PDL 829

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 829

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
RAMPELLI, BELLUCCI, BUTTI, LUCA DE CARLO, SILVESTRONI

Modifiche alla legge 2 dicembre 2016, n. 242, concernente
la coltivazione e la filiera agroindustriale della canapa

Presentata il 28 giugno 2018

torna su

Onorevoli Colleghi! — Con la legge 2 dicembre 2016, n. 242, recante «Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa», sono state dettate norme precise circa la liceità della coltivazione della canapa, che risulta condizionata solo dal tenore di THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) nelle infiorescenze.
Il termine cannabis legale mira a individuare in modo semplificato e discorsivo quel tipo di canapa che presenta un principio attivo inferiore al limite dello 0,6 per cento, introdotto, quale deroga del limite principale pari allo 0,2 per cento, dall'articolo 4, comma 5, della legge n. 242 del 2016 che recita: «Qualora all'esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità è posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge».
Dunque, la disposizione in questione si pone come lex specialis rispetto alla disciplina dettata dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, che governa i profili penali del diritto degli stupefacenti, introducendo un limite di tolleranza legale in materia di presenza di THC addirittura superiore a quello individuato con alcune pronunzie dalla Suprema Corte di cassazione che ha determinato la soglia nello 0,5 per cento.
Vi è, inoltre, da rilevare che un'ulteriore deroga all'applicazione di sanzioni penali, in ipotesi del superamento del limite dello 0,6 per cento, è contemplata nel comma 7 del citato articolo 5, nella parte in cui prevede che: «Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall'autorità giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo di cui al comma 3, risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento. Nel caso di cui al presente comma è esclusa la responsabilità dell'agricoltore».
Tale nuovo quadro legislativo, se da un lato ha rilanciato la produzione italiana di canapa, una pianta dalle numerose potenzialità nei più disparati settori di utilizzo, dall'altro ha avuto l'effetto collaterale di aprire il varco alla cannabis «leggera» legale.
È evidente che questa norma di salvaguardia, concepita originariamente per il coltivatore, in concreto ha esteso (per analogia in bonam partem) la propria sfera di influenza in relazione alla successiva attività di commercializzazione del prodotto, assumendo il carattere di scriminante anche per il soggetto che ponga in vendita piante o sostanze che risultino, per certificazione, conformi ai limiti indicati.
La legge in effetti fissa alcune destinazioni d'uso: alimenti e cosmetici, semilavorati per applicazioni industriali, prodotti per la bio-edilizia e così via. Manca però una menzione alla possibilità di commercializzare le infiorescenze per uso ricreativo.
Tra le pieghe della legge gli imprenditori più lungimiranti hanno quindi adocchiato immediatamente la possibilità di commercializzare liberamente le infiorescenze ottenute dalle coltivazioni legali: se il prodotto venduto espressamente per essere fumato violerebbe diverse normative sanitarie, non ci sono invece norme esplicite che vietino la sua commercializzazione come deodorante per ambienti o articolo da collezione e per il nostro ordinamento legale se qualcosa non è vietato espressamente allora è permesso.
Intanto, grazie a questo nuovo business, sono molte le persone che si «avvicinano alla marijuana» e se c'è differenza a livello di effetto, non c'è però differenza a livello di utilizzo.
La cannabis leggera non ha effetti psicotropi (creati da alti livelli di THC), ma se è fumata, avvertono gli esperti, è comunque dannosa per la salute. Inoltre, se è pur vero che il limite previsto dalla legge per il principio del THC è di circa lo 0,5 per cento, tale percentuale potrebbe produrre ugualmente effetti psicotropi, semplicemente aumentando la dose dei prodotti consumati.
Vincenzo Di Marzio, direttore dell'Istituto di chimica molecolare del CNR, ha spiegato però che ogni persona reagisce diversamente all'assunzione di cannabis e che la potenza del principio attivo cambia quando l'erba viene riscaldata (e quindi quando la si fuma): «bisognerebbe essere sicuri delle percentuali di THC in forma attiva presenti al momento del consumo, che spesso prevede il riscaldamento della sostanza, per poter ipotizzare i possibili effetti sul sistema nervoso».
Negli ultimi mesi, in Italia, sono oltre 600 i punti vendita aperti, che espongono in vendita vari prodotti a base di cannabis, dagli olii alle tisane, alle bevande energetiche fino ai biscotti.
Da ultimo, anche il Consiglio superiore di sanità si è espresso contro la vendita dei prodotti a base di «droga leggera», avvertendo che «non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa» e raccomanda di attivare le misure necessarie a bloccare la libera vendita di tali merci, «nell'interesse della salute individuale e pubblica».
Secondo il Consiglio superiore di sanità, inoltre, non è stato valutato il rischio «connesso al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni», che può essere dannoso in caso di alcune patologie, di uno stato di gravidanza o allattamento, nonché di interazioni con farmaci. Conseguenze negative potrebbero verificarsi anche a seconda dell'età. Lo stop servirebbe, quindi, a «evitare che l'assunzione inconsapevolmente percepita come sicura e priva di effetti collaterali si traduca in un danno per se stessi o per altri».
Tale nuovo fenomeno rischia peraltro di portare a un'accettazione e a una banalizzazione del rischio che il consumo di cannabis porta con sé e l'effetto può essere dirompente soprattutto sui più giovani.
Stiamo, pertanto, assistendo a un vero e proprio primo approccio alla legalizzazione della cannabis in Italia, che riveste aspetti sociali non trascurabili e che si sta affermando soprattutto grazie a un vuoto normativo.
Con la presente proposta di legge si vuole quindi colmare tale vuoto normativo, introducendo il divieto di importazione e commercializzazione della canapa leggera a fini ricreativi ed equiparando la fattispecie al reato di «produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope» disciplinato dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Alla legge 2 dicembre 2016, n. 242, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Le disposizioni della presente legge non si applicano all'importazione e alla commercializzazione delle infiorescenze della canapa per uso ricreativo»;

b) all'articolo 4, dopo il comma 7 è aggiunto il seguente:

«7-bis. In caso di violazione delle disposizioni dell'articolo 1, comma 3-bis, della presente legge si applicano le disposizioni del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309».

torna su