PDL 1160

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1160

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, DORI, EVI, FRATOIANNI, GHIRRA, GRIMALDI, MARI, PICCOLOTTI, ZARATTI

Modifica all'articolo 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni concernenti la cessazione dell'impiego delle sostanze polifluoroalchiliche e perfluoroalchiliche nei processi produttivi e nei prodotti industriali

Presentata il 17 maggio 2023

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge interviene sulle sostanze polifluoroalchiliche e perfluoroalchiliche (PFAS), che oggi rappresentano un rischio inaccettabile per le generazioni attuali e future a causa della loro estrema persistenza e delle prove scientifiche che collegano l'esposizione a essi a impatti dannosi sulla salute umana, sulla fauna selvatica e sull'ecosistema in generale.
I PFAS sono composti organici formati da una catena alchilica di lunghezza variabile (in genere da 4 a 14 atomi di carbonio) totalmente fluorurata e da un gruppo funzionale idrofilico, generalmente un acido carbossilico o solfonico. Le molecole più utilizzate e studiate di questa grande famiglia di sostanze chimiche sono l'acido perfluoroottanoico (PFOA) e l'acido perfluoroottansolfonico (PFOS).
La presenza di numerosi legami carbonio-fluoro conferisce loro particolari caratteristiche fisico-chimiche, come la repellenza all'acqua e ai grassi, la stabilità termica e la tensioattività, rendendoli molto utili in un ampio campo di applicazioni industriali e di prodotti di largo consumo.
I PFAS sono stati utilizzati a partire dagli anni '50 come emulsionanti e tensioattivi in prodotti per la pulizia, nella realizzazione di insetticidi, di rivestimenti protettivi e di imballaggi alimentari, di schiume antincendio e di vernici. Sono impiegati anche nella produzione di capi di abbigliamento impermeabili e di tappezzeria, in prodotti per stampanti, pellicole fotografiche e superfici murarie, in materiali per la microelettronica, nell'industria militare e farmaceutica.
Tali sostanze, dotate di elevata persistenza nell'ambiente e di capacità di bioaccumulo, vengono assorbite da parte dell'organismo umano prevalentemente per via orale tramite il consumo di acqua potabile e di alimenti. Ciò significa che, assunte anche in piccole quantità per un lungo periodo, esse si accumulano nei tessuti e negli organi vitali.
Innumerevoli ricerche scientifiche hanno evidenziato come un'elevata esposizione a PFOS e a PFOA può avere conseguenze dannose per la salute della popolazione, in quanto essi sono neurotossici oltre che interferenti endocrini.
È infatti ormai dimostrato che tali sostanze producono effetti dannosi negli organismi, in habitat sia acquatici che terrestri, soprattutto a carico del fegato, della tiroide e della fertilità ed esse sono in fase di classificazione da parte dell'International Agency for Research on Cancer come «sospetti cancerogeni per l'uomo».
Studi epidemiologici hanno mostrato attività epatotossica sia per il PFOA che per il PFOS nei roditori e nelle scimmie: gli effetti che ne derivano includono l'aumento delle dimensioni del fegato, l'induzione di enzimi implicati nella ß-ossidazione degli acidi grassi e la riduzione dei livelli sierici di colesterolo. Il PFOA, in particolar modo, si è rivelato un potente promotore del tumore epatico nei ratti.
La pericolosità di tali sostanze è segnalata anche nella pubblicazione «Conosci, riduci, previeni gli interferenti endocrini. Un decalogo per il cittadino» a cura del Ministero dell'ambiente e dell'Istituto superiore di sanità (pubblicazione del 2012, oggetto di revisione nel 2014).
Sono molte le istituzioni, nazionali e internazionali, che in questi anni sono intervenute nel merito, sia per orientare a livello legislativo sia per promuovere campagne di monitoraggio, sia per fissare limiti di concentrazione nelle diverse matrici, come l'Agenzia statunitense per la protezione ambientale. Lo stesso Consiglio nazionale delle ricerche, in accordo con il Ministero dell'ambiente, ha attivato una campagna di misurazione di sostanze chimiche contaminanti rare nei principali bacini idrici italiani: contestualmente alle acque superficiali, sono stati infatti prelevati campioni di acqua destinata al consumo umano in più di trenta comuni veneti e dalle analisi è risultato un inquinamento diffuso e preoccupante di PFAS. Per tali ragioni l'Istituto superiore di sanità, nel parere del 7 giugno 2013, protocollo n. 22264, relativo al citato ritrovamento di sostanze perfluorurate nel territorio veneto, ha espresso, in applicazione del principio di precauzione, l'opportunità e l'urgenza di adottare adeguate misure di mitigazione dei rischi, prevenzione e controllo estese alla filiera idrica sulla contaminazione delle acque da destinare e destinate a consumo umano nei territori interessati, fra cui l'adozione di approvvigionamenti alternativi o, laddove tale misura non risulti praticabile, l'adozione di adeguati sistemi di trattamento delle acque per l'abbattimento sostanziale delle concentrazioni degli analiti presenti.
La contaminazione da PFAS delle matrici ambientali, in particolare le acque interne superficiali e di falda, ha purtroppo raggiunto un livello allarmante soprattutto nel Veneto, interessando un'area di circa 180 chilometri quadrati (dato dell'Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto 2015), con settanta comuni interessati e oltre 300.000 persone coinvolte. È stata compromessa la seconda falda freatica più grande e importante d'Europa: la falda di Almisano.
Questa situazione di emergenza ha imposto, per ragioni di tutela della salute della popolazione, la chiusura di numerosi pozzi a uso potabile nei comuni di Sarego e di Monticello. Proprio dagli amministratori di questa regione giunge la richiesta di una legge ad hoc che regolamenti l'uso delle sostanze indicate, prevedendone un limite massimo di concentrazione soprattutto nelle acque.
Successivamente, il decreto legislativo 13 ottobre 2015, n. 172, recante attuazione della direttiva 2013/39/UE, che modifica le direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque, ha identificato i PFOS quali sostanze pericolose prioritarie.
L'Istituto superiore di sanità, nella nota del 19 febbraio 2016, protocollo n. 4930, nel calcolare le stime di esposizione parziali ai PFAS, ha evidenziato che i dati riferibili a uova di allevamenti familiari e di pesce di cattura indicano potenziali criticità meritevoli di ulteriori e più mirati approfondimenti, attese le concentrazioni di PFAS che, in condizioni di consumi prolungati nel tempo, considerati i parametri tossicologici, potrebbero determinare il superamento delle dosi giornaliere accettabili. Il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), all'articolo 57 include il PFOA tra le sostanze «estremamente preoccupanti» per le proprietà di persistenza, bioaccumulabilità e tossicità e nella categoria 1B in quanto tossico per la riproduzione e, pertanto, inserito nella lista delle sostanze candidate all'autorizzazione. Il regolamento dispone che: «Effetti nocivi sulla salute umana e sull'ambiente derivanti da sostanze estremamente preoccupanti dovrebbero essere impediti attraverso l'applicazione di adeguate misure di gestione dei rischi al fine di assicurare che eventuali rischi derivanti dagli usi di una sostanza siano adeguatamente controllati e nella prospettiva della progressiva sostituzione di tali sostanze con una sostanza idonea più sicura».
Il regolamento (CE) n. 1907/2006, all'articolo 1, precisa che «Le sue disposizioni si fondano sul principio di precauzione». Il ricorso a tale principio, al quale è dedicata la comunicazione della Commissione europea COM(2000) 1 final, del 2 febbraio 2000, e contenuto nell'articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ha lo scopo di reagire rapidamente di fronte a un possibile pericolo per la salute umana, animale o vegetale, ovvero per la protezione dell'ambiente, nel caso in cui i dati scientifici non consentano una valutazione completa del rischio, e permette, fra l'altro, di impedire la distribuzione dei prodotti o materie che possano essere pericolosi. Il principio di precauzione può essere invocato quando un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica anche se questa non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. Tale principio può essere altresì invocato nell'ipotesi di un rischio potenziale e, se il rischio è alto, si possono adottare varie misure attraverso atti giuridici proporzionati.
Le sostanze identificate come PFOS sono state inserite dalla direttiva 2013/39/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 agosto 2013, nella lista delle sostanze pericolose prioritarie e in tale senso contribuiranno al raggiungimento degli standard di qualità ambientale.
Nel 2019, il Consiglio dell'Unione europea ha invitato la Commissione a sviluppare un piano d'azione per eliminare tutti gli usi non essenziali dei PFAS; l'invito, ora, è stato integrato nella strategia del Green Deal europeo. È giunto il momento di dimostrare al resto del mondo che l'eliminazione dei PFAS è possibile.
Studi di biomonitoraggio sull'uomo forniscono oramai prove evidenti che i PFAS si accumulano anche nel siero del sangue delle popolazioni di tutto il mondo, con un'esposizione legata al rischio professionale e alla fascia di età (nei bambini è quasi doppia rispetto a quella degli adulti; i bambini nascono con PFAS già presenti nel corpo a causa dell'esposizione prenatale, poi vengono nutriti con latte materno o artificiale contaminato).
Nel 2005, uno studio di biomonitoraggio familiare condotto in tutta l'Unione europea ha rilevato la presenza di PFOA e/o PFOS nel sangue di tutti i bambini partecipanti. Uno studio del 2017 di Santé Publique France ha trovato PFAS nel siero di tutte le donne francesi in gravidanza. Un'indagine ambientale tedesca, condotta nel 2014 e nel 2017, ha rilevato la diffusione di PFOS e PFOA tra bambini e adolescenti (rispettivamente il 100 per cento e l'86 per cento), nonostante le restrizioni globali imposte dalla Convenzione di Stoccolma per i PFOS del 2009.
Nel 2020, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha rivalutato le prove sulla tossicità di PFOA e PFOS, concludendo che parte della popolazione europea ha già superato i nuovi livelli di assunzione tollerabile a causa della diffusa contaminazione di alimenti e acqua potabile. La relazione EFSA 2020 ha inoltre concluso che i bambini piccoli sono quelli più esposti a causa dell'esposizione durante la gravidanza e l'allattamento. Nel 2021, l'Istituto nazionale per la salute pubblica e l'ambiente dei Paesi Bassi ha dichiarato che i cittadini olandesi sono esposti a concentrazioni troppo elevate di PFAS attraverso gli alimenti e l'acqua potabile. Nel 2022, l'iniziativa europea di biomonitoraggio umano HBM4EU ha riportato risultati che indicano che oltre il 14 per cento degli adolescenti europei analizzati aveva livelli di PFAS nel corpo superiori alle linee guida dell'EFSA. Mentre i livelli di PFOS e PFOA iniziano a diminuire in risposta alle severe restrizioni, si è verificato un contemporaneo aumento delle nuove sostanze PFAS che le hanno rapidamente sostituite. Ciò vanifica i parziali sforzi normativi compiuti e lascia intravedere in modo preoccupante i problemi che le generazioni future saranno costrette ad affrontare.
L'esposizione ai PFAS più studiati è stata collegata a una serie di effetti negativi sulla salute, tra cui malattie della tiroide, danni al fegato, riduzione del peso alla nascita, obesità, diabete, colesterolo alto e riduzione della risposta alle vaccinazioni di routine, nonché un aumento del rischio di cancro al seno, ai reni e ai testicoli. Vi sono inoltre prove crescenti che suggeriscono un impatto sulla fertilità, sullo sviluppo e sui problemi comportamentali. I rischi per la salute sono ulteriormente aggravati quando l'esposizione avviene in gruppi vulnerabili. Saranno, se non prendiamo provvedimenti urgenti, i nostri figli a pagare il prezzo dell'inazione di oggi.
È preoccupante che, con il progredire delle conoscenze scientifiche, si accumulino sempre più prove dei danni associati all'esposizione ai PFAS, senza che si prendano provvedimenti drastici per la loro eliminazione. Per esempio: nel 2020, l'EFSA ha abbassato l'assunzione tollerabile raccomandata di PFOA di oltre 2.000 volte rispetto al 2008. Nel 2021, l'Agenzia statunitense per la protezione dell'ambiente (EPA) ha ridotto la dose di riferimento di PFOA di oltre 13.000 volte rispetto al 2016. Una tendenza simile si osserva per il GenX (un PFAS comunemente usato come sostituto del PFOA), per il quale l'EPA nel 2021 ha abbassato la dose di riferimento di 26 volte rispetto al 2018. Sebbene la valutazione e la rivalutazione continue siano necessarie e gli aggiustamenti dei limiti di sicurezza siano inevitabili, la misura drammatica in cui questi limiti sono cambiati negli ultimi anni dimostra chiaramente l'incapacità di proteggere adeguatamente la popolazione, in particolare coloro che vivono con livelli di esposizione ora riconosciuti come non sicuri. Questa tendenza solleva anche una seria preoccupazione per le molte migliaia di PFAS per i quali mancano ancora dati tossicologici.
Recenti ricerche evidenziano anche l'impatto che i PFAS hanno su specie chiave come gli impollinatori, con il rischio di implicazioni a catena nell'agricoltura e nella produzione alimentare: è stato ampiamente dimostrato il loro bioaccumulo nei tessuti delle api. Nei mammiferi marini è stata collegata a impatti sulla funzione immunitaria, sanguigna, epatica e renale, è stato dimostrato che disturbano la riproduzione, l'attività tiroidea, il metabolismo e lo sviluppo. È stata persino collegata a impatti neurologici negli orsi polari. Negli uccelli marini, livelli più elevati di PFAS sono correlati a un'alterazione dell'ormone tiroideo e a condizioni corporee peggiori. È quindi fondamentale agire con urgenza per arginare tutte le fonti non necessarie di questi inquinanti persistenti, se vogliamo imparare dagli errori del passato, proteggere la fauna selvatica e salvaguardare la resilienza del nostro ambiente naturale per le generazioni future.
Inoltre, il loro utilizzo indiscriminato crea un serio ostacolo all'economia circolare, che oramai è il vero volàno di una società sostenibile. Dobbiamo ripensare urgentemente il modo in cui utilizziamo e gestiamo le sostanze chimiche, vietando da subito l'utilizzo di quelle nocive, perché non è ancora stata trovata una soluzione adeguata allo smaltimento dei rifiuti contenenti PFAS, che sono quasi impossibili da distruggere: il trattamento termico ad alta temperatura non garantisce la loro completa disgregazione. Solo alcune tecnologie specializzate di non-combustione sembrano offrire qualche speranza.
Ma le soluzioni prive di PFAS esistono già: secondo un'indagine condotta dall'associazione ambientalista Fidra, contrariamente a quanto sostiene regolarmente l'industria a sostegno dell'uso dei PFAS nei tessuti, l'uso di indumenti trattati con antimacchia non a base di PFAS non ha avuto un impatto sul comportamento dei consumatori, né in termini di frequenza di lavaggio né di longevità dei capi. Nel 2020, lo stesso imballaggio alimentare – un sacchetto di patatine fritte del marchio McDonald's – è stato acquistato in tre diversi Paesi e analizzato per verificare la presenza di PFAS: il Paese in cui non è stato individuato alcun trattamento è la Danimarca, dove dal luglio 2020 è in vigore un divieto negli imballaggi alimentari. Ciò dimostra che le normative sono uno strumento efficace per spingere gli operatori del settore a trovare sostituti sicuri. Nel 2021, l'analisi chimica dei cosmetici effettuata dal Consiglio danese dei consumatori ha rivelato la presenza di PFAS nel mascara e nella crema per il viso. Nel 2022, il Bund ha trovato PFAS aggiunti intenzionalmente in ciprie, maschere per il viso e shampoo di marche internazionali. Un altro studio che ha analizzato l'uso dei PFAS nei cosmetici venduti sui mercati statunitense e canadese ha rilevato la presenza di PFAS in oltre la metà dei campioni analizzati. Tuttavia, lo studio ha anche evidenziato la disponibilità di un'ampia gamma di cosmetici popolari che soddisfano le aspettative dei clienti senza la necessità di PFAS. Più di 90 aziende hanno aderito al movimento Corporate PFAS di ChemSec, sostenendone il divieto. Molte di esse hanno già eliminato gradualmente i PFAS, dimostrando la disponibilità di alternative e la possibilità di adattare i processi industriali. Per molti usi è disponibile una serie di alternative più sicure; alcune sono elencate nel ChemSec Marketplace e in vari rapporti settoriali specifici, tra cui quelli per i tessuti, gli imballaggi alimentari e le vernici. Un'azione legislativa chiara e l'applicazione delle norme sono quindi essenziali per ridurre l'esposizione del pubblico ai PFAS e per prevenire la contaminazione ambientale in corso.
Gli approcci normativi frammentari alla gestione dei PFAS attuati finora, sia nell'Unione europea che all'estero, si sono rivelati inadeguati a prevenire il loro rilascio nell'ambiente. Con migliaia di composti PFAS identificati e dati tossicologici disponibili solo per una manciata di essi, è impossibile eseguire una valutazione completa del rischio per ogni singolo PFAS. Non è accettabile che i PFAS continuino ad accumularsi nel nostro corpo e nell'ambiente naturale mentre aspettiamo potenzialmente decenni prima che la ricerca si metta al passo.
Si chiede, con la presente proposta di legge l'eliminazione seppur graduale di tutti i PFAS utilizzati nei prodotti di consumo (ad esempio, imballaggi alimentari, cosmetici, abbigliamento) partendo dall'impegno di Danimarca, Germania, Norvegia, Svezia e Paesi Bassi per arrivare a una proposta forte ed efficace per una restrizione universale dei PFAS in tutta l'Unione.
L'articolo 1 prevede l'istituzione di un tavolo tecnico per i PFAS con il compito di indicare percorsi idonei per giungere all'eliminazione delle PFAS nei processi produttivi e nei prodotti industriali e identifica, fra l'altro, da subito il limite massimo di emissioni nell'ambiente di tali sostanze.
L'articolo 2 reca modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
L'articolo 3 individua le modalità di controllo sull'utilizzo dei PFAS nei processi industriali.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Restrizione dell'uso e sostituzione delle sostanze polifluoroalchiliche e perfluoroalchiliche)

1. Al fine di garantire la diminuzione dell'immissione nell'ambiente delle sostanze polifluoroalchiliche e perfluoroalchiliche (PFAS), la presente legge reca norme per la loro graduale sostituzione, fino a giungere alla loro completa eliminazione, nei processi produttivi e nei prodotti industriali.
2. Per le finalità di cui al comma 1, con decreto del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle imprese e del made in Italy, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito un tavolo tecnico-scientifico, di seguito denominato «tavolo tecnico PFAS», composto da tre rappresentanti, di cui uno con funzioni di presidente, del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, da tre rappresentanti del Ministero della salute e da tre rappresentati del Ministero delle imprese e del made in Italy, scelti tra i funzionari competenti delle rispettive amministrazioni, nonché da quattro rappresentanti delle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Del tavolo tecnico PFAS possono altresì fare parte tre esperti scelti tra personalità del mondo scientifico, accademico e giuridico. Il tavolo tecnico PFAS si avvale del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, istituito ai sensi della legge 28 giugno 2016, n. 132, di organi di consulenza scientifica, quale l'Istituto di ricerca sulle acque del Centro nazionale delle ricerche, e dell'Istituto superiore di sanità. Entro diciotto mesi dalla sua istituzione, il tavolo tecnico PFAS predispone e trasmette ai Ministeri dell'ambiente e della sicurezza energetica, della salute e delle imprese e del made in Italy, uno schema di regolamento recante indicazioni per la sostituzione dei PFAS nei processi produttivi e nei prodotti industriali e identifica il limite massimo di emissioni nell'ambiente di tali sostanze da applicare immediatamente e nei successivi periodi, fino alla loro completa eliminazione.
3. Entro sei mesi dalla trasmissione dello schema di regolamento di cui al comma 2 e sulla base delle indicazioni in esso contenute, il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro delle imprese e del made in Italy, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, adotta, con proprio decreto, il regolamento che stabilisce le disposizioni per la sostituzione dei PFAS nei processi produttivi e nei prodotti industriali.
4. Qualunque nuovo prodotto sostitutivo dei PFAS, prima di essere immesso in produzione, deve ottenere l'approvazione dell'Istituto superiore di sanità e non deve essere dannoso per l'uomo e per l'ambiente. Tutte le informazioni devono essere rese pubbliche nel sito internet istituzionale del medesimo Istituto.

Art. 2.
(Modifica all'articolo 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152)

1. Dopo il comma 2 dell'articolo 101 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Nel perseguire l'obiettivo di limitazione delle sostanze polifluoroalchiliche e perfluoroalchiliche (PFAS), con caratteristiche di persistenza, bioaccumulabilità e tossicità, nei cicli produttivi e negli scarichi, le autorità competenti possono definire limiti allo scarico più restrittivi di quelli indicati della Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
2-ter. Il soggetto responsabile di uno scarico contenente PFAS è tenuto a comunicare al soggetto competente al controllo i dati relativi alle analisi semestrali di controllo allo scarico dei PFAS. Per gli scarichi già autorizzati il titolare dell'attività da cui origina lo scarico contenente PFAS presenta domanda di rinnovo dell'autorizzazione all'autorità competente; la domanda di rinnovo è valutata entro sei mesi dalla sua presentazione si conclude con un provvedimento adottato in modo espresso; trascorso inutilmente il termine di sei mesi, lo scarico deve essere immediatamente interrotto.
2-quater. Le autorità competenti in materia di autorizzazione integrata ambientale avviano il riesame delle autorizzazioni vigenti ai sensi dell'articolo 29-octies, commi 4 e 5, per l'adeguamento ai valori limite di emissione degli scarichi contenenti PFAS.
2-quinquies. Il Centro nazionale per la sicurezza delle acque, istituito ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 23 febbraio 2023, n. 18, adotta e rende disponibili linee guida tecniche sui metodi analitici per il monitoraggio dei PFAS, con riferimento ai parametri “PFAS-totale” e “somma di PFAS”, compresi i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento».

Art. 3.
(Controllo sull'utilizzo dei PFAS nei processi industriali)

1. Chiunque utilizza PFAS direttamente o indirettamente, nei processi produttivi o nelle attività di smaltimento dei rifiuti, invia semestralmente alle regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano, all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, alle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente e alle aziende sanitarie locali competenti per territorio tutte le informazioni riguardanti:

a) le attività svolte e le misure adottate ai fini della tutela della salute dei lavoratori e della protezione dell'ambiente;

b) le tipologie e i quantitativi di PFAS utilizzati nei processi industriali.

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