PDL 1121

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1121

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
D'ORSO, FRANCESCO SILVESTRI, SANTILLO, ILARIA FONTANA

Disposizioni per sostenere l'accesso alla locazione di immobili abitativi e il pagamento dei canoni nei casi di morosità incolpevole

Presentata il 27 aprile 2023

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Onorevoli Colleghi! – La pandemia di COVID-19 e il conseguente lockdown hanno comportato un notevole peggioramento delle condizioni di vita ed economiche dei cittadini e delle famiglie italiane a causa della contrazione subita dai loro redditi. La diminuzione del potere di acquisto conseguente alla crisi economica aggravatasi con la pandemia ha acuito il problema dell'affordability, ossia della sostenibilità delle spese per l'accesso all'abitazione che, diventando sempre più onerose, hanno pesato gravemente sui bilanci familiari. Una famiglia su quattro ha avuto difficoltà a pagare l'affitto (si tratta in prevalenza di nuclei familiari fragili con figli, di età compresa tra i 45 e i 64 anni) e più del 40 per cento di esse prevede di non riuscire a pagarlo nei prossimi dodici mesi (anche in questo caso sono le famiglie con figli a manifestare una maggiore fragilità, in particolare nella fascia di età tra i 45 e i 64 anni). Sono questi alcuni dati diffusi da Federcasa e contenuti nella ricerca «Dimensione del disagio abitativo pre e post emergenza COVID-19. Numeri e riflessioni per una politica di settore», commissionato alla società Nomisma Spa e pubblicato nel mese di maggio 2020. La ricerca evidenzia, in particolare, che la percentuale delle famiglie che, negli ultimi dodici mesi, ha accumulato ritardi nel pagamento dell'affitto è passata dal 9,6 per cento (delle famiglie che vivono in affitto), prima dell'emergenza sanitaria da COVID-19, al 24 per cento durante le misure di contenimento.
La ricerca conferma, da un lato, che l'emergenza sanitaria ha inasprito ulteriormente la già drammatica situazione del disagio abitativo e, dall'altro, che non sono stati programmati interventi seri e strutturali per farvi fronte.
Le politiche abitative, che sono rimaste relegate a un ruolo residuale tra la fine degli anni '90 e il primo decennio del nuovo secolo in considerazione dell'allora diffuso livello di benessere economico e dell'elevata percentuale dei proprietari di immobili destinati a privata abitazione, sono nuovamente assurte a un ruolo di primaria importanza nell'ambito delle politiche sociali e di coesione a seguito della crisi economica del 2009, che ha riacceso i riflettori sul disagio abitativo, registrato soprattutto nelle aree più depresse del Paese. Le dinamiche del mercato del lavoro nel periodo successivo al 2009 hanno avuto pesanti ricadute sul livello di povertà e, conseguentemente, sulla diffusione del disagio abitativo e a queste devono aggiungersi gli effetti di recente prodotti dall'emergenza sanitaria da COVID-19.
Un disagio, quello abitativo, che ha assunto negli ultimi anni connotazioni nuove, giacché esso attualmente coinvolge classi sociali che fino alla crisi del 2009 ne erano rimaste fuori e cioè, in particolare, i nuclei familiari monoreddito con un numero elevato di componenti o nel cui ambito siano presenti minori, stranieri, persone ultrasessantacinquenni, persone disabili o in carico ai servizi sociali, e single impoveriti a seguito della crisi economica e non più in grado di sostenere il costo dei mutui accesi per l'acquisto della prima casa o di pagare il canone per l'affitto di un'abitazione dignitosa. La dimensione economica non rappresenta più quella che definisce o influenza maggiormente la condizione di disagio abitativo. A questa vanno aggiunti fattori non più secondari come la precarietà del lavoro, la situazione familiare e dei nuclei familiari, la tendenza sempre più comune tra i giovani a posticipare una scelta di autonomia, oppure alcuni fattori di natura demografica che influenzano il mercato abitativo. In altri termini, alle problematiche legate all'abitazione di natura prettamente economica, che fino agli anni '70 rappresentavano gli unici indicatori del disagio abitativo, a partire dal decennio successivo si aggiungono altri problemi di natura sociale.
Uno dei fattori principali che concorre a determinare il disagio abitativo è rappresentato dal costo dell'abitazione: il canone di locazione rappresenta la voce di spesa più rilevante.
Il disagio abitativo, nel nostro Paese, riguarda circa 1.475.000 famiglie italiane (dati di Federcasa e della società Nomisma Spa) cioè il 5,7 per cento delle famiglie italiane, delle quali 783.000 in condizioni di disagio acuto e 692.000 in condizioni di disagio grave. Chi è in affitto paga un canone medio mensile compreso tra i 380 e 450 euro, che grava pesantemente sul bilancio familiare: la sola componente legata agli affitti (reali o figurativi) rappresenta il 64,5 per cento della spesa per l'abitazione. I territori che esprimono un maggiore disagio per l'elevata incidenza del canone pagato sul reddito del locatario sono, con riferimento alle ripartizioni territoriali, il nord-ovest e, a seguire, il sud e le isole mentre, per dimensione, i comuni più popolosi insieme a quelli meno popolosi (rispettivamente oltre i 200.000 abitanti e con meno di 20.000 abitanti).
Il non avere un alloggio e l'essere esclusi dalla possibilità di disporne sono tra le forme più estreme di povertà e di deprivazione. La «deprivazione abitativa» è uno degli indicatori utilizzati dall'Unione europea per calcolare il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale. In Italia, il tasso di deprivazione abitativa riguarda il 5 per cento della popolazione a fronte del 4 per cento medio dei Paesi europei. Se, da una parte, la diminuzione del reddito comporta una crescente deprivazione abitativa, dall'altra, il peso eccessivo dei costi abitativi si traduce in una riduzione del reddito familiare disponibile e in una conseguente compressione dei consumi o delle possibilità di risparmio. L'Italia si posiziona quarta in Europa per quanto concerne la spesa per la protezione sociale in rapporto al prodotto interno lordo (20,8 per cento), ma la composizione della spesa è decisamente spostata verso la previdenza, a scapito delle altre funzioni, tra le quali l'abitazione.
La casa rappresenta un fattore di riconoscimento sociale e il suo possesso garantisce l'acquisizione di alcuni diritti e, in alcuni casi, è la condizione necessaria per ottenerne il riconoscimento.
La Costituzione italiana – a differenza di altri Stati europei quali il Belgio, il Portogallo, la Spagna e la Svezia – non riconosce espressamente il diritto all'abitazione. Tuttavia, il diritto all'abitazione è desumibile da diverse disposizioni costituzionali, in quanto l'abitazione costituisce il presupposto – oltre che per la realizzazione di un'eguaglianza sostanziale tra cittadini di cui all'articolo 3, secondo comma – per l'esercizio di diritti e libertà costituzionalmente riconosciuti, tra i quali la libertà di domicilio (articolo 14), i diritti della famiglia (articoli 29 e 31), il diritto alla salute (articolo 32), il diritto al lavoro (articoli 4, primo comma, e 35, primo comma). Dunque, appare innegabile che il tema dell'abitazione assume una particolare rilevanza proprio perché incide sul godimento dei diritti fondamentali.
La Corte costituzionale, sebbene in un primo momento avesse negato la configurabilità del diritto all'abitazione, a partire dalla fine degli anni '80 ha riconosciuto l'esistenza di tale diritto qualificandolo come «diritto sociale fondamentale» e annoverandolo «fra i diritti inviolabili (...) di cui all'art. 2 della Costituzione» (sentenze n. 404 del 7 aprile 1988, n. 166 del 23 maggio 2008 e n. 209 del 9 luglio 2009). Essa, tuttavia, ha sottolineato che il diritto all'abitazione, come tutti i diritti sociali, è «finanziariamente condizionato». La Corte sottolinea che «come ogni altro diritto sociale, anche quello all'abitazione è diritto che tende ad essere realizzato in proporzione delle risorse della collettività» (sentenza n. 252 del 18 maggio 1989). Va osservato, al riguardo, che la Corte non si è mai spinta – come ha invece fatto, ad esempio, per le prestazioni sanitarie – a garantire un «contenuto minimo» di tale diritto sociale. In quest'ottica, dunque, il diritto all'abitazione, nel nostro Paese, sarebbe da considerare – come ha ritenuto il giudice delle leggi – un diritto inviolabile e, al contempo, un diritto sociale e precisamente un «diritto sociale condizionato».
In ambito europeo, invece, si riscontra un atteggiamento a favore di una lettura «forte» del diritto alla casa, inteso come posizione soggettiva avente un «contenuto essenziale», che si sostanzia nel diritto di un soggetto a disporre di un'abitazione dignitosa e idonea a soddisfare i propri bisogni individuali e familiari, nell'ottica di riconoscere a ognuno il diritto a un livello di vita dignitoso e a migliorare le proprie condizioni sociali, attraverso la garanzia di disporre di un'abitazione adeguata.
Sarebbe auspicabile, pertanto, che il diritto all'abitazione fosse interpretato a livello nazionale, alla luce del diritto europeo, dotandolo di un «nucleo essenziale» di contenuti.
Certamente dare una nuova lettura «forte» del diritto alla casa, a fronte, peraltro, della scarsità delle risorse pubbliche, comporta, ovviamente, un radicale cambiamento delle tradizionali politiche abitative.
Il diritto all'abitazione è espressamente previsto dalla Carta sociale europea che, nel testo revisionato nel 1996, prevede, alla parte I, numero 31, che «Tutte le persone hanno diritto all'abitazione» e dispone, alla parte II, articolo 31, che, per garantire l'effettivo esercizio di tale diritto, gli Stati firmatari «s'impegnano a prendere misure destinate», tra l'altro, «a favorire l'accesso ad un'abitazione di livello sufficiente», a «prevenire e ridurre lo status di “senza tetto” in vista di eliminarlo gradualmente» e a «rendere il costo dell'abitazione accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti».
Il diritto all'abitazione è altresì previsto, a livello europeo, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, all'articolo 34, paragrafo 3, nel quale si prevede che l'Unione «riconosce e rispetta il diritto (...) all'assistenza abitativa», al fine di «garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti».
Nell'ambito della dimensione europea si è assistito, pertanto, a un crescente interesse per il tema del diritto all'abitazione, attraverso l'elaborazione di specifici documenti volti a garantirne l'effettività. Così, ad esempio, la Carta europea degli alloggi, approvata il 26 aprile 2006 dall'intergruppo Urban logement del Parlamento europeo, all'articolo 1 definisce il diritto all'abitazione «un diritto sociale fondamentale componente del modello sociale europeo» e la risoluzione del Parlamento europeo 2006/2108/(INI) sugli alloggi e la politica regionale, del 10 maggio 2007, al numero 1 «considera il diritto a un alloggio adeguato e di buona qualità a un prezzo ragionevole» come «un diritto fondamentale». A ciò si aggiunga che la Commissione europea ha dichiarato, in termini generali, che l'housing exclusion – cioè l'essere privi di una casa dignitosa – è una delle manifestazioni più serie della povertà e dell'esclusione sociale nella società moderna. La casa ha, infatti, un ruolo fondamentale nel raggiungimento del benessere individuale e familiare delle persone poiché è l'ambito nel quale trova risposta un'ampia gamma di bisogni economici e sociali. Il 21 gennaio 2021, il Parlamento europeo ha approvato un'altra importante risoluzione sull'accesso a un alloggio dignitoso e a prezzi abbordabili per tutti (2019/2187(INI)). La risoluzione conferma come l'accesso a un alloggio adeguato costituisca un diritto fondamentale, una condizione preliminare per l'esercizio di altri diritti fondamentali, nonché per condurre una vita in condizioni rispettose della dignità umana. La risoluzione invita le autorità nazionali, regionali e locali degli Stati membri a impegnarsi per definire la propria politica degli alloggi e ad adottare le misure necessarie a garantire che tale diritto fondamentale sia rispettato nei rispettivi mercati immobiliari.
Anche la Corte di giustizia dell'Unione europea (causa n. C-34/13 – sentenza del 10 settembre 2014) si è espressa nel senso di ritenere che il diritto all'abitazione sia un diritto fondamentale da comprendere nell'ambito delle politiche di inclusione sociale, oggetto di competenza concorrente dell'Unione e degli Stati membri, i quali dovrebbero fornire indicazioni anche sulla concreta garanzia del diritto all'assistenza abitativa.
A tali fini, l'Unione europea e i suoi Stati membri hanno, dunque, l'obbligo di garantire un accesso a un alloggio dignitoso ed economicamente accessibile per tutti, conformemente ai diritti fondamentali di cui agli articoli 16, 30 e 31 della Carta sociale europea e come stabilito dal Pilastro europeo dei diritti sociali.
Storicamente, due sono le linee lungo le quali si è mosso l'intervento del legislatore italiano. La prima è quella rivolta all'incremento del numero delle abitazioni disponibili, da ottenere tramite la realizzazione di un sistema di edilizia residenziale pubblica con cui provvedere alla costruzione di nuove unità abitative e alla loro assegnazione ai bisognosi. La seconda è quella vertente sulla tutela della parte debole nei rapporti contrattuali di diritto privato (un caso tipico è proprio il rapporto di locazione), che vedono entrare in relazione il proprietario di un immobile e un soggetto interessato a fare di quell'immobile il proprio luogo di abitazione. In quest'ultimo ambito si collocano due importanti strumenti utilizzati in questi anni a livello nazionale per le politiche abitative, ovvero il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dall'articolo 11, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, istituito ai sensi dell'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, la cui gestione è stata affidata, sin dalla sua istituzione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il Fondo istituito nel 1998 ha rappresentato uno strumento di sostegno al reddito per le categorie sociali più deboli, consistendo nell'erogazione di contributi integrativi in favore dei conduttori aventi i requisiti minimi individuati dalla vigente disciplina, per il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai titolari di immobili di proprietà, sia pubblica che privata, contribuendo anche a sostenere le iniziative previste dai comuni e dalle regioni per favorire la mobilità nel settore della locazione e, in definitiva, per contrastare il disagio abitativo.
Il secondo Fondo, istituito nel 2013, è destinato a sostenere gli inquilini che si trovano nell'impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo, a causa della perdita o della consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare, riconducibile a una delle cause espressamente elencate dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 14 maggio 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 14 luglio 2014.
A partire dall'assegnazione delle somme relative all'anno 2019 – consentendo alle regioni di poter riallocare sul Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione le risorse non utilizzate della dotazione del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli – si è sostanzialmente prodotta un'unificazione delle risorse della dotazione dei due Fondi con la precipua finalità di attuare delle misure uniche per la riduzione del disagio abitativo.
Negli anni, si è riscontrato che entrambi i Fondi non hanno funzionato in modo adeguato, come si può rilevare, tra l'altro, dall'indagine effettuata dalla Corte dei conti sui fondi per il sostegno all'abitazione in locazione per le categorie sociali deboli per il periodo dal 2014 al 2020 (relazione allegata alla deliberazione 3 agosto 2020, n. 9/2020/G).
Diverse sono le disfunzioni e le distorsioni che le due misure presentano e sulle quali la stessa Corte dei conti si è soffermata:

a) non vi è stato un corretto assolvimento delle procedure per il riparto delle risorse in quanto i provvedimenti di riparto degli ultimi anni sono stati adottati, per lo più, non nei primi mesi, come richiesto dalle norme, rendendo, di fatto, più difficile l'utilizzo delle risorse disponibili nel corso dello stesso esercizio e, in definitiva, contribuendo a un loro impiego non del tutto efficiente;

b) in ordine alle competenze istituzionali, nella relazione la stessa Corte dei conti precisa che «la condivisione con le regioni delle responsabilità istituzionali nel settore delle politiche abitative rende le attività di concertazione istituzionale (livello politico) e di messa a punto tecnico-amministrativa particolarmente complesse»;

c) nelle annualità considerate non compare in modo costante l'indicazione degli obiettivi relativi alla gestione di entrambi i Fondi, una gestione che, a prescindere dal fatto che fossero stati o no rifinanziati dalla relativa legge di bilancio, doveva essere esercitata con riferimento quanto meno alle attività di monitoraggio circa lo stato di utilizzo delle risorse ripartite tra le regioni;

d) risorse non utilizzate. Ad esempio, con riferimento alla ripartizione delle risorse tra le regioni del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli per l'anno 2014, a fronte di un ammontare complessivo di risorse trasferite alle regioni dal Ministero pari a 184,25 milioni di euro, ben 87,92 milioni di euro non sono stati in concreto utilizzati. Quanto osservato vale, in particolare, se si ha riguardo ad alcune regioni che mostrano basse percentuali di utilizzo, come la Sicilia (4,36 per cento), la Campania (9,02 per cento), la Calabria (9,27 per cento), la Puglia (12,69 per cento) e le Marche (13,62 per cento), ma anche con riferimento alla media nazionale, ferma a uno scarso 52,28 per cento e da ricondurre, principalmente, ai valori elevati fatti registrare dalle regioni Valle d'Aosta (100 per cento), Liguria (88,22 per cento), Piemonte (86,69 per cento) e Lombardia (81,09 per cento). Dal monitoraggio condotto dall'amministrazione emerge, altresì, una scarsa utilizzazione da parte delle regioni della quota cosiddetta «di riserva» riguardante i conduttori rientranti in alcune particolari categorie beneficiarie della sospensione delle procedure di sfratto esecutive prevista dall'articolo 1, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9. A fronte, infatti, dei 25 milioni di euro ripartiti con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 29 gennaio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2015, solo 6,68 milioni di euro risultano essere stati utilizzati da un numero ristretto di regioni, delle quali solo il Piemonte ha trasferito ai comuni del suo territorio l'intero importo (2.067.129,46 euro). La Corte dei conti, a tale proposito, osserva, che sarebbe stata auspicabile un'azione quanto più possibile rapida per la distribuzione delle risorse non utilizzate, conosciute dall'amministrazione in virtù del monitoraggio semestrale, onde evitare il protrarsi della mancata erogazione dei contributi integrativi, con le intuibili negative ricadute in termini di contrasto del disagio abitativo e della morosità incolpevole;

e) si sono registrati numerosi casi in cui le regioni non hanno trasferito – o lo hanno fatto solo parzialmente – le risorse agli enti locali del territorio;

f) a ciò si aggiunge che le risorse assegnate ai comuni non sono state sempre integralmente erogate ai richiedenti per la riscontrata presenza di alcune criticità relative ai requisiti di accesso. Il funzionamento, in particolare, del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli ha presentato criticità relative ai requisiti di accesso che ne hanno reso, sino ad oggi, assai difficoltosa la fruizione da parte dei cittadini. Uno dei maggiori ostacoli all'agevole erogazione del contributo è, di certo, il presupposto richiesto ai potenziali beneficiari di essere già destinatari di un'intimazione di sfratto con citazione per la convalida. La stessa Corte dei conti, nelle conclusioni della relazione, afferma che: «In senso propositivo dovrebbero essere rivisti quei requisiti (quali la convalida dello sfratto) che hanno rappresentato un forte ostacolo alla concessione di contributi in favore di soggetti in condizioni di morosità incolpevole ma non ancora giunti alla fase conclusiva del procedimento esecutivo di rilascio» e aggiunge che «Potrà anche essere valutata l'opportunità di modificare i livelli di reddito di accesso, ampliandoli e rendendoli maggiormente rispondenti alle fasce sociali che si affacciano sul mercato della locazione. Inoltre, dovrà essere considerata la nuova domanda proveniente da soggetti che hanno perso la propria capacità reddituale (in una determinata percentuale) a seguito delle ricadute negative conseguenti all'emergenza COVID-19 (...)»;

g) sono emerse criticità anche nell'effettuazione del monitoraggio. Gli elementi informativi raccolti dall'amministrazione, in sede di monitoraggio, sono numericamente davvero esigui, in quanto comunicati solo da poche regioni e sempre le stesse (Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Campania e Sardegna). Per la Corte dei conti «il monitoraggio della gestione dei Fondi riveste un ruolo centrale nell'attuazione delle politiche abitative nazionali, ma le modalità con le quali è stato condotto sino ad ora dalla competente struttura ministeriale non appaiono adeguate»;

h) non risultano essere state rispettate, per tutte le annualità considerate, le disposizioni che impongono, a partire dal 2005, alle regioni la comunicazione (prima entro un anno e poi entro sei mesi) delle risorse erogate agli enti locali, quale condicio sine qua non al fine di poter scomputare dalle quote ripartite nei successivi anni le somme non trasferite ai comuni.

La situazione mostrata dai dati illustrati all'inizio della relazione illustrativa sul disagio abitativo riflette la grave precarietà della situazione economica dei cittadini e delle famiglie italiane e richiede un ripensamento delle tradizionali modalità di risposta, con politiche e interventi a loro volta più mirati alle diverse tipologie di bisogno.
Nel nostro sistema di welfare le politiche abitative sono state sempre la «Cenerentola» delle politiche sociali, dimostrandosi inadeguate ad affrontare e a risolvere il crescente fenomeno del disagio abitativo.
È necessario, dunque, intervenire con un welfare integrato, nel quale il contrasto della povertà abitativa possa rappresentare l'anello da cui partire per sostenere e favorire l'accesso all'istruzione, alla formazione e all'occupazione e per risolvere le situazioni di povertà che sono molte e tra loro interdipendenti.
Di fronte a una situazione così grave è evidente che adeguate misure di sostegno al reddito in favore di soggetti e delle famiglie che vivono una condizione di fragilità economica, per consentire loro di accedere più facilmente alla locazione abitativa nonché di mantenerla, rivestono un ruolo fondamentale in termini di risposte al disagio abitativo.
È per tutte queste ragioni che si presenta questa proposta di legge, con la quale si interviene per porre rimedio alle disfunzioni, alle distorsioni nonché alle criticità riscontrate nelle citate misure, prevedendo l'istituzione di un nuovo Fondo di garanzia e la revisione di quello destinato agli inquilini morosi incolpevoli affinché queste due ultime misure possano concretamente assolvere alla loro finalità di mitigare e di ridurre lo stato di sperequazione sociale di molti italiani derivante dalla situazione di disagio abitativo.
Nel raccogliere le sollecitazioni provenienti dall'ordinamento europeo che poggia su una lettura forte del diritto all'abitazione e nel raccogliere le raccomandazioni della Corte dei conti contenute nella citata relazione, appare quanto mai opportuno un profondo ripensamento delle modalità con le quali provvedere all'erogazione delle risorse economiche da mettere a disposizione di un settore, come quello delle politiche abitative, che esprime un fabbisogno molto elevato.
Le criticità riscontrate nelle osservate gestioni, fra l'altro in termini di ritardo nell'assegnazione delle risorse alle regioni e di mancato trasferimento da parte di queste ultime ai comuni per la concreta attuazione delle misure di sostegno all'accesso all'abitazione in locazione, costituiscono la base di partenza per la costruzione di un approccio al loro utilizzo maggiormente efficiente e mirato al contrasto del disagio abitativo che, da fenomeno strisciante quale era negli anni passati, potrebbe assumere i caratteri di una vera e propria emergenza abitativa a seguito della crisi generata dalla pandemia di COVID-19.
La presente proposta di legge mira a individuare modalità procedurali atte a rendere più agevole l'erogazione delle risorse nei confronti dei soggetti aventi diritto (di conseguenza anche in favore dei proprietari degli immobili dati in locazione) non solo con tempi contenuti ma anche con criteri omogenei che assicurino, quanto più possibile, livelli essenziali e uniformi di prestazioni che giustificano la necessità della determinazione, a livello centrale, di criteri e modalità di erogazione delle risorse per garantire un diritto sociale fondamentale, qual è quello all'abitazione, a tutti i cittadini, in ossequio a quanto disposto dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
La presente proposta di legge si compone di sei articoli.
L'articolo 1 prevede l'istituzione del Fondo nazionale di garanzia per la locazione di immobili abitativi, al fine di favorire l'accesso all'abitazione in locazione mediante la concessione di una garanzia statale nella misura del 50 per cento dell'importo del canone di locazione dovuto, comprese le spese condominiali, per un massimo di sei mesi ed entro il limite massimo di 2.000 euro nel caso di inadempimento delle obbligazioni contrattuali relative al pagamento del canone e degli oneri condominiali, nonché mediante la concessione di una ulteriore garanzia statale entro il limite massimo di 1.000 euro a titolo di deposito cauzionale. Ciascuna garanzia è volta a facilitare l'accesso alla locazione abitativa ad alcune categorie di soggetti o nuclei familiari come, ad esempio, giovani coppie o genitori separati o divorziati con figli minori o maggiori di età disabili o non economicamente indipendenti. Questi devono possedere, altresì, gli ulteriori requisiti previsti dal comma 2, come quelli di carattere reddituale e patrimoniale. Per agevolare l'operatività del Fondo, la concessione e la gestione di ciascuna garanzia dello Stato è affidata alla Cassa depositi e prestiti Spa mediante un'apposita convenzione stipulata dalla stessa società e dal Ministero dell'economia e delle finanze. Con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le relative norme di attuazione prevedendo, in particolare che il Fondo si applica ai contratti di locazione stipulati dopo la data di entrata in vigore della legge e che non riguarda i contratti di locazione stipulati tra parenti e affini entro il primo grado o tra coniugi non separati legalmente.
L'articolo 2 detta disposizioni relative all'istituzione del nuovo Fondo nazionale destinato agli inquilini morosi incolpevoli, finalizzato a fornire un sostegno economico agli inquilini morosi che si trovano in una situazione di sopravvenuta impossibilità – a causa della perdita o della consistente riduzione della capacità reddituale (ad esempio, la perdita del lavoro per licenziamento) – a provvedere al pagamento del canone di locazione dovuto ai proprietari degli immobili. Il contributo per il mantenimento dell'abitazione in locazione è concesso solo in favore dei soggetti in possesso di determinati requisiti, anche di carattere reddituale e patrimoniale, stabiliti in modo specifico e puntuale. Non sarà più necessario essere destinatari di un atto di intimazione di sfratto per morosità con citazione per la convalida per fruire della misura. Sono individuati anche dei criteri preferenziali per la concessione del contributo, tra i quali quello di essere disabile o affetto da una grave e comprovata patologia con ridotta capacità lavorativa ovvero la presenza di un disabile all'interno del nucleo familiare richiedente. Si prevede, inoltre, che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze siano stabiliti i criteri di calcolo del contributo, l'importo massimo concedibile, il periodo temporale massimo entro il quale si può fruire del contributo, nonché ogni ulteriore disposizione per il funzionamento del Fondo. Per fare sì che il contributo possa essere garantito concretamente a chi ne ha veramente bisogno, si è previsto che esso sia erogato dall'Agenzia delle entrate previo esame, da effettuare con cadenza almeno trimestrale, delle richieste presentate, secondo un principio di gradualità che favorisca i soggetti o i nuclei familiari aventi diritto con i redditi più bassi o in possesso dei criteri preferenziali e con elevate soglie di incidenza del canone. Inoltre, per assicurare che le somme erogate non siano distratte dai beneficiari per altre finalità, viene autorizzata espressamente l'erogazione direttamente nei confronti dei proprietari degli immobili condotti in locazione.
L'articolo 3 disciplina le verifiche fiscali e patrimoniali, demandate agli uffici preposti dell'Agenzia delle entrate, nei confronti dei soggetti o dei nuclei familiari beneficiari al fine di evitare che i contributi vengano destinati a soggetti o nuclei richiedenti non in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, assicurando così una gestione ottimale delle risorse dei due Fondi.
L'articolo 4 prevede l'istituzione dell'Osservatorio nazionale della condizione abitativa, già istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai sensi di quanto disposto dall'articolo 12 della legge n. 431 del 1998 e soppresso subito dopo a seguito dei tagli operati dal decreto-legge 4 luglio 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. È importante disporne l'istituzione affinché, tramite la raccolta dei dati e il monitoraggio permanente della situazione abitativa a livello nazionale, l'Osservatorio possa svolgere il proprio ruolo come luogo privilegiato di raccolta e di studio delle esperienze maturate sul territorio, oltre che stanza di compensazione delle istanze emergenti a livello locale. Tali funzioni sono da considerare indispensabili al fine di poter fornire al decisore politico gli elementi necessari per la formulazione di adeguate politiche abitative e per la valutazione di opportune strategie di intervento operative in vista della riduzione del disagio abitativo.
L'articolo 5 reca le disposizioni finali. Al comma 1 si stabilisce che le risorse dei citati Fondi che, annualmente, rimarranno inutilizzate e quelle non assegnate saranno destinate all'incremento annuale delle risorse dei medesimi Fondi. Al comma 2 si dispone la soppressione del Fondo nazionale destinato agli inquilini morosi incolpevoli, in quanto la funzione di tale Fondo è esercitata dal nuovo Fondo di cui all'articolo 2 della presente proposta di legge. Infine, al comma 3, si prevede che le risorse eventualmente già stanziate per il Fondo soppresso per le annualità successive a quella di entrata in vigore della legge e non ancora ripartite e non trasferite alle regioni devono essere destinate al nuovo Fondo di cui all'articolo 2 della legge.
L'articolo 6 reca le disposizioni finanziarie.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Fondo nazionale di garanzia per la locazione di immobili abitativi)

1. Nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito il Fondo nazionale di garanzia per la locazione di immobili abitativi, di seguito denominato «Fondo nazionale di garanzia», con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, al fine di favorire l'accesso all'abitazione in locazione mediante la concessione di una garanzia statale nella misura del 50 per cento dell'importo del canone di locazione, comprese le spese condominiali, dovuta per un massimo di sei mesi ed entro il limite massimo di 2.000 euro nel caso di inadempimento delle obbligazioni contrattuali relative al pagamento del canone e degli oneri condominiali, nonché mediante concessione di una garanzia statale entro il limite massimo di 1.000 euro a titolo di deposito cauzionale.
2. Ciascuna garanzia può essere concessa, anche in modo cumulativo, ai soggetti in possesso dei seguenti requisiti:

a) avere la cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri dell'Unione europea, ovvero, nei casi di cittadini non appartenenti all'Unione europea, essere in possesso di un regolare titolo di soggiorno;

b) essere titolare di un contratto di locazione di un'unità immobiliare ad uso abitativo regolarmente registrato, anche tardivamente, con esclusione degli immobili appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9 e di quelli locati esclusivamente per usi turistici;

c) essere giovani coppie, intendendo per tali i nuclei familiari costituiti da coniugi, da conviventi more uxorio o da persone legate da unione civile, in cui almeno uno dei due componenti non ha compiuto trentacinque anni di età alla data di presentazione della domanda di accesso al Fondo nazionale di garanzia, ovvero essere un nucleo familiare mono-genitoriale con figli minori o maggiori di età disabili o non economicamente indipendenti;

d) presentazione di una certificazione dalla quale risultino il valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), il valore dell'indicatore della situazione economica (ISE) e l'incidenza del canone annuo, al netto degli oneri accessori, sul valore dell'ISE, calcolati ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, fermo restando che il reddito annuo complessivo del nucleo familiare non deve essere superiore a 20.000 euro e che l'incidenza del canone di locazione sul reddito annuo non deve essere inferiore al 14 per cento.

3. Il possesso dei requisiti di cui al comma 2 del presente articolo è dichiarato mediante autocertificazione dei soggetti interessati presentata ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in sede di richiesta di accesso al Fondo nazionale di garanzia; in caso di dichiarazioni mendaci o fraudolente, si applicano gli articoli 316-ter e 640-bis del codice penale.
4. La concessione e la gestione delle garanzie è affidata alla Cassa depositi e prestiti Spa mediante un'apposita convenzione stipulata tra la medesima società e il Ministero dell'economia e delle finanze.
5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, stabilisce le modalità di funzionamento del Fondo nazionale di garanzia e, in particolare, le condizioni alle quali è subordinato il mantenimento dell'efficacia di ciascuna delle garanzie in caso di cessione dell'immobile locato, i criteri, i costi, le condizioni e le modalità per l'operatività delle stesse, per la loro concessione e la loro gestione affidata alla Cassa depositi e prestiti Spa, stabilendo, altresì, che il citato Fondo si applica ai contratti di locazione stipulati dopo la data di entrata in vigore della presente legge e che ciascuna garanzia non può essere concessa per i contratti di locazione stipulati tra parenti e affini entro il primo grado o tra coniugi non separati legalmente.

Art. 2.
(Fondo nazionale destinato agli inquilini morosi incolpevoli)

1. Nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito il Fondo nazionale destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con una dotazione pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, al fine di fornire un sostegno economico agli inquilini morosi incolpevoli per il mantenimento dell'abitazione condotta in locazione tramite la concessione di un contributo per sostenere il pagamento dei canoni di locazione dovuti ai proprietari degli immobili.
2. Ai fini di cui alla presente legge, per morosità incolpevole si intende la situazione di sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone di locazione a causa della perdita o della consistente riduzione della capacità reddituale del singolo soggetto o del nucleo familiare. La perdita o la consistente riduzione della capacità reddituale di cui al presente comma possono essere dovute a una delle seguenti cause: perdita del lavoro per licenziamento; accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell'orario di lavoro; cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria che limiti notevolmente la capacità reddituale; mancato rinnovo di contratti di lavoro a termine o atipici; cessazione di attività libero-professionali o di imprese registrate, derivante da cause di forza maggiore o da perdita di avviamento in misura consistente; malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che ha comportato la consistente riduzione del reddito complessivo del singolo soggetto o del nucleo medesimo o la necessità dell'impiego di parte notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche e assistenziali.
3. Il contributo del Fondo di cui al comma 1 è concesso ai soggetti in possesso dei seguenti requisiti:

a) avere la cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri dell'Unione europea, ovvero, nei casi di cittadini non appartenenti all'Unione europea, essere in possesso di un regolare titolo di soggiorno;

b) essere titolare di un contratto di locazione di un'unità immobiliare ad uso abitativo regolarmente registrato, anche tardivamente, con esclusione degli immobili appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9 e di quelli locati esclusivamente per usi turistici;

c) essere residenti o detentori dell'immobile da almeno un anno dalla data di presentazione della richiesta di accesso al Fondo di cui al comma 1;

d) essere titolari di un reddito con un valore dell'ISE non superiore a 35.000 euro o di un reddito derivante da regolare attività lavorativa con un valore dell'ISEE non superiore a 26.000 euro;

e) essere incorsi in una delle cause di morosità incolpevole di cui al comma 2, con conseguente perdita del proprio reddito ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, per l'anno di riferimento, pari almeno al 30 per cento rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente e non disporre di sufficiente liquidità per fare fronte al pagamento del canone di locazione o agli oneri accessori;

f) non essere titolare di diritto di proprietà, usufrutto, uso o abitazione nella provincia di residenza di un altro immobile fruibile e adeguato alle esigenze del soggetto richiedente o del suo nucleo familiare.

4. Il possesso dei requisiti di cui al comma 3 del presente articolo da parte dei soggetti richiedenti è dichiarato mediante autocertificazione dei soggetti interessati presentata ai sensi dell'articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in sede di richiesta di concessione del contributo del Fondo di cui al comma 1 del presente articolo; in caso di dichiarazioni mendaci o fraudolente, si applicano gli articoli 316-ter e 640-bis del codice penale.
5. Ai fini della concessione del contributo del Fondo di cui al comma 1 costituiscono criteri preferenziali:

a) l'essere disabile o immunodepresso, ovvero affetto da una grave e comprovata patologia con ridotta capacità lavorativa;

b) la presenza all'interno del nucleo familiare di almeno un componente disabile ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o ultrasettantenne o minore ovvero in carico ai servizi sociali o alle competenti aziende sanitarie locali per l'attuazione di un progetto assistenziale individuale.

6. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, stabilisce i criteri di calcolo del contributo del Fondo di cui al comma 1, l'importo massimo concedibile, il periodo temporale massimo entro il quale si può fruire del contributo, nonché ogni ulteriore disposizione necessaria per il funzionamento del citato Fondo.
7. Il contributo del Fondo di cui al comma 1 è erogato dall'Agenzia delle entrate secondo le modalità e i termini stabiliti con provvedimento del direttore della medesima Agenzia, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6. La citata Agenzia esamina con cadenza almeno trimestrale le richieste di contributi e provvede all'erogazione dei suddetti contributi fino a concorrenza delle risorse disponibili, dando la priorità ai soggetti o ai nuclei familiari aventi diritto con i redditi più bassi o in possesso dei criteri preferenziali di cui al comma 5 e con elevate soglie di incidenza del canone di locazione, versando le somme direttamente in favore dei proprietari degli immobili condotti in locazione.

Art. 3.
(Verifiche fiscali e patrimoniali)

1. Al fine di assicurare una gestione ottimale delle risorse dei Fondi di cui alla presente legge, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, provvede con cadenza periodica, attraverso gli uffici preposti dell'Agenzia delle entrate, a effettuare verifiche fiscali e patrimoniali nei confronti dei soggetti o dei nuclei familiari beneficiari delle citate risorse, finalizzate all'accertamento della veridicità delle dichiarazioni e delle autocertificazioni presentate e del possesso dei requisiti di cui agli articoli 1, comma 2, e 2, comma 3.

Art. 4.
(Osservatorio nazionale della condizione abitativa)

1. Ai fini di cui alla presente legge, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è istituito l'Osservatorio nazionale della condizione abitativa.
2. L'Osservatorio di cui al comma 1 effettua la raccolta dei dati nonché il monitoraggio permanente della situazione abitativa a livello nazionale. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con proprio decreto da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce la composizione, l'organizzazione e le funzioni dell'Osservatorio, anche ai fini del coordinamento con l'attività degli osservatori regionali operanti ai medesimi fini.

Art. 5.
(Disposizioni finali)

1. Le risorse residue e non assegnate per ciascuno degli anni di riferimento dei Fondi di cui alla presente legge sono riassegnate ai medesimi Fondi.
2. Il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, istituito dall'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, è soppresso.
3. Le risorse eventualmente già stanziate per il Fondo soppresso ai sensi del comma 2 del presente articolo, per le annualità successive a quella di entrata in vigore della presente legge, non ancora ripartite né trasferite alle regioni, sono destinate al Fondo di cui all'articolo 2.

Art. 6.
(Disposizioni finanziarie)

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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