PDL 1500

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1500

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
GIORGIANNI, AMORESE, TRANCASSINI, DI MAGGIO, MALAGOLA, CONGEDO, CERRETO, DE CORATO, PIETRELLA, MILANI, IAIA,
VIETRI

Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di diritto del minore ad una famiglia

Presentata il 19 ottobre 2023

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Onorevoli Colleghi! – In Italia, la legislazione vigente in materia di minori fuori della famiglia ha subìto nel corso degli anni una significativa evoluzione: si è passati dalla loro accoglienza presso gli istituti di assistenza pubblici o privati per minori, cosiddetti «orfanotrofi», al loro collocamento presso comunità di tipo familiare, cosiddette «case-famiglia», e al loro affidamento come possibile fase transitoria verso l'adozione.
In particolare, la legge 4 maggio 1983, n. 184, ha sancito definitivamente il «diritto del minore alla propria famiglia», portando a compimento il delicato processo di chiusura e di trasformazione dei vecchi orfanotrofi con la previsione delle cosiddette «comunità familiari», volte a garantire al minore la convivenza in un ambiente il più possibile simile a quello della famiglia propriamente detta, pur continuando a riconoscere un ampio sistema di misure di tutela dell'interesse primario del minore a crescere e a essere educato nel proprio nucleo familiare.
In questo contesto si inserisce la disciplina speciale di cui alla citata legge n. 184 del 1983, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, che stabilisce innanzitutto che «Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia» (articolo 1, comma 1) e, innovando rispetto alla precedente disciplina, prevede espressamente che «Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto» (articolo 1, comma 2).
Numerosi segnali, però, rivelano una serie di perduranti criticità nel sistema di protezione dell'infanzia, che le istituzioni e la società civile non possono più ignorare.
In primis, se, da un lato, alcuni tempi previsti dalla legge sono necessari, indispensabili e congrui rispetto alla complessità delle procedure e delle materie trattate, dall'altro lato, la previsione di tempi non essenziali né perentori non sempre è funzionale alla tutela degli interessi del minore.
È il caso delle disposizioni di cui al titolo I-bis («Dell'affidamento del minore»), che mirano a fronteggiare la situazione di un minore il quale si trovi «temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo» e ad assicurargli il mantenimento, l'istruzione e l'educazione mediante il suo inserimento temporaneo presso una famiglia.
L'affidamento è un istituto di aiuto e di sostegno molto importante per garantire al minore il diritto di crescere in un ambiente che possa soddisfare le sue esigenze educative e affettive, rispettando i suoi bisogni, in riferimento alle caratteristiche personali e familiari e alla sua specifica situazione di difficoltà.
La temporaneità è, quindi, la caratteristica principale dell'istituto, a differenza dell'adozione. La legge, tuttavia, non esplicita il concetto di temporaneità, poiché non stabilisce il periodo di durata cui si deve far riferimento nel caso di affidamento. In particolare l'articolo 4, comma 4, della citata legge n. 184 del 1983 prevede espressamente che l'affidamento familiare «non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, su richiesta del pubblico ministero e nel contraddittorio delle parti, qualora la sospensione dell'affidamento rechi grave pregiudizio al minore. A tal fine, prima del decorso del termine di durata dell'affidamento il servizio sociale segnala al pubblico ministero l'opportunità di richiederne la proroga». Ma l'affidamento dei minori in difficoltà familiare troppo spesso non rappresenta una soluzione temporanea, come invece dovrebbe essere, con la conseguenza che non si raggiunge mai, per il minore in affidamento, la situazione di stabilità familiare fondamentale per il suo sviluppo.
L'infanzia è un bene di primaria tutela che può subire un'inevitabile, e spesso irrimediabile, compromissione a causa del perdurare di situazioni di precarietà. Utilizzare l'affidamento e l'allontanamento dalla famiglia di origine come misura a tempo indeterminato snatura tale istituto e lo trasforma in una misura definitiva idonea ad aggravare l'abbandono.
Ciò è ancora più vero se si considera che l'allontanamento dal nucleo familiare di origine, secondo la giurisprudenza sovranazionale, alla quale sono conformi in modo assoluto la normativa nazionale e anche la giurisprudenza costituzionale di legittimità, rimane l'extrema ratio e deve essere disposto soltanto allorché si manifesti l'immediata impossibilità di soluzioni alternative, prima di tipo assistenziale (articoli 30 e 31 della Costituzione e articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo), poi eventualmente di tipo autoritativo. L'allontanamento dalla famiglia per un bambino o per un ragazzo è un danno e si può praticare solo quando il danno sia considerato inferiore al pericolo a cui è esposto il minore.
Si deve, invece, constatare che oltre il 60 per cento di questi minori è posto in affidamento da oltre due anni e che tale dato è rimasto sostanzialmente stabile dalla fine degli anni Novanta.
La presente proposta di legge si pone l'obiettivo di favorire la riduzione dei tempi del procedimento per l'accertamento dello stato di abbandono del minore, anche attraverso la verifica periodica dell'affidamento del minore da parte del tribunale per i minorenni, al fine di evitare il protrarsi di lunghi periodi di ricovero in istituti o di affidamenti sine die. La proposta prevede infatti che il tribunale per i minorenni, con cadenza annuale, disponga anzitutto l'ascolto del minore e delle altri parti.
Il presupposto fondamentale, poi, perché i diritti dei minori non restino lettera morta è l'ascolto. Ascoltare i bambini e i ragazzi significa dare attuazione non a un diritto generico, bensì a un diritto sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, che, al paragrafo 2 dell'articolo 12, dispone che «si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale». Il diritto all'ascolto rappresenta un tassello fondamentale del principio del superiore interesse del minore sancito dall'articolo 3 della citata Convenzione, che costituisce il perno, la finalità e insieme lo strumento di tutela delle persone di minore età.
Il principio è semplice e, insieme, impegnativo: le persone di minore età devono poter esprimere la propria opinione in tutte le situazioni che le riguardano. Il dovere degli adulti e delle istituzioni è, dunque, quello di ascoltarli sempre, riconoscendo anche ai più piccoli la loro centralità nella famiglia, nella scuola, nella comunità e nei tribunali, con modalità, condizioni e tempi adeguati alla loro età.
In Italia, l'ascolto di una persona di minore età nelle aule giudiziarie è previsto solo in caso di soggetti di età pari o superiore a dodici anni ed è lasciato, nella migliore delle ipotesi, all'opinione degli esperti, come se le parole dei bambini non bastassero da sole a spiegarne i drammi. In particolare, nel prevedere l'ascolto del minore il legislatore non ha originariamente disciplinato le modalità per una corretta messa in opera della procedura, nonostante l'esigenza di assicurare al minore stesso la possibilità di esprimere le proprie idee e di far sentire la sua voce. A seguito della legge 10 dicembre 2012, n. 219, con il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, sono state introdotte norme procedurali, seppur minime, attraverso l'articolo 336-bis del codice civile e l'articolo 38-bis delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318.
Le nuove disposizioni normative non hanno, però, coperto tutti gli aspetti metodologici dell'audizione e pertanto, oggi come ieri, buona parte della metodologia è affidata alle prassi. La citata Convenzione sui diritti del fanciullo è entrata in vigore, a livello internazionale, il 2 settembre 1990: da allora, sono molti i progressi raggiunti e molto è stato fatto sul piano della sua attuazione, ma altrettanto resta ancora da fare, soprattutto nei confronti delle persone di minore età in situazione di particolare vulnerabilità.
Di recente il legislatore, con il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, ha introdotto alcune modifiche in tema di ascolto del minore, prevedendo ulteriori garanzie a favore dello stesso e rafforzando l'istituto dell'ascolto, che nella presente proposta di legge trova piena attuazione, come accennato, anche nel caso in cui il giudice sia chiamato a decidere in ordine alla delicata questione della proroga dell'affidamento.
Punto importante della proposta è poi l'individuazione della competenza esclusiva del tribunale per i minorenni in tema di affidamento familiare del minore (oggi decisione di competenza del servizio sociale con mera ratifica da parte del giudice tutelare).
La proposta di legge prevede altresì un elenco dettagliato dei requisiti che deve presentare il ricorso del pubblico ministero, in coerenza con quanto già previsto dall'articolo 473-bis.13 del codice di procedura civile (introdotto dal citato decreto legislativo n. 149 del 2022).
Con novella all'articolo 9 della legge n. 184 del 1983 si precisa che la durata massima dell'affidamento vale anche per i minori ricoverati presso istituti di assistenza pubblici o privati ovvero in comunità di tipo familiare. La situazione di precarietà del minore, infatti, richiede di essere risolta, a maggior ragione, se lo stesso si trova affidato presso un istituto: trascorso il periodo, certamente non breve, di ventiquattro mesi senza che la situazione del minore si sia avviata a soluzione, occorre trovare allo stesso una stabile e adeguata sistemazione onde evitare che trascorra la maggior parte della sua l'infanzia in un istituto.
Altro punto di forza della proposta è da ravvisare nella possibilità, conferita ai genitori e ai parenti entro il quarto grado, di presentare al presidente del tribunale per i minorenni o al giudice delegato un programma dettagliato (redatto anche di concerto con i servizi sociali) volto al recupero delle capacità genitoriali e quindi a garantire l'assistenza morale e materiale del minore, che preveda tempi ben precisi nonché verifiche del suo adempimento svolte dal tribunale.
La presente proposta di legge è pertanto volta a dare attuazione ai due princìpi cardine della legislazione in materia di tutela dei minori: il principio del superiore interesse del minore e il diritto dei bambini e degli adolescenti a vivere e a crescere in famiglia.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4:

1) al comma 1:

1.1) al primo periodo, le parole: «servizio sociale locale» sono sostituite dalle seguenti: «tribunale per i minorenni, previa verifica dei requisiti di cui al comma 4 dell'articolo 22» e dopo la parola: «discernimento» sono aggiunte le seguenti: «, e previa indagine socio ambientale»;

1.2) il secondo periodo è soppresso;

2) al comma 2, le parole: «provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano l'articolo 5-bis» sono sostituite dalle seguenti: «si applicano l'articolo 5-bis della presente legge»;

3) al comma 3:

3.1) al secondo periodo, le parole: «informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi del comma 1 o 2» sono sostituite dalle seguenti: «informato il tribunale per i minorenni»;

3.2) al terzo periodo, le parole: «al giudice tutelare o» e le parole: «, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi del comma 1 o 2» sono soppresse;

4) al comma 4:

4.1) al secondo periodo, le parole: «ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, su richiesta del pubblico ministero e nel contraddittorio delle parti, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore» sono soppresse;

4.2) il terzo periodo è sostituito dal seguente: «In ogni caso il tribunale per i minorenni provvede annualmente all'ascolto del minore e delle altre parti; trascorsi ventiquattro mesi dall'inizio del periodo di affidamento, il tribunale per i minorenni provvede ai sensi del comma 6 del presente articolo»;

5) il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Il tribunale per i minorenni, trascorso il periodo di durata previsto ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale e il minore che abbia compiuto gli anni dodici, ovvero anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, adotta, se necessario, gli ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore stesso e, ove non sussistano le condizioni per la cessazione dell'affidamento ai sensi del comma 5, dichiara lo stato di adottabilità del minore stesso»;

b) all'articolo 9, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, quando siano decorsi due anni dal collocamento di un minore presso istituti di assistenza o comunità di tipo familiare, ne informa il tribunale per i minorenni per l'adozione dei provvedimenti previsti dal comma 6 dell'articolo 4»;

c) dopo l'articolo 9 è inserito il seguente:

«Art. 9-bis. – 1. Il ricorso del pubblico ministero contiene:

a) l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale il ricorso è presentato;

b) il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, la cittadinanza, la residenza o il domicilio o la dimora e il codice fiscale del minore, dei genitori e, ove nominati, del tutore, del curatore, del curatore speciale e dell'affidatario del minore;

c) la domanda di dichiarazione di adottabilità del minore;

d) la chiara e sintetica esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda si fonda, con le relative conclusioni, anche istruttorie.

2. Nei casi in cui il minore sia stato collocato in un istituto di assistenza pubblico o privato o in una comunità di tipo familiare, il ricorso indica altresì il nome, il cognome, il codice fiscale e la residenza del legale rappresentante dell'istituto o comunità, salvo che sia necessario mantenere riservate tali indicazioni.
3. Al ricorso sono allegati i documenti relativi agli accertamenti svolti e alle informazioni assunte nonché i provvedimenti relativi al minore emessi dall'autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità»;

d) all'articolo 10, comma 1:

1) al secondo periodo, le parole: «tramite i servizi sociali locali o gli organi di pubblica sicurezza,» sono soppresse;

2) dopo il secondo periodo è aggiunto il seguente: «Gli accertamenti sono eseguiti tramite i servizi sociali locali o gli organi di pubblica sicurezza, che riferiscono al tribunale per i minorenni entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta»;

e) all'articolo 12, dopo il quarto comma è inserito il seguente:

«I genitori o i parenti ascoltati ai sensi del primo comma possono assumere dinanzi al presidente del tribunale per i minorenni o al giudice da questo delegato l'impegno a garantire l'assistenza morale, materiale, l'educazione, l'istruzione e il mantenimento del minore attraverso l'adesione ad un programma dettagliato predisposto d'intesa con i servizi sociali. Il presidente o il giudice delegato, se ritiene il programma idoneo e attuabile, lo approva con decreto motivato, assegnando per la sua attuazione un termine non superiore a sei mesi. Al termine del semestre il presidente o il giudice delegato esegue i necessari controlli, verificando le condizioni del minore e disponendo, eventualmente, la proroga delle statuizioni del decreto emesso per non più di sei mesi non ulteriormente prorogabili»;

f) all'articolo 15, comma 1, lettera c), le parole: «dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute» sono sostituite dalle seguenti: «del quarto comma dell'articolo 12 o il programma di cui al quinto comma del medesimo articolo 12 sono rimasti inadempiuti»;

g) all'articolo 22, comma 5, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ove tra le coppie che hanno presentato domanda vi sia quella alla quale il minore sia stato affidato ai sensi del titolo I-bis, il tribunale per i minorenni tiene conto dell'esigenza di mantenere la continuità e stabilità affettiva del minore».

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