PDL 562

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 562

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ZINZI, MATONE, CATTANEO, CRIPPA, ROTONDI, ROSATO, CESA, ROMANO, DALLA CHIESA, ASCARI, ZANELLA, BORRELLI, BELLOMO, CARRÀ, DI MATTINA, GIAGONI, SUDANO, PIERRO, MONTEMAGNI, TOCCALINI, PIZZIMENTI, NISINI, LATINI, CATTOI, MIELE, BARABOTTI, BOF, LOIZZO, BATTILOCCHIO, PATRIARCA, RUBANO, CERRETO, CANGIANO, GIORGIANNI, SEMENZATO, BICCHIELLI, GRAZIANO, AMATO, CASTIGLIONE

Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, e altre disposizioni in materia di disciplina dell'accesso alle informazioni sulle proprie origini biologiche da parte del figlio non riconosciuto alla nascita

Presentata il 14 novembre 2022

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Onorevoli Colleghi! – Con la sentenza n. 278 del 18 novembre 2013, la Corte costituzionale ha dichiarato «l'illegittimità costituzionale dell'articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come sostituito dall'articolo 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre – che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127) – su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione».
La pronuncia si pone nel solco della decisione con la quale la Corte europea dei diritti dell'uomo ha ritenuto che la legislazione italiana richiamata violi la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e segnatamente si ponga in contrasto con l'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), in quanto non consente né la reversibilità del segreto conseguente alla scelta dell'oblio operata dalla partoriente, né l'accesso del figlio non riconosciuto alle informazioni sulle proprie origini ancorché non identificative di colei che l'ha generato e, di conseguenza, omette il dovuto ed effettivo contemperamento tra gli interessi fondamentali e concorrenti in causa (Corte europea dei diritti dell'uomo, Godelli contro Italia, sentenza del 25 dicembre 2012, ricorso n. 33783/09).
In una più recente occasione la medesima Corte (Corte europea dei diritti dell'uomo, Calin e altri contro Romania, sentenza del 19 giugno 2016, ricorsi nn. 25057/11, 34739/11 e 20316/12) ha ribadito che fondamento del diritto di risalire alle proprie radici è la tutela della vita privata, che comprende il diritto a conoscere i dettagli della propria identità di essere umano, puntualizzando altresì che il diritto dell'individuo a conseguire simili informazioni, che comprendono quelle necessarie all'identificazione della genitura biologica, si qualifica come fondamentale in virtù dell'influenza dalle stesse esercitata sul cammino di costruzione della personalità.
L'intervento legislativo, suggerito dalla giurisprudenza interna e sovranazionale, è imprescindibile in ragione della pronunciata incostituzionalità e dell'incompatibilità con gli obblighi che derivano all'Italia dall'adesione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. L'intervento è altresì urgente per consentire finalmente la concreta attuazione del diritto alla conoscenza delle proprie origini, presidiato da garanzie fondamentali, e disciplinare, tra l'altro, i casi di irreperibilità o decesso della madre che renderebbero vane le ricerche e il richiamo allo scopo della verifica di un eventuale ripensamento. È poi necessario adottare una serie di cautele, al fine di raccogliere e comunicare in ogni caso le informazioni personali e sanitarie non identificanti, conferendo concreta attuazione al principio già in vigore in forza dell'articolo 93, comma 3, del decreto legislativo n. 196 del 2003, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione. Si pone inoltre questione circa l'età richiesta all'adottato per l'interpello, non essendovi ragione per rinviare l'istanza al compimento dei venticinque anni.
Le modalità dell'interpello della donna rivestono particolare rilievo, al fine di garantirne al massimo grado la riservatezza, senza compromettere la realizzazione del bilanciamento con il diritto del nato a conoscere le proprie origini, né l'altrettanto fondamentale aspirazione della donna a revocare la dichiarazione originariamente espressa. In linea con quanto affermato nella sentenza della Corte di cassazione n. 1946 del 2017, sarebbe utile procedere secondo «i protocolli in concreto seguiti da quei Tribunali per i minorenni che, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013, hanno correttamente ritenuto di dare corso alla istanza del figlio di interpello della madre naturale per un'eventuale revoca della scelta di rimanere anonima fatta al momento del parto», dimostrando «come le norme di riferimento, arricchite delle indicazioni contenute nell'addizione del principio, siano suscettibili di essere declinate in direzioni pratiche dell'attività e del procedimento, capaci di consentire che, nel terminale del momento applicativo, il contatto con la madre, rivolto a raccogliere un'insindacabile dichiarazione di volontà, avvenga con modalità non invasive e rispettose della sua dignità e, nello stesso tempo, cautelando in termini rigorosi il suo diritto alla riservatezza».
Nella conclusiva fase di interpello, saranno utilizzati, prevalentemente, i servizi sociali che opereranno una mediazione che tenga conto dei tempi necessari alla donna per elaborare l'esperienza, anche attraverso un sostegno psicologico, offerto dallo stesso tribunale, attraverso figure a ciò preposte, quali i giudici onorari.
Di fatto, così come indicato negli studi del Comitato nazionale per il diritto alle origini biologiche, al di là degli aspetti giuridici, l'interpello porta con sé una complessità emotiva e psicologica che impone un'adeguata formazione degli operatori e raccomanda la massima delicatezza nell'affrontarlo.
Infine, ove la donna risulti deceduta al momento in cui dovrebbe essere effettuato l'interpello, non essendo più possibile procedere al medesimo per la verifica della perdurante volontà di conservare il segreto, l'identità della partoriente deve essere comunicata all'istante, in ossequio a quanto ribadito in più occasioni dalla Corte di cassazione, secondo la quale non si può «considerare operativo, oltre il limite della vita della madre che ha partorito in anonimo, il termine, previsto dal decreto legislativo n. 196 del 2003, articolo 93, comma 2, di cento anni dalla formazione del documento per il rilascio della copia integrale del certificato di assistenza al parto o della cartella clinica, comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata. Una diversa soluzione determinerebbe la cristallizzazione di tale scelta anche dopo la sua morte e la definitiva perdita del diritto fondamentale del figlio, in evidente contrasto con la necessaria reversibilità del segreto (Corte costituzionale n. 278 del 2013), nonché l'affievolimento, se non la scomparsa, di quelle ragioni di protezione che l'ordinamento ha ritenuto meritevoli di tutela per tutto il corso della vita della madre, proprio in ragione della revocabilità di tale scelta (Cassazione n. 15024 e 22838 del 2016)».

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche all'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184)

1. All'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. L'adottato, o il figlio non riconosciuto alla nascita da una donna che abbia manifestato la volontà di non essere nominata, ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, o un loro diretto discendente, raggiunta la maggiore età, possono chiedere di avere accesso a informazioni che riguardano la propria origine ovvero l'identità dei propri genitori biologici. L'istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza. L'accesso alle informazioni non legittima azioni di stato né dà diritto ad alcuna rivendicazione di carattere patrimoniale o successorio. Quando il figlio sia parzialmente o totalmente incapace, l'istanza è presentata da chi ne ha la legale rappresentanza solo per l'acquisizione di informazioni di carattere sanitario»;

b) il comma 7 è sostituito dai seguenti:

«7. L'accesso alle informazioni di cui al comma 5 è consentito nei confronti della madre che, avendo dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, abbia successivamente revocato tale dichiarazione ovvero sia deceduta o sia stata dichiarata incapace di esprimere la propria volontà o sia irreperibile. La dichiarazione di revoca è resa personalmente dalla donna presso il tribunale per i minori del luogo dove è avvenuto il parto e deve essere inserita nel fascicolo del figlio. Differentemente, la donna ha facoltà, decorsi diciotto anni dal parto, di confermare con le medesime modalità l'esercizio del diritto all'anonimato. In questo caso, qualora sia presentata istanza ai sensi del comma 7-bis del presente articolo, il tribunale per i minorenni autorizza l'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all'eventuale presenza di malattie ereditarie trasmissibili, nonché il rilascio, da parte degli enti interessati, di tutta la documentazione relativa alla permanenza del minore in istituto o presso eventuali balie.
7-bis. Su istanza dei soggetti legittimati ad accedere alle informazioni ai sensi dei commi 4 e 5, o del figlio non riconosciuto alla nascita, ovvero dei loro discendenti, in caso di loro morte o incapacità, e in mancanza di revoca della dichiarazione della madre di non voler essere nominata, il tribunale per i minorenni, con modalità che assicurino la massima riservatezza, avvalendosi preferibilmente del personale dei servizi sociali, ricerca e contatta la madre per verificare se intenda rimuovere l'anonimato a seguito della richiesta del figlio.
7-ter. Il tribunale per i minorenni, ricevuta l'istanza, forma il relativo fascicolo garantendone la segretezza fino alla conclusione del procedimento. Chiunque partecipi al procedimento è tenuto al segreto sulle informazioni raccolte nell'ambito del procedimento medesimo. Il tribunale incarica delle indagini una squadra specializzata di polizia giudiziaria, scelta tra i corpi militari, vigilando che esse siano svolte senza tralasciare il sopralluogo presso l'istituto o il luogo di nascita e altre pubbliche amministrazioni che possano conservare dati utili all'identificazione della donna, della sua esistenza in vita o dell'intervenuto decesso e del suo luogo di residenza. Ove la donna risulti in vita, il tribunale incarica il servizio sociale del luogo di residenza di questa di recapitare, esclusivamente a mani proprie dell'interessata, una lettera di convocazione per comunicazioni orali, indicando diverse date possibili nelle quali le comunicazioni saranno effettuate, presso la sede del servizio o, ove preferito, al domicilio della donna. In nessun caso l'operatore comunica il motivo della convocazione, osservando il più stretto segreto d'ufficio. Il servizio notificante informa il giudice delle condizioni psicofisiche della donna, in modo da consentire le cautele imposte dalla fattispecie. Il colloquio avviene nel giorno e nel luogo scelto dall'interessata, tra quest'ultima, sola e senza eventuali accompagnatori, e il giudice onorario minorile delegato dal giudice togato. L'interessata è messa al corrente dal giudice che il figlio che mise alla luce quel certo giorno ha espresso il desiderio di accedere ai propri dati di origine ed è informata che ella può o meno disvelare la sua identità e può anche richiedere un termine di riflessione. Se la donna consente, il giudice redige verbale, facendolo sottoscrivere all'interessata, solo allora rivelando a quest'ultima il nome del ricorrente. Qualora la donna risulti essersi trasferita all'estero, il tribunale provvede ad accertarne l'esistenza in vita, tramite rogatoria internazionale, e chiede di farla contattare dai servizi sociali del luogo attuale di residenza, con lo stesso procedimento dinanzi descritto. Se la donna non consente alla revoca dell'anonimato, il giudice si adopera per raccogliere, nel rispetto della riservatezza della donna, tutte le informazioni utili a ricostruire l'identità personale del nato, attraverso la conoscenza delle circostanze del concepimento e della nascita, nonché dati anamnestici e familiari, con il rilascio, da parte degli enti interessati, di tutta la documentazione relativa alla permanenza del minore in istituto o presso eventuali balie. In questo caso, il ricorrente ha diritto di conoscerne l'identità dopo il decesso della donna, che è a lui comunicato dal tribunale per i minorenni adìto per l'istanza. In ogni caso, il ricorrente non può presentare nuova istanza prima di cinque anni. La donna ha comunque la facoltà di revocare l'anonimato in qualsiasi momento, con dichiarazione resa al medesimo tribunale e trasmessa in forma riservata. Della revoca è informato tempestivamente l'istante, o in caso di suo decesso i suoi discendenti. Nel caso in cui la donna risulti deceduta, il tribunale comunica senz'altro la sua identità all'istante, pronunciandosi con decreto motivato. Con le medesime modalità, su ricorso dell'interessato e attraverso interpello è consentito l'accesso ai dati identificativi di eventuali fratelli adottati.
7-quater. Le istanze di cui ai commi 7-bis e 7-ter devono essere presentate al tribunale per i minorenni competente per il luogo in cui è avvenuto il parto.
7-quinquies. In caso di mancato accoglimento dell'istanza di cui ai commi 7-bis e 7-ter, l'istante è informato in ordine alle procedure messe in atto».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 93 del codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

1. Al comma 2 dell'articolo 93 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, commi 7 e 7-bis, della legge 4 maggio 1983, n. 184».

Art. 3.
(Modifica dell'articolo 30 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396)

1. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede a modificare l'articolo 30 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, al fine di modificare la disciplina relativa alla dichiarazione di volontà della madre di non esse nominata, di cui al comma 1 del predetto articolo 30, prevedendo:

a) che la madre sia informata, anche in forma scritta: degli effetti giuridici, per lei e per il figlio, della dichiarazione di non voler essere nominata; della facoltà di revocare, senza limiti di tempo, o confermare, decorsi diciotto anni dalla nascita del figlio, la dichiarazione di non voler essere nominata e delle modalità per formalizzare la revoca o la conferma, ai sensi del comma 7 dell'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificato dall'articolo 1 della presente legge; della facoltà del figlio, raggiunta l'età prevista dalla legge, di presentare istanza al tribunale per i minorenni affinché questo verifichi se la madre intenda mantenere l'anonimato, ai sensi del comma 7-bis del citato articolo 28 della legge n. 184 del 1983, introdotto dall'articolo 1 della presente legge;

b) che il personale sanitario raccolga i dati anamnestici non identificativi della madre, anche con riguardo alla sua storia sanitaria personale e familiare, e li trasmetta senza ritardo al tribunale per i minorenni del luogo di nascita del figlio, unitamente all'attestazione dell'informativa di cui alla lettera a).

Art. 4.
(Disposizioni transitorie)

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la madre che ha manifestato la volontà di non essere nominata, ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, può confermare la propria volontà comunicandola al tribunale per i minorenni del luogo di nascita del figlio. Con decreto del Ministro della giustizia, adottato entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di tale comunicazione al fine di garantirne la massima riservatezza.
2. Nel caso in cui la madre non abbia confermato la propria volontà di non essere nominata, ai sensi del comma 1 del presente articolo, si applica il comma 7-bis dell'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, introdotto dall'articolo 1 della presente legge.
3. Nel caso in cui la madre abbia confermato, ai sensi del comma 1, la propria volontà di non essere nominata e sia stata presentata l'istanza di cui al comma 7-bis dell'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, introdotto dall'articolo 1 della presente legge, il tribunale per i minorenni autorizza l'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all'eventuale presenza di malattie ereditarie trasmissibili. Consente altresì la conoscenza dell'identità di eventuali fratelli e consanguinei, ai sensi dell'articolo 28, commi 5 e seguenti, della legge 4 maggio 1983, n. 184. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro della giustizia, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, reso nel termine previsto dall'articolo 154, comma 5, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono stabilite le modalità di svolgimento di una campagna di informazione per dare piena conoscibilità alle previsioni del presente articolo, nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 5.
(Relazione alle Camere)

1. Il Governo, decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, trasmette alle Camere una relazione concernente l'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, anche con particolare riferimento al numero di dichiarazioni rese ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

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