PDL 466

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 466

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata ASCARI

Delega al Governo per l'adozione di norme concernenti la disciplina dell'affidamento dei minori

Presentata il 25 ottobre 2022

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge conferisce una delega al Governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi di riforma del sistema di affidamento dei minori.
L'intervento risulta necessario e urgente a seguito di alcune drammatiche vicende che hanno portato alla luce gravissime lacune del sistema di affidamento dei minori nel nostro Paese e hanno scosso, negli ultimi mesi, la coscienza collettiva.
Lo Stato deve farsi garante del benessere dei minori e deve contrastare comportamenti illeciti, soprattutto di funzionari pubblici o di persone da essi incaricate, che pregiudicano l'integrità psicofisica dei minori e delle loro famiglie.
L'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza ha pubblicato la seconda raccolta sperimentale di dati elaborata in collaborazione con le procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, intitolata «La tutela dei minorenni in comunità».
Nello studio si evidenzia che i numeri dell'accoglienza in comunità dei minori allontanati dalla propria famiglia di origine al 31 dicembre 2015 mostrano, complessivamente, una tendenza all'aumento rispetto a quanto rilevato nell'anno precedente. In particolare, i minori presenti nelle strutture di tipo familiare al 31 dicembre 2015 erano 21.035, con un incremento del 9,3 per cento rispetto al 31 dicembre 2014.
Dal confronto tra il numero di minori presenti in comunità al 31 dicembre 2015 e il totale dei minorenni residenti in Italia al 1° gennaio 2016, pari a 10.008.033, si evince che i bambini e gli adolescenti accolti dalle strutture di tipo familiare rappresentavano circa lo 0,2 per cento dell'intera popolazione infradiciottenne.
Si evidenzia, inoltre, un incremento del 5 per cento del numero di strutture per minori attive nel territorio nazionale che, al 31 dicembre 2015, risultava pari a 3.352 unità, rispetto alle 3.192 registrate al termine dell'anno 2014, correlativamente a un aumento del 7,8 per cento della domanda di accoglienza connesso, come osservato, alla rilevata crescita del numero complessivo degli ospiti delle comunità al 31 dicembre 2015.
Per quanto concerne il numero medio di ospiti per struttura, su base regionale, si osserva che i valori più elevati si registravano, nell'ordine: a Bolzano, con 13,6 ospiti; in Umbria con 12,4 ospiti; nel Molise con 12,1 ospiti; nel Friuli Venezia Giulia con 11,8 ospiti; nelle Marche con 10,3 ospiti e in Sicilia con 10 ospiti per struttura. I territori dove, invece, il numero medio di ospiti per struttura risultava più contenuto corrispondono all'area del Piemonte e della Valle d'Aosta (3,7 ospiti) e alla provincia autonoma di Trento che, al pari del Veneto, segna un numero medio di 3,9 ospiti per struttura, seguiti dall'Emilia-Romagna con 4,6 ospiti.
Per quanto riguarda il profilo dell'età dei bambini e ragazzi accolti in comunità al 31 dicembre 2015 si nota la netta prevalenza della classe d'età più elevata (14-17 anni) che segna il 61,6 per cento del numero complessivo dei minorenni ospiti delle strutture e che risultava, peraltro, in crescita rispetto al 57,2 per cento registrato nella precedente rilevazione. Inoltre, è emerso che il 13,2 per cento dei minorenni collocati in comunità aveva un'età inferiore a 6 anni, con una diminuzione rispetto al 15 per cento rilevato al 31 dicembre 2014. In diminuzione risultava anche l'incidenza relativa dei bambini di età compresa tra 6 e 10 anni (12,8 per cento, rispetto al 14,1 per cento del 2014) e dei ragazzi nella fascia di età 11-13 anni (12,4 per cento, rispetto al 13,8 per cento del 2014).
L'inserimento dei minori nelle strutture di accoglienza avviene, nella maggioranza dei casi (57,8 per cento), a seguito di un provvedimento dell'autorità giudiziaria, segnando una netta prevalenza rispetto alla percentuale di collocamenti di cui è stata espressamente dichiarata la natura consensuale (13,7 per cento). Tuttavia, nel restante 28,5 per cento dei casi le comunità non hanno fornito alle procure della Repubblica alcuna precisa indicazione sulla tipologia di inserimento.
Dal confronto con il dato risultante dalla precedente raccolta di dati dell'Autorità emerge una sostanziale continuità, seppur con una lieve diminuzione, della percentuale dei casi di minori presenti in comunità da più di ventiquattro mesi, che passava dal 26,5 per cento, rilevato al 31 dicembre 2014, al 23 per cento, mentre il restante 77 per cento degli ospiti di minore età si trovava in comunità, al 31 dicembre 2015, da meno di ventiquattro mesi.
Bisogna, infatti, tenere conto che la permanenza dei minori fuori della loro famiglia di origine in comunità non può superare i ventiquattro mesi, salve eventuali proroghe disposte dal tribunale per i minorenni nel caso in cui la sospensione del collocamento possa recare pregiudizio al minore.
Poco più di tre anni fa sono emersi fatti di cronaca relativi a casi di presunto sfruttamento illecito del sistema degli affidamenti di minori, anche al fine di arricchimento personale, noto come «caso Bibbiano», dal nome del piccolo comune in provincia di Reggio Emilia in cui le vicende hanno avuto origine.
Il 27 giugno 2019, a seguito dell'operazione di polizia «Angeli e demoni», molte persone sono state sottoposte a misura cautelare in quanto accusate di aver costruito un illecito e redditizio sistema di gestione dei minori, attraverso il quale essi venivano sottratti illegittimamente alle famiglie di origine per poi essere collocati in affidamento, a pagamento, presso persone amiche o conoscenti, generando un giro di affari illecito di diverse centinaia di migliaia di euro.
Secondo l'accusa, il sistema si basava su false relazioni degli operatori e su disegni dei bambini artefatti per allontanare i minori dalle loro famiglie e collocarli in affidamento retribuito per poi sottoporli a un programma psicoterapeutico.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di frode processuale, depistaggio, abuso d'ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione e peculato d'uso.
Nel corso delle indagini sono state prese in esame accuse di vario genere in merito all'impiego di metodi suggestivi utilizzati sui minori per manipolare le testimonianze durante le sedute di psicoterapia: redazione di relazioni mendaci, disegni dei bambini artefatti attraverso la mirata aggiunta di connotazioni sessuali, terapeuti travestiti da personaggi cattivi delle fiabe messi in scena per rappresentare, di fronte ai minori, i genitori intenti a far loro del male, impiego di apparecchiature elettriche indicate come «macchinetta dei ricordi»; mentre i servizi sociali omettevano di consegnare ai bambini lettere e regali inviati dai genitori naturali, che i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato in un magazzino dove erano stati accatastati.
Tra gli affidatari dei minori c'erano persone con problemi psichici e genitori di figli suicidi, mentre vi sono stati due casi accertati di stupro presso le famiglie affidatarie e in comunità, dopo l'illegittimo allontanamento.
Tale sistema distorto ha avuto gravissime ripercussioni sui minori, così come incalcolabili sono stati i danni provocati alle famiglie, separate in maniera forzata e talvolta ingiusta dai propri figli, al precipuo scopo di ottenere vantaggi personali.
A seguito di tale vicenda, il Ministero della giustizia ha istituito una squadra speciale di giustizia per la protezione dei bambini con il compito di assicurare il raccordo fra i diversi soggetti coinvolti nei procedimenti di collocamento dei minori nelle comunità, la salvaguardia dei livelli omogenei di tutela degli stessi e di rispetto delle procedure. Nel novembre 2019, il Ministro della giustizia ha illustrato i risultati ottenuti dalla squadra speciale a seguito di un monitoraggio globale effettuato presso tutti gli uffici giudiziari che si occupano di minori, che ha registrato dati molto interessanti.
Dal gennaio 2018 al giugno 2019 sono stati collocati fuori della famiglia 12.338 minori (23 al giorno). Rapportando questo dato al totale della popolazione di minori in Italia, pari a circa 9 milioni di individui, si ottiene una percentuale di allontanamenti dello 0,13 per cento.
Nello stesso periodo 1.540 minori, tra quelli allontanati, hanno fatto rientro nelle famiglie di origine (12 per cento del totale) mentre del restante 88 per cento non è dato sapere con certezza la destinazione.
I collocamenti sono stati disposti in sette casi su dieci dai tribunali per i minorenni (8.722) e in tre casi su dieci da tribunali civili, corti d'appello e altri uffici giudiziari.
Nello stesso periodo sono state disposte 5.173 ispezioni ordinarie delle comunità di accoglienza, che ammontano in Italia a circa 3.300 strutture.
Dal punto di vista normativo, è urgente l'esigenza di adeguare la tutela amministrativa e giurisdizionale dei diritti dei minori e, in generale, delle persone nell'ambito familiare ai dettami sovranazionali e, segnatamente, all'articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, che, come interpretato costantemente dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e in sostanziale conformità al sistema di princìpi posto dagli articoli 30 e 31 della Costituzione, da un lato afferma l'intangibilità della vita privata e familiare in assenza di specifiche e comprovate esigenze di tutela di soggetti bisognosi della protezione pubblica e da un altro contempla l'obbligo cosiddetto «positivo» delle istituzioni degli Stati parte di apprestare i servizi assistenziali alla famiglia affinché questa possa essere sostenuta, anche in caso di disagio sociale o relazionale, mantenendo la propria unità e senza che abbia luogo la compressione autoritativa delle funzioni e dei legami che in essa si esplicano.
Da lungo tempo, infatti, sono frequenti le condanne della Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dell'Italia per l'inadempimento dei predetti obblighi positivi e per lo svolgimento di interventi autoritativi non preceduti dal necessario impegno nell'assistenza consensuale alla famiglia. In particolare, alcune condanne anche recentissime hanno riguardato addirittura vicende definite con dichiarazioni di adottabilità passate in giudicato e, dunque, almeno allo stato della normativa, sostanzialmente irreversibili, pure a fronte delle constatate ingiustizia, erroneità e illegittimità. Al contempo, da oltre un decennio il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa sollecita la previsione di efficienti meccanismi di adeguamento alle statuizioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, anche mediante il superamento del principio di intangibilità del giudicato, almeno nelle ipotesi di violazioni particolarmente incisive dei diritti fondamentali incidenti sullo status personae e sullo status familiae, quali quelle riconosciute nell'ambito di procedimenti definiti con dichiarazione dello stato di adottabilità di minori.
In un quadro siffatto si colloca l'inquietante dato che ha origine da una statistica elaborata dal Ministero della giustizia, confermato da studi di esperti e da inchieste giornalistiche: quasi 40.000 minori, nel 2011, erano collocati coattivamente in strutture comunitarie o comunque in ambito extrafamiliare. Più volte operatori del diritto ed esperti nel campo della tutela minorile si sono espressi, pubblicamente e anche mediante studi editi, testimoniando la tendenza al progressivo incremento di questo numero.
L'impressionante dato statistico viene confermato anche in base a studi statistici condotti da Governi esteri, che hanno sentito l'esigenza di tutelarsi, anche mediante richieste di chiarimenti alle istituzioni italiane, circa la frequenza degli allontanamenti coattivi di minori dalle loro famiglie, specificamente con riguardo a situazioni di fatto non caratterizzate dall'accertamento o anche dalla contestazione della violazione di doveri parentali, ma esclusivamente da condizioni di disagio economico-sociale.
La necessità di comprendere i contenuti e le ragioni dello stato di fatto sintetizzato dai citati dati statistici, unita all'assenza di un'anagrafe ufficiale degli affidamenti extra-familiari di minori, ha determinato lo svolgimento, da parte della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, di un'approfondita e pluriennale indagine sugli interventi autoritativi in ambito minorile, con particolare riferimento all'allontanamento coattivo dei minori dalle loro famiglie.
Nel corso di detta indagine conoscitiva è emerso in modo chiaro che se, da un lato, occorre che sia garantita la tutela dei minorenni da pericoli di maltrattamento fisico e psicologico in ambito familiare, nondimeno nella stragrande maggioranza dei casi i provvedimenti di collocazione extra-familiare e di affidamento etero-familiare sono determinati da valutazioni di rischio condotte sulla base di indicatori presuntivi non riconosciuti sul piano scientifico e, ancora più frequentemente, da ragioni di disagio della famiglia non imputabili a specifici e accertati comportamenti pregiudizievoli dei genitori nei confronti dei figli. Addirittura, è stato osservato, persino da magistrati e da avvocati esperti nel settore minorile, oltre che da rappresentanti di associazioni impegnate nella tutela dell'infanzia, che in un grande numero di casi l'allontanamento coattivo del minore è determinato dalla situazione di indigenza economica della famiglia. Inoltre, un numero considerevole di provvedimenti di allontanamento è motivato in base a giudizi sulla personalità e sul carattere dei genitori o dei parenti dei minori interessati, anziché dall'accertamento di comportamenti pregiudizievoli; normalmente, tali giudizi sono espressi per iscritto in segnalazioni di operatori di pubblica sicurezza o di assistenti sociali e, in alcuni casi non infrequenti, persino in comunicazioni anonime pervenute alle procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni, mentre non costituiscono oggetto di ulteriore istruttoria nel contraddittorio processuale.
Numerosi operatori del diritto minorile, ascoltati nell'ambito della predetta indagine conoscitiva, hanno riferito concordemente e univocamente che, nella maggior parte dei casi, il provvedimento di collocazione del minore fuori dell'ambito familiare viene emesso, in via nominalmente provvisoria, non solo prima di ogni adempimento istruttorio, ma addirittura prima dell'audizione dei genitori del minore, i quali vengono sentiti solo dopo l'emissione del provvedimento e, molto spesso, a distanza di settimane o addirittura di mesi dalla sua esecuzione. Inoltre, in difformità dal dettato normativo e dall'avviso più volte ribadito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, i provvedimenti provvisori, anche se relativi alla collocazione extra-familiare di minori, risultano privi dell'indicazione, anche orientativa, della durata dell'intervento, di guisa che sovente restano efficaci per anni, a onta della natura interinale e della previsione normativa del termine di ventiquattro mesi quale ordinaria durata massima della collocazione extra-familiare del minore, superabile soltanto in caso di acclarato pregiudizio derivante dalla riunificazione della compagine familiare.
In molti casi, inoltre, i provvedimenti provvisori di allontanamento vengono reiterati per ragioni diverse rispetto a quelle originariamente considerate dal giudice e, segnatamente, in base a relazioni rese dai gestori delle strutture collocatarie o sulla base di notizie da loro fornite e non verificate nel contraddittorio delle parti. In tali situazioni si determina un evidente conflitto di interessi, quanto meno potenziale, nelle persone dei gestori delle strutture collocatarie, in ragione del metodo di finanziamento delle stesse.
La presente proposta di legge vuole porre un argine alle devianze emerse tragicamente in questi ultimi mesi mediante il conferimento di un'apposita delega al Governo.
In particolare, si prevede di escludere che i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale possano essere adottati esclusivamente sulla base di valutazioni in ordine all'idoneità genitoriale.
Si prevede, poi, che i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale non possano essere mai motivati facendo riferimento a sindromi prive delle necessarie evidenze scientifiche, anche ove risultanti da patologie o disturbi comportamentali scientificamente rilevabili.
Si prevedono, inoltre, interventi di sostegno e di aiuto a favore delle famiglie indigenti al fine di garantire che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non siano di ostacolo all'esercizio del diritto del minore a crescere nella propria famiglia, in attuazione di quanto disposto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184;
Altresì, si prevede la modifica degli articoli 2 e 4 della legge n. 184 del 1983, sulla disciplina dell'affidamento dei minori, stabilendo:

1) l'ordine di priorità dei provvedimenti adottabili a tutela del minore, dando precedenza all'allontanamento del genitore che ha assunto condotte pregiudizievoli per l'incolumità psicofisica del minore o, in subordine, all'affidamento ai familiari del minore con cui lo stesso abbia rapporti significativi privilegiando, in caso di assenza di familiari idonei e disponibili alla cura, l'affidamento presso una famiglia affidataria rispetto all'inserimento in una comunità di tipo familiare;

2) il divieto di separazione dei fratelli, derogabile solo in casi di assoluta necessità di tutela dei minori stessi;

3) l'esplicitazione dei requisiti di idoneità dei soggetti affidatari;

4) l'obbligo di motivazione, nel provvedimento di affidamento, dell'esito negativo degli interventi di sostegno e di aiuto disposti ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 184 del 1983, indicando specificamente le misure che risultano essere state inutilmente adottate nonché eventuali ragioni per le quali non si procede secondo l'ordine di priorità di cui al numero 1);

5) l'obbligo di indicare la durata dell'affidamento, limitata a un periodo massimo di dodici mesi, in mancanza della quale l'affidamento ha comunque una durata di dodici mesi;

6) un procedimento innanzi all'autorità giudiziaria volto alla verifica della permanenza delle condizioni che avevano imposto l'affidamento e all'adozione di ulteriori provvedimenti, della durata massima di dodici mesi, ritenuti idonei per la tutela del minore, da assumere entro la scadenza del periodo di durata dell'affidamento, nel contraddittorio tra le parti;

7) il diritto del minore di frequentare i genitori, gli altri familiari e tutti i soggetti con cui abbia rapporti significativi e, comunque, di mantenere i contatti con essi, durante il periodo di collocamento fuori del suo contesto domestico abituale, salva diversa disposizione motivata dell'autorità giudiziaria;

8) il diritto del minore di essere ascoltato, e il corrispondente obbligo di ascolto da parte del giudice, nel procedimento che riguarda il minore stesso, salvo che sussistano impedimenti specifici e obiettivi ovvero altre motivate ragioni e tenendo conto della sua età e della sua capacità di comprensione e discernimento.

Si vuole altresì prevedere la presentazione, con cadenza annuale, da parte del Ministro della giustizia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della relazione al Parlamento riguardante il monitoraggio, a livello nazionale e regionale, del numero dei minori fuori della famiglia, compreso qualsiasi minore destinatario di una misura di allontanamento dalla famiglia di origine o anche da un solo genitore, avendo la cura di monitorare la durata del collocamento in affidamento familiare, in comunità o presso altre strutture.

La delega, inoltre, prevede che, qualora si renda necessario un trattamento sanitario del minore, il tutore, ove nominato, ovvero i legali rappresentanti della comunità o dell'istituto possano chiedere tale trattamento al giudice tutelare o all'autorità affidante, che provvedono senza indugio, sentiti, ove ciò non determini il rischio di un grave pregiudizio per il minore, i genitori, e, se necessario, disponendo una perizia sul minore o l'ascolto di quest'ultimo, e che tale autorizzazione sia esclusa nei casi di urgenza, garantendo comunque successivamente un controllo di legittimità dei trattamenti adottati da parte del giudice tutelare o dell'autorità affidante.
Non viene tralasciata neppure la previsione di un sistema per l'accreditamento, da parte dell'autorità governativa, delle organizzazioni di volontariato dotate dei necessari requisiti di professionalità in materia di affidamento familiare.
Si prevede, altresì, che le domande di affidamento familiare, le domande di adozione e le dichiarazioni dello stato di adottabilità siano inserite in una rete informatica nazionale consultabile da parte dei giudici del tribunale unico per le persone, i minorenni e le famiglie.
La delega prevede anche che, fermo restando quanto previsto dalla legge 19 ottobre 2015, n. 173, qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore faccia ritorno nella famiglia d'origine o sia dato in affidamento a un'altra famiglia o sia adottato da un'altra famiglia, è comunque tutelata, se rispondente all'interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affidamento.
Si inserisce la previsione che, nella predisposizione delle linee programmatiche di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia promuovano lo svolgimento di attività formative finalizzate allo sviluppo e all'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, con particolare riferimento alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, resa esecutiva dalla legge 27 giugno 2013, n. 77, nonché in materia di ascolto e di trattamento di minori nei procedimenti giudiziari, stabilendo altresì che teorie e dottrine prive delle necessarie evidenze scientifiche o comunque fondate su pregiudizi o stereotipi possano formare oggetto dei programmi e delle attività formative solo come elemento di conoscenza e non al fine di promuoverne l'applicazione in sede giudiziaria.
La delega prevede anche che gli ordini professionali degli avvocati, dei medici, degli psicologi e degli assistenti sociali, nell'ambito della propria autonomia e delle rispettive competenze, provvedano all'integrazione dei programmi e delle attività di formazione degli iscritti mediante la previsione dello sviluppo e dell'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, con particolare riferimento alla citata Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, nonché in materia di ascolto e trattamento dei minori nei procedimenti giudiziari, stabilendo altresì che teorie e dottrine prive delle necessarie evidenze scientifiche o comunque fondate su pregiudizi o stereotipi possano formare oggetto dei programmi e delle attività formative solo come elemento di conoscenza e non al fine di promuoverne l'applicazione in sede giudiziaria.
Si prevede, inoltre, attraverso la modifica dell'articolo 337-quater del codice civile, che l'affidamento sia sempre esclusivo qualora uno dei genitori sia stato condannato con sentenza definitiva per alcuno dei reati previsti dai capi III e IV del titolo XI e dalle sezioni I, II e III del capo III del titolo XII del libro secondo del codice penale.
La delega stabilisce che, qualora il minore sia stato ascoltato in sede di incidente probatorio, il relativo verbale debba essere trasmesso al giudice civile chiamato ad adottare provvedimenti che riguardano il minore stesso e che in tali ipotesi il minore potrà essere nuovamente ascoltato solo ove ricorrano esigenze particolari o sopravvenute.
Infine, si prevedono modifiche al codice penale introducendo specifiche aggravanti nel caso di maltrattamenti ai danni di minori in affidamento familiare o collocati in comunità e prevedendo nuove fattispecie di reato dirette a punire i casi riguardanti gli operatori dei servizi sociali che, nell'ambito dei procedimenti di affidamento o adozione dei minori, diano pareri mendaci o affermino fatti non conformi al vero, o che, sempre in riferimento a tale ambito, violino i propri doveri professionali.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al fine di garantire la piena attuazione del principio del superiore interesse del minore e del diritto dei bambini e degli adolescenti a vivere e a crescere all'interno della loro famiglia di origine, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina relativa ai procedimenti per la tutela e l'affidamento dei minori previsti dal codice civile e dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) escludere che i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale possano essere adottati esclusivamente sulla base di valutazioni in ordine all'idoneità genitoriale;

b) prevedere che i provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale non possano essere mai motivati facendo riferimento a sindromi prive delle necessarie evidenze scientifiche, anche ove risultanti da patologie o disturbi comportamentali scientificamente rilevabili;

c) prevedere interventi di sostegno e di aiuto a favore delle famiglie indigenti al fine di garantire che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non siano di ostacolo all'esercizio del diritto del minore a crescere nella propria famiglia, in attuazione di quanto disposto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184;

d) modificare la disciplina dell'affidamento del minore di cui agli articoli 2 e 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, prevedendo:

1) l'ordine di priorità dei provvedimenti che possono essere adottati a tutela del minore, dando precedenza all'allontanamento del genitore che ha assunto condotte pregiudizievoli per l'incolumità psicofisica del minore o, in subordine, all'affidamento ai familiari del minore con cui lo stesso abbia rapporti significativi privilegiando, in caso di assenza di familiari idonei e disponibili alla cura, l'affidamento presso una famiglia affidataria rispetto all'inserimento in una comunità di tipo familiare;

2) il divieto di separazione dei fratelli, derogabile solo nel caso in cui essa sia assolutamente necessaria per la tutela dei minori stessi;

3) l'esplicita individuazione dei requisiti di idoneità dei soggetti affidatari;

4) l'obbligo di motivazione, nel provvedimento di affidamento, dell'esito negativo degli interventi di sostegno e di aiuto disposti ai sensi dell'articolo 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184, indicando specificamente le misure che risultano essere state inutilmente adottate nonché eventuali ragioni per le quali non si procede secondo l'ordine di priorità di cui al numero 1) della presente lettera;

5) l'obbligo di indicare la durata dell'affidamento, limitata a un periodo massimo di dodici mesi, in mancanza della quale l'affidamento ha comunque una durata di dodici mesi;

6) un procedimento innanzi all'autorità giudiziaria volto alla verifica della permanenza delle condizioni che avevano imposto l'affidamento e all'adozione di ulteriori provvedimenti, della durata massima di dodici mesi, ritenuti idonei per la tutela del minore, da assumere entro la scadenza del periodo di durata dell'affidamento, nel contraddittorio tra le parti;

7) il diritto del minore di frequentare i genitori, gli altri familiari e tutti i soggetti con cui abbia rapporti significativi e, comunque, di mantenere i contatti con essi, durante il periodo di collocamento fuori del suo contesto domestico abituale, salva diversa disposizione motivata dell'autorità giudiziaria;

8) il diritto del minore di essere ascoltato e il corrispondente obbligo di ascolto da parte del giudice nel procedimento che riguarda il minore stesso, salvo che sussistano impedimenti specifici e obiettivi ovvero altre motivate ragioni e tenendo conto della sua età e della sua capacità di comprensione e discernimento;

e) prevedere la possibilità di presentare presso il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie le domande delle coppie e delle persone singole che si rendono disponibili all'affidamento familiare di uno o più minori;

f) prevedere l'inserimento della cura affettiva del minore tra gli obblighi degli affidatari;

g) istituire una banca di dati centralizzata e completa per la raccolta delle informazioni riguardanti i minori collocati al di fuori della famiglia di origine, basata su indicatori uniformi e comuni per tutto il territorio nazionale, al fine di monitorare il numero e le caratteristiche dei minori fuori della famiglia, le tipologie del percorso di accoglienza, nonché i tempi e le modalità di uscita dallo stesso;

h) istituire una banca di dati nazionale per la raccolta delle informazioni riguardanti gli aspiranti affidatari, gli affidatari nonché le case-famiglia, le comunità di tipo familiare e gli enti destinati ad accogliere i minori, previo coordinamento con le banche di dati già esistenti;

i) introdurre disposizioni volte a individuare particolari modalità di esecuzione dei provvedimenti di affidamento, allontanamento e collocamento dei minorenni al fine di tutelare l'integrità psicofisica del minore, anche prevedendo la necessaria collaborazione di specifiche figure professionali;

l) prevedere per gli assistenti sociali un obbligo di tirocinio post-laurea con indirizzi specifici di durata annuale;

m) estendere la disciplina in materia di incompatibilità dei giudici onorari minorili ai soggetti che esercitano le funzioni di garante regionale dell'infanzia e dell'adolescenza;

n) introdurre l'obbligo per le case-famiglia e per le comunità di tipo familiare di prevedere la presenza fissa di almeno un educatore e uno psicologo;

o) prevedere l'istituzione presso il Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri di un Osservatorio nazionale sulle comunità di tipo familiare, avente i seguenti compiti:

1) monitorare le strutture di accoglienza di minori, sottoponendole a controlli periodici e non preannunciati sulla regolare tenuta della documentazione, anche contabile, sulla salubrità dei locali e sulle condizioni di benessere psicofisico dei minori ospitati;

2) effettuare segnalazioni alle autorità competenti in ordine allo stato delle comunità di tipo familiare e alle condizioni del soggiorno dei minori presso di esse;

3) presentare al Presidente del Consiglio dei ministri, per la trasmissione alle Camere, una relazione annuale sui risultati della propria attività, formulando eventuali osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sulla necessità di adeguamento della legislazione vigente, anche per assicurarne la conformità alla normativa dell'Unione europea;

4) predisporre linee guida per la definizione dei requisiti minimi dei servizi di assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare che accolgono minori e per l'esercizio delle relative funzioni di verifica e di controllo;

5) elaborare un tariffario nazionale relativo ai costi per il collocamento dei minori nelle comunità di tipo familiare e ai costi di gestione delle stesse comunità;

6) realizzare, d'intesa con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano, la mappa, aggiornata annualmente, delle comunità di tipo familiare;

p) prevedere la presentazione, con cadenza annuale, da parte del Ministro della giustizia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di una relazione alle Camere riguardante il monitoraggio, a livello nazionale e regionale, del numero dei minori fuori della famiglia, compreso qualsiasi minore destinatario di una misura di allontanamento dalla famiglia di origine o anche da un solo genitore, comprendente informazioni concernenti la durata del collocamento in affidamento familiare, in comunità o presso altre strutture;

q) prevedere che, qualora si renda necessario un trattamento sanitario del minore, il tutore, ove nominato, ovvero i legali rappresentanti della comunità o dell'istituto possano richiedere tale trattamento al giudice tutelare o all'autorità affidante, che provvedono senza indugio, sentiti, ove ciò non determini il rischio di un grave pregiudizio per il minore, i genitori e, se necessario, disponendo una perizia sul minore o l'ascolto di quest'ultimo, e che tale autorizzazione sia esclusa nei casi di urgenza, garantendo comunque successivamente un controllo di legittimità dei trattamenti adottati da parte del giudice tutelare o dell'autorità affidante;

r) prevedere un sistema per l'accreditamento, da parte dell'autorità governativa, delle organizzazioni di volontariato dotate dei necessari requisiti di professionalità in materia di affidamento familiare;

s) prevedere che le domande di affidamento familiare, le domande di adozione e le dichiarazioni dello stato di adottabilità siano inserite in una rete informatica nazionale consultabile da parte dei giudici del tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie;

t) fermo restando quanto previsto dalle disposizioni di cui alla legge 19 ottobre 2015, n. 173, prevedere che, qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento a un'altra famiglia o sia adottato da un'altra famiglia, è comunque tutelata, se rispondente all'interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affidamento;

u) prevedere che, nella predisposizione delle linee programmatiche dell'attività didattica della Scuola superiore della magistratura di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia promuovano lo svolgimento di attività formative finalizzate allo sviluppo e all'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, con particolare riferimento alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77, nonché in materia di ascolto e di trattamento di minori in occasione di procedimenti giudiziari, stabilendo altresì che teorie e dottrine prive delle necessarie evidenze scientifiche o comunque fondate su pregiudizi o stereotipi possano formare oggetto dei programmi e delle attività formative solo come elemento di conoscenza e non al fine di promuoverne l'applicazione in sede giudiziaria;

v) prevedere che gli ordini professionali degli avvocati, dei medici, degli psicologi e degli assistenti sociali, nell'ambito della propria autonomia e delle rispettive competenze, provvedano all'integrazione dei programmi e delle attività di formazione degli iscritti mediante la previsione dello sviluppo e dell'aggiornamento di conoscenze e competenze in materia di violenza domestica e di genere, con particolare riferimento alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77, nonché in materia di ascolto e trattamento dei minori nei procedimenti giudiziari, stabilendo altresì che teorie e dottrine prive delle necessarie evidenze scientifiche o comunque fondate su pregiudizi o stereotipi possano formare oggetto dei programmi e delle attività formative solo come elemento di conoscenza e non al fine di promuoverne l'applicazione in sede giudiziaria;

z) prevedere, attraverso la modifica dell'articolo 337-quater del codice civile, che l'affidamento è sempre esclusivo qualora uno dei genitori sia stato condannato con sentenza definitiva per alcuno dei reati previsti dai capi III e IV del titolo XI e dalle sezioni I, II e III del capo III del titolo XII del libro secondo del codice penale;

aa) prevedere che, qualora il minore sia stato ascoltato in sede di incidente probatorio, il relativo verbale sia trasmesso al giudice civile chiamato ad adottare provvedimenti che riguardano il minore stesso e che in tali ipotesi il minore possa essere nuovamente ascoltato solo ove ricorrano esigenze particolari o sopravvenute;

bb) prevedere modifiche al codice penale introducendo specifiche aggravanti nel caso di maltrattamenti ai danni di minori in affidamento familiare o collocati in comunità e prevedendo nuove fattispecie di reato dirette a punire i casi riguardanti gli operatori dei servizi sociali che, nell'ambito dei procedimenti di affidamento o di adozione dei minori, diano pareri mendaci o affermino fatti non conformi al vero o che, sempre in riferimento a tale ambito, violino i propri doveri professionali.

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