PDL 432

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 432

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ORLANDO

Disposizioni concernenti la determinazione della retribuzione proporzionata e sufficiente dei lavoratori

Presentata il 24 ottobre 2022

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Onorevoli Colleghi! – L'elaborazione della presente proposta di legge ha preso le mosse dall'orientamento, prevalente in giurisprudenza, secondo cui la retribuzione proporzionata e sufficiente, ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione, è quella prevista dai contratti collettivi di lavoro.
Tale orientamento giurisprudenziale riconosce ai contratti collettivi la funzione di «autorità salariali».
La proposta è coerente con quanto affermato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 2015, di cui si riproduce un passaggio essenziale: «Il censurato articolo 7, comma 4, del decreto-legge n. 248 del 2007, congiuntamente all'articolo 3 della legge n. 142 del 2001, lungi dall'assegnare ai predetti contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, efficacia erga omnes, in contrasto con quanto statuito dall'articolo 39 della Costituzione, mediante un recepimento normativo degli stessi, richiama i predetti contratti, e più precisamente i trattamenti economici complessivi minimi ivi previsti, quale parametro esterno di commisurazione, da parte del giudice, nel definire la proporzionalità e la sufficienza del trattamento economico da corrispondere al socio lavoratore, ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione. Tale parametro è richiamato – e dunque deve essere osservato – indipendentemente dal carattere provvisorio del medesimo articolo 7, che fa riferimento “alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative”. Nell'effettuare un rinvio alla fonte collettiva che, meglio di altre, recepisce l'andamento delle dinamiche retributive nei settori in cui operano le società cooperative, l'articolo censurato si propone di contrastare forme di competizione salariale al ribasso, in linea con l'indirizzo giurisprudenziale che, da tempo, ritiene conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (articolo 36 della Costituzione) la retribuzione concordata nei contratti collettivi di lavoro firmati da associazioni comparativamente più rappresentative (fra le tante, la sentenza già citata della Corte di cassazione n. 17583 del 2014)».
Nella presente proposta di legge, infatti, il rinvio è fatto ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
La proposta è a ben vedere coerente con la consolidata tecnica normativa fondata sul rinvio della legge al contratto collettivo, tecnica che ha visto il pieno coinvolgimento dei contratti collettivi su temi di particolare importanza (ad esempio, il contratto a termine, la somministrazione di lavoro, il contratto di apprendistato, il contratto a tempo parziale, l'orario di lavoro, i controlli a distanza, il licenziamento collettivo).
È poi da notare che il rinvio riguarda frequentemente i contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi.
Si deve peraltro mettere in rilievo che il rinvio ai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi riguarda, in un significativo numero di ipotesi, il tema retributivo e, in particolare, una formula che è assimilabile al trattamento economico complessivo. In tal senso, si vedano:

l'articolo 2, comma 25, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (norma di interpretazione autentica dell'articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, sull'imponibile contributivo), che ha stabilito che «L'articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, si interpreta nel senso che, in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria»;

l'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, che dispone che «in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori [...] i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria»;

l'articolo 16, comma 1, del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, ai sensi del quale «hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81»;

l'articolo 203, comma 1, decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, riguardante il settore del trasporto aereo, in base al quale «i vettori aerei e le imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano e che sono assoggettati a concessioni, autorizzazioni o certificazioni [...] applicano ai propri dipendenti, con base di servizio in Italia [...] trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale».

Le formule utilizzate (trattamenti economici complessivi, trattamenti economico, trattamento retributivo) alludono all'intera retribuzione spettante a quei lavoratori una volta che viene loro applicato uno specifico contratto collettivo. Quindi, l'adeguatezza salariale è pienamente coincidente con l'intero trattamento retributivo del contratto collettivo nazionale di lavoro.
La presente proposta di legge fa riferimento al trattamento economico complessivo perché la soluzione dei cosiddetti minimi salariali è già operante in giurisprudenza (si veda ad esempio Corte di cassazione, sentenza n. 944 del 2021) e non è del tutto soddisfacente. Il riferimento al trattamento economico complessivo quindi rappresenta un notevole passo in avanti verso l'individuazione di una retribuzione dignitosa e traduce in norma generale le specifiche fattispecie normative prima ricordate.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità e campo di applicazione)

1. In attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione, i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, sono tenuti a corrispondere ai lavoratori di cui all'articolo 2094 del codice civile una retribuzione complessiva proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato e, in ogni caso, sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti di collaborazione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

Art. 2.
(Retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente)

1. Per «retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente» si intende il complessivo trattamento economico corrisposto ai lavoratori, che deve comunque essere non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività prevalentemente svolta dal datore di lavoro.
2. La nozione di complessivo trattamento economico di cui al comma 1 è altresì utilizzata ai fini del calcolo dei contributi previdenziali ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, ai fini della verifica dei requisiti per l'accesso a benefìci economici e normativi stabiliti dalla legge nonché dell'applicazione delle pertinenti disposizioni del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
3. Ove il complessivo trattamento economico di cui al comma 1 non sia previsto o definito nelle sue componenti dal contratto collettivo di cui al medesimo comma 1, esso è individuato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, da un accordo interconfederale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
4. Decorsi infruttuosamente sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ove non sia stato stipulato l'accordo interconfederale di cui al comma 3, il complessivo trattamento economico di cui al comma 1 è individuato, in via provvisoria, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la commissione interistituzionale di cui al comma 5.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali è istituita una commissione interistituzionale composta da:

a) undici rappresentanti del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro;

b) due rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

c) due rappresentanti dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;

d) due rappresentanti dell'Ispettorato nazionale del lavoro.

6. La commissione di cui al comma 5 ha il compito di favorire l'individuazione del complessivo trattamento economico di cui al comma 1 e le sue componenti sulla base di criteri definiti dal decreto di cui al predetto comma 5. Dall'istituzione e dal funzionamento della commissione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
7. In ogni caso il trattamento economico minimo corrisposto ai lavoratori non può essere inferiore a 9,5 euro all'ora, al lordo degli oneri contributivi e previdenziali.

Art. 3.
(Sostegno ai salari per fronteggiare l'aumento dei prezzi delle materie prime e dell'inflazione)

1. Anche al fine di sostenere i salari per fronteggiare l'aumento dei prezzi delle materie prime e dell'inflazione:

a) l'accesso ai benefìci economici e normativi stabiliti dalla legge nonché l'applicazione delle pertinenti disposizioni del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sono limitati ai datori di lavoro che applicano contratti collettivi di lavoro che siano stati rinnovati entro dodici mesi dalla scadenza prevista e sono condizionati all'applicazione di un trattamento economico non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività prevalentemente svolta dal datore di lavoro;

b) il contributo di cui all'articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92, è triplicato qualora il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato dal datore di lavoro al momento del recesso non sia stato rinnovato entro dodici mesi dalla scadenza prevista;

c) il trattamento economico complessivo fissato dai contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti e non rinnovati è automaticamente incrementato sulla base della variazione dell'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell'Unione europea fino al rinnovo del contratto e in ogni caso non oltre dodici mesi dalla scadenza prevista; l'incremento automatico opera anche con riferimento agli importi indicati nelle tabelle di determinazione del costo del lavoro adottate ai sensi dell'articolo 23, comma 16, del codice dei contratti pubblici, di cui decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, decorsi dodici mesi dalla scadenza dei contratti collettivi nazionali di riferimento e fino al loro rinnovo.

2. L'incremento di cui alla lettera c) del comma 1 è riconosciuto anche in caso di contratti collettivi nazionali di lavoro scaduti e non rinnovati da più di dodici mesi alla data di entrata in vigore della presente legge.

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