PDL 1552

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14
                        Articolo 15
                        Articolo 16
                        Articolo 17
                        Articolo 18
                        Articolo 19
                        Articolo 20
                        Articolo 21

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1552

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato FARAONE

Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, in materia di misure di prevenzione patrimoniali e di informazioni antimafia

Presentata il 16 novembre 2023

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge è volta a modificare le disposizioni in materia di misure di prevenzione e informazioni interdittive del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, di seguito denominato «codice delle leggi antimafia». Difatti, con le riforme del 2008 e del 2009, i cosiddetti «pacchetti sicurezza», di cui al decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, e alla legge 15 luglio 2009, n. 94, la confisca di prevenzione, ideata quale principale strumento di lotta alla criminalità organizzata, è divenuta uno strumento di ablazione dei patrimoni, a prescindere dalla loro natura lecita o illecita. Si rileva, all'uopo, che la necessità di strumenti straordinari per contrastare il crimine organizzato ha compromesso in maniera significativa il sistema di garanzie e di tutele delle persone, in quanto nella pratica giudiziaria sono sempre più frequenti e numerosi i casi in cui le misure di prevenzione vengono applicate nei confronti di soggetti che poi vengono assolti in sede penale per gli stessi fatti. La presente proposta di legge parte, infatti, dalle criticità registrate in sede di applicazione delle norme sottese alla confisca di prevenzione. Invero, si è riscontrato che le aziende sottoposte alle misure di prevenzione vengono in gran numero poste in liquidazione nel corso delle complesse more procedurali, con effetti macroeconomici devastanti nei territori in cui le misure vengono applicate: perdita di posti di lavoro, calo del gettito fiscale, compromissione dell'intero tessuto economico in cui le aziende in sequestro o in confisca operano, caratterizzato da un sempre crescente clima di incertezza. Peraltro, il timore per l'applicazione di sequestri e confische, specie nel Meridione, insieme al rischio di impresa e alla crisi economica, costituiscono un potente deterrente a investire in questi territori, con conseguente aumento della povertà e del degrado sociale, di cui si alimenta la stessa criminalità organizzata A livello sostanziale, si presentano anzitutto criticità relative alla natura giuridica della confisca di prevenzione, che, malgrado quanto sancito dalla giurisprudenza nazionale, seguendo i criteri tracciati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) nella nota sentenza dell'8 giugno 1976 (Engel e altri contro Paesi Bassi), ha un contenuto fortemente punitivo-afflittivo. Pur prescindendo dall'attuale pericolosità sociale della persona, tale misura non ha carattere preventivo bensì affligge la persona che la subisce aggredendo i suoi beni con riguardo al passato, ossia alla loro origine. Facendo leva sulla tesi della natura non penale delle misure di prevenzione si finisce, infatti, col togliere a una persona tutto il patrimonio, compresa la casa familiare, e di conseguenza privare lei e la sua famiglia di ogni mezzo di sostentamento, travolgere il suo passato e distruggere il suo futuro. La confisca di prevenzione, quale misura di prevenzione finisce, nei fatti, col perseguire intenti punitivi e afflittivi, con elusione dei princìpi garantistici propri della materia penale. Va anche segnalato che gli effetti che subisce una persona sottoposta a una misura, qualora sia un imprenditore, non riguardano solamente il diritto di proprietà o l'iniziativa economica (dotate di guarentigie costituzionali più attenuate rispetto alla libertà personale), ma anche la violazione del diritto al lavoro, fondamento della Repubblica, richiamato nell'articolo 1 della Costituzione. Oltre all'allontanamento dalla sua azienda, è, inoltre, difficile che la persona che subisce il sequestro possa trovare un qualunque tipo di occupazione a causa degli effetti di stigmatizzazione sociale che l'applicazione di un provvedimento antimafia produce. Va anche aggiunto che, a differenza di ciò che è previsto per il procedimento penale, lo standard probatorio si basa sull'indizio e non sulla prova, il quale non deve essere grave né preciso né concordante. Da questo si deve inferire l'appartenenza dell'accusato alla mafia, ma il concetto di appartenenza non coincide con quello di partecipazione delineato dall'articolo 416-bis del codice penale. Si tratta di un concetto ancora più vago del concorso esterno nel reato di associazione di tipo mafioso che ha suscitato le «perplessità» della dottrina più accorta e le censure della Corte europea dei diritti dell'uomo. Neanche l'analisi delle pronunce della Corte di cassazione consente la tipizzazione di una specifica categoria dell'appartenenza. Questo comporta una eccessiva vaghezza della fattispecie di pericolosità sociale qualificata, nonché la violazione del principio di legalità espresso dall'articolo 25 della Costituzione e dall'articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), che potrebbe far presagire una pronuncia additiva della Corte costituzionale o una censura da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo che, nella nota sentenza del 23 febbraio 2017 (De Tommaso contro Italia), ha già ribadito il rispetto del principio di legalità con riferimento alla categoria di pericolosità generica prevista dalla lettera b) dell'articolo 4 del codice delle leggi antimafia. È evidente che gli effetti sostanziali e processuali dell'imprecisione del precetto normativo siano gravissimi: non solo le persone non sono in grado di prevedere cosa non debbano fare per non essere considerate «appartenenti», ma una volta instaurato il procedimento di prevenzione non sanno neanche da cosa difendersi; in più, una volta emanato il decreto di confisca, il controllo sulla legalità del provvedimento in sede di ricorso in appello e in Cassazione perde la sua effettività perché, mancando a monte un modello legale di confisca che ne definisca con precisione i presupposti normativi, non è possibile stabilire se il provvedimento impugnato è conforme al paradigma normativo che, di fatto, viene modellato di volta in volta, a seconda delle esigenze preventive e in funzione della personalissima dogmatica parapenalistica del giudice. In altre parole, il giudice non verifica se, nel caso di specie, i presupposti della norma sono rispettati ma crea esso stesso i presupposti per l'applicazione della norma, non solo generale e astratta ma vaghissima e imperscrutabile. A livello processuale la confisca è preceduta dal sequestro. È lo stesso giudice che ha disposto il sequestro, inaudita altera parte, che deciderà se revocare il sequestro o disporre la confisca, in ciò rivalutando i medesimi elementi indiziari, con evidenti ricadute sul principio del giudice terzo e imparziale, corollario del principio del giusto processo sancito dall'articolo 111 della Costituzione e dall'articolo 6 della CEDU. In più, nel procedimento di prevenzione si assiste a un'inversione dell'onere della prova in quanto non è l'accusa a dovere fornire l'indizio dell'appartenenza dell'indiziato alla mafia, ma è il proposto a dover fornire la prova negativa di tale appartenenza. Per accertare la congruità tra le disponibilità finanziarie della persona e il suo patrimonio, nella maggior parte dei casi il tribunale si avvale di un collegio peritale, il che avvicina il processo di prevenzione a quello inquisitorio. Difatti, il tribunale dispone il sequestro e nomina i periti per accertare la congruenza tra i beni e la capacità finanziaria del proposto; la perizia disposta dal tribunale diventa pertanto lo strumento stesso attraverso il quale il giudice ricerca elementi nuovi sui quali fondare la sua decisione. In altre parole, il tribunale si spoglia della sua terzietà ricercando esso stesso la prova a supporto del provvedimento che egli stesso ha emesso nella fase cautelare. Inoltre, nel corso degli accertamenti peritali, al proposto viene spesso richiesto di fornire documentazione contabile o tributaria anche risalente a moltissimi anni prima rispetto alla proposta di applicazione della misura, pur prevedendo la normativa fiscale un termine più breve per la tenuta delle scritture contabili. Un'altra criticità riguarda la confisca dei beni connessi ad attività illecita. La generica previsione legale prevista dall'articolo 24 del codice delle leggi antimafia ha consentito alla giurisprudenza di ritenere integrata la condizione di legge non solo quando i beni siano frutto di attività delittuosa o di reato ma anche frutto di illeciti civili o addirittura amministrativi, snaturando così la funzione del sistema di prevenzione nato per sottrarre i beni provento di attività criminali dal circuito economico, piegando così nella sostanza il principio di legalità previsto dall'articolo 7 della CEDU. Peraltro, l'estensione di detto strumento anche alla casa ove abita il proposto con la sua famiglia rischia, paradossalmente, non solo di incidere pesantemente su diritti fondamentali dell'uomo, quali l'integrità della famiglia e il diritto a una casa, ma di produrre effetti criminogeni ulteriori. La possibilità di confiscare il bene indipendentemente dall'attuale pericolosità sociale della persona, inoltre, ha connotato la confisca in senso spiccatamente sanzionatorio in quanto essa, facendo riferimento soltanto all'origine del bene, guarda al passato e non al futuro, abbandonando la funzione pubblica tipica dell'azione di prevenzione che è quella di impedire la commissione di reati da parte di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Tale connotazione potrebbe esporre l'istituto a censure da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo. Il disposto normativo di cui all'articolo 26 del codice delle leggi antimafia ritiene fittizie le intestazioni o gli acquisti dei conviventi, coniugi e figli, del proposto acquisite nei due anni antecedenti la proposta; si tratta di una presunzione legale. La pratica ha, tuttavia, esteso questa presunzione anche alle intestazioni o agli acquisti dei conviventi oltre i due anni antecedenti la proposta, legittimando lo statuto probatorio, ben più mite, che vale nei confronti del proposto, anche per i terzi estranei alla proposta, nei confronti dei quali più volte la Corte di cassazione ha ribadito la necessità che la prova sia piena. Ciò comporta un'inaccettabile compressione dei diritti della difesa. Quanto alla possibilità di impugnare il provvedimento di confisca, si può fare ricorso in Cassazione solo per violazione di legge e non anche per vizio di motivazione, cosicché, la maggior parte dei ricorsi in Cassazione in questa materia viene dichiarata inammissibile perché gli avvocati, non potendo lamentare la illogicità delle motivazioni su cui si fonda il provvedimento ablativo, sono costretti a «mascherare» l'illogicità della motivazione come violazione di legge. Un altro punto riguarda l'articolo 28 del codice delle leggi antimafia che introduce espressamente il diritto alla revocazione della confisca, fra l'altro, alla lettera a) del comma 1 «in caso di scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute o conosciute alla conclusione del procedimento». La notula recepisce di fatto la giurisprudenza maturata nel vigore della legge 31 maggio 1965, n. 575, che non prevedeva espressamente il diritto alla revoca del provvedimento di confisca, relativa all'estensione al procedimento di prevenzione dei princìpi vigenti in materia di revisione penale, ex articolo 630 del codice di procedura penale, e ciò sulla scorta dell'irrinunciabile esigenza di giustizia sostanziale ex articolo 24 della Costituzione in materia di riparazione di errori giudiziari. Ciò nondimeno, in sede di codificazione del citato articolo 28, il legislatore ha però, in maniera irragionevole, limitato le ipotesi per la revocazione ai soli casi in cui la prova sia sopravvenuta, diversamente da quanto previsto dall'articolo 630, lettera c), del codice di procedura penale ove invece si fa riferimento anche alle prove conosciute successivamente al giudicato, intendendosi ovviamente le prove preesistenti ma non conosciute, dunque non apprezzate. Si tratta a nostro avviso di un passo indietro, del tutto ingiustificato, non in linea con il principio costituzionale in materia di giustizia sostanziale, il cui obiettivo ovviamente prescinde dall'eventuale incuria delle parti o dal caso fortuito. La presente proposta di legge intende, dunque, offrire delle modifiche che siano capaci di porre rimedio ai problemi relativi alle palesi ingiustizie che si generano in sede di applicazione di tali norme.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche all'articolo 4 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. All'articolo 4 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) agli indiziati del reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale»;

b) dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

«1-bis. Gli indizi dei reati di cui al comma 1 devono essere gravi. Nella valutazione degli indizi di cui al primo periodo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1, del codice di procedura penale».

Art. 2.
(Modifiche all'articolo 7 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Al comma 10-quater dell'articolo 7 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, le parole: «il sequestro perde efficacia» sono sostituite dalle seguenti: «le misure cautelari perdono efficacia»;

b) al secondo periodo, le parole: «decreto di sequestro emesso» sono sostituite dalle seguenti: «decreto che applica le misure disposte».

Art. 3.
(Modifiche all'articolo 10 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. All'articolo 10 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo periodo del comma 2 è sostituito dal seguente: «Il ricorso non ha effetto sospensivo e deve essere proposto entro quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero entro quarantacinque giorni dal termine previsto dall'articolo 7, comma 10-sexies»;

b) il primo periodo del comma 3 è sostituito dal seguente: «Avverso il decreto della corte d'appello è ammesso ricorso in Cassazione da parte del pubblico ministero, dell'interessato e del suo difensore entro quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero entro quarantacinque giorni dal termine previsto dall'articolo 7, comma 10-sexies».

Art. 4.
(Modifica all'articolo 11 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Al comma 2 dell'articolo 11 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il provvedimento è revocato con effetti ex tunc, nel caso in cui, successivamente all'applicazione della misura, i fatti accertati con sentenza penale definitiva escludono i presupposti per l'applicazione della misura ovvero intervenga sentenza penale irrevocabile di proscioglimento perché il fatto non sussiste o la persona non lo ha commesso, quando gli elementi di fatto valutati ai fini dell'applicazione sono correlati all'imputazione nel processo penale».

Art. 5.
(Modifica all'articolo 12 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Al secondo periodo del comma 1 dell'articolo 12 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo le parole: «quando ricorrono» sono inserite le seguenti: «motivi di lavoro o».

Art. 6.
(Modifiche all'articolo 18 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. I commi 1 e 3 dell'articolo 18 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono abrogati.

Art. 7.
(Modifica dell'articolo 20 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. L'articolo 20 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è sostituito dal seguente:

«Art. 20 – (Provvedimenti cautelari)1. Il tribunale, anche d'ufficio, dispone il controllo giudiziario dei beni dei quali la persona nei cui confronti è iniziato il procedimento risulta potere disporre quando:

a) sulla base di sufficienti indizi, tra cui l'evidente sproporzione del patrimonio rispetto al reddito dichiarato o all'attività economica svolta, si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego;

b) ricorrono sufficienti indizi che la disponibilità dei medesimi agevoli la condotta, il comportamento o l'attività socialmente pericolosa;

c) sussistono sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento previste dall'articolo 416-bis del codice penale o possa comunque agevolare l'attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione personale o patrimoniale previste dagli articoli 6 e 24 del presente decreto ovvero di persone sottoposte a procedimento penale per taluno dei delitti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere a), b) e i-bis), del presente decreto, ovvero per i delitti di cui agli articoli 603-bis, 629, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale.

2. Nei casi di cui alle lettere b) e c) del comma 1, il controllo giudiziario è adottato dal tribunale per un periodo non inferiore a un anno e non superiore a tre anni. Con il provvedimento che lo dispone il tribunale nomina un giudice delegato e un amministratore giudiziario che riferisce bimestralmente gli esiti dell'attività di controllo al giudice delegato stesso e al pubblico ministero.
3. Con il provvedimento di cui al comma 2 il tribunale stabilisce i compiti dell'amministratore giudiziario finalizzati alle attività di controllo e può imporre l'obbligo:

a) di non cambiare la sede, la denominazione e la ragione sociale, l'oggetto sociale e la composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza e di non compiere fusioni o altre trasformazioni, senza l'autorizzazione da parte del giudice delegato;

b) di adempiere ai doveri informativi di cui al comma 2 nei confronti del giudice delegato;

c) di informare preventivamente il giudice delegato circa eventuali forme di finanziamento della società da parte dei soci o di terzi;

d) di adottare ed attuare efficacemente misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;

e) di assumere qualsiasi altra iniziativa finalizzata a prevenire specificamente il rischio di tentativi di infiltrazione o condizionamento mafiosi;

f) di non disperdere, sottrarre o alienare i beni.

4. Per verificare il corretto adempimento degli obblighi di cui al comma 3, il tribunale può autorizzare l'accesso degli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria presso gli uffici dell'impresa nonché presso uffici pubblici, studi professionali, società, banche e intermediari mobiliari al fine di acquisire informazioni e copia della documentazione ritenuta utile. Nel caso in cui sia accertata la violazione di una o più prescrizioni e la misura del controllo giudiziario risulti inadeguata, il tribunale dispone il sequestro dei beni.
5. Il tribunale, quando dispone il sequestro di partecipazioni sociali totalitarie, ordina il sequestro dei relativi beni costituiti in azienda ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile, anche al fine di consentire gli adempimenti previsti dall'articolo 104 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale. In ogni caso il sequestro avente ad oggetto partecipazioni sociali totalitarie si estende di diritto a tutti i beni costituiti in azienda ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile. Nel decreto di sequestro avente ad oggetto partecipazioni sociali il tribunale indica in modo specifico i conti correnti e i beni costituiti in azienda ai sensi degli articoli 2555 e seguenti del codice civile ai quali si estende il sequestro.
6. Quando la circostanza prevista dalla lettera c) del comma 1 risulta occasionale, ove sussistano circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionarne l'attività, il tribunale, con il provvedimento che dispone il controllo giudiziario delle attività economiche e delle aziende, impone nei confronti di chi ha la proprietà, l'uso o l'amministrazione dei beni e delle aziende di cui al comma 1 di consegnare al questore e al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale o del luogo in cui si trovano i beni se si tratta di residenti all'estero, o della sede legale se si tratta di un'impresa, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti e gli altri atti o contratti indicati dal tribunale di valore non inferiore a euro 7.000 o al valore superiore stabilito dal tribunale in relazione al reddito della persona o al patrimonio e al volume d'affari dell'impresa. Tale obbligo deve essere assolto entro dieci giorni dal compimento dell'atto e comunque entro il 31 gennaio di ogni anno per gli atti posti in essere nell'anno precedente.
7. Il tribunale, quando ritiene che le prescrizioni di cui al comma 6 non siano sufficienti, applica le disposizioni di cui ai commi 2 e 3.
8. Il titolare dei beni sottoposti al controllo giudiziario può proporre istanza di revoca. In tal caso il tribunale fissa l'udienza entro dieci giorni dal deposito dell'istanza e provvede nelle forme di cui all'articolo 127 del codice di procedura penale. All'udienza partecipano il giudice delegato, il pubblico ministero e, ove nominato, l'amministratore giudiziario.
9. Le misure sono revocate dal tribunale quando risulta che esse hanno per oggetto beni di legittima provenienza o dei quali l'indiziato non poteva disporre direttamente o indirettamente ovvero in ogni altro caso in cui è respinta la proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale. Il tribunale ordina le trascrizioni e le annotazioni consequenziali nei pubblici registri, nei libri sociali e nel registro delle imprese.
10. I provvedimenti che applicano o revocano, anche parzialmente, le misure di cui al presente articolo sono comunicati, anche in via telematica, all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di cui all'articolo 110 subito dopo la loro esecuzione».

Art. 8.
(Abrogazione dell'articolo 22 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. L'articolo 22 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è abrogato.

Art. 9.
(Modifica all'articolo 23 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Al comma 2 dell'articolo 23 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le parole: «beni sequestrati» sono sostituite dalle seguenti: «beni oggetto della proposta» e le parole: «del sequestro» sono sostituite dalle seguenti: «della misura di cui all'articolo 20».

Art. 10.
(Modifiche all'articolo 24 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. All'articolo 24 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Il tribunale dispone la confisca dei beni sottoposti alla misura prevista dall'articolo 20 di cui la persona nei confronti della quale è instaurato il procedimento risulti, anche per interposta persona fisica o giuridica, essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo e che risultino essere frutto di attività delittuose o ne costituiscano il reimpiego. Si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 1, 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1, del codice di procedura penale. Quando dispone la confisca il tribunale ordina il sequestro dei beni, salvo che non ritenga adeguate le misure già adottate»;

b) al comma 2, le parole: «Il provvedimento di sequestro perde efficacia» sono sostituite dalle seguenti: «I provvedimenti cautelari di cui all'articolo 20 perdono efficacia»;

c) al comma 3, primo periodo, le parole: «Il sequestro» sono sostituite dalle seguenti: «I provvedimenti cautelari di cui all'articolo 20» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ma prima della cessazione»;

d) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Il tribunale, nel caso in cui la confisca del bene, limitatamente alle ipotesi in cui esso sia destinato a bisogni abitativi o ad altri bisogni primari del proposto e della sua famiglia, rappresenti una privazione eccessiva per l'interessato idonea a determinare una situazione critica di sussistenza, sulla base delle circostanze del singolo caso, nell'ordinare la confisca fa salvo il diritto di usufrutto del titolare».

Art. 11.
(Modifica all'articolo 25 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Al comma 1 dell'articolo 25 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le parole: «procedere al sequestro dei beni di cui all'articolo 20, comma 1,» sono sostituite dalle seguenti: «sottoporre i beni di cui all'articolo 20, comma 1, lettera a), alle misure ivi previste,».

Art. 12.
(Modifiche all'articolo 27 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. All'articolo 27 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «dei beni sequestrati, l'applicazione, il diniego o la revoca del sequestro» sono soppresse e le parole: «non sia stato precedentemente disposto il sequestro» sono sostituite dalle seguenti: «non siano stati precedentemente disposti i provvedimenti di cui all'articolo 20»;

b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Per le impugnazioni dei provvedimenti con i quali il tribunale dispone l'applicazione, il diniego o la revoca delle misure di cui all'articolo 20 e del sequestro si applicano le disposizioni di cui all'articolo 324 del codice di procedura penale»;

c) al comma 3, primo periodo, sono aggiunte le seguenti parole: «motivata dal concreto pericolo che i beni vengano dispersi, sottratti o alienati»;

d) al comma 3-bis, primo periodo, sono aggiunte le seguenti parole: «motivata dal concreto pericolo che i beni vengano dispersi, sottratti o alienati».

Art. 13.
(Modifiche all'articolo 28 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Al comma 1 dell'articolo 28 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) in caso di prove sopravvenute alla conclusione del procedimento o di scoperta di prove nuove ovvero acquisite ma non valutate, che sole o unite a quelle già valutate escludano l'esistenza dei presupposti di applicazione della confisca»;

b) alla lettera b), le parole: «in modo assoluto» sono soppresse.

Art. 14.
(Modifica all'articolo 29 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. All'articolo 29 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Il giudice che procede per l'applicazione della misura di prevenzione, quando sia iniziato o pendente un procedimento penale per i delitti di cui al comma 1 dell'articolo 4, se la cognizione del reato influisce sulla decisione del procedimento di prevenzione, lo sospende fino alla definizione del procedimento penale, dopo aver disposto il controllo giudiziario e gli altri provvedimenti cautelari previsti dal presente decreto, qualora ne ricorrano i presupposti; in tal caso i termini previsti dal comma 2 dell'articolo 24 sono sospesi. La sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata a seguito di giudizio ha autorità di cosa giudicata nel procedimento di prevenzione per quel che attiene all'accertamento dei fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale».

Art. 15.
(Abrogazione degli articoli 33, 34 e 34-bis del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Gli articoli 33, 34 e 34-bis del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono abrogati.

Art. 16.
(Modifica all'articolo 35-bis del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Il comma 1 dell'articolo 35-bis del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è sostituito dal seguente:

«1. L'amministratore giudiziario, il coadiutore nominato ai sensi dell'articolo 35, comma 4, e l'amministratore nominato ai sensi dell'articolo 41, comma 6, sono responsabili per gli atti di gestione che hanno determinato un decremento del valore del compendio oggetto di sequestro».

Art. 17.
(Modifiche all'articolo 84 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. All'articolo 84 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «che possano costituire presupposto per l'applicazione di una misura di prevenzione»;

b) i commi 4 e 4-bis sono abrogati.

Art. 18.
(Modifiche all'articolo 86 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. Al comma 2 dell'articolo 86 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo la parola: «antimafia» sono inserite le seguenti: «di tipo liberatorio» e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «L'informazione antimafia interdittiva perde efficacia ex tunc qualora, alla scadenza del terzo mese successivo alla data della sua emissione, il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede l'impresa, il questore o il direttore della Direzione investigativa antimafia non abbiano richiesto al tribunale competente l'applicazione di una misura di prevenzione. L'informazione antimafia interdittiva perde efficacia nel caso in cui il tribunale rigetti la richiesta di applicazione della misura di prevenzione. In caso di accoglimento della richiesta, la misura di prevenzione sostituisce il provvedimento del prefetto».

Art. 19.
(Modifiche all'articolo 91 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. All'articolo 91 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 6 è abrogato;

b) al comma 7-bis:

1) all'alinea, dopo le parole: «poteri di accesso,» sono inserite le seguenti: «una volta divenuta efficace ai sensi dell'articolo 94,»;

2) le lettere c) e f) sono abrogate.

Art. 20.
(Modifica all'articolo 94 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159)

1. All'articolo 94 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«4-bis. Fermo restando il divieto di stipulazione di cui al comma 1, l'informazione antimafia interdittiva non ha effetti prima che siano trascorsi trentacinque giorni dalla comunicazione del provvedimento all'impresa interessata. Se è proposto ricorso avverso l'informazione interdittiva con contestuale domanda cautelare, l'efficacia è sospesa fino al trentesimo giorno successivo alla notificazione del ricorso, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all'udienza cautelare, ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva. L'effetto sospensivo cessa quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara incompetente o fissa con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari o rinvia al giudizio di merito l'esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita rinuncia all'immediato esame della domanda cautelare».

Art. 21.
(Disposizione transitoria)

1. Le disposizioni contenute nella presente legge si applicano anche ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore.

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