PDL 1140

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1140

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
MALAVASI, FURFARO, MANZI, GIRELLI

Istituzione dello psicologo di cure primarie

Presentata l'8 maggio 2023

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge riprende il testo del disegno di legge (A.S. 1827) presentato nella scorsa legislatura a prima firma della senatrice Paola Boldrini. La tragicità della recente emergenza epidemiologica da COVID-19 e l'evoluzione dei problemi di salute della popolazione hanno portato a mettere sempre di più l'accento sulla necessità di un potenziamento dell'assistenza territoriale come primo e più immediato presidio per le azioni di prevenzione e promozione della salute e per quelle di cura e assistenza. Il Patto per la salute e il PNRR indicano tra i principali obiettivi quello del potenziamento dell'assistenza territoriale, evidenziando la necessità di un «modello assistenziale orientato alla promozione attiva della salute, anche tramite l'educazione della popolazione ai corretti stili di vita, nonché all'assunzione del bisogno di salute prima dell'insorgere della malattia o prima che essa di manifesti o si aggravi, anche tramite una gestione attiva della cronicità».
I nuovi LEA (definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, pubblicato nel supplemento ordinario n. 15 alla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017) prevedono che «nell'ambito dell'assistenza sanitaria di base, il Servizio sanitario nazionale garantisce, attraverso i propri servizi ed attraverso i medici ed i pediatri convenzionati, la gestione ambulatoriale e domiciliare delle patologie acute e croniche secondo la migliore pratica ed in accordo con il malato, inclusi gli interventi e le azioni di promozione e di tutela globale della salute».
L'assistenza di base deve garantire, in particolare, le seguenti attività e prestazioni: lo sviluppo e la diffusione della cultura sanitaria e la sensibilizzazione sulle tematiche attinenti all'adozione di comportamenti e stili di vita positivi per la salute; l'educazione sanitaria del paziente e dei suoi familiari, il counselling per la gestione della malattia o della disabilità e la prevenzione delle complicanze; l'attivazione di percorsi assistenziali a favore del bambino, che prevedano la presa in carico entro il primo mese di vita, in collaborazione con le strutture consultoriali ed ospedaliere, e a favore dell'adulto, anche attraverso la valutazione multidimensionale e la tenuta della scheda sanitaria, il consulto con lo specialista e la continuità assistenziale nelle fasi dell'accesso al ricovero ospedaliero, della degenza e in quella successiva alla dimissione, con particolare riguardo alle patologie ad andamento cronico ed evolutivo; il controllo dello sviluppo fisico, psichico e sensoriale del bambino e la ricerca di fattori di rischio, con particolare riguardo alla individuazione precoce dei sospetti handicap neuro-sensoriali e psichici e alla individuazione precoce di problematiche anche sociosanitarie (articolo 4, comma 2, lettere da a) a e) del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017).
D'altronde, il Servizio sanitario nazionale (SSN), fin dalla sua istituzione, è stato orientato alla tutela e alla promozione della salute, piuttosto che esclusivamente alla diagnosi e alla cura: lo spostamento dell'asse dalla malattia alla salute e al «soggetto persona» ha determinato la necessità di un'attenzione costante e fondante anche alle componenti di ordine psicologico – sociali, relazionali e comportamentali – che influenzano lo stato di salute, così come la malattia e la molteplicità delle dimensioni correlate ai percorsi di cura. È oggi necessario, alla luce dei mutamenti della stessa società, dei contesti culturali ed economici, della globalizzazione anche dei sistemi comunicativi e informativi, orientarsi in ambito sanitario verso programmi di promozione del benessere psichico e relazionale della comunità, ribaltando l'ottica di perseguire un modello centrato esclusivamente sulla malattia.
La psicologia è disciplina fortemente implicata nei processi di promozione della salute e dei sistemi di assistenza e la dimensione psicologica permea trasversalmente l'intera attività sanitaria, avendo al contempo una forte valenza di tipo sociale, che pone tali attività come una delle cerniere tra l'aspetto sanitario e sociale.
La riflessione sull'organizzazione dell'assistenza psicologica si colloca all'interno di uno scenario che ricomprende alcuni fattori di riferimento: crescita progressiva di domanda psicologica da parte di cittadini, istituzioni e operatori sanitari e sociali, in conseguenza della crescita della cultura dell'attenzione alle forme di tutela e promozione della salute; cambiamento degli scenari dei percorsi di cura, che richiamano con sempre più chiarezza all'attenzione alla qualità della cura, includendo l'aspetto psicologico e relazionale; attenzione nella definizione dei LEA ai bisogni di ambito psicologico e alla partecipazione attiva del paziente nei percorsi di cura; specializzazione e articolazione della domanda sia per quanto riguarda i settori di intervento (dalla prevenzione alla formazione e alla clinica) sia per quanto riguarda la tipologia delle prestazioni; cambiamento della risposta sanitaria con caratteristiche di integrazione delle risorse e degli interventi; crescita della complessità del percorso formativo di base e specialistico per la professione psicologica.
Le attività assistenziali definite dai LEA, lette alla luce dei nuovi bisogni appena descritti, consentono di delineare le attività di sostegno prettamente psicologico che devono essere svolte nel SSN. Di particolare rilievo appaiono in questo ambito gli interventi previsti dai LEA per: a) maternità e paternità responsabile; b) tutela della salute della donna; c) assistenza alla donna in stato di gravidanza e tutela della salute del nascituro anche ai fini della prevenzione del correlato disagio psichico; d) problemi individuali e di coppia; e) adolescenti, anche in collaborazione con le istituzioni scolastiche; f) minori in situazione di disagio, in stato di abbandono o vittime di maltrattamenti e abusi; g) nuclei familiari in condizioni di disagio; h) casi di violenza di genere e sessuale.
A ciò si aggiunga quanto indicato dal Piano nazionale della cronicità (PNC) approvato con l'accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 15 settembre 2016, che promuove un «sistema di cure centrato sulla persona» (non più considerata «caso clinico», ma a sua volta come soggetto esperto in quanto portatore del sapere legato alla sua storia di «co-esistenza» con la cronicità), laddove «in tale concezione, le cure primarie costituiscono un sistema che integra, attraverso i percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali (PDTA), gli attori dell'assistenza primaria e quelli della specialistica ambulatoriale, sia territoriale che ospedaliera e, in una prospettiva più ampia, anche le risorse della comunità (welfare di comunità). La costruzione di PDTA centrati sui pazienti è garanzia di effettiva presa in carico dei bisogni “globali” e di costruzione di una relazione empatica tra il team assistenziale e la persona con cronicità ed i suoi caregiver di riferimento». Il PNC indica come «una adeguata gestione della cronicità necessita di un sistema di assistenza continuativa, multidimensionale, multidisciplinare e multilivello, che possa permettere la realizzazione di progetti di cura personalizzati a lungo termine, la razionalizzazione dell'uso delle risorse e il miglioramento della qualità di vita, prevenendo le disabilità e la non autosufficienza. Inoltre, essa dovrà essere efficace, efficiente e centrata sui bisogni globali, non solo clinici». Anche al fine di «mantenere il più possibile la persona malata al suo domicilio e impedire o comunque ridurre il rischio di istituzionalizzazione». In tale ambito e con questo approccio è previsto l'apporto delle competenze psicologiche, in grado di valutare e intervenire sulle risorse soggettive (atteggiamenti, comportamenti) che possono prevenire la patologia o migliorarne la gestione.
È dunque fondamentale che il Servizio sanitario nazionale fornisca a tutti i cittadini un servizio di psicologia primaria. I fattori che hanno promosso a livello interazionale l'inserimento degli psicologi nell'assistenza primaria sono di natura:

scientifica, laddove le evidenze hanno mostrato il ruolo della dimensione soggettiva (psico-comportamentale) nella salute, nella malattia e nel processo di cura e l'interazione ed interdipendenza della componente psichica con quella biologica;

epidemiologica, legata: alla progressiva maggiore incidenza delle situazioni di cronicità (che richiedono una «gestione» attiva e consapevole della patologia da parte delle persone); alla diffusione dei disturbi misti, fisici funzionali e stress correlati che richiedono una risposta integrata, tempestiva e preventiva; al ruolo dei comportamenti ed atteggiamenti (stili di vita) sulla salute, che richiede l'adozione di strategie diffuse in grado di incidere sulla componente psico-comportamentale; all'aumento di forme di disagio psico-sociale e relazionale, che spesso evolvono in gravi problematiche e situazioni di devianza;

socio-culturale, poiché sono mutate le condizioni e le problematiche espresse dalla società e dalle comunità, la cui complessità richiede risposte più articolate ed integrate; la visione della salute, i bisogni espressi dalle persone nella malattia e nella cura, le richieste di intervento, includono sempre più esplicitamente la componente psicologica;

economica, poiché è stato dimostrato che dare una risposta più appropriata ai bisogni e ai problemi produce risparmi effettivi perché gli interventi risultano più efficaci ed efficienti. L'esclusiva medicalizzazione o la mancata risposta a problemi a forte componente psicologica produce un incremento dei costi sanitari e sociali, come acclarato da molti studi. Viceversa, una risposta pertinente, integrata e tempestiva risulta fortemente virtuosa dal punto di vista economico e in grado di produrre risparmi effettivi, aumentando la sostenibilità del sistema. Esempio eclatante è il progetto «Improving Access to Psychological Therapies (IAPT)» attivato dal Governo inglese che ha coinvolto 6.000 psicoterapeuti per terapie brevi (Clark, 2011) su circa 600.000 persone, con un risparmio di 272 milioni di sterline per il sistema sanitario pubblico (http://www.iapt.nhs.uk/about-iapt/);

organizzativa, in quanto, nell'ambito di un sistema sanitario che ricerca l'ottimizzazione, il rafforzamento in termini di integrazione e capacità di appropriatezza dell'assistenza primaria è un obiettivo centrale.

L'obiettivo della psicologia delle cure primarie è quello di garantire benessere psicologico di qualità nella medicina di base, sul territorio, vicino alla realtà di vita dei pazienti, alle loro famiglie e alle loro comunità. Il compito della psicologia delle cure primarie è quindi quello di fornire un primo livello di servizi di cure psicologiche, di qualità, accessibile, efficace, cost effective ed integrato con gli altri servizi sanitari, caratterizzato dunque anche da costi contenuti e contraddistinto da una rapida presa in carico del paziente. Se si vuole un sistema di cure primarie utile ed efficace, l'attenzione alla componente psicologica della salute è fondamentale e non si tratta solo di offrire cure al disturbo psicologico o di trattare il problema individuale. Si tratta di occuparsi del benessere e della salute psicofisica dei cittadini di un territorio, dei membri di una comunità, in modo equo e accessibile, per fornire a tutti indistintamente cura e terapia, ma anche per promuovere consapevolezza, promozione di salute e adozione di comportamenti positivi. L'accesso volontario e diretto ad uno psicologo, in grado di dare risposta ad un disagio di origine non biologica, è reso, però, estremamente difficile sia da un pregiudizio sociale ancora diffuso che dalla assenza di tale professionalità nell'ambito dell'assistenza primaria. Questo fa sì che il contatto con l'utente, laddove il medico di assistenza primaria ne riscontri l'utilità, avvenga in genere in fasi del disagio drammaticamente tardive, con il rischio che sintomi e disturbi si cronicizzino, con perdite significative di quote di efficacia ed efficienza.
È, quindi, evidente la necessità di creare una situazione in cui l'ascolto e il sostegno psicologico appaia chiaramente come qualcosa previsto per tutti e non per una categoria particolare di persone. Per questi motivi, unire nello stesso ambito le risposte ai bisogni fisici e relazionali dei pazienti consente di intercettare rapidamente e con miglior efficacia i disagi emotivi, migliora la comunicazione tra professionisti, incentiva il lavoro di prevenzione e di comunicazione tra servizi, migliora l'alleanza terapeutica e riduce anche la spesa farmaceutica e l'eccessiva prescrizione di esami. Appare inoltre significativo – sulla scorta delle esperienze già effettuate a livello interazionale e nazionale – il ruolo che lo psicologo di cure primarie può svolgere come consulente e facilitatore nel lavoro degli altri operatori sanitari e sociali, come è proprio delle competenze e delle attività psicologiche.
L'inserimento nell'ambito del Servizio sanitario nazionale della figura dello psicologo di cure primarie potrà avere un impatto assai significativo anche in riguardo alle problematiche specifiche dell'età pediatrica. Le esperienze negative nei primi anni di vita incidono, come ormai ampiamente dimostrato sulla qualità dello sviluppo nonché sulle condizioni di vita e salute nelle fasi successive della vita. Gli studi di epigenetica hanno consentito di superare la storica contrapposizione «genetico-acquisito» mostrando l'interazione tra genoma ed esperienze di vita nel modulare l'espressione genica e quindi l'espressione fenotipica a tutti i livelli.
I LEA prevedono «interventi psicologici e psicoterapici per minori e famiglie in condizioni di disagio» (articolo 24) e si stima che una condizione negativa (trascuratezza grave e maltrattamento psicologico, fisico o abuso sessuale) comporti un costo medio (di tipo sociale e sanitario) per anno che va dai 2.300 ai 3.400 euro nell'età adulta. In relazione all'incidenza riscontrata di queste situazioni nello studio (7 per cento abuso sessuale, 9 per cento maltrattamento fisico, 25 per cento emozionale) sono stati valutati, rispettivamente, i seguenti costi per ogni milione di persone: 111, 88 e 341 milioni di euro. Una stima per la popolazione italiana, a prevalenza invariata, si tradurrebbe, rispettivamente, in una spesa pari a 6,6, 5,3 e 20 miliardi di euro (Lazzari, 2018).
L'American Academy of Pediatrics stima (2018) che circa il 25 per cento dei soggetti entro i 18 anni ha un problema di tipo psicologico, mentre la Mental Health Commission del Regno Unito riporta che un minore su 10 tra i 5 e i 16 anni ha un disturbo clinico (disturbo della condotta, disturbo ansioso, depressivo, ADHD e altri) mentre, nella fascia 5-10 anni, il 5 per cento ha un disturbo clinico e circa il 20 per cento difficoltà a livello subclinico che influenzeranno la salute e gli adattamenti successivi (Khan et al., 2014). La prevenzione e gli interventi a più alto valore aggiunto nel rapporto costi-benefici sono quelli sui minori ed esistono evidenze sugli indicatori di rischio da valutare e le strategie di intervento. I minori con un disturbo o un forte disagio psicologico hanno degli importanti fattori di rischio rispetto agli altri: ad esempio una probabilità doppia di lasciare la scuola, 4 volte quella di strutturare una dipendenza da sostanze, da 5 a 10 volte di ammalarsi di una patologia cronica, 6 volte di morire prematuramente o 20 volte di compiere atti antisociali (National Institute for Clinical Excellance, NICE, 2017).
Inoltre, al di là delle diagnosi e della presenza di specifici disturbi, spesso arrivano all'osservazione del pediatra di libera scelta situazioni francamente disfunzionali dal punto di vista della genitorialità rispetto ai minori e tali da determinare situazioni di disagio psicologico negli stessi.
Oltre all'incremento di queste situazioni nell'età pediatrica abbiamo i disturbi e le patologie proprie di questa fascia d'età, che spesso determinano una forte risonanza a livello familiare e possono condizionare lo sviluppo futuro del minore. È evidente che in tale ambito diviene importante un aiuto di tipo psicologico, soprattutto per le situazioni più delicate dal punto di vista clinico, che richiedono un impegno emotivo e gestionale da parte della famiglia e che condizionano la vita del piccolo paziente con cure spesso invasive, prolungate o con necessità di peculiari adattamenti di tipo psicologico, relazionale e comportamentale.
Si ritiene quindi che i criteri e il modello di intervento dello psicologo di cure primarie, qui delineato, sia applicabile – pur con le dovute specificità – nella collaborazione con i pediatri di libera scelta. Nel corso della precedente legislatura sono state introdotte disposizioni innovative al fine di valorizzare e potenziare l'intervento psicologico, che prevedono non solo nuove assunzioni di psicologi (e questo da solo è un'inversione di tendenza rispetto al precedente depauperamento di risorse professionali) ma anche l'istituzione della funzione aziendale, del tavolo presso il Ministero della salute per dar vita a specifiche linee guida e del cosiddetto bonus psicologo che oggi, pur definanziato significativamente, è diventato uno strumento strutturale per alleviare le spese delle cittadine e dei cittadini dedicate alla salute mentale e al benessere psicologico della persona.
Si ricorda che la misura nota come «bonus psicologo», oggetto di estensione da parte della presente proposta di legge, è stata introdotta dall'articolo 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2021, n. 228, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15, cosiddetto «milleproroghe», in considerazione dell'aumento delle condizioni di depressione, ansia, stress e fragilità psicologica, causate dall'emergenza pandemica e dalla conseguente crisi socio-economica, e consiste in un contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti nell'elenco degli psicoterapeuti nell'ambito dell'albo degli psicologi.
Nel frattempo molte regioni hanno legiferato o hanno avviato il processo legislativo in materia di istituzione dello psicologo di cure primarie o di base o di comunità. Lo stesso hanno fatto con strumenti analoghi a quello del bonus psicologo.
Si segnala peraltro che lo psicologo di cure primarie è citato dallo stesso decreto ministeriale n. 77 del 2022 tra i professionisti delle Case della comunità. Nel decreto citato non sono tuttavia specificati ruolo, competenze e formazione che caratterizzano tale figura. Per colmare tale lacuna, nonché per omogenizzare la legislazione regionale esistente e indirizzare quella che sarà redatta in futuro, vi è la necessità di una legislazione nazionale in materia.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione del servizio di psicologia di cure primarie)

1. In attuazione dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, e dell'articolo 12 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2019, n. 60, in ogni azienda sanitaria locale è istituito il servizio di psicologia di cure primarie, strutturato a livello di distretto sanitario, caratterizzato da una rapida presa in carico della persona, con il compito di garantire benessere psicologico di qualità nella medicina di base, nei servizi e presìdi sanitari e socio-sanitari territoriali, garantendo ai cittadini, alle famiglie e alle comunità un primo livello di servizi di cure psicologiche di qualità, accessibile, efficace, economicamente efficiente e integrato con gli altri servizi sanitari e socio-sanitari e sviluppando una rete di collaborazione con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, nonché con gli altri professionisti sanitari e socio-sanitari presenti sul territorio.
2. Il servizio di cui al comma 1 assolve alle seguenti funzioni:

a) eroga il primo livello di prevenzione e di cure psicologiche di prossimità, in integrazione con gli altri servizi e presìdi sanitari e socio-sanitari presenti in ambito distrettuale, nell'ambito di un'organizzazione della prevenzione e dell'assistenza psicologica strutturata in livelli crescenti di intervento, al fine di rispondere alla domanda di cura dei disturbi mentali ad uno stadio iniziale e di intervenire precocemente per limitare o eliminare il disagio psichico dell'individuo e i costi sociali ed economici ad esso potenzialmente connessi;

b) interviene per prevenire e diminuire il peso crescente dei disturbi psicologici della popolazione, costituendo un filtro sia per l'accesso ai livelli secondari di cure sia per il pronto soccorso;

c) organizza e gestisce l'assistenza psicologica di base promuovendo e realizzando l'integrazione funzionale con i servizi specialistici di secondo livello di salute mentale, psicologia, psicologia ospedaliera, psicoterapia e degli altri servizi sanitari e socio-sanitari;

d) organizza e gestisce l'assistenza psicologica domiciliare.

Art. 2.
(Attività dello psicologo di cure primarie)

1. L'attività dello psicologo di cure primarie è finalizzata:

a) nella prevenzione primaria, a identificare precocemente e a intervenire tempestivamente sulle situazioni e sulle problematiche psico-sociali;

b) nella prevenzione secondaria, ad attuare un intervento di primo livello nei casi di sofferenza psicologica già in atto;

c) a gestire problemi legati all'adattamento alle diverse fasi del ciclo di vita o a eventi a forte impatto emotivo, quali lutti, perdita del lavoro, separazioni coniugali, diagnosi infauste, cronicità o recidività di malattie, nonché problemi derivanti da disagi emotivi transitori o difficoltà nell'aderenza alla cura;

d) a procedere a un invio appropriato ai servizi socio-sanitari, anche specialistici e territoriali, formali o informali;

e) a contribuire a progetti di prevenzione della malattia e di promozione ed educazione alla salute;

f) ad affiancare il medico nella gestione del paziente;

g) ad offrire un supporto al personale sanitario e all'équipe dei professionisti sanitari, anche nei casi di conflittualità tra questi e l'utenza, nonché nei casi di richiesta impropria di prestazioni sanitarie;

h) a mantenere il contatto con i servizi specialistici e con i servizi sociali territoriali.

2. Il servizio di psicologia di cure primarie si sviluppa nell'ambito di un rapporto strategico con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, al fine di intervenire su sintomi psichici di lieve o media entità o su sintomi fisici i quali, a seguito di idonei accertamenti diagnostici e clinici, non risultino ascrivibili a patologie organiche e producano somatizzazioni di ansia o stati depressivi. A tal fine, il servizio di psicologia di cure primarie opera nelle unità complesse di cure primarie, in collaborazione con le aggregazioni funzionali territoriali di cui all'articolo 1 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.
3. L'integrazione e la collaborazione tra i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta e gli psicologi di cure primarie si sostanzia nei seguenti percorsi operativi:

a) invio del paziente, da parte del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, allo psicologo di cure primarie, cui segue la presa in carico da parte di quest'ultimo;

b) trattamento congiunto e contestuale del paziente da parte del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta e dello psicologo di cure primarie, in particolare nei casi di patologie organiche invalidanti ad elevato carico emozionale, di pazienti poco motivati o che hanno vissuto eventi traumatici;

c) richiesta di consulenze specifiche allo psicologo di cure primarie da parte del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, in particolare al fine:

1) di individuare e condividere strategie di intervento e indicatori rispetto alla salute psicologica della persona, anche nel contesto familiare;

2) di analizzare le dinamiche che limitano il mantenimento dello stile di vita e lo stato di salute della persona, anche nel contesto familiare;

3) di ricevere un supporto nella gestione delle problematiche relazionali riscontrate nella presa in carico del paziente.

Art. 3.
(Elenchi regionali degli psicologi di cure primarie)

1. Fanno parte del servizio di psicologia di cure primarie gli psicologi assunti con fondi propri dalle regioni, in numero tale da garantire un rapporto di riferimento pari a uno psicologo ogni cinque medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. A tal fine le regioni istituiscono gli elenchi regionali degli psicologi di cure primarie, divisi per ciascun ambito territoriale a livello di azienda sanitaria locale. L'iscrizione degli psicologi di cure primarie agli elenchi regionali di cui al secondo periodo è effettuata sulla base dei seguenti requisiti:

a) laurea magistrale in psicologia;

b) iscrizione all'albo degli psicologi;

c) assenza di rapporto di lavoro dipendente con il Servizio sanitario nazionale;

d) diploma di formazione in psicologia di cure primarie rilasciato dalla regione per effetto di uno specifico corso post laurea regolamentato da un'apposita intesa tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la disciplina delle funzioni dello psicologo di cure primarie, da definire entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. In fase di prima applicazione e sino allo svolgimento dei corsi di cui alla lettera d) del comma 1, possono far domanda di iscrizione agli elenchi regionali gli psicologi che documentino di aver svolto l'esercizio dell'attività professionale di psicologo, autonoma o dipendente, per un periodo almeno biennale, nonché gli psicologi in possesso di una specializzazione post lauream prevista per la professione sanitaria di psicologo.
3. La regolamentazione del rapporto di lavoro degli psicologi delle cure primarie con il Servizio sanitario nazionale è definita da uno specifico accordo nazionale, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, le cui trattative devono essere avviate entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Al fine di ottimizzare la presenza e l'utilizzo degli psicologi dipendenti e in rapporto di convenzione, le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere, nell'adozione dell'atto aziendale, istituiscono il Dipartimento aziendale di psicologia, all'intero del quale è ricondotto anche il servizio di psicologia di cure primarie, la cui direzione è affidata ad un dirigente psicologo.

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