PDL 1771

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1771

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata SPORTIELLO

Modifiche alla legge 17 ottobre 1967, n. 977, in materia di impiego dei minori nell'ambito delle piattaforme digitali di condivisione di contenuti multimediali, nonché disposizioni sulla diffusione dell'immagine e di contenuti multimediali di minori

Presentata il 12 marzo 2024

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge intende intervenire sui cosiddetti fenomeni dei «baby influencer» e dello «sharenting» che sono accomunati dall'impiego di minori nell'ambito delle piattaforme digitali di condivisione di contenuti multimediali per finalità di profitto, il primo, e per mera volontà di condivisione, il secondo.
Il fenomeno dei «baby influencer» concerne i minori che diventano famosi sul web e la cui presenza nell'ambito delle piattaforme digitali genera introiti: si va dalla pubblicizzazione diretta di prodotti o servizi destinati ai coetanei dei minori medesimi ovvero a situazioni che indirettamente forniscono un sostegno alla pubblicizzazione o sponsorizzazione di prodotti e servizi destinati agli adulti, solitamente i genitori.
Su molti social media si assiste quotidianamente alla diffusione di immagini o contenuti video di bambini che, sui profili dei propri genitori o con pagine proprie pubblicizzano ogni sorta di prodotto; spesso, ad alimentare tali contenuti sono soprattutto i genitori che, più o meno consapevolmente, espongono i propri figli ai rischi della rete internet.
I baby influencer rappresentano oggi un mercato considerevole che in taluni casi arriva a generare profitti enormi (sulla piattaforma YouTube ci sono bambini che guadagnano anche 17 milioni di dollari!), senza che tale mercato sia regolamentato, a tutela dei minori medesimi e dei loro reali interessi.
Pochi Paesi nel mondo hanno adottato una disciplina di tale fenomeno. La Francia è il primo Paese ad aver approvato, nella seconda metà del mese di ottobre 2020, una legge che disciplina lo «sfruttamento commerciale dell'immagine dei minori di sedici anni sulle piattaforme online». Con questa legge si interviene sul codice del lavoro francese e vengono introdotti limiti all'impiego in rete di minori da parte di imprese e soggetti commerciali e dunque si estendono tutte le tutele previste dal predetto codice anche a questa forma di impiego che si configura a tutti gli effetti come «lavoro minorile». Ai genitori è anche imposto l'obbligo di versare i guadagni su conti intestati ai minori stessi.
L'autorizzazione all'impiego di tali minori è rilasciata dall'autorità pubblica locale, corrispondente sostanzialmente alla direzione provinciale del lavoro italiana, e al minore che, divenuto adulto, voglia cancellare la memoria digitale delle attività svolte viene consentito e agevolato l'oblio digitale ossia il diritto di cancellare dal web ogni traccia dei contenuti multimediali a lui riconducibili.
Anche il Regno Unito sta intervenendo sul fenomeno dopo l'emersione di fatti di cronaca sconcertanti che vedono genitori quasi ossessionati nel sollecitare i propri figli a diventare «famosi», spinti dalla possibilità di lauti guadagni, creando drammatici danni psicofisici ai loro figli. Dunque, anche il Regno Unito sta cercando di introdurre un maggior controllo di queste attività affinché i minori siano protetti da queste velleità, non di rado provenienti dagli stessi genitori.
Anche nel nostro Paese il fenomeno dei baby influencer si sta diffondendo sempre di più, senza che vi sia una legge che tuteli i minori coinvolti e senza che vi sia una reale consapevolezza sui rischi ad esso connessi, tra cui il pregiudizio per l'identità e la reputazione dei bambini, che possono subire pressioni, critiche, bullismo o molestie da parte degli utenti dei social media o avere difficoltà a gestire la propria immagine e la propria autostima. È importante innanzitutto che si sviluppi a tale riguardo una coscienza individuale e collettiva.
È evidente che l'impiego di bambini e lo sfruttamento economico della loro immagine necessitano di essere disciplinati avendo riguardo al ruolo del minore nelle scelte da adottare in ragione della sussistenza o meno della capacità di discernimento, che genera in capo al minore il diritto di essere ascoltato, sia sulle questioni personali che su quelle patrimoniali. D'altronde, non si può non sottolineare come anche nei media tradizionali, ad esempio nella televisione, a tutt'oggi, continui a essere disciplinato l'impiego «lavorativo» di minori.
Il punto dal quale partire è proprio la consapevolezza che l'attività dei baby influencer è un vero e proprio lavoro, che, come tale, deve essere disciplinato e retribuito e dunque è necessario un suo inquadramento nel contesto della normativa giuslavoristica.
In Italia, il lavoro minorile è disciplinato dalla legge 17 ottobre 1967, n. 977, recante norme sul lavoro dei fanciulli, ossia i minori di anni quindici, e degli adolescenti di età compresa tra quindici e diciotto anni. La capacità giuridica in ambito giuslavoristico è riconosciuta ai soggetti che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età e solo previe visite mediche necessarie ad accertare l'idoneità al lavoro. Le sole deroghe a tale limite di età sono concesse per lo svolgimento di attività lavorative di carattere culturale, artistico, dello spettacolo o pubblicitario. Lo svolgimento di tali attività è permesso alle seguenti condizioni:

ottenimento dell'autorizzazione dell'ispettorato del lavoro competente per territorio; al riguardo, si noti che l'autorizzazione è dovuta solo in presenza di un effettivo rapporto di lavoro subordinato, mentre l'obbligo è escluso quando l'attività non rientra in un rapporto di lavoro subordinato;

garanzia che la sicurezza, l'integrità psico-fisica e lo sviluppo dei minori, nonché la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento professionale o di formazione non siano compromessi;

consenso congiunto di entrambi i genitori per la valida stipula del contratto di lavoro.

La legge n. 977 del 1967, all'articolo 4, sul quale interviene la presente proposta di legge, vieta di adibire al lavoro i bambini, ossia i minori di anni quindici, salvo quanto disposto dal comma 2 del medesimo articolo 4 secondo cui: «La direzione provinciale del lavoro può autorizzare, previo assenso scritto dei titolari della potestà genitoriale, l'impiego dei minori in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché si tratti di attività che non pregiudicano la sicurezza, l'integrità psicofisica e lo sviluppo del minore, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale».
Alla disciplina recata dalla predetta legge si aggiunge poi quella introdotta dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle comunicazioni 27 aprile 2006, n. 218, recante disciplina dell'impiego di minori di anni quattordici in programmi televisivi, che prevede che, nell'ambito o al di fuori di un rapporto di lavoro, l'utilizzazione delle immagini o voci dei minorenni deve avvenire con il massimo rispetto della dignità personale, dell'immagine, dell'integrità psicofisica e della privacy. È peraltro lo stesso codice di autodisciplina della comunicazione commerciale a stabilire, all'articolo 11, che «L'impiego di bambini e adolescenti nella comunicazione deve evitare ogni abuso dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani. Sono vietate rappresentazioni di comportamenti o di atteggiamenti improntati alla sessualizzazione dei bambini, o dei soggetti che appaiano tali».
La presente proposta di legge, estendendo l'applicazione della disciplina giuslavoristica ai baby influencer, comporta che qualsiasi altro impiego dell'immagine di un minore, salvi più gravi reati, trova tutte le necessarie tutele già dettate dall'articolo 10 del codice civile, dagli articoli 96 e 97 della legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio nonché dalle Carte internazionali sulla tutela dell'infanzia e dell'adolescenza.
In questo quadro di tutele rientra la tutela dell'identità digitale e dei dati personali dei minori. A tale riguardo, l'articolo 8 del regolamento UE 2016/679, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati generale, cosiddetto «regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR)» stabilisce il limite di età di sedici anni per il consenso al trattamento dei dati personali da parte dei minori in forma autonoma, limite che in Italia è stato ridotto a quattordici anni, al di sotto del quale il trattamento dei dati dei minori e quindi il loro stesso accesso ai servizi digitali è consentito solo previo consenso del titolare della responsabilità genitoriale.
L'intervento normativo, sulla falsariga del richiamato modello francese, è stato richiesto anche dal tavolo tecnico sulla tutela dei diritti dei minori nel contesto dei social network, dei servizi e dei prodotti digitali in rete, istituito dall'allora Ministra della giustizia, Marta Cartabia, e di cui hanno fatto parte il Ministero della giustizia, l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, il Garante per la protezione dei dati personali e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; l'intervento normativo sollecitato dovrebbe avere i seguenti tratti qualificanti: garantire ai bambini e agli adolescenti un'adeguata tutela dei diritti quali lavoratori, l'accredito dei guadagni su un conto corrente intestato solo al minore e la possibilità di richiedere la rimozione delle immagini che lo riguardano, garantendo il diritto all'oblio.
Il fenomeno dello «sharenting», diverso da quello dei baby influencer, non comprende lo sfruttamento commerciale, ma consiste nella pratica dei genitori di condividere sui social media contenuti multimediali (foto, audio, video) dei propri figli. Tuttavia, i fenomeni sono spesso attigui ed è difficile stabili quali siano i rispettivi confini. Si pensi ai casi di esposizione mediatica di minori, figli di personaggi famosi e di cosiddetti «influencer», la cui esposizione mediatica è comunque funzionale al giro di affari del genitore.
Introdotto nel 2022 nell'Oxford English Dictionary, il vocabolo sharenting deriva dall'unione dei termini share (condividere) e parenting (fare i genitori) e identifica l'abitudine dei genitori di condividere sui social media contenuti multimediali concernenti i propri figli.
Nel 2016, una ricerca dell'organizzazione inglese The Parent Zone ha rivelato che i genitori pubblicano quasi millecinquecento foto dei figli prima che questi compiano cinque anni, con una media di circa trecento immagini all'anno. E già nel 2013 il quotidiano irlandese Irish Examiner segnalava che le foto di più di due terzi dei neonati vengono diffuse on line entro un'ora dal parto (per l'esattezza, 57,9 minuti).
In uno studio italiano, pubblicato a fine 2017 sulla Rivista italiana di educazione familiare, si attesta che l'88 per cento delle mamme che pubblica le foto dei figli ha dichiarato di aver impostato le opzioni di privacy in modo da limitare la cerchia di persone che possono visualizzare i contenuti. Nell'83 per cento dei casi è stata selezionata l'opzione che estende la condivisione ai soli amici, dunque senza alcuna limitazione significativa. Il fenomeno sembra più diffuso per i piccoli, da zero a tre anni, le cui immagini sono condivise dall'86 per cento dei genitori, e tende poi a diminuire con l'età dei figli medesimi.
Nel 2021, secondo i dati raccolti dalla società Security.org il 77 per cento dei genitori ha condiviso storie, video o immagini dei figli sui social media (nell'80 per cento dei casi ciò è avvenuto con l'indicazione dei veri nomi dei minori). Un dato confermato da un'analisi pubblicata già nel 2020 dal centro studi Pew Research secondo cui l'82 per cento dei genitori che utilizzano i social media pubblica foto, video o altre informazioni sui propri figli.
Anche sul fenomeno dello sharenting, la Francia è pioniera nel legiferare con una proposta di legge volta a regolamentare e limitare la libertà dei genitori di pubblicare sui social media foto dei propri figli perché metterebbe a rischio la privacy dei più piccoli con gravi conseguenze sulla loro vita. La proposta di legge francese segue proprio quella sul fenomeno del baby influencer, già approvata nel 2020, e nella sua illustrazione viene citato un rapporto del Children's Commissioner for England del 2018 nel quale si stimerebbe che prima del compimento dei tredici anni ogni bambino apparirebbe sull'account dei propri genitori o sul suo profilo in ben milletrecento foto nei momenti più disparati, come vacanze, gare sportive, quotidianità scolastica e soprattutto nel giorno del loro compleanno. Una tendenza che riguarda il 53 per cento dei genitori francesi e il 40 per cento circa dei genitori di altre nazionalità europee.
Il rischio maggiore che si cela dietro al fenomeno dello sharenting è la pedopornografia, che coinvolge molti più adulti di quanto si immagini. Le foto pubblicate sui social media, infatti, possono essere liberamente riprodotte su altri siti internet per finalità pedopornografiche. Su questo concreto rischio è intervenuta anche l'organizzazione Save the Children che ha dichiarato che «la pubblicazione di foto di minori crea vere e proprie tracce digitali incontrollate che si sedimentano nella rete creando un'identità digitale del giovane». Secondo la Barclays Bank, il caricamento indiscriminato di contenuti multimediali concernenti i bambini sarà la causa dei due terzi dei furti di identità che i giovani dovranno affrontare entro la fine del decennio, ovvero 7,4 milioni di questi eventi ogni anno entro il 2030, per un costo di 667 milioni di sterline l'anno.
In Italia, nel corso del 2021 i casi di pedopornografia trattati dalla Polizia postale sono stati 5.316, con un incremento del 47 per cento rispetto all'anno precedente (3.243). In crescita anche il numero dei minori approcciati sul web dagli adulti abusanti, pari a 531, in maggioranza con un'età inferiore a tredici anni (338 minori, quasi il 64 per cento di cui 306 nella fascia da dieci a tredici anni), ma crescono pure i casi di adescamento on line di bambini nella fascia da zero a nove anni (32 casi), come testimoniano la Polizia di Stato e la stessa organizzazione Save the Children.
Nel nostro Paese, proprio sullo sharenting, sono state già emesse diverse sentenze in casi di minori che hanno denunciato i propri genitori per le numerose immagini postate sui social media senza il loro consenso. Il tribunale di Mantova, per esempio, nel 2017 ha condannato una madre che si rifiutava di eliminare dai social media le immagini della figlia; il tribunale ha stabilito che pubblicare le foto dei figli «integra violazione della “tutela dell'immagine”», contemplata dall'articolo 10 del codice civile, della «tutela della riservatezza dei dati personali», prevista dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nonché della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, nel punto in cui stabilisce che «nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione» e che «il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti». Il giudice ha anche citato la normativa di tutela dei minori contenuta nel citato regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR), secondo cui «la immagine fotografica dei figli costituisce dato personale» e «la sua diffusione integra una interferenza nella vita privata» e ha fatto riferimento anche all'articolo 96 della citata legge n. 633 del 1941 che prevede che il ritratto di una persona non possa essere esposto senza il suo consenso, salvo alcune eccezioni. A rafforzare, poi, la tutela dei minori c'è l'articolo 16 della citata Convenzione del 1989. Anche il tribunale di Trani nel 2021, nel caso di una madre che aveva pubblicato alcuni video della figlia di nove anni sulla piattaforma TikTok, ha disposto la rimozione d'urgenza condannando la madre a pagare 50 euro per ogni giorno di avvenuta violazione e di ritardo nell'esecuzione del provvedimento giudiziario, con la richiesta di versamento del denaro su un conto corrente intestato alla minore.
Il fenomeno dello sharenting, come quello dei baby influencer, richiede dunque di essere regolamentato e disciplinato, rafforzando il presupposto, nei genitori in primis e nella collettività tutta poi, che il minore ha il diritto alla riservatezza ed è vietato a chiunque diffondere notizie o contenuti multimediali riguardanti i minori senza che ciò sia nell'interesse primario e oggettivo del minore stesso, secondo i princìpi e i limiti stabiliti dalla Carta di Treviso, il protocollo firmato il 5 ottobre 1990 dall'Ordine dei giornalisti, dalla Federazione nazionale della stampa italiana e dal Telefono azzurro, che impone di tutelare la specificità del minore come persona in divenire, prevalendo su tutto il suo interesse a un regolare processo di maturazione che potrebbe esser profondamente disturbato e deviato da spettacolarizzazioni del suo caso di vita, da clamorosi protagonismi o da fittizie identificazioni.
La presente proposta di legge si compone di cinque articoli.
L'articolo 1 interviene sul fenomeno dei baby influencer novellando la legge 17 ottobre 1967, n. 977, recante disposizioni per la tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti. Più in particolare, si interviene sull'articolo 4 della legge n. 977 del 1967 prevedendo che l'autorizzazione da parte della direzione provinciale del lavoro all'impiego dei minori degli anni quindici «in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché si tratti di attività che non pregiudicano la sicurezza, l'integrità psicofisica e lo sviluppo del minore, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale» sia circoscritta nel tempo, per un periodo non superiore a sei mesi e rinnovabile, e soggetta quindi a periodico controllo, consentendo altresì una sua revoca o sospensione in qualsiasi momento in caso di emergenza e ove emergano situazioni potenzialmente lesive della sicurezza e della integrità psicofisica del minore.
Si introduce quindi il nuovo articolo 4-bis che disciplina l'impiego dei minori nell'ambito delle piattaforme digitali di condivisione di contenuti multimediali che, in primo luogo, estende l'ambito di applicazione della legge n. 977 del 1967 a qualsiasi impiego e sfruttamento commerciale di minore effettuato su registrazioni sonore e audiovisive o su immagini al fine di trasmetterle, a scopo di lucro, su una piattaforma digitale di condivisione di informazioni, suoni, video e immagini. Questo comporta che qualsiasi impiego di minori sul web deve prevedere un regolare contratto di lavoro. Quindi, sulla falsariga del modello francese, si configura l'impiego e lo sfruttamento commerciale di minore al superamento di talune soglie temporali o di introiti, da stabilire con successivo decreto. In secondo luogo, si dispone che nel caso di autorizzazione ai minori di quindici anni, la direzione provinciale del lavoro sia tenuta a fornire ai genitori e a coloro che impiegano il minore le informazioni relative alla tutela dei diritti del minore e alle conseguenze sulla vita privata del minore nonché gli obblighi finanziari concernenti gli introiti derivanti dall'impiego del minore.
I predetti obblighi finanziari comportano che quando i redditi diretti e indiretti superano, in un determinato periodo di tempo, la soglia fissata con un successivo decreto, i redditi stessi vengono versati immediatamente in un conto corrente gestito, fino al raggiungimento dei diciotto anni del minore, da un curatore speciale nominato dal tribunale in cui risiede o è domiciliato il minore medesimo. Una quota del reddito, determinata dal tribunale nei limiti stabiliti da un successivo decreto, può essere lasciata a disposizione del minore che abbia compiuto sedici anni ovvero dei rappresentanti legali del minore stesso per essere impiegata e rendicontata, nell'interesse esclusivo del minore. Infine si estende il sistema sanzionatorio anche alle violazioni concernenti la disciplina sui cosiddetti «baby influencer».
L'articolo 2 interviene invece sul fenomeno dello sharenting rafforzando il sistema di tutele in relazione alla diffusione dell'immagine dei minori e al diritto alla cancellazione dei dati. Più in particolare si ribadisce che il minore ha il diritto alla riservatezza ed è vietato a chiunque diffondere notizie o contenuti multimediali riguardanti i minori senza che ciò sia nell'interesse primario e oggettivo del minore, secondo i princìpi e i limiti stabiliti dalla Carta di Treviso. Si ribadisce che i genitori sono tenuti a tutelare congiuntamente il diritto di immagine del figlio minore e sono tenuti a coinvolgerlo nell'esercizio dei suoi diritti di immagine, secondo la sua età e il suo grado di maturità, nel rispetto degli articoli 10 e 320 del codice civile, degli articoli 96 e 97 della citata legge n. 633 del 1941, e della citata Convenzione delle Nazioni Unite del 1989, e si specifica che nelle predette tutele rientra anche l'impiego o la diffusione dei contenuti multimediali di cui all'articolo 4-bis della legge n. 977 del 1967, come introdotto dalla presente proposta di legge.
Si ribadisce che il consenso alla disposizione del ritratto o immagine di un minore ovvero dei contenuti multimediali è un atto di straordinaria amministrazione e in quanto dispositivo di diritti personalissimi e fondamentali spetta esclusivamente e congiuntamente a chi ha la responsabilità genitoriale, nel rispetto degli articoli 147 e 357 del codice civile ed esclusivamente nell'interesse primario e oggettivo del minore medesimo. Il consenso prestato dai genitori tiene conto in ogni caso della volontà espressa dal minore in relazione alla sua età e al suo grado di maturità. Infine si dispone che il diritto all'oblio del minore che ove abbia compiuto quattordici anni può in ogni momento richiedere la cancellazione dei dati personali, anche in relazione ai contenuti multimediali diffusi da chi ha la responsabilità genitoriale o con il suo consenso.
L'articolo 3 detta ulteriori disposizioni sulla diffusione di contenuti multimediali di minori prevedendo da parte dei servizi delle piattaforme digitali l'adozione di un codice di regolamentazione, sulla base di un modello da definire con atto dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di concerto con il Garante per l'infanzia e l'adolescenza e con il Garante per la protezione dei dati personali, sentito il Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori.
Si prevede inoltre che, nell'ambito del piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo previsto dall'articolo 3 della legge 29 maggio 2017, n. 71, sono stabilite le iniziative di informazione sulla diffusione nelle piattaforme digitali di condivisione di contenuti multimediali, relativi a minori, e sulle conseguenze che tale diffusione comporta sulla loro vita privata e in termini di rischi psicologici e legali nonché sui mezzi a loro disposizione per tutelare i propri diritti, la propria dignità e la propria integrità morale e psicofisica, coinvolgendo primariamente i servizi socio-educativi presenti nel territorio e in sinergia con le istituzioni scolastiche. Nell'ambito dello stesso piano si prevedono poi periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sui fenomeni dei «baby influencer» e dello «sharenting» e sui rischi conseguenti per i minori medesimi, avvalendosi dei principali media.
L'articolo 4 interviene sul codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nella parte in cui disciplina il consenso del minore in relazione ai servizi della società dell'informazione (il cosiddetto «consenso digitale») innalzando l'età del predetto consenso dagli attuali quattordici anni ai sedici anni. Il decreto legislativo n. 101 del 2018 (relativo al recepimento del regolamento europeo sulla protezione dei dati personali-GDPR) ha fissato a quattordici anni l'età minima per esprimere il consenso al trattamento dei propri dati. L'articolo 8 del GDPR stabilisce che, per quanto riguarda l'offerta diretta di servizi della società dell'informazione ai minori, il trattamento dei dati è lecito a partire dai sedici anni, consentendo tuttavia ai Paesi membri di derogare a tale limite, ma fissandolo non al di sotto dei tredici anni.
L'articolo 5, infine, prevede un obbligo di relazione alle Camere sull'efficacia delle misure adottate in attuazione della legge.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche alla legge 17 ottobre 1967, n. 977)

1. Alla legge 17 ottobre 1967, n. 977, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4, comma 2, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «L'autorizzazione di cui al presente comma è rilasciata, per un periodo non superiore a sei mesi ed è rinnovabile. L'autorizzazione può essere sospesa o revocata in qualsiasi momento in caso di emergenza e ove emergano situazioni potenzialmente lesive della sicurezza e della integrità psicofisica del minore»;

b) dopo l'articolo 4 è inserito il seguente:

«Art. 4-bis. – (Disposizioni sull'impiego dei minori nell'ambito delle piattaforme digitali) – 1. La presente legge si applica a qualsiasi impiego e sfruttamento commerciale di minore effettuato su registrazioni sonore e audiovisive o su immagini, di seguito denominate “contenuti multimediali”, al fine di trasmetterle, a scopo di lucro, su una piattaforma digitale di condivisione di informazioni, suoni, video e immagini, di seguito denominata “piattaforma”.
2. L'impiego e lo sfruttamento commerciale di minore si configura quando la durata cumulativa o il numero dei contenuti multimediali trasmessi supera, in un determinato periodo di tempo, la soglia fissata dal decreto di cui al comma 5 ovvero quando la diffusione dei contenuti multimediali provoca, a vantaggio della persona responsabile della creazione, produzione o trasmissione degli stessi, introiti diretti o indiretti superiori alla soglia fissata dal medesimo decreto di cui al comma 5.
3. In caso di concessione dell'autorizzazione di cui all'articolo 4, la direzione provinciale del lavoro fornisce a chi esercita la responsabilità genitoriale e a coloro che impiegano il minore per le attività di cui al presente articolo, le informazioni relative alla tutela dei diritti del minore nell'ambito della produzione dei contenuti multimediali e che riguardano in particolare le conseguenze sulla vita privata del minore della diffusione dei predetti contenuti su una piattaforma, nonché gli obblighi finanziari di cui al comma 7.
4. La revoca dell'autorizzazione comporta l'immediata rimozione da qualsiasi piattaforma dei contenuti multimediali riferiti al minore o riconducibili al medesimo, secondo le modalità di cui all'articolo 2 della legge 29 maggio 2017, n. 71.
5. All'impiego di minori di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro delle comunicazioni 27 aprile 2006, n. 218, recante disciplina dell'impiego di minori di anni quattordici in programmi televisivi, integrato con le ulteriori disposizioni da adottare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con l'Autorità delegata in materia di famiglia, previo parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, del Garante per l'infanzia e l'adolescenza nonché del Garante per la protezione dei dati personali, e recanti:

a) i tempi, la durata, le condizioni igieniche e di sicurezza per la realizzazione dei contenuti multimediali condivisibili nelle piattaforme digitali e riguardanti i minori;

b) le soglie limite per la configurazione dell'impiego e dello sfruttamento commerciale di minore di cui al comma 2;

c) i rischi, soprattutto psicologici, associati alla diffusione dei contenuti multimediali di cui alla lettera a);

d) la compatibilità con la normale frequenza scolastica dei minori coinvolti;

e) le modalità attuative degli obblighi finanziari di cui al comma 7.

6. Quando i contenuti multimediali del minore siano messi a disposizione del pubblico su una piattaforma digitale a fini di lucro e in violazione dell'obbligo di autorizzazione preventiva, fatti salvi i casi in cui si configurino i più gravi reati, è disposta l'immediata rimozione dei predetti contenuti dalla piattaforma medesima e da qualsiasi altra piattaforma o spazio digitale in cui siano confluiti, secondo le modalità di cui all'articolo 2 della legge 29 maggio 2017, n. 71. Ai fini della rimozione di cui al presente comma, l'istanza di cui all'articolo 2 della legge 29 maggio 2017, n. 71, può essere effettuata anche dai servizi sociali, dalle istituzioni scolastiche e dall'autorità di pubblica sicurezza.
7. Quando i redditi diretti e indiretti derivanti dalla condivisione dei contenuti multimediali di cui al comma 1 superano, in un determinato periodo di tempo, la soglia fissata dal decreto di cui al comma 5, i redditi percepiti che superano tale soglia sono versati immediatamente in un conto corrente gestito, fino al raggiungimento dei diciotto anni di età, da un curatore speciale nominato dal tribunale in cui risiede o è domiciliato il minore medesimo. Una quota del reddito, determinata dal tribunale nei limiti stabiliti dal decreto di cui al comma 5, può essere resa disponibile al minore che abbia compiuto sedici anni ovvero ai rappresentanti legali del minore per essere impiegata e rendicontata nell'interesse esclusivo del minore.
8. L'inserzionista che effettua la sponsorizzazione o pubblicizzazione di qualsiasi genere di prodotto o servizio in una registrazione multimediale trasmessa su una piattaforma di condivisione digitale il cui soggetto principale sia un minore è tenuto a verificare con il responsabile della registrazione se quest'ultimo sia soggetto agli obblighi di cui al presente articolo. In tal caso, l'inserzionista è tenuto a versare il corrispettivo della sponsorizzazione o pubblicizzazione nel conto corrente di cui al comma 7.»;

c) all'articolo 26:

1) al comma 3, dopo le parole: «negli articoli» sono aggiunte le seguenti: «4-bis, comma 8;»;

2) al comma 4, dopo le parole: «comma 2,» sono aggiunte le seguenti: «e 4-bis,»;

3) al comma 6, dopo le parole: «4, comma 1;» sono aggiunte le seguenti: «4-bis;».

Art. 2.
(Diffusione dell'immagine dei minori e diritto alla cancellazione dei dati)

1. Il minore ha il diritto alla riservatezza ed è vietato a chiunque diffondere notizie o contenuti multimediali riguardanti i minori senza che ciò sia nell'interesse primario e oggettivo del minore, secondo i princìpi e i limiti stabiliti dalla Carta di Treviso che impone di tutelare la specificità del minore come persona in divenire, prevalendo su tutto il suo interesse ad un regolare processo di maturazione che potrebbe essere profondamente disturbato e deviato da spettacolarizzazioni del suo caso di vita, da clamorosi protagonismi o da fittizie identificazioni.
2. Coloro che esercitano la responsabilità genitoriale tutelano congiuntamente il diritto di immagine del figlio minore e lo coinvolgono nell'esercizio dei suoi diritti di immagine, secondo la sua età e il suo grado di maturità, nel rispetto degli articoli 10 e 320 del codice civile, degli articoli 96 e 97 della legge 22 aprile 1941, n. 633, e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176. Rientrano nelle predette tutele l'impiego o la diffusione dei contenuti multimediali di cui all'articolo 4-bis della legge 17 ottobre 1967, n. 977, introdotto dalla presente legge.
3. Il consenso alla disposizione del ritratto o immagine di un minore ovvero dei contenuti multimediali di cui al comma 2 è un atto di straordinaria amministrazione dispositivo di diritti personalissimi e fondamentali che spetta esclusivamente e congiuntamente a chi esercita la responsabilità genitoriale, nel rispetto degli articoli 147 e 357 del codice civile ed esclusivamente nell'interesse primario e oggettivo del minore medesimo. Il consenso prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale tiene conto in ogni caso della volontà espressa dal minore in relazione alla sua età e al suo grado di maturità.
4. Il minore che abbia compiuto quattordici anni può in ogni momento chiedere, secondo le modalità di cui all'articolo 2 della legge 29 maggio 2017, n. 71, la cancellazione dei dati personali ai sensi dell'articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, anche in relazione ai contenuti multimediali diffusi da chi esercita la responsabilità genitoriale o con il suo consenso.

Art. 3.
(Ulteriori disposizioni sulla diffusione di contenuti multimediali di minori)

1. I servizi delle piattaforme digitali di condivisione multimediale, nell'ambito del codice di autoregolamentazione media e minori, di cui al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, adottano le misure definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di concerto con il Garante per l'infanzia e l'adolescenza e con il Garante per la protezione dei dati personali, sentito il comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori.
2. Le misure definite ai sensi del comma 1 sono finalizzate a:

a) promuovere l'informazione degli utenti sulle disposizioni di carattere legislativo o regolamentare applicabili alla diffusione di contenuti multimediali dei minori attraverso i loro servizi e sui rischi, in particolare psicologici, associati alla diffusione dei predetti contenuti;

b) promuovere l'informazione e la sensibilizzazione, in collaborazione con le associazioni di tutela dell'infanzia, dei minori sulle conseguenze della diffusione della loro immagine su una piattaforma di condivisione, sulla loro vita privata e in termini di rischi psicologici e legali e sui mezzi a loro disposizione per tutelare i propri diritti, la propria dignità e la propria integrità morale e psicofisica;

c) incoraggiare la segnalazione, da parte degli utenti, di contenuti multimediali riguardanti minori e che ledano la loro dignità o integrità morale o fisica;

d) adottare ogni misura utile per impedire il trattamento a fini commerciali, quali la selezione, la profilazione e la pubblicità basata sul targeting comportamentale, dei dati personali dei minori che verrebbero raccolti dai loro servizi durante la messa in linea da parte di un utente di contenuti multimediali contenenti un minore;

e) migliorare, in collaborazione con le associazioni di tutela dell'infanzia, l'individuazione delle situazioni in cui la produzione o la diffusione di tali contenuti lederebbe la dignità o l'integrità morale o fisica dei minori;

f) facilitare l'attuazione, da parte dei minori, del diritto alla cancellazione dei dati personali previsto dall'articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e informarli in modo chiaro e con termini precisi, dagli stessi facilmente comprensibili, delle modalità di attuazione di tale diritto;

g) in relazione alle norme sulla tutela dei dati personali, garantire la puntuale attuazione dell'articolo 8 del regolamento (UE) 2016/679, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, ai sensi del quale per il minore che abbia un'età inferiore a sedici anni il trattamento dei dati è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale.

3. Nell'ambito del piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo, di cui all'articolo 3 della legge 29 maggio 2017, n. 71, sono altresì stabilite le iniziative di informazione sulla diffusione nelle piattaforme digitali di condivisione di contenuti multimediali relativi a minori e sulle conseguenze che tale diffusione comporta sulla loro vita privata, anche per quanto concerne i rischi psicologici e legali, nonché sui mezzi a disposizione dei minori stessi per tutelare i propri diritti, la propria dignità e la propria integrità morale e psicofisica, coinvolgendo primariamente i servizi socio-educativi presenti nel territorio e in sinergia con le istituzioni scolastiche.
4. Nell'ambito dell'insegnamento trasversale dell'educazione civica e delle linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, di cui all'articolo 4 della legge 29 maggio 2017, n. 71, nelle scuole di ogni ordine e grado è promosso il ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all'interno dell'istituto scolastico, in attività di educazione tra pari (peer education), al fine di orientare la comunità scolastica ad un uso consapevole della rete internet e alla comprensione dei meccanismi di conferimento dei dati personali, degli strumenti utili alla protezione degli stessi nonché per creare contenuti, raccogliere dati e diffondere messaggi positivi tra i giovani che utilizzano le piattaforme di condivisione.
5. Nell'ambito del piano di cui al comma 3, la Presidenza del Consiglio dei ministri, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione e del merito, con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, predispone periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sul fenomeno della diffusione nelle piattaforme digitali di condivisione di contenuti multimediali relativi a minori e sui rischi conseguenti per i minori medesimi, avvalendosi dei principali media nonché degli organi di comunicazione e di stampa. Ai fini dell'attuazione del presente comma, è autorizzata la spesa di euro 30.000 annui a decorrere dall'anno 2024. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per gli anni 2024, 2025 e 2026 dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2024-2026, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2024, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

Art. 4
(Modica al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

1. All'articolo 2-quinquies del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, la parola: «quattordici», ovunque ricorre, è sostituita dalla seguente: «sedici».

Art. 5.
(Relazione alle Camere)

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche per la famiglia, in collaborazione con l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e con l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, presenta ogni anno alle Camere una relazione sull'efficacia delle misure adottate in attuazione della presente legge.

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