PDL 1503

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1503

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CARÈ, BERRUTO, CURTI, FORATTINI, MORASSUT, TONI RICCIARDI

Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, concernenti l'articolazione delle figure e dei requisiti professionali dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione nonché della salute e sicurezza ambientale nei luoghi di lavoro

Presentata il 20 ottobre 2023

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Onorevoli Colleghi! — A partire dal 2013, anno in cui è stata adottata la legge 14 gennaio 2013, n. 4, il nostro Paese ha dettato una normativa generica in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi.
L'articolo 1 della menzionata legge reca la definizione di professione non organizzata in ordini o collegi, con cui «si intende l'attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'articolo 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e relative attività tipiche o riservate per legge e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative».
Secondo quanto stabilito dalla legge citata, l'esercizio della professione – che può esercitarsi in forma individuale, associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente – deve ispirarsi ai princìpi di autonomia, professionalità, indipendenza, buona fede, trasparenza e correttezza verso il pubblico e la clientela.
In ragione delle caratteristiche che le sono proprie – vale a dire la generalità e l'astrattezza –, la menzionata legge prevede, all'articolo 6, un regime di autoregolamentazione volontaria. Nello specifico, ai commi 2 e 3 si legge rispettivamente che «La qualificazione della prestazione professionale si basa sulla conformità della medesima a norme tecniche UNI ISO, UNI EN ISO, UNI EN e UNI, di seguito denominate “normativa tecnica UNI”, di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, e sulla base delle linee guida CEN 14 del 2010» e che «I requisiti, le competenze, le modalità di esercizio dell'attività e le modalità di comunicazione verso l'utente individuate dalla normativa tecnica UNI costituiscono principi e criteri generali che disciplinano l'esercizio autoregolamentato della singola attività professionale e ne assicurano la qualificazione».
Dunque, attraverso un atto di normazione primaria il legislatore ha delegato la normativa tecnica ad adottare una specifica disciplina per ciascuna attività professionale non regolamentata.
Così è avvenuto, ad esempio, con riferimento all'attività del manager HSE (Health, Safety and Environment), la quale è stata autoregolamentata con la norma UNI 11720 del 2018.
Il manager HSE è una figura professionale in grado di intercettare la domanda di quelle organizzazioni che concepiscono l'integrazione tra i temi della sicurezza nei luoghi di lavoro, della salute e dell'ambiente come la modalità più efficiente ed efficace per perseguire la conformità legislativa e le strategie aziendali, in una prospettiva di miglioramento continuo. Si tratta, dunque, di una nuova professionalità deputata, all'interno del mondo aziendale, alla gestione complessiva e integrata dei processi e sotto processi in ambito HSE.
La norma UNI 11720 delinea la figura del manager HSE secondo due diversi profili: quello operativo e quello strategico.
Il manager HSE operativo supporta l'organizzazione nella gestione operativa e nell'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi per i lavoratori, per l'ambiente e per il patrimonio aziendale, coerentemente con la legislazione vigente. Egli gestisce in autonomia gli aspetti operativi, sulla base di linee strategiche definite a un livello gerarchico superiore.
Il manager HSE strategico, invece, supporta l'organizzazione nella definizione della strategia aziendale e imprenditoriale, analizzando anticipatamente i rischi per i lavoratori e per l'ambiente derivanti da scelte decisionali alternative. Si tratta quindi di una figura che si colloca nell'area della alta direzione.
Si comprende, dunque, come quella del manager HSE sia stata immaginata come la più trasversale delle figure professionali aziendali operanti ai fini della salvaguardia della salute e della sicurezza sul lavoro e dell'ambiente, assumendo ruoli e funzioni tra i più disparati. Tra le attività di competenza del manager HSE rientrano infatti la redazione e l'aggiornamento di tutta la documentazione necessaria all'adempimento degli obblighi in materia di sicurezza e ambiente; la gestione dei sistemi di sicurezza e di tutela ambientale; l'interlocuzione con le autorità competenti e con gli enti certificatori; lo studio e la realizzazione degli adeguamenti conseguenti all'entrata in vigore di nuove normative; la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi al monitoraggio ambientale; l'attuazione dei requisiti di legge in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; la valutazione dei rischi e dei piani di miglioramento; la verifica e la gestione dei piani di manutenzione; lo svolgimento di indagini fisiche strumentali con supporto esterno; l'aggiornamento delle procedure; la verifica della disponibilità e del corretto uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI); la verifica del piano operativo di sicurezza (POS) e la segnalazione delle eventuali modifiche da apportare al piano stesso.
In particolare, il manager HSE si colloca tra le figure emergenti nella moderna gestione ambientale (Environment), in quanto responsabile della soluzione dei problemi ambientali dell'impresa, guidandola tra obblighi, adempimenti, rischi e opportunità.
Con riferimento ai settori salute (Health) e sicurezza (Safety) dei lavoratori, tale nuova figura potrebbe invece ricordare quella del responsabile servizio di prevenzione e protezione (RSPP) di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Nell'istituire la figura professionale in questione, invero, la norma UNI 11720 non diverge in alcun modo da quanto previsto dal citato decreto legislativo n. 81 del 2008 e dall'Accordo Stato-regioni del 26 gennaio 2006 in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori nei luoghi di lavoro con riferimento al ruolo, alle competenze e alla formazione delle figure del responsabile e dell'addetto al servizio di prevenzione e protezione (ASPP).
È innegabile che un punto di contatto tra tali figure professionali esista e che comporti, peraltro, il rischio di una possibile commistione di compiti e doveri (si vedano, a tal proposito, i prospetti 1, 2 e 3 della norma UNI 11720 nei quali sono riportati i compiti propri del manager HSE).
Esistono, tuttavia, anche alcune differenze.
Sul fronte dell'aspetto ambientale, ad esempio, il manager HSE deve possedere competenze e conoscenze che non sono richieste, invece, all'RSPP.
Sul fronte delle competenze manageriali, quelle in capo al manager HSE sono molto più enfatizzate rispetto a quelle previste per l'RSPP, anche se quest'ultimo potrebbe avvicinarsi al manager HSE operativo per quanto riguarda le competenze in tema di salute e sicurezza sul lavoro.
È opportuno osservare, inoltre, come, a differenza del caso dell'RSPP, la cui previsione in ambito aziendale è obbligatoria – tanto che l'inadempienza dell'imprenditore che non si doti di tale figura è sanzionata –, quella riferita al professionista HSE nell'ambito della citata norma UNI viene delineata come meramente volontaria.
Fatte salve le proposte di riforma di seguito illustrate, è verosimile pensare che in futuro, mediante un opportuno intervento del legislatore, le due figure possano anche arrivare a coincidere sotto il profilo tecnico, avendo ben chiaro che, in tal caso, si renderebbe necessario integrare i rispettivi percorsi di formazione, le competenze e le abilità richieste, affinché entrambi i ruoli risultino conformi alla normativa di riferimento.
A partire dal 2018 nell'ordinamento è stata introdotta anche la figura del tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, l'esercizio della cui professione è subordinato all'iscrizione in un apposito albo professionale.
Erede storica degli ispettori di igiene e sanità, la figura professionale del tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro combina le competenze sanitarie con quelle tecniche, giuridiche e psicosociali.
Le principali funzioni attualmente richieste al tecnico della prevenzione sono la formulazione di pareri e l'erogazione di consulenza professionale, l'esecuzione di attività di controllo ufficiale (come ispezioni, campionamenti, audit, attività di monitoraggio e sorveglianza), l'effettuazione di indagini e di attività di polizia giudiziaria, la partecipazione a programmi di prevenzione e promozione della salute in collaborazione con gli assistenti sanitari, la tutela dell'ambiente e la realizzazione di interventi formativi.
Con particolare riferimento al settore aziendale privato, tale figura ricopre compiti organizzativi e gestionali e, come libero professionista o come dipendente, può assumere il ruolo di professionista HSE, RSPP o ASPP, responsabile o addetto dei diversi sistemi di gestione aziendale, formatore della sicurezza nei luoghi di lavoro, formatore HACCP (Hazard analysis and critical control points) o consulente – laddove sia in possesso, oltre che della laurea di primo livello, anche dell'attestato di frequenza di un apposito corso di formazione –, adoperandosi per la sicurezza e la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nei luoghi di lavoro, per la gestione dei sistemi di qualità e per la sicurezza alimentare mediante la produzione di documenti di valutazione del rischio, di piani di autocontrollo ispirati ai principi del sistema HACCP, oltre che di piani e procedure per la gestione ambientale e dei rifiuti e di valutazioni e progetti tecnici.
Ritornando al profilo del manager HSE di cui alla norma UNI 11720, in materia di competenze e di accesso a questa nuova figura aziendale, la normativa tecnica sottolinea l'indispensabile possesso di capacità multitasking che gli consentano di gestire in modo integrato i diversi ambiti HSE all'interno di una data organizzazione in termini di progettazione, implementazione, promozione, coordinamento, controllo e supporto tecnico dei processi legati alla salute, alla sicurezza e all'ambiente, con l'obiettivo di concorrere ad assicurare l'efficienza complessiva dell'organizzazione.
Tale figura – come sottolineato dalla citata norma UNI – può essere caratterizzata da un eterogeneo bagaglio di esperienze e assumere ruoli con differenti gradi di operatività in relazione al contesto, più o meno complesso dal punto di vista organizzativo e tecnico, in cui è chiamata a operare, svolgendo di conseguenza attività di carattere prevalentemente manageriale oppure tecnico.
Con particolare riferimento ai requisiti soggettivi per l'accesso alla qualifica di manager HSE, la norma UNI 11720 individua diversi percorsi; un aspetto, questo, in ordine al quale si ritiene che in futuro il legislatore debba esprimersi in modo più rigoroso.
Come evidenziato all'interno della normativa tecnica, il titolo di studio non costituisce elemento di preclusione alla qualifica di manager HSE ma concorre all'individuazione del numero di anni di esperienza professionale necessari all'acquisizione delle conoscenze richieste nell'ambito del quadro europeo delle qualificazioni (EQF). La qualifica di manager HSE può pertanto essere ottenuta con qualsiasi titolo di studio. La formazione specifica è invece ritenuta elemento di armonizzazione del profilo del manager HSE che, per la sua natura fortemente interdisciplinare e per l'ampiezza delle conoscenze richiestegli, non può ancora beneficiare, diversamente da molte altre figure, di un percorso formativo armonizzato e completo.
Per l'accesso alla qualifica di manager HSE si prevede, infine, insieme con la valutazione del curriculum vitae, il superamento di un esame scritto e di un esame orale.
Appare necessario sottolineare come la regolamentazione di questa nuova e dirompente figura non possa più essere affidata unicamente a una normativa tecnica e all'autoregolamentazione volontaria, come la norma UNI sopra menzionata, che peraltro attualmente è l'unica a disciplinare il fenomeno.
Si tratta infatti di un profilo professionale estremamente decisivo, soprattutto nelle realtà imprenditoriali più strutturate, che necessita di essere sostenuto da un più solido impianto normativo e di un riconoscimento ufficiale da parte del legislatore che serva a dissipare le perplessità fino ad ora emerse.
Tra queste, la principale concerne il profilo connesso ai requisiti di accesso alla professione. Come anticipato, sulla base di quanto previsto nel prospetto B1 di cui alla norma UNI 11720, l'accesso all'esame di certificazione di competenza è consentito anche al professionista che abbia come titolo di studio il diploma di scuola secondaria di primo grado, cosiddetta licenzia media.
Tornando a effettuare un parallelismo tra le figure del manager HSE e dell'RSPP, vale la pena osservare come, a tale proposito, l'articolo 32 del decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede che i responsabili e gli addetti ai servizi di prevenzione e protezione debbano possedere un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore, vale a dire il diploma di maturità.
Per l'esercizio della professione di tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, invece, occorre necessariamente una laurea di primo livello.
Alla luce della disorganicità di tale quadro, composto da un insieme parcellizzato di professionisti che ruotano attorno al mondo dell'HSE management con funzioni molto spesso sovrapponibili, pare opportuno effettuarne una razionalizzazione e una semplificazione, ad esempio proponendo di riconfigurare parzialmente le competenze e i ruoli dell'RSPP e del manager HSE in ragione del carattere dimensionale dell'ente coinvolto.
In particolare, negli enti di piccole o medie dimensioni (e dunque con un numero di lavoratori pari o inferiore a cento) si immagina che l'RSPP – come detto, di obbligatoria previsione – possa assumere le funzioni che la norma UNI 11720 affida al manager HSE operativo, ovviamente previa frequentazione di un corso di formazione specialistica comprensivo di un esame finale che attesti il possesso delle conoscenze e delle competenze richieste nel settore HSE.
Negli enti di maggiori dimensioni (con un numero di lavoratori superiore a cento) si può, invece, immaginare di affiancare all'RSPP, a cui rimarrebbe la competenza esclusiva in materia di sicurezza nel luogo di lavoro, una figura aziendale di nuovo conio come il responsabile per la salute e la sicurezza alimentare (RSSA). Le due figure, poi, potrebbero fare riferimento a una terza, di carattere prettamente manageriale, identificata nel manager HSE strategico di cui alla norma UNI citata, al quale pertanto verrebbe affidato un ruolo di vigilanza, coordinamento e controllo rispetto all'operato dell'RSPP e dell'RSSA, scevro da compiti marcatamente tecnico-operativi.
Quest'opera di semplificazione, razionalizzazione e maggior professionalizzazione della ibrida figura attualmente delineata dalla norma UNI 11720 consentirebbe di allineare tale professionalità con il quadro europeo delle qualifiche il quale, definendo in maniera univoca, organizzandole in otto livelli, le qualifiche conseguite nei diversi paesi dell'Unione europea, consente a ogni paese di comprendere il livello di competenza raggiunto da una persona che si è qualificata in un paese estero, facilitando così la libera circolazione dei lavoratori a livello europeo.
Sulla spinta dell'Unione europea, anche l'Italia – con una serie di interventi normativi, tra i quali quelli recati dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, dal decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, e dal decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 8 gennaio 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 20 del 25 gennaio 2018 – ha regolato almeno parzialmente il sistema nazionale di individuazione, validazione e certificazione delle competenze professionali, consentendo, così, ai professionisti di essere maggiormente riconoscibili sul mercato del lavoro e ai committenti di essere più consapevoli e garantiti nelle proprie scelte.
La situazione attuale genera contrasti, paradossi professionali e, in generale, confusione, a scapito sia delle imprese – le quali potrebbero trovare difficoltoso reperire la figura professionale che faccia davvero al caso loro – che degli stessi professionisti, i quali potrebbero vedersi negate ingiustamente alcune opportunità lavorative a causa di una concorrenza mal regolamentata.
Si comprende, in definitiva, come anche le materie della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, oltre che della sicurezza alimentare e ambientale si inseriscano nel più ampio settore della prevenzione del rischio aziendale e d'impresa.
Come osserva la miglior scienza aziendalistica, attualmente si sta manifestando una tendenza a convergere, in modo sempre più spiccato, verso la costruzione di una compliance aziendale integrata, ritenuta necessaria al fine di orientare le imprese all'adozione di un efficace complesso di misure organizzative e protocolli volti, tra l'altro, a governare i vari rischi aziendali.
Il codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che ha condotto alla riforma del sistema delle procedure concorsuali, ha recentemente modificato l'articolo 2086 del codice civile attraverso l'introduzione del nuovo secondo comma, il quale impone all'imprenditore che operi in forma societaria o collettiva l'adozione di un «assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».
Il rimedio e la soluzione per l'adozione di un efficace e adeguato assetto organizzativo dell'impresa si sviluppa necessariamente – per i profili qui analizzati – attraverso la previsione legislativa di professionalità formate e dotate di adeguate competenze, eventualmente anche mediante un'opera di razionalizzazione del sistema esistente.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 31 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«8-bis. Nelle aziende con un numero di lavoratori pari o inferiore a cento unità, il responsabile per il servizio di prevenzione e protezione assume la denominazione di manager HSE (Health, Safety, Environment) di cui alla norma UNI 11720:2018.
8-ter. Nelle aziende con un numero di lavoratori superiore a cento unità, in aggiunta alla figura di manager HSE sono istituite le figure di responsabile della salute e della sicurezza ambientale (RSSA) e di manager HSE strategico»;

b) all'articolo 32, dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:

«3-bis. Per poter assolvere alle funzioni di manager HSE, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve aver frequentato un corso di formazione specialistica e superato il relativo esame finale, oltre ad aver maturato almeno dieci anni di esperienza professionale nel settore HSE. La laurea in tecniche della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, appartenente alla classe delle lauree L/SNT4 in professioni sanitarie della prevenzione, abilita alla qualifica e alla funzione di manager HSE ed esonera dalla frequentazione di un corso di formazione specialistica e dal superamento del relativo esame finale. Ai fini dell'ottenimento dell'abilitazione il percorso di studi deve essere integrato da insegnamenti concernenti la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro nonché la sicurezza ambientale, con particolare riguardo alla normativa, anche tecnica, che regola i menzionati settori, e da insegnamenti concernenti i fondamenti della gestione aziendale e dell'organizzazione del lavoro. È necessario, altresì, aver maturato almeno sette anni di esperienza professionale nel settore HSE. Con periodicità triennale, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione con funzioni di manager HSE deve certificare il mantenimento del possesso dei requisiti di professionalità e competenza richiesti, attraverso la frequenza di corsi di formazione professionale per un minimo di settantadue ore nel triennio, distribuite in modo omogeneo nei tre anni.
3-ter. Il responsabile per la salute e la sicurezza ambientale deve essere in possesso del diploma di laurea in tecniche della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, appartenente alla classe delle lauree L/SNT4 in professioni sanitarie della prevenzione. Il relativo percorso di studi deve essere integrato con insegnamenti concernenti la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro nonché la sicurezza ambientale, con particolare riguardo alla normativa, anche tecnica, che regola i menzionati settori, e con insegnamenti concernenti i fondamenti della gestione aziendale e dell'organizzazione del lavoro. È necessario, altresì, l'aver maturato almeno dieci anni di esperienza professionale nel settore della salute nei luoghi di lavoro e della sicurezza ambientale. Il soggetto cui è affidato il ruolo di responsabile per la salute e la sicurezza ambientale può essere in possesso del solo diploma di istruzione secondaria di secondo grado purché abbia seguito un corso di formazione specifica e superato il relativo esame finale, nonché maturato almeno quindici anni di esperienza professionale nel settore della salute nei luoghi di lavoro e della sicurezza ambientale.
3-quater. Il manager HSE strategico deve essere in possesso di un diploma di laurea magistrale e deve aver maturato almeno dieci anni di esperienza professionale nel settore HSE e almeno sei anni di titolarità di incarichi gestionali. Al manager HSE strategico è altresì richiesta la partecipazione obbligatoria, da documentare attraverso il rilascio di un attestato finale di frequenza, di un corso di formazione specialistica nei settori giuridico-amministrativo, organizzativo-gestionale, della sicurezza nei luoghi di lavoro, della sicurezza ambientale e della salute occupazionale, nonché il superamento di un esame al termine del corso»;

c) all'articolo 33, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Nelle aziende con un numero di lavoratori pari o inferiore a cento unità, il manager HSE svolge, inoltre, i seguenti compiti di:

a) supporto ai vertici dell'organizzazione nella valutazione preventiva dell'impatto in materia HSE delle scelte aziendali quali l'introduzione di nuovi processi, nuovi impianti, nuove tecnologie e nuovi sistemi di organizzazione del lavoro, coordinando le relative attività;

b) supporto ai vertici dell'organizzazione nell'identificazione dei ruoli, dei compiti e delle responsabilità organizzative in materia HSE;

c) aggiornamento tempestivo dell'organizzazione sui nuovi requisiti volontari e cogenti applicabili in materia HSE;

d) indirizzo e supporto dell'organizzazione nella definizione e nell'attuazione dei piani formativi e di addestramento in materia HSE;

e) proposta e coordinamento delle iniziative finalizzate alla diffusione e al consolidamento, all'interno dell'organizzazione di appartenenza, di una cultura orientata alla tutela della salute e della sicurezza e alla protezione dell'ambiente;

f) collaborazione con le altre funzioni dell'organizzazione alla definizione e all'attuazione di un sistema di comunicazione efficace in materia HSE;

g) coordinamento della gestione dei rapporti con le parti interessate interne ed esterne all'organizzazione in materia HSE»;

d) dopo l'articolo 33 è inserito il seguente:

«Art. 33-bis. – (Compiti del responsabile della salute e della sicurezza ambientale e del manager HSE strategico) – 1. Nelle imprese con un numero di lavoratori superiore a cento unità, il responsabile della salute e della sicurezza ambientale:

a) contribuisce all'attuazione delle indicazioni strategiche e al raggiungimento degli obiettivi definiti per il miglioramento delle prestazioni in materia HSE;

b) fornisce supporto, collaborando con le altre funzioni dell'organizzazione, allo sviluppo dei piani d'azione volti al raggiungimento degli obiettivi strategici in materia di salute e sicurezza ambientale assicurandone il monitoraggio e fornendo un aggiornamento periodico ai vertici dell'organizzazione;

c) definisce, in accordo con la direzione, le modalità con cui identificare e valutare gli aspetti ambientali e di tutela della salute sul lavoro relativi alle attività, ai processi, ai prodotti e ai servizi dell'organizzazione e coordina la loro attuazione;

d) coordina la predisposizione e l'attuazione delle procedure e del piano per la gestione delle emergenze e delle crisi in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di sicurezza ambientale;

e) coordina e fornisce supporto all'attuazione, in collaborazione con le altre funzioni dell'organizzazione, della valutazione, della qualificazione e della misurazione delle prestazioni dei fornitori di prodotti e servizi per i rischi per la salute e la sicurezza nel luogo di lavoro e per la sicurezza ambientale;

f) gestisce, anche per gli aspetti di selezione, formazione e addestramento, gli specialisti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di sicurezza ambientale al fine di garantire lo svolgimento dei propri compiti;

g) definisce e coordina l'attuazione di un sistema di controllo e di audit al fine di verificare la corretta attuazione delle modalità di gestione degli aspetti relativi alla salute e alla sicurezza nel luogo di lavoro nonché alla sicurezza ambientale definite dall'organizzazione e il rispetto della normativa che regola tali settori;

h) coordina l'individuazione e l'attuazione delle misure di protezione, individuali e collettive, e di prevenzione in materia di salute e sicurezza nel luogo di lavoro e di sicurezza ambientale, in conformità alle leggi applicabili e ai requisiti definiti dall'organizzazione;

i) coordina la definizione e l'attuazione di una procedura per la registrazione, l'analisi e la valutazione degli indicatori relativi alle prestazioni e alla conformità in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di sicurezza ambientale, informandone periodicamente la direzione;

l) coordina e collabora alla definizione e all'attuazione delle pratiche amministrative in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di sicurezza ambientale, finalizzate anche all'ottenimento di autorizzazioni da parte di enti esterni;

m) collabora con le altre funzioni dell'organizzazione alla corretta gestione degli investimenti e delle spese in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di sicurezza ambientale;

n) coordina la progettazione, lo sviluppo e l'aggiornamento del sistema documentale dell'organizzazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e di sicurezza ambientale.

2. Nelle imprese con un numero di lavoratori superiore a cento unità, il manager HSE strategico:

a) supervisiona e coordina l'operato del manager HSE e del responsabile della salute e della sicurezza ambientale anche mediante lo svolgimento di apposite riunioni periodiche e la predisposizione di rapporti, secondo quanto previsto per l'attività del responsabile del servizio di prevenzione e protezione;

b) propone e definisce, in collaborazione con il vertice dell'organizzazione, le indicazioni e gli obiettivi strategici per il miglioramento delle prestazioni in materia HSE;

c) coordina, in collaborazione con le altre funzioni dell'organizzazione, lo sviluppo dei piani di azione volti al raggiungimento degli obiettivi strategici in materia HSE assicurandone il monitoraggio e fornendo un aggiornamento periodico ai vertici dell'organizzazione;

d) propone e definisce i criteri, gli orientamenti e gli indirizzi del modello gestionale HSE dell'organizzazione, compresa la gestione delle emergenze e delle crisi in materia HSE;

e) propone e definisce un sistema efficace per la valutazione, la qualificazione e la misurazione delle prestazioni dei fornitori di prodotti e servizi per i rischi HSE;

f) definisce le politiche di selezione, formazione e addestramento degli specialisti in materia HSE al fine di garantire che l'organizzazione HSE sia adeguata ai propri compiti;

g) supporta il vertice dell'organizzazione nella definizione di modalità di gestione dei temi HSE incentrate finalizzate al perseguimento di obiettivi di efficienza e di efficacia, in linea con i migliori standard internazionali».

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