutazione delle istanze di autotutela;

l) disciplina dei vizi non invalidanti degli atti impositivi, prevedendo che essi comportino conseguenze indennitarie o recuperatorie proporzionali all'interesse leso, ferma restando la validità del provvedimento;

m) eliminazione della distinzione tra accertamenti parziali e non parziali, anche con riferimento alla disciplina della reiterazione degli atti impositivi, ammettendo in ogni caso la notificazione, entro il termine di decadenza, di più atti impositivi, anche di identica natura, purché sorretti da elementi di fatto diversi da quelli posti a base degli atti precedenti, e prevedendo l'efficacia preclusiva della definizione mediante adesione di ciascun atto di accertamento, rispetto alla notificazione di nuovi atti impositivi, salvo il caso di sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi che determini una maggiore imposta dovuta superiore ad una soglia.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni correttive delle leggi tributarie vigenti, necessarie a garantirne la coerenza con i princìpi desumibili dalle disposizioni dei decreti legislativi di cui al comma 1.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, del parere del Consiglio di Stato e del parere del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, che sono resi nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione dello schema di ciascun decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Lo schema del decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione, che si pronunciano nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato. Se il termine previsto per il parere scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1 o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può comunque essere adottato.
4. Entro dodici mesi, rispettivamente, dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2, il Governo può adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e della procedura di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.

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