PDL 1573

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                Capo II
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                Capo III
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                Capo IV
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                Capo V
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14
                        Articolo 15
                        Articolo 16
                Capo VI
                        Articolo 17
                        Articolo 18
                Capo VII
                        Articolo 19
                Capo VIII
                        Articolo 20
                Capo IX
                        Articolo 21
                        Articolo 22

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1573

PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA POPOLARE

La partecipazione al lavoro. Per una governance d'impresa partecipata dai lavoratori

Presentata il 27 novembre 2023

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Onorevoli Deputati! – La scelta di affidare lo sviluppo economico prevalentemente all'azione delle libere imprese private, confermata nel nostro Paese e in tutta l'Europa occidentale all'indomani della seconda guerra mondiale, contiene in sé, come conseguenza esplicita, la necessità di costruire un insieme di regole finalizzate a garantire che le imprese stesse contribuiscano a realizzare, attraverso la creazione del lavoro, assieme a quello materiale, anche lo sviluppo spirituale della società.
Questo assunto è ben declinato dalla nostra Costituzione attraverso gli articoli 1, 4, 35, 36, 37, 41 e 46.
In quest'ottica il ruolo della Repubblica, intesa come cittadinanza nel suo complesso e non solo come Stato, deve essere valorizzato affinché la complessità degli interessi che gravitano intorno alle attività economiche trovi risposte adeguate in una logica di sostenibilità.
Le emergenze ambientali; l'accresciuta consapevolezza della necessità di tutela dei consumatori dalle frodi; la dispersione di potere economico del Paese connessa alla perdita di controllo di marchi storici e, talvolta, di interi comparti produttivi, acquisiti da gruppi o fondi stranieri; l'evaporazione di enormi ricchezze per effetto di operazioni speculative; la consapevolezza di dover reperire gli investimenti necessari per affrontare un'epoca a forte contenuto di innovazione; l'osservazione della crisi dei modelli di rappresentanza sociale: sono tutti fattori, non i soli, di riflessione sulla necessità di trovare, dopo la fascinazione neoliberista e mercatista degli anni passati, un nuovo paradigma economico e sociale che rinnovi i modelli e gli orientamenti di conduzione delle imprese e le relazioni di lavoro.
È importante ricordare come proprio dalla formulazione dell'articolo 1 della nostra Costituzione derivi l'affermazione del lavoro come elemento di congiunzione tra una visione materialista dello Stato, inteso come insieme di territori, beni e cittadini, e una più umanista, che individua la priorità del ruolo dello Stato nella valorizzazione della persona in quanto essere umano, non solo per la sua capacità di produrre, consumare e contribuire al funzionamento pubblico, ma, soprattutto, per la sua capacità di mettersi al servizio della società in cui vive in un contesto di reciprocità dei diritti che ne tutela la dignità, la libertà e la sicurezza individuale e, al contempo, antepone a qualunque altro interesse quello della comunità sociale a cui la persona appartiene.
Una sintesi, quella dell'articolo 1, che appare poi perfettamente svolta negli altri articoli citati, a partire dall'illuminante secondo comma dell'articolo 4 e parimenti dall'altrettanto determinante secondo comma dell'articolo 41, sulla cui importanza gerarchica rispetto al principio espresso dal primo comma dello stesso articolo a lungo si è dibattuto in questi settantacinque anni di applicazione della Costituzione, senza riuscire a trovare, fino in fondo, una formula soddisfacente affinché la legge garantisse davvero, come stabilisce il terzo comma, i princìpi inalienabili a cui la libertà di impresa si dovrebbe subordinare.
Se così non fosse, infatti, non avremmo dovuto assistere, pur assieme a un innegabile progresso delle condizioni economiche, dei diritti e delle tutele dei lavoratori, conquistati anche grazie all'apporto fondamentale delle parti sociali e dei sindacati confederali in particolare, a tanti scempi ambientali compiuti dall'irresponsabile gestione di molte imprese, né dovremmo addolorarci quotidianamente per l'inarrestabile fenomeno delle morti sul lavoro e neppure dovremmo continuare a combattere lo sfruttamento dei lavoratori, il caporalato, il lavoro sommerso, le disapplicazioni contrattuali, l'utilizzo di orari di lavoro non consentiti né dalla legge né tantomeno dai contratti, le discriminazioni, in particolare, ma non solo, nei confronti delle donne, il pagamento di salari da fame, insufficienti alla conduzione di una vita dignitosa.
In una parola, non dovremmo continuare a combattere per il diritto alla dignità delle persone, che pure la Costituzione richiama in modo inequivocabile sia nell'articolo 41, tra le responsabilità delle imprese, sia nell'articolo 36, come diritto del lavoratore e dovere di chi lo retribuisce.
I padri costituenti si erano preoccupati di introdurre nel mondo economico gli anticorpi necessari a costruire sistemi di vigilanza continua e diffusa, proprio per assicurare che la corretta applicazione dei princìpi di solidarietà sociale su cui tutta la Costituzione è costruita non trovasse ostacoli, o si fosse in grado di rimuoverli, nell'attività quotidiana delle imprese.
All'uopo è corretto precisare che i costituenti non intendevano in alcun modo parteggiare per una categoria o per l'altra, pur tenendo conto, ovviamente, della diversità di potere in capo agli imprenditori rispetto ai lavoratori: essi infatti erano ispirati esclusivamente dalla volontà di valorizzare il lavoro in quanto tale e in quanto strumento di «elevazione» della società dal punto di vista sia economico che etico, «spirituale» per dirla con le parole del citato articolo 4.
La parola «elevazione» ricorre per ben due volte nella Costituzione, parlando di lavoro. La troviamo infatti nell'articolo 35, quando si fa riferimento all'obbligo della Repubblica di curare «l'elevazione professionale» dei lavoratori, e nell'articolo 46, fondamentale per la presente proposta di legge, allorquando il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende viene finalizzato alla «elevazione economica e sociale del lavoro».
La nostra Costituzione, insomma, è incardinata su un'idea fondamentale: è il lavoro che consente lo sviluppo economico e, ancor più, il progresso sociale. I due elementi sono inscindibili e tutti coloro che concorrono alla produzione, ai servizi, in una parola all'economia del Paese, siano essi lavoratori dipendenti, liberi professionisti o imprenditori, devono godere di diritti e devono osservare doveri affinché lo sviluppo economico e quello sociale crescano di pari passo.
È opportuno sottolineare come questo insistere sull'elevazione e sul progresso che il lavoro consente in un rapporto di reciprocità tra individui e società sia, per la nostra Costituzione, distinto e distante dalle disposizioni concernenti i «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (articolo 2), che si concretizzano anche nell'adempiere gli obblighi fiscali in ragione della propria capacità contributiva (articolo 53, primo comma), e che contribuiscono, tra l'altro, a finanziare il sistema articolato di sicurezza sociale previsto dall'articolo 38.
La sottolineatura è d'obbligo, perché la visione di cittadinanza che i costituenti intendevano realizzare non era quella di una società di individui garantiti attraverso il solo diritto a ottenere il necessario per la sopravvivenza, ma quella di una società di persone in cui lo sviluppo collettivo e l'emancipazione individuale si realizzano attraverso il lavoro. Il lavoro, quindi, non è solo strumento per procurarsi i mezzi di sostentamento, ma è piuttosto il mezzo attraverso il quale realizzare la crescita degli individui come persone, membri di una comunità in cui l'apporto meramente economico sarebbe insufficiente al progresso civile e sociale e per questo non sostituibile dall'erogazione di un reddito pubblico.
La società a cui puntavano i nostri costituenti era, quindi, fondata su un diritto di cittadinanza «attiva», che si integra perfettamente con i doveri sopra richiamati.
Pertanto, nell'assumere questo filo conduttore come nervatura su cui scrivere una Costituzione ispirata a princìpi di giustizia, eguaglianza e fratellanza, i costituenti individuarono nella partecipazione dei lavoratori alle imprese un traguardo da raggiungere perché la democrazia si completi.
A chiarire le intenzioni dei costituenti in tal senso sarebbe sufficiente la lettura del dibattito che precedette l'approvazione di quello che oggi è l'articolo 46.
A presentare l'emendamento fu l'onorevole Gronchi, che nel suo intervento esplicitò tre concetti fondamentali a cui l'articolo avrebbe dovuto ispirarsi: la «preminenza del lavoro», che deve essere elevato da strumento della produzione a collaboratore della stessa; la necessità di una progressività «nell'inserzione del lavoro nei posti direttivi della vita economica»; la necessità di operare «in armonia con le esigenze della produzione».
La spiegazione dell'emendamento di Gronchi, presentato unitamente agli onorevoli Storchi, Fanfani e Giulio Pastore, non lascia dunque spazio a dubbi: la società progredisce attraverso il lavoro. Le imprese, che creano il lavoro, devono essere libere di operare in modo da produrre profitto e ricchezza patrimoniale, ma da sole non sono in grado di assicurare né la corretta redistribuzione della ricchezza prodotta né, soprattutto, la responsabilità sociale necessaria.
È in questa visione ideale e al contempo pragmatica del lavoro che nasce l'articolo 46: l'elevazione del lavoratore a collaboratore dell'impresa, con l'intento di dare progressività alla norma fino a una sua piena evoluzione nella partecipazione, responsabilizza i lavoratori nel buon andamento dell'azienda e allo stesso tempo realizza una dimensione del capitalismo in cui il portatore di risorse finanziarie non può prevaricare l'interesse delle persone e della società.
È l'idea questa di una democrazia che non si fermi a una costruzione fondata sul conflitto tra soggetti portatori della mera rappresentanza di interessi di classi o gruppi sociali, ma piuttosto sia destinata a progredire in una dimensione realmente partecipativa e cooperativa, lontana dalle velleitarie utopie della democrazia diretta ma di essa realisticamente interprete.
Ebbene, i tempi correnti, la disaffezione dei cittadini alla politica, la sfiducia nei confronti del futuro economico della nazione, testimoniata anche dal crescente accumulo di risparmio precauzionale da parte delle famiglie e dalla riduzione degli investimenti nelle imprese, non possono non allarmarci e non possono non richiamare la nostra attenzione a quell'embrione di democrazia economica che l'articolo 46 aveva tentato di introdurre nel nostro sistema economico, a partire dai lavoratori, cioè da coloro che per primi ad esso partecipano attivamente con il proprio impegno quotidiano.
La democrazia economica può e deve essere uno strumento di coinvolgimento diretto dei cittadini nella vita del Paese attraverso il quale i cittadini e le cittadine possano, sempre richiamando il dettato costituzionale, svolgere pienamente la propria personalità.
Con questi presupposti e questo spirito avanziamo la presente proposta di legge d'iniziativa popolare che ha lo scopo di dare finalmente attuazione all'articolo 46 della Costituzione, in coerenza con le conclusioni del dibattito parlamentare da cui nacque, tenendo conto che lo sviluppo di modelli partecipativi che in esso si invocava ha subìto enormi impedimenti e ritardi, tanto che l'articolo in questione risulta di fatto tuttora inapplicato.
È con questo intento che proponiamo anche strumenti di partecipazione diretta dei lavoratori nella gestione delle società a partecipazione pubblica, consci che gli stakeholder di queste imprese sono, a maggior ragione, i lavoratori che costituiscono il capitale intellettuale delle imprese stesse e i cittadini contribuenti.
Tuttavia, come detto, non intendiamo limitarci a questo.
Pensiamo infatti che l'evoluzione dei mercati finanziari e dei modelli del capitalismo, che nei decenni hanno sostituito quello strettamente legato alla territorialità degli insediamenti produttivi e all'individualità delle proprietà e delle conduzioni societarie, debba comportare anche un'evoluzione dei modelli di rappresentanza dell'azionariato diffuso nelle società per azioni.
In tal senso recuperiamo alla nostra memoria anche ciò che su questo tema era stato scritto al capitolo 3 del protocollo del 23 luglio 1993.
Sono quelle aziende, leader nei mercati di riferimento, che possono con il loro esempio condizionare il comportamento di interi settori, nel bene e nel male. Noi crediamo che la governance di queste società non possa non tenere conto degli interessi, non solo finanziari, dei tanti piccoli azionisti sparpagliati sul territorio che vorrebbero, oltre che un buon andamento economico del loro investimento, contribuire con i propri risparmi allo sviluppo del Paese, dell'occupazione, della società.
Per questo abbiamo dedicato una parte della presente proposta di legge alla valorizzazione del ruolo di questi soggetti, immaginando che un'economia più democratica possa aiutare la democrazia del Paese intero.
Infine noi crediamo che uno sviluppo sociale sostenibile necessiti di un sistema di controlli pubblici e privati efficiente ed efficace, perché i princìpi di giustizia a cui si ispira siano attentamente e costantemente presidiati.
All'uopo, una particolare attenzione è stata riservata anche a questo tema.
Da un punto di vista normativo, si registrano diverse esperienze di coinvolgimento dei lavoratori in imprese che, tuttavia, risultano caratterizzate da un ambito applicativo ristretto.
La prima esperienza concerne la detassazione e decontribuzione dei premi di risultato in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell'organizzazione del lavoro, secondo le modalità e i limiti stabiliti dall'articolo 1, comma 189, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e dall'articolo 4 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 25 marzo 2016, di cui al comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 14 maggio 2016. Più specificamente, è applicata un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento ai premi di produttività legati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione. Ai sensi del citato comma 189 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015, in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori dipendenti, oltre alla detassazione è prevista una forma di decontribuzione che si traduce in un esonero contributivo sui primi 800 euro di premio, che riguarda tanto la parte di contribuzione a carico del datore di lavoro (riduzione di venti punti percentuali dell'aliquota contributiva per il regime relativo all'invalidità, la vecchiaia e i superstiti), quanto quella a carico del lavoratore (esonero contributivo totale).

L'articolo 4 del citato decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 25 marzo 2016 ha fornito una prima definizione di «coinvolgimento paritetico» che può tradursi in coinvolgimento dei lavoratori «nell'organizzazione del lavoro da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all'innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse necessarie nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti». Su questa definizione è intervenuta l'amministrazione finanziaria con la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 28 del 15 giugno 2016, chiarendo che tali disposizioni sono «finalizzate ad incentivare quegli schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione, realizzando in tal modo incrementi di efficienza, produttività e di miglioramento della qualità della vita e del lavoro». Al fine di beneficiare dello sgravio, la circolare indica che «è quindi necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni che, in quello specifico contesto, siano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali». Con l'ulteriore circolare dell'Agenzia delle entrate n. 5 del 29 marzo 2018, è stato specificato che «il coinvolgimento paritetico dei lavoratori si realizza mediante schemi organizzativi che permettono di coinvolgere in modo diretto e attivo i lavoratori (i) nei processi di innovazione e di miglioramento delle prestazioni aziendali, con incrementi di efficienza e produttività, e (ii) nel miglioramento della qualità della vita e del lavoro. Il coinvolgimento paritetico dei lavoratori deve essere formalizzato a livello aziendale mediante un apposito Piano di Innovazione (...) elaborato dal datore di lavoro, secondo le indicazioni del contratto collettivo (...) Il Piano deve riportare (i) la disamina del contesto di partenza, (ii) le azioni partecipative e gli schemi organizzativi da attuare e i relativi indicatori, (iii) i risultati attesi in termini di miglioramento e innovazione, (iv) il ruolo delle rappresentanze dei lavoratori a livello aziendale, se costituite».
La seconda esperienza riguarda il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle attività nelle imprese sociali ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112, e delle linee guida adottate con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 7 settembre 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 237 del 4 ottobre 2021.
In base alle nuove disposizioni sul Terzo settore, infatti, tutte le imprese sociali dovranno definire nei propri statuti o nei regolamenti aziendali adeguati meccanismi di informazione, consultazione o partecipazione di lavoratori, utenti e stakeholder, ai sensi dell'articolo 11 del citato decreto legislativo n. 112 del 2017, al fine di assicurare a questi soggetti la possibilità di esercitare un'influenza su determinate decisioni imprenditoriali. Tra queste rientrano in particolare tutte le scelte in grado di incidere in maniera diretta sulle condizioni di lavoro o sulla qualità dei beni o dei servizi forniti dall'impresa e che coinvolgono più da vicino il rapporto tra impresa e lavoratore.
Rispetto alla disciplina previgente di cui al decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155, le forme di partecipazione dei lavoratori e degli altri soggetti interessati vengono individuate dall'impresa sociale tenendo conto di quanto previsto dai contratti collettivi firmati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, dalle loro rappresentanze sindacali aziendali (RSA) o dalla rappresentanza sindacale unitaria (RSU), oltre che della natura dell'attività esercitata, delle dimensioni dell'impresa e delle categorie di soggetti coinvolti. Il citato decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 7 settembre 2021 fissa le precise modalità di applicazione della normativa. A ben vedere si tratta di meccanismi partecipativi non «incisivi», ma che hanno inteso rafforzare l'inclusività attraverso la valorizzazione della pluralità di interessi e, tra di essi, anche di quello dei portatori di lavoro.
In particolare, l'ente che intende assumere la qualifica di impresa sociale deve prevedere delle forme di coinvolgimento che anzitutto si caratterizzino per la comunicazione almeno annuale delle informazioni sull'andamento effettivo e prevedibile dell'attività dell'impresa nonché sulla qualità e natura dei servizi. Più specificamente, il medesimo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 7 settembre 2021 prevede che l'informazione dovrà essere effettuata con modalità in grado di permettere a lavoratori, rappresentanze sindacali, utenti e stakeholder di procedere a un esame approfondito di tutte le notizie fornite consentendo agli stessi di poter formulare pareri non vincolanti all'organo amministrativo.
Una forma di coinvolgimento particolare è rappresentata dalla consultazione che dovrà rispondere a due precisi criteri: quello della regolarità, intesa come stabilità della stessa nel tempo, e quello dell'effettività, intesa come concreta idoneità a promuovere la partecipazione dei lavoratori e degli utenti. I rappresentanti dei lavoratori e i rappresentanti degli utenti e degli altri soggetti individuati come direttamente interessati dovranno poter formulare, secondo le modalità previste dagli statuti o dai regolamenti, proposte o pareri non vincolanti da far pervenire all'organo di amministrazione dell'impresa sociale. Nei casi in cui si verifichino circostanze eccezionali che incidano notevolmente sugli interessi dei lavoratori, degli utenti e degli altri portatori di interessi, l'organo di amministrazione, indipendentemente dalla periodicità ordinaria, sarà tenuto a richiedere il parere obbligatorio, ma non vincolante, dei rappresentanti.
La terza esperienza è rappresentata dalla disciplina del cosiddetto «work for equity» prevista per start up, piccole e medie imprese (PMI) innovative e incubatori di impresa, di cui agli articoli 26 e seguenti del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. In particolare è da evidenziare il riconoscimento in capo a start up, PMI innovative e incubatori certificati di remunerare i propri lavoratori o collaboratori con strumenti di partecipazione al capitale sociale (per esempio, stock option) e i prestatori di servizi esterni attraverso schemi di work for equity.
Il reddito derivante dall'assegnazione di tali strumenti non concorre alla formazione del reddito imponibile, né ai fini fiscali, né ai fini contributivi. Inoltre, fatto salvo un minimo previsto dai contratti collettivi di categoria, le parti possono stabilire in totale autonomia le componenti fisse e variabili della retribuzione, concordate ad esempio sulla base dell'efficienza o della redditività dell'impresa, della produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro, o di altri obiettivi o parametri di rendimento, anche attraverso strumenti di partecipazione al capitale aziendale.
Seppur salutate con favore, le esperienze sopra riportate dimostrano come nel nostro ordinamento non sia presente una disciplina unitaria sul coinvolgimento dei lavoratori.
Pur in carenza di supporti legislativi, le parti sociali hanno trovato intese e sperimentato accordi che costituiscono esperienze positive e utili per guidare l'avvio di un processo più generale come la presente proposta di legge auspica di realizzare.
È certamente da ricordare, in materia di partecipazione organizzativa, l'accordo del 28 febbraio-9 marzo 2018 tra la Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), la Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL), l'Unione italiana del lavoro (UIL) e la Confederazione generale dell'industria italiana (Confindustria) recante contenuti e indirizzi delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva (cosiddetto «patto della fabbrica»).
Ci sono poi numerose esperienze sul campo, quale quella nel gruppo Poste italiane Spa, dove si prevedono, già nel contratto nazionale, organi paritetici su numerose funzioni dell'organizzazione del lavoro. Le positive esperienze realizzate suggeriscono che i tempi sono maturi per piani di azionariato destinati ai dipendenti e per un ulteriore coinvolgimento partecipativo degli stessi anche nella gestione.
È interessante l'accordo raggiunto nel settore telefonico tra le parti sindacali aziendali e l'Infrastrutture Wireless Italiane Spa (INWIT), finalizzato alla creazione di un comitato paritetico volto a progettare, condividere e programmare le migliori condizioni per il raggiungimento degli obiettivi aziendali di incremento di produttività, in relazione anche al riconoscimento di premi di produttività ai lavoratori.
Altra esperienza significativa è quella di Irisacqua Srl. L'impresa e le parti sindacali aziendali, nel 2021, hanno sottoscritto un accordo integrativo aziendale che, nell'ambito delle relazioni sindacali, dedica un ampio spazio alla partecipazione sia in campo di diritti di informazione, sia per quanto riguarda la creazione di organi paritetici in materia di sicurezza, formazione, welfare e premi di risultato.
Molto importante, anche per la rilevanza internazionale dell'impresa, appare la multiforme attenzione dedicata alla partecipazione dalla società Luxottica. Nel contesto dell'operazione di integrazione con l'Essilor sono stati infatti previsti: un comitato di partecipazione destinato a ricevere informazioni riservate e tempestive su problematiche inerenti al processo di integrazione, nel quale le organizzazioni sindacali potranno esprimere pareri non vincolanti; un comitato aziendale europeo (CAE); un piano di azionariato dei dipendenti; forme di partecipazione diretta e organizzativa in materia di efficienza del ciclo produttivo, orari e organizzazione del lavoro.
Altre esperienze molto avanzate in tema di commissioni tecniche bilaterali le troviamo nella Automobili Lamborghini Spa, in coerenza con la «Carta dei rapporti di lavoro in seno al gruppo Volkswagen», in materia di premi di risultato, tempi e metodi di lavoro, inquadramenti e formazione, salute e sicurezza.
Nel contratto collettivo delle società FCA, CNH Industrial e Ferrari è stato introdotto un sistema di relazioni profondamente incentrato sul lavoro di commissioni paritetiche, con compiti in materia di bilancio di sostenibilità, di risoluzione di controversie sull'applicazione del contratto, di sviluppo del welfare aziendale, di pari opportunità, di salute e sicurezza, di organizzazione del lavoro e dei sistemi di produzione, di servizi aziendali ai dipendenti, di verifica di assenteismo, di World Class Manufacturing (WCM) e plant efficiency, di raffreddamento dei conflitti.
Analogamente, nel contratto integrativo della Ducati è prevista l'istituzione di team work costituiti allo scopo di migliorare l'efficienza e l'efficacia dei processi produttivi responsabilizzando i lavoratori e costruendo un sistema premiante per gli stessi.
L'accordo aziendale delle imprese Lino Manfrotto + Co Spa e Vitecgroup Italia Spa definisce invece la partecipazione, con diritto di ricevere informazioni e formulare pareri non vincolanti, di un rappresentante delle organizzazioni sindacali al board divisionale, dove si approvano gli assetti strategici della divisione aziendale. Nello stesso accordo si stabiliscono forme di collaborazione nello sviluppo formativo e nei processi di valutazione dei dipendenti, nella tutela delle diversità e nel monitoraggio dei servizi generali e, inoltre, percorsi formativi per educare alla partecipazione e l'istituzione di gruppi di lavoro sull'andamento del business nonché su ambiente, salute e sicurezza e benessere lavorativo.
Di grande interesse è anche l'esperienza della Piaggio & C. Spa, in cui si è formato, anche in questo caso per accordo aziendale, un comitato consultivo di partecipazione avente finalità informative e di analisi su materie quali i mercati in cui opera l'azienda, le strategie industriali e le conseguenti modifiche dell'organizzazione, la situazione generale dell'impresa, l'occupazione. Inoltre, negli stessi accordi aziendali si trovano istituite commissioni per l'ambiente e la sicurezza, per le pari opportunità, per i tempi e metodi di lavoro, per il WCM, per la formazione e per il welfare.
Il Piano di innovazione elettrotecnica Rold Srl, condiviso con le rappresentanze sindacali, ha istituito, invece, una commissione paritetica finalizzata a individuare e proporre obiettivi di miglioramento aziendali e delle relazioni sindacali. Si fa riferimento a progetti di digitalizzazione e sviluppo tecnologico, miglioramento della sicurezza e a progetti per il miglioramento del clima aziendale e del benessere lavorativo.
Molto rilevanti sono anche gli accordi raggiunti nell'ambito del settore dei trasporti con i gruppi ENAV, Ferrovie dello Stato e Autostrade per l'Italia. In forme diverse, con accordi specifici o articoli dei contratti aziendali, in queste intese sono stati istituiti, con varie denominazioni, organi paritetici con compiti di consultazione preventiva e obbligatoria sulle linee strategiche aziendali.
Ulteriori esperienze riguardano l'istituzione di commissioni paritetiche sulla formazione presso Coop Alleanza 3.0, Coin Spa, OVS Spa, Bofrost Italia, Overtel Srl, Ikea, Autogrill Spa, My Chef, Chef Express, Marriot e Starhotels.
L'accordo «Volkswagen Charta» stabilisce forme di cogestione nell'organizzazione del lavoro, sicurezza, conciliazione, licenziamenti e valutazione delle prestazioni.
Esperienze di partecipazione finanziaria con la convertibilità del premio in azioni si hanno presso l'impresa Leroy Merlin.
L'istituzione di organismi bilaterali paritetici consultivi è regola nei gruppi ENEL, TERNA, ACEA, A2A e presso le società ERG ed Edison.
Ancora più numerose sono le esperienze di bilateralità di settore e territoriale.
Tutte le buone pratiche citate, non esaustive del complesso panorama spontaneamente creatosi negli anni, sono dunque esperienze da cui la nostra iniziativa trae spunti e suggerimenti, con l'ambizione di costruire un sistema di partecipazione universalmente diffuso, in tutte le forme di datorialità, ivi comprese, ove compatibili, le organizzazioni senza fine di lucro, i centri di istruzione e formazione, le fondazioni e gli enti culturali (musei, teatri e altro) nonché le pubbliche amministrazioni.
La nostra proposta, quindi, non è un esercizio teorico, ma un'occasione per fare diventare patrimonio comune ciò che l'intelligenza della contrattazione ha già generato sui territori.
La presente proposta di legge è suddivisa in capi e articoli.
Nel capo I, l'articolo 1 reca le finalità della legge, ossia introdurre una disciplina normativa della partecipazione gestionale, finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori in attuazione di quanto previsto dall'articolo 46 della Costituzione e nel rispetto dei princìpi e dei vincoli derivanti in materia dall'ordinamento dell'Unione europea e internazionale.
L'articolo 2 esplicita, per la prima volta nel nostro ordinamento, le definizioni di partecipazione gestionale, finanziaria, organizzativa e consultiva.
I capi successivi regolano queste diverse forme di partecipazione, alcune delle quali derivano dalla contrattazione collettiva, soprattutto aziendale.
Il capo II della proposta di legge delinea la regolamentazione prevista per la partecipazione gestionale dei lavoratori. In particolare, l'articolo 3 attiene alla partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori ai consigli di sorveglianza nelle imprese che adottano il sistema dualistico di governance; l'articolo 4 reca l'ipotesi di partecipazione al consiglio di amministrazione delle società che non adottano il sistema dualistico; l'articolo 5 disciplina quella nelle società a partecipazione pubblica.
Il capo III regola la partecipazione finanziaria dei lavoratori, introducendo numerose novità nel quadro normativo vigente. L'articolo 6 regola la materia della distribuzione degli utili, mentre l'articolo 7 introduce lo strumento partecipativo dei piani di partecipazione finanziaria che prevedono l'attribuzione di strumenti finanziari ai lavoratori, su base volontaria, nonché la regolamentazione per l'adesione agli stessi.
L'articolo 8 introduce nell'ordinamento giuridico italiano un istituto molto diffuso nel diritto anglosassone, il cosiddetto voting trust, che qui viene considerato un accordo di affidamento fiduciario per la gestione collettiva dei diritti derivanti dalla partecipazione finanziaria. A tutt'oggi l'Italia non dispone di un diritto dei trust propriamente detto. Con la Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata all'Aja il 1° luglio 1985, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 16 ottobre 1989, n. 364, in vigore dal 1° gennaio 1992, il nostro Paese si è impegnato a riconoscere nel proprio ordinamento gli effetti dei trust aventi determinate caratteristiche, senza peraltro alcun obbligo di introdurre una disciplina interna del trust. Nondimeno, i trust stranieri sono largamente diffusi, tanto da costituire una realtà giuridica ed economica alla cui mancanza di regolamentazione lo Stato supplisce attraverso le circolari interpretative dell'Agenzia delle entrate e con le pronunce della giurisprudenza di legittimità. L'unico esempio finora codificato di trust nell'ordinamento italiano è dato dall'articolo 6 della legge 25 giugno 2016, n. 112, cosiddetta «Dopo di noi», che ha introdotto un sistema di tutele per i disabili gravi che restano privi di sostegno familiare, tra cui, appunto, la possibilità di istituire un trust mediante il quale i genitori o i familiari di una persona disabile attribuiscono la titolarità di beni mobili e immobili a un soggetto di loro fiducia (trustee) affinché questi gestisca tali beni nell'interesse della persona disabile (beneficiario).
Nell'ambito del quadro normativo attinente alla tutela dei diritti partecipativi dei lavoratori, si è spesso ipotizzata l'introduzione in Italia di un trust che gestisca un sindacato azionario, ossia il cosiddetto voting trust. Si tratta dell'istituto che si intende regolamentare in questa sede e che, rispetto alla disciplina dei patti parasociali degli articoli 2341-bis e seguenti del codice civile, non presenta le stesse limitazioni cui soggiacciono questi ultimi.
All'articolo 9 si sanciscono gli obblighi di trasparenza.
Il capo IV regola la partecipazione organizzativa prevedendo un meccanismo premiale per le imprese che coinvolgono i lavoratori in progetti innovativi e per gli stessi lavoratori che si impegnino a fornire contributi per l'innovazione o l'incremento dell'efficienza dei processi produttivi nonché i soggetti di riferimento per sostenere tale forma di partecipazione.
Il capo V introduce disposizioni in materia di partecipazione consultiva chiarendo, all'articolo 12, le diverse ipotesi in cui le rappresentanze sindacali unitarie o le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di essere consultate in via preventiva e obbligatoria. L'articolo 14 detta la procedura di convocazione della consultazione, mentre l'articolo 13 e l'articolo 15 si occupano, rispettivamente, di estendere la partecipazione consultiva anche alle pubbliche amministrazioni nonché renderla obbligarla negli istituti bancari e nelle aziende che forniscono servizi pubblici essenziali.
L'articolo 16, infine, pone una clausola di salvaguardia delle disposizioni più favorevoli previste nei contratti collettivi nazionali in materia di consultazione.
Il capo VI sancisce, all'articolo 17, gli obblighi di formazione dei lavoratori e degli amministratori coinvolti nella partecipazione gestionale e consultiva e, all'articolo 18, il diritto al ricorso a consulenti esterni.
Il capo VII disciplina, all'articolo 19, incentivi e sgravi fiscali per le imprese che attuino piani di partecipazione e piani di consultazione attraverso la formazione degli organismi paritetici.
Il capo VIII introduce, all'articolo 20, la Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori, con funzioni interpretative e di indirizzo sull'attuazione della partecipazione dei lavoratori alle aziende, modificando la legge 30 dicembre 1986, n. 936, recante norme sul Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
Il capo IX, all'articolo 21, istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un nuovo organo deputato al controllo della sostenibilità delle imprese, cioè il Garante della sostenibilità sociale, che opera quale soggetto certificatore della condotta d'impresa responsabile della società.
L'articolo 22, infine, reca le disposizioni di copertura finanziaria.

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PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA POPOLARE

Capo I
FINALITÀ E ATTUAZIONE
DEI PRINCÌPI COSTITUZIONALI

Art. 1.
(Finalità e oggetto)

1. La presente legge disciplina la partecipazione gestionale, finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori alla gestione, all'organizzazione, ai risultati e alla proprietà delle aziende, in attuazione dell'articolo 46 della Costituzione e nel rispetto dei princìpi e dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea e internazionale. Introduce altresì norme finalizzate all'allargamento e al consolidamento di processi di democrazia economica e di sostenibilità delle imprese.

Art. 2.
(Definizioni)

1. Ai fini e per gli effetti della presente legge, si intende per:

a) «partecipazione gestionale»: la pluralità di forme di collaborazione dei lavoratori alle scelte strategiche dell'impresa;

b) «partecipazione economico-finanziaria»: la partecipazione dei lavoratori ai profitti e ai risultati dell'impresa, anche tramite forme di partecipazione al capitale, tra cui l'azionariato;

c) «partecipazione organizzativa»: il complesso delle modalità di coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni relative alle varie fasi produttive e organizzative della vita dell'impresa;

d) «partecipazione consultiva»: la partecipazione che avviene attraverso l'espressione di pareri e proposte sul merito delle decisioni che l'impresa intende assumere;

e) «impresa socialmente sostenibile»: l'impresa che persegue volontariamente il raggiungimento di obiettivi di equità sociale e di protezione ambientale con finalità economiche di creazione di valore per tutti i portatori di interessi;

f) «contratti collettivi»: i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria ai sensi dell'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;

g) «piccoli azionisti»: i titolari di quote azionarie non superiori a 40.000 euro pro capite e, comunque, non superiori all'1 per mille dell'intero capitale sociale della società di riferimento. Nel caso di proprietà di azioni della stessa società da parte di coniugi, parenti fino al secondo grado e affini fino al primo grado, le azioni stesse sono cumulate ai fini della determinazione del limite in valore assoluto e quest'ultimo è elevato in ragione del numero delle persone che concorrono al cumulo, fino al massimo di cinque volte, rimanendo invariato il limite percentuale raggiungibile dallo stesso aggregato familiare come sopra definito.

Capo II
PARTECIPAZIONE GESTIONALE
DEI LAVORATORI

Art. 3.
(Partecipazione dei rappresentanti
dei lavoratori al consiglio di sorveglianza)

1. Nelle imprese esercitate in forma di società per azioni o società europea, nelle quali lo statuto prevede che l'amministrazione e il controllo siano esercitati da un consiglio di gestione e da un consiglio di sorveglianza, in base al sistema dualistico di cui agli articoli 2409-octies e seguenti del codice civile, i contratti collettivi possono prevedere la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori dipendenti nel consiglio di sorveglianza, per una quota non inferiore a un quinto dei componenti del consiglio stesso.
2. L'individuazione dei rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza, nonché di un eguale numero di supplenti, è regolata sulla base delle procedure definite dai contratti collettivi, nel rispetto dei requisiti di professionalità e onorabilità richiesti per i componenti del consiglio nonché delle disposizioni delle lettere a) e b) del decimo comma dell'articolo 2409-duodecies del codice civile.
3. Tra i membri del consiglio di sorveglianza può essere prevista la presenza di almeno un rappresentante dei lavoratori che aderiscono a piani di partecipazione finanziaria di cui all'articolo 7 della presente legge.
4. Le società che incentivano la partecipazione nel consiglio di sorveglianza, secondo le procedure di cui al comma 2 del presente articolo, accedono ai meccanismi premiali di cui all'articolo 19.
5. L'opportunità di cui al presente articolo può applicarsi anche alle cooperative di consumo.

Art. 4.
(Partecipazione al consiglio
di amministrazione)

1. Nelle società che non adottano il sistema dualistico di cui agli articoli 2409-octies e seguenti del codice civile, i contratti collettivi possono prevedere la partecipazione al consiglio di amministrazione e, altresì, al comitato per il controllo sulla gestione di cui all'articolo 2409-octiesdecies del codice civile, ove costituito, di uno o più amministratori, rappresentanti gli interessi dei lavoratori dipendenti.
2. Gli amministratori di cui al comma 1, nonché i relativi supplenti, sono individuati dai lavoratori dipendenti della società sulla base delle procedure definite dai contratti collettivi.
3. Gli amministratori di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo devono essere in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all'articolo 2409-septiesdecies del codice civile nonché dei requisiti di onorabilità e professionalità previsti dallo statuto della società o, in mancanza, dai codici di comportamento redatti dalle associazioni di categoria.
4. Gli amministratori che siano anche dipendenti della società hanno diritto a permessi retribuiti per la preparazione e la partecipazione alle riunioni del consiglio in misura determinata dalla contrattazione collettiva.
5. Le società che adottano la partecipazione di amministratori designati secondo le procedure di cui al comma 2 nel consiglio di amministrazione o nel comitato per il controllo sulla gestione accedono ai meccanismi premiali di cui all'articolo 19.

Art. 5.
(Disciplina della partecipazione nelle società a partecipazione pubblica)

1. Le società a partecipazione pubblica, previste dall'articolo 2, comma 1, lettera n), del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, devono integrare il consiglio di amministrazione con almeno un amministratore nominato secondo le procedure di cui all'articolo 4 della presente legge.

Capo III
PARTECIPAZIONE ECONOMICA
E FINANZIARIA DEI LAVORATORI

Art. 6.
(Distribuzione degli utili)

1. Le somme derivanti dalla distribuzione ai lavoratori dipendenti di una quota di utili di impresa non inferiore al 10 per cento degli utili complessivi sono soggette a un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 5 per cento, entro il limite di importo complessivo di 10.000 euro lordi, se erogate in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
2. Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all'imposta sostitutiva disciplinata dal comma 1 del presente articolo, i contributi alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, e quelli ai sottoconti italiani di prodotti pensionistici individuali paneuropei (PEPP) di cui al regolamento (UE) 2019/1238 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, versati, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 1 del presente articolo. Tali contributi non concorrono a formare la parte imponibile delle prestazioni pensionistiche complementari ai fini dell'applicazione delle disposizioni dell'articolo 11, comma 6, del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005, nonché ai fini dell'applicazione delle disposizioni nazionali di attuazione del citato regolamento (UE) 2019/1238.
3. Non concorrono altresì a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all'imposta sostitutiva disciplinata dal comma 1 del presente articolo, i contributi di assistenza sanitaria di cui all'articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, versati, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 1 del presente articolo, anche se eccedenti i limiti indicati nel citato articolo 51, comma 2, lettera a).

Art. 7.
(Piani di partecipazione finanziaria
dei lavoratori)

1. I contratti collettivi possono prevedere l'accesso dei lavoratori al possesso di azioni o di quote di capitale dell'impresa stessa, attraverso l'adozione di piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori dipendenti.
2. L'adesione dei lavoratori al piano di partecipazione finanziaria è volontaria e non può essere fonte di discriminazioni.
3. I piani di partecipazione finanziaria possono individuare tra gli strumenti di partecipazione dei lavoratori al capitale della società quelli previsti dagli articoli 2349, 2357, 2358 e 2441, ottavo comma, del codice civile e determinano le condizioni di tale partecipazione. I piani possono altresì contemplare l'attribuzione di azioni in sostituzione di premi di risultato, ferma restando la disciplina di cui all'articolo 1, comma 184-bis, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
4. I contratti collettivi possono destinare una quota parte della retribuzione aggiuntiva alla retribuzione ordinaria, in misura non superiore al 15 per cento della retribuzione globale di fatto, per il finanziamento della partecipazione al piano. Si applicano le disposizioni dell'articolo 51, commi 2, lettera g), e 2-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
5. I lavoratori dipendenti che hanno aderito al piano non possono chiedere il rimborso dei titoli prima che sia decorso un termine stabilito dal piano stesso in misura non inferiore a tre anni. Il rimborso dei titoli può essere richiesto anche prima della scadenza di detto termine in pendenza di un'offerta pubblica di acquisto o di scambio avente ad oggetto gli stessi titoli.
6. All'articolo 51, comma 2, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «lire 4 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «euro 40.000».

Art. 8.
(Accordo di affidamento fiduciario per la gestione collettiva dei diritti derivanti dalla partecipazione finanziaria)

1. In deroga all'articolo 2341-bis del codice civile e agli articoli 122 e seguenti del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, i lavoratori dipendenti e i piccoli azionisti che siano persone fisiche possono stipulare un accordo di affidamento fiduciario avente ad oggetto la delega del diritto di voto nell'assemblea societaria.
2. È fatta salva la facoltà per ciascun fiduciante di esercitare in proprio il diritto di voto in singole assemblee, anche limitatamente a specifici punti dell'ordine del giorno.
3. I requisiti dell'accordo di affidamento fiduciario sono:

a) la previsione di un affidatario fiduciario obbligato ad esercitare il diritto di voto secondo le prescrizioni e i princìpi direttivi dell'atto istitutivo dell'accordo;

b) la previsione di una durata massima dell'accordo;

c) l'emissione da parte dell'affidatario a favore dei disponenti di documenti relativi alle partecipazioni societarie trasferite con l'accordo di affidamento;

d) il diritto di prelazione nell'ipotesi di cessione delle quote azionarie da parte di uno degli aderenti al negozio;

e) l'individuazione, da parte dei disponenti, di un soggetto, denominato guardiano, con funzioni di vigilanza sull'esecuzione dell'accordo.

4. Nel caso in cui si verifichi l'ipotesi di cui alla lettera d) del comma 3, l'affidatario ha l'obbligo di acquisire l'assenso o il diniego al conferimento delle quote azionarie con atto scritto.
5. Nell'ipotesi di sollecitazione di deleghe di voto tra i lavoratori dipendenti in attività e i lavoratori dipendenti a riposo aderenti al piano, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 141, 142, 143 e 144 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
6. Le partecipazioni societarie possono essere altresì trasferite a trust istituiti e legittimati allo scopo di esercitare il diritto di voto.
7. L'atto di trust, istituito ai sensi del comma 6, deve disciplinare:

a) la nomina del trustee;

b) lo scopo, ossia l'oggetto del trust;

c) i princìpi ai quali deve essere uniformato l'esercizio dei diritti amministrativi da parte del trustee;

d) la durata massima del trust;

e) le condizioni e le modalità di retrocessione ai disponenti delle partecipazioni societarie;

f) l'individuazione di un soggetto, denominato guardiano, con funzioni di vigilanza sull'esecuzione del programma di trust.

8. È istituito presso la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) il registro dei voting trust. Il registro deve essere aggiornato mensilmente previe segnalazioni relative alla costituzione, modifiche o scioglimento dei trust da effettuarsi a cura del trustee. Il registro deve contenere il nome delle società presso le quali è costituito il trust, le caratteristiche elencate al comma 7 e le modalità con cui è possibile trasferire le partecipazioni allo stesso.
9. All'atto della sottoscrizione e della compravendita, da parte di un investitore, di titoli azionari riferibili a società elencate nel registro dei voting trust, gli intermediari sono tenuti a rendere all'investitore stesso un'informativa obbligatoria sull'esistenza del trust e sulla possibilità e modalità per aderirvi.

Art. 9.
(Obblighi di trasparenza dell'accordo di affidamento fiduciario per la gestione collettiva dei diritti derivanti dalla partecipazione finanziaria)

1. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate l'organizzazione e le attività dei soggetti di cui all'articolo 8 al fine di garantire adeguate pubblicità e trasparenza.

Capo IV
PARTECIPAZIONE ORGANIZZATIVA
DEI LAVORATORI

Art. 10.
(Premi per l'innovazione e l'efficienza)

1. I contratti collettivi possono prevedere commissioni paritetiche a livello aziendale, composte in egual numero da rappresentanti dell'impresa e dei lavoratori, finalizzate a definire i piani di miglioramento e di innovazione dei prodotti, dei processi produttivi, dei servizi e dell'organizzazione del lavoro.
2. I piani di miglioramento e innovazione devono riportare: l'analisi del contesto iniziale; gli obiettivi condivisi da perseguire; gli investimenti tecnologici; le modifiche organizzative; le misure di sostegno ai lavoratori; le azioni partecipative da attuare, con i relativi indicatori; i risultati attesi in termini di miglioramento e innovazione; il ruolo delle rappresentanze dei lavoratori a livello aziendale, se costituite.
3. I contratti collettivi possono stabilire il riconoscimento di premi aziendali ai dipendenti che hanno contribuito, collettivamente o individualmente, al miglioramento e all'innovazione di prodotti, servizi e processi organizzativi.
4. Alle imprese che, per mezzo delle commissioni di cui al comma 1, definiscono piani di miglioramento e innovazione dotati dei contenuti previsti al comma 2 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 19.

Art. 11.
(Soggetti di riferimento della
partecipazione organizzativa)

1. I contratti collettivi possono prevedere referenti per l'attuazione dei piani di miglioramento e innovazione organizzativa, a cui si applicano i benefìci di cui all'articolo 19, commi 4 e 5.
2. I contratti collettivi possono altresì prevedere l'assistenza di esperti esterni, il cui intervento, se concordato, è a carico dell'impresa, secondo quanto stabilito nell'articolo 18.
3. Le aziende possono prevedere nel proprio organigramma, in esito a contratti collettivi aziendali, le figure dei referenti della formazione, dei piani di welfare, delle politiche retributive, della qualità dei luoghi di lavoro, della conciliazione e i responsabili della diversità e dell'inclusione delle persone con disabilità. In riferimento alle figure di cui al primo periodo si applicano i benefìci di cui all'articolo 19, commi 4 e 5.
4. I contratti collettivi possono prevedere, anche attraverso il sistema della bilateralità, il supporto a forme di partecipazione organizzativa dei lavoratori nelle imprese che occupano meno di trentacinque lavoratori.

Capo V
PARTECIPAZIONE CONSULTIVA
DEI LAVORATORI

Art. 12.
(Consultazione preventiva e obbligatoria)

1. Fatto salvo quanto previsto dalla legge o dai contratti collettivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 25, nelle imprese che occupano complessivamente più di cinquanta dipendenti, nell'ambito di commissioni paritetiche, le rappresentanze sindacali unitarie o le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, i rappresentanti dei lavoratori e le strutture territoriali degli enti bilaterali di settore hanno diritto di essere informati e preventivamente consultati in merito alle scelte aziendali almeno una volta all'anno.
2. I contratti collettivi definiscono la composizione delle commissioni paritetiche per la partecipazione consultiva nonché le sedi, i tempi, le modalità e i contenuti della consultazione. La consultazione si svolge almeno:

a) sui dati economici e finanziari dell'impresa;

b) sulle scelte strategiche, di investimento e sui relativi piani industriali, nonché sull'introduzione di nuovi prodotti e processi produttivi, esternalizzazioni e appalti;

c) sull'introduzione di nuovi modelli organizzativi aziendali e sull'utilizzo di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati;

d) sull'adozione di piani a sostegno della transizione ecologica e digitale nonché della sostenibilità sociale dell'impresa;

e) sulla situazione, sulla struttura e sull'evoluzione prevedibile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa e dell'unità produttiva, sui contratti di lavoro, sulle misure di promozione della parità di genere nonché sulle eventuali misure volte a prevenire conseguenze negative sui livelli occupazionali e promuovere la riqualificazione professionale dei lavoratori;

f) sui programmi e piani formativi per i lavoratori.

Art. 13.
(Consultazione nelle pubbliche
amministrazioni)

1. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le disposizioni dell'articolo 12 della presente legge si applicano anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
2. Al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5, comma 2, le parole: «la sola informazione ai» sono sostituite dalle seguenti: «la consultazione dei»;

b) all'articolo 6, comma 1, la parola: «informazione» è sostituita dalla seguente: «consultazione».

Art. 14.
(Procedura di consultazione)

1. Il datore di lavoro convoca la commissione paritetica di cui all'articolo 12 mediante comunicazione scritta, trasmessa anche tramite posta elettronica certificata. La consultazione ha inizio entro cinque giorni dal ricevimento dell'istanza di convocazione. I rappresentanti dei lavoratori che compongono la commissione paritetica possono presentare, in sede di procedura di consultazione, un parere scritto, da allegare al verbale di consultazione. La procedura di consultazione, salvo diverso accordo, si intende conclusa decorsi dieci giorni dal suo inizio, anche in caso di mancato parere scritto da parte dei rappresentanti dei lavoratori.
2. Entro trenta giorni dalla chiusura della procedura, il datore di lavoro convoca la commissione paritetica al fine di illustrare il risultato della consultazione e i motivi dell'eventuale mancato recepimento dei suggerimenti proposti nel parere della commissione paritetica. In questi casi, con riferimento a informazioni non subordinate ai vincoli di riservatezza di cui al comma 4, il datore di lavoro dovrà immediatamente informare le rappresentanze sindacali aziendali e le rappresentanze sindacali unitarie per ricomporre la divergenza. A tal fine, la procedura potrà essere prorogata di ulteriori quindici giorni.
3. In caso di mancata composizione della divergenza, il verbale di consultazione deve essere trasmesso, entro quindici giorni dalla chiusura della procedura di consultazione, al Garante di cui all'articolo 21.
4. La consultazione si svolge con vincolo di riservatezza rispetto alle informazioni la cui divulgazione risulti in contrasto con normative di legge o con quanto stabilito dai contratti collettivi.
5. Le commissioni paritetiche di cui al comma 1 trasmettono annualmente al Garante di cui all'articolo 21 una comunicazione sull'avvenuto espletamento delle procedure previste dalla presente legge. Trasmettono altresì annualmente alla Commissione nazionale permanente di cui all'articolo 20 la raccolta dei verbali relativi a tutte le consultazioni con esito negativo svolte nell'anno di riferimento.
6. Nei casi di controversie interpretative in ordine alle modalità di esecuzione delle procedure, ovvero di presunte violazioni delle stesse, i componenti delle commissioni paritetiche possono rivolgersi alla Commissione nazionale permanente di cui all'articolo 20 per ottenere un suo pronunciamento.
7. Al termine della procedura di consultazione, con riferimento ai temi ivi discussi, le aziende possono dare avvio alla definizione congiunta, nell'ambito delle commissioni paritetiche, di piani di miglioramento e innovazione, secondo quanto previsto dall'articolo 10.

Art. 15.
(Consultazione preventiva e obbligatoria negli istituti di credito, nelle banche e nelle imprese erogatrici di servizi pubblici essenziali)

1. Fatto salvo quanto previsto agli articoli 11 e 12 della presente legge, gli istituti di credito e le banche ai sensi dell'articolo 10 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, le imprese erogatrici di servizi pubblici essenziali e le società a partecipazione pubblica devono costituire commissioni paritetiche di consultazione con i rappresentanti dei lavoratori in materia di:

a) politiche di remunerazione del personale, compresi i dirigenti e gli amministratori;

b) politiche di incentivazione della produttività del personale;

c) politiche commerciali, ove presenti.

2. Le procedure per la costituzione delle commissioni paritetiche di cui al comma 1 sono demandate alla definizione dei contratti collettivi nazionali di settore.

Art. 16.
(Salvaguardia dei contratti collettivi)

1. Sono fatte salve le condizioni di miglior favore previste dai contratti collettivi.

Capo VI
FORMAZIONE E CONSULENZA ESTERNA

Art. 17.
(Obblighi di formazione dei rappresentanti dei lavoratori dipendenti e degli amministratori)

1. I rappresentanti dei lavoratori che operano nelle commissioni di cui agli articoli 10 e 12 nonché coloro che partecipano agli organi societari ai sensi di quanto previsto nel capo II, al pari dei rappresentanti di impresa, hanno diritto a ricevere un'adeguata formazione, anche in forma congiunta, non inferiore a 24 ore annue, per lo sviluppo di conoscenze e competenze tecniche, specialistiche e trasversali.
2. Al fine di partecipare ai corsi di formazione, i rappresentanti dei lavoratori usufruiscono di permessi retribuiti secondo le modalità definite dai contratti collettivi.
3. I corsi di formazione di cui al comma 1 del presente articolo sono organizzati dalle università, dai centri di ricerca, dalle associazioni di rappresentanza dei lavoratori, dagli organismi paritetici, dagli enti bilaterali, dai fondi interprofessionali per la formazione continua di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché da ulteriori soggetti formatori individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
4. I corsi di formazione di cui al comma 1 del presente articolo possono essere finanziati anche attraverso i fondi interprofessionali per la formazione continua, di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

Art. 18.
(Diritto di ricorso a consulenti esterni)

1. I rappresentanti dei lavoratori che operano nelle commissioni di cui agli articoli 10 e 12 nonché coloro che partecipano agli organi societari ai sensi di quanto previsto nel capo II hanno diritto di avvalersi della consulenza di esperti su argomenti specifici.
2. Le spese di consulenza sono sostenute dall'azienda, anche attraverso gli enti bilaterali, entro i limiti previsti dai contratti collettivi nazionali.

Capo VII
MECCANISMI PREMIALI

Art. 19.
(Agevolazioni fiscali per i lavoratori
e per le imprese)

1. Nella determinazione del reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche sono deducibili le spese sostenute in attuazione di un piano di partecipazione finanziaria di cui all'articolo 7 nonché delle disposizioni per l'acquisto o per la sottoscrizione di strumenti finanziari da parte dei lavoratori dipendenti della società emittente il titolo o delle società controllanti, o da essa controllate o a essa collegate, per un importo annuo non superiore a 10.000 euro. Sono deducibili, altresì, i premi per l'innovazione e l'efficienza di cui all'articolo 10.
2. Le imprese che hanno adottato il piano di partecipazione finanziaria possono dedurre dal reddito di impresa imponibile a fini fiscali, nel limite di importo previsto dal comma 1, per ciascun lavoratore:

a) gli interessi, nonché quota parte del capitale, sui prestiti accordati ai lavoratori per la sottoscrizione o l'acquisto degli strumenti finanziari;

b) la differenza tra il valore delle azioni, determinato sulla base del patrimonio netto della società risultante dall'ultimo bilancio approvato, e il prezzo al quale sono offerte per la sottoscrizione o la vendita ai lavoratori;

c) in caso di assegnazione gratuita, l'intero valore delle azioni o quote di capitale, determinato sulla base del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio approvato.

3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono stabilite le modalità attuative delle disposizioni del comma 2.
4. Con riferimento ai soggetti di cui all'articolo 11, comma 3, per un periodo massimo di ventiquattro mesi decorrenti dalla data di deposito del contratto, si applicano i seguenti benefìci per le aziende:

a) ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, è previsto l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL);

b) è riconosciuto lo sgravio totale dei contributi a carico del datore di lavoro per il finanziamento della nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI), di cui all'articolo 2, comma 36, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e dello 0,30 per cento previsto dall'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845.

5. I benefìci contributivi di cui al comma 4 sono riconosciuti a condizione che i contratti di cui all'articolo 10, commi 1 e 3, unitamente ai piani di miglioramento e innovazione definiti dalle commissioni paritetiche cui i contratti fanno riferimento, siano depositati per via telematica presso la Direzione territoriale del lavoro competente.

Capo VIII
ISTITUZIONE DELLA COMMISSIONE
NAZIONALE PERMANENTE PER LA
PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI

Art. 20.
(Introduzione dell'articolo 17-bis della legge 30 dicembre 1986, n. 936, concernente l'istituzione della Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori)

1. Dopo l'articolo 17 della legge 30 dicembre 1986, n. 936, è inserito il seguente:

«Art. 17-bis. – (Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori) 1. Presso il CNEL è istituita la Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori.
2. La Commissione è composta da:

a) un rappresentante del CNEL;

b) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

c) sei esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori presenti presso il CNEL;

d) sei esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro presenti presso il CNEL;

e) tre esperti di diritto del lavoro e relazioni industriali o di gestione e organizzazione aziendale, scelti congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro presenti presso il CNEL.

3. Il Presidente è eletto a maggioranza tra i membri della Commissione.
4. I componenti della Commissione sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su designazione degli organismi competenti, e durano in carica cinque anni. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabiliti le modalità e i termini per la designazione e l'individuazione dei componenti di cui al comma 2, lettere c), d) ed e).
5. La Commissione nazionale permanente:

a) si pronuncia su eventuali controversie interpretative che dovessero sorgere in ordine alle modalità di svolgimento delle procedure previste nelle imprese dei diversi settori;

b) indica eventuali misure correttive nei casi di violazione delle norme procedurali, riferendo al Garante di cui all'articolo 21 sull'eventuale mancato accoglimento delle indicazioni fornite agli organismi paritetici;

c) procede alla raccolta e alla valorizzazione delle buone prassi in materia di partecipazione dei lavoratori attuate dalle aziende;

d) redige ogni due anni una relazione nazionale sulla partecipazione dei lavoratori nei luoghi di lavoro;

e) presenta al CNEL proposte volte a incoraggiare la partecipazione gestionale, economica, organizzativa e consultiva dei lavoratori alle imprese;

f) raccoglie i verbali delle riunioni degli organismi paritetici».

Capo IX
GARANTE DELLA SOSTENIBILITÀ
SOCIALE DELLE IMPRESE

Art. 21.
(Istituzione del Garante della sostenibilità
sociale delle imprese)

1. È istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Garante della sostenibilità sociale delle imprese, di seguito denominato «Garante».
2. La struttura e la composizione dell'ufficio del Garante sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle imprese e del made in Italy e il Ministro dell'economia e delle finanze.
3. Il Garante opera quale soggetto certificatore della condotta d'impresa responsabile delle società che, su base volontaria, si sottopongono alla valutazione, anche avvalendosi di modelli di sostenibilità sociale gestiti da soggetti indipendenti, al fine di individuare, prevenire, attenuare e rendere conto dei danni esterni derivanti dagli impatti negativi sui diritti umani e dagli impatti ambientali negativi nelle attività che svolgono, nelle loro filiazioni e nella catena del valore cui partecipano.
4. Ai fini del riconoscimento della sostenibilità sociale dell'impresa il Garante adotta modelli di valutazione che diano conto del contributo al raggiungimento degli obiettivi di benessere equo e sostenibile, come definiti dagli indicatori di cui all'articolo 10, comma 10-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e che tengano conto dei seguenti fattori:

a) l'adozione o meno di strumenti di partecipazione dei lavoratori dipendenti all'impresa e la significatività degli stessi;

b) l'adozione di piani di azionariato;

c) l'adozione o meno dei contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati ai settori di riferimento e l'esistenza o meno di contrattazione aziendale o territoriale;

d) la tipologia, la quantità e la qualità dei piani formativi destinati ai lavoratori dipendenti.

5. Sulla base dei verbali di mancato accordo, delle comunicazioni annuali e delle segnalazioni ricevuti ai sensi dell'articolo 12, commi 3, 5 e 6, il Garante ha il compito di attivare, se ritenuto necessario sulla base di una valutazione dei documenti stessi, le verifiche per la certificazione della sostenibilità sociale delle imprese anche nel caso in cui esse non siano state richieste dall'impresa stessa.
6. Gli atti relativi alla valutazione di sostenibilità sociale delle imprese nonché la relativa certificazione con annesso giudizio sono pubblicati nel sito internet istituzionale del Garante nonché in una sezione appositamente costituita nel sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
7. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, sono definiti meccanismi premiali per le imprese che abbiano ricevuto una certificazione positiva ai sensi del presente articolo, ulteriori rispetto a quelli previsti dall'articolo 19.
8. Il Garante trasmette annualmente una relazione sull'attività svolta ai Presidenti delle Camere nonché al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro delle imprese e del made in Italy.

Art. 22.
(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati in 50 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

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