PDL 864

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 864

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
RIZZETTO, ZUCCONI, RAMPELLI, BUTTI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, MASCHIO, ROTELLI, VARCHI

Modifica dell'articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, in materia di disciplina delle prestazioni di lavoro accessorio

Presentata il 4 luglio 2018

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Onorevoli Colleghi! — Il profondo intervento di riforma del mercato del lavoro realizzato negli ultimi anni, a partire dall'approvazione del jobs act, ha messo in rilievo considerevoli criticità. Una di queste è certamente rappresentata dall’iter legislativo che ha interessato la regolamentazione del lavoro occasionale attraverso i buoni lavoro, cosiddetti «voucher», strumento istituito, inizialmente, con l'intento di sottrarre al mercato nero le prestazioni lavorative saltuarie.
L'introduzione dei buoni lavoro si deve al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, adottato in attuazione della delega recata dalla legge Biagi. In origine i voucher erano essenzialmente diretti a disciplinare forme di lavoro occasionale e con prestazioni di breve durata nell'ambito domestico svolti tra privati, al fine di consentire la regolarizzazione e, di conseguenza, la tutela di personale domestico quali collaboratrici domestiche, badanti, babysitter, giardinieri et similia, tipicamente pagati, spesso con l'assenso del lavoratore, in nero e per questo senza protezione assicurativa.
Con il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, si è prevista l'estensione dell'utilizzo dei buoni lavoro a una platea di soggetti più ampia, e successivamente, nel 2012, la cosiddetta «riforma Fornero» ha disposto una prima liberalizzazione in termini di settori o ambiti professionali nei quali potevano essere impiegati.
Questo percorso di «liberalizzazione» è poi proseguito con il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che ha introdotto, in particolare, l'innalzamento del massimale annuo di reddito che ha poi determinato un massiccio aumento dell'uso dei voucher, che tra il 2014 e il 2016 è quasi raddoppiato.
Anche in considerazione di questa tendenza, la CGIL ha proposto un referendum per abolire tale istituto, accusandolo di essere «di fatto uno strumento malato di sommersione e precarizzazione del lavoro», rispetto alla cui ammissibilità la Corte costituzionale si è pronunciata affermativamente l'11 gennaio 2017 (sentenza n. 28 del 2017).
Al riguardo, si ritiene che l'obiettivo da perseguire sarebbe dovuto essere quello di eliminare gli abusi e i comportamenti elusivi della normativa in materia, senza soccombere all'idea che i voucher fossero il virus che favorisce il lavoro nero, posto che tale strumento nasce proprio dall'esigenza di escluderlo.
Di contro, con una repentina e a dir poco drastica inversione di rotta nell'evoluzione normativa dell'istituto, l'articolo 1 del decreto-legge 17 marzo 2017, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 aprile 2017, n. 49, ha disposto la soppressione della disciplina del lavoro accessorio, abrogando gli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo n. 81 del 2015.
A seguito dell'abrogazione della normativa sui voucher, che ha conseguentemente neutralizzato l'indizione del referendum popolare ammesso dalla Consulta, l'articolo 54-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, ha introdotto una nuova disciplina delle prestazioni di lavoro occasionale, ponendo dei paletti che hanno ristretto in modo incisivo l'ambito di applicazione.
In particolare, sono stati previsti dei limiti ai compensi che prevedono tre vincoli: 1) il prestatore non può ricevere più di 5.000 euro per anno civile dal complesso dei committenti; 2) il committente non può erogare più di 5.000 euro per anno civile al complesso dei prestatori di cui si avvale; 3) il prestatore non può ricevere più di 2.500 euro per anno civile dallo stesso committente.
Alle prestazioni di lavoro occasionale possono ricorrere le persone fisiche o gli utilizzatori nell'esercizio dell'attività professionale o d'impresa.
Le persone fisiche possono avvalersi di prestazioni occasionali facendo ricorso al Libretto Famiglia, ossia un apposito libretto nominativo prefinanziato e con un valore nominale di 10 euro per prestazione all'ora, acquistabile presso l'INPS o gli uffici postali; lo stesso è utilizzabile per il pagamento delle prestazioni occasionali rese nell'ambito di piccoli lavori domestici, assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità, nonché insegnamento privato supplementare.
Gli operatori economici, invece, possono ricorrere a prestazioni di lavoro occasionale attraverso uno specifico contratto di prestazione, cosiddetto «PrestO», attivabile con il versamento delle somme dovute, attraverso la piattaforma dell'INPS. La misura minima del compenso è pari a 9 euro, fatta eccezione per il settore agricolo per il quale è invece pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata stabilita dal contratto collettivo di lavoro stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
La nuova normativa vieta l'utilizzo del contratto di prestazione occasionale: 1) per gli utilizzatori che hanno alle proprie dipendenze più di cinque lavoratori subordinati a tempo indeterminato; 2) per le imprese dell'edilizia e di settori affini, per le imprese esercenti l'attività di escavazione o di lavorazione di materiale lapideo e per le imprese del settore miniere, cave e torbiere; 3) nell'esecuzione di appalti di opere o servizi; 4) da parte di imprese del settore agricolo, ad esclusione di specifici soggetti (pensionati, studenti, disoccupati, precettori di prestazioni integrative del salario), purché non iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
Si prevede, inoltre, il divieto di acquisizione di prestazioni di lavoro occasionali da soggetti con i quali l'utilizzatore abbia in corso (o abbia cessato) da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa.
Per l'accesso a tali forme di impiego della forza lavoro, sia gli utilizzatori che i prestatori dovranno registrarsi su un'apposita piattaforma informatica, gestita a cura dell'INPS, che supporta le operazioni di erogazione e di accreditamento dei compensi e di gestione della posizione contributiva del lavoratore.
Ad oggi, ogni valutazione sull'andamento della nuova disciplina del lavoro occasionale ha messo in luce che l'abolizione dei voucher ha comportato un peggioramento per gli utilizzatori e i prestatori.
Le famiglie non hanno più il vantaggio dei ben più cospicui limiti economici previgenti (7.000 euro), né della più agevole gestione cartacea del rapporto.
Per le imprese, il limite di cinque dipendenti e il divieto all'utilizzo del voucher in agricoltura sono vincoli tali da escludere dagli utilizzatori del nuovo «contratto di prestazione occasionale» la larga maggioranza di coloro che lo hanno utilizzato fino a marzo 2017.
Inoltre, si mette in evidenza che la distinzione degli utilizzatori tra famiglie e imprese ha conseguentemente escluso dall'ambito di applicazione dell'attuale normativa il terzo settore che frequentemente, e anche in modo virtuoso, faceva ricorso a prestatori di lavoro occasionale con lo strumento dei voucher.
I dati dell'Osservatorio sul precariato, resi nel mese di febbraio 2018, dimostrano una drastica diminuzione della consistenza dei lavoratori impiegati mediante i nuovi strumenti della disciplina del lavoro occasionale; gli stessi ammontano a poco più di 15.000 con il contratto di lavoro occasionale e a circa 4.000 per i lavoratori pagati con i titoli del Libretto Famiglia. Conseguentemente, è aumentato esponenzialmente il lavoro intermittente e appare sempre più concreto il dato che molti lavoratori occasionali – tra studenti, baby sitter, personale di negozi e ristoranti – siano tornati nel sottobosco del lavoro nero.
E ancora, uno studio condotto da Confesercenti, pubblicato a giugno 2018, dimostra che con l'abolizione dei voucher sono centinaia di migliaia le occasioni di lavoro andate perse nel campo delle piccole e medie imprese che operano, in particolare, nel commercio, nel turismo, nei servizi e nell'artigianato.
Mentre in agricoltura, stando alle stime di Coldiretti, dopo i 25.000 posti venuti meno in occasione dell'ultima vendemmia, nella stagione estiva in corso ne scompariranno altri 50.000.
I voucher, dunque, erano uno strumento utile per imprese e lavoratori, soprattutto dopo che ne era stata rafforzata la tracciabilità; la loro abolizione, oltre a determinare la drammatica perdita di occasioni di lavoro, ha creato confusione e aggravi burocratici per le attività economiche.
Tanto premesso, la presente proposta di legge interviene in materia di lavoro occasionale, abrogando l'attuale disciplina e reintroducendo lo strumento dei voucher, con alcune significative modificazioni, affinché ne venga valorizzata l'utilità contrastandone gli abusi che si sono verificati in passato. In particolare, si prevede un limite di giornate lavorative che possono essere svolte dai singoli beneficiari; si introduce il divieto di utilizzare i buoni lavoro per le aziende con più di quindici dipendenti e per le organizzazioni sindacali; si prevede che gli importi dei singoli buoni siano variabili sulla base della retribuzione oraria fissata dal contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento e, in assenza, siano determinati in 8,50 euro per ora lavorativa prestata come salario minimo garantito; infine, nell'intento di potenziare i controlli sull'utilizzo dei voucher, le comunicazioni telematiche dei committenti imprenditori non agricoli o professionisti prima dell'inizio della prestazione di lavoro accessorio dovranno essere effettuate all'Ispettorato nazionale del lavoro e all'INPS.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. L'articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, è sostituito dal seguente:

«Art. 54-bis.- (Disciplina delle prestazioni di lavoro accessorio) – 1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, nel corso di un anno civile e con riferimento alla totalità dei committenti, a più di dieci giornate lavorative al mese.
2. Le prestazioni di lavoro accessorio possono essere altresì rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di sette giornate per anno civile, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. L'INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.
3. Le disposizioni del comma 1 si applicano in agricoltura:

a) alle attività lavorative di natura occasionale rese nell'ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate anche da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università;

b) alle attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che non possono essere svolte da soggetti iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

4. Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno.
5. Alle prestazioni di cui al presente articolo possono fare ricorso:

a) le aziende che impiegano fino a quindici dipendenti;

b) le aziende che impiegano più di quindici dipendenti esclusivamente in favore di soggetti disoccupati, percettori di trattamenti pensionistici o inoccupati.

6. Le organizzazioni sindacali non possono ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio.
7. I compensi percepiti dal lavoratore secondo le modalità di cui al presente articolo sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.
8. È vietato il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte salve le specifiche ipotesi individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
9. Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio i committenti imprenditori e professionisti acquistano esclusivamente attraverso modalità telematiche uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati. I committenti non imprenditori o professionisti possono acquistare i buoni orari anche presso le rivendite autorizzate.
10. Per il valore nominale dei buoni orari di cui al comma 9 si fa riferimento alla retribuzione stabilita per prestazioni di natura analoga da parte dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro. In assenza di questi ultimi, il valore nominale è fissato in 8,50 euro per ogni ora lavorativa prestata. Nel settore agricolo il valore nominale del buono orario è pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo di lavoro stipulato dalle associazioni sindacali.
11. I committenti imprenditori o professionisti che ricorrono a prestazioni occasionali di tipo accessorio sono tenuti, prima dell'inizio della prestazione e per un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi, a comunicare alla direzione territoriale del lavoro competente e all'INPS, attraverso modalità telematiche, compresi i servizi short message service (SMS) o di posta elettronica, i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore, indicando, altresì, l'orario di inizio e di termine del lavoro e il luogo della prestazione.
12. Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso dal concessionario di cui al comma 15. Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.
13. Fermo restando quanto disposto al comma 14, il concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni orari, effettuando altresì il versamento per suo conto dei contributi previdenziali all'INPS, alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL, in misura pari al 7 per cento del valore nominale del buono, e trattiene un importo, a titolo di rimborso delle spese, tale che il valore nominale di ogni buono emesso sia di euro 11 esclusivamente nei casi di mancanza o inapplicabilità dei contratti collettivi nazionali di lavoro. La percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali può essere rideterminata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in funzione degli incrementi delle aliquote contributive per gli iscritti alla citata gestione separata dell'INPS.
14. In considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di specifiche categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i quali è prevista una contribuzione figurativa, impiegate nell'ambito di progetti promossi da pubbliche amministrazioni, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, può stabilire specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari.
15. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua con proprio decreto il concessionario del servizio e regolamenta i criteri e le modalità per il versamento dei contributi di cui al comma 13 e delle relative coperture assicurative e previdenziali».

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