PDL 296

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 296

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CIRIELLI

Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati

Presentata il 13 ottobre 2022

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge, che riproduce l'atto Camera n. 3120 della XVIII legislatura, interviene per modificare la disciplina vigente in materia di responsabilità civile dei magistrati, recata dalla legge 13 aprile 1988, n. 117, cosiddetta «legge Vassalli».
La disciplina della responsabilità civile dei magistrati è stata oggetto di diversi interventi e, da ultimo, modificata dalla legge 27 febbraio 2015, n. 18, volta a superare le criticità e la sostanziale inefficacia della legge n. 117 del 1988, considerato che fino al 2014, in ventisei anni di vigenza, su quattrocento azioni di risarcimento promosse dai cittadini, solamente sette di esse si erano concluse con un provvedimento che ha riconosciuto il risarcimento per dolo o colpa grave da parte dei magistrati.
Alla riforma del 2015 si è pervenuti solo a seguito di diverse sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea che, a partire dal 2006, avevano messo in forte discussione il sistema italiano del risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, condannando l'Italia per violazione degli obblighi di adeguamento dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea.
La legge Vassalli ante riforma prevedeva la responsabilità indiretta del magistrato per l'esercizio delle sue funzioni solo in caso di dolo o di colpa grave oppure per diniego di giustizia stabilendo, altresì, che in nessun caso l'attività di interpretazione di norme di diritto o di valutazione del fatto e delle prove potesse dare luogo a responsabilità (cosiddetta «clausola di salvaguardia»).
Con la legge n. 18 del 2015 sono stati modificati diversi aspetti della previgente disciplina, pur mantenendo il medesimo impianto fondato sulla responsabilità diretta dello Stato derivante da un comportamento o provvedimento del magistrato nell'esercizio delle sue funzioni.
Resta, quindi, la responsabilità indiretta del magistrato, prevedendo che la parte interessata potrà agire nei confronti dello Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali qualora ritenga di aver subìto un danno ingiusto quale conseguenza di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni con dolo, con colpa grave nelle sole ipotesi tassativamente indicate dalla legge, ovvero per diniego di giustizia. In caso di soccombenza nel giudizio risarcitorio, l'articolo 7 della legge n. 117 del 1988 prevede l'obbligo dell'azione di rivalsa dello Stato verso il magistrato, spettante al Presidente del Consiglio dei ministri, limitandone l'esercizio solo alle ipotesi di diniego di giustizia, di violazione manifesta della legge e del diritto dell'Unione europea ovvero di travisamento del fatto o delle prove di cui all'articolo 2, commi 2, 3 e 3-bis, della medesima legge quando la condotta dannosa del magistrato sia stata commessa con dolo o negligenza inescusabile, escludendo, quindi, l'azione di rivalsa in tutte le altre ipotesi di colpa grave del magistrato di cui all'articolo 2 della stessa legge.
Tale ultima previsione crea una distinzione, non presente nel testo originario della legge Vassalli, tra le ipotesi che danno luogo alla responsabilità diretta dello Stato e le ipotesi di responsabilità indiretta del magistrato, escludendo l'azione di rivalsa qualora lo Stato sia stato ritenuto responsabile per l'affermazione o la negazione di fatti la cui esistenza o inesistenza sia incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento, per l'emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dei casi consentiti dalla legge o senza motivazione e in tutti i casi di dolo diversi da quelli che si collegano alle fattispecie tipiche elencate all'articolo 2, commi 2, 3 e 3-bis.
Appare irragionevole la scelta del legislatore di escludere la rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato il cui comportamento determini una condanna al risarcimento in ipotesi di colpa grave in astratto ben più gravi di quelle per cui è consentita l'azione. Pertanto, sebbene la condotta del magistrato costituisca il presupposto necessario per l'azione di risarcimento del danno avanzata dal terzo nei confronti dello Stato, questi, laddove condannato, procederà al risarcimento anche nelle ipotesi in cui non potrà rivalersi sul magistrato. I danni causati dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni – per i quali non è prevista l'azione di rivalsa – incideranno, quindi, effettivamente sulla finanza pubblica e, di conseguenza, sui cittadini.
Le modifiche introdotte con la legge n. 18 del 2015, inoltre, continuano a prevedere la competenza del giudice ordinario per le azioni di rivalsa che lo Stato, nella figura del Presidente del Consiglio dei ministri, intraprende nei confronti del magistrato, mentre restano devolute alla giurisdizione contabile solo le azioni di rivalsa in caso di danno patrimoniale indiretto frutto di condotte del magistrato configuranti reato ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 117 del 1988.
Di fatto, non solo si mantiene immutato il principio della responsabilità indiretta del magistrato per i danni arrecati a terzi nell'esercizio delle sue funzioni, ponendo quale regola generale la responsabilità diretta dello Stato per un fatto del magistrato, ma si continua a prevedere una più favorevole disciplina della responsabilità del magistrato, sottraendola alle norme in materia di responsabilità amministrativo-contabile, prevedendo la competenza della giurisdizione ordinaria nelle ipotesi disciplinate dalla legge n. 117 del 1988, fatta eccezione per quanto previsto dall'articolo 13.
L'azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato viene promossa nel momento in cui lo Stato è stato condannato al pagamento di una somma di denaro in favore di terzi per i danni subiti e, di conseguenza, lo Stato subisce una diminutio patrimonii non per un fatto proprio, ma per una causa imputabile al magistrato la cui condotta ha cagionato il danno accertato e risarcito. È evidente che si configura un danno erariale per la pubblica amministrazione cosiddetto «indiretto» e che, pertanto, l'azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato che abbia agito con dolo o colpa grave deve essere esercitata nelle ipotesi e secondo l'ordinario sistema della responsabilità amministrativa devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti e mediante l'esercizio dell'azione di responsabilità amministrativa da parte del pubblico ministero della Corte dei conti.
La responsabilità amministrativo-contabile presuppone la causazione di un danno all'erario pubblico ed è prevista la giurisdizione della Corte dei conti per i danni cagionati da tutti i dipendenti pubblici, quindi anche dai magistrati, in base alla legge 19 gennaio 1994, n. 20; tale principio, per quanto concerne i magistrati, trova un limite proprio nella legge n. 117 del 1988 che, come detto, in materia di azione di rivalsa attribuisce la competenza cognitiva al giudice ordinario.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 385 del 5 novembre 1996, ha stabilito che non sono ravvisabili princìpi costituzionali che possano escludere la giurisdizione della Corte dei conti sulla responsabilità dei magistrati per danno all'erario, evidenziando che gli stessi articoli 101, 102, 104 e 108 della Costituzione non assicurano al giudice uno status di assoluta irresponsabilità, anche quando si tratti di esercizio delle sue funzioni riconducibili alla più rigorosa e stretta nozione di giurisdizione.
Al fine di rendere effettiva l'azione di rivalsa, la presente proposta di legge prevede che il giudice civile che emette la sentenza di condanna al risarcimento del danno divenuta irrevocabile contestualmente provveda a trasmettere d'ufficio la sentenza stessa al procuratore regionale competente presso le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti. Permane la legittimazione passiva dello Stato nel procedimento ordinario azionato dal terzo per il risarcimento del danno, al fine di garantire in ogni caso l'indipendenza del magistrato nell'esercizio delle sue funzioni, che altrimenti potrebbe essere influenzato da un'azione diretta nei suoi confronti, e di garantire al cittadino la certezza creditizia del suo risarcimento. Laddove, infatti, l'azione fosse diretta nei confronti del magistrato non mancherebbero ipotesi di impossibilità economica a ristorare per intero il danno subìto. Il ristoro del danno da parte dello Stato crea inevitabilmente una diminutio patrimonii per le casse pubbliche correttamente qualificato come danno erariale cagionato dal magistrato e in quanto tale deve essere devoluto alla competenza della giurisdizione contabile, così come avviene per tutti i dipendenti pubblici.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Alla legge 13 aprile 1988, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 7:

1) il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. Il tribunale che ha pronunciato la decisione di accoglimento della domanda di risarcimento del danno trasmette la sentenza, quando sia divenuta definitiva e irrevocabile, al procuratore regionale competente presso le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti per l'esercizio delle sue attribuzioni.
1-bis. Ai fini di cui al comma 1, il presidente del tribunale trasmette la documentazione del relativo giudizio alla Corte dei conti che, con decreto da notificare al magistrato nei cui confronti si procede, fissa il giudizio.
1-ter. Il magistrato il cui comportamento, atto o provvedimento rileva in giudizio può presentare atti e documenti a propria difesa nel modo e nei termini stabiliti dal regolamento di procedura dei giudizi della Corte dei conti.
1-quater. Quando la Corte dei conti riconosca la responsabilità del magistrato, liquida il debito e pronunzia la condanna al pagamento nei confronti dello Stato.
1-quinquies. Le decisioni della Corte dei conti sono trasmesse a cura del procuratore regionale della medesima Corte dei conti, per la loro esecuzione, al Ministro della giustizia.
1-sexies. Per l'esecuzione delle decisioni della Corte dei conti sono applicabili le norme di competenza, nonché i mezzi e le forme stabiliti dalla legge per la riscossione dei tributi diretti»;

2) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Giudizio amministrativo-contabile»;

b) all'articolo 8:

1) i commi 1 e 2 sono abrogati;

2) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Misura della rivalsa».

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