PDL 101

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4

XIX LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 101

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
BILLI, BOF, BORDONALI, PRETTO

Modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, in materia di diritto di brevetto per le invenzioni dei ricercatori delle università, degli enti pubblici di ricerca, delle pubbliche amministrazioni e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico

Presentata il 13 ottobre 2022

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge intende modificare il codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, al fine di prevedere che la titolarità di un brevetto spetti all'università, all'ente pubblico di ricerca, alla pubblica amministrazione o all'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, di seguito amministrazioni, a cui fa capo l'inventore.
In particolare, ci si propone di modificare l'articolo 65 del codice prevedendo una norma grazie alla quale alle amministrazioni spetta il diritto al brevetto, mentre all'inventore dipendente spetta il diritto ad un equo premio (oltre a quello di essere riconosciuto come inventore), in modo da avvicinare maggiormente la disciplina italiana a quella delle moderne «leggi brevetto» degli altri Paesi e migliorare ulteriormente l'efficienza del sistema della proprietà industriale nel nostro Paese.
Viene quindi proposto di modificare la normativa sulle invenzioni dei ricercatori delle amministrazioni a completamento della disciplina sulle invenzioni dei dipendenti.
Tale disciplina ha lo scopo principale di contribuire efficacemente al recupero della competitività delle imprese nazionali, ed assume rilevanza particolare poiché sono gli sforzi soggettivi degli stessi dipendenti che si pongono in definitiva all'origine delle capacità delle imprese, in particolare le piccole e medie imprese caratteristiche del sistema Italia, e delle loro strutture di realizzare significativi incrementi del patrimonio tecnologico nazionale.
La disciplina in materia prende corpo nell'articolo 64 del codice, rubricato «Invenzioni dei dipendenti», che ricalca la struttura delle precedenti leggi, in particolare gli articoli 23 e 24 del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127 (cosiddetto «legge invenzioni»).
Nel citato articolo 64 vengono definiti sostanzialmente tre casi: «invenzione di servizio», «invenzione di azienda» e «invenzione occasionale», le cui caratteristiche si espongono brevemente per introdurre la problematica in oggetto.
L'invenzione «di servizio» è quella ottenuta nell'esecuzione del rapporto di lavoro per la quale è prevista una specifica retribuzione; l'eventuale brevetto su tale invenzione appartiene al datore di lavoro e nulla spetta al dipendente. Tale tipologia di invenzione deve pertanto far parte di specifiche mansioni dell'inventore per le quali deve essere stabilita una retribuzione specifica.
L'invenzione «di azienda» è quella basata sull'esperienza conseguita all'interno dell'azienda e realizzata nell'ambito delle mansioni oppure anche al di fuori dell'orario o del luogo di lavoro, ma senza una previsione di specifico compenso. In tal caso la titolarità sull'invenzione spetta sempre al datore di lavoro, ma al dipendente-inventore è dovuto un equo premio.
L'invenzione cosiddetta «occasionale» è invece quella che rientra nel campo di attività del datore di lavoro, ma che avviene al di fuori del vincolo di subordinazione. In questo caso i diritti patrimoniali sull'invenzione appartengono all'inventore, ma al datore di lavoro spetta un diritto di opzione per l'uso esclusivo o non esclusivo dell'invenzione o per l'acquisto del brevetto, verso corresponsione di un canone o prezzo da fissarsi con deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l'inventore abbia comunque ricevuto dal datore di lavoro per pervenire all'invenzione.
Nell'ambito della disciplina sulle invenzioni dei dipendenti, per incentivare la capacità di innovazione delle strutture pubbliche di ricerca, siano esse università od enti, è stata predisposta una normativa ad hoc per le invenzioni dei dipendenti della pubblica amministrazione.
Questa normativa prende corpo nell'articolo 65 del codice, rubricato «Invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca», e riproduce per i primi 4 commi la disciplina dell'articolo 24-bis della legge invenzioni come modificata dalla legge 18 ottobre 2001, n. 383; il comma 5 è stato invece introdotto ex novo in sede di adozione definitiva del codice della proprietà industriale da parte del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2004.
Prima dell'entrata in vigore della legge n. 383 del 2001, i rapporti in tema di invenzioni dei dipendenti pubblici e quelli dei dipendenti privati erano disciplinati sostanzialmente in modo analogo dalla legge invenzioni.
La legge n. 383 del 2001 ha introdotto un regime peculiare, oggetto della presente proposta di modifica, in deroga all'articolo 64 del codice, per la disciplina delle invenzioni compiute dai ricercatori dipendenti di università e di pubbliche amministrazioni aventi scopi istituzionali di ricerca, che prevede che «il ricercatore è il titolare esclusivo dei diritti derivanti dall'invenzione brevettabile di cui è autore» (vedi comma 1 dell'articolo 65).
Questo nuovo regime approntato per le invenzioni nate in seno al settore pubblico ha preso le mosse dal riscontro delle difficoltà con cui le invenzioni prodotte dal mondo accademico e dagli enti pubblici di ricerca si traducono in momenti di concreta innovazione e sviluppo. Secondo parte della dottrina la ratio della norma dovrebbe ravvisarsi nella volontà di favorire la valorizzazione economica delle invenzioni, attribuendone la titolarità a soggetti maggiormente interessati al loro sfruttamento economico, e cioè ai ricercatori, così da attivare un processo virtuoso volto ad alimentare la spinta economica.
Inoltre, viene previsto che «le Università e le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della loro autonomia, stabiliscono l'importo massimo del canone, relativo a licenze a terzi per l'uso dell'invenzione, spettante alla stessa università o alla pubblica amministrazione, ovvero a privati finanziatori della ricerca, nonché ogni ulteriore aspetto dei rapporti reciproci» (comma 2 dell'articolo 65).
Quest'ultima norma pare addirittura incoerente per ciò che riguarda il rapporto tra l'attribuzione della titolarità esclusiva del brevetto al ricercatore/inventore e l'attribuzione all'università del potere di determinare i canoni dei contratti di licenza stipulati tra il ricercatore/inventore ed i terzi.
Il comma 3 dell'articolo 65 prevede che «In ogni caso, l'inventore ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell'invenzione. Nel caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano alle determinazioni di cui al comma 2, alle stesse compete il trenta per cento dei proventi o canoni».
Il comma 4 dell'articolo 65 recita che «Trascorsi cinque anni dalla data di rilascio del brevetto, qualora l'inventore o i suoi aventi causa non ne abbiano iniziato lo sfruttamento industriale, a meno che ciò non derivi da cause indipendenti dalla loro volontà, la pubblica amministrazione di cui l'inventore era dipendente al momento dell'invenzione acquisisce automaticamente un diritto gratuito, non esclusivo, di sfruttare l'invenzione e i diritti patrimoniali ad essa connessi o di farli sfruttare da terzi, salvo il diritto spettante all'inventore di esserne riconosciuto autore».
Il termine quinquennale per l'acquisizione di una licenza automatica gratuita a favore dell'università in caso di mancato utilizzo del brevetto risulta eccessivo, soprattutto in riferimento ai settori di ricerca in rapida evoluzione, tale da far scemare qualunque interesse allo sfruttamento commerciale dell'invenzione. Inoltre, l'onere attuativo posto a carico del ricercatore pubblico, a fronte della sua piena titolarità, comprende anche la necessità che quest'ultimo si sobbarchi i costi della prima fase di protezione, ossia i costi di deposito nazionale e di estensione internazionale, i cui valori complessivi per i primi anni si aggirano su spese dell'ordine di alcune decine di migliaia di euro. Considerando che non rientra nelle competenze e nel ruolo del ricercatore pubblico la gestione di depositi brevettuali e la raccolta di capitali per il sostegno dei costi correlati, è rischioso demandare all'inventore tali ulteriori responsabilità e possono essere gravemente messi a repentaglio la stessa ricerca e lo sviluppo in seno alle amministrazioni previste nell'articolato.
Infine, al comma 5 dell'articolo 65 viene previsto che «Le disposizioni del presente articolo non si applicano nelle ipotesi di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da soggetti privati, ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall'università, ente o amministrazione di appartenenza del ricercatore».
Tale ultima norma permette di eludere la suddetta disciplina sotto particolari condizioni (ricerche finanziate almeno in parte da privati). Pertanto, il disposto di quest'ultimo comma risulta comunque incoerente con quanto previsto dal comma 2 sopra esposto ed il criterio applicabile in questo caso pare essere quello negoziale, regolando il rapporto contrattuale secondo logiche di sfruttamento privatistiche.
Le modifiche previste dalla presente proposta di legge mirano a mitigare l'elevato rischio che si possa interrompere o per lo meno rallentare il percorso di innovazione dell'università italiana. È da notare al riguardo che la maggior parte degli atenei italiani ha intrapreso iniziative atte alla gestione della proprietà intellettuale, sulla falsariga degli atenei americani, ad esempio istituendo uffici per i rapporti con le imprese e fondando imprese di spin-off per partecipare più attivamente nel campo della ricerca e per poter collaborare in modo più incisivo con i committenti.
È da notare altresì che molti brevetti vengono sviluppati con collaborazioni tra ricercatori di università e imprese. Le imprese incontrano però maggiori difficoltà e costi di transazione più elevati quando si tratta di definire i diritti su brevetti derivanti da collaborazioni tra ricercatori con status diverso.
Rilevanti sono poi i risvolti negativi emersi nell'applicazione della normativa in esame, tra i quali si ricorda il fatto che le università vengono private di una possibile fonte di autofinanziamento; il ricercatore infatti diventa titolare esclusivo dei diritti di sfruttamento dell'invenzione nonostante il fatto che i supporti ed i mezzi tecnici siano messi a disposizione e pagati dall'università o ente di ricerca; allo stesso tempo, il ricercatore deve affrontare i notevoli costi di brevettazione, soprattutto per le estensioni all'estero; il ricercatore è altresì titolare della privativa, ma l'esercizio di tale diritto viene in parte impedito dal potere dell'università di disciplinare i rapporti con il proprio ricercatore e con i soggetti terzi interessati.
L'analisi comparata in materia sottolinea il divario che si è creato con le normative estere ed internazionali; la Germania era l'unica rilevante eccezione al principio della titolarità istituzionale, ripristinato anche in quel Paese dal 2002 proprio in quanto la scelta precedente non aveva favorito la diffusione dell'innovazione ed il trasferimento tecnologico tra università e imprese tedesche.
Degno di nota è il fatto che negli Stati Uniti il trasferimento delle attività finanziate dal Governo federale alle università ed agli istituti di ricerca, il cosiddetto Bayh-Dole Act del 1980, viene considerato uno dei fattori chiave della crescita economica e tecnologica registrata nell'ultimo ventennio.
Il Bayh-Dole Act stabilisce che tutti gli small business e le organizzazioni no profit americane, incluse le università, mantengano la proprietà dei brevetti di tutte le invenzioni da esse sviluppate utilizzando fondi federali. Così facendo porta le decisioni riguardanti la commercializzazione della tecnologia fuori dal controllo delle agenzie federali, isolando il processo da interferenze politiche e riducendo l'ingerenza del Governo federale nel processo di sviluppo e commercializzazione dei brevetti risultato di ricerche pubbliche.
In particolare, la possibilità offerta alle università e alle organizzazioni no profit di offrire licenze in esclusiva a terzi ha portato le società di venture capital ad investire in esse, innescando quella collaborazione tra istituti di ricerca, venture capital e imprese private che rappresenta uno dei fenomeni industriali americani più interessanti degli anni 80-90.
Basti considerare che nel 1980 solo 25 università americane attuavano un trasferimento di tecnologia, mentre nel 1998 esse erano più di 250, riunite in una apposita associazione (Association of University Technology Managers); nel periodo 1974-1984 circa 80 università americane hanno depositato circa 4.000 domande di brevetto (di cui circa 2.900 concessi), mentre nel solo 1993 sono state invece 139 le università che si sono viste concedere 1.557 brevetti; tra il 1974 e il 1984 sono state rilasciate 1.058 licenze alle università, mentre tra il 1989 e il 1990 sono state rilasciate 1.510 licenze; nel 1986 circa 110 università hanno riportato un introito di 30 milioni di dollari dalle licenze, mentre nel 1990 circa 35 università hanno riportato un introito di 113 milioni di dollari; il contributo industriale fornito alla ricerca universitaria è passato dal 4 per cento del 1980 al 9 per cento del 1992 ed è aumentato il numero di domande di brevetto depositate dalle università; ad oggi sono più di 3.500 le domande di brevetto pendenti da parte delle università americane.
Da questi dati si evince come il Bayh-Dole Act abbia contribuito in maniera determinante al successo e allo sviluppo del trasferimento di tecnologia dalle università alle imprese americane, e conseguentemente ai consumatori. Chiaramente, ulteriori fattori significativi di questo successo sono stati l'implementazione di procedure coerenti per facilitare i brevetti ed un'organizzazione universitaria efficiente ed indirizzata alla gestione di portafogli brevettuali per lo sviluppo economico della propria ricerca.
Nel nostro continente si richiamano la legislazione francese, con la «loi d'orientation» del 1982; quella spagnola con il «ley de patentes» del 1986, e quella tedesca, con l'intervento del 18 gennaio 2002, con cui è stata modificata la sezione n. 42 della legge sulle invenzioni dei dipendenti abolendo lo Hochschullehrerprivileg (privilegio del docente universitario); in tutti questi Paesi è stata adottata una legislazione molto simile al Bayh-Dole Act americano.
In Italia si sono pronunciati a favore di una riforma della normativa nel senso ivi esposto la Conferenza dei rettori (con una mozione approvata all'unanimità il 12 luglio 2001) e le maggiori associazioni di categoria del settore. Inoltre, sin dalla sua introduzione è stata fortemente criticata dal mondo universitario, dal mondo delle imprese e dagli stessi ricercatori.
Nello specifico, l'articolo 1 della presente proposta di legge sostituisce l'articolo 65 del codice della proprietà industriale, specificando le amministrazioni per la quale è prevista la deroga.
È bene notare inoltre che questa proposta di legge si avvale della norma di rinvio di cui all'articolo 86 per la sua estensione ai modelli di utilità.
Si prevede inoltre che nel caso in cui le università, nel volgere di sei mesi, non dovessero mostrare interesse al deposito del brevetto, questo possa essere effettuato dal ricercatore. Sempre all'inventore resta il diritto di sfruttare il brevetto nel caso in cui, una volta che esso sia stato depositato, non venga utilizzato dalle università nei due anni successivi, così come spetta ad esso il diritto di prelazione nel caso l'ateneo decidesse di cedere il brevetto stesso.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca)

1. L'articolo 65 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

«Art. 65. – (Invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca)1. In deroga all'articolo 64, quando il rapporto di lavoro intercorre con un'università, con un ente pubblico di ricerca di cui al decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218, con un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico o con un'altra pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, esclusivamente nell'ambito dello svolgimento di attività di ricerca, l'inventore comunica la sua invenzione all'amministrazione o ente da cui dipende, che ha facoltà di chiedere il relativo brevetto entro sei mesi dalla comunicazione, assumendo l'impegno a valorizzare l'invenzione. Nel periodo di sei mesi di cui al primo periodo, l'inventore può comunque depositare autonomamente la domanda di brevetto, fermo restando che, se l'amministrazione o ente delibera di esercitare la facoltà di cui al medesimo primo periodo, l'inventore è tenuto a effettuare il trasferimento della domanda di brevetto all'amministrazione o ente.
2. Le amministrazioni e gli enti di cui al comma 1 si dotano, nell'ambito delle proprie risorse finanziarie, di strutture e procedure idonee a garantire la valorizzazione delle invenzioni realizzate dai propri ricercatori.
3. All'inventore di cui al comma 1, nel caso in cui l'amministrazione o ente abbia esercitato la facoltà di cui al medesimo comma, spetta un equo premio per la determinazione del quale si tiene conto dell'importanza dell'invenzione, delle mansioni svolte nonché del contributo che il ricercatore ha ricevuto dall'amministrazione o ente. Spetta all'inventore il diritto di chiedere il brevetto se, decorso il termine di cui al comma 1, l'amministrazione o ente interessato non abbia esercitato la facoltà di chiedere il brevetto. L'inventore acquisisce automaticamente il diritto di sfruttare gratuitamente l'invenzione e di esercitare i diritti patrimoniali ad essa connessi, qualora l'amministrazione o ente interessato non ne abbia iniziato lo sfruttamento entro due anni dalla concessione del brevetto.
4. Spetta all'inventore il diritto di prelazione per l'acquisto dei brevetti di cui al presente articolo qualora l'amministrazione o ente interessato decidano, dopo il deposito del brevetto, di alienarlo.
5. Qualora l'amministrazione o ente di cui al comma 1, entro i termini di priorità previsti dall'articolo 4, si dichiari non interessato a eventuali estensioni all'estero del brevetto, spetta all'inventore il diritto di decidere su tali estensioni.
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nelle ipotesi di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da soggetti privati ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dalle amministrazioni o enti di cui al comma 1 di cui il ricercatore è dipendente».

Art. 2.
(Disegni e modelli)

1. Il comma 3 dell'articolo 38 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

«3. Qualora il disegno o il modello sia creato nell'ambito di un rapporto di lavoro dipendente o di impiego, si applica l'articolo 64. Qualora il rapporto di lavoro intercorra con una delle amministrazioni o degli enti indicati all'articolo 65, comma 1, si applica l'articolo 65».

Art. 3.
(Topografie dei prodotti a semiconduttori)

1. Il comma 2 dell'articolo 89 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

«2. Qualora la topografia sia creata nell'ambito di un rapporto di lavoro dipendente o di impiego, si applica l'articolo 64. Qualora il rapporto di lavoro intercorra con una delle amministrazioni o degli enti indicati all'articolo 65, comma 1, si applica l'articolo 65».

Art. 4.
(Nuove varietà vegetali)

1. Il comma 2 dell'articolo 111 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

«2. Qualora la nuova varietà vegetale sia creata nell'ambito di un rapporto di lavoro dipendente o di impiego, si applica l'articolo 64. Qualora il rapporto di lavoro intercorra con una delle amministrazioni o degli enti indicati all'articolo 65, comma 1, si applica l'articolo 65».

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