PDL 1386

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1386

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
GRIBAUDO, FURFARO, ASCANI, ASCARI, BOLDRINI, BONAFÈ, BOSCHI, CARÈ, CIANI, DI SANZO, FERRARI, FORATTINI, GHIO, GHIRRA, GIRELLI, LAI, MALAVASI, UBALDO PAGANO, PORTA, QUARTAPELLE PROCOPIO, ROGGIANI, SCARPA, SCOTTO, SERRACCHIANI, VACCARI, ZANELLA

Interventi a sostegno delle madri con disabilità

Presentata il 6 settembre 2023

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Onorevoli Colleghi! – L'emancipazione femminile passa certamente anche dalla libera scelta di essere o non essere madre. Sappiamo bene che non tutte le donne hanno questa libertà di scelta, per via della difficoltà o dell'impossibilità di rimanere incinta, ma al di fuori degli ostacoli che la ricerca scientifica non è ancora riuscita a superare è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono alle donne nel nostro paese di realizzare, se lo desiderano, il proprio sogno di essere madri.
L'inverno demografico del nostro Paese è conseguenza di diversi fattori: dalla precarietà del lavoro, in particolare di quello femminile, ai bassi salari delle famiglie e delle coppie giovani, alla mancanza dei servizi per l'infanzia e alla disparità nei carichi di cura dei figli. Tuttavia, per alcune donne la scelta di diventare madre non deve solo scontrarsi con le difficoltà economiche o organizzative della famiglia, le legittime aspirazioni lavorative, gli svantaggi e le minori opportunità che possono derivare dalla gravidanza, ma anche con i pregiudizi e gli stereotipi, come avviene per molte donne con disabilità. Si parla in questo caso di una discriminazione multipla o intersezionale per la quale le donne con disabilità sono discriminate sia in quanto donne sia in quanto persone con disabilità. Dobbiamo constatare che questa forma di discriminazione, alle volte molto crudele, non ha trovato adeguata attenzione né nei movimenti per le pari opportunità e l'eguaglianza di genere, né nel movimento delle persone con disabilità. Ecco perché oggi è così importante parlare di diritto alla sessualità e dunque alla maternità per le donne con disabilità. Un tema che incontra ancora forti resistenze, soprattutto in Italia, che hanno un impatto psicologico fortissimo sulla scelta di queste donne di intraprendere una gravidanza.
Le difficoltà che possono scaturire dalla disabilità sono ben note a chi vive questa condizione in prima persona, e anche a chi, a vario titolo, se ne occupa: barriere fisiche, percettive e di comunicazione, assenza o carenza di servizi di assistenza, difficoltà ad esercitare in condizioni di uguaglianza il diritto allo studio ed al lavoro, minore accesso ai servizi sanitari, scarsa presenza nei ruoli apicali e nelle posizioni decisionali. Questo però non implica un'impossibilità o un'incapacità delle donne con disabilità di desiderare, concepire e crescere un proprio figlio. Ce lo raccontano le tantissime esperienze positive delle madri con disabilità, anche motorie, che dimostrano come le maggiori difficoltà nella gestione personale possono essere superate dalle loro capacità organizzative. Le donne con disabilità, tanto più se supportate adeguatamente dal partner o dalla famiglia, dalla rete socio-sanitaria e dalle associazioni dedicate, possono occuparsi in maniera esemplare di un figlio. Abbiamo dunque il dovere di superare diversi pregiudizi e stereotipi legati alla disabilità che creano una barriera, sociale e fisica, alla possibilità per queste donne di sognare la loro maternità e di prendersi adeguatamente cura del proprio figlio.
Al di là delle singole esperienze, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (ratificata dall'Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18), di seguito «Convenzione ONU», riconosce che «le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità», ed impegna gli Stati, tra le altre cose, a «fornire alle persone con disabilità servizi sanitari gratuiti o a costi accessibili, che coprano la stessa varietà e che siano della stessa qualità dei servizi e programmi sanitari forniti alle altre persone, compresi i servizi sanitari nella sfera della salute sessuale e riproduttiva e i programmi di salute pubblica destinati alla popolazione». La stessa Convenzione ONU precisa anche che l'accesso ai servizi sanitari deve tener conto delle «specifiche differenze di genere». Il motivo per cui nella Convenzione ONU sono state introdotte queste disposizioni è che il diritto alla salute delle persone con disabilità, e delle donne con disabilità in particolare, non è ancora garantito.
Il Forum europeo sulla disabilità (EDF), che più di tutti si è occupato di questi temi, ha redatto già nel 2011 il «Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell'Unione europea»: un documento programmatico che poggia le sue fondamenta sull'articolo 25 della Convenzione ONU, ribadendo come il diritto consapevole alla salute sessuale e riproduttiva sia attuabile mediante l'assistenza adeguata del personale dedicato e delle strutture. Il pieno rispetto per i diritti delle donne con disabilità passa dunque dalla presenza di strutture adeguate, da percorsi di accompagnamento al parto e al post partum, dalla disponibilità di informazioni corrette, dalla sensibilizzazione della popolazione generale e, in particolare, del personale sanitario. Infatti, trattandosi di gravidanze che possono presentare maggiori rischi, occorre un'attenzione più specifica: è indispensabile valutare precocemente le condizioni mediche, le patologie associate, le eventuali condizioni di rischio materno-fetale, le modalità di espletamento del parto con il servizio dedicato alle gravidanze a rischio e cercare di soddisfare quanto più possibile le esigenze di recupero dell'autonomia soprattutto nel post partum.
Il Secondo Manifesto citato è strutturato in diciotto aree tematiche: dall'accessibilità alla violenza contro le donne, dall'istruzione alla salute, dall'emancipazione allo sport. Il richiamo alla Convenzione ONU è molto forte ed esplicito ed è particolarmente evidente nella locuzione ripetuta «su base di uguaglianza con gli altri». Infatti, nel paragrafo dedicato ai diritti sessuali e riproduttivi si fa riferimento all'articolo 23 della Convenzione ONU, per il quale «le donne con disabilità in età da marito hanno il diritto di sposarsi e di formare una famiglia sulla base del loro consenso libero e informato; nonché il diritto di entrare in altri tipi di relazione che comportano una vita stabile. Inoltre, essendo in grado di decidere il numero dei figli che desiderano avere, dovrebbero avere accesso alle informazioni sulla pianificazione familiare e sulla riproduzione; esse godono anche del diritto di conservare la loro fertilità sulla base di uguaglianza con le altre persone. In tutti i casi, prevarrà il diritto della donna di mantenere il controllo sul suo corpo e della sua sessualità». In questo articolo sono evidenziate molte delle negazioni di cui le donne con disabilità sono vittime: di potere scegliere se convivere ed avere una propria famiglia, se avere figli e quanti, di mantenere integra la propria fertilità, di essere informate in modo adeguato. Proprio su questi punti torna il comma 8.8 del sottoparagrafo dedicato ai diritti riproduttivi: «A molte donne con disabilità è ancora negato il diritto alla libertà riproduttiva utilizzando il pretesto del loro benessere. La sterilizzazione forzata, le mutilazioni genitali femminili ed essere costrette all'aborto sono solo alcuni chiari esempi di negazione dei diritti di cui soffrono molte donne e adolescenti con disabilità, senza aver dato il loro consenso o aver compreso pienamente le finalità. Queste pratiche sono una violazione dei diritti fondamentali, tra cui il diritto all'integrità fisica e a mantenere il controllo sulla propria salute riproduttiva, e dovrebbero essere condannate e perseguite».
Se il Secondo Manifesto non ha il medesimo valore normativo della Convenzione ONU, esso ha, però, un'enorme portata politica ed etica e ha un valore potenzialmente dirompente, soprattutto dal punto di vista culturale e sociale. Esso mette in evidenza la discriminazione multipla che può riguardare le ragazze e le donne con disabilità per il fatto di appartenere al genere femminile e di avere una disabilità: in quanto donne, infatti, hanno meno opportunità e in quanto persone con disabilità si confrontano con barriere che precludono o limitano il godimento dei diritti e la partecipazione sociale. La discriminazione multipla può essere contrastata solo considerando insieme le due variabili, di genere e disabilità: per tale ragione è necessaria una declinazione al femminile dei diritti delle persone con disabilità.
Il 31 agosto 2016, il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, nelle Osservazioni conclusive al Primo rapporto dell'Italia sull'applicazione della Convenzione ONU, si è detto preoccupato dell'assenza di politiche per l'inclusione delle donne con disabilità e ha raccomandato che «la prospettiva di genere sia integrata nelle politiche per la disabilità e che la condizione di disabilità sia integrata nelle politiche di genere, entrambe in stretta consultazione con le donne e le ragazze con disabilità e con le loro organizzazioni rappresentative».
In Italia le donne con disabilità sono costrette a vivere lo stato di gravidanza e di puerperio come una condizione che accentua la loro specifica fragilità a causa della assenza di aiuti specifici e per questo, spesso, rinunciano all'idea di avere una gravidanza o scelgono di abortire. Per mancanze dello Stato si sono sentite troppo spesso lasciate sole nell'affrontare questo aggravio di difficoltà sia durante la gravidanza e, a maggior ragione, nel periodo postpartum e da diverso tempo segnalano le barriere che ostacolano il loro uguale accesso all'assistenza sanitaria e ai programmi di prevenzione, che la pandemia di COVID-19 ha ulteriormente aggravato. Il nostro Paese dispone di un numero davvero esiguo di strutture idonee a garantire efficacemente la salute ginecologica delle donne disabili, sia dal punto di vista dell'accessibilità alle strutture e alle apparecchiature, sia dal punto di vista della preparazione del personale medico. Pur essendo consapevoli delle difficoltà che sta vivendo il nostro sistema sanitario a causa della carenza di organico, occorre rimediare a questa discriminazione e assicurare la corretta presa in carico dei bisogni specifici a seconda delle diverse disabilità. L'associazione Unione italiana lotta alla distrofia muscolare nel 2021 aveva condotto un'indagine da cui è emerso che il 43,4 per cento delle donne con disabilità non esegue i necessari controlli ostetrico-ginecologici. Di queste l'83 per cento per la mancanza di un sollevatore o di personale esperto per il trasferimento sul lettino ginecologico, il 61,9 per cento perché ha difficoltà ad assumere determinate posizioni nell'utilizzo di alcune strumentazioni. Da questi dati emerge l'urgenza di intervenire, prima con un atto normativo e poi con un investimento strutturale, per garantire la piena accessibilità di spazi e servizi dedicati alla salute riproduttiva femminile anche alle donne con disabilità, attualmente ancora discriminate nell'accesso agli stessi. In secondo luogo, è però anche necessario investire nella formazione di tutto il personale sanitario, in particolare ginecologi, ostetrici, medici specializzandi per aumentare la sensibilizzazione e la capacità di risposta ai bisogni specifici dei pazienti con disabilità.
Per le ragioni fin qui espresse e per rendere pienamente esercitabili i diritti delle donne con disabilità, la presente proposta di legge reca una serie di misure volte a sostenere la maternità.
L'articolo 2 prevede la creazione di un percorso di accompagnamento alla gravidanza e al post partum che possa venire incontro alle esigenze delle donne con disabilità assicurando la gratuità delle necessarie prestazioni terapeutiche e fisioterapiche, anche domiciliari, in relazione al grado di disabilità delle neo mamme e il supporto della figura della puericultrice o del puericultore per i primi tre anni di vita del bambino, che possa accompagnare la madre nella soluzione dei bisogni propri e del neonato impiegando, per quanto possibile, le proprie capacità fisiche. La norma, nello specifico, prevede la costruzione di un nuovo codice di esenzione dal pagamento di tali prestazioni sanitarie e socio-sanitarie che si aggiungono a quelle già previste dal codice di esenzione per la gravidanza a rischio (M50).
L'articolo 3 consente alle donne con disabilità in gravidanza di poter ugualmente usufruire della possibilità, qualora la propria mansione lavorativa lo consenta, di continuare a svolgere il proprio lavoro per i primi mesi di gravidanza in modalità agile, a condizione che il medico specialista non certifichi che questo possa pregiudicare la salute della gestante o del nascituro. Inoltre estende il congedo parentale, cosiddetto facoltativo, che consente una maggiore flessibilità alla coppia perché può essere usufruito in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo di tre anni, di cui uno può essere alternativamente impiegato per il padre del bambino se fa parte del medesimo nucleo familiare.
L'articolo 4 istituisce sportelli informativi regionali e una linea telefonica nazionale dedicata.
L'articolo 5 istituisce presso il Ministero della salute il «Fondo per l'accessibilità per le madri con disabilità» con una dotazione pari a 5 milioni di euro per l'anno 2023 e di 3 milioni di euro annui a decorre dall'anno 2024. Secondo quanto disposto dall'articolo 6 il suddetto Fondo può essere impiegato per garantire l'accessibilità dei servizi antiviolenza e dei servizi a supporto delle donne con disabilità.
L'articolo 7 amplia gli incentivi alle imprese per l'inserimento stabile nel mercato del lavoro delle lavoratrici madri con disabilità assunte con contratto a tempo indeterminato.
L'articolo 8 impegna il Ministro per le disabilità a promuovere campagne o programmi nazionali di sensibilizzazione per combattere stereotipi diffusi in ambito scolastico, in famiglia, nel mondo del lavoro, nella popolazione generale, con particolare riguardo verso le discriminazioni generate dall'intersezione tra genere e disabilità, nonché verso per i pregiudizi legati alla sfera sessuale e riproduttiva.
L'articolo 9 stabilisce in capo all'Istituto nazionale di statistica, all'Istituto nazionale di previdenza sociale e al Ministero per le disabilità compiti di raccolta di nuovi dati in maniera disaggregata, seguendo l'approccio inter sezionale: uno strumento conoscitivo utilissimo a progettare e realizzare politiche di inclusione delle madri con disabilità.
L'articolo 10, infine, reca la copertura finanziaria.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità e oggetto)

1. La presente legge reca disposizioni per la tutela del diritto alla maternità delle donne con disabilità assicurando il supporto di figure professionali operanti nelle diverse tipologie dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali, sia durante la gravidanza sia nel periodo post partum nonché nelle successive fasi di rientro al lavoro e di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, tenuto conto delle peculiari criticità che possono verificarsi anche in tali fasi per le madri con disabilità, nonché per il contrastare della discriminazione multipla nei confronti delle donne con disabilità.
2. La tutela del diritto alla maternità delle donne con disabilità si applica anche ai percorsi di adozione e di procreazione medicalmente assistita o similari, in linea con quanto disposto dall'articolo 23 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, di seguito «Convenzione ONU», fatta salva la conoscenza dei rischi per la salute di tali procedure.
3. Le disposizioni di cui alla presente legge si fondano sui princìpi e sui diritti stabiliti dalla Convenzione ONU e sui princìpi costituzionali di inclusione, di non discriminazione, di tutela della salute e delle pari opportunità, e sono applicate e interpretate sulla base di tali prìncipi e diritti, con particolare riguardo, in materia di tutela della salute, a quanto previsto dall'articolo 25 della Convenzione ONU e dall'articolo 32 della Costituzione nonché, in materia di discriminazione multipla e diritti legati alla famiglia, a quanto stabilito dagli articoli 6 e 23 della Convenzione ONU.

Art. 2.
(Linee guida in materia di percorsi di accompagnamento alla gravidanza, al periodo post partum, all'adozione e alla procreazione medicalmente assistita per le donne con disabilità)

1. Al fine di assicurare il diritto alle donne con disabilità di poter gestire la propria gravidanza e di poter partorire in piena sicurezza è definito un percorso di accompagnamento alla gravidanza e al periodo post partum, nonché all'adozione e alla procreazione medicalmente assistita, attraverso la predisposizione di apposite linee guida nazionali che recano la disciplina di dettaglio di ciascun percorso.
2. Il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il parere delle associazioni di persone con disabilità e loro federazioni, definisce le linee guida di cui al comma 1 e il relativo codice di esenzione delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie; tali prestazioni sono inserite nel percorso di accompagnamento, in aggiunta a quelle già previste per la gravidanza a rischio (M50) dai livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017.
3. Le linee guida di cui al comma 1 assicurano le necessarie prestazioni terapeutiche e fisioterapiche, anche domiciliari, in relazione al grado di disabilità della neomamma e il supporto della figura della puericultrice o del puericultore per i primi tre anni di vita del bambino che accompagna la madre nella soluzione dei bisogni propri e del neonato impiegando, per quanto possibile, le proprie capacità fisiche, nonché di ulteriori figure di supporto ritenute necessarie nei casi specifici, comprese, tra le altre, l'assistente personale che può coadiuvare la donna nelle proprie attività con lo scopo di garantire alla stessa il diritto a svolgere il proprio ruolo materno e al figlio il diritto di crescere con la propria madre, ferma comunque restando la facoltà di autogestione del bambino da parte della madre con disabilità. Il ricorso a un'apposita figura assistenziale o l'eventuale adozione di altri accomodamenti ragionevoli o soluzioni pratiche è obbligatorio e propedeutico a qualunque decisione concernente l'opportunità di affidare i figli ad altri soggetti o di disporre l'adottabilità del figlio.
4. Le linee guida di cui al comma 1 prevedono altresì che nel percorso di accompagnamento alla gravidanza, al parto e al periodo post partum nonché nello svolgimento delle successive prestazioni terapeutiche e fisioterapiche, anche domiciliari, di cui al comma 3 sia assicurata alle donne con disabilità la necessaria accessibilità alle informazioni e alle comunicazioni, attraverso l'adozione degli accomodamenti necessari al caso concreto e alla specifica disabilità, prevedendo apposite sanzioni in caso di violazioni, fermo restando, in ogni caso, il diritto del soggetto discriminato ad agire ai sensi della legge 1° marzo 2006, n. 67. Le linee guida di cui al comma 1 assicurano in particolare che le donne con disabilità ricevano tutte le necessarie informazioni nelle forme e nelle modalità adeguate secondo le diverse condizioni di disabilità, al fine di consentire alle stesse l'assunzione di decisioni sulla loro salute e sul loro corpo senza alcuna coercizione.
5. In ogni caso le linee guida di cui al comma 1 garantiscono:

a) il pieno accesso alle cure mediche per le donne con disabilità, anche con riferimento all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva;

b) la garanzia di un maggior tempo a disposizione per le madri con disabilità durante le loro visite mediche e ginecologiche;

c) le specifiche misure di accesso agevolato al sostegno psicologico per le madri donne con disabilità.

6. In materia di adozione e di procreazione medicalmente assistita le linee guida di cui al comma 1 sono finalizzate, da un lato, alla prevenzione in tali ambiti dei comportamenti e degli atti discriminatori nei confronti delle donne con disabilità, disponendone il divieto espresso, e, dall'altro lato, all'armonizzazione delle buone pratiche a livello nazionale. Tali linee guida dovranno altresì valutare le peculiarità specifiche dei percorsi di accompagnamento all'adozione o alla procreazione medicalmente assistita e la maggiore esposizione ad atti discriminatori per le donne con disabilità, anche dovute alle possibili difficoltà o criticità endemiche, prevedendo in favore delle medesime un maggior supporto e un accesso facilitato a tali pratiche, nonché promuovendo la conoscenza dei rischi per la salute derivanti dall'uso di tali tecnologie.
7. In ogni caso, le linee guida di cui al comma 1 tengono conto delle peculiarità e delle maggiori difficoltà che le donne con disabilità intellettiva o psichica affrontano in tali percorsi e, in generale, delle particolari esigenze delle donne con disabilità intellettiva, cognitiva e comportamentale nell'espressione della propria sfera affettiva e sessuale, prevedendo apposite misure, quali l'individuazione di una rete di persone e di professionisti per il sostegno e il supporto delle donne in tali percorsi.

Art. 3.
(Misure a sostegno della maternità)

1. Al testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 20 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«2-bis. Fermo restando quanto previsto al comma 1, le lavoratrici madri con disabilità accertata mediante apposita certificazione del medico di famiglia o del medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato possono accedere alla flessibilità prevista al comma 1 o chiedere lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile ai sensi della legge 22 maggio 2017, n. 81, anche se inserite in un percorso di accompagnamento, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato attesti che l'opzione di cui al presente comma non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.»

b) all'articolo 33, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Le lavoratrici madri con disabilità accertata mediante apposita certificazione INPS o dal proprio medico di famiglia o dal medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato hanno diritto, entro il compimento del quattordicesimo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni. In tal caso, il congedo parentale può essere fruito in alternativa dall'altro genitore, se facente parte del medesimo nucleo familiare, per un periodo complessivamente non superiore a un anno».

Art. 4.
(Sportelli informativi regionali e numero unico nazionale dedicato)

1. Il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentito il parere delle associazioni di persone con disabilità e loro federazioni, definisce le modalità per la realizzazione di un servizio informativo e di consulenza sulla disabilità e sulle relative certificazioni a favore delle persone con disabilità, dei loro familiari nel proprio territorio, anche attraverso la predisposizione di appositi sportelli informativi sui servizi offerti dalle istituzioni, compresi i comuni e le associazioni riconosciute, e sulle strutture sanitarie idonee all'accoglienza e alla fruizione dei servizi alle madri con disabilità. Tra i compiti degli sportelli informativi rientra l'organizzazione, con cadenza almeno annuale, di percorsi di formazione dedicati alle donne con disabilità sui temi previsti dalla presente legge.
2. Il Ministro della salute, di concerto con il Ministro per le disabilità, previa intesa in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, istituisce un numero unico nazionale per fornire servizi di assistenza e consulenza telefonica, anche notturna, alle madri con disabilità da parte di ostetriche o ostetrici, fisioterapisti o fisioterapiste, psicologi o psicologhe, terapisti occupazionali e consulenti per l'allattamento o per le altre criticità occorrenti nel periodo della gravidanza e post partum, anche in collegamento con gli sportelli informativi di cui al comma 1. I servizi del numero unico nazionale assicurano la necessaria accessibilità a tutte le tipologie di disabilità, disponendo i necessari accomodamenti ragionevoli e ogni altra strumentazione idonea, tra cui, a titolo esemplificativo, un indirizzo di posta elettronica dedicato, la possibilità di ricevere il supporto di un interprete nella lingua dei segni o di un altro assistente alla comunicazione, per rimuovere le eventuali barriere senso-percettive, comunicative o digitali.

Art. 5.
(Fondo per l'accessibilità
per le madri con disabilità)

1. È istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute, il «Fondo per l'accessibilità per le madri con disabilità» con una dotazione pari a 5 milioni di euro per l'anno 2023 e a 3 milioni di euro annui a decorre dall'anno 2024, al fine di garantire l'accessibilità alle cure sanitarie, alle strutture e alle apparecchiature diagnostiche dei reparti di ostetricia e ginecologia e dei consultori alle madri con disabilità.
2. Al fine di una migliore fruibilità dei beni, degli spazi e dei servizi di cui al comma 1 gli stessi devono essere progettati secondo i princìpi dell'accessibilità architettonica e informatica, come stabiliti dalla Convenzione ONU, e i materiali di informazione e comunicazione necessari per il percorso di accoglienza, accompagnamento e gestione devono essere accessibili e fruibili dalle donne con diverse tipologie di disabilità.
3. Al fine di un'efficace individuazione e corretta presa in carico dei bisogni specifici delle pazienti con disabilità nonché di assicurare programmi specifici e una migliore qualità nell'assistenza durante la gravidanza e il periodo post partum, ogni anno il 30 per cento delle risorse del Fondo di cui al comma 1 è destinato alla formazione di apposite équipe medico-sanitarie. Tale formazione è organizzata con cadenza almeno annuale e con il necessario coinvolgimento delle associazioni di persone con disabilità e loro federazioni.
4. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro per le disabilità e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono ripartite le risorse del Fondo di cui al comma 1, ivi comprese le risorse da destinare alle imprese per avvalersi delle prestazioni di un responsabile del processo di inserimento delle persone con disabilità nell'ambiente di lavoro.

Art. 6.
(Accessibilità dei servizi antiviolenza e dei servizi a supporto delle donne con disabilità)

1. Il Fondo istituito dall'articolo 5 può essere impiegato per garantire l'accessibilità dei servizi antiviolenza e dei servizi a supporto delle donne con disabilità. Le pubbliche amministrazioni, nella stipula dei bandi di assegnazioni di spazi per i centri antiviolenza e per l'accesso ai finanziamenti pubblici, tengono conto delle barriere architettoniche, senso-percettive, comunicative e digitali, nonché della idonea formazione del personale per l'accoglienza di donne e di madri con disabilità e del personale che opera a vario titolo nel centro antiviolenza.

Art. 7.
(Incentivi alle imprese)

1. Al fine di promuovere l'inserimento stabile nel mercato del lavoro delle lavoratrici con disabilità, ai datori di lavoro privati che, a decorrere dal 1° settembre 2023, assumono tali soggetti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato è riconosciuto, per un periodo massimo di quindici mesi dalla data di assunzione, l'esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nel limite massimo di importo pari a 8.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile. Resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. L'esonero non si applica ai rapporti di lavoro domestico.
2. Qualora le lavoratrici con disabilità assunte ai sensi del comma 1 siano madri di minori di età non superiore a sei anni, l'esonero di cui al comma 1 è riconosciuto per un periodo massimo di ventiquattro mesi dalla data di assunzione o dalla data di inizio del congedo di maternità obbligatorio nel caso di lavoratrici già assunte. Tale beneficio si applica anche in caso di adozione di minore, senza limiti di età dello stesso.
3. L'esonero di cui al comma 1 è riconosciuto entro il limite massimo di euro 10.000 annui ovvero nel caso di lavoratrici madri di cui al comma 2 entro il limite massimo di euro 16.000 annui.
4. Al fine di favorire il rientro al lavoro delle madri con disabilità e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, le imprese possono accedere alle risorse del Fondo istituito dall'articolo 5 per avvalersi delle prestazioni di un responsabile del processo di inserimento delle persone con disabilità nell'ambiente di lavoro che possa supportare l'impresa e la lavoratrice in tali processi, con particolare attenzione alla tutela della sicurezza sul lavoro delle donne con disabilità, in linea con quanto stabilito dall'articolo 25 della Convenzione ONU e dall'articolo 32 della Costituzione. La misura e le modalità di accesso a tali risorse sono stabilite con il decreto di cui all'articolo 5.
5. Per supportare le madri con disabilità con azioni rivolte specificatamente alla cura e alla gestione materiale dei figli minori di anni dodici, a decorrere dal 1° gennaio 2024 è istituito in loro favore un buono per l'acquisto di servizi di baby-sitting specificamente dedicato. La misura e le modalità di accesso e di utilizzo del buono sono stabiliti dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le disabilità e il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, con proprio decreto, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
6. Gli incentivi per le lavoratrici con disabilità previsti dal presente articolo si intendono come integrativi e aggiuntivi rispetto ai servizi e alle prestazioni di cui le stesse già beneficiano in base alle leggi vigenti.

Art. 8.
(Campagna di sensibilizzazione e contrasto alle discriminazioni)

1. Il Ministro per le disabilità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'istruzione e il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, con il supporto dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità e sentito altresì il parere delle associazioni di persone con disabilità e loro federazioni, promuove, con proprio decreto, campagne o programmi nazionali di sensibilizzazione per combattere gli stereotipi diffusi in ambito scolastico, in famiglia, nel mondo del lavoro, nella popolazione generale, con particolare riguardo alle discriminazioni generate dall'intersezione tra il genere e la disabilità, nonché ai pregiudizi legati alla sfera sessuale e riproduttiva.
2. Tali campagne di sensibilizzazione e informazione devono altresì riguardare le specifiche forme di violenza a danno delle donne con disabilità diverse e gli specifici percorsi che si possono attivare per garantirne la tutela. Tali percorsi dovranno garantire in modo più efficace che le donne con disabilità siano sempre poste nelle condizioni di ricevere ogni informazione per denunciare e adire la tutela giudiziaria nel caso di violenza o discriminazione, dando piena attuazione, in modo uniforme in tutto il territorio nazionale, alle Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2018, continuando altresì a promuovere il monitoraggio delle iniziative di formazione specifica e di aggiornamento del personale chiamato ad interagire, a vario titolo, con le donne con disabilità vittime di discriminazione.
3. Nell'ambito scolastico, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori, il piano triennale dell'offerta formativa prevede altresì una specifica formazione sui temi che riguardano la disabilità e le donne con disabilità, ivi comprese alcune ore dedicate all'educazione all'affettività.

Art. 9.
(Raccolta e monitoraggio dei dati)

1. L'Istituto nazionale di statistica e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, nell'ambito delle proprie risorse e al fine di fornire alle autorità competenti gli strumenti conoscitivi utili per la progettazione e la realizzazione di politiche di inclusione delle madri con disabilità, assicurano il rilascio, con cadenza almeno triennale, di una rilevazione statistica che certifichi il numero di madri con disabilità, la loro distribuzione nel territorio nazionale e la disaggregazione dei dati anche per la variabile delle diverse disabilità.
2. Al fine di monitorare lo stato di attuazione degli interventi e delle misure di cui alla presente legge, nonché gli effetti sull'occupazione e sulla parità di genere, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge, il Ministro per le disabilità realizza una banca di dati, consultabile liberamente da parte delle associazioni di persone con disabilità e loro federazioni e dall'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, e, su loro richiesta, anche da parte di esponenti del mondo scientifico e accademico, per la raccolta e l'analisi dei dati sulle condizioni delle donne con disabilità, con particolare riferimento alle madri con disabilità.
3. All'articolo 2, comma 5, della legge 5 maggio 2022, n. 53, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

«b-bis) il rilevamento e la valutazione della diffusione, della gravità e delle conseguenze del fenomeno della violenza di genere ai danni delle donne con disabilità, anche attraverso la disaggregazione dei dati per le diverse disabilità;

b-ter) il rilevamento e la valutazione specificamente focalizzata sui dati relativi all'accessibilità dei centri antiviolenza e delle case rifugio, da compiere anche tenendo conto dei princìpi di accessibilità architettonica e informatica di cui alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18».

Art. 10.
(Copertura finanziaria)

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2023 e a 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2024, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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