PDL 1545

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1545

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del
CONSIGLIO REGIONALE DELL'EMILIA-ROMAGNA

Sostegno finanziario al sistema sanitario nazionale a decorrere dall'anno 2023

Presentata il 14 novembre 2023

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Onorevoli Deputati! – Il Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna ha approvato un progetto di legge che non avremmo mai pensato e neanche voluto presentare, ma che non abbiamo potuto evitare viste le evidenti difficoltà, per non dire drammi, in cui versa la sanità pubblica. Difficoltà già ampiamente segnalate dalla posizione chiarissima assunta da tutte le regioni che ormai da diciotto mesi evidenziano che mancano 4 miliardi per la sostenibilità del Fondo sanitario nazionale. Affermazione peraltro condivisa anche dallo stesso Ministro della salute attualmente in carica.
L'obiettivo della presente proposta di legge è stimolare e sensibilizzare il Parlamento affinché, dalla prossima legge di bilancio che verrà approvata, vi sia un adeguato aumento delle risorse del Fondo sanitario nazionale commisurato ai parametri minimi per garantirne la sostenibilità finanziaria.
Dopo diciotto mesi di posizioni condivise, in un Paese normale, a questo punto, le risorse si sarebbero trovate anche e soprattutto dopo quel che ci ha insegnato la pandemia, che ci ha dimostrato quanto sia indispensabile mantenere resiliente il Sistema sanitario nazionale. Preso atto che fino all'estate nulla di significativo si era concretizzato su questo tema, ci siamo assunti la responsabilità di questo progetto di legge, sperando che nella legge di bilancio, che poi il Parlamento avrebbe approvato, la tendenza ormai consolidata del finanziamento del Servizio sanitario nazionale venisse invertita.
Avendo, però, purtroppo, visto in questi giorni i contenuti del disegno di legge di bilancio, senza più essere costretti a fare la discussione sulla base delle indiscrezioni giornalistiche, possiamo davvero dire che questa proposta di legge alle Camere ha assolutamente senso ed è necessario portarla avanti, sperando che la discussione parlamentare ci dia più soddisfazioni di quelle che ci ha dato il Consiglio dei ministri nell'elaborare il disegno di legge.
È vero, c'è un aumento delle risorse. Non l'abbiamo mai negato. C'è un aumento del Fondo sanitario nazionale in questa manovra di 3 miliardi, non di 4 come avevamo chiesto per quest'anno e per l'anno prossimo. Peccato che di questi 3 miliardi l'80 per cento sia destinato ai rinnovi contrattuali per il personale. Sacrosanti, questo ci teniamo a dirlo, sacrosanti per il personale che ne ha pienamente diritto, ma dobbiamo dirci in modo molto chiaro che non sono risorse in più per i servizi. Peccato anche che quei 3 miliardi arrivino solo nel 2024. Per il 2023 non si è previsto nulla e tutte le regioni che, come detto, hanno condiviso la posizione e la necessità dell'aumento del Fondo, rischiano di dover attuare piani di rientro.
Il finanziamento per la sanità pubblica, con questa legge di bilancio, scende sotto il 7 per cento e, di contro, proliferano le strutture private che, per chi ha soldi, sì, compensano le carenze del pubblico, ma solo per chi ha soldi. Nel disegno di legge di bilancio abbiamo inoltre trovato un ulteriore passaggio: 300 milioni di euro in regalo alla sanità della Regione Siciliana. Stiamo, come Emilia-Romagna, facendo il bancomat alla Regione Siciliana, e tutti quelli che qualche anno fa dicevano prima il Nord adesso sono spariti. Quasi quasi iniziamo ad averne un po' di nostalgia, ma non arriveremo fin lì.
In aggiunta a una manovra già discutibile, in questi giorni abbiamo saputo che, in palese e sostanziale contrasto con quanto previsto dall'accordo tra il Governo e le regioni in materia di interventi a favore del comparto regionale, anche con la complicità del Presidente della Conferenza Stato-regioni, che ha fermato il bilancio su mandato della Conferenza stessa, il Governo ha tagliato alle regioni altri 350 milioni di euro annui di trasferimenti, che per noi impattano per maggiori rientrate quasi di 30 milioni di euro, considerati i 14 ai quali avevamo già rinunciato.
Il presidente Bonaccini ha chiesto di discuterne nella prossima seduta della Conferenza Stato-regioni e speriamo che ci venga spiegato perché questo colpo di mano, e speriamo anche che venga rivisto, considerato che a noi interessa la sostanza e interessano le risorse per portare avanti la qualità dei servizi.
In questo quadro è chiaro che la scelta di smantellare la sanità pubblica è lapalissiana, ma deve essere altrettanto chiaro che noi non ci stiamo. Questo provvedimento si concentra su due aspetti. Il primo meramente finanziario per garantire la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e regionale, quindi i 4 miliardi di euro per i prossimi cinque anni per raggiungere l'obiettivo almeno tendenziale del 7,5 per cento del PIL nominale, e non ci ha nemmeno sfiorato pensare di mettere in legge di raggiungere i livelli di altri Paesi europei, ma almeno un livello sostenibile, questo sì. Il secondo tema è quello del personale. Abbiamo tutti i giorni testimonianza dei forti rischi per la tenuta e riusciremo – crediamo – con mille criticità a mantenere i livelli essenziali di assistenza (LEA) del Servizio sanitario nazionale e regionale, ma senza i medici e senza il personale tutto, questo obiettivo resta un'utopia.
La pandemia di COVID-19 ha fatto esplodere i bisogni di una società che è profondamente cambiata, dalla demografia alla salute mentale, all'allungamento della vita, che si porta dietro il conseguente aumento della cronicità. È arrivato nel frattempo il regolamento di cui al decreto del Ministro della salute 23 maggio 2022, n. 77, recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale, di seguito «DM 77», che abbiamo definito la Carta costituzionale dei servizi sanitari territoriali e che deve essere progressivamente attuato. Tale regolamento fissa obiettivi molto chiari da raggiungere relativamente alle case di comunità, agli ospedali di comunità e infermieri di comunità e all'assistenza domiciliare.
La scienza medica ha fatto passi da gigante sulla ricerca e quindi su farmaci e tecnologie sempre più avanzate e salvavita, ma che costano e i cui costi non sono comprimibili e, a fronte di nuovi problemi, rimangono anche tutti i vecchi problemi e i vecchi bisogni, ma dobbiamo dirci che non possono essere tra loro alternativi. Noi dobbiamo rispondere a tutti, abbiamo il dovere di rispondere sia ai problemi vecchi che a quelli nuovi.
Nella regione Emilia-Romagna abbiamo l'ambizione e la determinazione per rispondere a tutti, nessuno escluso, ma per farlo sono necessari nuovi servizi ed è necessario il potenziamento dei servizi esistenti. E per il potenziamento servono risorse.
Vanno strutturate la medicina e l'assistenza territoriale, ma bisogna anche rafforzare la rete ospedaliera. Una sanità pubblica che abbia questi obiettivi, come del resto si evince dal PNRR, ha bisogno di maggiori risorse perché le spese per l'efficienza oltre un certo limite non sono comprimibili. Lo sostiene la regione Emilia-Romagna e lo sostengono le regioni a prevalente sanità pubblica, ad iniziare dal Veneto, come testimoniano i documenti approvati all'unanimità in Conferenza Stato-regioni e come testimonia bene il Documento di economia e finanza regionale (DEFR) della stessa regione Veneto.
Lo stesso Governo e anche i Governi precedenti – perché non ne abbiamo mai fatto una questione politica su questo tema – hanno certificato nei documenti di economia e finanza annuali, quindi previsione e consuntivi, che il costo della sanità è di molto superiore alle poste in bilancio. A chi insinua che le risorse sono sufficienti, ma vengono spese male, a chi insinua questo, ha già risposto la Corte dei conti, promuovendo a pieni voti l'Emilia-Romagna che pur con una spesa pro capite inferiore alle altre regioni, riesce ad offrire una qualità nei LEA tra le più elevate d'Italia.
Non sono necessarie molte altre informazioni per capire che le risorse che sono destinate alla nostra regione qui vengono spese bene. Però siamo di fronte a bisogni nuovi, come in una famiglia, con due figli che crescono, ed è ovvio che a 15 anni costano di più perché hanno bisogno di più cibo di quando avevano un anno, per dirla male, e nessuno può dire che la famiglia deve risparmiare sulla loro crescita.
La sanità pubblica del post COVID-19 ha bisogno di personale pagato e motivato e di miliardi per le spese obbligatorie necessarie a garantire i livelli essenziali di assistenza.
Serve un'azione decisa e pratica a difesa della sanità pubblica e universalistica, con risorse stabili e adeguate che consentano la programmazione e la tenuta complessiva del Servizio sanitario nazionale.
L'Emilia-Romagna è anche la regione che per l'attuazione del DM 77, parte più avanti di altre: siamo già all'8 per cento, dobbiamo raggiungere il 10 per cento, ci sono altre regioni con percentuali più basse; siamo la regione con il maggior numero di case di comunità, sono 130 su 500 a livello nazionale; abbiamo già predisposto la rete degli infermieri di comunità, ce n'è praticamente uno in ogni comune.
Siamo più avanti, occorre dire, perché abbiamo investito risorse nostre.
C'è il tema della mobilità attiva, del sistema pubblico e universalistico.
La regione Emilia-Romagna attira pazienti da altre regioni per una spesa di 232 milioni di euro, poi vengono alle regioni a noi vicine, Lombardia e Veneto.
Sappiamo tutti che la mobilità attiva non copre tutti i costi dell'architettura sanitaria. La regione ha sempre dato attuazione all'articolo 32 della Costituzione che copre le istanze di tutti coloro che hanno bisogno di intervento o cura.
Quello che possiamo contenere a livello di costi è molto inferiore ai costi che stanno aumentando e non possiamo contenere; a questo punto bisogna decidere cosa vogliamo fare.
Noi vogliamo continuare a curare i residenti di altre regioni e anche gli emiliano-romagnoli.
Basti pensare al solo tema dei farmaci innovativi, che è l'esempio più chiaro. I farmaci innovativi valgono da soli quello che possiamo diminuire, ottimizzare a livello di costi e resterebbero comunque da affrontare la copertura dell'inflazione, le spese energetiche, l'efficientamento, il costo dei contratti per i dipendenti che ricade in parte sulle regioni.
Vogliamo non curare più chi ne ha bisogno con i farmaci innovativi perché non ci sono le risorse? Di questo dobbiamo parlare oggi nella scelta e approvazione di questo progetto di legge.
La spesa sanitaria sta aumentando, è un dato di fatto, e non sempre è connessa alla possibilità che hanno le regioni di incidere su di essa.
I Governi precedenti non hanno riconosciuto alle regioni le spese sostenute in conseguenza del COVID-19 nel biennio 2020-21 né le spese energetiche del 2022.
Se le regioni avessero un miliardo di euro, che è quel miliardo che non è stato rimborsato, potremmo fare una discussione più tranquilla, ancorché certamente non di prospettiva, perché quello che si vuole ottenere è la stabilizzazione del Fondo sanitario al 7,5 per cento del PIL.
Nel 2019 il rapporto tra la spesa sanitaria e il PIL era del 6,4 per cento; in Germania del 9,9 per cento; in Francia del 9,3 per cento. Nel 2020 è aumentato, chiaramente a causa del COVID-19, e siamo arrivati al 7,4 per cento.
Nelle previsioni del DEF 2025 – Versione rivista e integrata del 4 novembre 2022 si prevede un livello di spesa sanitaria che nel 2025 scende al 6 per cento sul PIL, quindi vuol proprio dire che tutti i discorsi fatti alla fine della pandemia sull'investimento in sanità ce li siamo già dimenticati. L'Italia è tredicesima per spesa pro capite per sanità nella graduatoria dei Paesi europei, sotto la Repubblica Ceca e molto distante da Germania, Francia e Spagna.
Venendo all'illustrazione del contenuto della proposta di legge, crediamo che l'articolo 1 sia quello sul quale fare un'ampia discussione, anche rispetto alle scelte del Governo. L'articolo 2, però, non è meno importante. In questa proposta di legge vogliamo il superamento dei vincoli di spesa per il personale imposto dalla legge nazionale del 2004. C'è anche il paradosso del limite del salario accessorio, che comporta che più personale si assume, meno quel personale guadagna in salario accessorio.
Dove troviamo le coperture: abbiamo fatto riferimento alle relazioni del Governo sul contrasto all'evasione, che è di 100 milioni all'anno, visto che basiamo il Servizio sanitario nazionale sulla fiscalità generale. Per noi l'obiettivo è far pagare le tasse a chi le evade, destinando alla sanità questo fondo. Questa è la nostra proposta. Se, nella discussione parlamentare, si riusciranno a trovare altre coperture, a noi va bene lo stesso. L'importante è che siano tutti d'accordo sul fatto che la sanità è una priorità non solo per l'Emilia-Romagna, ma per l'Italia intera. Non ci pare che sia ancora passato, è l'obiettivo di questo progetto di legge che vogliamo far passare.
Nessuno può dire che queste stesse richieste non siano state fatte anche dalle altre regioni. Poi magari hanno scelto uno strumento diverso. Sono state condivise anche dal Ministro della salute. Davvero non si comprende perché, dopo anni di discussione e mesi di discussione e l'accordo di tutte le regioni e il Ministro della salute che si dice concorde, siamo ancora a questo punto. Si inserisce certo la discussione nella legge di bilancio e in quella sui bilanci preventivi delle aziende sanitarie. Il bilancio preventivo delle nostre aziende è coperto in parte da quanto erogato dal Fondo sanitario nazionale. In parte abbiamo ottenuto dei finanziamenti dalla gestione accentrata per erogarli successivamente. Casualmente, la differenza fa proprio il 7,5 per cento dei 4 miliardi di euro.
Se la richiesta non sarà accolta, dovremo anche noi mettere a bilancio poste straordinarie, ma questo scostamento che le regioni hanno, quindi non solo l'Emilia-Romagna, impedisce una vera e propria programmazione pluriennale. Se non si può fare una programmazione, come pensiamo di fare nel recuperare le liste d'attesa, che ormai sono lunghissime, nel recuperare le prestazioni, nel tornare alla sanità che abbiamo conosciuto nel 2019, prima del COVID-19, se possibile con i miglioramenti che la pandemia ci ha insegnato.
In questa discussione ognuno dovrà dire in quale modello di sanità crede, noi lo stiamo dicendo in modo molto chiaro; crediamo nell'articolo 32 della Costituzione, crediamo nel diritto alla salute come fondamentale e ad accesso universale, vogliamo curare tutti a prescindere dalla residenza.
Aggiungiamo, in conclusione, che il Consiglio regionale del Piemonte ha votato all'unanimità lo stesso testo che viene oggi presentato e che l'Assemblea dell'Emilia-Romagna ha essa stessa approvato con l'intento di mettere al primo posto l'interesse pubblico dei cittadini, che è quello alla salute, superando gli steccati delle appartenenze e facendo la cosa giusta per un obiettivo più alto, che è quello del diritto ad una sanità di qualità per tutti.
Crediamo davvero che l'obiettivo sia quello di dare un segnale agli emiliano-romagnoli e all'Italia intera che la sanità va assolutamente messa al primo posto.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

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PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA REGIONALE

Art. 1.
(Finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale)

1. A decorrere dall'anno 2023, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, cui concorre lo Stato, definito dall'articolo 1, comma 258, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, come integrato dall'articolo 1, comma 535, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, è incrementato su base annua dello 0,21 per cento del prodotto interno lordo nominale nazionale per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027 fino a raggiungere una percentuale di finanziamento annuale non inferiore al 7,5 per cento del prodotto interno lordo nominale tendenziale dell'anno di riferimento. Nell'ambito dell'incremento del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard sono altresì comprese le maggiori risorse destinate alla copertura dei fabbisogni correlati all'erogazione delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti.

Art. 2.
(Modifica all'articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35)

1. Dopo il comma 4.1 dell'articolo 11 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, è inserito il seguente:

«4.2. Dall'anno 2023 le regioni concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica assicurando, nell'ambito dei propri indirizzi relativi alla programmazione triennale dei fabbisogni di personale da parte delle aziende e degli enti del sistema sanitario regionale, il governo della spesa del personale in funzione dell'esigenza di garantire l'equilibrio economico. Non trovano applicazione, sempre a decorrere dal 2023, la disciplina in materia di spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni, di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, e la disciplina sul limite delle risorse per il trattamento accessorio del personale, di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75».

2. Gli eventuali maggiori costi a carico delle regioni, derivanti dall'applicazione del comma 1, dovranno trovare copertura nell'ambito dell'aumento del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard previsto all'articolo 1 della presente legge.

Art. 3.
(Copertura finanziaria)

1. Gli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, a partire dal livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, cui concorre lo Stato, definito dall'articolo 1, comma 258, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, come integrato dall'articolo 1, comma 535, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, e tenuto conto delle previsioni di crescita del prodotto interno lordo tendenziale e programmatico sono valutati in termini incrementali, rispetto al finanziamento 2023, in 4 miliardi di euro per l'anno 2023, in 8 miliardi di euro per l'anno 2024, in 12 miliardi di euro per l'anno 2025, in 16 miliardi di euro per l'anno 2026 e in 20 miliardi di euro annui a decorrere dall'anno 2027.
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 1 si provvede a valere sulle maggiori risorse derivanti dalla crescita economica prevista dai documenti di programmazione economica e finanziaria. Qualora la crescita programmatica prevista non garantisca le risorse necessarie alla copertura finanziaria della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, vengono individuati e resi operativi meccanismi e misure aggiuntive di contrasto all'evasione ed elusione fiscale e contributiva.

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