PDL 289

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 289

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CIRIELLI

Introduzione dell'articolo 187-bis del codice penale e altre disposizioni in materia di risarcimento dei danni da parte dello Stato in favore delle vittime di reati

Presentata il 13 ottobre 2022

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Onorevoli Colleghi! – La storia del diritto penale e della pena, come affermato dal grande storico del diritto Rudolf von Jhering, «è una continua abolizione». Le pene inumane e atroci dei secoli passati sono state via via abolite e la pena di morte, inizialmente ammessa dall'articolo 27 della Costituzione solo nei casi previsti dalle leggi militari di guerra, è stata abolita con la legge 13 ottobre 1994, n. 589, e definitivamente cancellata dal nostro ordinamento con l'entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 2007, che ha modificato il predetto articolo 27 della Costituzione.
Se, peraltro, tale scelta appare assolutamente condivisibile, per gli altri tipi di pena occorre, invece, cercare di non travolgere i fondamenti del patto sociale. Questo patto stipulato tra i cittadini e lo Stato si fonda, tra l'altro, da un lato sull'assunzione di responsabilità da parte del secondo, che si impegna a riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo, primo tra tutti il diritto alla vita, all'integrità personale e alla sicurezza contro il crimine, e dall'altro sulla fissazione di limiti precisi da imporre all'autorità dello Stato nell'attività repressiva del crimine stesso. L'impegno a garantire la sicurezza dei cittadini contro il crimine si accompagna all'esistenza di un monopolio statale dell'uso della forza, il che, giustamente, impedisce al cittadino di farsi giustizia da solo (ne cives ad arma ruant), salva l'ipotesi in cui ricorra la fattispecie della legittima difesa.
Ebbene, gli ultimi decenni hanno visto una crescente attenzione delle forze politiche, del mondo universitario e dei giuristi verso l'individuazione di sempre maggiori vincoli cui lo Stato è assoggettato nell'esercizio dell'attività repressiva del crimine. Al contrario, la parte del patto sociale riguardante la sicurezza dei cittadini è stata trascurata, se non dimenticata.
Sono fioriti gli interventi normativi e gli studi giuridici volti a spostare il baricentro del diritto penale dal reo al fatto, a introdurre sempre maggiori benefìci penitenziari, a ridurre le pene, ad aumentare le garanzie nel processo penale. Non si intende criticare, in questa sede, tutto il movimento di pensiero che ha portato a queste innovazioni, molte delle quali condivisibili; si vuole, invece, sottolineare come quelle stesse forze politiche e quel mondo accademico, che si sono sforzati di concepire benefìci in senso unilaterale, non abbiano sprecato alcuna risorsa materiale o intellettuale per migliorare la condizione della vittima del reato.
Questa proposta di legge si pone come obiettivo quello di garantire un rinnovamento culturale che, senza assumere atteggiamenti inumani verso il reo, riconosca il giusto valore da attribuire alla vittima del reato e che sappia distinguere tra il prepotente e il succube, tra il buono e il cattivo.
Lo Stato, nell'applicare la pena e nell'attuare la rieducazione dei condannati, sostituisce doverosamente la propria giustizia a quella privata. Il momento della rieducazione, in particolare, che raramente è compreso dai cittadini che vorrebbero maggiore severità nell'esecuzione delle pene e che comporta l'anticipazione della liberazione del condannato, è spesso foriero di tensione sociale.
È indubbio che la rieducazione, se va a buon fine con l'effettiva risocializzazione del condannato, comporta benefìci generali per lo Stato e per la società. Nel caso opposto, invece, i danni, oltre ad avere effetti generali, hanno sempre preponderanti effetti particolari. Infatti, quando il condannato – liberato attraverso l'applicazione degli istituti giuridici preposti alla sua rieducazione – incorre nella recidiva, i danni del nuovo reato, spesso gravissimi e irreparabili, incidono sull'integrità, sulla sicurezza e sulla libertà dei singoli cittadini onesti. Né alcuno può, con onestà intellettuale, affermare che i casi di recidiva siano un «dato statistico irrilevante», perché tutti sanno che i tribunali della Repubblica e le Forze di polizia si occupano sempre delle stesse persone che entrano ed escono dal carcere continuamente.
L'effettiva mala gestio della repressione penale, a causa certamente anche della miriade di provvedimenti «svuota-carcere» che sono stati adottati negli ultimi anni, ricade esclusivamente sulla sicurezza in generale e in particolare sulle vittime dei reati.
La figura della vittima nel processo penale ruota intorno a tre diversi pilastri quali il diritto della vittima a partecipare attivamente alla giustizia che si sostanzia tanto nel prendere parte al processo penale quanto nell'avvalersi di mezzi alternativi di definizione dei conflitti, il diritto alla protezione e il diritto alla compensazione monetaria per il danno subito in conseguenza del reato.
In relazione a tale ultimo profilo, l'esigenza di garantire una maggior tutela anche risarcitoria delle vittime è stata oggetto di un lungo processo politico – legislativo fortemente voluto dagli organismi europei stante la necessità di potenziare e armonizzare negli Stati membri dell'Unione Europea gli strumenti di protezione delle vittime, in particolare prevedendo un sistema pubblico di indennizzo per le vittime qualora non possano beneficiare del risarcimento ad altro titolo.
In ambito sovranazionale la principale fonte in materia di risarcimento statale alle vittime del reato è costituita dalla Convenzione europea sul risarcimento alle vittime dei reati violenti, conclusa nell'ambito del Consiglio d'Europa e firmata a Strasburgo il 24 novembre 1983, in cui viene manifestata la necessità di creare, ovvero di rafforzare se già esistenti, sistemi statali di risarcimento economico nei confronti delle vittime dei reati violenti, soprattutto laddove i rei non siano stati identificati o siano privi di risorse economiche.
La necessità di un sistema pubblico di risarcimento per le vittime che non possono essere risarcite da altre fonti è stata riconosciuta anche dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nella dichiarazione sui princìpi fondamentali di giustizia relativi alle vittime della criminalità e alle vittime dell'abuso di potere del 1985 (Assemblea generale delle Nazioni Unite – risoluzione n. 40/43 del 29 novembre 1985).
La Convenzione europea sul risarcimento delle vittime dei reati violenti del 1983, peraltro non ancora ratificata dall'Italia, obbliga le parti a prevedere, nelle loro legislazioni o pratiche amministrative, un sistema di compensazione per risarcire, con fondi pubblici, le vittime di infrazioni violente dolose che abbiano causato gravi lesioni corporali o la morte e, oltre ad individuare le previsioni minime che devono essere contenute in tale sistema, indica i danni che devono essere necessariamente risarciti, quali il mancato guadagno subìto da una persona immobilizzata in seguito alle lesioni, le spese mediche, le spese di ospedalizzazione, le spese funebri e, in caso di persone a carico, la perdita di alimenti.
A partire dalle disposizioni dettate dalla Convenzione predetta, si sono susseguiti una serie di atti tendenti, più genericamente, a impegnare i Governi degli Stati a tutelare e risarcire quanti subiscono danni in conseguenza di reati, in ragione della nota ineffettività del risarcimento del danno a carico del reo, soprattutto nei casi in cui quest'ultimo non sia identificato ovvero versi in una situazione di insolvenza.
A tale riguardo, il 28 settembre 2001, la Commissione europea ha presentato il Libro verde concernente il risarcimento alle vittime di reato (COM(2001) 536 definitivo) che stabilisce l'adozione sia di norme minime relative al risarcimento delle vittime a livello europeo, obbligando gli Stati membri a garantire alle vittime un livello ragionevole di risarcimento attraverso fondi pubblici, nonché una serie di misure volte ad agevolare l'accesso al risarcimento nella pratica, indipendentemente dal luogo di verificazione del reato, purché lo stesso sia sempre avvenuto all'interno dell'Unione Europea.
L'ordinamento italiano per lungo tempo ha riconosciuto misure di indennizzo solo per specifiche categorie di vittime quali quelle della mafia e del terrorismo, ma a seguito di ripetuti solleciti sovranazionali ed europei, si è giunti ad approvare la legge 7 luglio 2016, n. 122 (legge europea 2015-2016), e la legge 20 novembre 2017, n. 167 (legge europea 2017), riconoscendo una maggiore protezione e assistenza alle vittime di reati intenzionali violenti.
Tali normative hanno rappresentato certamente un importante passo in avanti in materia di civiltà, di giustizia e di solidarietà sociale, ma occorre tuttavia constatare che si tratta pur sempre di una tutela circoscritta che ricorre solo in presenza di determinati reati, restando esclusi i reati contro il patrimonio o di violenza sulle sole cose e anche quelli contro la persona ma esercitati senza violenza.
L'impossibilità di una effettiva e concreta tutela risarcitoria si verifica ancor più quando a commettere i reati sono immigrati irregolarmente presenti sul territorio nazionale che sovente non solo si sottraggono alle responsabilità penali derivanti dalle condotte illecite ma, in virtù della loro condizione personale ed economica, non sono in grado di risarcire i danni cagionati alle vittime dei reati.
L'esigenza di prevedere il risarcimento statale delle vittime quando i reati siano commessi da persone illegalmente presenti sul territorio nazionale o da richiedenti asilo politico o protezione umanitaria che delinquono in spregio alle vigenti norme penali risponde a un'esigenza non solo solidaristica ma anche al principio di responsabilità dello Stato a far rispettare le leggi e a intervenire laddove il danno da reato sia cagionato da una persona che non si dovrebbe trovare in territorio nazionale e che dimostra di non rispettare le norme che regolano la sicurezza dei cittadini.
Invero, l'inefficacia delle misure adottate in materia di immigrazione non dovrebbe certamente ricadere sui cittadini che, quando sono vittime di reati il cui colpevole è un immigrato irregolare, oltre a subire le conseguenze dannose derivanti da fatto illecito, sovente restano anche totalmente prive di una effettiva tutela che possa essere quantomeno satisfattiva in termini economici.
Con la presente proposta di legge si vuole che non siano i cittadini a pagare il fallimento della rieducazione e delle politiche migratorie, bensì lo Stato. Essa, poi, intende dare maggiore dignità alla vittima del reato stabilendo un principio generale di tutela e impegnando le autorità dello Stato a garantire assistenza e sostegno alle persone offese (articolo 1). Essa mira, inoltre, a ovviare ai danni derivanti dai reati garantendo sempre un ristoro economico al cittadino che, offeso dal delitto commesso da chi, per scelta dello Stato, sconta la pena in libertà ovvero non la sconta affatto, ovvero da persona che si trova irregolarmente sul territorio nazionale, da persona richiedente asilo politico o da chi soggiorna sul territorio nazionale a seguito del riconoscimento dell'asilo politico o da persona richiedente o che sia in possesso di protezione umanitaria, non riesca a ottenere il risarcimento del danno da parte del reo o del responsabile civile.
L'articolo 2, pertanto, con l'introduzione dell'articolo 187-bis del codice penale, pone a carico dello Stato il danno patrimoniale o non patrimoniale cagionato dal reato quando il fatto sia stato commesso da persona che sia stata:

a) liberata per la concessione dell'amnistia, dell'indulto, della grazia, della liberazione condizionale o della sospensione condizionale della pena nei cinque anni successivi all'applicazione del beneficio;

b) ammessa a una misura alternativa alla detenzione durante l'esecuzione della misura;

c) ammessa al permesso o ad altro beneficio penitenziario che comporti il godimento di libertà durante l'esecuzione della pena;

d) illegalmente presente sul territorio nazionale;

e) richiedente asilo politico o protezione umanitaria o da persona alla quale sia stato riconosciuto l'asilo politico o la protezione umanitaria.

La tutela risarcitoria introdotta con la presente proposta di legge presenta carattere sussidiario in quanto potrà attivarsi nel caso in cui la persona danneggiata dal reato abbia agito infruttuosamente in sede giudiziaria per ottenere il risarcimento da parte del soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo provvisionale, fatta eccezione per l'ipotesi in cui l'autore del reato sia rimasto ignoto oppure quando quest'ultimo abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale o civile in cui è stata accertata la sua responsabilità. Lo Stato potrà rivalersi sul colpevole e sulle persone civilmente responsabili, secondo le disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.
L'articolo 3 contempla la possibilità, per la vittima del reato, nei casi previsti dal nuovo articolo 187-bis del codice penale, di accedere al patrocinio a spese dello Stato nel processo penale e nel processo civile senza tener conto dei limiti di reddito indicati dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, che ammette al patrocinio gratuito solo i non abbienti. Ovviamente l'estensione del beneficio a tutti, senza limiti di reddito, è giustificata dalla sofferenza patita dalla vittima di un reato che non avrebbe dovuto essere commesso.
L'articolo 4 stabilisce, per un principio di equità, che i proventi acquisiti dallo Stato attraverso la confisca penale siano utilizzati, in via prioritaria rispetto ad altre voci di bilancio, per far fronte alle spese a cui la presente legge dia luogo. Si afferma cioè che ciò che la criminalità toglie al cittadino sia a questi restituito.
Infine, per consentire alle già numerose vittime dei criminali liberati con l'indulto del 2006 di ottenere un ristoro alle loro sofferenze, la presente proposta di legge stabilisce un effetto retroattivo delle sue disposizioni al 1° agosto 2006.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. La vittima del reato e la persona danneggiata dal reato sono tutelate dallo Stato nei modi e nelle forme previsti dalla legislazione vigente.

Art. 2.

1. Dopo l'articolo 187 del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 187-bis. – (Risarcimento da parte dello Stato) – Il danno patrimoniale o non patrimoniale cagionato dal reato è risarcito dallo Stato quando il fatto sia stato commesso da persona che sia stata:

a) liberata per la concessione dell'amnistia, dell'indulto, della grazia, della liberazione condizionale o della sospensione condizionale della pena nei cinque anni successivi all'applicazione del beneficio;

b) ammessa a una misura alternativa alla detenzione durante l'esecuzione della misura;

c) ammessa al permesso o ad altro beneficio penitenziario che comporti il godimento di libertà durante l'esecuzione della pena;

d) illegalmente presente sul territorio nazionale;

e) richiedente asilo politico o protezione umanitaria o da persona alla quale sia stato riconosciuto l'asilo politico o la protezione umanitaria.

Lo Stato provvede al risarcimento del danno ai sensi del primo comma quando la persona danneggiata dal reato abbia già esperito infruttuosamente l'azione esecutiva per ottenere il risarcimento del danno dal soggetto obbligato in forza di sentenza di condanna irrevocabile o di una condanna a titolo provvisionale; tale condizione non si applica quando l'autore del reato sia rimasto ignoto oppure quando quest'ultimo abbia chiesto e ottenuto l'ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato nel procedimento penale o civile in cui è stata accertata la sua responsabilità.
Lo Stato recupera dal colpevole e dalle persone civilmente responsabili le somme erogate ai sensi del presente articolo. Si applicano le disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia».

Art. 3.

1. Il patrocinio a spese dello Stato nel processo penale per la difesa della persona offesa dal reato e del danneggiato che intenda costituirsi parte civile, nonché nel processo civile per le stesse persone, previsto dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nei casi indicati dall'articolo 187-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 2 della presente legge, è assicurato a tutti senza tenere conto dei limiti di reddito previsti dal citato testo unico.

Art. 4.

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede mediante l'utilizzo, in via prioritaria rispetto ad altre destinazioni di bilancio, delle somme e dei beni confiscati dallo Stato ai sensi del codice penale e delle leggi penali speciali.

Art. 5.

1. Le disposizioni della presente legge e dell'articolo 187-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 2 della presente legge, hanno effetto a decorrere dal 1° agosto 2006.

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