PDL 1505

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1505

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
SCOTTO, SCHLEIN, BRAGA, ORLANDO, GUERRA, GRIBAUDO, FOSSI, LAUS, SARRACINO, BAKKALI, BARBAGALLO, BOLDRINI, CUPERLO, D'ALFONSO, DI BIASE, FERRARI, FORATTINI, FORNARO, FURFARO, GHIO, GIRELLI, IACONO, LAI, MALAVASI, MANZI, MARINO, MEROLA, MORASSUT, ORFINI, PROVENZANO, TONI RICCIARDI, ROGGIANI, SCARPA, SERRACCHIANI, SPERANZA, VACCARI

Agevolazione contributiva per favorire la stipulazione di contratti collettivi volti a sperimentare la progressiva riduzione dell'orario di lavoro

Presentata il 20 ottobre 2023

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Onorevoli Colleghi! — I profondi cambiamenti sociali e tecnologici che stanno caratterizzando i primi due decenni del nuovo millennio pongono opportunità e sfide sinora inedite sul piano delle relazioni umane, così come su quello dei modelli organizzativi delle attività produttive.
Assetti e strutture concettuali che si consideravano consolidati e immutabili dovranno, rapidamente, rimodularsi per rimanere al passo con i tempi e assicurare nuovi equilibri in cui tutti gli attori sociali possano riconoscersi.
Tra queste sfide, ad avviso dei proponenti, si pone anche il tema di una diversa organizzazione dei tempi di lavoro, a parità di salario. Una questione su cui si stanno cimentando in diverse economie avanzate, con interessanti esperienze pionieristiche anche nel nostro Paese.
Tra questi si segnala il caso del Regno Unito dove 61 aziende hanno sperimentato l'orario ridotto a parità di stipendio, prevedendo una riduzione oraria a 32 ore settimanali per ciascun dipendente, da distribuire su quattro giorni lavorativi. Una sperimentazione di sei mesi che sembra abbia offerto indicazioni più che positive se 38 imprese hanno deciso di estendere la sperimentazione e altre 18 hanno adottato la settimana corta come soluzione permanente.
Le esperienze illustrate non solo hanno registrato esiti positivi sul piano dei fatturati e della produttività, ma hanno anche evidenziato, secondo i dati del Boston College che ha analizzato la sperimentazione, come circa il 39 per cento dei dipendenti abbia dichiarato di essersi sentito meno stressato e abbia usufruito di meno giorni di malattia rispetto al passato; inoltre, il numero di dipendenti che ha lasciato l'azienda si è ridotto del 57 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Tali risultati appaiono in linea con l'analogo studio della University of South Australia, secondo cui il weekend lungo, e quindi più tempo libero, può avere effetti benefici sulla salute dei lavoratori. Nel rapporto pubblicato sulla rivista International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity, i ricercatori hanno analizzato i cambiamenti delle attività quotidiane prima, durante e dopo le ferie, dimostrando come le persone mostrassero comportamenti più attivi e sani non solo quando erano in vacanza ma anche quando avevano solo tre giorni di pausa dal lavoro.
In Portogallo, dal 5 giugno 2023 è in corso un progetto pilota per la settimana lavorativa di quattro giorni, in corso di sperimentazione in 46 aziende che complessivamente occupano 20.000 lavoratori.
Anche in Italia alcuni contratti aziendali si stanno spingendo in avanti, prevedendo di articolare la prestazione lavorativa su soli quattro giorni: una prassi ancora limitata, ma che si rispecchia nella tendenza in atto.
Si tratta soprattutto di grandi gruppi che si confrontano con modelli già affermati all'estero. La banca Intesa Sanpaolo è partita a gennaio e da poco ha esteso la possibilità di sfruttare questa modalità di lavoro anche al comparto assicurativo. La multinazionale Mondelez International, che controlla i marchi Oro Saiwa, Oreo, Toblerone, Milka, Fattoria Osella, Sottilette e Philadelphia, ha scelto di seguire anche in Italia la linea seguita in Belgio, in Spagna e in altri Paesi europei, avviando la sperimentazione di un anno della settimana corta. Dal 1° luglio 2022, anche la Awin Italia, azienda di marketing digitale, ha introdotto la settimana corta di quattro giorni in tutte le sue sedi, a parità di salario. Inoltre, la società Tria spa, azienda che produce macchine per il riciclo della plastica, ha adottato la settimana corta a partire da gennaio 2023 e anche altre aziende hanno manifestato interesse per questa modalità di lavoro.
Secondo un sondaggio lanciato dall'Associazione italiana per la direzione del personale (Aidp) ai propri iscritti, il 53 per cento dei direttori del personale si dice favorevole all'introduzione della settimana corta (da 5 a 4 giorni lavorativi) mentre il restante 40 per cento si dichiara d'accordo solo parzialmente e solo il 6 per cento non è favorevole.
Orientamenti che prendono atto di come i nuovi sistemi organizzativi e tecnologici consentano guadagni di produttività e riduzione della fatica del lavoro e la indubbia possibilità di rimodulare gli orari dei dipendenti, secondo modelli organizzativi condivisi e incentrati su un lavoro per obiettivi di crescita, per una nuova cultura di impresa e nel rispetto reciproco.
È passato quasi un secolo e mezzo dal 1° maggio 1886, il giorno in cui a Chicago scoppiò la rivolta di Haymarket, uno sciopero per chiedere il tetto massimo giornaliero di otto ore lavorative. La manifestazione diede vita a una delle conquiste sociali più importanti per il movimento dei lavoratori, a cui farà seguito qualche decennio più tardi il diritto a due giorni di riposo settimanali.
Cambiamenti epocali che, ovviamente, incontrarono enormi resistenze, tanto che negli anni '30 vennero stigmatizzati come una calamità per i lavoratori, un'utopia impraticabile in ogni settore che avrebbe fatto diventare pigre le persone e che avrebbe, inevitabilmente, indotto a un forte taglio dei salari.
Tali giudizi catastrofici si dissolsero rapidamente, tanto che nel 1956, l'allora vicepresidente Richard Nixon ipotizzò che presto sarebbe arrivata la settimana di quattro giorni.
Per mantenere il dibattito su questi temi nell'ambito del nostro Paese, appaiono illuminanti le parole che utilizzò il senatore Giovanni Agnelli, il fondatore della Fiat, nel gennaio 1933, a seguito di un'intervista rilasciata alla United Press. In una missiva inviata all'allora economista Luigi Einaudi, il senatore Agnelli così argomentò in materia di riduzione dell'orario di lavoro come possibile soluzione alla disoccupazione prodotta dall'innovazione tecnologica:

«Onorevole Sen. Einaudi, Ella mi ha chiesto, un giorno in cui ebbimo occasione di discorrere insieme intorno alla intervista da me concessa alla United Press sulla crisi, di riassumere le mie considerazioni, limitatamente a quella che si suole chiamare disoccupazione “tecnica”.

Partiamo dalla premessa che in un dato momento, in un dato Paese, ad ipotesi nella parte industrializzata di questo mondo, vi siano 100 milioni di operai occupati. Sia il loro salario medio di un dollaro al giorno. Sulla base di un dollaro, ogni giorno nasce una domanda di 100 milioni di dollari di beni e servizi, ed ogni giorno industriali ed agricoltori producono e mettono sul mercato 100 milioni di dollari di merci e servizi. Produzione, commercio, consumo, si integrano perfettamente l'un l'altro. Non esistono disoccupati. Non si parla di crisi. Noi industriali diciamo, nel nostro linguaggio semplice, che gli affari vanno. Alla macchina economica non occorrono lubrificanti. Ad un tratto – in realtà le cose si svolgono per esperimenti successivi, ma devo semplificare – uno o parecchi uomini di genio inventano qualcosa; e noi industriali facciamo a chi arriva prima ad applicare la o le invenzioni le quali permettono risparmio di lavoro e maggior guadagno. Quando le nuove applicazioni si siano generalizzate, risulta che con 75 milioni si compie il lavoro il quale prima ne richiedeva 100. Rimangono fuori 25 milioni di disoccupati. All'ingrosso, oggi vi sono per l'appunto 25 milioni di disoccupati nel mondo. Qual è la causa? L'incapacità dell'ordinamento del lavoro a trasformarsi con velocità uguale alla velocità di trasformazione dell'ordinamento tecnico. Prima dell'invenzione occorrevano 100 milioni di giornate di lavoro di otto ore l'una, ossia 800 milioni di ore di lavoro al giorno, a produrre una data massa di merci e servizi. Dopo l'invenzione bastano, per produrre la stessa massa di merci e servizi, 600 milioni di ore al giorno. Ad otto ore al giorno, è bastevole il lavoro di 75 milioni di operai. Gli altri, consumano assai meno. La domanda si riduce al di sotto del livello precedente. Dopo un po' basteranno 70 e poi 60 milioni di operai a produrre quanto il mercato richiede. È una catena paurosa che a noi pratici pare svolgersi senza fine, sebbene voialtri economisti ci abbiate abituati a credere che ad un certo punto si deve ristabilire l'equilibrio.
Il danno sembra a me derivare dallo sfaldamento esistente tra due velocità: la velocità del progresso tecnico, il quale dal primo al secondo momento ha ridotto di un quarto la fatica necessaria a produrre, e la mancanza di progresso nell'organizzazione del lavoro, per cui l'operaio seguita a faticare le stesse otto ore al giorno di prima. Rendiamo uguali le velocità dei due movimenti progressivi, quello tecnico e quello, chiamiamolo così, umano. Poiché a produrre una massa invariata di beni e servizi occorrono 600 invece che 800 milioni di ore di lavoro, tutti i 100 milioni di operai occupati nel primo momento per otto ore al giorno, rimarranno occupati nel secondo momento per sei ore al giorno. Poiché essi producono la stessa massa di beni di prima, il salario rimarrà invariato in un dollaro al giorno. La domanda operaia di beni e servizi resta di 100 milioni di dollari. Nulla è mutato nel meccanismo economico, il quale fila come l'olio colato. Non c'è disoccupazione, non c'è crisi. Dopo essermi creato nella fantasia un mondo economico in cui, pur compiendosi invenzioni, non v'è disoccupazione tecnica, il dubbio mi assale di avere forse trascurato qualcuno di quei fattori invisibili, di cui soprattutto par si dilettino gli economisti. Ha il mio dubbio un fondamento? Giovanni Agnelli».
Sulla base di tali evidenze empiriche e teoriche si ritiene indispensabile un intervento legislativo volto a sostenere quelle virtuose iniziative sperimentali che abbiano come obiettivo la definizione di nuovi modelli organizzativi e produttivi nel nostro Paese, imperniati sulla riduzione dell'orario di lavoro, anche nella formula dei quattro giorni lavorativi settimanali. Un provvedimento di sostegno della contrattazione collettiva che, nel rispetto del ruolo delle parti sociali, incentivi la sperimentazione di quelle soluzioni che contestualmente consentano incrementi della produttività e riduzione dell'orario di lavoro, a parità di retribuzione.
Per tali obiettivi, la presente proposta di legge prevede l'incentivo del parziale esonero dal versamento dei contributi, nella misura del 30 per cento dei complessivi contributi previdenziali dovuti, con esclusione dei premi e dei contributi spettanti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), con riferimento ai rapporti di lavoro dipendente cui si applicano i contratti collettivi tra le imprese e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, finalizzati alla definizione di modelli organizzativi volti a sperimentare la progressiva riduzione dell'orario di lavoro, a parità di salario, anche nella forma di turni su quattro giorni settimanali.
L'esonero è riconosciuto per la durata del periodo di sperimentazione prevista dai suddetti contratti collettivi e in proporzione alla riduzione di orario di lavoro concordata. L'esonero viene riconosciuto nella misura del 40 per cento, qualora le prestazioni lavorative interessate dalla sperimentazione dell'orario di lavoro siano comprese tra quelle considerate usuranti o gravose.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al fine di favorire la sottoscrizione di contratti collettivi tra le imprese e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale finalizzati alla definizione di modelli organizzativi volti a sperimentare la progressiva riduzione dell'orario di lavoro, a parità di salario, anche nella forma di turni su quattro giorni settimanali, la dotazione del Fondo Nuove Competenze, di cui all'articolo 88 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, è incrementata di 100 milioni di euro per l'anno 2024 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Fondo Nuove Competenze assume la denominazione di Fondo Nuove Competenze, Riduzione dell'orario di lavoro e Nuove forme di prestazione lavorativa.
2. Ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico, è concesso, con riferimento ai rapporti di lavoro dipendente cui si applicano i contratti collettivi di cui al comma 1, per la durata della sperimentazione prevista dai medesimi contratti e in proporzione alla riduzione di orario di lavoro concordata, l'esonero dal versamento dei contributi in misura pari al 30 per cento dei complessivi contributi previdenziali dovuti dai medesimi, con esclusione dei premi e dei contributi spettanti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Con riferimento ai contratti collettivi di cui al comma 1 relativi alle prestazioni lavorative individuate ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, e delle professioni di cui all'allegato B annesso alla legge 27 dicembre 2017, n. 205, come definite ai sensi del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 5 febbraio 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 2018, l'esonero contributivo è riconosciuto nella misura del 40 per cento.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i criteri e le modalità di applicazione dell'agevolazione e di utilizzo delle risorse e per il rispetto del relativo limite di spesa.
4. L'efficacia delle disposizioni di cui al presente articolo è condizionata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea.
5. Agli oneri derivanti dalla presente legge, pari a di 100 milioni di euro per l'anno 2024 e a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

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