PDL 1294

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

ANALISI DI IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (A.I.R.)

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                        Articolo 14
                        Articolo 15

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1294

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità
(ROCCELLA)

dal ministro dell'interno
(PIANTEDOSI)

e dal ministro della giustizia
(NORDIO)

Disposizioni per il contrasto
della violenza sulle donne e della violenza domestica

Presentato il 12 luglio 2023

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Onorevoli Deputati! — Il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica è da tempo, nel nostro Paese, all'attenzione del legislatore, il quale ha costruito un buon impianto normativo, lavorando con continuità, pur nel succedersi delle diverse compagini governative. Nonostante ciò, le cifre di questo fenomeno continuano ad essere drammaticamente significative, a partire dall'elevato numero di femminicidi che si registra: queste cifre ci dicono che le misure già esistenti non sono ancora adeguate a combatterlo.
Il quadro legislativo vigente, pur robusto e articolato, ha mostrato, particolarmente in alcuni ambiti della sua applicazione, alcune evidenti criticità che ne hanno indebolito l'efficacia.
Rimuovere tali criticità è l'obiettivo del presente disegno di legge, recante disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, con il quale si apportano modifiche alla legislazione vigente e, segnatamente, al codice penale, al codice di procedura penale, alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, alla disciplina dettata in materia di sicurezza pubblica e di contrasto della violenza sessuale e in tema di atti persecutori (decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38), alla disciplina dettata in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere (decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119), nonché alle disposizioni in materia di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti contenute nella legge europea 2015-2016 (legge 7 luglio 2016, n. 122) e al decreto legislativo 20 febbraio 2006 n. 106, concernente l'organizzazione dell'ufficio del pubblico ministero.
Al fine di contrastare il fenomeno della violenza sulle donne e della violenza domestica, spesso declassata a semplice conflittualità, e il reiterarsi di episodi di violenza che possono degenerare in condotte più gravi, finanche in femminicidi, il disegno di legge recepisce le istanze più urgenti emerse nell'ambito dell'Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica, istituito dall'articolo 1, comma 149, della legge 30 dicembre 2021, n. 234.
Il disegno di legge si muove inoltre nel solco delle considerazioni rappresentate nella Relazione finale (Doc. XXII-bis, n. 15, della XVIII legislatura) della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere (istituita con deliberazione del Senato della Repubblica del 16 ottobre 2018 e prorogata con deliberazione del Senato della Repubblica del 5 febbraio 2020) sull'attività dalla medesima svolta, nonché in continuità con talune iniziative legislative presentate sul tema anche nella passata legislatura.
L'adozione di un intervento normativo teso a rafforzare procedure e strumenti per la tutela delle vittime di violenza, che consenta una preventiva ed efficace valutazione e gestione del rischio di letalità, di reiterazione e di recidiva, si impone anche alla luce del quadro normativo sovranazionale, in particolare della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e contro la violenza domestica, cosiddetta «Convenzione di Istanbul», nonché delle diverse pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo (v. Talpis contro Italia, 2 marzo 2017; Landi c. Italia, 7 aprile 2022, De Giorgi c. Italia 16 giugno 2022, M.S. c. Italia, 7 luglio 2022), che hanno evidenziato la necessità di intensificare, a livello statale, le misure positive di protezione.
Nella stessa prospettiva si collocano i recenti orientamenti della Procura generale della Corte di cassazione in materia di violenza di genere adottati il 3 maggio 2023, che individuano le principali criticità normative e contestualmente formulano indirizzi di intervento alla luce dell'avvertita necessità di tracciare un bilancio sulle prospettive future in modo da fornire una risposta istituzionale ai reati in materia.
In tale contesto, l'iniziativa legislativa vuole rappresentare una risposta del Governo alle esigenze più urgenti manifestate su tale odioso fenomeno, rimettendo la discussione dello stesso alla dialettica parlamentare nell'ottica della massima condivisione delle misure da intraprendere.
Nello specifico, l'intervento consta di 15 articoli e prevede la clausola di invarianza finanziaria.

L'articolo 1 (Rafforzamento delle misure in tema di ammonimento e di informazione alle vittime) è diretto ad estendere l'applicabilità dell'istituto dell'ammonimento del questore, previsto dall'articolo 3 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, ad ulteriori condotte che possono assumere valenza sintomatica, cosiddetti «reati spia», rispetto a situazioni di pericolo per l'integrità psico-fisica delle persone, nel contesto delle relazioni familiari ed affettive (attuali e passate), al fine di intercettare il cosiddetto «ciclo della violenza» e bloccarlo, preventivamente e tempestivamente, prima che straripi e prorompa nello stadio finale di estinzione, compromissione ovvero grave lesione dei beni giuridici protetti.
Per tutte le tipologie di reati ivi previsti, vengono coordinati gli strumenti di tutela per le vittime nonché di azione procedurale nei confronti degli autori dei delitti stessi.
In particolare:

al comma 1, lettera a), si amplia il novero dei reati per i quali è comminabile la misura dell'ammonimento, ricomprendendovi, oltre ai casi di cui agli articoli 581 (Percosse) e 582 (Lesione personale) del codice penale, consumati o tentati, quelli di cui agli articoli 610 (Violenza privata), 612, secondo comma (Minaccia grave), 612-bis (Atti persecutori), 612-ter (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti), 614 (Violazione di domicilio) e 635 (Danneggiamento) del medesimo codice, consumati o tentati.
Nei casi in cui alle Forze dell'ordine sia segnalato, in forma non anonima, un fatto che debba ritenersi riconducibile a uno dei predetti reati-spia, consumati o tentati, nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, potrà dunque procedere, assunte sommarie informazioni, all'ammonimento dell'autore del fatto.
La disposizione estende, al secondo periodo, la definizione di violenza domestica (attualmente, individuata in «uno o più atti gravi ovvero non episodici di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima»), comprendendovi anche la commissione di tali atti in presenza di minorenni quale ulteriore, autonomo elemento idoneo a integrare il requisito della violenza domestica;

per quanto riguarda il comma 1, lettera b), lo stesso incide sul comma 5 dell'articolo 3 del citato decreto-legge n. 93 del 2013, ampliando, analogamente, il novero dei reati per i quali le Forze dell'ordine, i presìdi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalle vittime la notizia di aver subìto i delitti sopra considerati sono tenuti a dare alle stesse vittime l'informazione sulle misure a loro tutela, in particolare quelle relative alla presenza di centri antiviolenza presenti nel territorio, mettendole direttamente in contatto con queste strutture qualora le vittime ne facciano espressa richiesta;

al comma 1, lettera c), si prevede inoltre l'inserimento, sempre all'articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013, di ulteriori tre commi. In particolare:

il nuovo comma 5-ter prevede che i provvedimenti di ammonimento emessi dal questore possano essere revocati su istanza dell'ammonito, non prima che siano decorsi tre anni dalla loro emissione, valutata la partecipazione del soggetto ad appositi percorsi di recupero e tenuto conto dei relativi esiti;

il nuovo comma 5-quater prevede l'aggravamento di pena nel caso in cui i reati di violenza contro le donne e di violenza domestica siano commessi da soggetto già ammonito, con l'importante precisazione, utile a dissipare alcuni dubbi interpretativi, che tale condizione opera anche se la persona offesa dal nuovo fatto di reato sia diversa da quella per la cui protezione è stato già adottato l'ammonimento previsto dal citato articolo 3 del decreto-legge n. 93 del 2013;

il nuovo comma 5-quinquies prevede la procedibilità d'ufficio per i reati suscettibili d'ammonimento e che sono generalmente soggetti a querela di parte, come ampliati dal presente intervento, nel caso siano stati commessi da soggetto già ammonito (anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l'ammonimento previsto dal medesimo articolo 3);

il comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge prevede poi modifiche agli articoli 8 e 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori. In particolare:

alla lettera a), viene modificato l'articolo 8, recante l'ammonimento per atti persecutori (stalking), punito ai sensi dell'articolo 612-bis del codice penale, operante su segnalazione della persona offesa e fino a quando non è proposta querela:

con il numero 1) si estende l'ambito applicativo della misura monitoria in parola ai reati di violenza sessuale (articolo 609-bis del codice penale) e di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612-ter);

con il numero 2) viene modificato il comma 3 del medesimo articolo 8, prevedendo l'aggravamento della pena, ora previsto per il delitto di cui all'articolo 612-bis (atti persecutori), anche per i reati di cui agli articoli 609-bis (violenza sessuale) e 612-ter (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti), quando commessi da soggetto già ammonito, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui protezione è stato già adottato un ammonimento ai sensi del citato articolo 8;

con il numero 3) si prevede la procedibilità d'ufficio quando il soggetto è ammonito, non solo per il delitto di cui all'articolo 612-bis ma anche per quelli di cui agli articoli 609-bis (violenza sessuale) e 612-ter (diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti) del codice penale, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l'ammonimento previsto dallo stesso articolo 8;

alla lettera b) viene modificato l'articolo 11 del decreto-legge n. 11 del 2009, allo scopo di ampliare il novero dei reati per i quali le Forze dell'ordine, i presìdi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevono dalle vittime la notizia di aver subìto i delitti ivi considerati, con l'aggiunta anche del tentato omicidio (articoli 575 e 56), della deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (articolo 583-quinquies) e della diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612-ter), sono tenuti a dare alle stesse vittime l'informazione sulle misure a loro tutela, in particolare quelle relative alla presenza di centri antiviolenza presenti sul territorio, mettendole direttamente in contatto con queste strutture qualora le vittime ne facciano espressa richiesta.

L'articolo 2 (Potenziamento delle misure di prevenzione) apporta alcune modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, estendendo le misure di prevenzione (sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) ai soggetti indiziati dei delitti più ricorrenti nella violenza contro le donne e nella violenza domestica.
Le misure di prevenzione sono misure special-preventive, considerate tradizionalmente di natura formalmente amministrativa, dirette a evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti ritenuti socialmente pericolosi. Vengono, quindi, applicate indipendentemente dalla commissione di un precedente reato, da cui la denominazione di misure ante delictum o praeter delictum. La normativa vigente contempla un insieme di misure di prevenzione a carattere amministrativo e giurisdizionale. La sorveglianza speciale costituisce la principale misura di prevenzione a carattere personale e di natura giurisdizionale. Ai sensi dell'articolo 6 del citato codice antimafia, di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011, tale misura può essere applicata alle persone indicate all'articolo 4 del predetto codice, quando siano pericolose per la pubblica sicurezza.
In particolare, il comma 1, alla lettera a), modificando il comma 1, lettera i-ter), dell'articolo 4 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011, estende l'applicabilità delle misure di prevenzione personali, attualmente prevista per i soggetti indiziati di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori (stalking), di cui, rispettivamente, agli articoli 572 e 612-bis del codice penale, anche ai soggetti indiziati dei delitti, consumati o tentati, di omicidio, di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, di violenza sessuale e di lesione personale grave o gravissima alla ricorrenza delle seguenti fattispecie aggravanti:

1) se il fatto è commesso contro l'ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva (articolo 577, primo comma, numero 1, del codice penale);

2) se il fatto è commesso contro il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l'adottante o l'adottato, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta (articolo 577, secondo comma, del codice penale).

Il comma 1, lettera b), invece, introduce il nuovo comma 3-ter nell'articolo 6 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.
Con questa modifica si prevede che la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i-ter), del codice antimafia, come modificata dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del presente disegno di legge, sia disposta con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis del codice di procedura penale (braccialetto elettronico e altri strumenti tecnici, previo accertamento della relativa, concreta fattibilità tecnica, come si illustrerà in seguito). Qualora il destinatario della misura neghi il consenso all'adozione delle citate modalità di controllo elettronico, la norma in commento stabilisce che la durata della misura di prevenzione non può essere inferiore a due anni (attualmente, il minimo è di 1 anno, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011), e che il tribunale debba prescrivere all'interessato di presentarsi all'Autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni e orari indicati, per tutta la durata della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Tale ultima previsione si applica anche nell'ipotesi di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo previsti dall'articolo 275-bis del codice penale.
Il comma 1, lettera c), modifica l'articolo 8 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, aggiungendo un ulteriore periodo al comma 5, espressamente dedicato alla sorveglianza speciale dei soggetti indiziati dei delitti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i-ter).
Per queste ipotesi, si prevede che il tribunale debba imporre (attualmente, si tratta di una prescrizione facoltativa) il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione, e di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone (ciò in analogia con quanto previsto per le misure coercitive penali di cui agli articoli 282-bis e 282-ter, del codice di procedura penale). Tuttavia, quando la frequentazione dei predetti luoghi sia necessaria per motivi di lavoro o per altre comprovate esigenze del sorvegliato speciale per violenza contro le donne o domestica, il tribunale può prescrivere le relative modalità e può imporre ulteriori limitazioni, sempre avendo di mira la superiore esigenza di protezione delle persone offese o poste in pericolo.
Il comma 1, lettera d), introduce nell'articolo 9 del medesimo codice antimafia una nuova ipotesi di procedura d'urgenza, prevedendo che, se la proposta della sorveglianza speciale riguarda i soggetti indiziati dei delitti di cui al citato articolo 4, comma 1, lettera i-ter), e sussistono motivi di particolare gravità, il presidente del tribunale, con decreto, nella pendenza del procedimento applicativo della misura di prevenzione di cui all'articolo 7, può disporre la temporanea applicazione, con le modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis del codice di procedura penale, previo accertamento della relativa fattibilità tecnica, del divieto di avvicinarsi alle persone cui occorre prestare protezione o a determinati luoghi da esse abitualmente frequentati e dell'obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
Qualora l'interessato neghi il consenso all'adozione delle modalità di controllo elettronico anzidette, la disposizione stabilisce che il medesimo presidente del tribunale imponga all'interessato, in via provvisoria, l'obbligo di presentarsi all'Autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni e orari indicati fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione.
Anche in questa procedura d'urgenza è prevista una clausola di flessibilità (la stessa inserita nel nuovo comma 5 dell'articolo 8, testé illustrato), secondo cui quando la frequentazione dei luoghi abitualmente frequentati dalle persone cui occorre prestare protezione sia necessaria per motivi di lavoro o per altre comprovate esigenze del destinatario della misura provvisoria, il presidente del tribunale possa prescrivere apposite modalità e imporre ulteriori limitazioni, idonee a garantire la tutela della persona cui occorre prestare protezione.
Il comma 1, lettera e), in conseguenza della nuova procedura d'urgenza introdotta dalla lettera d) aggiunge il comma 1-bis all'articolo 75-bis, in materia di violazione delle misure imposte con provvedimenti d'urgenza.
Per effetto di tale innesto, il contravventore ai divieti, agli obblighi e alle prescrizioni conseguenti all'applicazione delle misure provvisorie adottate dal presidente del tribunale nei sopra ricordati casi di cui al comma 2 dell'articolo 9, come modificato dalla lettera d) del comma 1 dell'articolo 2 del presente disegno di legge, è punito con la pena della reclusione da 1 a 5 anni, ed è consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza (in simmetria con quanto previsto dall'articolo 75, comma 2, per l'inosservanza degli obblighi e delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno).

L'articolo 3 (Misure in materia di formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi) interviene sull'articolo 132-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, recante «Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale», al fine di assicurare una trattazione spedita dei processi, in particolare modificando il comma 1, lettera a-bis), nel senso di ampliare le fattispecie delittuose per le quali è assicurata priorità nella trattazione dei processi. Le fattispecie punite dal codice penale aggiunte all'articolo 132-bis in quanto rappresentano reati-spia rispetto a situazioni di pericolo per l'integrità psico-fisica delle persone nel contesto delle relazioni familiari ed affettive (attuali e passate) sono: costrizione o induzione al matrimonio (articolo 558-bis), maltrattamenti contro familiari o conviventi (articolo 572) deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (articolo 583-quinquies), violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (articolo 387-bis), violenza sessuale (articolo 609-bis), atti sessuali con minorenne (articolo 609-quater), corruzione di minorenne (articolo 609-quinquies), violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies), atti persecutori (articolo 612-bis), diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612-ter), stato di incapacità procurato mediante violenza (articolo 613) nell'ipotesi aggravata di cui al terzo comma, ossia se il colpevole ha agito col fine di far commettere un reato o se la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto preveduto dalla legge come delitto, lesione personale (articolo 582) nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2., 5. e 5.1, e 577, primo comma, numero 1., e secondo comma, ovvero nei casi in cui ricorrano le seguenti aggravanti:

l'avere commesso il fatto contro l'ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1 e 4 dell'articolo 61 (circostanze aggravanti comuni) del codice penale o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso, ovvero quando vi è premeditazione;

l'avere commesso il fatto in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572 (Maltrattamenti contro familiari e conviventi), 583-quinquies (Deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso), 600-bis (Prostituzione minorile), 600-ter (Pornografia minorile), 609-bis (Violenza sessuale), 609-quater (Atti sessuali con minorenne) e 609-octies (Violenza sessuale di gruppo) del medesimo codice;

l'essere stato il fatto commesso dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis nei confronti della persona offesa;

l'avere commesso il fatto contro l'ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva;

l'avere commesso il fatto contro il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l'adottante o l'adottato, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta.

L'articolo 4 (Trattazione spedita degli affari nella fase cautelare) introduce una previsione volta ad accelerare la trattazione degli affari in materia di violenza contro le donne e domestica anche nella fase cautelare, richiamando esplicitamente le fattispecie delittuose di cui all'articolo 132-bis, comma 1, lettera a-bis), del citato decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, come modificato dall'articolo 3 del presente disegno di legge.
Nel dettaglio, al comma 1, si prevede che in relazione alle fattispecie di cui al comma 1, lettera a-bis), del citato articolo 132-bis sia assicurata priorità anche alla richiesta e alla decisione relativa alla misura cautelare personale.
Al comma 2 è prevista l'adozione, da parte dei dirigenti degli uffici, dei necessari provvedimenti organizzativi necessari ad assicurare una rapida definizione degli affari per i quali è prevista la trattazione prioritaria, ai sensi del citato articolo 132-bis.

L'articolo 5 (Disposizioni in materia di attribuzioni del Procuratore della Repubblica) interviene sul comma 4 dell'articolo 1 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, che concerne la facoltà, per il procuratore della Repubblica, di delegare ad uno o più procuratori aggiunti ovvero a uno o più magistrati addetti all'ufficio la cura di specifici settori di affari, individuati con riguardo ad aree omogenee di procedimenti ovvero ad ambiti di attività dell'ufficio che necessitano di uniforme indirizzo.
In particolare, l'articolo 5 intende rafforzare il contenuto della citata disposizione, prevedendo che, in relazione alla cura degli affari in materia di violenza contro le donne e domestica, in caso di delega, l'individuazione specifica di uno o più procuratori aggiunti ovvero di uno o più magistrati avvenga sempre.

L'articolo 6 (Termini per la valutazione delle esigenze cautelari) mira, attraverso l'inserimento nel codice di procedura penale del nuovo articolo 362-bis, recante misure urgenti di protezione della persona offesa, ad introdurre un termine per la valutazione della sussistenza dei presupposti di applicazione delle misure cautelari da parte del pubblico ministero e un termine per la decisione sull'istanza cautelare da parte del giudice.
In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 362-bis prevede che, in relazione a determinate fattispecie delittuose, rientranti nell'ambito della violenza domestica e della violenza contro le donne, il pubblico ministero, effettuati i necessari atti di indagine, valuti la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle misure cautelari senza ritardo e, comunque, nel termine di trenta giorni dall'iscrizione del nominativo della persona nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale.
Nel dettaglio, le fattispecie delittuose punite dal codice penale che sono prese in considerazione dall'articolo 6 sono l'omicidio tentato (articoli 575 e 56) e i delitti, consumati o tentati, di costrizione o induzione al matrimonio (articolo 558-bis), maltrattamenti contro familiari o conviventi (articolo 572), lesione personale (articolo 582) nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (articolo 583-bis), deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (articolo 583-quinquies), violenza sessuale (articolo 609-bis), atti sessuali con minorenne (articolo 609-quater), corruzione di minorenne (articolo 609-quinquies), violenza sessuale di gruppo (articolo 609-octies), violenza privata (articolo 610), minaccia grave (articolo 612, secondo comma), atti persecutori (articolo 612-bis), diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (articolo 612-ter), stato di incapacità procurato mediante violenza (articolo 613) nell'ipotesi aggravata di cui al terzo comma (se il colpevole ha agito col fine di far commettere un reato o se la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto preveduto dalla legge come delitto), qualora commessi in danno del coniuge, anche separato o divorziato, della parte dell'unione civile o del convivente o di persona legata, attualmente o precedentemente, da relazione affettiva o dai prossimi congiunti.
Al comma 2 del nuovo articolo 362-bis si precisa che, qualora il pubblico ministero non ravvisi i presupposti per la richiesta delle misure cautelari, prosegue, in ogni caso, nelle indagini preliminari.
Al comma 3 del nuovo articolo 362-bis viene introdotto il termine di trenta giorni per la decisione, da parte del giudice, relativamente alla richiesta di adozione delle misure cautelari formulata dal pubblico ministero ai sensi del comma 1. Tale termine decorre dal deposito dell'istanza cautelare presso la cancelleria.

L'articolo 7 (Rilevazione dei termini) introduce il nuovo comma 1-bis all'articolo 127 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Si prevede, in particolare, l'acquisizione, con cadenza trimestrale, da parte del procuratore generale presso la corte d'appello, dei dati delle procure della Repubblica del distretto relativi al rispetto dei termini concernenti i procedimenti di cui al nuovo articolo 362-bis, introdotto dall'articolo 6 del disegno di legge, nonché la trasmissione di una relazione almeno semestrale al procuratore generale presso la Corte di cassazione.

L'articolo 8 (Modifiche degli effetti della violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari) estende la medesima disciplina penalistica prevista dall'articolo 387-bis del codice penale per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile. L'intervento in esame si basa sulla circostanza che l'ordine di protezione contro gli abusi familiari di cui all'articolo 342-ter, primo comma, del codice civile presuppone una condotta pregiudizievole per l'integrità fisica o morale del coniuge o convivente e che viene emesso dal giudice all'esito di una compiuta istruttoria, per cui è opportuno equiparare le conseguenze della violazione del predetto ordine emesso in sede civile a quelle previste per la violazione delle misure cautelari del divieto di avvicinamento o dell'obbligo di allontanamento.
In particolare, il comma 1, lettera a), dell'articolo 8 in esame introduce un ulteriore comma all'articolo 387-bis del codice penale, che punisce il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
L'articolo 4 della legge 19 luglio 2019, n. 69, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, cosiddetto «codice rosso», ha introdotto, all'articolo 387-bis del codice penale, il delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e dell'ordine di allontanamento d'urgenza dalla casa familiare, disposto dalla polizia giudiziaria, su autorizzazione del pubblico ministero. Il delitto, che dunque può essere consumato con condotte tra loro alternative, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Per lo stesso delitto, l'articolo 380, comma 2, lettera l-ter), del codice di procedura penale prevede l'arresto obbligatorio in flagranza.
Si fa presente al riguardo che l'introduzione di questa fattispecie incriminatrice ottempera a un obbligo sovranazionale derivante dall'articolo 53 della Convenzione di Istanbul.
Il nuovo comma aggiunto all'articolo 387-bis del codice penale estende la disciplina ivi contemplata alla violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari di cui all'articolo 342-ter del codice civile (Contenuto degli ordini di protezione), primo comma, emessi dal giudice in sede civile ovvero alla violazione di un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari sono quei provvedimenti che il giudice, su istanza di parte, adotta con decreto per ordinare la cessazione della condotta del coniuge o di altro convivente che sia causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente (articolo 342-bis del codice civile «Ordini di protezione contro gli abusi familiari»).
Il comma 1, lettera b), conseguentemente alla modifica apportata all'articolo 387-bis del codice penale, interviene sul secondo comma dell'articolo 388 del medesimo codice (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice), sopprimendo la parte in cui prevede che la violazione degli ordini di protezione civilistici sia sanzionata con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.

Con l'articolo 9 (Arresto in flagranza differita) si introduce nel codice di procedura penale il nuovo articolo 382-bis, al fine di prevedere che, nei casi di cui agli articoli 387-bis (Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 572 (Maltrattamenti contro familiari o conviventi) e 612-bis (Atti persecutori) del codice penale, si consideri comunque in stato di flagranza colui che, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione ottenuta nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di trattamento di dati personali, da dispositivi di comunicazione informatica o telematica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore.
L'arresto deve essere compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro quarantotto ore dal fatto.
Si evidenzia che le sopra citate ipotesi di reato, per le quali verrebbe consentito l'arresto in flagranza differita, costituiscono alcune delle fattispecie più comuni e reiterate in tema di violenza contro le donne e domestica, ragion per cui la modifica varrebbe ad ampliare la gamma di comportamenti criminali suscettibili di tempestivo intervento repressivo, con finalità però soprattutto preventive di condotte più gravi e talvolta letali, della polizia giudiziaria.
Si sottolinea, in questa prospettiva specialmente preventiva, che dall'esecuzione dell'arresto in flagranza differita discende, in tempi stringenti (massimo 96 ore) tassativamente fissati a livello costituzionale e processuale (ai sensi dell'articolo 13 della Costituzione e degli articoli 390 e 391 del codice di procedura penale), il procedimento di convalida innanzi all'autorità giudiziaria, nel cui ambito potrebbero essere applicate misure coercitive e prescritte particolari modalità di controllo dell'osservanza delle stesse (qui il riferimento è anche ai braccialetti elettronici e agli altri strumenti tecnici concretamente adoperabili).
Occorre precisare che l'arresto in flagranza differita risulterebbe consentito, in ragione della modifica apportata all'articolo 387-bis del codice penale dall'articolo 8 del presente disegno di legge, anche nei casi di violazione degli ordini di protezione o di analoghi provvedimenti adottati in sede civile.
L'articolo 382 del codice di procedura penale descrive lo stato di flagranza in chi viene colto nell'atto di commettere il reato (il cosiddetto effetto sorpresa), mentre attribuisce lo stato di quasi flagranza in chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone, ovvero è sorpreso con cose e tracce dalle quali appaia che egli abbia compiuto il reato immediatamente prima. Ai fini dell'arresto vi è equivalenza normativa tra flagranza e quasi flagranza.
La flagranza «differita» è un istituto giuridico, di creazione legislativa, introdotto originariamente in via transitoria nell'ambito della disciplina per il contrasto del fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive dall'articolo 8 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, recante interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive e, nel caso di reati commessi con violenza alle persone o alle cose compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, dall'articolo 10, comma 6-quater, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48.
Successivamente, l'articolo 15 del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, ha stabilizzato nel nostro ordinamento l'istituto dell'arresto in flagranza differita, prevedendolo per i reati violenti commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto e per i reati commessi con violenza alle persone o alle cose, compiuti alla presenza di più persone anche in occasioni pubbliche, per i quali è obbligatorio l'arresto.
Rispetto alla formulazione tipizzata per le manifestazioni sportive e pubbliche, nell'articolo 9 in commento si rende necessario prevedere, alla luce del progresso tecnologico, delle effettive modalità comunicative e informative invalse nei rapporti interpersonali e delle peculiarità, con particolare riguardo al locus commissi delicti, delle fattispecie incriminatrici previste, che la documentazione comprovante in modo inequivoco il fatto di reato e il suo autore possa essere ottenuta, oltre che da immagini e video, anche da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, nel rispetto della normativa unionale e nazionale sul trattamento dei dati personali (il riferimento, in generale, è al regolamento (UE) n. 679/2016 e al codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, mentre per quanto attiene, più in particolare, alla prevenzione, all'indagine, all'accertamento e al perseguimento dei reati, viene in rilievo la speciale disciplina di cui al decreto legislativo n. 51 del 2018).
Con la modifica proposta, oltre ai video e alle immagini, sarà quindi possibile acquisire anche altri tipi di documentazione, ovvero altri elementi utili estrapolati, nel rispetto della normativa sulla privacy, da applicazioni informatiche o telematiche (si pensi, ad esempio, alle chat o alla condivisione di una posizione spaziale, spontaneamente offerte dalla persona offesa), che possono rivelarsi decisivi o comunque corroborativi, per i reati individuati dall'articolo, per far emergere in modo inequivoco il fatto e il suo autore, così da integrare i presupposti richiesti per la «flagranza differita» e consentire l'arresto entro e non oltre le successive quarantotto ore.

L'articolo 10 (Rafforzamento delle misure cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico) interviene sulla disciplina delle misure cautelari e del braccialetto elettronico.
In particolare, il comma 1:

alla lettera a), sostituisce, nel comma 1 dell'articolo 275-bis del codice di procedura penale, le parole: «quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria», con le seguenti: «previo accertamento della relativa fattibilità tecnica da parte della polizia giudiziaria».
La locuzione oggetto di novella vale a stabilire che il giudice, prima di prescrivere le procedure di controllo dell'osservanza degli arresti domiciliari mediante mezzi elettronici, cioè con i predetti braccialetti, o altri strumenti tecnici, debba accertarne la materiale disponibilità da parte della polizia giudiziaria.
La nuova formulazione, riferendosi al concetto di «fattibilità tecnica» in luogo della «disponibilità», appare più completa e funzionale della precedente, in quanto collega la modalità di controllo alla concreta attivabilità ed effettiva funzionalità, negli specifici casi e contesti applicativi, dei braccialetti elettronici.
Difatti, l'attivabilità e la funzionalità di tali dispositivi dipende, in ragione dell'attuale livello delle pertinenti cognizioni e applicazioni scientifiche, da diversi fattori tecnici e operativi, anche di natura estrinseca, cioè indipendenti dall'autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria.
A questo proposito, si evidenzia che le fasi della procedura di attivazione di ciascun braccialetto sono meticolosamente scandite nel contratto per l'affidamento dei servizi di monitoraggio elettronico e tale particolareggiato sequenziamento postula necessariamente un controllo effettuato a monte, per il tramite sia dell'operatore economico che degli altri soggetti responsabili dell'esecuzione del contratto, delle caratteristiche ambientali, della copertura radiomobile, della qualità della connessione e dei tempi di trasmissione dei segnali elettronici del luogo o dell'area di installazione, attivazione e gestione del predetto strumento elettronico;

alla lettera b), amplia la portata dell'articolo 276, comma 1-ter, del codice di procedura penale in materia di provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni impartite, prevedendo l'applicazione della misura cautelare in carcere, non solo nel caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanamento dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, ma anche nel caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli strumenti di controllo disposti con la misura degli arresti domiciliari o con le misure di cui agli articoli 282-bis (Allontanamento dalla casa familiare) o 283-ter (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa) del medesimo codice;

alla lettera c), apporta modifiche alla disciplina di cui all'articolo 282-bis del codice di procedura penale in materia di allontanamento dalla casa familiare.
Nello specifico, modificando il comma 6 dell'articolo 282-bis:

si ampliano le fattispecie delittuose per le quali, qualora commesse in danno dei prossimi congiunti o del convivente, è consentita l'applicazione della misura dell'allontanamento anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280, che disciplina le condizioni di applicabilità delle misure coercitive. In particolare, con i numeri 1) e 2) sono aggiunti, rispettivamente, i delitti di tentato omicidio e di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso;

si prevede, in relazione alle fattispecie delittuose di cui al predetto comma 6, l'applicazione delle modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis (ossia, il braccialetto elettronico), salvo che il giudice le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, nonché la prescrizione, in analogia con quanto previsto con la modifica dei commi 1 e 2 dell'articolo 282-ter, di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a 500 metri, dalla casa familiare o da altri luoghi determinati, abitualmente frequentati dalla persona offesa. Inoltre, si prevede che, con lo stesso provvedimento che dispone l'allontanamento, qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione del braccialetto elettronico, il giudice preveda l'applicazione, anche congiunta, di una misura cautelare più grave, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale caso, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni;

alla lettera d), apporta analoghe modifiche alla disciplina del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, di cui all'articolo 282-ter del codice di procedura penale.
Il citato articolo 282-ter rimette al giudice la determinazione della distanza che l'imputato deve mantenere da determinati luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa o dai prossimi congiunti o da persone con queste conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero la determinazione della distanza che l'imputato deve mantenere da tali persone.
Si novellano, rispettivamente, i commi 1 e 2 dell'articolo 282-ter del codice di procedura penale, quantificando in cinquecento metri la distanza minima che il giudice deve comunque garantire, nel disporre il provvedimento di divieto di avvicinamento, quantificando la distanza che l'imputato deve mantenere.
Si prevede, inoltre, nei casi di cui all'articolo 282-bis, comma 6, che il giudice disponga di default l'applicazione delle modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis, ossia, il braccialetto elettronico. Inoltre, si prevede che il giudice, con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento, disponga l'applicazione, anche congiunta, di una misura cautelare più grave, qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione del braccialetto elettronico.

L'articolo 11 (Ulteriori disposizioni in materia di misure cautelari coercitive) interviene in materia di misure cautelari coercitive, apportando modifiche all'articolo 275, comma 2-bis (Criteri di scelta delle misure), all'articolo 280 (Condizioni di applicabilità delle misure coercitive) e all'articolo 391, comma 5 (Udienza di convalida) del codice di procedura penale.
Attualmente, il comma 2-bis dell'articolo 275 prevede che non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Inoltre, non può applicarsi la custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tali condizioni non si applicano nei procedimenti per i delitti di incendio boschivo (articolo 423-bis del codice penale), maltrattamenti contro familiari e conviventi (articolo 572 del codice penale), atti persecutori (articolo 612-bisdel codice penale), diffusione illecita di immagini o di video sessualmente espliciti (articolo 612-ter) nonché per i gravi delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario e quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, del codice di procedura penale.
L'articolo 11 del disegno di legge, al comma 1, lettera a), estende tale previsione derogatoria anche ai procedimenti per il delitto di lesioni personali, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.
Attualmente, l'articolo 280 del codice di procedura penale individua i presupposti per l'applicazione delle misure cautelari, la cui sussistenza è condizione per l'irrogazione della misura e per il suo mantenimento, dovendo la stessa essere revocata nel caso in cui tali presupposti vengano meno, ovvero modificata o sostituita nel caso in cui essi mutino aggravandosi o affievolendosi.
La prima delle condizioni per l'applicazione di una misura coercitiva, diversa dalla custodia cautelare in carcere, è che si tratti di un delitto punito con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni (comma 1); per la custodia cautelare in carcere, la soglia di pena edittale è l'ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni (comma 2), anche se in ipotesi di conversione dell'arresto facoltativo in misura coercitiva custodiale ai sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale, si computa la soglia più bassa prevista per l'arresto in flagranza. Tale previsione non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare (comma 3).
L'articolo 11, al comma 1, lettera b), prevede poi che le predette soglie edittali non trovino applicazione nei procedimenti per il delitto di lesione personale, qualora ricorrano le ipotesi aggravate di cui agli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale.
Il comma 1, lettera c), reca un intervento di modifica dell'articolo 391, comma 5, secondo periodo, del codice di procedura penale.
Con riferimento all'applicabilità di misure cautelari coercitive, l'articolo 391, comma 5, secondo periodo, ultima parte, del codice di procedura penale, oggi consente di derogare ai limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280 del codice di procedura penale, solo se l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti di cui all'articolo 381, comma 2, del codice di procedura penale sull'arresto facoltativo in flagranza o per uno dei delitti per i quali l'arresto è consentito anche fuori dalla flagranza, dunque, non per i delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio, a norma dell'articolo 380 del codice di procedura penale sull'arresto obbligatorio in flagranza.
Con la modifica in esame, si prevede che le deroghe disposte dall'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale operino anche per il delitto di cui all'articolo 387-bis del codice penale, relativo alla violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Tale delitto è fra quelli per i quali è previsto l'arresto obbligatorio, ai sensi dell'articolo 380, comma 2, lettera l-ter), del codice di procedura penale. Tuttavia, in considerazione del limite edittale (il reato è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni), attualmente non è possibile procedere, eseguito l'arresto, all'applicazione di alcuna misura cautelare, con la conseguenza che all'arresto dovrà conseguire l'immediata liberazione dell'arrestato, ove non intervenuto tempestivamente un provvedimento di aggravamento della misura cautelare da parte del giudice, in seguito a richiesta del pubblico ministero.

L'articolo 12 (Disposizioni in materia di informazioni alla persona offesa dal reato e di obblighi di comunicazione) estende la previsione dell'immediata comunicazione alle vittime di violenza domestica o contro le donne, di tutti i provvedimenti de libertate inerenti all'autore del reato, sia esso imputato in stato di custodia cautelare, condannato o internato, fornendo un chiarimento operativo valido per qualsiasi fase, grado e stato del processo e raggruppando in un'unica norma le disposizioni dettate in altri articoli del codice di procedura penale, tra cui il comma 1-bis dell'articolo 659, che è, pertanto, abrogato.
Più nel dettaglio, la lettera a) del comma 1 modifica l'articolo 90-ter, comma 1, del codice di procedura penale, in materia di comunicazioni dell'evasione e della scarcerazione, introdotto dal decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, recante attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI. Il citato decreto legislativo ha dettato nuove norme in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, apportando alcune modifiche al titolo VI del libro I del codice di rito, dedicato alla persona offesa dal reato, fra le quali l'introduzione dell'articolo 90-ter. Tale articolo, ai fini di una effettiva e permanente protezione della vittima, prevede che, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona a quest'ultima debba essere immediatamente comunicata, se ne ha fatto richiesta, l'evasione e la scarcerazione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, ovvero della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva.
Al riguardo si osserva inoltre che l'articolo 15 della legge 19 luglio 2019, n. 69, successivamente modificato dall'articolo 2, comma 11, lettera a), della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante la delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, che ha compreso anche il delitto di omicidio volontario nella forma consumata e tentata, ha introdotto l'obbligo di comunicazione immediata alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, dei provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, dell'evasione dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell'internato all'esecuzione della misura di sicurezza detentiva, nei casi in cui si proceda per i reati di violenza contro le donne e domestica; accanto a tali ipotesi, poi, con la legge n. 69 del 2019 si è previsto che l'obbligo di comunicazione operi anche con riferimento al delitto di omicidio, di cui all'articolo 575. L'obbligo di comunicazione è dovuto anche se il delitto è realizzato nella forma tentata.
Trattasi di un obbligo di comunicazione, la cui sussistenza non è condizionata da una richiesta della persona offesa. Tale obbligo non sussiste – diversamente da quanto previsto nell'articolo 299, comma 2-bis, del codice di procedura penale (Revoca e sostituzione delle misure), – in caso di sostituzione della precedente misura cautelare, ovvero in caso di provvedimenti che non necessariamente si traducono nelle scarcerazioni indicate dalla disposizione in commento.
Con la lettera b) del comma 1 dell'articolo 12 del disegno di legge si interviene in questo ambito, al fine di potenziare la circolarità informativa e la multi-attorialità nel delicato campo della violenza domestica e contro le donne, e si innesta nell'articolo 299 del codice di procedura penale un'ipotesi di comunicazione da effettuarsi, a cura dell'autorità giudiziaria, al questore in caso di estinzione, inefficacia pronunciata per qualsiasi ragione, revoca o sostituzione in melius di misure cautelari coercitive personali, ai fini delle valutazioni di competenza in materia di misure di prevenzione.
In particolare, si prevede che per i delitti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i-ter), del codice antimafia, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, l'estinzione, l'inefficacia pronunciata per qualsiasi ragione o la revoca delle misure di cui agli articoli 282-bis (Allontanamento dalla casa familiare), 282-ter (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 (Divieto e obbligo di dimora), 284 (Arresti domiciliari), 285 (Custodia cautelare in carcere) e 286 (Custodia cautelare in luogo di cura), del codice di procedura penale, nonché la loro sostituzione con misura meno grave, siano comunicati al questore a cura della cancelleria, ai fini delle valutazioni di competenza in materia di misure di prevenzione.
L'articolo 12 del disegno di legge, infine, al comma 1, lettera c), in conseguenza dell'intervento effettuato dalla lettera a) abroga il comma 1-bis dell'articolo 659 del codice di procedura penale sull'esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza (comma 1, lettera c)).

L'articolo 13 (Disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena) apporta talune modifiche all'articolo 165 del codice penale. Tale disposizione indica gli obblighi ai quali il condannato deve soggiacere per accedere all'istituto della sospensione condizionale della pena. Tale istituto costituisce una causa estintiva del reato che determina una sospensione integrale, anche se provvisoria, dell'esecuzione della pena. Nel caso in cui non vi sia l'adempimento degli obblighi imposti dal giudice o nei casi di reiterazione dell'attività criminale, la concessione è revocata. Va da sé che il beneficio della sospensione condizionale della pena richiede, come presupposto essenziale e necessario, che la pena debba essere ancora, in tutto o in parte, da espiare, dovendosi considerare, in caso contrario, come illegittima.
Nei casi di condanna per alcuni specifici delitti, indicati al comma 5 del citato articolo 165, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati. La modifica di cui alla lettera a) integra tale disposizione, stabilendo che non è sufficiente la mera partecipazione a specifici corsi, ma è necessario anche il superamento degli stessi con esito favorevole, accertato dal giudice.
Con la modifica di cui alla lettera b) si integra il quinto comma dell'articolo 165, prevedendo che il giudice, ai fini appena detti, sia chiamato ad avvalersi degli uffici di esecuzione penale esterna (UEPE), istituzionalmente deputati ad effettuare il trattamento socioeducativo delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà, svolgendo il compito di favorire il reinserimento sociale delle persone che hanno subìto una condanna definitiva.
Come è dato evincere dall'articolo 72 dell'Ordinamento giudiziario (legge 26 luglio 1975, n. 354), tra i compiti dell'UEPE sono espressamente elencati quelli concernenti le proposte all'autorità giudiziaria relative al programma di trattamento da applicare ai condannati che chiedono di essere ammessi all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare (articolo 72, comma 2, lettera c)) e il controllo/accertamento/monitoraggio, riferendone gli esiti all'autorità giudiziaria e proponendo eventuali interventi di modificazione o di revoca sull'esecuzione dei programmi da parte degli ammessi alle misure alternative (articolo 72, comma 2, lettera d)).
Con il comma 2 viene, al contempo, modificato l'articolo 18-bis delle disposizioni di attuazione del codice penale, in modo da prevedere che la sentenza, al momento del suo passaggio in giudicato, sia comunicata all'ufficio di esecuzione penale esterna, affinché lo stesso accerti l'effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e, nel caso di inadempimento di uno qualsiasi degli obblighi imposti, ne dia immediata comunicazione al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza, il quale attiverà conseguentemente il procedimento di esecuzione per la revoca della sospensione condizionale della pena, ai sensi dell'articolo 168, primo comma, numero 1, del codice penale. Viene altresì previsto, per garantire la tempestiva informazione in ordine ad eventuali inadempimenti, che gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero diano immediata comunicazione all'ufficio di esecuzione penale esterna di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero.

L'articolo 14 (Provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime o degli aventi diritto) introduce l'articolo 13-bis della legge 7 luglio 2016, n. 122, al fine di prevedere una provvisionale a titolo di ristoro «anticipato» in favore della vittima o, in caso di morte, degli aventi diritto che, in conseguenza dei delitti di omicidio, violenza sessuale o lesione personale gravissima e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno.
Viene così superato l'attuale limite della necessità dell'acquisizione della sentenza di condanna, attualmente previsto quale elemento imprescindibile per il riconoscimento e la conseguente elargizione dell'indennizzo, anticipando il momento della richiesta alla fase delle indagini preliminari, sulla base degli atti del procedimento penale previo parere del pubblico ministero competente.
Il nuovo articolo 13-bis della legge n. 122 del 2016, al comma 1, individua i soggetti legittimati alla richiesta della provvisionale, da imputarsi nella liquidazione definitiva dell'indennizzo, qualora in conseguenza dei reati di cui all'articolo 11, comma 2, della medesima legge versino in stato di bisogno.
Si precisa, inoltre, che la provvisionale può esser corrisposta a condizione che:

la vittima non abbia concorso, anche colposamente, alla commissione del reato ovvero di reati connessi al medesimo;

che la vittima non sia stata condannata con sentenza definitiva ovvero, alla data di presentazione della domanda, non sia sottoposta a procedimento penale per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;

che la vittima non abbia percepito, in tale qualità e in conseguenza immediata e diretta del fatto di reato, da soggetti pubblici o privati, somme di denaro di importo pari o superiore a quello dovuto in base alle disposizioni di cui all'articolo 11.

In caso di morte della vittima in conseguenza del reato, tali condizioni devono sussistere, oltre che per la vittima, anche con riguardo agli aventi diritto indicati all'articolo 11, comma 2-bis (comma 2 dell'articolo 13-bis).
Il procedimento prende avvio con l'istanza di accesso al Fondo di cui all'articolo 14 della legge n. 122 del 2016, da presentare al prefetto della provincia nella quale gli aventi diritto risiedono o nella quale è stato commesso il reato e deve essere corredata, a pena di inammissibilità, di:

a) copia del provvedimento giurisdizionale di cui al comma 1;

b) dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sull'assenza delle condizioni ostative di cui al comma 2 della presente disposizione;

c) certificato ovvero dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la situazione economica dell'istante e delle persone di cui all'articolo 433 del codice civile (il coniuge, i figli, i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle).

Il comma 4 descrive lo svolgimento dell'iter presso la prefettura competente a ricevere l'istanza. Il prefetto, entro sessanta giorni dal ricevimento della medesima, verifica la sussistenza dei requisiti avvalendosi anche degli organi di polizia e invia gli esiti dell'istruttoria al Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti, di cui all'articolo 3 della legge 22 dicembre 1999, n. 512.
Al comma 5 si dispone che, all'esito dell'istruttoria, il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti concluda l'intera procedura entro centoventi giorni dalla presentazione dell'istanza e provveda all'assegnazione della provvisionale in misura massima non superiore a un terzo dell'importo determinato con le modalità di cui al decreto del Ministro dell'interno 22 novembre 2019, recante determinazione degli importi dell'indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti.
Il comma 6 prevede, infine, la ripetizione delle somme ove siano venuti meno i requisiti di legge, successivamente all'erogazione della provvisionale.
La disposizione è in correlazione con la previsione del comma 1, che prevede che la provvisionale possa essere erogata a seguito di una sentenza penale di primo grado, in tal modo anticipando il pagamento definitivo, che avverrà, in misura completa, solo dopo la definitività del giudizio penale e a seguito dell'esperimento infruttuoso della procedura esecutiva nei confronti degli autori del reato.
Nella legge n. 122 del 2016, l'esperimento della procedura esecutiva non è requisito necessario esclusivamente per gli omicidi in ambito domestico, mentre ne è prevista l'obbligatorietà per gli altri reati, quali le lesioni e la violenza sessuale. La medesima legge prevede, inoltre, che l'erogazione dell'indennizzo avvenga solo ove la vittima non abbia percepito somme, correlate al reato, di importo pari o superiore all'indennizzo stesso, con l'erogazione della sola differenza tra totale e percepito, in caso di somme inferiori.
La previsione della decadenza dal beneficio erogato si rende necessaria per assicurare la salvaguardia delle risorse pubbliche a cadenze predeterminate, tenuto conto che l'esperimento della procedura esecutiva è atto tra privati che potrebbe anche esaurirsi con accordi transattivi o con risarcimenti parziali del danno.

L'articolo 15 prevede la clausola di invarianza finanziaria, avendo il provvedimento natura meramente ordinamentale. La disposizione precisa che le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione dei compiti derivanti dal presente disegno di legge, per quanto di competenza, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

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ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (A.I.R.)

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Rafforzamento delle misure in tema di ammonimento e di informazione alle vittime)

1. All'articolo 3 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, al primo periodo, le parole da: «581» fino a: «consumato o tentato» sono sostituite dalle seguenti: «581, 582, 610, 612, secondo comma, 612-bis, 612-ter, 614 e 635, consumati o tentati» e, al secondo periodo, dopo le parole: «non episodici» sono inserite le seguenti: «o commessi in presenza di minorenni»;

b) al comma 5, le parole: «581 e 582 del codice penale» sono sostituite dalle seguenti: «581, 582, 610, 612, secondo comma, 614 e 635 del codice penale»;

c) dopo il comma 5-bis sono aggiunti i seguenti:

«5-ter. I provvedimenti emessi ai sensi del presente articolo e dell'articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, possono essere revocati su istanza dell'ammonito, non prima che siano decorsi tre anni dalla loro emissione, valutata la partecipazione del soggetto ad appositi percorsi di recupero presso gli enti di cui al comma 5-bis e tenuto conto dei relativi esiti.
5-quater. Le pene per i reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612, secondo comma, 612-bis, 612-ter, 614 e 635 del codice penale sono aumentate se il fatto è commesso, nell'ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l'ammonimento previsto dal presente articolo.
5-quinquies. Si procede d'ufficio per i reati previsti dagli articoli 581, 582, primo comma, 610, 612, secondo comma, nell'ipotesi di minaccia grave, 612-bis, 612-ter, 614, primo e secondo comma, e 635 del codice penale quando il fatto è commesso, nell'ambito di violenza domestica, da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l'ammonimento previsto dal presente articolo».

2. Al decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 8:

1) al comma 1, le parole: «il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7» sono sostituite dalle seguenti: «i reati di cui agli articoli 609-bis, 612-bis e 612-ter del codice penale»;

2) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Le pene per i delitti di cui agli articoli 609-bis, 612-bis e 612-ter del codice penale sono aumentate se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l'ammonimento previsto dal presente articolo»;

3) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Si procede d'ufficio per i delitti previsti dagli articoli 609-bis, 612-bis e 612-ter e quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo, anche se la persona offesa è diversa da quella per la cui tutela è stato già adottato l'ammonimento previsto dal presente articolo»;

b) all'articolo 11, comma 1, dopo la parola: «572,» sono inserite le seguenti: «575, nell'ipotesi di delitto tentato, 583-quinquies,» e le parole: «609-octies o 612- bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7» sono sostituite dalle seguenti: «609-octies, 612-bis o 612-ter del codice penale».

Art. 2.
(Potenziamento delle misure di prevenzione)

1. Al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4, comma 1, lettera i-ter), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o dei delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 575, 583, nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583-quinquies e 609-bis del medesimo codice»;

b) all'articolo 6:

1) al comma 3-bis, le parole: «la disponibilità dei relativi dispositivi» sono sostituite dalle seguenti: «la relativa fattibilità tecnica»;

2) dopo il comma 3-bis è aggiunto il seguente:

«3-ter. Quando la sorveglianza speciale è applicata ai soggetti indiziati dei delitti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i-ter), gli obblighi e le prescrizioni di cui al comma 3-bis sono disposti, con il consenso dell'interessato e accertata la relativa fattibilità tecnica, con le particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis del codice di procedura penale. Qualora l'interessato neghi il consenso all'adozione delle modalità di controllo anzidette, la durata della misura di prevenzione non può essere inferiore a due anni e il tribunale prescrive all'interessato di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni e negli orari indicati, per tutta la durata della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Le medesime disposizioni di cui al periodo precedente si applicano in caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti di controllo di cui all'articolo 275-bis del codice di procedura penale»;

c) all'articolo 8, comma 5:

1) le parole: «agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma 1, lettera i-ter),» sono sostituite dalle seguenti: «all'articolo 1, comma 1, lettera c),»;

2) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Con riferimento ai soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i-ter), il tribunale impone il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione, e di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone. Quando la frequentazione dei luoghi di cui al periodo precedente sia necessaria per motivi di lavoro o per altre comprovate esigenze, il tribunale prescrive le relative modalità e può imporre ulteriori limitazioni»;

d) all'articolo 9, comma 2, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Se la proposta della sorveglianza speciale riguarda i soggetti indiziati dei delitti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i-ter), e sussistono motivi di particolare gravità, il presidente del tribunale, con decreto, nella pendenza del procedimento di cui all'articolo 7, può disporre la temporanea applicazione, con le particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis del codice di procedura penale, previo accertamento della relativa fattibilità tecnica, del divieto di avvicinarsi alle persone cui occorre prestare protezione o a determinati luoghi da esse abitualmente frequentati e dell'obbligo di mantenere una determinata distanza, non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi e da tali persone, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Qualora l'interessato neghi il consenso all'adozione delle modalità di controllo anzidette, il presidente del tribunale impone all'interessato, in via provvisoria, di presentarsi all'autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni e negli orari indicati, fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione. Quando la frequentazione dei luoghi di cui al secondo periodo sia necessaria per motivi di lavoro o per altre comprovate esigenze, il presidente del tribunale prescrive le relative modalità e può imporre ulteriori limitazioni»;

e) all'articolo 75-bis, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

«1-bis. Il contravventore ai divieti, agli obblighi e alle prescrizioni conseguenti all'applicazione delle misure di cui all'articolo 9, comma 2, è punito con la reclusione da uno a cinque anni; l'arresto è consentito anche fuori dei casi di flagranza».

Art. 3.
(Misure in materia di formazione dei ruoli di udienza e trattazione dei processi)

1. Al fine di assicurare priorità nella trattazione dei processi, all'articolo 132-bis, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, la lettera a-bis) è sostituita dalla seguente:

«a-bis) ai delitti previsti dagli articoli 387-bis, 558-bis, 572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583-quinquies, da 609-bis a 609-octies, 612-bis, 612-ter e 613, terzo comma, del codice penale».

Art. 4.
(Trattazione spedita degli affari nella fase cautelare)

1. Nei casi indicati dall'articolo 132-bis, comma 1, lettera a-bis), delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è assicurata priorità anche alla richiesta di misura cautelare personale e alla decisione sulla stessa.
2. I dirigenti degli uffici adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione degli affari per i quali è prevista la trattazione prioritaria.

Art. 5.
(Disposizioni in materia di attribuzioni del Procuratore della Repubblica)

1. Al fine di favorire la specializzazione nella trattazione dei processi in materia di violenza contro le donne e di violenza domestica, all'articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di delega, uno o più procuratori aggiunti o uno o più magistrati sono sempre specificamente individuati per la cura degli affari in materia di violenza contro le donne e domestica».

Art. 6.
(Termini per la valutazione delle esigenze cautelari)

1. Dopo l'articolo 362 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«Art. 362-bis. – (Misure urgenti di protezione della persona offesa)1. Qualora si proceda per il delitto di cui all'articolo 575, nell'ipotesi di delitto tentato, o per i delitti di cui agli articoli 558-bis, 572, 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, 583-bis, 583-quinquies, da 609-bis a 609-octies, 610, 612, secondo comma, 612-bis, 612-ter e 613, terzo comma, del codice penale, consumati o tentati, commessi in danno del coniuge, anche separato o divorziato, della parte dell'unione civile o del convivente o di persona che è legata o è stata legata da relazione affettiva ovvero di prossimi congiunti, il pubblico ministero, effettuate le indagini ritenute necessarie, valuta, senza ritardo e comunque entro trenta giorni dall'iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato, la sussistenza dei presupposti di applicazione delle misure cautelari.
2. In ogni caso, qualora il pubblico ministero non ravvisi i presupposti per richiedere l'applicazione delle misure cautelari nel termine di cui al comma 1, prosegue nelle indagini preliminari.
3. Il giudice provvede in ordine alla richiesta di cui al comma 1, con ordinanza da adottare entro il termine di trenta giorni dal deposito dell'istanza cautelare presso la cancelleria».

Art. 7.
(Rilevazione dei termini)

1. All'articolo 127 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Il procuratore generale presso la corte di appello ogni tre mesi acquisisce dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto dei termini relativi ai procedimenti di cui all'articolo 362-bis del codice di procedura penale e invia al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale».

Art. 8.
(Modifiche degli effetti della violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 387-bis, dopo il primo comma è aggiunto il seguente:

«La stessa pena si applica a chi elude l'ordine di protezione previsto dall'articolo 342-ter, primo comma, del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio»;

b) all'articolo 388, secondo comma, le parole da: «l'ordine di protezione» fino a: «ancora» sono soppresse.

Art. 9.
(Arresto in flagranza differita)

1. Dopo l'articolo 382 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«Art. 382-bis.(Arresto in flagranza differita)1. Nei casi di cui agli articoli 387-bis, 572 e 612-bis del codice penale, si considera comunque in stato di flagranza colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica o di altra documentazione legittimamente ottenuta da dispositivi di comunicazione informatica o telematica, dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le quarantotto ore dal fatto».

Art. 10.
(Rafforzamento delle misure cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 275-bis, comma 1, primo periodo, le parole: «, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria» sono sostituite dalle seguenti: «, previo accertamento della relativa fattibilità tecnica da parte della polizia giudiziaria»;

b) all'articolo 276, comma 1-ter, dopo le parole: «privata dimora» sono inserite le seguenti: «e, comunque, in caso di manomissione dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici di controllo di cui all'articolo 275-bis, anche quando applicati ai sensi degli articoli 282-bis e 282-ter»;

c) all'articolo 282-bis, comma 6:

1) dopo la parola: «572,» sono inserite le seguenti: «575, nell'ipotesi di delitto tentato,»;

2) dopo le parole: «582, limitatamente alle ipotesi procedibili di ufficio o comunque aggravate,» è inserita la seguente: «583-quinquies,»;

3) le parole: «anche con le modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis» sono sostituite dalle seguenti: «con le modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis e con la prescrizione di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, dalla casa familiare e da altri luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale caso, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni»;

4) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con lo stesso provvedimento che dispone l'allontanamento, il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione delle modalità di controllo anzidette»;

d) all'articolo 282-ter:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o dalla persona offesa, disponendo l'applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis. Nei casi di cui all'articolo 282-bis, comma 6, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280. Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta, di una misura più grave qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione delle modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis»;

2) al comma 2, le parole: «una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone» sono sostituite dalle seguenti: «una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o da tali persone, disponendo l'applicazione delle particolari modalità di controllo previste dall'articolo 275-bis».

Art. 11.
(Ulteriori disposizioni in materia di misure cautelari coercitive)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 275, comma 2-bis, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La disposizione di cui al secondo periodo non si applica, altresì, nei procedimenti per il delitto di cui all'articolo 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale»;

b) all'articolo 280 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«3-bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti per il delitto di cui all'articolo 582, nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale»;

c) all'articolo 391, comma 5, secondo periodo, dopo le parole: «per uno dei delitti indicati» sono inserite le seguenti: «nell'articolo 387-bis del codice penale, o».

Art. 12.
(Disposizioni in materia di informazioni alla persona offesa dal reato e di obblighi di comunicazione)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 90-ter, comma 1, dopo le parole: «i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva» sono inserite le seguenti: «emessi nei confronti dell'imputato in stato di custodia cautelare o del condannato o dell'internato»;

b) all'articolo 299, dopo il comma 2-bis è inserito il seguente:

«2-ter. Nei procedimenti per i delitti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera i-ter), del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, l'estinzione, l'inefficacia pronunciata per qualsiasi ragione o la revoca delle misure coercitive previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286 o la loro sostituzione con altra misura meno grave sono comunicati, a cura della cancelleria, anche per via telematica, all'autorità di pubblica sicurezza competente per le misure di prevenzione, ai fini dell'eventuale adozione dei relativi provvedimenti»;

c) all'articolo 659, il comma 1-bis è abrogato.

Art. 13.
(Disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena)

1. All'articolo 165, quinto comma, del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole da: «alla partecipazione a» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «alla partecipazione e al superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, accertati dal giudice»;

b) sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Al fine di individuare gli enti o le associazioni e gli specifici percorsi di recupero di cui al primo periodo, il giudice si avvale degli uffici di esecuzione penale esterna. Qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce comunque inadempimento rilevante ai fini della revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168, primo comma, numero 1».

2. All'articolo 18-bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale, di cui al regio decreto 28 maggio 1931, n. 601, dopo il primo comma è aggiunto il seguente:

«Nei casi di cui all'articolo 165, quinto comma, del codice penale, la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza la trasmette, al passaggio in giudicato, all'ufficio di esecuzione penale esterna, che accerta l'effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e ne comunica l'esito al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza. Gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero danno immediata comunicazione di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero all'ufficio di esecuzione penale esterna, che ne dà a sua volta immediata comunicazione al pubblico ministero, ai fini della revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168, primo comma, numero 1, del codice penale».

Art. 14.
(Provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime o degli aventi diritto)

1. Alla legge 7 luglio 2016, n. 122, dopo l'articolo 13 è inserito il seguente:

«Art. 13-bis.(Provvisionale)1. La vittima o, in caso di morte, gli aventi diritto che, in conseguenza dei reati di cui all'articolo 11, comma 2, primo periodo, commessi dal coniuge anche separato o divorziato o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, vengano a trovarsi in stato di bisogno possono chiedere una provvisionale da imputarsi nella liquidazione definitiva dell'indennizzo, quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, anche non irrevocabile, o emesso decreto penale di condanna, anche non esecutivo.
2. La provvisionale è corrisposta alle condizioni di cui all'articolo 12, comma 1, lettere c), d) ed e), e comma 1-bis, e nei limiti delle risorse disponibili allo scopo, a legislazione vigente, nel Fondo di cui all'articolo 14. È comunque escluso il soggetto che abbia commesso o concorso alla commissione del reato.
3. L'istanza è presentata al prefetto della provincia di residenza o nella quale è stato commesso il reato e deve essere corredata, a pena di inammissibilità, dai seguenti documenti:

a) copia del provvedimento giurisdizionale di cui al comma 1;

b) dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sull'assenza delle condizioni ostative di cui all'articolo 12, comma 1, lettere d) ed e), nonché sulla qualità di avente diritto ai sensi dell'articolo 11, comma 2-bis;

c) certificato ovvero dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell'atto di notorietà, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la situazione economica dell'istante e delle persone di cui all'articolo 433 del codice civile.

4. Il prefetto, entro sessanta giorni dal ricevimento dell'istanza, verifica la sussistenza dei requisiti, avvalendosi anche degli organi di polizia.
5. Il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti, di cui all'articolo 3 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, acquisiti gli esiti dell'istruttoria dal prefetto, provvede entro centoventi giorni dalla presentazione dell'istanza. La provvisionale può essere assegnata in misura non superiore a un terzo dell'importo dell'indennizzo determinato secondo quanto previsto dal decreto di cui all'articolo 11, comma 3.
6. Il Comitato di cui al comma 5 dichiara la decadenza dal beneficio della provvisionale e dispone la ripetizione di quanto erogato nei seguenti casi:

a) qualora non sia presentata domanda di indennizzo nel termine di cui all'articolo 13, comma 2, ovvero questa sia respinta o dichiarata inammissibile;

b) qualora, decorso il termine di due anni dalla concessione della provvisionale e con cadenza biennale per gli anni successivi, in assenza delle condizioni per la presentazione della domanda di indennizzo, non sia prodotta autocertificazione sulla non definitività della sentenza penale o della procedura esecutiva o sulla mancata percezione di somme in connessione al reato».

Art. 15.
(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione dei compiti derivanti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

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