PDL 868

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 868

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
SCALFAROTTO, ANNIBALI, ASCANI, BOSCHI, BRAGA, CARLA CANTONE, CARÈ, CENNI, D'ALESSANDRO, FASSINO, FIANO, FREGOLENT, GADDA, GIACHETTI, GRIBAUDO, LA MARCA, GAVINO MANCA, MELILLI, MICELI, MORETTO, NARDI, NOJA, ORFINI, PAITA, PEZZOPANE, PICCOLI NARDELLI, PINI, POLLASTRINI, QUARTAPELLE PROCOPIO, RIZZO NERVO, ANDREA ROMANO, SCHIRÒ, SERRACCHIANI, SIANI, UNGARO, VAZIO, VERINI, ZAN, ZARDINI

Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia

Presentata il 4 luglio 2018

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge è volta a estendere alle discriminazioni fondate sull'omofobia e la transfobia le sanzioni penali introdotte dall'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654 (cosiddetta «legge Reale», poi modificata dal decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 – cosiddetta «legge Mancino»), che ha reso esecutiva la convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, fatta a New York il 7 marzo 1966, da ultimo trasposte negli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale. L'intenzione è quella di equiparare le manifestazioni di odio fondate sull'omofobia e sulla transfobia a quelle, già riconosciute e punite dal nostro ordinamento, fondate su motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o rivolte contro gli appartenenti alle minoranze linguistiche.
In questo modo si potrà finalmente rimuovere l'irrazionale differenza che esiste nel nostro Paese, per esempio, tra l'apporre uno striscione gravemente razzista in uno stadio – il che può, almeno in teoria, configurare una condotta antigiuridica – e l'apporre il medesimo striscione, riportante le medesime parole di dileggio, nei confronti delle persone omosessuali. In questo caso, fino ad oggi, non di reato si tratta, ma di semplice espressione del pensiero, poiché la legge penale non prevede che l'omofobia sia una forma d'odio perseguita dalla legge e posto che in una democrazia, in uno Stato di diritto, tutto ciò che non è vietato è e deve essere permesso.
Senza una legge contro l'omofobia e la transfobia, nemmeno l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD) istituito dalle forze di polizia si è dichiarato in grado di tenere una contabilità delle aggressioni, dei pestaggi, delle violenze contro gay, lesbiche, bisessuali e transessuali. Non c'è una legge che qualifichi questi come reati d'odio e non ci sono dunque nemmeno i numeri e la possibilità di monitorare il fenomeno.
La presente proposta di legge riproduce il testo unificato che era stato approvato alla Camera dei deputati nella XVII legislatura e che in seguito è stato sottoposto all'esame del Senato, ma non approvato definitivamente. Esso era stato concepito come risposta ormai indifferibile alla terribile scia di episodi di omofobia e transfobia che hanno funestato il nostro Paese negli ultimi anni. Già allora, più di cinque anni fa, appariva infatti ineludibile il dovere affrontare un problema che da tempo le associazioni a tutela delle persone lesbiche, omosessuali, bisessuali, transessuali e transgenere (LGBTI) denunciano.
L'omofobia e la transfobia sono fenomeni non affatto nuovi, ma l'eco mediatica di quanto è accaduto e del crescendo di violenza discriminatoria e basata sull'odio a cui si è dovuto assistere ha destato l'attenzione sociale e della classe politica. Nella violenza e nella discriminazione di stampo omofobico e transfobico, la peculiarità dell'orientamento sessuale della vittima, ossia l'essere omosessuale oppure l'essere transessuale (così come l'essere donna, per fare un esempio, nella violenza sessuale contro queste ultime), non è neutrale rispetto al reato, del quale costituisce il fondamento, la motivazione e, in senso tecnico, il movente, né è neutrale rispetto ad essi l'autore del reato stesso, che si trova in uno stato soggettivo di disprezzo o di odio nei riguardi della vittima.
L'associazione Amnesty International, con l'indagine «Gli italiani e le discriminazioni», realizzata in collaborazione con la Doxa, spiega cosa pensa il Paese dell'incidenza di questi fenomeni in Italia e nel mondo. L'indagine si è basata su uno studio realizzato su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta (tra 18 e 70 anni) e ha fatto emergere dati non proprio incoraggianti su queste forme di discriminazione. Il 61,3 per cento dei cittadini di età compresa tra 18 e 74 anni, infatti, ritiene che in Italia gli omosessuali siano molto o abbastanza discriminati. D'altronde è stato oggetto di insulti e umiliazioni il 35,5 per cento della popolazione LGBTI contro il 25,8 per cento degli eterosessuali. In generale, il 40,3 per cento delle persone LGBTI asserisce di essere stato discriminato nel corso della vita, il 24 per cento a scuola o nell'università mentre il 22 per cento sul posto di lavoro.
La consapevolezza c'è, ma anche un evidente retaggio culturale che continua a operare in direzione opposta. Questo, infatti, è il Paese dove il 55,9 per cento degli intervistati si dichiara d'accordo con l'affermazione: «se gli omosessuali fossero più discreti sarebbero meglio accettati», mentre il 29,7 per cento dice che «la cosa migliore per un omosessuale è non dire agli altri di esserlo».
Anche il quadro che è emerso dall'edizione 2018 di Rainbow Europe, l'indice elaborato dall'ILGA, una delle più importanti organizzazioni non governative per i diritti umani dei soggetti LGBTI, che classifica gli Stati in base al loro sistema legislativo e alle politiche adottate per garantire eguaglianza e parità di diritti, non appare particolarmente roseo: il progresso verso l'eguaglianza e la parità di diritti per le persone LGBTI, in termini percentuali, rimarrebbe in Italia a poco meno del 27 per cento, che vale al nostro Paese il trentaduesimo posto su 49 Stati europei.
Ma il quadro resta critico in tutto il mondo: sono ancora più di 70 gli Stati nei quali l'omosessualità è reato, e 13 quelli dove è prevista la pena di morte per rapporti consensuali con persone dello stesso sesso (6 quelli in cui viene di fatto applicata). L'Italia è uno dei pochi Paesi nel contesto occidentale, insieme alla Russia, alla Turchia e a pochi altri, che non prevede l'orientamento sessuale e l'identità di genere tra le aggravanti specifiche nelle leggi sui crimini d'odio e il cosiddetto hate speech.
Si ritiene che, per contrastare i reati motivati da stigma sessuale, in particolar modo nei confronti delle persone omosessuali e transessuali, sia più efficace, rispetto alla mera introduzione di una circostanza aggravante, prevedere l'estensione dei reati puniti dalla legge Reale-Mancino e, ora, dagli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale anche alle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere della vittima, come previsto in numerose proposte di legge già presentate in Parlamento nelle precedenti legislature.
Si è sostenuto che l'estensione di tale fattispecie penale potrebbe condurre alla condanna tanto della madre che suggerisse alla figlia di non sposare un bisessuale, quanto del padre che decidesse di non affittare una casa di sua proprietà al figlio che volesse andare a vivere nell'immobile con il proprio compagno. È evidente che in una normale dinamica processuale queste ipotesi di scuola non potranno mai verificarsi per un motivo molto semplice, e cioè che la norma si basa su una nozione di discriminazione il cui significato si può trarre sia dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, sia dalla citata convenzione di New York, sia dall'articolo 43, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, successivamente meglio puntualizzata nella direttiva 2000/43/CE del Consiglio, recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo n. 215 del 2003, nonché nella direttiva 2000/78/CE del Consiglio, recepita con il decreto legislativo n. 216 del 2003, che fa menzione anche dell'orientamento sessuale.
Il bene giuridico tutelato è quindi ben individuato. In base al principio dell'offensività, che deve caratterizzare la condotta penalmente rilevante e che vincola il giudice nell'interpretare e applicare la legge penale, ai sensi dell'articolo 49, secondo comma, del codice penale, se si verificassero le ipotesi richiamate, le stesse ricadrebbero nell'ambito dei reati impossibili, in quanto la condotta non sarebbe idonea a ledere o a porre in pericolo il bene giuridico protetto. Inoltre, la fattispecie delittuosa descritta dall'articolo 604-bis del codice penale è molto chiara e precisa, individuando condotte che vanno ben al di là della semplice manifestazione di un'opinione. Infatti, essa punisce l'istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza, non mere opinioni, quand'anche esse esprimano un pregiudizio. La differenza tra un mero pregiudizio e una reale discriminazione dipenderà ovviamente dalle condizioni di tempo e di luogo con le quali si manifesterà il messaggio, dalle modalità di estrinsecazione del pensiero, da precedenti condotte dell'autore e così via, in modo da verificare se il fatto si possa ritenere realmente offensivo del bene giuridico protetto.
Il testo originario della legge 13 ottobre 1975, n. 654, stabiliva l'applicazione della sanzione penale solo per le discriminazioni e le violenze «nei confronti di persone perché appartenenti ad un gruppo nazionale, etnico o razziale». Con il decreto-legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993, venne introdotto il fattore religioso, e successivamente furono aggiunte altre fattispecie, fino ad arrivare all'elenco attualmente presente nell'articolo 604-bis del codice penale e nelle leggi speciali che, ad esempio, rendono applicabile la disposizione alle minoranze linguistiche (articolo 18-bis della legge 15 dicembre 1999, n. 482).
La presente proposta di legge si pone l'obiettivo di estendere l'applicazione delle pene previste dall'articolo 604-bis del codice penale alle discriminazioni motivate dall'identità sessuale della vittima del reato.
Giova osservare che l'articolo 3 della legge n. 654 del 1975 (dal quale deriva il vigente citato articolo del codice penale) era stato modificato da ultimo dall'articolo 13 della legge 24 febbraio 2006, n. 85, sotto due profili: la descrizione della condotta incriminata e le pene previste.
Nel testo risultante dalle modifiche apportate nel 1993 dal decreto Mancino, la disposizione prevedeva, infatti, la reclusione fino a tre anni per chiunque diffondesse in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero incitasse a commettere o commettesse atti di discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi.
La legge n. 85 del 2006 ha dimezzato la pena della reclusione (ora prevista fino a un anno e sei mesi) e ha introdotto la pena della multa fino a 6.000 euro, in alternativa a quella della reclusione; sotto un altro profilo, la condotta è stata ridefinita modificando il termine «diffusione» con quello di «propaganda» e sostituendo il verbo «incitare» con «istigare». La legge n. 85 del 2006, non punendo più la diffusione delle idee discriminanti, ma la propaganda, e non più l'incitamento a discriminare o a delinquere ma l'istigazione, introduce modifiche che potrebbero sembrare solo terminologiche, ma che in realtà, dal punto di vista della legge penale, determinano fattispecie più circoscritte e riducono il numero dei comportamenti punibili.
Pur ritenendo che sarebbe opportuno reintrodurre, in luogo della nozione di «propaganda», quella di «diffusione», in qualsiasi modo, delle idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale e prevedere nuovamente la condotta dell’«incitamento» in luogo dell’«istigazione», i proponenti della presente iniziativa stimano necessario – almeno come intervento minimo immediato – riproporre con gli occorrenti aggiornamenti formali il contenuto del testo approvato dalla Camera dei deputati nella passata legislatura (atto Senato n. 1052 della XVII legislatura), il cui iter non raggiunse tuttavia l'approvazione definitiva.
La presente proposta modifica pertanto l'articolo 604-bis del codice penale inserendo tra le condotte di istigazione, violenza e associazione finalizzata alla discriminazione anche quelle fondate sull'omofobia o sulla transfobia.
Con la modifica all'articolo 604-bis, primo comma, lettera a), viene comminata la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi o della multa fino a 6.000 euro a chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi» fondati sull'omofobia o sulla transfobia. L'aggiunta delle parole «o fondati sull'omofobia o sulla transfobia» al termine della lettera a) interessa pertanto l'ipotesi dell'istigazione o commissione di atti di discriminazione, mentre non interessa la fattispecie di «propaganda» di idee fondate sulla omofobia o transfobia, contenuta nella prima parte della disposizione.
Con la modifica alla lettera b) è invece punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi in qualsiasi modo «istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi» fondati sull'omofobia o sulla transfobia.
La modifica apportata al secondo comma del medesimo articolo 604-bis estende la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni a chiunque partecipa o presta assistenza a organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull'omofobia o sulla transfobia. Tali formazioni sono espressamente vietate dalla legge. La pena per coloro che le promuovono o dirigono è la reclusione da uno a sei anni. È per conseguenza modificata la rubrica dell'articolo.
Non viene invece riprodotta la disposizione introdotta dalla Camera dei deputati nel corso dell'esame della citata proposta di legge della passata legislatura, nella quale si specificava che «non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all'odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente ovvero anche se assunte all'interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all'attuazione dei princìpi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni».
Appare infatti opportuna un'ulteriore riflessione sulla disposizione sopra trascritta, sia quanto alla formulazione sia quanto alla sostanza, poiché la portata normativa delle parole «anche se» risulta oscura e la norma appare, nel complesso, di ambigua interpretazione e dunque suscettibile non di agevolare, ma di complicare la determinazione della fattispecie penale.
Viene altresì modificato l'articolo 604-ter del codice penale, così da estendere l'applicazione della circostanza aggravante ivi prevista (corrispondente a quella introdotta dall'articolo 3 del citato decreto-legge n. 122 del 1993) anche ai reati commessi per omofobia o transfobia.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. All'articolo 604-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, lettere a) e b), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull'omofobia o sulla transfobia»;

b) al secondo comma, primo periodo, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull'omofobia o sulla transfobia»;

c) alla rubrica, le parole: «e religiosa» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosa o fondata sull'omofobia o sulla transfobia».

2. Al primo comma dell'articolo 604-ter del codice penale, le parole: «o religioso» sono sostituite dalle seguenti: «, religioso o fondato sull'omofobia o transfobia».

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