PDL 1385

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1385

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
IEZZI, MOLINARI, ANDREUZZA, BARABOTTI, BOF, CECCHETTI

Disposizioni in materia di confessioni religiose che non hanno stipulato intese con lo Stato italiano ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione e delega al Governo in materia di statuti

Presentata il 6 settembre 2023

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Onorevoli Colleghi! – L'articolo 8, comma 3, della Costituzione italiana prevede che per le confessioni diverse da quella cattolica i rapporti con lo Stato siano «regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze». Ad oggi sono tredici le confessioni che hanno stipulato intese con lo Stato italiano, da ultima l'Associazione «Chiesa d'Inghilterra» di cui alla legge 29 dicembre 2021, n. 240, mentre non esiste ancora un'intesa fra lo Stato italiano e la confessione religiosa islamica, mancando un centro istituzionalizzato di riferimento di quest'ultima.
Secondo una recente indagine realizzata da Openpolis, la popolazione musulmana residente in Italia al 1° gennaio 2021 sarebbe di 2.753.000 unità, pari a 66.000 unità in più rispetto al 2020 (+2,5 per cento) e a 129.000 in più rispetto al 2018 (+5 per cento). Si tratta ovviamente di stime ma che confermano un trend crescente di cittadini e stranieri musulmani presenti in Italia che nel triennio dal 2018 al 2021 ha avuto un incremento di 129.000 unità con un aumento medio di 43.000 unità all'anno.
Se tale tendenza dovesse essere confermata anche nei prossimi anni, si ipotizza che nel 2030 la popolazione musulmana in Italia avrà raggiunto la cifra di tre milioni di residenti, pari a oltre il 5 per cento della popolazione complessiva. Oggi l'Islam in Italia è la seconda religione più diffusa dopo il cristianesimo e il nostro Paese si pone quindi come il terzo con la maggiore presenza musulmana dell'Unione europea (dopo la Francia e la Germania). Nonostante tale presenza significativa nel nostro Paese, ancora oggi nel nostro ordinamento si registra un vuoto normativo rispetto a una serie di tematiche legate all'Islam e ciò anche a causa della mancanza di un'intesa volta a regolarne i rapporti con lo Stato italiano, come invece avviene per altre confessioni religiose meno diffuse.
La necessità di un dialogo costante e di una disciplina di tali rapporti è confermata dal Patto nazionale per un Islam italiano sottoscritto il 1° febbraio 2017 da nove associazioni rappresentative dei fedeli di religione islamica in Italia, redatto con la collaborazione del Consiglio per i rapporti con l'Islam italiano e recepito dal Ministero dell'interno. Tuttavia è evidente che molti dei punti richiamati da tale documento, tra cui quelli relativi alla formazione degli imam e delle guide religiose, necessitino ora di una specifica e più puntuale disciplina affinché si assicuri una loro applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale. Ciò è opportuno non solo nell'interesse di entrambe le parti e al fine di dare finalmente risposte serie e concrete su diverse tematiche ancora non risolte a una così cospicua parte della popolazione ma altresì per «Favorire le condizioni prodromiche all'avvio di negoziati volti al raggiungimento di Intese ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della Costituzione», come recita il Patto sopra citato.
Il 2 luglio 2019 nell'audizione svolta dinanzi alle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia della Camera dei deputati l'allora procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento, Luigi Patronaggio, aveva sottolineato il grave pericolo connesso a possibili infiltrazioni terroristiche in occasione degli attraversamenti irregolari delle nostre frontiere, soprattutto marittime, ricordando come «Alcuni dei terroristi degli atti compiuti in Francia, Olanda e in Germania sono entrati dalla porta Sicilia». L'allarme sociale per l'avanzare della minaccia terroristica a matrice islamica è pienamente giustificato né si deve oggi pensare che tale pericolo sia scomparso. Le evidenze investigative e giudiziarie hanno individuato nelle moschee il luogo più frequente di base logistica o di transito, di indottrinamento, di arruolamento di «combattenti» della Jihad, destinati a operare all'estero o in Italia. La presente proposta di legge si prefigura quindi come uno valido strumento per «Proseguire nell'azione di contrasto dei fenomeni di radicalismo religioso, anche attraverso forme di collaborazione che offrano alle autorità e alle istituzioni strumenti di interpretazione di un fenomeno che minaccia la sicurezza della collettività, ivi compresi cittadini e residenti di fede islamica», come recita lo stesso Patto sopra citato sottoscritto dalle associazioni di fede musulmana.
Sotto un diverso profilo, il tema dell'Islam è tornato sotto i riflettori dopo il drammatico caso di cronaca legato a Saman Abbas, una ragazza pakistana residente in Italia presumibilmente uccisa dai parenti per essersi sottratta a un matrimonio forzato e per la sua volontà di integrarsi pienamente nel contesto sociale in cui viveva. È necessario quindi che le moschee restino luoghi aperti alla preghiera e all'incontro, nel rispetto dei contesti locali, e nei quali gli imam siano in grado di accompagnare le comunità musulmane praticanti in un processo di crescente integrazione nel rispetto dei princìpi della Costituzione e delle leggi della Repubblica.
In Italia ancora oggi le moschee sono gestite senza alcun controllo: sono numerosi i luoghi pubblici e privati destinati al culto islamico che non sono neanche censiti. Gli imam, poi, non sono necessariamente esponenti religiosi che abbiano completato un percorso di formazione prima di andare a predicare nei luoghi di culto islamici, ma possono essere persone comuni che decidono di professare il verbo di Allah, offrendone – per altro – una personale interpretazione. Le disposizioni previste dalla presente proposta di legge si rendono necessarie dunque per colmare il vuoto normativo esistente in favore, in primis, dei musulmani che hanno scelto di vivere in Italia con l'intenzione di condividerne princìpi e valori, coinvolgendo la comunità islamica affinché protegga se stessa e la comunità nazionale da pericolose infiltrazioni e deviazioni rispetto al processo di integrazione in una comune azione di contrasto alla radicalizzazione.
Il Ministero dell'interno ha rilevato oltre 1.200 luoghi dove le comunità islamiche si riuniscono, ma non si conosce il numero degli imam. Risulta inoltre evidente, anche allo stesso Ministero, il legame che tali luoghi hanno con l'estero. Solo dal 2013 al 2017, la fondazione caritatevole del Qatar ha investito 25 milioni di euro per i centri islamici in Italia. Molte associazioni musulmane hanno la propria sede presso appartamenti privati, negozi, garage e magazzini che non potrebbero venire utilizzati come moschee: si tratta, cioè, di centri abusivi di culto dove si annida il pericolo jihadista. Regolarmente il Ministero dell'interno fornisce l'elenco delle moschee a rischio di radicalizzazione.
Non può poi non rilevarsi la necessità di introdurre una disciplina ad hoc in materia di tracciabilità dei finanziamenti impiegati per l'edilizia di culto anche alla luce dell'attuale contesto migratorio e della sicurezza internazionale, ove alcuni centri, da punti di aggregazione, possono diventare centri di possibile reclutamento da parte dell'estremismo religioso islamico. E proprio per prevenire, nonché impedire, eventuali finanziamenti che abbiano quale ultimo fine quello di sovvenzionare il terrorismo di matrice religiosa, si rende necessario intervenire con la presente proposta di legge che prevede il tracciamento di tali finanziamenti.
Nelle linee guida su «Moschee e imam in Italia» redatte dall'Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia (UCOII) sono degni di attenzione alcuni articoli che confermano e sintetizzano le considerazioni sopra riportate: l'articolo X indica come uno dei requisiti fondamentali in capo all'imam «per espletare al meglio la sua funzione nella realtà locale» la conoscenza della lingua italiana, e ancora all'articolo XXII si legge: «Il fattore linguistico incide in modo determinante sulla qualità di un sermone. Sarà dunque un "khatib" migliore colui che conosce ed utilizza al meglio la lingua italiana, che è fondamentale al pari della lingua araba, necessaria per accedere alle fonti islamiche originali». Relativamente alle moschee e ai centri islamici e alle relative strutture connesse viene invece fatto obbligo di osservare una rigida disciplina nelle misure di controllo e di sicurezza. Già nel 2018 l'UCOII aveva sottolineato che «finché sul tema dei luoghi di culto ci sarà il vuoto normativo attuale sarà difficile fare passi avanti».
La presente proposta di legge, nel rispetto dei princìpi generali sanciti dagli articoli 8, commi primo e secondo, 17, 18 e 19 della Costituzione, intende dunque colmare il vuoto normativo esistente nel nostro ordinamento riguardo alle confessioni religiose che non hanno stipulato intese con lo Stato italiano, nel contempo recependo le istanze delle numerose comunità religiose presenti nel nostro Paese, come la comunità musulmana, che meritano risposte concrete e attuali.
La presente proposta di legge si compone di quattordici articoli.
L'articolo 1 istituisce l'albo nazionale dei ministri di culto, dei formatori spirituali e delle guide di culto appartenenti alle confessioni religiose che non hanno stipulato intese con lo Stato ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione. L'articolo 2 prevede i requisiti per l'iscrizione all'albo. Tra i requisiti richiesti vi è la conoscenza della lingua italiana, anche in considerazione del successivo articolo 3 che prescrive il suo utilizzo da parte di chiunque svolga l'attività di predicazione nei luoghi di culto. A tale riguardo si sottolinea che tale disposizione non va intesa come un limite, in quanto consente al ministro di culto di poter essere compreso da tutti, anche da chi non conosca ad esempio l'arabo, e il suo utilizzo può diventare un importante fattore di integrazione. Il fine securitario sotteso a tale norma infine appare del tutto in linea anche con la giurisprudenza della Corte costituzionale, per tutte si ricorda la sentenza n. 63 del 24 marzo 2016, e della Corte di giustizia dell'Unione europea di cui alla sentenza 1° luglio 2014. L'articolo 4 istituisce, presso il Ministero dell'interno, il Registro nazionale dei luoghi di culto presenti nel territorio nazionale che comprende non solo gli edifici destinati ai servizi religiosi ma anche gli immobili destinati a sedi di associazioni, società o comunità di persone in qualsiasi forma costituite le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all'esercizio del culto o alla professione religiosa quali le sale di preghiera, le scuole di religione o i centri culturali. Anche in tale caso l'intento della disposizione è sia di consentire il pieno riconoscimento di tali centri sia di prevenire la proliferazione di centri clandestini che possano sfuggire al controllo da un punto di vista della sicurezza da parte dello Stato e delle medesime comunità religiose. Gli articoli 5, 6 e 7 disciplinano, rispettivamente, i contenuti della domanda, l'istruttoria e i requisiti per l'iscrizione nel Registro. L'articolo 8 prevede ulteriori adempimenti successivi in capo al prefetto con riguardo alla vigilanza delle attività compiute all'interno del luogo di culto e all'osservanza delle norme sul regolare funzionamento dei meccanismi di sicurezza, segnalando all'autorità competente le eventuali carenze. Inoltre, reca particolari disposizioni in merito al bilancio della gestione economico-finanziaria del luogo di culto e all'aggiornamento dell'elenco degli eventuali finanziatori, analogamente all'articolo 9 che concerne il finanziamento e la realizzazione di edifici di culto. L'articolo 10 reca specifiche disposizioni in materia di disciplina della costruzione, della ristrutturazione o del cambiamento di destinazione d'uso edilizio o di destinazione urbanistica degli edifici destinati all'esercizio dei culti demandando alle regioni la loro autorizzazione ai sensi dell'articolo 11 e in conformità ai princìpi stabiliti dall'articolo 12. In particolare, si demanda alle regioni la potestà di regolamentare i piani di edificazione e di ristrutturazione degli edifici destinati a funzioni di culto delle confessioni religiose che non hanno ancora stipulato intese con lo Stato italiano ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione. Infatti la definizione di edificio destinato all'esercizio del culto può essere più ampia e complessa rispetto ai canoni propri della tradizione cristiana: conseguentemente si ritiene che tale regolamentazione dovrebbe essere demandata alle regioni secondo quanto disposto dall'articolo 117 della Costituzione, che inserisce il governo del territorio tra le materie di potestà legislativa concorrente. L'articolo 13 contiene una delega al Governo per l'adozione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, di un decreto legislativo recante i requisiti generali degli statuti delle confessioni o associazioni religiose che non hanno stipulato intese con lo Stato secondo i princìpi e criteri direttivi ivi indicati. L'associazionismo islamico in Italia è proliferato soprattutto negli ultimi anni, con ciò riflettendo la pluralità e la diversificazione dei musulmani nel nostro Paese ma altresì la stessa struttura dell'Islam che manca di un centro istituzionalizzato di riferimento, elemento che, come già detto, non ha permesso il raggiungimento di un'intesa con lo Stato italiano. Infine, l'articolo 14 reca disposizioni transitorie per l'adeguamento degli edifici destinati all'esercizio del culto alle prescrizioni contenute nella legge.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione dell'albo nazionale dei ministri di culto, dei formatori spirituali e delle guide di culto)

1. Presso il Ministero dell'interno è istituito l'albo nazionale dei ministri di culto, dei formatori spirituali e delle guide di culto appartenenti alle confessioni che non hanno stipulato intese con lo Stato ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, di seguito denominato «albo».
2. I soggetti che esercitano la funzione di ministro di culto ovvero che sono responsabili della direzione di un luogo di culto o di un centro culturale le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all'esercizio del culto o alla professione religiosa sono tenuti a chiedere al Ministro dell'interno l'iscrizione all'albo di cui al comma 1 mediante apposita domanda presentata alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per il territorio in cui è situato il luogo di culto o il centro culturale, secondo le modalità stabilite dalla presente legge, pena il divieto di esercitare la propria funzione o di presiedere ai riti di preghiera.

Art. 2.
(Domanda di iscrizione all'albo)

1. La domanda di iscrizione all'albo deve contenere, a pena di nullità, dichiarazioni riguardanti:

a) la conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER);

b) la residenza e il domicilio in Italia da almeno cinque anni;

c) il compimento della maggiore età;

d) l'assenza di sentenze definitive di condanna, pronunziate o riconosciute in Italia o all'estero, per delitti commessi con dolo ovvero di sottoposizione a un procedimento penale;

e) la conoscenza e la condivisione dei diritti e dei doveri contenuti nella Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione, di cui al decreto del Ministro dell'interno 23 aprile 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 15 giugno 2007.

2. Alla domanda di iscrizione all'albo, soggetta all'imposta di bollo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, devono, altresì, essere allegati:

a) l'esposizione dei princìpi religiosi ai quali si ispira l'attività svolta nel luogo di culto o centro culturale;

b) l'indicazione di eventuali attività di insegnamento esercitate, comprese quelle relative a corsi di istruzione superiore, delle materie e dei princìpi oggetto dell'insegnamento;

c) l'indicazione dell'autorità religiosa dalla quale eventualmente si dipende;

d) l'elenco delle altre sedi italiane o estere presso le quali eventualmente si esercita la funzione.

3. Ai fini dell'iscrizione all'albo, il prefetto, avvalendosi degli organi di pubblica sicurezza, verifica l'estraneità del soggetto richiedente a ogni collegamento con organizzazioni terroristiche ovvero legate o contigue al terrorismo.
4. In qualsiasi momento il prefetto, avvalendosi degli organi di pubblica sicurezza, può verificare il possesso dei requisiti previsti dalla presente legge da parte di un soggetto iscritto all'albo. In caso di mancanza dei requisiti, il prefetto può chiedere la revoca dell'iscrizione all'albo, informando il Ministro dell'interno, e la chiusura del luogo di culto o del centro culturale.
5. Il ministro di culto che esercita la propria funzione nel territorio nazionale è tenuto a rinnovare la domanda di iscrizione all'albo ogni tre anni, corredandola dei dati di cui ai commi 1 e 2.
6. L'istigazione all'odio o alla violenza commessa da parte di un ministro di culto è punita con cinque anni di reclusione e con la chiusura del luogo di culto o del centro culturale. In caso di sentenza di condanna sono altresì disposti la revoca dell'iscrizione del ministro di culto all'albo, il divieto di presentare una nuova richiesta di iscrizione e la decadenza dalla funzione.

Art. 3.
(Disposizioni in materia di predicazione)

1. La predicazione nei luoghi di culto è svolta in lingua italiana.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione del comma 1 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000 euro. Il prefetto competente per territorio, ricevuta notizia della violazione, dispone con ordinanza immediatamente esecutiva la chiusura del luogo di culto nel quale la violazione stessa è stata commessa.

Art. 4.
(Istituzione del Registro dei luoghi di culto)

1. Presso il Ministero dell'interno è istituito il Registro nazionale dei luoghi di culto presenti nel territorio nazionale appartenenti alle confessioni che non hanno stipulato intese con lo Stato ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, di seguito denominato «Registro».
2. Ai sensi della presente legge sono considerati luoghi di culto gli edifici destinati ai servizi religiosi e gli immobili destinati a sedi di associazioni, società o comunità di persone in qualsiasi forma costituite, le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all'esercizio del culto o alla professione religiosa quali le sale di preghiera, le scuole di religione o i centri culturali.

Art. 5.
(Domanda di iscrizione nel Registro)

1. La domanda di iscrizione nel Registro, corredata della documentazione edilizia e catastale relativa all'immobile adibito a luogo di culto, del piano economico-finanziario per la sua gestione e dell'elenco degli eventuali finanziatori deve essere sottoscritta, con firma autenticata da un notaio, dal soggetto che esercita la funzione di ministro di culto o di responsabile della direzione del luogo di culto, e presentata al Ministro dell'interno mediante la prefettura-ufficio territoriale del Governo competente in cui è ubicato l'immobile, secondo le modalità stabilite dall'articolo 6.
2. La domanda di iscrizione nel Registro deve contenere, a pena di nullità:

a) l'indicazione della denominazione e della sede del luogo di culto;

b) l'indicazione della natura giuridica del soggetto che la gestisce;

c) la dichiarazione riguardante il possesso della residenza e del domicilio in Italia del soggetto che esercita la funzione di ministro di culto o di responsabile della direzione del luogo di culto;

d) la certificazione attestante il rispetto della disciplina vigente in materia di sicurezza e di edilizia;

e) l'elenco della documentazione allegata.

3. Alla domanda di iscrizione nel Registro sono altresì allegate:

a) una relazione contenente:

1) l'esposizione dei princìpi religiosi cui si ispira l'attività svolta nel luogo di culto;

2) qualora i princìpi religiosi comportino, oltre che l'esercizio di riti, anche attività di insegnamento, l'indicazione delle materie e dei princìpi oggetto dell'insegnamento;

3) qualora sia prevista la presenza di un soggetto che esercita la funzione di ministro di culto o funzioni analoghe, le generalità del soggetto medesimo;

4) l'autorità religiosa da cui dipende l'attività svolta nel luogo di culto;

5) la consistenza numerica dei fedeli;

b) una copia dell'atto o del contratto relativo alla disponibilità della sede, dalla quale si evinca che la disponibilità dei locali è garantita per un congruo periodo di tempo;

c) una dichiarazione bancaria o di un istituto di credito comprovante la consistenza del patrimonio mobiliare eventualmente a disposizione del luogo di culto.

4. La domanda di iscrizione nel Registro è soggetta all'imposta di bollo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.

Art. 6.
(Istruttoria sulle domande di iscrizione nel Registro)

1. La prefettura-ufficio territoriale del Governo cura l'istruttoria della domanda di iscrizione nel Registro assumendo i pareri e le informazioni degli organi di pubblica sicurezza e a tale fine, anche avvalendosi di personale tecnico di altre amministrazioni pubbliche:

a) verifica le condizioni di solidità, di sicurezza e di igiene dei locali e indica le misure eventualmente ritenute necessarie;

b) verifica la visibilità delle scritte e degli avvisi per il pubblico nonché la conformità alle disposizioni vigenti in materia di sicurezza e incolumità pubblica;

c) esprime parere motivato sull'impatto sociale derivante dall'autorizzazione all'iscrizione nel Registro.

2. Per i locali aventi capienza complessiva pari o inferiore a duecento persone, le verifiche e gli accertamenti di cui al comma 1 sono sostituiti, ferme restando le disposizioni sanitarie vigenti, da una relazione tecnica di un professionista iscritto all'albo degli ingegneri, degli architetti, dei periti industriali o dei geometri che attesti la rispondenza del locale alle regole tecniche stabilite con decreto del Ministro dell'interno.

Art. 7.
(Iscrizione nel Registro)

1. Il prefetto, accertata la regolarità della domanda di iscrizione nel Registro nazionale e verificato l'esito favorevole degli accertamenti di cui agli articoli 5 e 6, propone al Ministro dell'interno l'iscrizione del luogo di culto nel Registro.
2. Il Ministro dell'interno, qualora sussistano le condizioni previste dalla presente legge e il luogo di culto sia realizzato nel rispetto dei piani urbanistici approvati dal comune nel cui territorio esso è ubicato, dispone l'iscrizione nel Registro.

Art. 8.
(Adempimenti successivi all'iscrizione nel Registro)

1. Il prefetto, mediante gli organi di pubblica sicurezza, vigila sullo svolgimento delle attività compiute nel luogo di culto, segnala le variazioni concernenti i soggetti che esercitano la funzione di ministro di culto o di responsabili della direzione del luogo di culto e comunica i fatti di particolare rilevanza al Ministro dell'interno. Cura altresì il controllo periodico sull'osservanza delle norme e delle cautele imposte e sul regolare funzionamento dei meccanismi di sicurezza, segnalando all'autorità competente le eventuali carenze.
2. Il soggetto che esercita la funzione di ministro di culto o è il responsabile della direzione del luogo di culto presenta annualmente il bilancio della gestione economico-finanziaria del luogo di culto e l'elenco aggiornato degli eventuali finanziatori, debitamente documentato, presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio, che ne cura la trasmissione al Ministro dell'interno.
3. In caso di successione del soggetto che esercita la funzione di ministro di culto o di responsabile della direzione del luogo di culto, il soggetto subentrante deve presentare al prefetto, entro le successive quarantotto ore, la documentazione attestante il possesso dei requisiti previsti all'articolo 2.
4. Il prefetto, qualora sia venuto meno uno dei requisiti del luogo di culto o non sia stato adempiuto uno degli obblighi previsti dalla presente legge, propone al Ministro dell'interno la revoca dell'iscrizione nel Registro e, nei casi di particolare gravità, nelle more della decisione del Ministro concernente la revoca, dispone provvisoriamente la chiusura del luogo di culto.

Art. 9.
(Disposizioni concernenti il finanziamento e la realizzazione di edifici di culto)

1. Ai sensi del presente articolo, sono considerate attrezzature di interesse comune per i servizi religiosi:

a) gli immobili destinati al culto anche se articolati in più edifici compresa l'area destinata a sagrato;

b) gli immobili destinati all'abitazione dei ministri del culto, del personale di servizio, nonché quelli destinati ad attività di formazione religiosa;

c) nell'esercizio del ministero pastorale, gli immobili adibiti ad attività educative, culturali, sociali, ricreative e di ristoro compresi gli immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di congregazione e similari che non abbiano fini di lucro;

d) gli immobili destinati a sedi di associazioni, società o comunità di persone in qualsiasi forma costituite, le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all'esercizio del culto o alla professione religiosa quali sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali.

2. Gli enti, le associazioni e le comunità, le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all'esercizio del culto o alla professione religiosa di confessioni che non hanno stipulato intese con lo Stato ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, che intendano realizzare edifici di culto e attrezzature destinate a servizi religiosi redigono i bilanci non in forma semplificata e li depositano, ai fini della loro pubblicità, presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del territorio in cui è situata la propria sede.
3. I soggetti di cui al comma 2 possono ricevere finanziamenti per la realizzazione degli edifici di culto e delle attrezzature destinate a servizi religiosi solo da altri enti, persone fisiche o comunque parti terze residenti nel territorio nazionale.

Art. 10.
(Disciplina degli edifici destinati a funzioni di culto)

1. La costruzione di nuovi edifici destinati a funzioni di culto, la loro ristrutturazione o il cambiamento di destinazione d'uso edilizio o di destinazione urbanistica sono ammessi sulla base di intese stipulate tra le confessioni religiose e lo Stato ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione.
2. Nei casi in cui le intese previste dal comma 1 non siano state stipulate, le regioni possono comunque autorizzare la costruzione di un nuovo edificio destinato a funzioni di culto, la sua ristrutturazione o il cambiamento di destinazione d'uso edilizio o di destinazione urbanistica ai sensi dell'articolo 11 e in conformità ai princìpi stabiliti dall'articolo 12.

Art. 11.
(Autorizzazione di competenza regionale)

1. Le regioni, in attuazione del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione in materia di governo del territorio, possono concedere l'autorizzazione di cui all'articolo 10, comma 2, a una confessione o associazione religiosa legalmente riconosciuta ai sensi dell'articolo 13, su domanda presentata ai sensi del comma 2 del presente articolo, in conformità ai princìpi stabiliti dall'articolo 12 e previa approvazione da parte della popolazione del comune interessato, espressa mediante referendum indetto secondo le disposizioni del relativo statuto comunale.
2. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 1, la confessione o associazione religiosa di cui al medesimo comma 1 presenta una domanda alla regione interessata, corredata del progetto edilizio, del piano economico-finanziario e dell'elenco degli eventuali finanziatori, sottoscritta, con firma autenticata da un notaio, da un numero di aderenti alla confessione o associazione religiosa determinato dalla regione stessa.
3. Il progetto definitivo per il quale è concessa l'autorizzazione di cui al comma 1 deve avere dimensioni stabilite in rapporto al numero degli aderenti alla confessione o associazione religiosa che hanno sottoscritto la domanda ai sensi del comma 2.
4. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono alla redazione del piano di insediamento dei nuovi edifici destinati all'esercizio dei culti ammessi, che tiene conto del numero effettivo di stranieri legalmente residenti nel territorio di competenza che professino tali culti.
5. Il piano di cui al comma 4 è aggiornato ogni cinque anni e il suo ampliamento è consentito in misura pari al 5 per cento dell'incremento del numero degli aderenti alla confessione o associazione religiosa di cui al comma 3. I criteri e le modalità di attuazione del piano sono stabiliti dalla normativa regionale.

Art. 12.
(Norme urbanistiche ed edilizie)

1. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono ad adeguare la normativa in materia urbanistica e, in particolare, le disposizioni di recepimento del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e dell'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sulla base dei seguenti princìpi:

a) gli oneri previsti per le opere di urbanizzazione secondaria destinate ai nuovi edifici da adibire all'esercizio dei culti ammessi sono esclusivamente quelli riferiti alle intese stipulate ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione;

b) non possono essere costruiti o destinati al culto edifici qualora in un'area compresa entro il raggio di un chilometro sia presente un edificio appartenente ad altra confessione o associazione religiosa;

c) non possono essere utilizzati in luogo aperto al pubblico strumenti per la diffusione di suoni o di immagini da parte di confessioni o associazioni religiose, ad esclusione delle confessioni o associazioni religiose che abbiano stipulato intese con lo Stato ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione;

d) il piano di cui all'articolo 11, comma 4, deve prevedere norme dirette a garantire l'armonioso sviluppo edilizio nel rispetto delle tipologie edilizie tipiche del territorio interessato;

e) ai fini della localizzazione di nuovi edifici o della realizzazione di modifiche ad edifici esistenti da destinare al culto, non sono ammesse deroghe al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;

f) le norme regionali assoggettano a permesso di costruire i mutamenti di destinazione d'uso di immobili finalizzati alla creazione di luoghi di culto e di luoghi destinati a centri sociali, anche qualora non sia prevista la realizzazione di opere edilizie.

Art. 13.
(Delega al Governo in materia di statuti delle confessioni o associazioni religiose e ulteriori disposizioni di competenza statale)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, un decreto legislativo recante i requisiti generali degli statuti delle confessioni o associazioni religiose di cui all'articolo 11, comma 2, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) esplicito riconoscimento della democraticità e della laicità dello Stato italiano;

b) divieto di ogni pratica e attività collegata o collegabile alla dottrina dell'occultismo;

c) rispetto della vita e della salute dell'uomo in tutte le sue forme;

d) esplicito riconoscimento della parità tra uomo e donna, della dignità dell'uomo e della famiglia, in conformità ai princìpi costituzionali e, in particolare, all'articolo 29 della Costituzione, nonché ai princìpi stabiliti dall'ordinamento giuridico, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;

e) divieto di svolgimento di attività non strettamente collegate all'esercizio del culto negli edifici autorizzati ai sensi della presente legge, comprese le attività di istruzione e di formazione a qualunque titolo esercitate;

f) divieto di uso di lingue diverse da quella italiana anche nelle attività pubbliche non strettamente collegate all'esercizio del culto.

2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine il decreto legislativo può comunque essere adottato.
3. Le confessioni o associazioni religiose di cui all'articolo 11, comma 2, adeguano i propri statuti in conformità ai princìpi della presente legge e alle disposizioni del decreto legislativo adottato ai sensi del comma 1 del presente articolo, e li trasmettono al Ministero dell'interno.
4. Gli statuti delle confessioni o associazioni religiose di cui all'articolo 11, comma 2, sono trasmessi dal Ministro dell'interno alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di trasmissione.
5. Il Ministro dell'interno può disporre lo scioglimento delle confessioni o associazioni religiose di cui all'articolo 11, comma 2, qualora l'attività svolta dalle stesse sia in contrasto con il rispettivo statuto o con la legge dello Stato ovvero per motivi di sicurezza nazionale.

Art. 14.
(Disposizioni transitorie)

1. Le confessioni o le associazioni religiose di cui alla presente legge, entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore, adeguano i rispettivi edifici destinati all'esercizio del culto alle prescrizioni della medesima legge.
2. Qualora non sia possibile procedere all'adeguamento di cui al comma 1, gli edifici destinati all'esercizio del culto sono soggetti ad autorizzazione regionale che ne stabilisce il carattere transitorio ai fini della destinazione urbanistica ed edilizia.

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