PDL 1345

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1345

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
FRATOIANNI, BONELLI, BORRELLI, DORI, EVI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI, ZANELLA, ZARATTI

Disciplina e organizzazione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale

Presentata il 28 luglio 2023

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Onorevoli Colleghi! — La RAI – Radiotelevisione italiana S.p.A., di seguito «RAI», è un bene comune. Mentre tornano forti i venti della cavalcata della destra e di un indebolimento strutturale dell'azienda, i presentatori della presente proposta di legge intendono affermare il carattere fondativo per la cittadinanza digitale del servizio pubblico radiotelevisivo. Da una parte, il neocapitalismo un po' sovranista e un po' populista sotteso alle ipotesi governative, dall'altra il progetto partecipato da tante associazioni e fonti sociali qui riassunto. Il testo, infatti, è il frutto di un lungo e meticoloso lavoro del «MoveOn-Italia - La Rai ai cittadini», movimento di cittadini che, sull'onda dell'esperienza vissuta negli Stati Uniti d'America, ha promosso e condotto un tavolo di approfondimento da cui è emerso lo schema fatto proprio dai presentatori.
Le ragioni profonde, in grado di conferire legittimità alla RAI quale servizio pubblico, non possono più risiedere nella finitezza delle risorse tecniche e nell'arretratezza dello sviluppo del settore: i motivi dell'originaria scelta italiana ed europea. Entrambe le premesse storiche degli antichi monopoli di Stato, divenuti poi servizi pubblici, sembrano oggi superate dalla molteplicità dei canali diffusivi e da un rigoglioso sviluppo dell'ambiente crossmediale.
Perché, allora, il servizio pubblico appare ora persino più importante di quanto fosse nelle precedenti età mediatiche? La risposta sta proprio nel carattere ormai pervasivo dell'informazione, motore e protagonista della stagione del capitalismo cognitivo e delle piattaforme. E, di fronte al rischio di un crescente digital divide – vale a dire la frattura tra chi ha gli strumenti per partecipare alla rivoluzione tecnica e chi ne è sprovvisto – proprio un servizio pubblico forte e strutturato è l'antidoto al pericolo dello scivolamento di massa verso l'ignoranza digitale. Una RAI pubblica ma non statalista o assistita, pluralista ma non lottizzata, insediata nel mercato ma non commerciale è l'obiettivo della proposta di legge.
L'articolato è centrato specificamente sul modello di governance, diminuendo sensibilmente nella gestione dell'apparato la presenza di esponenti di diretta espressione politica e favorendo, invece, l'ingresso pieno nel vertice di espressioni della società civile.
I riferimenti presi ad esempio sono quelli della Germania, della Spagna e della Gran Bretagna, nonché della legge emanata in Argentina nel 2009.
Tra i diversi poteri e l'azienda pubblica si introduce una sorta di intercapedine, il consiglio per le garanzie del servizio pubblico, che costituisce la difesa attiva dai tentativi di minare indipendenza e autonomia. Il doppio livello – governo da una parte e indirizzo e gestione dall'altra – risponde alla vasta richiesta di tutelare sia i professionisti che vi lavorano sia i cittadini utenti della RAI.
Non esistono, ovviamente, né una soluzione definitiva né una formula magica, ma la rottura della routine censoria e omologante è indispensabile. Dobbiamo valorizzare il pensiero critico e liberarci dai controlli burocratici.
Il testo porta a sintesi un dibattito annoso e riprende i temi e lo spirito di varie ipotesi pur depositate nelle Assemblee parlamentari e mai giunte al varo definitivo.
Il nostro sforzo ha solide fondamenta nella Costituzione, nella normativa nazionale e dell'Unione europea, oltre che nel Protocollo n. 29 allegato al Trattato di Lisbona sul sistema di radiodiffusione negli Stati membri, nonché nella raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 15 febbraio 2012 On public service media governance, fino alle recenti raccomandazioni in materia.
La sequenza normativa italiana è lunga: dalla legge di riforma 14 aprile 1975, n. 103, che spostò dal Governo al Parlamento la collocazione sistemica della RAI, alla legge 25 giugno 1993, n. 206, che attribuì ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica il potere di nomina del consiglio di amministrazione, alla legge 3 maggio 2004, n. 112 (cosiddetta Gasparri), che, in direzione opposta, ripristinò il ruolo assoluto dei partiti, fino alla legge approvata durante il Governo presieduto da Matteo Renzi (n. 220 del 2015), che attribuì all'Esecutivo la facoltà di indicare l'amministratore delegato capovolgendo un'antica tradizione. Sono fonti intrecciate a un gelatinoso e complesso flusso giuridico, spesso in contraddizione con il dettato costituzionale.
Per questo è urgente cambiare strada, riconsegnando alla RAI l'autentica funzione di servizio pubblico.
Nella cultura di massa non è certo un obiettivo scontato, anzi: in questi ultimi anni la discussione si è spostata dalla necessaria riforma delle leggi vigenti sulla RAI e delle norme sul conflitto di interessi alla colpevole disattenzione sul futuro dell'ambiente mediale.
Il berlusconismo – anche senza il padre fondatore – ha fatto breccia.
Molti non credono, ormai, alla necessità che permanga un'istituzione deputata alla realizzazione di una particolare missione nel settore.
A un simile stato di cose hanno contribuito il generale sfavore verso il pubblico e, soprattutto, la feroce spartizione partitica unita alla stessa mediocre gestione industriale dell'azienda.
La nostra volontà è quella di rendere la RAI più moderna e insediata nell'infosfera, liberata dal giogo politico che l'ha rovinata e dall'attacco in corso.
Dunque, serve una rinnovata legittimazione, collegata ad un cambio di paradigmi e di forme di governance, agendo sulle diverse piattaforme e usufruendo dei vari dispositivi elettronici. Il moltiplicarsi delle offerte rende ancora più urgente una democratica mano pubblica, che intenda tutelare il racconto della realtà contro il ricorso alle fake news.
L'età degli algoritmi e dell'intelligenza artificiale ci interpella sulla necessità indifferibile di declinare l'azienda come un effettivo bene comune, un navigatore nel traffico affrancato dalle logiche della peggior politica, delle lobby e dei salotti.
Ci possono essere tanti soggetti che svolgono un ruolo proficuo sul piano del pluralismo informativo o delle proposte generaliste e specializzate.
Tuttavia, non saremo mai sicuri che tale condizione, in assenza di un compiuto servizio pubblico, sia sufficiente a riempire un decisivo diritto di cittadinanza.
È un problema che risulta con evidenza pure nell'accesso ai contenuti. Assistiamo sempre di più a processi comunicativi in cui i prodotti di pregio sono a pagamento. Le tecnologie già presentano di per sé una questione di inclusività sociale, o perché tecnicamente costose o perché difficili da usare, oppure perché materialmente non in grado di raggiungere tutti i cittadini. Se a una simile situazione si aggiunge il costo dei contenuti, si rischia di avere due società dell'informazione: una che gode di una partecipazione informata o di prodotti di qualità; e un'altra che deve accontentarsi di un'offerta scadente, caratterizzata da un forte peso della pubblicità e da uno sbrigativo trattamento dei dati personali.
Le norme proposte, che vanno dalla definizione del ruolo del servizio pubblico e della sua missione, al concetto di bene comune – parola che per la prima volta compare in un'ipotesi di riforma della RAI –, alla previsione di un consiglio che nomina l'organo di amministrazione, al canone collegato al reddito, sono espressione e voce delle istanze di pezzi della società e del mondo professionale a noi arrivate.
Il cittadino e la cittadina sono il centro del sistema e hanno il pieno diritto di chiedere direttamente al giudice – in caso di controversia – la loro tutela, senza alcuna zona franca e senza esclusioni: solo una vera democrazia digitale potrà garantire un servizio radiotelevisivo di qualità per tutti i cittadini.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità)

1. La presente legge è volta a disciplinare e organizzare il servizio pubblico nell'ambito della comunicazione audiovisiva e radiofonica nei diversi media.

Art. 2.
(Princìpi)

1. L'accesso alla comunicazione è un diritto fondamentale. Nel sistema della comunicazione e nei mercati che lo compongono sono garantiti il pluralismo, la libertà di accesso e l'assenza di posizioni dominanti o monopolistiche.
2. Il servizio pubblico, quale strumento essenziale per realizzare un'effettiva libertà di accesso alla comunicazione audiovisiva, tutela un bene comune, il quale si caratterizza per la promozione dello sviluppo democratico, sociale e culturale, dei diritti umani di ogni società e, in particolare, del diritto di ogni cittadino a ricevere e a diffondere informazioni, idee e opinioni mediante un accesso non discriminatorio a tutte le piattaforme di trasmissione disponibili. Il servizio pubblico preserva il pluralismo dei mezzi di comunicazione.
3. Le attività di comunicazione nei diversi media, realizzate dall'operatore del servizio pubblico e da soggetti privati, sono svolte nel rispetto delle norme costituzionali, in particolare degli articoli 2, 3, 15, 21, 41, 43 e 117 della Costituzione, dei princìpi di cui alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, in particolare quelli di cui all'articolo 10, e delle norme dell'Unione europea, in particolare l'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché del Protocollo n. 29 sul sistema di radiodiffusione negli Stati membri allegato al Trattato di Lisbona fatto il 13 dicembre 2009, reso esecutivo dalla legge 2 agosto 2008, n. 130.
4. La libera attività economica nel settore dei media audiovisivi è esercitata nel rispetto dei princìpi del pluralismo e della concorrenza stabiliti dall'Unione europea ai sensi dell'articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, salvaguardando l'universalità dell'accesso alle reti.
5. Il servizio pubblico è svolto in piene indipendenza e autonomia editoriale, amministrativa e finanziaria.

Art. 3.
(Attività generali)

1. Il servizio pubblico assicura livelli adeguati di accesso alle diverse opportunità tecnologiche, all'informazione indipendente e ai prodotti della comunicazione, indipendentemente dalle condizioni sociali e dalla capacità di spesa di ciascun cittadino.
2. Il servizio pubblico promuove la cultura, la conoscenza e le produzioni nazionali e assicura adeguate modalità per la realizzazione di nuove forme di comunicazione, anche da parte dei cittadini.

Art. 4.
(Organi e amministrazione della società RAI S.p.A.)

1. Il servizio pubblico nei diversi media è realizzato da un operatore pubblico, organizzato secondo le modalità stabilite nei seguenti commi.
2. Il servizio pubblico è svolto da una società per azioni, denominata RAI S.p.A., sulla base di un contratto nazionale di servizio stipulato con il Ministero delle imprese del made in Italy, previa delibera del Consiglio dei ministri, e rinnovato ogni cinque anni. Il capitale della RAI S.p.A. è interamente posseduto dallo Stato. Le azioni della società RAI S.p.A. e delle società controllate sono attribuite allo Stato e non sono cedibili. Il consiglio di cui all'articolo 6 esercita i poteri dell'azionista e provvede alla nomina e alla revoca dei vertici della società RAI S.p.A. secondo quanto stabilito al comma 5 del citato articolo 6.
3. La società RAI S.p.A. è amministrata da un consiglio di amministrazione composto da cinque membri, eletti con voto limitato a tre preferenze dal consiglio per le garanzie del servizio pubblico, secondo le modalità di cui all'articolo 6, comma 4. Il consiglio di amministrazione dura in carica tre anni; il mandato dei componenti del consiglio di amministrazione non è rinnovabile.
4. I componenti del consiglio di amministrazione eleggono a maggioranza assoluta un soggetto esterno in qualità di direttore generale, sulla base della presentazione di un curriculum vitae e di un progetto editoriale.
5. Il consiglio di amministrazione elegge, al proprio interno, il presidente a maggioranza assoluta. Il presidente convoca il consiglio di amministrazione, fissandone l'ordine del giorno.
6. La proposta di nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e del direttore generale è trasmessa alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti, che possono procedere all'audizione dei medesimi, secondo le norme dei rispettivi regolamenti.
7. Il consiglio di amministrazione è sottoposto alla sorveglianza del consiglio per le garanzie del servizio pubblico, di cui all'articolo 6, al quale riferisce sul suo operato con una relazione trimestrale.
8. Alla società RAI S.p.A. sono trasferiti ogni anno i proventi derivanti dal canone di abbonamento alle radioaudizioni di cui al regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880. Le risorse derivanti dal canone, dalla pubblicità o da altre forme di finanziamento sono utilizzate dalla società RAI S.p.A. al fine di svolgere le diverse attività del servizio pubblico, secondo un modello di separazione contabile.

Art. 5.
(Canone)

1. La determinazione del canone di abbonamento di cui all'articolo 4, comma 8, alla società RAI S.p.A. è definita dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il consiglio per le garanzie del servizio pubblico di cui all'articolo 6, secondo il criterio della progressività nell'imposizione fiscale generale.
2. Nella dichiarazione dei redditi è determinata la misura del canone di abbonamento di cui al comma 1 secondo i criteri stabiliti ai sensi del medesimo comma 1.

Art. 6.
(Consiglio per le garanzie del servizio pubblico)

1. È istituito il Consiglio per le garanzie del servizio pubblico, di seguito denominato «consiglio», dotato di autonomia finanziaria e organizzativa.
2. Il consiglio è un organismo rappresentativo delle diverse istanze politiche, sociali e culturali del Paese nel settore dei media audiovisivi e radiofonici e opera per garantire e tutelare il bene comune del servizio pubblico sui diversi media.
3. Il consiglio svolge le attività necessarie per la realizzazione di un pieno diritto di accesso alle piattaforme di comunicazione del servizio pubblico da parte di tutti i cittadini.
4. Il consiglio nomina i membri del consiglio di amministrazione della società RAI S.p.A. a seguito di selezione mediante avviso pubblico. La selezione è svolta da un'apposita commissione nominata dal consiglio che è tenuta a dare specifica motivazione delle scelte operate in modo da garantire il possesso da parte dei candidati di comprovate esperienze professionali in attività economiche, giuridiche o della comunicazione. I candidati presentano alla commissione di selezione un progetto di sviluppo per la società RAI S.p.A. che tiene conto di quanto stabilito dagli articoli 2 e 3.
5. Il consiglio:

a) determina gli indirizzi generali sulla programmazione definiti dai princìpi di cui all'articolo 2;

b) vigila sulla completa realizzazione degli obblighi del servizio pubblico; in particolare, riceve dal consiglio di amministrazione della società RAI S.p.A. le relazioni sui programmi trasmessi e ne accerta la rispondenza agli indirizzi generali definiti dall'articolo 2;

c) revoca i consiglieri di amministrazione della società RAI S.p.A. sulla base di criteri stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 8 del presente articolo, tenendo conto di quanto definito dagli articoli 2 e 3;

d) indica i criteri generali per la formazione di piani annuali e pluriennali di spesa e di investimento facendo riferimento al contratto di servizio stipulato tra la società RAI S.p.A. e il Ministero delle imprese e del made in Italy ai sensi dell'articolo 4, comma 2;

e) formula indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilità delle esigenze delle attività produttive con la finalità di pubblico interesse e con le responsabilità del servizio pubblico radiotelevisivo;

f) disciplina la trasmissione di appositi programmi televisivi e radiofonici volti a illustrare le fasi del procedimento elettorale relativo all'elezione del consiglio, con particolare riferimento alle operazioni di voto e di scrutinio;

g) esercita le competenze della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 104. Restano ferme le competenze in materia dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

6. Il consiglio dura in carica tre anni e svolge le proprie attività secondo princìpi e regole di ampia trasparenza e di partecipazione. Il mandato dei componenti del consiglio non è rinnovabile.
7. Il consiglio è composto da ventuno membri, eletti con modalità tali da consentire la loro nomina in tempi diversi. La composizione è così determinata:

a) tre membri eletti dal Senato della Repubblica e tre dalla Camera dei deputati;

b) due membri eletti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;

c) un membro eletto dall'Associazione nazionale dei comuni italiani;

d) un membro eletto dalle associazioni degli artisti registrate nell'elenco di cui al comma 8;

e) un membro eletto dai produttori di contenuti registrati nell'elenco di cui al comma 8;

f) cinque membri eletti direttamente dagli utenti del servizio radiotelevisivo in regola con il pagamento del canone, ai sensi di quanto disposto dal comma 9;

g) un membro eletto dalle associazioni femminili registrate nell'elenco di cui al comma 8;

h) un membro eletto dalle associazioni rappresentative del mondo dell'istruzione e della ricerca registrate nell'elenco di cui al comma 8;

i) un membro eletto dalle associazioni e dalle organizzazioni non governative impegnate nella lotta alle mafie e nella promozione della cultura della legalità registrate nell'elenco di cui al comma 8;

j) un membro eletto dalle associazioni e dalle organizzazioni non governative ambientaliste registrate nell'elenco di cui al comma 8;

k) un membro eletto dalle associazioni e dalle organizzazioni non governative impegnate nella promozione e nella tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza registrate nell'elenco di cui al comma 8.

8. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sono istituiti gli elenchi delle associazioni degli artisti e dei produttori di contenuti, nonché delle associazioni e delle organizzazioni non governative di cui al comma 7, secondo le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. L'iscrizione nell'elenco è condizione essenziale per partecipare alla procedura di elezione dei componenti del consiglio di cui al citato comma 7.
9. Gli utenti del servizio radiotelevisivo eleggono i propri rappresentanti nel consiglio attraverso una procedura telematica nel sito internet istituzionale della società RAI S.p.A., che consente loro di esprimere due preferenze per ciascuna utenza intestata a loro nome ai fini del versamento del canone, nei confronti di liste di candidati presentate dalle associazioni dei consumatori e dalle confederazioni sindacali più rappresentative in ambito nazionale; l'organizzazione specifica delle modalità di votazione è stabilita con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 8.
10. I componenti del consiglio devono fornire garanzie di totale indipendenza e devono possedere comprovata esperienza nel settore delle comunicazioni. Tutti i membri di nomina non parlamentare sono ascoltati in audizione formale presso le competenti Commissioni parlamentari permanenti per l'acquisizione di un parere.
11. Il consiglio vigila sull'attuazione del contratto di servizio stipulato tra la società RAI S.p.A. e il Ministero delle imprese e del made in Italy ai sensi dell'articolo 4, comma 2;.
12. Il consiglio riferisce ogni sei mesi delle sue attività alle Camere e, in particolare, sull'attività della società RAI S.p.A. e sugli obiettivi alla stessa affidati mediante il contratto di servizio con il Ministero delle imprese e del made in Italy di cui al comma 11, per una piena realizzazione degli obblighi di servizio pubblico.

Art. 7.
(Incompatibilità delle cariche)

1. Il direttore generale, i componenti del consiglio e del consiglio di amministrazione di cui all'articolo 4, comma 3, e i candidati iscritti nelle liste di cui all'articolo 6, commi 8 e 9, non possono aver ricoperto incarichi politici, parlamentari o di Governo, anche in ambito regionale e comunale, né incarichi all'interno di società controllate direttamente o indirettamente dalle regioni o dagli enti locali, ovvero essere stati componenti del collegio di un'autorità indipendente, nei tre anni precedenti la nomina, ovvero essere portatori di interessi in conflitto con gli interessi materiali e morali della società RAI S.p.A.. I soggetti di cui al primo periodo devono fornire ogni garanzia di indipendenza e possedere comprovata esperienza nel settore delle comunicazioni, in particolare in campo giuridico, economico o umanistico. Ove siano lavoratori dipendenti essi sono, a richiesta, collocati in aspettativa non retribuita per tutta la durata del mandato.
2. Per l'anno successivo alla scadenza del mandato, i soggetti di cui al comma 1 non possono ricoprire cariche all'interno di società legate o controllate, direttamente o indirettamente, dalla società RAI S.p.A..
3. Sono ineleggibili alle cariche di cui al comma 1 coloro che sono stati oggetto di sentenza passata in giudicato in procedimenti di natura penale.

Art. 8.
(Tutela nell'accesso alla comunicazione)

1. Ogni cittadino può rivolgersi al giudice naturale per la tutela del suo diritto fondamentale all'accesso alla comunicazione del servizio pubblico, come definito dall'articolo 2.

Art. 9.
(Disposizione finale)

1. È soppressa la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103.
2. La legge 14 aprile 1975, n. 103, è abrogata.

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