PDL 1154

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1154

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
TORTO, AMATO, CARAMIELLO, CARMINA, CHERCHI, ALFONSO COLUCCI, ILARIA FONTANA, MORFINO, PAVANELLI, SCERRA

Norme in materia di reclutamento e stato giuridico dei ricercatori universitari di ruolo a tempo indeterminato e dei ricercatori a tempo determinato e sulla programmazione del fabbisogno organico delle università nonché modifiche alla disciplina relativa all'assunzione del personale

Presentata il 15 maggio 2023

torna su

Onorevoli Colleghi! — L'università italiana sta attraversando un'evidente fase di difficoltà che penalizza tutto il sistema Paese e che proietta l'Italia tra gli Stati dell'Unione europea che investono meno sulla ricerca scientifica e, di conseguenza, ne traggono meno benefìci. Le motivazioni di tale ritardo rispetto agli altri Paesi industrializzati sono diverse; fra queste vi è indubbiamente la scadente valorizzazione del ricercatore italiano. Tale insuccesso è da ricondurre all'inadeguatezza delle riforme legislative degli ultimi venti anni, che culminano con la contestata riforma Gelmini (legge 30 dicembre 2010, n. 240).
Il ruolo e la valorizzazione del ricercatore universitario sia nei settori umanistici che delle scienze applicate costituiscono, quindi, alcuni dei nodi da affrontare per risolvere la difficile situazione dell'università italiana, dal momento che si registrano un'imponente e crescente stratificazione del precariato nelle giovani generazioni e un innalzamento dell'età media del ricercatore, a cui va sommata la perdita delle eccellenze a causa dell'ormai noto fenomeno della «fuga dei cervelli» all'estero e della speculare incapacità di attrarre ricercatori e studiosi dall'estero. A fronte dell'evidente necessità per il Paese di avere una università di qualità, che attraverso la valorizzazione delle giovani generazioni e delle eccellenze produca innovazione tecnologica ed elaborazione dei saperi, le istituzioni centrali e periferiche non sono state in grado di fornire risposte efficaci e adeguate, a tal punto da acutizzare non solo il fenomeno della fuga dei cervelli, ma anche l'abbandono del percorso di ricerca tra i giovani laureati italiani. Le conseguenze sono diverse: se da un lato si assiste a una drammatica perdita dei saperi, dall'altro, paradossalmente, lo Stato investe le proprie risorse, seppur in dimensione insufficiente, sulla formazione universitaria del cittadino senza raccoglierne i frutti.
È innegabile, infatti, che le capacità, l'ingegno e le conoscenze dei nostri giovani sono dispersi o, addirittura, regalati ad altre nazioni a causa di norme che sono fallimentari rispetto agli obiettivi che si prefiggevano.
Il problema del precario della ricerca e delle diverse tipologie di contratti è emerso già a ridosso degli anni ottanta. Una prima risposta si concretizzò con la legge 21 febbraio 1980, n. 28, che istituì il ruolo del ricercatore universitario. Nonostante alcune problematiche fossero, comunque, rimaste irrisolte, a causa delle innumerevoli sanatorie introdotte più o meno esplicitamente nelle disposizioni normative di quegli anni, con tale legge era stato avviato un percorso che aveva migliorato il sistema di reclutamento della docenza universitaria.
Per circa un decennio le norme rimasero pressoché invariate, fino alle novità legislative introdotte tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta. Da quel momento tutti gli interventi normativi, sebbene perseguissero il tentativo di incentivare l'autonomia delle università (la scelta autonoma degli statuti, della forma organizzativa, regolamentare e gestionale doveva essere strumentale all'autonomia didattica e della ricerca delle strutture universitarie), non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati, anzi hanno contribuito a incentivare il libero arbitrio dei professori universitari nelle fasi di reclutamento delle successive generazioni di docenti e di ricercatori per garantire il ruolo accademico ai propri allievi anche, talvolta, condizionando le scelte didattiche. Non è un mistero, infatti, che alcuni insegnamenti siano stati attivati ad hoc per impreziosire il curriculum di un giovane allievo o, talvolta, disattivati per sbarrare l'accesso a qualche indesiderato. Si passò, quindi, dallo strapotere della politica e dei sindacati alla cosiddetta «baronia accademica», che ha generato una sequenza infinita di scambi di favori tra professori, di abusi di potere, di titoli ignorati nei concorsi e di giudizi nettamente discordanti dei membri delle commissioni concorsuali degli atenei.
Infatti con l'approvazione della legge 3 luglio 1998, n. 210, che ha previsto l'emanazione della nuova disciplina per il reclutamento dei ricercatori universitari, venne trasferita alle università la competenza sia per le modalità di espletamento delle procedure di reclutamento che per la nomina. Questo passaggio consegnò a gruppi di professori locali il potere di scegliere i ricercatori da reclutare, eludendo ogni selezione basata su criteri oggettivi e di qualità, anche se formalmente esistenti. Infatti la nomina da parte delle strutture didattiche universitarie locali di uno dei membri delle commissioni di valutazione e dei concorsi rendeva facilmente manipolabile anche l'esito della selezione. Il passaggio successivo, che mette in crisi tutto il sistema accademico, è il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, del Governo Berlusconi. Questo provvedimento introdusse il blocco del turn-over, disponendo che solo il 20 per cento del personale universitario che andava in pensione potesse essere rimpiazzato con nuove assunzioni; proprio per questo destò notevoli preoccupazioni nell'intera comunità accademica a causa degli effetti facilmente prevedibili, tant'è che fu molto contestato dalle opposizioni politiche e parlamentari del centro-sinistra e da tutti gli ambienti universitari. Nonostante il blocco del turn-over prevedesse una durata temporale limitata nel tempo, ovvero fino al 2012, e avesse come unico obiettivo il risparmio delle risorse destinate all'università, fu prorogato dai Governi successivi tanto che oggi è ancora in vigore e dovrebbe concludersi nel corrente anno. La già citata legge n. 240 del 2010, la riforma Gelmini, sancì la messa ad esaurimento del ruolo del ricercatore a tempo indeterminato già deciso con la legge 4 novembre 2005, n. 230, dell'allora Ministro Moratti e precarizzò in maniera esasperata questa figura. Pertanto si assiste oggi a un impoverimento del sistema accademico, nonché a un calo del numero di iscrizioni degli studenti, alla perdita di gran parte del know how e al pericolo di estinzione di alcuni settori scientifici storici a causa dell'esaurimento dei ruoli di docenza. Attualmente gli atenei italiani registrano infatti una contrazione del numero di docenti, l'impossibilità di attuare il ricambio generazionale e una difficoltà materiale nel programmare ed attuare un'offerta formativa adeguata alle reali esigenze. Mentre nel 2008 i ricercatori a tempo indeterminato negli atenei statali erano 24.489, i professori ordinari 18.218 e quelli associati 17.547, alla fine del 2014 si sono registrati 20.048 ricercatori a tempo indeterminato, 12.564 professori ordinari e 16.736 professori associati; tale decrescita di ricercatori ha continuato ad aumentare nel corso del tempo, tanto che all'inizio del 2016 il numero dei ricercatori a tempo indeterminato è stato inferiore alle 17.000 unità, mentre quelli a tempo determinato sono stati oltre 3.200.

ANNO

Professore ordinario

Professore associato

Ricercatore a tempo indeterminato

Ricercatore a tempo determinato

2008

18.218

17.547

24.489

2014

12.564

16.736

20.408

2016

12.189

18.890

16.561

3.310

2017

12.018

19.082

13.900

3.055 (tipo A)

2322 (tipo B)

Fonte dati MIUR

Sono sconcertanti, tra l'altro, i dati sull'età media del ricercatore italiano e sull'età d'ingresso al ruolo del ricercatore: si accede alla soglia dei 40 anni, mentre agli inizi degli anni novanta si accedeva intorno ai 33 anni, e l'età media del ricercatore supera i 46 anni (nel 2013, dati ANVUR) a fronte di un'età media che nel 1990 era al di sotto dei 40 anni.
L'ultimo atto, che rischia di generare un vero e proprio collasso nel sistema universitario statale, è ad opera del Governo Monti, che ha modificato il meccanismo del blocco del turn-over introducendo il sistema dei punti organico, fortemente penalizzante per gli atenei situati in territori depressi economicamente e vantaggioso per quelli con sedi in aree geografiche economicamente più solide. La conseguenza è stata che alcuni atenei hanno avuto la possibilità di reclutare anche oltre la quota del 100 per cento del personale pensionato, mentre altre università non hanno potuto superare il 10 per cento di assunzioni del personale cessato.
La presente proposta di legge mira principalmente a reintrodurre il ruolo del ricercatore a tempo indeterminato attraverso la promozione di una programmazione statale in stretta collaborazione con gli atenei, con l'obiettivo di creare un sistema di reclutamento che espropri i gruppi di potere locali dalla facoltà di determinare chi può accedere o no al ruolo di ricercatore. Infatti si modificano in maniera organica lo stato giuridico del ricercatore universitario, la metodologia di reclutamento e il meccanismo di turn-over.
Questa proposta di legge abolisce principalmente quella parte della riforma Gelmini che riguarda il ruolo del ricercatore universitario. Infatti, a decorrere dall'approvazione della legge n. 240 del 2010 è stata eliminata la possibilità di stipulare contratti a tempo indeterminato per ricercatori universitari, introducendo un sistema che ha, di fatto, precarizzato un'intera generazione e che non ha raggiunto gli obiettivi prefissati in fase di approvazione.
La proposta di legge è composta da nove articoli, dei quali sono di seguito illustrati i contenuti.
Articolo 1. I commi 1 e 2 introducono nell'ordinamento due distinte figure:

a) il ricercatore assunto con contratto a tempo determinato di durata triennale e prorogabile per soli due anni, al cui ruolo si può accedere con il possesso del dottorato di ricerca;

b) il ricercatore a tempo indeterminato il cui ruolo è riservato ai candidati che hanno svolto il servizio a contratto di cui alla lettera a), ai beneficiari degli assegni di ricerca per almeno tre anni, delle borse post-dottorato, di equivalenti assegni o borse presso università estere per almeno tre anni anche non continuativi, ai possessori del dottorato di ricerca e ai ricercatori di cui all'articolo 24, comma 3, della legge n. 240 del 2010, ovvero, per i settori concorsuali di area medica, ai possessori del diploma di specializzazione medica.

Si stabilisce, inoltre, che il ricercatore universitario svolge attività di ricerca, di docenza e di servizi agli studenti.
Il comma 3, al fine di garantire la continuità del sistema e la conclusione delle procedure di reclutamento conseguenti alla legge n. 240 del 2010, stabilisce che i contratti di ricerca di cui all'articolo 24, comma 3, della legge n. 240 del 2010 non possono essere stipulati a decorrere dall'entrata in vigore delle nuove norme.
Il comma 4 stabilisce che ogni università può stipulare un numero di contratti per ricercatore a tempo determinato, per particolari esigenze legate ai programmi di ricerca o per compiti didattici, in misura non superiore al 20 per cento rispetto al totale dei ricercatori a tempo indeterminato in organico nell'ateneo e previa autorizzazione del Ministro dell'università e della ricerca. La norma ha l'obiettivo di arginare l'abuso di contratti precari, limitando la possibilità della loro attivazione a particolari e straordinarie esigenze didattiche e di ricerca. Tale limite, combinato con quanto contenuto nell'articolo 9, garantisce un effettivo ricambio generazionale nell'arco di pochi anni e un marginale ricorso a contratti per ricercatori precari. Infatti l'articolo 9 stabilisce che la componente dei ricercatori nella composizione dell'organico docente di ateneo non può essere inferiore al 50 per cento del totale.
Articolo 2. Il comma 1 stabilisce che i ricercatori a tempo determinato sono selezionati mediante procedure pubbliche disciplinate dalle università, attraverso un bando, con proprio regolamento nel rispetto dei princìpi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori (raccomandazione 2005/251/CE della Commissione, dell'11 marzo 2005).
Nello specifico, i criteri fissati sono:

a) la pubblicità dei bandi di selezione nella Gazzetta Ufficiale, nel sito internet istituzionale dell'università interessata e in quelli del Ministero dell'università e della ricerca e dell'Unione europea;

b) la specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite l'indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari;

c) la presenza di informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni del ricercatore, sui suoi diritti e doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale;

d) la previsione di modalità di trasmissione telematica delle candidature nonché dei titoli e delle pubblicazioni;

e) l'ammissione dei candidati in possesso di laurea magistrale o con titoli di studio equipollenti (laurea specialistica e laurea degli ordinamenti didattici vigenti prima del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509);

f) la valorizzazione, ai fini concorsuali, degli assegni di ricerca, delle borse post-dottorato, degli equivalenti assegni o borse presso università estere e del dottorato di ricerca;

g) la valutazione preliminare dei candidati, con motivato giudizio analitico dei titoli, e della produzione scientifica sul piano qualitativo e quantitativo, compresa la tesi di laurea e di dottorato, secondo criteri e parametri riconosciuti anche in ambito internazionale;

h) l'ammissione dei candidati comparativamente più meritevoli, in misura compresa tra il 10 e il 20 per cento del numero degli stessi e comunque non inferiore a sei unità, alla discussione pubblica, con la commissione di concorso, dei titoli e della produzione scientifica;

i) l'ammissione dei candidati alla discussione qualora il numero dei candidati sia pari o inferiore a sei;

l) l'attribuzione di un punteggio ai titoli e a ciascuna delle pubblicazioni presentate dai candidati ammessi alla discussione;

m) la formulazione della proposta di assunzione da parte del dipartimento o della struttura di ateneo secondo i propri regolamenti e previa approvazione del consiglio di amministrazione.

Con il comma 2 si specifica che i contratti di ricerca a tempo determinato non dànno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli accademici e amministrativi. Si stabilisce che l'aver svolto il servizio a contratto costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso alle amministrazioni pubbliche.
Inoltre viene specificato che, qualora un dipendente delle amministrazioni pubbliche sia beneficiario di un contratto di ricerca a tempo determinato, dovrà essere collocato in aspettativa per tutto il periodo di durata dei contratti senza assegni, né contribuzioni previdenziali, oppure fuori ruolo nei casi in cui tale posizione sia prevista dagli ordinamenti di appartenenza.
Il comma 3, invece, specifica che i contratti per i ricercatori a tempo determinato sono stipulati esclusivamente con regime di tempo pieno. L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti deve essere compreso tra un massimo di 350 ore e un minimo di 250 ore.
Per quanto riguarda gli aspetti non specificati nella presente proposta di legge si rimanda, quindi, per quanto compatibile, all'articolo 6 della legge n. 240 del 2010.
Articolo 3. È noto il metodo usato per il reclutamento dei ricercatori, ma anche per il passaggio ai ruoli di professore associato e ordinario: il sistema è basato su selezioni apparenti, che di fatto talvolta si rivelano delle formalità dietro cui si cela il ricercatore sponsorizzato dal barone di turno.
Il concorso su base nazionale mira a ridurre al minimo l'influenza dei professori che esercitano il loro potere in modo prominente nell'ateneo di appartenenza.
In quest'ottica, il comma 1 stabilisce che l'accesso al ruolo di ricercatore universitario a tempo indeterminato avviene mediante concorso pubblico su base nazionale, nel rispetto dei princìpi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori (citata raccomandazione 2005/251/CE), per titoli scientifici, integrati dalla discussione dei titoli presentati dal candidato e da una prova didattica nell'ambito di una disciplina della classe di concorso connessa ai titoli indicati dal candidato stesso.
Il concorso deve avere cadenza annuale e accertare l'idoneità scientifica e didattica del candidato generando una graduatoria di merito.
In base al comma 2 al concorso possono accedere i ricercatori a tempo determinato, i candidati che hanno beneficiato di assegni di ricerca per almeno tre anni anche non continuativi, i beneficiari di borse post-dottorato, i beneficiari di equivalenti assegni di ricerca o borse post-laurea presso università estere per almeno tre anni anche non continuativi, i possessori del dottorato di ricerca, ovvero, per i settori concorsuali dell'area medica, i possessori di un diploma di specializzazione medica.
In base al comma 3 il concorso è indetto dal Ministro dell'università e della ricerca con apposito decreto e prevede:

a) la pubblicità dei bandi nella Gazzetta Ufficiale, nel sito internet istituzionale del Ministero dell'università e della ricerca e in quello dell'Unione europea;

b) la suddivisione per settori concorsuali;

c) il divieto ai professori ordinari e associati e ai ricercatori a tempo indeterminato di partecipare alle procedure concorsuali, anche se cessati dal servizio;

d) modalità di trasmissione telematica delle candidature nonché dei titoli e delle pubblicazioni;

e) l'istituzione, per ciascun settore concorsuale, di una commissione nazionale mediante sorteggio di dieci commissari, garantendo la presenza di almeno un commissario per ogni settore scientifico-disciplinare appartenente al settore concorsuale;

f) che i professori ordinari e associati che ne fanno richiesta costituiscono una lista distinta per ogni settore scientifico-disciplinare dalla quale vengono sorteggiati i commissari;

g) che la commissione rimane in carica fino alla conclusione della procedura concorsuale;

h) che, in caso di impedimento o dimissioni di un commissario, si procede a nuovo sorteggio per la sostituzione del commissario mancante;

i) che ad ogni tornata concorsuale viene formata una nuova commissione nazionale, escludendo dagli elenchi i componenti delle precedenti commissioni per i tre anni successivi alla nomina;

l) l'esclusione dalle commissioni concorsuali dei rettori in carica, dei professori universitari posti in aspettativa obbligatoria ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e dei professori universitari che hanno optato per il regime a tempo definito;

m) che la valutazione, con motivato giudizio analitico dei titoli, della produzione scientifica sul piano qualitativo e quantitativo, compresa la tesi di laurea e di dottorato, avvenga secondo criteri e parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con decreto del Ministro competente, sentiti l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca e il Consiglio universitario nazionale;

n) la valorizzazione, in sede di valutazione, dell'eventuale attività di insegnamento e di supervisione, del lavoro in équipe, del trasferimento delle conoscenze, dell'innovazione e delle attività di sensibilizzazione al pubblico;

o) lo svolgimento di due prove, una scritta e l'altra orale, per accertare l'attitudine alla ricerca;

p) lo svolgimento di un'eventuale prova di laboratorio;

q) lo svolgimento una prova didattica per accertare l'attitudine all'insegnamento;

r) una soglia minima di idoneità per il superamento del concorso;

s) la creazione di una graduatoria nazionale di merito per ogni settore scientifico-disciplinare composta dai candidati che hanno superato il concorso;

t) l'aggiornamento delle graduatorie a cadenza annuale con l'inserimento dei ricercatori idonei di ogni nuova tornata concorsuale;

u) che i ricercatori idonei, a domanda, hanno diritto ad essere assunti, ognuno per il proprio settore scientifico-disciplinare, dalle università che hanno stabilito, nella fase di programmazione didattica e della ricerca, di emanare bandi di assunzione;

v) la possibilità di partecipare alle nuove tornate concorsuali anche per i soggetti che hanno partecipato al concorso negli anni precedenti.

Il comma 4 stabilisce che i ricercatori idonei possono partecipare agli eventuali bandi di assunzione per ricercatori a tempo indeterminato nel proprio settore scientifico-disciplinare dei singoli atenei. Tra i partecipanti al bando, è assunto il ricercatore con il miglior quoziente nella graduatoria di merito del proprio settore scientifico-disciplinare. Se l'università non provvede alla nomina in ruolo del ricercatore perde il budget corrispondente, che rientra nelle disponibilità finanziarie del Ministero dell'università e della ricerca. Queste disposizioni hanno l'obiettivo di evitare che l'assunzione del ricercatore sia nominale invece che basata sull'effettiva esigenza del ruolo accademico da ricoprire in uno specifico settore disciplinare.
In base al comma 5, alle università che alla fine del primo triennio hanno incrementato il numero degli iscritti e dei laureati sono assegnate ulteriori risorse per nuove assunzioni in misura sufficiente per sostenere le attività formative dei nuovi studenti; in questo modo si incentivano le università e gli enti territoriali a favorire meccanismi di sostegno al diritto allo studio attraverso forme di collaborazione tra gli enti, mettendo al centro della propria programmazione gli studenti.
Nel comma 6 viene stabilito che le spese per le procedure concorsuali sono da reperire dalle risorse disponibili sul Fondo di finanziamento ordinario per le università.
Articolo 4. Questo articolo stabilisce che i contratti per ricercatori a tempo indeterminato possono prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito.
L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti corrisponde a un massimo di 350 ore per il regime di tempo pieno e a un massimo di 200 ore per il regime di tempo definito.
Lo stato giuridico dei ricercatori universitari è disciplinato, per quanto non previsto specificatamente nella proposta di legge, dalle norme relative allo stato giuridico degli assistenti universitari di ruolo. I ricercatori, quindi, permangono nel ruolo fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età. Sono collocati a riposo a decorrere dall'inizio dell'anno accademico successivo alla data di compimento del predetto limite di età.
Ai ricercatori che hanno optato per il regime di tempo pieno sono affidati, fermi restando il rispettivo inquadramento e trattamento giuridico ed economico, corsi e moduli curricolari compatibilmente con la programmazione didattica definita dai competenti organi accademici. Ad essi viene attribuito il titolo di professore di terza fascia per l'anno accademico in cui svolgono tali corsi e moduli.
Ai ricercatori a tempo indeterminato si applica, per quanto compatibile, l'articolo 6 della legge n. 240 del 2010, ad esclusione dei commi 2, 3 e 4. In particolare, l'articolo 6 norma altri aspetti riguardanti lo stato giuridico dei ricercatori e dei professori universitari, comprese le modalità di opzione tra il regime a tempo pieno e quello a tempo definito, nonché le modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo svolgimento dell'attività didattica e di servizio agli studenti, e definisce anche alcune incompatibilità con il ruolo di ricercatore e di professore.
Articolo 5. L'articolo stabilisce che per i trasferimenti e la mobilità dei ricercatori a tempo determinato si applica quanto previsto dalla riforma Gelmini.
Per i soli ricercatori a tempo indeterminato si applica quanto previsto dall'articolo 3 della legge 3 luglio 1998, n. 210, ovvero la valutazione comparativa dei candidati secondo criteri generali predeterminati e adeguate forme di pubblicità della procedura, nonché l'effettuazione della medesima esclusivamente a domanda degli interessati e dopo tre anni accademici di loro permanenza in una sede universitaria, anche se in aspettativa.
Articolo 6. L'articolo stabilisce che il trattamento economico spettante ai ricercatori a tempo determinato è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a regime di impegno a tempo pieno.
Per i ricercatori a tempo indeterminato si applicano le stesse modalità e il trattamento economico spettante al ricercatore confermato.
Articolo 7. Il ricercatore a tempo indeterminato che ha conseguito l'abilitazione scientifica, a decorrere dal sesto anno di inquadramento nel ruolo di ricercatore, può essere valutato dall'università ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato purché abbia prestato servizio in regime di tempo pieno per almeno tre anni e abbia conseguito l'abilitazione scientifica di cui all'articolo 16 della legge n. 240 del 2010, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera e), della medesima legge. In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto è inquadrato nel ruolo dei professori associati. La valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati con apposito regolamento di ateneo nell'ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca. La procedura deve essere pubblicizzata nel sito internet istituzionale dell'università interessata e in quello del Ministero dell'università e della ricerca, nonché nella Gazzetta Ufficiale.
Articolo 8. Si stabilisce che il contingente nazionale di ricercatori a tempo indeterminato è quantificato entro il 31 gennaio di ogni anno, sulla base della programmazione del reclutamento di ciascun ateneo prevista dall'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca. Nello stesso decreto viene determinato il fabbisogno di ricercatori a tempo indeterminato di ogni università. Questa norma ha l'obiettivo di garantire un contingente nazionale di ricercatori sulla base delle esigenze didattiche e di ricerca programmate dagli atenei.
Articolo 9. Il comma 1 di questo articolo sostituisce totalmente l'articolo 4 del decreto legislativo n. 49 del 2012.
Vengono stabilite nuove regole per la programmazione triennale del personale delle università. In particolare, le università devono predisporre e approvare i piani triennali per la programmazione del reclutamento del personale tenendo conto dell'effettivo fabbisogno di personale nel triennio successivo, dell'incremento o diminuzione della popolazione studentesca nei diversi corsi di studio, dei programmi di ricerca e delle risorse disponibili.
Il piano triennale deve stabilire:

a) il fabbisogno numerico di professori e di ricercatori nel triennio successivo, specificando per ciascuna figura il settore scientifico-disciplinare e il ruolo didattico e di ricerca da ricoprire, nonché la struttura di ateneo a cui afferiscono o sono assegnati;

b) il fabbisogno di personale dirigente e tecnico-amministrativo, compresi i collaboratori e gli esperti linguistici, a tempo indeterminato e determinato, indicando la struttura a cui sono assegnati e le mansioni;

c) la composizione dell'organico dei professori e dei ricercatori in modo tale che la componente dei ricercatori sia almeno il 50 per cento del totale;

d) il numero di ricercatori a tempo determinato in misura non superiore al 20 per cento del totale dei ricercatori di ateneo;

e) la quota di personale in servizio con contratti atipici, anche attraverso appalti di servizio, e le relative spese programmate. Alcuni atenei italiani utilizzano ditte esterne per l'espletamento dei servizi di uscierato, front-office e amministrativi. Questa disposizione tende a colmare un vuoto normativo che permette ad alcuni atenei italiani di dichiarare, con l'ausilio di appalti esterni, una spesa per il personale in servizio inferiore rispetto a quella che sostengono per tutto il personale effettivamente utilizzato.

Il piano di programmazione è proposto dal senato accademico dell'università ed è approvato dal consiglio di amministrazione contestualmente al bilancio unico di ateneo di previsione triennale, aggiornato annualmente dal consiglio di amministrazione stesso. Previa determinazione del Ministro dell'università e della ricerca con apposito decreto, inoltre, il piano di programmazione vincola l'università alla chiamata nel ruolo di professore universitario e all'assunzione di ricercatori a tempo indeterminato, secondo quanto indicato nel piano di programmazione stesso. Come riportato nell'articolo 3, l'università che non procede all'assunzione del ricercatore perde il budget assegnato.
Il comma 2, invece, stabilisce che a decorrere dall'entrata in vigore della legge le università non possono più affidare servizi e compiti di ufficio attraverso procedure di appalto, esternalizzando, talvolta, anche servizi strategici per l'università, limitando le possibili esternalizzazioni ai servizi di pulizia e di assistenza agli studenti disabili. In particolare, dato che il servizio di assistenza agli studenti disabili è strettamente connesso al numero di iscritti e alle esigenze legate al tipo di disabilità, è opportuno rivolgersi di volta in volta al personale più idoneo.
Si stabilisce, inoltre, che il ricorso a contratti atipici è possibile solo per esigenze amministrative connesse a fattori temporanei ed eccezionali.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Ricercatori universitari)

1. Al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono avvalersi di ricercatori a tempo determinato e indeterminato. Le università stabiliscono, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, nonché delle attività di ricerca dei ricercatori a tempo determinato e indeterminato.
2. I ricercatori si distinguono nelle seguenti tipologie:

a) a tempo determinato, assunti con contratti di lavoro subordinato di durata triennale, prorogabili per soli due anni, a cui possono accedere i candidati in possesso del dottorato di ricerca;

b) a tempo indeterminato. Al ruolo di ricercatore a tempo indeterminato si accede mediante concorso riservato ai ricercatori a tempo determinato di cui alla lettera a), dopo la scadenza del relativo contratto, ai beneficiari di assegni di ricerca per almeno tre anni, ai beneficiari di equivalenti assegni o borse presso università estere per almeno tre anni anche non continuativi, ai possessori del dottorato di ricerca e ai ricercatori di cui all'articolo 24, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ovvero, per i settori concorsuali di area medica, ai possessori del diploma di specializzazione medica.

3. I contratti di cui all'articolo 24, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, non possono essere stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Le università possono stipulare i contratti per ricercatore a tempo determinato, di cui al comma 2, lettera a), per particolari esigenze legate ai programmi di ricerca o per compiti didattici, comunque in numero non superiore al 20 per cento del totale dei ricercatori assunti a tempo indeterminato risultanti nell'organico dell'università interessata e previa autorizzazione del Ministro dell'università e della ricerca.

Art. 2.
(Ricercatori a tempo determinato)

1. I ricercatori di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), sono selezionati mediante procedure concorsuali pubbliche, avviate attraverso un bando, disciplinate dalle università con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168, in coerenza con i princìpi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione 2005/251/CE della Commissione, dell'11 marzo 2005, nel rispetto dei propri statuti e dei seguenti criteri:

a) pubblicità dei bandi nella Gazzetta Ufficiale, nel sito internet istituzionale dell'università che indìce il concorso, nel sito internet istituzionale del Ministero dell'università e della ricerca e, previo accordo con le competenti istituzioni dell'Unione europea, nel sito internet istituzionale dell'Unione stessa;

b) specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari;

c) fornitura di informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni del ricercatore, sui suoi diritti e doveri e sul relativo trattamento economico e previdenziale;

d) previsione di modalità di trasmissione telematica delle candidature, nonché dei titoli e delle pubblicazioni;

e) ammissione dei candidati in possesso del dottorato di ricerca;

f) previsione che i beneficiari di assegni di ricerca ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borse post-dottorato ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di equivalenti contratti relativi ad assegni o borse presso università estere, siano titoli preferenziali ai fini della selezione;

g) valutazione preliminare dei candidati, con motivato giudizio analitico dei titoli e della produzione scientifica sul piano qualitativo e quantitativo, compresa le tesi di laurea e di dottorato, secondo criteri e parametri riconosciuti anche in ambito internazionale, stabiliti e resi pubblici nel bando;

h) a seguito della valutazione preliminare, ammissione dei candidati comparativamente più meritevoli, in misura compresa tra il 10 e il 20 per cento del numero degli stessi e comunque non inferiore a sei unità, qualora vi sia almeno tale numero di candidati, alla discussione pubblica dei titoli e della produzione scientifica presso la commissione concorsuale;

i) ammissione di tutti candidati alla discussione di cui alla lettera h) qualora il loro numero sia pari o inferiore a sei;

l) attribuzione di un punteggio ai titoli e a ciascuna delle pubblicazioni presentate dai candidati ammessi alla discussione;

m) formulazione della proposta di assunzione da parte del dipartimento o della struttura dell'università secondo i regolamenti e lo statuto dell'università stessa, previa approvazione della proposta di assunzione con delibera del consiglio di amministrazione.

2. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli accademici e amministrativi. Lo svolgimento del servizio previsto dal contratto costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso ai ruoli di settori equipollenti nelle amministrazioni pubbliche. Per tutto il periodo di durata dei contratti di cui al presente articolo, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in regime di diritto pubblico ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono collocati, senza assegni né contribuzioni previdenziali, in aspettativa ovvero in posizione di fuori ruolo nei casi in cui tale posizione sia prevista dagli ordinamenti di appartenenza.
3. I contratti di cui al presente articolo sono stipulati esclusivamente con regime di tempo pieno. L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti è compreso tra un massimo di 350 ore e un minimo di 250 ore.
4. Ai ricercatori di cui al presente articolo si applica, per quanto compatibile, l'articolo 6 della legge 30 dicembre 2010, n. 240.

Art. 3.
(Reclutamento dei ricercatori a tempo indeterminato)

1. L'accesso al ruolo di ricercatore universitario di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), avviene mediante concorso pubblico su base nazionale, nel rispetto dei princìpi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori, di cui alla raccomandazione 2005/251/CE della Commissione, dell'11 marzo 2005, per titoli scientifici, integrati dalla discussione dei titoli presentati dal candidato e da una prova didattica nell'ambito di una disciplina della classe di concorso connessa ai titoli indicati dal candidato stesso. Il concorso è a cadenza annuale, accerta l'idoneità scientifica e didattica del candidato e dà luogo a una graduatoria di merito.
2. Il concorso è riservato ai ricercatori a tempo determinato di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), della presente legge, ai ricercatori di cui all'articolo 24, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ai candidati che hanno beneficiato di assegni di ricerca per almeno tre anni anche non continuativi, ai beneficiari di borse post-dottorato, ai beneficiari di equivalenti assegni di ricerca o borse post-laurea presso università estere per almeno tre anni anche non continuativi, ai possessori del titolo di dottore di ricerca, ovvero, per i settori concorsuali dell'area medica, ai possessori di un diploma di specializzazione medica.
3. Il concorso è indetto dal Ministro dell'università e della ricerca con proprio decreto, che prevede, fermo restando quanto disposto dal comma 2:

a) la pubblicità dei bandi nella Gazzetta Ufficiale, nel sito internet istituzionale del Ministero dell'università e della ricerca, nei siti internet istituzionali di tutte le università e, previo accordo con le competenti istituzioni dell'Unione europea, nel sito internet istituzionale dell'Unione europea;

b) la suddivisione per settori concorsuali;

c) il divieto per i professori di prima e seconda fascia e per i ricercatori a tempo indeterminato di partecipare alle procedure concorsuali, anche se cessati dal servizio;

d) le modalità di trasmissione telematica delle candidature, nonché dei titoli e delle pubblicazioni;

e) l'istituzione, per ciascun settore concorsuale, di una commissione nazionale mediante sorteggio di dieci commissari, garantendo la presenza di almeno un commissario per ogni settore scientifico-disciplinare appartenente al settore concorsuale;

f) che i professori di prima e seconda fascia, a richiesta, costituiscano una lista, distinta per ogni settore scientifico-disciplinare, dalla quale sono sorteggiati i membri che compongono la commissione di cui alla lettera e);

g) che la commissione di cui alla lettera e) rimanga in carica fino alla conclusione della procedura concorsuale;

h) che, in caso di impedimento o dimissioni di un commissario, si proceda a un nuovo sorteggio per la sua sostituzione;

i) che a ogni nuova procedura concorsuale sia formata una nuova commissione nazionale, di cui non possono fare parte i componenti di precedenti commissioni per i tre anni successivi alla rispettiva nomina;

l) l'esclusione dalle commissioni concorsuali dei rettori in carica, dei professori universitari posti in aspettativa obbligatoria ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e dei professori universitari che hanno optato per il regime a tempo definito;

m) che la valutazione, con motivato giudizio analitico, dei titoli e della produzione scientifica sul piano qualitativo e quantitativo, comprese le tesi di laurea e di dottorato, avvenga secondo criteri e parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, sentiti l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca e il Consiglio universitario nazionale;

n) la valorizzazione, in sede di valutazione, delle attività di insegnamento e di supervisione, del lavoro in équipe, del trasferimento delle conoscenze, dell'innovazione e delle attività di sensibilizzazione al pubblico;

o) lo svolgimento di due prove di esame, una scritta e una orale, per accertare l'attitudine alla ricerca;

p) l'eventuale svolgimento di una prova di laboratorio;

q) lo svolgimento di una prova didattica per accertare l'attitudine all'insegnamento;

r) una soglia minima di idoneità per il superamento del concorso;

s) la creazione di una graduatoria nazionale di merito per ogni settore scientifico-disciplinare, composta dai candidati che hanno superato il concorso;

t) l'aggiornamento delle graduatorie con cadenza annuale, prevedendo l'inserimento dei ricercatori idonei di ogni nuova procedura concorsuale;

u) che i ricercatori idonei, a domanda, abbiano diritto a essere assunti, ognuno per il proprio settore scientifico-disciplinare, dalle università che, per effetto della programmazione del reclutamento del personale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, come da ultimo sostituito dall'articolo 9 della presente legge, emanano bandi di assunzione;

v) la possibilità di partecipare al concorso anche per i soggetti che hanno partecipato ai concorsi degli anni precedenti.

4. I ricercatori idonei, a domanda, possono partecipare a eventuali bandi di accesso ai ruoli per ricercatori a tempo indeterminato, nel proprio settore scientifico-disciplinare, delle singole università. L'università interessata effettua la copertura del posto vacante attraverso l'immissione in ruolo del ricercatore con il migliore quoziente nella graduatoria di cui al comma 3, lettera s), previa verifica delle domande di trasferimento nel posto vacante avanzate ai sensi dell'articolo 3 della legge 3 luglio 1998, n. 210. L'università che non provvede all'immissione in ruolo del ricercatore, sulla base della programmazione del reclutamento del personale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, come da ultimo sostituito dall'articolo 9 della presente legge, perde il budget corrispondente, che rientra nelle disponibilità finanziarie del Ministero dell'università e della ricerca.
5. Alle università che, alla fine del primo triennio dalla data di entrata in vigore della presente legge, hanno incrementato il numero degli iscritti e dei laureati, sono assegnate ulteriori risorse per nuove assunzioni di ricercatori a tempo indeterminato in misura sufficiente a sostenere le attività formative dei nuovi studenti.
6. Alle spese necessarie per lo svolgimento delle procedure concorsuali di cui al presente articolo si provvede mediante quota parte delle risorse del Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

Art. 4.
(Stato giuridico dei ricercatori a tempo indeterminato)

1. Il regime di impegno dei ricercatori a tempo indeterminato è a tempo pieno o a tempo definito. L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti è pari a un massimo di 350 ore per il regime a tempo pieno e a un massimo di 200 ore per il regime a tempo definito.
2. Lo stato giuridico dei ricercatori universitari è disciplinato, per quanto non previsto specificamente dalla presente legge, dalle norme relative allo stato giuridico degli assistenti universitari di ruolo. I ricercatori permangono nel ruolo fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età. Sono collocati a riposo a decorrere dall'inizio dell'anno accademico successivo alla data di compimento del predetto limite di età.
3. Ai ricercatori che hanno optato per il regime di impegno a tempo pieno e che svolgono le attività didattiche ai sensi della legge 4 novembre 2005, n. 230, sono affidati, fermi restando i rispettivi inquadramento e trattamento giuridico ed economico, corsi e moduli curricolari compatibilmente con la programmazione didattica definita dai competenti organi dell'università. A essi è attribuito il titolo di professore di terza fascia per l'anno accademico in cui svolgono tali corsi e moduli. Agli stessi si applica, per quanto compatibile, l'articolo 6 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, a esclusione dei commi 2, 3 e 4.

Art. 5.
(Trasferimenti e mobilità)

1. Per i trasferimenti e la mobilità del personale di cui alla presente legge si applica quanto previsto dall'articolo 7 della legge 30 dicembre 2010, n. 240.

Art. 6.
(Trattamento economico)

1. Il trattamento economico spettante ai ricercatori di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato in regime di impegno a tempo pieno.
2. Ai ricercatori di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), si applica, con le stesse modalità, il trattamento economico spettante al ricercatore confermato a tempo indeterminato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.

Art. 7.
(Passaggio al ruolo di professore di seconda fascia)

1. Le università, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valutano i ricercatori di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), a decorrere dal sesto anno dall'immissione in ruolo, purché abbiano prestato servizio in regime di impegno a tempo pieno per almeno tre anni e abbiano conseguito l'abilitazione scientifica nazionale di cui all'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ai fini della chiamata nel ruolo di professore di seconda fascia, ai sensi dell'articolo 18, comma 1, lettera e), della medesima legge n. 240 del 2010. In caso di esito positivo della valutazione, il ricercatore è inquadrato nel ruolo dei professori di seconda fascia. La valutazione si svolge in conformità a standard qualitativi, riconosciuti a livello internazionale, individuati con regolamento dell'università interessata, adottato ai sensi dell'articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168, nell'ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge; i criteri e gli standard di cui al presente periodo sono aggiornati periodicamente. La programmazione di cui all'articolo 18, comma 2, della legge n. 240 del 2010 assicura la disponibilità delle risorse necessarie in caso di esito positivo della procedura di valutazione. Alla procedura è data pubblicità nel sito internet istituzionale dell'università interessata e in quello del Ministero dell'università e della ricerca, nonché nella Gazzetta Ufficiale.

Art. 8.
(Contingente nazionale dei ricercatori)

1. Entro il 31 gennaio di ogni anno, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca, è stabilito il contingente nazionale di ricercatori a tempo indeterminato di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), sulla base della programmazione del reclutamento del personale di ciascuna università di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, come da ultimo sostituito dall'articolo 9 della presente legge. Con lo stesso decreto è individuato il fabbisogno di ricercatori a tempo indeterminato di ciascuna università.

Art. 9.
(Programmazione triennale del personale delle università)

1. L'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, è sostituito dal seguente:

«Art. 4. – (Programmazione triennale del personale)1. Le università, nell'ambito della propria autonomia didattica, di ricerca e di organizzazione, tenuto conto dell'effettivo fabbisogno di personale nel triennio successivo, degli incrementi o della diminuzione della popolazione studentesca nei diversi corsi di studio, dei programmi di ricerca e delle risorse disponibili, predispongono e approvano i piani triennali per la programmazione del reclutamento del personale stabilendo:

a) il fabbisogno numerico di professori e di ricercatori nel triennio successivo, specificando, per ciascuna figura, il settore scientifico-disciplinare e il ruolo didattico e di ricerca da ricoprire, nonché la struttura dell'università a cui afferiscono o a cui sono assegnati;

b) il fabbisogno di personale dirigente e tecnico-amministrativo, compresi i collaboratori e gli esperti linguistici, a tempo indeterminato e determinato, indicando la struttura dell'università a cui sono assegnati e le relative mansioni;

c) la composizione dell'organico dei professori e dei ricercatori in modo tale che la componente dei ricercatori sia pari ad almeno il 50 per cento del totale;

d) il numero di ricercatori a tempo determinato di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), prevedendo che non sia superiore al 20 per cento del totale dei ricercatori assunti a tempo indeterminato risultanti nell'organico dell'università interessata;

e) la quota di personale in servizio con contratti atipici, anche attraverso appalti di servizio, e le relative spese programmate nel triennio.

2. I piani triennali di cui al comma 1, su proposta del senato accademico dell'università interessata, sono approvati dal consiglio di amministrazione dell'università stessa contestualmente al bilancio unico di ateneo di previsione triennale, sono aggiornati annualmente dal consiglio di amministrazione stesso e vincolano l'università alla chiamata nei ruoli di professore universitario e di ricercatore a tempo indeterminato, secondo quanto indicato nel piano di programmazione stesso, previa determinazione adottata con decreto del Ministro dell'università e della ricerca; il piano triennale deve essere comunicato entro dieci giorni dall'approvazione da parte degli organi dell'università al Ministero dell'università e della ricerca attraverso apposito sistema informatizzato disponibile nel sito internet istituzionale del Ministero stesso, ovvero per via telematica, attraverso sistemi certificati. Il piano triennale è pubblicato nel sito internet istituzionale dell'università interessata».

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, le università non possono affidare nuovi servizi e compiti di ufficio attraverso procedure di appalto esterne, a esclusione dei servizi di pulizia e per l'assistenza agli studenti disabili. Il ricorso a contratti di lavoro atipici è ammesso solo per esigenze amministrative connesse a fattori temporanei ed eccezionali.

torna su