PDL 658

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 658

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CALDERONE, PATRIARCA, PELLA

Modifiche all'articolo 192 del codice di procedura penale, in materia di valutazione degli elementi di prova desunti da intercettazioni di conversazioni tra soggetti diversi dall'indagato, e all'articolo 375 del codice penale, in materia di omessa trascrizione di intercettazioni di contenuto favorevole all'indagato

Presentata il 30 novembre 2022

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Onorevoli Colleghi! – L'articolo 192 del codice di procedura penale, relativo al regime di valutazione della prova, ribadisce innanzitutto il principio del libero convincimento del giudice, in un'ottica di rigorosa tutela della legalità sul piano probatorio.
La norma delimita il libero apprezzamento del giudice in due precisi ambiti.
In generale, si esclude che possano essere utilizzati elementi di natura meramente indiziaria, a meno che tali elementi siano gravi, precisi e concordanti (articolo 192, comma 2).
In secondo luogo, in relazione alle dichiarazioni dei coimputati nel medesimo reato o degli imputati in un procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12 del medesimo codice di procedura penale, la norma stabilisce che esse devono sempre essere valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità (articolo 192, comma 3).
Il medesimo principio vale altresì in riferimento alle dichiarazioni rese dall'imputato in un reato collegato a quello per cui si procede, ai sensi dell'articolo 371, comma 2, del medesimo codice di procedura penale, nonché in relazione alle dichiarazioni all'imputato che abbia assunto l'ufficio di testimone ai sensi dell'articolo 197-bis (articolo 192, comma 4).
In tale maniera, il codice opera una presunzione di inattendibilità delle dichiarazioni rese da vari soggetti, permettendone l'utilizzabilità solo quando sono corroborate da altri elementi probatori.
La proposta di legge in esame mira a inserire un ulteriore caso tra quelli per i quali si deve applicare la disciplina dell'articolo 192, comma 3, del codice di procedura penale: quello delle cosiddette «intercettazioni indirette», ossia delle intercettazioni concernenti le conversazioni telefoniche o tra presenti di soggetti diversi dall'indagato, dall'imputato e dalla persona comunque assente dalla stessa conversazione.
Secondo la prevalente giurisprudenza, le dichiarazioni cristallizzate nella registrazione costituiscono infatti prova della colpevolezza del terzo estraneo alla conversazione, senza necessità degli ulteriori elementi di prova previsti dal comma 3 dell'articolo 192.
In sostanza, la prova dichiarativa contro alias sarebbe normativamente incerta e necessiterebbe di riscontri; l'intercettazione, invece, essendo effettuata nei confronti di un soggetto che si presume inconsapevole, sarebbe per ciò essa stessa fonte di prova certa che non necessiterebbe – da un punto di vista epistemologico – di alcun riscontro per essere positivamente impiegata quale unico elemento di prova per giungere ad un giudizio di colpevolezza.
L'accusa in danno di una terza persona non è equiparabile alla chiamata in correità e, pertanto, se ne ricava che essa non è soggetta, nella predetta valutazione, ai canoni di cui all'articolo 192, comma 3, del codice di procedura penale: tali dichiarazioni hanno, dunque, integrale valenza probatoria (Corte di cassazione sentenza 14 ottobre 2003, n. 603, giudice amministrativo, Centro elettronico di documentazione della Cassazione 227815, in Cassazione penale, 2002, 2845).
Pertanto, secondo il prevalente orientamento della Corte di cassazione, quando due persone intercettate rilasciano dichiarazioni accusatorie nei confronti di terze persone non presenti alla conversazione captata, tali dichiarazioni hanno valore di prova piena, salvo il prudente apprezzamento del giudice.
Dire che tutto è rimesso al «prudente vaglio del giudice» significa consentire l'accesso nel mondo della prova a dichiarazioni contra alios, formatesi nelle indagini, inserite nel fascicolo del dibattimento senza contraddittorio, trasformando in elemento di prova documentale quello che era, e doveva rimanere, nel più ampio genus dell'universo dichiarativo.
Il tutto, poi, difficilmente censurabile dalla (impotente e sterilizzata) difesa, sul piano del contributo alla ricostruzione della realtà storica.
L'orientamento della Corte suesposto è oramai incompatibile con la diffusione del mezzo di ricerca della prova delle intercettazioni e soprattutto con la diffusa cultura di essere ascoltati.
Si è constatato che spesso gli intercettati, nelle conversazioni o comunicazioni captate, tentano dolosamente di ingannare l'interlocutore esprimendosi in modo tale da non poter comprendere se siano portatori di reali conoscenze o invece manifestino ipotesi, illazioni o congetture; altrettanto spesso, riferiscono circostanze imprecise, o addirittura false, allo scopo occulto di ledere ingiustamente un terzo.
Per queste ragioni, in particolare per le dichiarazioni acquisite mediante intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra soggetti diversi rispetto all'imputato o alla persona sottoposta alle indagini o comunque alla persona non presente, è pertanto necessario applicare la disciplina del citato articolo 192, comma 3, del codice di procedura penale.
Anzi, la necessità si rende ancora più evidente se si tiene conto del fatto che il dichiarante davanti all'autorità, in caso di false dichiarazioni, si espone a conseguenze giudiziarie gravi quali la commissione del reato di calunnia e falsa testimonianza, mentre ciò non accade per il dichiarante intercettato.
Inoltre, il dichiarante davanti all'autorità può e deve essere controesaminato e anzi, se non si sottopone al contraddittorio, non potrà essere emessa alcuna sentenza di condanna nei confronti del terzo sulla base delle sue dichiarazioni, ai sensi dell'articolo 526, comma 1-bis, del codice di procedura penale, mentre le dichiarazioni intercettate non consentono alcun formale contraddittorio o, meglio, non comportano nessuna conseguenza giuridica in caso di sua assenza.
Pertanto, l'articolo 1 della presente proposta di legge intende modificare l'articolo 192 del codice di procedura penale, inserendo le intercettazioni indirette tra i casi per i quali si deve applicare la disciplina di cui al comma 3 del medesimo articolo, stabilendo così che esse debbano sempre essere valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità.
Sempre all'interno del più ampio procedimento in cui si articolano le intercettazioni, il segmento deputato a separare le registrazioni utili da quelle superflue mostra tratti di particolare importanza e delicatezza. Nello specifico, si evidenzia come, sovente, nell'ambito dell'attività di captazione capiti che una conversazione di chiaro segno favorevole non venga trascritta, con conseguente probabile determinazione di danni irreparabili per la persona sottoposta alle indagini.
In buona sostanza le sorti processuali del cittadino indagato sono rimesse alla correttezza e al buon senso dell'agente o ufficiale di polizia giudiziaria che ascolta le conversazioni sottoposte a intercettazione o captazione.
Sarà, poi, onere dell'indagato o imputato – in una fase successiva – magari dopo la emissione di una misura limitativa della libertà personale, individuare la conversazione di segno favorevole e magari liberatoria.
Tale ultima attività, di fatto, presenta delle problematiche sia di carattere processuale sia di natura economica; si evidenzia la fattuale difficoltà di ascoltare migliaia di conversazioni protrattesi per lassi temporali molto estesi: è altamente probabile che la parte e il suo difensore non abbiano memoria del contenuto delle conversazioni ritenute utili alla sua difesa.
Il tema diviene ancor più sostanziale ove si consideri l'onerosità di tale attività che, di fatto, vanifica il diritto di difesa di molte persone sottoposte a procedimento penale e, in particolare, degli indagati o imputati non abbienti i quali sono, di fatto, privi della possibilità di avere a disposizione tutti i supporti informatici necessari.
Come sempre è la prassi giudiziaria a fungere da esempio e anche da monito: decisive conversazioni di segno favorevole all'indagato non sono state trascritte nella fase delle indagini preliminari e i danni per il cittadino indagato sono stati inestimabili, così come per l'amministrazione della giustizia.
La prassi ci restituisce troppi casi di indagati che sono stati addirittura sottoposti a misure cautelari in presenza di conversazioni che avrebbero potuto essere liberatorie.
L'articolo 2 della proposta risponde a tale istanza secondo un criterio di assoluta ragionevolezza, tramite l'introduzione, in seno all'articolo 375 del codice penale, disciplinante il delitto di «Frode processuale in processo penale e depistaggio», la nuova fattispecie dell'ufficiale o dell'agente di polizia giudiziaria che omette di trascrivere le parti delle conversazioni captate o intercettate evidentemente favorevoli al reo.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica all'articolo 192 del codice di procedura penale)

1. Al comma 4 dell'articolo 192 del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e alle intercettazioni concernenti conversazioni telefoniche o tra presenti svolte tra soggetti diversi dall'indagato, dall'imputato e dalla persona comunque assente dalla stessa conversazione».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 375 del codice penale)

1. All'articolo 375, primo comma, del codice penale è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«b-bis) omette di trascrivere una conversazione telefonica o tra presenti di chiaro ed evidente contenuto favorevole alle persone nei confronti delle quali si stanno svolgendo indagini».

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