PDL 506

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 506

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
GRIBAUDO, FOSSI, QUARTAPELLE PROCOPIO, SARRACINO, ZAN

Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernenti il congedo obbligatorio e le indennità di maternità e paternità, il congedo parentale e il lavoro agile o a tempo parziale condiviso tra i genitori, nonché disposizioni per lo sviluppo dei servizi in favore della genitorialità e delega al Governo in materia di determinazione delle indennità di maternità e di paternità per gli iscritti alle casse previdenziali professionali

Presentata il 3 novembre 2022

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge prende le mosse dalla considerazione che gli squilibri di genere nel nostro Paese sono strettamente legati all'iniqua distribuzione del tempo tra lavoro retribuito e non retribuito (ossia il tempo speso in attività di cura familiare e domestica). È per questo che la presente proposta di legge vuole superare la logica di mere politiche di conciliazione, per cui solo alle donne si chiede di «conciliare» vita e lavoro, per mettere in campo politiche di condivisione, che aiutino tutte le famiglie a condividere le scelte di vita e di lavoro al proprio interno, in maniera libera e paritaria. Per farlo, è necessaria una strategia «di sistema» fatta di molti strumenti, dai congedi obbligatori a quelli facoltativi, dal part-time di coppia al sostegno alle imprese per aiutarle ad assorbire lo shock di flessibilità richiesto da vere politiche di condivisione. Nel corso degli ultimi decenni si è assistito a un progressivo mutamento in Europa (e nei Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – OCSE) dei modelli di vita e di lavoro. Dal modello tradizionale «Male Bread Winner/Female Care Giver», che assume una netta divisione di genere nel lavoro retribuito e non retribuito, con l'uomo principale responsabile del sostentamento della famiglia e la donna dedita alla cura della casa e dei figli, si è inizialmente passati a un modello intermedio, il cosiddetto «Dual Earner Family», in cui pur lavorando entrambi la divisione di genere nelle responsabilità di cura rimane principalmente a carico del genere femminile. In questo modello intermedio, l'impegno lavorativo della donna è di tipo marginale, prevalentemente a carattere temporaneo, e considerato una strategia per permettere un'integrazione al reddito familiare. Tuttavia, il progressivo aumento dei livelli di qualificazione femminile ha portato un progressivo ingresso massiccio delle donne nel mercato del lavoro, anche su posizioni professionali di livello decisionale, accompagnando l'affermarsi di un nuovo modello di lavoro e famiglia, il cosiddetto «Dual Career Family», in cui tutti i componenti delle famiglie, uomini e donne, intendono realizzarsi pienamente e in egual misura nella professione e nel lavoro e tutti, uomini e donne, intendono partecipare pienamente e in egual misura nella gestione, organizzazione e decisione della vita familiare e domestica. Tale modello viene anche denominato «Universal Care Giver» o più chiaramente «Equally Shared Parenting» (genitorialità equamente condivisa), per sottolineare l'equità nella distribuzione delle responsabilità sia in riferimento all'ambito economico e lavorativo sia in riferimento alle cure familiari e domestiche. Quest'ultimo modello sta riscuotendo un forte interesse in ambito scientifico e in ambito politico per la portata dirompente che presenta in termini di affermazione sostanziale della parità di genere tra uomini e donne e per le implicazioni che presenta in termini economici, sociali, sanitari e culturali. Ovviamente i diversi modelli convivono nelle società e presentano una connotazione generazionale, con una tendenza sempre più marcata da parte dei giovani uomini/padri e delle giovani donne/madri a essere più orientati verso un modello egualitario. Le indagini sull'uso del tempo condotte da anni a livello mondiale, per esempio, presentano una tendenziale (anche se lenta) maggiore propensione da parte dei giovani padri a dedicare significativamente più tempo alle attività di cura familiare e domestica. Ciò viene confermato anche dai dati rilevati nel nostro Paese attraverso le analisi condotte periodicamente dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sull'uso del tempo. Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) si può stimare che, sulla base delle tendenze in atto verso una maggiore parità di genere nell'uso del tempo, ci vorranno 207 anni per arrivare a registrare statisticamente lo stesso tempo impiegato per lavoro retribuito e non retribuito da parte di donne e uomini. L'obiettivo di questa proposta di legge è proprio quello di non dover aspettare fino al 2229 per raggiungere questo traguardo. I cambiamenti culturali in atto possono essere accelerati da una strategia complessiva fatta di welfare, congedi, sostegno alla genitorialità e investimenti. Per arrivare presto al vero obiettivo di questa proposta di legge: che donne e uomini dedichino lo «stesso tempo» alla propria attività lavorativa e alla cura degli affetti più cari. D'altronde, le indagini sui valori (World Values Survey – WVS) evidenziano che le nuove generazioni di uomini (appartenenti alla cosiddetta generazione dei Millenials e alla Generazione Z) sono più proiettati verso l'equilibrio tra generi nella distribuzione del lavoro di cura e lavoro retribuito, danno più valore alla famiglia, qualsiasi tipo di famiglia, valorizzano maggiormente la paternità, attribuiscono minor valore alla realizzazione professionale e al lavoro come unico ambito di realizzazione di sé e danno più peso ai valori comunitari. Le ragazze e le donne delle stesse generazioni, rispetto a quelle precedenti, danno una maggiore importanza all'impegno professionale e formativo e non interpretano più la famiglia e l'avere dei figli come ambito esclusivo di realizzazione di sé. Si registra, quindi, un sempre maggiore equilibrio e uniformità nei valori da parte delle giovani donne e dei giovani uomini a livello mondiale e ciò costituisce un fenomeno di grande novità che non è mai stato registrato da quando si realizzano questo tipo di indagini. La transizione verso l'equità di genere stenta, tuttavia, ad affermarsi nella realtà, sia in termini di partecipazione delle donne al lavoro sia in riferimento alla distribuzione del carico di cura tra i partner. L'Italia, dopo la Grecia, è il Paese dell'Unione europea che registra il tasso di occupazione femminile più basso, il 53 per cento, mentre quello maschile è pari al 65 per cento (EUROSTAT, 2019). La situazione nel nostro Paese è aggravata anche da un forte divario territoriale: le regioni del Nord presentano livelli di occupazione femminile in linea con le medie europee, intorno al 62-63 per cento, mentre nelle regioni del Sud la quota di donne occupate si dimezza, registrando valori intorno al 30 per cento (SVIMEZ, 2019). Le donne italiane si fanno carico del 74 per cento del lavoro di cura e svolgono 5 ore e 5 minuti di lavoro non retribuito di assistenza e cura al giorno, mentre gli uomini soltanto 1 ora e 48 minuti. Nei Paesi europei che registrano tassi di occupazione femminili più alti, il peso delle cure è maggiormente distribuito tra i partner, le donne lavorano di più e possono scegliere più liberamente di impegnare i loro talenti e gli studi fatti nel lavoro e nella professione. Dall'altra parte gli uomini, pur mantenendo alti tassi di partecipazione al lavoro, dedicano più tempo alla famiglia e alla cura domestica. Non meno importante, laddove si rileva un maggiore bilanciamento nell'uso del tempo tra uomini e donne si registra anche una maggiore realizzazione dei desideri di genitorialità. In Italia studi recenti hanno stimato che i tassi di rinuncia alla maternità sono tra i più alti in Europa e sono causati principalmente dalle difficoltà a conciliare l'impegno lavorativo con le responsabilità familiari. Dall'altro lato, si conferma che nei Paesi che presentano un maggiore bilanciamento nell'uso del tempo tra donne e uomini si registra una più alta natalità. L'obiettivo dello «stesso tempo» è fondamentale per superare le disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro, dalla sotto-occupazione femminile ai divari retributivi. Recenti studi econometrici (Kleven et al., Child Penalties across Countries: Evidence and Explanations, American Economic Review P&P, 2019) mostrano che, nonostante la convergenza di uomini e donne nel mercato del lavoro, soprattutto grazie al livellamento degli anni di istruzione, il gap salariale e occupazionale tra donne e uomini è ormai in gran parte dovuto alla scelta di avere figli. Se la cosiddetta «child penalty» (per le donne) nel 1980 spiegava il 40 per cento delle disuguaglianze di genere sul lavoro, nel 2013 era arrivata a spiegarne addirittura l'80 per cento. Dietro questi numeri ci sono storie di donne che devono rinunciare da sole ai propri sogni professionali per la decisione (condivisa) di avere figli. È per questo che la presente proposta di legge vuole superare la logica di mere politiche di conciliazione per introdurre politiche di condivisione, che aiutino tutte le famiglie a condividere le scelte di vita e di lavoro, liberando la libertà di tutti, uomini e donne. La presenza di un sistema di welfare familiare e di un mercato del lavoro tutt'oggi tarato su un modello tradizionale nella ripartizione dei compiti di genere condiziona negativamente la libertà di scelta di partecipare pienamente al lavoro da parte delle donne/madri, così come la libertà di scelta di partecipare pienamente alla vita familiare e alla crescita dei figli da parte degli uomini/padri. Tale «ritardo» si ripercuote a livello economico e sociale in una mancata partecipazione al mercato del lavoro delle donne, nella scarsità di donne valide e preparate in posizioni decisionali, in una potenziale mancata crescita del prodotto interno lordo, nella mancata partecipazione da parte degli uomini nella crescita e nelle attività di cura dei figli, nella rinuncia ai desideri di genitorialità e nella riduzione progressiva delle nascite. A questo proposito si possono individuare tre principali aree di maggiore criticità: 1) il disequilibrio nell'accessibilità a misure e opportunità che facilitino la gestione paritaria della genitorialità tra uomini e donne (per esempio, i congedi obbligatori e facoltativi di maternità e paternità, il ricorso al part-time e ad altri strumenti di flessibilità). Disequilibrio che porta le donne/madri a ridurre e, purtroppo, anche a rinunciare al lavoro o a dedicarsi all'attività professionale in modo marginale, e che impedisce ai padri/uomini di svolgere il ruolo di co-responsabili delle cure familiari e domestiche; 2) la rigidità nei sistemi di organizzazione del lavoro, sia in ambito privato sia in ambito pubblico. C'è bisogno di sostenere le aziende e le organizzazioni del lavoro nella capacità di innovazione dell'organizzazione della produzione con consulenza e formazione adeguata, che porti all'adozione di schemi di impiego flessibili, guidati da un approccio organizzativo e partecipativo in modo da approdare a soluzioni win-win che consentano di recuperare produttività e redditività aziendale e nello stesso tempo rispondano alle esigenze di qualità del lavoro e di equilibrio tra impegno professionale e vita familiare e personale dei lavoratori e delle lavoratrici. La drammatica esperienza della pandemia a questo proposito ha prodotto una frattura importante rispetto all'organizzazione del lavoro e della produzione, da cui sarebbe utile ripartire per sostenere processi di ammodernamento organizzativo capaci di includere anche le esigenze che derivano dai nuovi modelli di riferimento di vita e di lavoro; 3) l'inadeguatezza del sistema di servizi alla famiglia e alla persona sia in termini di diffusione, almeno in alcune aree del Paese, sia in relazione alla varietà e alla differenziazione delle prestazioni rispetto alle svariate esigenze che presentano le famiglie in cui entrambi i partner lavorano. C'è l'esigenza, in questo caso, di sostenere a livello territoriale lo sviluppo non solo di un sistema ordinario di servizi alla prima infanzia (per esempio, asili nido), ma anche di servizi integrati e prestazioni di cura di carattere flessibile per sollevare gli uomini e le donne, madri e padri, dagli impegni di cura lungo tutto l'arco del ciclo di vita delle cure, che non si esauriscono al compimento del terzo anno di vita dei bambini. Si tratta di ambiti di criticità comuni ai Paesi europei, ma che in Italia presentano maggiori elementi di resistenza e di ritardo. Le istituzioni europee in questi anni hanno sollecitato gli Stati membri a favorire nelle politiche e nei servizi (del lavoro e del welfare) un pari coinvolgimento nella responsabilità delle cure e nel lavoro di uomini e donne, per beneficiare delle ricadute positive in termini di partecipazione delle donne al lavoro, di crescita economica, di riduzione del rischio di povertà per le famiglie e per i minori, di arricchimento della qualità delle relazioni, di supporto nella coppia e delle relazioni tra padri e figli e così via. Più di recente queste indicazioni hanno preso maggiore forza. Nel marzo del 2020 è stato definito e comunicato un piano di interventi per una nuova strategia europea sulla parità di genere – «Un'unione dell'uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025» – che impegnerà le istituzioni e i Paesi membri nel quinquennio 2020-2025 [COM(2020) 152 final]. Il piano intende dare un nuovo slancio alla promozione dell'uguaglianza tra uomini e donne allo scopo di «costruire un'Europa garante della parità di genere e in cui uomini e donne, ragazzi e ragazze siano uguali e liberi di perseguire le loro scelte di vita, abbiano pari opportunità di realizzazione personale e le stesse opportunità di partecipare alla nostra società europea e svolgervi un ruolo di guida». Viene sottolineato che «colmare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata è uno dei modi per colmare il divario di genere nel mercato del lavoro e che le responsabilità e i diritti in materia di cura familiare devono spettare a entrambi i genitori». Inoltre, attraverso diverse direttive e comunicazioni le istituzioni europee stanno spingendo gli Stati membri a creare un contesto normativo favorevole e una maggiore equità di regole nell'assegnazione di tali diritti. Si pensi, in primo luogo, alla direttiva sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare (direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019), recepita con il decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, che introduce norme minime in materia di congedi per motivi familiari e modalità di lavoro flessibili per entrambi i partner per promuovere una più equa ripartizione del tempo di lavoro e di cura familiare. In riferimento specifico all'Italia, inoltre, nella relazione per Paese 2019 della Commissione europea (allegato D, «Orientamenti in materia di investimenti finanziati dalla politica di coesione 2021-2027 per l'Italia»), elaborata per valutare, prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici, si suggerisce, tra le altre cose, per il nostro Paese, per la programmazione 2021-2027, di «promuovere politiche a favore dell'equilibrio tra vita professionale e vita privata, segnatamente l'accesso a servizi di assistenza accessibili, un maggiore coinvolgimento degli uomini nei compiti di cura e il sostegno a modalità innovative di organizzazione del lavoro nelle imprese». Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) affida alla missione 5 «Inclusione e coesione» il perseguimento degli obiettivi, tra l'altro trasversali a tutto il PNRR, di sostegno all'empowerment femminile e al contrasto delle discriminazioni di genere, di incremento delle prospettive occupazionali dei giovani e di coesione territoriale. Gli strumenti individuati sono soprattutto quelli degli investimenti in infrastrutture sociali e del riconoscimento del valore sociale dell'attività di cura, ma non c'è traccia di politiche che favoriscano il passaggio dalla conciliazione alla condivisione. Investire in asili e promuovere il lavoro di cura serve e va fatto, ma senza politiche di condivisione il nostro Paese continuerà a non valorizzare l'occupazione femminile.
Tutte queste indicazioni e raccomandazioni europee, inoltre, sono state espresse in modo efficace dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che nel pieno della prima ondata pandemica ha dichiarato: «la gestione di questa crisi sanitaria ha rappresentato un'opportunità per provare una diversa suddivisione dei ruoli tra partner. (...) Per entrambi, uomini e donne, è importante essere una buona madre e un buon padre e per entrambi, uomini e donne, è importante avere successo nel lavoro ed essere felici per quello che si fa».
La presente proposta di legge, partendo da queste sollecitazioni e dalle tre criticità esposte in precedenza, propone l'adozione di istituti, misure e iniziative finalizzate ad adeguare il sistema di welfare familiare, pubblico e privato, alle trasformazioni sociali, culturali e lavorative in atto, con il fine di: favorire una maggiore equità di genere in famiglia e nel lavoro; aumentare l'occupazione femminile e la conseguente crescita economica; supportare le aziende e le organizzazioni del lavoro per adottare misure di flessibilità per una maggiore produttività; sostenere lo sviluppo sicuro e sano dei bambini e delle bambine, contribuendo a costruire un Paese migliore in cui i ragazzi e le ragazze, gli uomini e le donne siano liberi di potersi realizzare nella vita e nel lavoro; rimuovere discriminazioni tra famiglie, tutelando diritti e benessere anche delle famiglie omogenitoriali.
La proposta di legge, in coerenza con tali finalità, ha tenuto presente le interconnessioni tra le diverse sfere coinvolte nella gestione equilibrata e co-responsabile degli impegni familiari e lavorativi. Per esempio, in relazione alla possibilità di astenersi dal lavoro per motivi di cura per un tempo congruo da parte di tutti, uomini e donne, sono state considerate le implicazioni sulla capacità produttiva delle aziende in termini di organizzazione e di costi di gestione, soprattutto se tali aziende sono di piccole dimensioni. Così come è stato considerato il fatto che garantire un'adeguata flessibilità nei tempi di gestione dell'impegno professionale e familiare presuppone una pari capacità da parte dei servizi di cura del territorio di dare risposte differenziate e anche di carattere straordinario fornendo prestazioni «non standard». Per questa ragione le misure proposte sono declinate principalmente in tre ambiti di intervento: (1) le misure rivolte alle persone; (2) le misure rivolte alle aziende e alle organizzazioni del lavoro; (3) gli interventi per il potenziamento e la differenziazione del sistema territoriale dei servizi alla genitorialità.
La proposta di legge si compone di dodici articoli e modifica in maniera sistematica il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151.
Entrando nel merito della proposta di legge, l'articolo 1 ne enuncia le finalità, ovvero sostenere lavoratrici e lavoratori nel dedicare un tempo adeguato al lavoro e alla cura dei figli in maniera egualitaria all'interno delle famiglie, affinché vi sia un'equa ripartizione del carico di cura in occasione della nascita o dell'adozione di un figlio, favorendo in questo modo una maggiore equità di genere in famiglia e nel lavoro, e sostenendo altresì le imprese nell'adattare l'organizzazione del lavoro alla realizzazione di questi obiettivi.
I successivi articoli 2, 3 e 4 trattano delle misure e degli istituti rivolti a uomini e donne con carichi di cura in occasione della nascita o dell'adozione dei figli. In particolare, vengono rivisti il congedo obbligatorio di maternità (articolo 2), il congedo obbligatorio di paternità (articolo 3) e il congedo parentale per madri e padri (articolo 4), quest'ultimo istituto di natura facoltativa. Si prevede un tempo congruo e perfettamente egualitario per lo svolgimento da parte di entrambi i genitori delle responsabilità nelle attività di cura dei figli fino a quattordici anni. Le proposte contenute in questi articoli di rispondere alle sollecitazioni delle istituzioni europee di «andare oltre» la citata direttiva sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare, posizionando il nostro Paese tra quelli più impegnati nel garantire una maggiore equità nella gestione dei congedi per la nascita dei figli.
In particolare, l'articolo 2 porta l'indennità di maternità al 100 per cento del trattamento economico, in luogo dell'attuale 80 per cento, sgravando imprese e contratti collettivi nazionali da ogni copertura aggiuntiva. Tale incremento riguarda in prima battuta il trattamento economico e normativo di cui all'attuale articolo 22, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, che riguarda tutte le lavoratrici dipendenti, ma si estende poi a tutte le lavoratrici anche autonome. Le categorie ricomprese nell'incremento dell'indennità, infatti, riguardano il lavoro a domicilio; le lavoratrici iscritte alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, le quali avranno diritto all'indennizzo del 100 per cento del mancato fatturato per tutto il periodo di congedo; le attività socialmente utili; le altre lavoratrici autonome, le quali avranno diritto a un'indennità pari al 100 per cento del mancato fatturato per due mesi; le lavoratrici atipiche e discontinue, che avranno diritto a un'indennità monetaria il cui valore è più che raddoppiato. Anche l'indennità nel caso di interruzione di gravidanza volontaria o spontanea viene portata al 100 per cento.
La grande novità introdotta dalla novella sta in una vera e propria inversione del paradigma attuale della gestione del carico di cura fra partner ed è enunciata nel dispositivo dell'articolo 3, laddove, in un quadro più sistematico e coerente con le finalità della presente proposta di legge, si supera la disciplina del congedo obbligatorio di paternità introdotta dal citato decreto legislativo n. 105 del 2022, di recepimento della direttiva (UE) 2019/1158, portandolo a cinque mesi, e non solo per il lavoratore dipendente, ma anche per il lavoratore autonomo. Di fronte a un colloquio di assunzione, nessun datore di lavoro avrà più il retropensiero di perdere di più una lavoratrice rispetto a un lavoratore in caso di nascita di un figlio. Si estende anche al padre lavoratore dipendente o autonomo un'indennità pari a quella della madre, ovvero del 100 per cento (articolo 66 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dalla novella). In caso di mancato riconoscimento della paternità obbligatoria, scattano le stesse sanzioni previste dall'attuale ordinamento per la maternità obbligatoria, ovvero l'arresto fino a sei mesi.
Anche la riformulazione del congedo parentale di cui all'articolo 4 prevede la ripartizione del tempo fra partner più egualitaria mai immaginata prima. Invero, la legislazione vigente concede il congedo parentale ai genitori dipendenti per un periodo massimo di dieci mesi, dei quali massimo sei spettano alla madre in caso di astensione continuativa dal lavoro; l'ammontare dei mesi di congedo può poi diventare di undici mesi a condizione che il padre lavoratore dipendente si astenga dal lavoro per un periodo continuativo di almeno tre mesi. Nella presente proposta di legge, il totale complessivo dei mesi di congedo parentale sale a dodici mesi, ripartiti nel modo più equo possibile fra madre e padre, ovvero massimo sei mesi ciascuno. E la facoltà di utilizzare il congedo parentale viene estesa fino ai quattordici anni dei figli, dato che le esigenze di cura non si concentrano certo solo nei primi anni di vita. Cosa ancora più importante per favorire un vero e pieno utilizzo dei congedi, rispetto alle attuali indennità per l'astensione facoltativa dal lavoro, insignificanti o nulle, si prevedono indennità pari all'80 per cento della retribuzione nei primi sei mesi (cumulati) di congedi e del 30 per cento per i restanti sei mesi (sempre cumulati all'interno della coppia). Inoltre, nelle more di un'organica riforma del sostegno alla non autosufficienza, viene rafforzata l'indennità spettante ai genitori di figli con disabilità (di cui all'articolo 33 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001). In particolare, l'astensione facoltativa dal lavoro rimane di tre anni, ma si prevede l'erogazione di un'indennità pari all'80 per cento nei primi diciotto mesi e del 30 per cento nei restanti diciotto, senza mai scendere a zero.
Per completare il quadro degli istituti destinati alle persone, seguono altri due articoli. L'articolo 5, introduce il part-time condiviso, un'assoluta novità nel nostro Paese, ampiamente sperimentata da oltre un decennio e con successo in Germania (Elterngeld e ElterngelsPlus). L'articolo istituisce il diritto a ridurre l'orario di lavoro per un periodo di dodici mesi nei primi sei anni di vita o adozione dei figli, e di percepire un'indennità per colmare parzialmente il sacrificio salariale determinato da tale scelta, a condizione che entrambi i genitori riducano l'orario di lavoro. Il successivo articolo 6 fa riferimento all'adozione di modalità di lavoro agile (il cosiddetto «smart working»), anch'esso in forma condivisa tra i partner che hanno carichi di cura. Anche in questo caso viene previsto il conferimento di un'indennità di condivisione, a patto che le modalità di lavoro agile siano adottate da entrambi i genitori. Nei due istituti di cui all'articolo 5 e all'articolo 6 viene confermata, così come per i congedi, l'idea di rendere equa la possibilità di dedicare tempo alla cura dei figli da parte di tutti i genitori. Nello stesso tempo, entrambi i nuovi istituti presentano un carattere di flessibilità nell'adozione prevedendo la possibilità di adottarli in modo congiunto (stesso periodo) o disgiunto (diversi periodi), lasciando alla coppia la possibilità di scegliere liberamente come combinarli nel ciclo di vita delle cure dei figli. Le opzioni organizzative familiari, infatti, sono variegate in riferimento al tipo di percorso professionale in cui ciascuno è inserito, alle modalità di interpretare la genitorialità, alle opportunità e alle risorse di carattere familiare e lavorativo a cui si può accedere (per esempio il supporto volontario da parte dei nonni, l'accesso a servizi di cura disponibili).
L'articolo 7, nell'ottica di garantire l'universalità delle opportunità ai lavoratori e alle lavoratrici, prevede l'estensione di tutti gli istituti di condivisione ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
L'articolo 8 prevede una delega al Governo per favorire la diffusione dei medesimi istituti di condivisione, in particolare dei congedi paritari di natura obbligatoria o facoltativa, per i professionisti iscritti alle casse previdenziali a gestione privata.
L'articolo 9 è dedicato alle misure destinate alle aziende: misure funzionali a rendere sostenibile l'inevitabile impatto che le politiche di condivisione introdotte dalla presente proposta di legge possono comportare nei processi e nell'organizzazione del lavoro. In particolare, si prevede di sollevare le microimprese dal provvedere all'anticipazione delle indennità di congedo per entrambi i genitori. Per i lavoratori e le lavoratrici che operano nelle imprese con meno di dieci dipendenti sarà garantito il pagamento dell'indennità direttamente da parte dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), in modo da non incidere sui livelli di liquidità disponibile a breve termine da parte delle microimprese. Inoltre, per incentivare l'adozione delle misure previste per i lavoratori e le lavoratrici, si prevede di sollevare le aziende dal pagamento dei contributi previdenziali sul lavoro nei periodi in cui i lavoratori e le lavoratrici padri e madri si astengono dal lavoro o riducono l'orario (part-time condiviso). Nello specifico, nelle aziende con meno di duecentocinquanta dipendenti – in luogo degli attuali venti, a norma dell'articolo 4, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 – è concesso uno sgravio contributivo del 50 per cento non solo per i contributi a carico del datore di lavoro che assume personale con contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratrici e lavoratori in congedo, ma anche con riferimento alla contribuzione dovuta dal datore di lavoro a lavoratrici e lavoratori che abbiano optato per il part-time condiviso di cui all'articolo 74-bis del citato testo unico, introdotto dall'articolo 5 della presente proposta di legge.
Accanto alle misure di incentivazione economica, si prevede anche di assegnare alle aziende un sostegno in termini di consulenza e assistenza tecnica, finalizzato a definire soluzioni organizzative innovative e flessibili. Nello specifico, è prevista che una quota del Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), pari a 250 milioni di euro, sia destinata alle imprese che intenderanno avvalersi di consulenti organizzativi – dei veri e propri «manager della condivisione» sul modello degli export manager di Industria 4.0 – per la definizione di misure di innovazione organizzativa e di flessibilità oraria che consentano di recuperare produttività aziendale, nell'ottica di migliorare la qualità del lavoro e di conseguenza l'equilibrio tra gli impegni professionali e la vita familiare e personale di lavoratori e lavoratrici. Le aziende potranno accedere a questi fondi e servizi attraverso un bando gestito dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL). Sarà compito di ANPAL Servizi Spa curare l'elenco dei consulenti, compiere un'attività di formazione nei confronti di questi ultimi e monitorare altresì il programma di assistenza tecnica. Perché siano garantiti anche servizi integrati di sostegno alla genitorialità, sia diretti sia indiretti (da spazi aperti alle famiglie in collaborazione con il terzo settore al ripensamento degli orari dei servizi comunali), l'articolo 10 completa il quadro delle misure del provvedimento, facendo riferimento alla «terza risorsa» della condivisione delle responsabilità familiari e lavorative, ovvero il sistema di servizi di cura alla famiglia sul territorio. A questo proposito, la presente proposta di legge si sofferma sull'esigenza di sviluppare, accanto ai servizi ordinari già previsti nell'ambito del PNRR, anche servizi integrati per il sostegno alla genitorialità, a carattere flessibile e adeguatamente organizzati per rispondere alle diversificate esigenze di equilibrio vita-lavoro di donne e uomini con carichi di cura (come ad esempio il trasporto, il supporto educativo, l'integrazione territoriale di prestazioni offerte da diversi servizi, servizi straordinari per far fronte a emergenze di assistenza all'infanzia, tele-assistenza pediatrica, supporto domiciliare ai neo-genitori, informazioni e consulenza, condivisione di strumenti e luoghi per la cura familiare, servizi condominiali e così via). I servizi dovranno, da un lato, rispondere alle esigenze produttive specifiche del territorio e, dall'altro, garantire una maggiore condivisione delle responsabilità di cura nel rispetto delle esigenze specifiche delle famiglie, delle lavoratrici e dei lavoratori che quel territorio abitano. È per questa ragione che viene autorizzata la spesa di 250 milioni di euro a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione affinché sia indetto apposito bando rivolto ai comuni per finanziare servizi integrati di sostegno alla genitorialità.
L'articolo 11 introduce un sistema di monitoraggio e valutazione di natura innovativa, che prevede l'obbligo di costituire una banca di dati pubblica con tutti i dati individuali necessari per valutare gli effetti delle misure con tecniche econometriche alla frontiera della ricerca scientifica. La banca di dati, infatti, dovrà essere messa a disposizione di tutto il mondo della ricerca, per replicare le valutazioni statistiche o disegnarne di nuove in maniera aperta e competitiva.
L'articolo 12 prevede la copertura finanziaria. In particolare, si prevede di finanziare una riforma di sistema, come le politiche di condivisione introdotte dalla presente proposta di legge, con una riduzione lineare del 10 per cento delle voci di spesa di cui all'articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, il cosiddetto Fondo complementare al PNRR, per meglio utilizzare risorse che rischiano di disperdersi in mille rivoli ai fini di finanziare riforme decisive per gli obiettivi del PNRR stesso.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità)

1. Al fine di rispondere alla complessità e alla variabilità della gestione dei tempi di vita e di lavoro, la presente legge persegue l'obiettivo di sostenere le lavoratrici e i lavoratori affinché possano dedicare un tempo adeguato al lavoro e alla cura dei figli in maniera egualitaria all'interno delle famiglie e di sostenere le imprese nei cambiamenti dell'organizzazione del lavoro resi necessari dalla realizzazione del suddetto obiettivo.

Art. 2.
(Congedo obbligatorio di maternità e indennità di maternità)

1. Al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 22, comma 1, le parole: «all'80 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «al 100 per cento»;

b) all'articolo 61, comma 2, le parole: «all'80 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «al 100 per cento»;

c) all'articolo 64 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«2-bis. Le lavoratrici autonome di cui al comma 1 hanno diritto a un'indennità pari al 100 per cento del mancato fatturato determinato dalle esigenze connesse alla cura del proprio figlio per un periodo corrispondente a quello del congedo di maternità di cui al capo III. Resta ferma la non obbligatorietà dell'astensione dal lavoro»;

d) all'articolo 65, comma 2, le parole: «all'80 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «al 100 per cento»;

e) all'articolo 68, commi 1, 2 e 2-bis, le parole: «all'80 per cento», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «al 100 per cento»;

f) all'articolo 70, commi 2 e 3, le parole: «all'80 per cento», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «al 100 per cento»;

g) all'articolo 73, comma 1, le parole: «all'80 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «al 100 per cento»;

h) all'articolo 75, comma 1, alinea, le parole: «lire 3 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «2.500 euro».

Art. 3.
(Congedo obbligatorio di paternità e indennità di paternità)

1. Al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2, comma 1:

1) alla lettera a-bis), dopo le parole: «l'astensione» è inserita la seguente: «obbligatoria»;

2) la lettera b) è abrogata;

b) l'articolo 27-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 27-bis. – (Congedo di paternità)1. Il padre lavoratore ha l'obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di tempo pari a cinque mesi dalla data del parto fino a tre anni di età del figlio.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche qualora la madre sia lavoratrice autonoma avente diritto all'indennità di cui all'articolo 66.
3. Il padre lavoratore presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni che danno diritto all'astensione»;

c) l'articolo 28 è abrogato;

d) all'articolo 29, il comma 2 è abrogato;

e) all'articolo 31-bis:

1) al comma 1, le parole: «con la sanzione amministrativa da euro 516 a euro 2.582» sono sostituite dalle seguenti: «con l'arresto fino a sei mesi»;

2) il comma 2 è abrogato;

f) all'articolo 54, comma 7, le parole: «di cui agli articoli 27-bis e 28» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 27-bis»;

g) all'articolo 66:

1) il comma 1-bis è sostituito dai seguenti:

«1-bis. L'indennità di cui al comma 1 spetta anche al padre lavoratore autonomo.
1-ter. I padri lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali hanno diritto a un'indennità pari al 100 per cento del mancato fatturato determinato dalle esigenze connesse alla cura del proprio figlio per un periodo corrispondente al congedo di paternità di cui all'articolo 27-bis del presente testo unico. Il lavoratore non è obbligato ad astenersi dal lavoro»;

2) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Indennità di maternità e di paternità nei settori del lavoro autonomo e dell'imprenditoria agricola».

Art. 4.
(Congedo parentale)

1. Al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 32:

1) al comma 1:

1.1) all'alinea, le parole: «dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «quattordici anni» e le parole: «dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo» sono sostituite dalle seguenti: «dodici mesi»;

1.2) alla lettera b), dopo le parole: «dalla nascita del figlio,» sono inserite le seguenti: «trascorso il periodo di congedo di paternità di cui all'articolo 27-bis» e le parole: «, elevabile a sette mesi nel caso di cui al comma 2» sono soppresse;

1.3) alla lettera c), le parole: «undici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «dodici mesi»;

2) il comma 2 è abrogato;

b) all'articolo 33, comma 1, le parole: «, in alternativa,» sono soppresse;

c) all'articolo 34:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32, alle lavoratrici e ai lavoratori sono dovute un'indennità pari all'80 per cento della retribuzione per un periodo massimo complessivo, riferito a entrambi i genitori, di sei mesi e un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione per il restante periodo massimo complessivo, riferito a entrambi i genitori, di sei mesi. Per le lavoratrici e i lavoratori appartenenti a nuclei familiari con indicatore della situazione economica equivalente inferiore a 40.000 euro, l'indennità è pari all'80 per cento della retribuzione per un periodo massimo complessivo, riferito a entrambi i genitori, di dodici mesi»;

2) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nel caso di fruizione del prolungamento del congedo di cui all'articolo 33, alla lavoratrice madre o al lavoratore padre è dovuta un'indennità pari all'80 per cento della retribuzione per un periodo massimo di diciotto mesi e un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione per i successivi diciotto mesi»;

3) il comma 3 è abrogato.

Art. 5.
(Indennità per il lavoro a tempo parziale condiviso)

1. Dopo l'articolo 74 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è inserito il seguente:

«Art. 74-bis. – (Indennità per il lavoro a tempo parziale condiviso)1. Ciascun genitore, lavoratrice o lavoratore dipendente, ha diritto a una riduzione, anche in via continuativa, dell'orario di lavoro per un periodo di dodici mesi nei primi sei anni di vita del figlio.
2. La riduzione dell'orario di lavoro di cui al comma 1 comporta la maturazione di un'indennità di recupero pari al 50 per cento della differenza tra la retribuzione percepita in regime di lavoro a tempo pieno e la retribuzione percepita nel periodo di riduzione dell'orario di lavoro. Tale indennità è garantita se si verificano le seguenti condizioni:

a) la riduzione dell'orario di lavoro è compresa tra le 25 e le 32 ore settimanali;

b) l'opzione del lavoro a tempo parziale è adottata da entrambi i genitori, anche in periodi diversi.

3. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti i requisiti, i criteri e le modalità di maturazione e corresponsione dell'indennità di cui al presente articolo».

Art. 6.
(Indennità per il lavoro agile condiviso)

1. Dopo l'articolo 74-bis del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, introdotto dall'articolo 5 della presente legge, è inserito il seguente:

«Art. 74-ter. – (Indennità per il lavoro agile condiviso) –1. Ciascun genitore, lavoratrice o lavoratore dipendente, ha diritto allo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile qualora il tipo di prestazione lo consenta, per un periodo di dodici mesi nei primi sei anni di vita del figlio.
2. La modalità di lavoro di cui al comma 1 comporta la maturazione di una indennità, pari a 1.000 euro per ciascun genitore nel caso in cui la modalità di lavoro agile sia adottata da entrambi i genitori anche in periodi diversi nell'arco temporale di cui al medesimo comma 1. L'erogazione dell'indennità ha luogo solo quando entrambi i genitori hanno svolto la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile.
3. L'indennità di cui al presente articolo non è cumulabile con l'indennità di cui all'articolo 74-bis.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti i requisiti, i criteri e le modalità di maturazione e corresponsione dell'indennità di cui al presente articolo».

2. All'articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n. 81, il comma 3-bis è abrogato.

Art. 7.
(Applicazione ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche)

1. Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 della presente legge si applicano anche ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

Art. 8.
(Delega al Governo per l'individuazione di misure di sostegno alla genitorialità per gli iscritti delle casse previdenziali professionali)

1. Al fine di rafforzare le prestazioni di protezione sociale dei professionisti iscritti alle casse previdenziali professionali, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: definizione dei requisiti per la determinazione dell'indennità del congedo di maternità e di paternità di cui ai capi III e IV del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come modificati dalla presente legge, con riferimento al fatturato di riferimento.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con l'Autorità di Governo delegata per le pari opportunità e la famiglia. Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Se il termine per l'espressione del parere scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di cui al comma 1 o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.
3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e con la procedura di cui al comma 2, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi.

Art. 9.
(Interventi a favore delle imprese)

1. All'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, dopo il sesto comma è inserito il seguente:

«L'Istituto nazionale della previdenza sociale provvede direttamente al pagamento delle prestazioni di maternità alle lavoratrici di imprese che occupano alle proprie dipendenze un numero di addetti pari o inferiore a nove».

2. All'articolo 4, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la parola: «venti» è sostituita dalla seguente: «duecentocinquanta».
3. Lo sgravio contributivo previsto dall'articolo 4, comma 3, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, come modificato dal comma 2 del presente articolo, è concesso anche con riferimento alla contribuzione dovuta dal datore di lavoro per le lavoratrici e i lavoratori durante il periodo di lavoro a tempo parziale condiviso disciplinato dall'articolo 74-bis del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, introdotto dall'articolo 5 della presente legge.
4. Una quota del Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, pari a 250 milioni di euro per l'anno 2023, è destinata alle imprese con lavoratrici e lavoratori dipendenti che usufruiscono del lavoro a tempo parziale condiviso e del lavoro agile condiviso disciplinati dagli articoli 74-bis e 74-ter del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, introdotti dagli articoli 5 e 6 della presente legge.
5. Con bando annuale, l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) propone alle imprese di avvalersi di consulenti con il compito di promuovere misure di innovazione organizzativa e di flessibilità oraria per favorire la produttività aziendale, migliorare la qualità del lavoro e l'equilibrio tra gli impegni professionali e la vita familiare e personale di lavoratori e lavoratrici. I consulenti sono selezionati dalla società ANPAL Servizi Spa, che stabilisce i requisiti necessari e le modalità per accedere alla selezione e cura la formazione di coloro che superano la selezione. Questi ultimi entrano a fare parte di un elenco da cui l'ANPAL attinge per le finalità di cui al primo periodo.

Art. 10.
(Misure per lo sviluppo di servizi integrati e prestazioni di carattere flessibile da parte dei comuni per garantire il sostegno alla genitorialità)

1. È autorizzata la spesa di 250 milioni di euro per l'anno 2023, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, per il finanziamento di progetti dei comuni finalizzati al rafforzamento di servizi integrati alla genitorialità.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti, i criteri e le modalità per l'accesso al finanziamento di cui al comma 1.

Art. 11.
(Monitoraggio e valutazione)

1. Al fine di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e delle misure di cui alla presente legge, nonché gli effetti sull'occupazione e sulla parità di genere nell'uso del tempo per le esigenze di vita e di lavoro, entro dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali istituisce una banca di dati, consultabile, su richiesta, anche da parte di esponenti del mondo scientifico e accademico, contenente i dati individuali relativi alle retribuzioni, alla trasformazione dei contratti, all'effettiva erogazione delle indennità previste dalle disposizioni di cui alla presente legge e all'evoluzione della situazione delle lavoratrici e dei lavoratori nel mercato del lavoro.

Art. 12.
(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9, commi da 1 a 3, pari a 3,5 miliardi di euro annui a decorrere dall'anno 2023, si provvede mediante riduzione lineare del 10 per cento delle autorizzazioni di spesa di cui all'articolo 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101.
2. Agli oneri derivanti dagli articolo 9, comma 4, e 10, pari a 500 milioni di euro per l'anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

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