PDL 857

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 857

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata DIENI

Modifiche all'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, concernenti la soppressione della facoltà di conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti estranei alle pubbliche amministrazioni

Presentata il 3 luglio 2018

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge mira a eliminare dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche», di seguito «decreto», da un lato, l'istituto dell'accesso al pubblico impiego per chiamata e, dall'altro, quello dello spoils system, con riferimento agli incarichi di funzioni dirigenziali. La proposta di legge si articola in due interventi, l'uno soppressivo dell'accesso per chiamata agli incarichi di funzioni dirigenziali e l'altro abrogativo dello spoils system per gli incarichi di funzioni dirigenziali.
Il primo intervento consiste nella modifica dei commi 3 e 4 e nell'abrogazione del comma 6 dell'articolo 19 del decreto, che recita: «6. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio. La formazione universitaria richiesta dal presente comma non può essere inferiore al possesso della laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea conseguito secondo l'ordinamento didattico previgente al regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509».
Il secondo intervento consiste nell'abrogazione del comma 8 del medesimo articolo 19, che recita: «8. Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3 cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo».
L'illustrazione dei motivi della proposta di legge presuppone che siano richiamati, in via preliminare, da un lato gli elementi strutturali essenziali e la funzione, partitamente, dell'istituto dell'accesso al pubblico impiego per chiamata e di quello dello spoils system e, dall'altro, gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale su ciascuno di tali istituti.
L'accesso al pubblico impiego per chiamata è il sistema di reclutamento – e non di progressione di carriera (promozione) – del pubblico funzionario tra persone bene individuate, cioè di cui siano preventivamente accertati, con mezzi positivi, obiettivi e idonei, tutti i requisiti occorrenti, intellettuali, morali e fisici, nel quale la designazione del più capace avviene mediante una libera scelta, da parte di organi tecnici o politici – senza vincoli formali di concorso (concorso) e senza votazione del corpo elettivo (elezione) –. La scelta, in vero, è rimessa alla prudente discrezione dell'organo cui compete il diritto di nomina, che nel suo esercizio non incontra sostanziali limiti normativi, neppure generici, invano spesso reclamati (Tommasone, 1926, pagine 1-71). L'accesso al pubblico impiego per chiamata costituisce una deroga al principio del concorso per il pubblico impiego. Il principio del concorso per il pubblico impiego è il principio secondo il quale «inquadramento o reinquadramento di pubblici dipendenti (...) si fonda su una valutazione congrua e razionale [dell'interessato], diretta a far ragionevolmente ritenere che egli sia in possesso dei requisiti necessari per il detto [inquadramento o] reinquadramento» (sentenza n. 21 del 1989), «[condotta per mezzo] di procedure selettive o di verifiche attitudinali, in quanto ineludibili momenti di controllo, funzionali al rendimento della pubblica amministrazione» (sentenza n. 1 del 1996) e «indipendente da ogni considerazione connessa alle condizioni personali, dei vari concorrenti» (sentenza n. 1 del 1999). La «regola del concorso pubblico ed aperto [è prescritta], sia al fine di garantire il perseguimento del buon andamento nell'azione amministrativa sin dalla selezione del suo ruolo, sia allo scopo di garantire a chiunque la possibilità di partecipare all'esercizio delle funzioni pubbliche (ex multis sentenza n. 293 del 2009)» (sentenza n. 99 del 2012). Il «concorso pubblico [ha] un ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche i casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio e quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo (sentenze n. 150 del 2010, n. 293 del 2009, n. 205 del 2004)» (sentenza n. 52 del 2011). Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede (e non si possono conseguire promozioni se non) mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge, in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione e al fine di riconoscere che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e di promuovere il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (articoli 3, 51, 97 e 98 della Costituzione).
La giurisprudenza costituzionale più direttamente e immediatamente riferibile all'accesso al pubblico impiego per chiamata è quella espressamente concernente il principio del concorso per il pubblico impiego. Secondo tale giurisprudenza costituzionale «non può negarsi al legislatore un'ampia discrezionalità nello scegliere i sistemi e le procedure per la costituzione del rapporto di pubblico impiego e per la progressione in carriera; il limite a questa discrezionalità è dato essenzialmente dall'articolo 97, primo comma della Costituzione, dal quale discende la necessità che le norme siano tali da garantire il buon andamento della pubblica amministrazione; il che, per quanto attiene al momento della costituzione del rapporto d'impiego, consiste nel far sì che nella pubblica amministrazione siano immessi soggetti i quali dimostrino convenientemente la loro generica attitudine a svolgere le funzioni che vengono affidate a chi deve agire per la pubblica amministrazione e, per quanto attiene alla progressione, consiste nel valutare congruamente e razionalmente l'attività pregressa del dipendente, sì da trarne utili elementi per ritenere che egli possa bene svolgere anche le funzioni superiori» (sentenza n. 81 del 1983). Ai sensi dell'articolo 97, quarto comma, della Costituzione, il «sistema preferibile» o, se si vuole, «normale» per l'accesso all'impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche è la regola del concorso pubblico, che non esclude forme diverse di reclutamento e di copertura dei posti, purché rispondano a criteri di ragionevolezza (...) e siano comunque in armonia con le disposizioni costituzionali e tali da non contraddire i princìpi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione (sentenze n. 187 del 1990, n. 478 del 1995, n. 81 del 2006). Il «passaggio ad una fascia funzionale superiore, in quanto comporta l'accesso a un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate, è una figura di reclutamento soggetta alla regola del pubblico concorso. A tale regola la legge può derogare, ma sempre col limite della razionalità» (sentenza n. 161 del 1990). «Il concorso pubblico – quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del criterio del merito – costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni». Esso è rappresentato «da una selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito e aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti previamente e obiettivamente definiti» ed «è posto a presidio delle esigenze di imparzialità e di efficienza dell'azione amministrativa» (sentenze n. 63 del 2006 e n. 293 del 2009). «Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possano essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico» «nell'esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (articolo 97, primo comma, della Costituzione) e il diritto di tutti i cittadini ad accedere ai pubblici uffici (articolo 51 della Costituzione) e il cui vaglio di costituzionalità passa attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore» (sentenze n. 81 del 2006 e n. 213 del 2010). «In particolare, è indispensabile che le eccezioni al principio del pubblico concorso siano numericamente contenute in percentuali limitate, rispetto alla globalità delle assunzioni poste in essere dall'amministrazione; che l'assunzione corrisponda a una specifica necessità funzionale dell'amministrazione stessa» e «che la legge stabilisca preventivamente le condizioni per l'esercizio del potere di assunzione» (sentenze n. 225 del 2010 e n. 167 del 2013).
Lo spoils system è «un rapporto fondato sull’intuitus personae tra l'organo politico che conferisce un incarico ed il soggetto che lo riceve ed è responsabile verso il primo dell'efficienza dell'amministrazione»; tale rapporto è informato alla «scelta di fondo di commisurare la durata delle nomine e degli incarichi dirigenziali a quella degli organi di indirizzo politico» (sentenza n. 233 del 2006), ricollegando «al rinnovo dell'organo politico l'automatica decadenza di titolari di uffici amministrativi» (sentenza n. 34 del 2010). Lo spoils system si distingue in ex lege e volontario, a seconda che determini la decadenza delle nomine e degli incarichi dirigenziali: automaticamente, alla scadenza di un dato termine dall'entrata in vigore della legge che lo istituisce (spoils system una tantum) o dal rinnovo degli organi di indirizzo politico (spoils system a regime) (sentenza n. 103 del 2007); ovvero con l'adozione di un provvedimento espresso, entro tale termine (sentenza n. 104 del 2007). La ratio dell'istituto è «rafforzare la coesione tra l'organo politico (...) e gli organi di vertice dell'apparato burocratico (...), per consentire il buon andamento dell'attività di direzione dell'ente (articolo 97 della Costituzione)» (sentenza n. 233 del 2006).
La giurisprudenza costituzionale sullo spoils system prende le mosse dalla citata sentenza n. 233 del 16 giugno 2006, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato che l'istituto è legittimo: se le nomine o gli incarichi dirigenziali sono di livello generale (apicali), cioè riguardanti i titolari di organi di vertice della pubblica amministrazione, e caratterizzati dall’intuitus personae (fiduciari), cioè conferiti a soggetti individuati esclusivamente o prevalentemente in base al «criterio della personale adesione del nominato agli orientamenti politici del titolare dell'organo che nomina» e se «opera per il futuro» «e, quindi, dopo la sua entrata in vigore, chi fosse nominato (...) non potrebbe vantare alcun ragionevole affidamento sulla continuazione dell'incarico». La successiva giurisprudenza costituzionale, nel confermare tali princìpi, ne ha precisato la portata. In particolare, con le sentenze nn. 103 e 104 del 23 marzo 2007, la Corte costituzionale ha dichiarato, rispettivamente, che lo spoils system legittimo «può essere conseguenza soltanto di una accertata responsabilità dirigenziale in presenza di determinati presupposti e all'esito di un procedimento di garanzia puntualmente disciplinato» e che lo spoils system è illegittimo: se «non soddisfa l'esigenza di preservare un rapporto [istituzionale] diretto [e immediato] fra organo politico [e organo amministrativo]»; e se, «[l'organo amministrativo] viene fatto cessare dal rapporto (di ufficio e di lavoro) con [l'organo politico] per una causa estranea alle vicende del rapporto stesso, e non sulla base di valutazioni concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute e di funzionamento dei servizi».
La proposta di legge muove, anzitutto, dalla volontà di riequilibrare, nel rapporto tra politica e amministrazione, gli elementi della capacità e della fiducia, il primo dei quali risulta oltremodo sacrificato al secondo, in modo da ristabilire il primato del merito tecnico sulla specifica appartenenza politica, invertendo l'ormai decennale tendenza al clientelismo e al campanilismo e affermando la cultura dell'impegno e della valutazione, ma – al tempo stesso – muove dalla consapevolezza della necessità di affiancare alla «pura meritocrazia», intesa come selezione in funzione delle conoscenze professionali, quello che taluno ha chiamato «merito sociale», ove ad essere presa in considerazione è la situazione personale del candidato (carichi familiari, condizioni di salute, reddito), con fondamento sul principio di solidarietà (articolo 2 della Costituzione) (merit system).
La presente proposta di legge, inoltre, tende a consolidare e a sviluppare al massimo grado le garanzie costituzionali del giusto procedimento, cioè i seguenti princìpi costituzionali: il principio democratico (articolo 1); il principio solidaristico (articolo 2); il principio di legalità (articoli 23 e 97, secondo comma); il principio di buon andamento (articolo 97, secondo comma); il principio di imparzialità (articoli 3, 51, 97, secondo comma, e 98); il principio del pubblico concorso (articolo 97, quarto comma); il principio di continuità dell'azione amministrativa: «il rispetto del canone dell'efficacia e dell'efficienza [va misurato] alla luce dei risultati che il dirigente deve perseguire, nel rispetto degli indirizzi posti dal vertice politico, avendo a disposizione un periodo di tempo adeguato, modulato in ragione della peculiarità della singola posizione dirigenziale e del contesto complessivo in cui la stessa è inserita; il principio del contraddittorio: “[deve] comunque [essere] garantita la presenza di un momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti”; il principio di motivazione: “all'esito del [procedimento] dovrà essere adottato un atto motivato che (...) consenta (...) un controllo giurisdizionale. Ciò anche al fine di garantire (...) scelte trasparenti e verificabili”; il principio di separazione tra politica e amministrazione: occorre salvaguardare la distinzione funzionale dei compiti tra organi politici e burocratici e cioè tra l'azione di Governo – che è normalmente legata alle impostazioni di una parte politica, espressione delle forze di maggioranza – e l'azione dell'amministrazione, la quale, nell'attuazione dell'indirizzo politico della maggioranza, è vincolata, invece, ad agire senza distinzioni di parti politiche e dunque al “servizio esclusivo della Nazione” (articolo 98 della Costituzione), al fine del perseguimento delle finalità pubbliche obiettivate dall'ordinamento» (sentenza n. 103 del 2007) (sentenza n. 161 del 2008).
La proposta di legge, dunque, è ispirata all'idea, da una parte, che «la scelta delle persone più idonee all'esercizio della funzione pubblica deve avvenire indipendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici (...) dei vari concorrenti» così da «garantire scelte finali fondate sull'applicazione di parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione delle attitudini e della preparazione dei candidati» (sentenza n. 453 del 1990) (l'indipendenza strutturale della pubblica amministrazione) e, dall'altra, che (riprendendo quanto affermato dal relatore nella Seconda sottocommissione dell'Assemblea costituente sul testo che diverrà l'articolo 97 della Costituzione) «“una costituzione democratica, oggi che al potere si alternano i partiti, deve tendere a garantire una certa indipendenza ai funzionari dello Stato, per avere un'amministrazione obiettiva della cosa pubblica e non un'amministrazione dei partiti”» (indipendenza funzionale della pubblica amministrazione) (sentenza n. 104 del 2007).

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. All'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole: «o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali e nelle percentuali previste dal comma 6» sono soppresse;

b) al comma 4, le parole: «ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6» sono soppresse;

c) al comma 5-bis, le parole: «, con contestuale diminuzione delle percentuali fissate dal comma 6» sono soppresse;

d) il comma 6 è abrogato;

e) al comma 6-bis, le parole: «commi 4, 5-bis e 6» sono sostituite dalle seguenti: «commi 4 e 5-bis»

f) al comma 6-ter, le parole: «Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano» sono sostituite dalle seguenti: «Il comma 6-bis si applica»;

g) il comma 8 è abrogato.

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