PDL 1321

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1321

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ZUCCONI, CARAMANNA

Abrogazione dell'articolo 49 del codice della navigazione, concernente la devoluzione allo Stato delle opere non amovibili alla cessazione delle concessioni di aree del demanio marittimo

Presentata il 19 luglio 2023

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Onorevoli Colleghi! – Ai sensi dell'articolo 49 del codice della navigazione «Salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell'autorità concedente di ordinarne la demolizione, con restituzione del bene demaniale al pristino stato». Tale disposizione, che richiama l'istituto dell'accessione di cui all'articolo 934 del codice civile, è stata interpretata dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria nel senso che l'acquisto si verifica ipso iure al termine del periodo di concessione e si applica anche in caso di rinnovo della concessione stessa, implicando il rinnovo, a differenza della proroga, una nuova concessione in senso proprio, dopo l'estinzione della concessione precedente alla relativa scadenza, con automatica produzione degli effetti di cui al predetto articolo 49.
Le ragioni di tale devoluzione al patrimonio pubblico emergono già dal semplice inquadramento del momento storico in cui la disposizione è stata adottata: quando con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, fu approvato il codice della navigazione era, infatti, dominante un'impostazione imperativa dell'atto concessorio, che concepiva il medesimo quale «grazia» elargita dallo Stato. Secondo la dottrina prevalente, infatti, le facoltà dei privati concessionari dovevano cedere al cospetto dei superiori interessi pubblici: conseguenza di ciò era il mancato indennizzo non solo dell'incameramento delle opere inamovibili, ma addirittura della revoca stessa della concessione, a meno che essa non dipendesse da motivi di interesse pubblico.
Oggi, la previsione di un automatico incameramento da parte dello Stato delle opere non amovibili conserva la sua ragion d'essere nella funzione di scongiurare il rischio di abbandono dei manufatti eretti sul demanio marittimo. Si mira ad evitare, cioè, che il concessionario uscente, mantenendo la proprietà superficiaria dei fabbricati, trascuri di rimuoverli o di manutenerli, non avendovi più interesse a seguito della scadenza della concessione.
Tuttavia, in un mutato contesto giuridico, a seguito dell'integrazione del nostro Paese nell'Unione europea, la previsione del citato articolo 49 del codice della navigazione rischia oggi di apparire anacronistica. Le concessioni di beni del demanio devono ritenersi infatti attratte nella sfera di applicazione delle libertà del mercato europeo, costituendo il presupposto per lo svolgimento di attività economiche: risultano dunque applicabili alle medesime gli articoli 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), concernenti rispettivamente la libera prestazione di servizi e la libertà di stabilimento, nonché l'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, cosiddetta «direttiva servizi», che ha previsto per gli atti di assenso la necessità di una procedura di selezione tra i potenziali candidati. A tal proposito è intervenuto il Consiglio di Stato, il quale con ordinanza n. 8010 del 15 settembre 2022 ha dunque domandato alla Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) se l'articolo 49 del codice della navigazione sia ostativo al libero dispiegarsi delle libertà fondamentali di cui agli articoli 49 e 56 del TFUE, arrecando restrizioni non proporzionate alla concorrenza nel mercato. Difatti, l'automatico incameramento da parte dello Stato delle opere inamovibili alla cessazione della concessione risulta essere di per sé idoneo a produrre effetti anti-competitivi, nella misura in cui la prospettiva di perdere tutti gli investimenti effettuati può rendere meno vantaggiosa la partecipazione alle gare.
Il problema principale riguarda, in definitiva, proprio la proporzionalità della misura prevista dal citato articolo 49 del codice della navigazione. Nel diritto dell'Unione europea, infatti, le restrizioni della concorrenza non sono vietate tout court, ma sono giustificate nella misura strettamente necessaria al perseguimento di un obiettivo di interesse generale. Il principio è stato ribadito, in materia di concessione di servizi, dalla CGUE nella sentenza del 28 gennaio 2016 resa nella causa C-375/14 (Laezza contro Italia) richiamata pure nella citata questione pregiudiziale: in quest'ultimo caso, la CGUE si era occupata delle concessioni rilasciate dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato aventi ad oggetto la raccolta di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi. A tali concessioni doveva applicarsi l'articolo 1, comma 78, lettera b), numero 26), della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), ai sensi del quale il contratto di concessione doveva contenere «previsione della cessione non onerosa ovvero della devoluzione della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato all'atto della scadenza del termine di durata della concessione, esclusivamente previa sua richiesta in tal senso». I giudici di Lussemburgo, interrogati anche in quel caso sull'interpretazione degli articoli 49 e 56 del TFUE, avevano ritenuto la misura prevista dalla legge di stabilità 2011 sproporzionata nei casi in cui la cessazione dell'attività fosse avvenuta per il semplice fatto della scadenza della concessione, potendo invece la medesima ritenersi proporzionata nel caso di decadenza o revoca a titolo sanzionatorio.
Vale altresì la pena ricordare come il citato articolo 49 del codice della navigazione abbia sollevato già da tempo in dottrina dubbi anche circa la sua compatibilità con la Costituzione nonché con i trattati internazionali.
In primo luogo, la conformità di tale disposizione all'articolo 3 della Costituzione è revocabile in dubbio ove la si confronti con un'altra disposizione pure contenuta nel codice della navigazione, vale a dire l'articolo 703. Quest'ultimo articolo, riguardante le concessioni aeroportuali, prevede che «alla scadenza naturale della concessione, il concessionario subentrante ha l'obbligo di corrispondere al concessionario uscente il valore di subentro»: la differenza di trattamento pone evidenti dubbi di ragionevolezza.
In secondo luogo, la disciplina sembra essere in contrasto con l'articolo 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), il quale sancisce in particolare il diritto di ogni persona fisica o giuridica alla protezione dei suoi beni, da intendere in un'accezione ampia, comprensiva di ogni situazione idonea ad ingenerare un legittimo affidamento: così, la posizione dei concessionari, malgrado non abbia la dignità del diritto soggettivo, merita protezione pure su questa base; in sintesi l'acquisizione gratuita al patrimonio dello Stato di un complesso di manufatti privati realizzati per effetto dell'attività legittima e degli investimenti dei concessionari uscenti configurerebbe una ipotesi di espropriazione sostanziale, priva del corrispettivo pagamento della giusta indennità.
A tal proposito non contrasta con la sopra citata ipotesi di espropriazione l'introduzione al primo comma del citato articolo 49 del codice della navigazione di un regime derogatorio («Salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di concessione») che a primo impatto sembrerebbe contenere una soluzione al problema della mancata remunerazione degli investimenti dei soggetti concessionari. Tuttavia sul piano pratico è chiaro che nelle dinamiche connesse all'aggiudicazione di una concessione demaniale marittima, l'impresa individuata come affidataria dell'area molto difficilmente è messa nelle condizioni di poter incidere sul contenuto dell'atto concessorio.
Per quanto sopra esposto riteniamo che sia chiaramente da respingere la connotazione secondaria che si tende ad attribuire dal punto di vista normativo al cosiddetto «diritto di incameramento» previsto ai sensi del citato articolo 49 del codice della navigazione.
Anzi nell'attuale situazione di profonda incertezza normativa in merito al più ampio e complesso contesto della disciplina dell'affidamento delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e dell'applicabilità alle stesse della direttiva servizi, il diritto di incameramento, nella formulazione attuale, appare vieppiù come sopra esposto un ulteriore elemento di confusione oltreché di incomprensibile penalizzazione nei confronti dei concessionari: infatti, il disposto di cui al citato articolo 49 del codice della navigazione che trovava una sua «contropartita» nel precedente contesto giuridico connotato dal diritto di insistenza e dal regime delle proroghe ex lege, oggi sembra, anche in questa prospettiva, non più rinvenire una adeguata giustificazione.
In questo contesto la presente proposta di legge, composta da un unico articolo, dispone l'abrogazione del citato articolo 49 del codice della navigazione.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. L'articolo 49 del codice della navigazione è abrogato.

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