PDL 1404

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1404

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del
CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO

Modifiche al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero

Presentata il 12 settembre 2023

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Onorevoli Deputati! – La presente proposta di legge alle Camere apporta modifiche al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, il quale, unitamente al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, ha riformato le circoscrizioni giudiziarie italiane, in attuazione della delega conferita con il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.
La citata riforma del 2012 infatti ha operato la soppressione di diverse sedi di tribunale e delle relative procure della Repubblica in tutto il territorio nazionale. La regione Veneto ha visto coinvolte, in particolare, le sedi di Bassano del Grappa, Cittadella, Este, Adria, Castelfranco Veneto, Conegliano, Montebelluna, Chioggia, Dolo, Portogruaro, San Donà di Piave, Pieve di Cadore, Legnago, Soave, Schio.
Già dal momento della sua entrata in vigore, la riforma ha però subito pesanti critiche per i risvolti pratici che comportavano la chiusura di importanti presìdi di giustizia e del relativo apparato amministrativo.
Per tali ragioni, nel 2013 alcune regioni quali l'Abruzzo (promotore), il Piemonte, le Marche, la Puglia, il Friuli Venezia Giulia, la Campania, la Liguria, la Basilicata e la Calabria hanno promosso un referendum abrogativo per la parziale soppressione dei citati decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 2012.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 12 del 29 gennaio 2014 e a seguire con la sentenza n. 5 del 27 gennaio 2015, tuttavia dichiarò l'inammissibilità delle richieste referendarie, in sintesi sia perché «l'abrogazione, a seguito dell'eventuale accoglimento della proposta referendaria, di una disposizione abrogativa è [...] inidonea a rendere nuovamente operanti norme che, in virtù di quest'ultima, sono già state espunte dall'ordinamento» sia per mancanza del requisito della necessaria omogeneità, atteso che i quesiti riguardavano la legge delega e l'intero testo dei due decreti legislativi attuativi n. 155 e n. 156 del 2012. Ciò in quanto se, da un lato, «è vero che un nesso lega i tre testi legislativi sopramenzionati tutti volti a comporre il nuovo disegno dell'organizzazione giudiziaria, nelle sue varie articolazioni, al fine di semplificarlo e di alleggerirne i costi», da un altro lato, l'intervento del legislatore si sostanziava in un'architettura complessa a fronte della quale, «poiché la riforma è sottoposta all'abrogazione popolare come un aggregato indivisibile, l'elettore si troverebbe a dover esprimere un voto bloccato su una pluralità di atti e di disposizioni diverse, con conseguente compressione della propria libertà di scelta». In concreto, l'eventuale accoglimento e conseguente abrogazione della legge delega e dei due citati decreti legislativi, in materia di riorganizzazione della magistratura ordinaria e degli uffici del giudice di pace, da un lato non avrebbe consentito una compiuta espressione della reale volontà dell'elettore e dall'altro lato avrebbe determinato un vuoto normativo non colmabile in via interpretativa, con conseguente probabile paralisi della funzione giurisdizionale. Nonostante l'esito non favorevole della iniziativa referendaria, rimangono in tutta la loro evidenza le criticità sollevate dalle regioni che si traducono ora nel ricorso all'istituto di cui all'articolo 121 della Costituzione, con la presentazione della presente proposta di legge statale d'iniziativa regionale.
La concentrazione dell'attività giurisdizionale presso i capoluoghi di provincia e la conseguente soppressione delle sedi decentrate ha infatti reso più gravoso l'accesso alla giustizia anche a causa, molto spesso, della conformazione ed estensione territoriale. Si aggiunga che l'attuata riforma, che ha come presupposto il contenimento della spesa pubblica e una migliore organizzazione territoriale degli uffici, non ha prodotto né una minore spesa, né una migliore resa soprattutto in termini di accelerazione dei procedimenti giudiziari.
Tra gli impatti più importanti vi è quello patito dal tribunale di Vicenza che si è visto costretto ad assorbire sia la propria sezione distaccata di Schio (che serviva circa 200.000 abitanti) sia tutti gli uffici del giudice di pace della provincia, sia il tribunale di Bassano del Grappa, raggiungendo il numero di 860.000 abitanti per tribunale rispetto a quello medio previsto di 300.000. Oggi, infatti, i tempi di attesa per una causa di primo grado sfiorano i nove anni, contro i sette anni del 2010 e contro i due anni dell'ormai ex tribunale di Bassano del Grappa. Comprensibile quindi il forte contraccolpo derivato da tali chiusure che hanno danneggiato un'area, quella del distretto produttivo della pedemontana veneta, tra le più rilevanti dal punto di vista industriale. Si stima infatti che in tale territorio insistano circa 50.000 imprese che contribuiscono a produrre il 10,6 per cento della ricchezza del Veneto con un valore aggiunto di circa 14 miliardi di euro.
Da qui la proposta di ripristinare un servizio evidentemente essenziale per i cittadini che ha portato ad una mobilitazione collettiva e alla contestuale creazione di un comitato con il preciso obiettivo della rinascita di questo plesso giudiziario. A fianco dei promotori si sono posti diversi amministratori locali, prova ne è l'indizione da parte del comune di Bassano del Grappa di diversi incontri territoriali tenutisi nei giorni 15 giugno 2021, 24 marzo 2023 e 5 maggio 2023.
Ad oggi già sessantotto sindaci, unitamente ai rispettivi consigli comunali, hanno aderito a tale iniziativa approvando provvedimenti ad hoc per manifestare il proprio indirizzo. Comuni questi che rappresentano un totale di 497.259 abitanti suddivisi nelle province di Vicenza, Treviso e Padova.
Non solo, vi sarebbero anche dei benefìci dal punto di vista ambientale ed economico a seguito dell'apertura di un Tribunale a Bassano del Grappa. Basti pensare che ciò garantirebbe il riutilizzo di una struttura in disuso come l'edificio denominato «Cittadella della Giustizia», un'opera di 11.000 metri quadri, già ultimata e collaudata per un costo complessivo per lo Stato di circa euro 20.000.000, destinata a servire circa 75 comuni e oltre 500.000 abitanti, appartenenti attualmente ai fori di Vicenza, Padova e Treviso, e che troverebbero una più vicina allocazione nell'area pedemontana, nel rispetto dell'articolo 5 della Costituzione ovvero nel più ampio decentramento amministrativo dei servizi che dipendono dallo Stato.
Un tribunale, quello della pedemontana, favorito da una ramificata linea di infrastrutture, ferroviarie e stradali, quale la superstrada Pedemontana Veneta, di nuova realizzazione, che permettono un rapido accesso al territorio del comune di Bassano del Grappa anche ai soggetti fuori provincia. Ove ripristinato, il plesso giudiziario si identificherebbe come un tribunale di area perché andrebbe a soddisfare il fabbisogno dei comuni limitrofi, spesso molto più vicini al comune di Bassano del Grappa rispetto al loro attuale capoluogo di provincia. Ciò anche nel rispetto dei parametri che la Commissione europea per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa ha indicato nelle sue linee guida sulla geografia giudiziaria del 2013, affinché sia garantito ai cittadini un equo accesso alla giustizia.
La stessa regione Veneto, con la deliberazione della Giunta regionale n. 1721 del 1° dicembre 2015 e con la successiva risoluzione del Consiglio regionale del 12 gennaio 2016 ha aderito al progetto di istituzione della nuova circoscrizione del Tribunale della Pedemontana Veneta.
La presente proposta di legge, che riprende quella già presentata dalla regione Lombardia, fa seguito a quelle presentate anche dalle regioni Abruzzo, Toscana, Sicilia, Marche, Calabria, Campania e vuole quindi modificare il sistema delineato dal citato decreto legislativo n. 155 del 2012.
In particolare, l'articolo 1 prevede le finalità della proposta di legge.
L'articolo 2 introduce l'articolo 8-bis al decreto legislativo n. 155 del 2012 e conferisce la possibilità alle regioni di richiedere al Ministero della giustizia, mediante apposite convenzioni, il ripristino del servizio delle funzioni giudiziarie nelle sedi soppresse (comma 1) o la costituzione di nuovi tribunali e delle relative procure, sempreché il nuovo circondario abbia una popolazione residente di almeno 100.000 abitanti (comma 2).
Al fine di salvaguardare i procedimenti pendenti si dispone che gli stessi rimangono incardinati presso l'ufficio giudiziario territorialmente competente alla data antecedente a quella di entrata in vigore della legge (comma 3).
Sono inoltre a carico della regione le spese di gestione e manutenzione degli immobili e di retribuzione del personale di custodia e vigilanza delle strutture (comma 4). Viceversa, rimangono a carico dello Stato le spese relative alle retribuzioni dei magistrati e del personale amministrativo e di polizia giudiziaria (comma 5).
È assegnato poi al Ministero della giustizia il termine di cento giorni per la riformulazione o la determinazione delle piante organiche dei tribunali ordinari e delle procure della Repubblica ripristinati o istituiti (comma 6). Sono conseguentemente oggetto di adeguamento la tabella A allegata al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, la tabella A allegata al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, la tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e la tabella N allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1951, n. 757 (comma 7).
L'articolo 3 prevede l'abrogazione del comma 4-bis dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012, introdotto dall'articolo 1, comma 397, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), il quale prevedeva la possibilità di stipulare apposite convenzioni tra il Ministero della giustizia e le regioni o le province autonome al fine di utilizzare gli immobili adibiti a servizio degli uffici giudiziari periferici e delle sezioni distaccate soppresse per l'esercizio di funzioni giudiziarie nelle relative sedi, con spese di gestione e manutenzione degli stessi e di retribuzione del personale di servizio a carico del bilancio regionale. Tale articolo è superato dall'introduzione dell'articolo 1, comma 4, della presente proposta di legge statale.
L'articolo 4 prevede la clausola di invarianza finanziaria.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

Il progetto di legge statale in esame, in ossequio al principio della parità di accesso alla giustizia di tutti i cittadini secondo criteri di decentramento dei servizi e criteri di prossimità, propone la modifica al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, – con il quale, unitamente al decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, si diede corso alla riforma delle circoscrizioni giudiziarie, in complessiva attuazione della delega conferita al Governo per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza – per inserire, nell'ambito della disciplina della nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, l'articolo 8-bis recante interventi delle regioni ed introdurre così la possibilità di ripristinare la funzione giudiziaria ed i relativi tribunali ordinari e procure della Repubblica sulla base di apposite convenzioni tra il Ministro della giustizia e le regioni interessate.
La soluzione prospettata prevede che, in regime convenzionale fra le parti – il Ministero della giustizia e le regioni richiedenti soluzioni di ripristino di sedi e uffici giudiziari – le regioni assumano gli oneri per le spese di gestione e di manutenzione degli immobili e per la retribuzione del personale di custodia e vigilanza delle strutture, mentre rimangono a carico dello Stato le spese relative alla retribuzione dei magistrati, del personale amministrativo e della polizia giudiziaria; quanto sopra da un lato mantenendo i procedimenti giudiziari pendenti, alla data di ripristino di sedi giudiziarie, presso la sede giudiziaria in cui già risultano incardinati e dall'altro lato senza modificare le piante organiche dei tribunali ordinari e delle procure della Repubblica risultanti dal riordino operato ai sensi dei decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e n. 156.
Si evidenzia, per quanto concerne la previsione di clausola di neutralità finanziaria, redatta in termini di previsione dell'attuazione delle disposizioni di cui alla iniziativa legislativa «nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente», come la presente iniziativa legislativa tratta di oneri eventuali e comunque connessi a variabili concrete non determinabili a priori e che saranno valutati e regolati nella fase operativa di attuazione del provvedimento, e, si ricorda, su base convenzionale tra lo Stato e le regioni.

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PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA REGIONALE

Art. 1.
(Finalità)

1. La presente legge introduce nuovi criteri per l'istituzione o la riattivazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero in ossequio al principio della parità di accesso alla giustizia di tutti i cittadini.

Art. 2.
(Introduzione dell'articolo 8-bis del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155)

1. Dopo l'articolo 8 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, è inserito il seguente:

«Art. 8-bis. – (Interventi delle regioni) – 1. Nel rispetto del principio del massimo decentramento dei servizi dello Stato di cui all'articolo 5 della Costituzione e del principio di prossimità di cui all'articolo 10 del Trattato sull'Unione europea, su richiesta delle regioni interessate, il Ministro della giustizia, sulla base di apposite convenzioni da stipulare con le regioni richiedenti, dispone, con propri decreti, il ripristino della funzione giudiziaria, nelle rispettive sedi, dei tribunali ordinari e delle procure della Repubblica di cui all'articolo 1.
2. Le convenzioni e i decreti di cui al comma 1 possono prevedere anche l'istituzione di nuovi tribunali ordinari e delle relative procure della Repubblica con sede nei comuni dove avevano sede le sezioni distaccate di tribunale soppresse dall'articolo 1, purché il nuovo circondario così costituito abbia una popolazione residente di almeno 100.000 abitanti.
3. I procedimenti giudiziari pendenti rimangono incardinati presso l'ufficio giudiziario territorialmente competente alla data antecedente a quella di entrata in vigore della presente legge.
4. Le spese di gestione e di manutenzione degli immobili oggetto della convenzione di cui al comma 1 e di retribuzione del personale di custodia e vigilanza delle strutture sono a carico del bilancio della regione richiedente.
5. Le spese relative alla retribuzione dei magistrati, del personale amministrativo e della polizia giudiziaria rimangono a carico dello Stato.
6. Entro cento giorni dalla stipulazione delle convenzioni di cui al comma 1, il Ministro della giustizia provvede alla revisione della pianta organica dei tribunali ordinari e delle procure della Repubblica e alla loro copertura, senza modificare le piante organiche dei tribunali ordinari e delle procure della Repubblica istituite ai sensi della presente legge.
7. In seguito al ripristino dei tribunali ordinari e delle procure della Repubblica sono aggiornate le seguenti tabelle:

a) tabella A allegata al presente decreto;

b) tabella A allegata al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;

c) tabella A allegata alla legge 26 luglio 1975, n. 354;

d) tabella N allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1951, n. 757».

Art. 3.
(Abrogazione)

1. Il comma 4-bis dell'articolo 8 del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, è abrogato.

Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'applicazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. All'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

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