PDL 752

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 752

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa della deputata INCERTI

Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, concernenti la tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento senza giustificato motivo o giusta causa, e alla legge 28 giugno 2012, n. 92, in materia di procedimento giurisdizionale per le relative controversie

Presentata il 20 giugno 2018

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Onorevoli Colleghi! — L'approvazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183, recante «Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro», cosiddetta jobs act, e dei conseguenti decreti legislativi ha segnato un cambio di paradigma nel mercato del lavoro. Superando la disciplina del previgente articolo 18 della legge n. 300 del 1970 (statuto dei lavoratori), già profondamente modificato dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, (riforma Fornero) in caso di licenziamento illegittimo o nullo, la tutela reintegratoria nel posto di lavoro è divenuta eccezionale e limitata ad alcune ipotesi tassative. È stata introdotta, al suo posto, una nuova forma di tutela risarcitoria definita «crescente» perché correlata all'anzianità di servizio, di carattere esclusivamente economico e che si applica in misura ancora più ridotta nei confronti dei nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato a decorrere dal 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23.
L'articolo 18 è stata una conquista importante insieme con tutto lo statuto dei lavoratori. Tuttavia, negli ultimi anni, il numero delle assunzioni a tempo indeterminato era precipitato in basso sino a non superare il 15 per cento delle assunzioni annue.
La riforma Fornero aveva ridotto l'area di applicazione dell'articolo 18 e il suo superamento era, all'interno del jobs act, nel novero delle scelte possibili. Anche altre risposte erano sperimentabili, quali: la stabilizzazione dei lavoratori dopo un congruo periodo di prova e il mantenimento della reintegrazione in caso di licenziamenti economici illegittimi, specie quando l'azienda presenta il bilancio in attivo. Tuttavia si è proceduto in maniera diversa.
Oggi possiamo mettere a fuoco talune criticità emerse con evidenza in questi tre anni circa e proporre, come stiamo proponendo, taluni interventi correttivi per tutelare meglio la condizione dei lavoratori oggetto di provvedimenti di licenziamento.
L'indennità di licenziamento, nella misura attualmente prevista per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, ma anche per coloro che erano già in servizio prima di quella data e, quindi, risarcibili nella misura indicata dalla riforma Fornero, appare poco proporzionata rispetto agli interessi in questione e ciò non sembra sufficiente a costituire un elemento dissuasivo di licenziamenti ingiustificati o estemporanei.
La questione è già stata sottoposta alla Consulta, con un'ordinanza di rimessione del tribunale di Roma del 26 luglio 2017, che ha denunciato il contrasto tra gli articoli 1, comma 7, lettera c), della legge n. 183 del 2014 e 2, 4 e 10 del decreto legislativo n. 23 del 2015 con gli articoli 3, 4, 76 e 117, primo comma, della Costituzione.
È utile richiamare anche i seguenti atti: il disposto dell'articolo 30 della Carta di Nizza, che impone agli Stati membri di garantire un'adeguata tutela in caso di licenziamento ingiustificato; la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 158/82 sui licenziamenti, che prevede che qualora il licenziamento sia ingiustificato se il giudice o gli organismi competenti a giudicare l'atto di recesso «non hanno il potere di annullare il licenziamento o di proporre il reintegro del lavoratore, o non ritengono che ciò sia possibile nella situazione data, dovranno essere abilitati ad ordinare il versamento di un indennizzo adeguato o ogni altra forma di riparazione considerata come appropriata»; l'articolo 24 della Carta sociale europea, che stabilisce che «Per assicurare l'effettivo esercizio del diritto ad una tutela in caso di licenziamento, le Parti si impegnano a riconoscere:
a) il diritto dei lavoratori di non essere licenziati senza un valido motivo legato alle loro attitudini o alla loro condotta o basato sulle necessità di funzionamento dell'impresa, dello stabilimento o del servizio;
b) il diritto dei lavoratori licenziati senza un valido motivo, ad un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione».
Si propone, pertanto, di modificare, all'articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 2015, la misura minima dell'indennità, stabilendo che non può essere inferiore a otto mensilità, estendendo e uniformando la nuova disciplina indennitaria a tutti i lavoratori dipendenti da imprese che occupino più di quindici dipendenti nel comune o più di sessanta dipendenti sul territorio nazionale, indipendentemente dalla data di assunzione a tempo indeterminato.
Il secondo intervento riguarda il licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa e tende a ripristinare la proporzionalità tra l'infrazione commessa e la misura disciplinare adottata. Ove si avverta la sproporzione, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. La reintegrazione sarà sempre disposta quando l'addebito contestato sia sanzionato dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato in azienda o dal codice disciplinare con una misura conservativa.
Il terzo intervento attiene al licenziamento collettivo, prevedendo anche in questo caso una doverosa uniformità di trattamento per tutti i lavoratori soggetti alla medesima procedura e disponendo che la reintegrazione, limitata nel testo del decreto legislativo n. 23 del 2015 ai soli licenziamenti orali, sia estesa anche all'ipotesi di violazione dei criteri di scelta dei lavoratori e all'ipotesi in cui sia giudizialmente accertata la nullità dei licenziamenti collettivi. Per i vizi formali della procedura, ovvero per i profili di minore rilievo, si propone l'applicazione della tutela indennitaria.
Ancora per un'esigenza di omogeneità, l'articolo 2 della presente proposta di legge dispone analoghi incrementi dei massimi degli indennizzi disposti dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Si ritiene, infine, non più procrastinabile e semplificatorio il ritorno a un solo rito speciale del lavoro in materia di licenziamento, superando le ulteriori difficoltà e il senso di disorientamento originato dall'esclusione dell'applicabilità del «rito veloce», disciplinato dall'articolo 1, commi da 47 a 69, della riforma Fornero, alle controversie sui licenziamenti intimati nei confronti dei lavoratori assunti con il jobs act dopo il 7 marzo 2015. Si propone, pertanto, l'immediata soppressione di tale «rito veloce» prevedendo un'appropriata disciplina transitoria che restituisca certezza nelle regole processuali applicabili alla materia dei licenziamenti.
Tali misure, se adottate, potrebbero migliorare le condizioni dei lavoratori fatti oggetto di licenziamento, senza disperdere quel carattere di innovazione che il jobs act ha voluto introdurre nel mercato del lavoro.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

1. Al decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 3:

1) al comma 1:

1.1) le parole: «pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio» sono sostituite dalle seguenti: «determinato dal giudice, se il licenziamento è stato intimato nei primi dieci anni di servizio del dipendente, in misura compresa fra otto e ventiquattro mensilità e, dall'inizio dell'undicesimo anno di servizio, da otto a trentasei mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, tenuto conto anche della gravità del vizio riscontrato»;
1.2) le parole: «non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità» sono sostituite dalle seguenti: «non inferiore a otto e non superiore a trentasei mensilità»;

2) al comma 2, il primo periodo è sostituito dai seguenti: «Nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui il datore di lavoro non dimostri in giudizio la sussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, quando l'addebito contestato sia sanzionato dal contratto collettivo o dal codice disciplinare applicato dal datore di lavoro con una misura conservativa, o quando emerga, comunque, la sproporzione della sanzione del licenziamento rispetto alla mancanza disciplinare contestata, il giudice annulla il licenziamento e ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro oltre al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando un'offerta di lavoro congrua ai sensi del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 10 aprile 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 162 del 14 luglio 2018. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto»;

3) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Il giudice applica la disciplina di cui al comma 2 nell'ipotesi in cui accerti l'insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo ovvero nel caso in cui il licenziamento sia stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile»;

b) l'articolo 10 è sostituito dal seguente:

«Art. 10 – (Licenziamento collettivo). – 1. In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l'osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all'articolo 2 del presente decreto. In caso di violazione dei criteri di scelta di cui all'articolo 5, comma 1, della citata legge n. 223 del 1991 e ove sia giudizialmente accertata la nullità dei licenziamenti collettivi si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 2, del presente decreto. In caso di violazione delle procedure richiamate dall'articolo 4, comma 12, della legge n. 223 del 1991 si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1, del presente decreto»;

c) l'articolo 11 è sostituito dal seguente:

«Art. 11. – (Abrogazione delle disposizioni in materia di rito applicabile ai licenziamenti e disposizioni transitorie). – 1. I commi da 47 a 69 dell'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92, sono abrogati.
2. I giudizi già instaurati con la disciplina prevista dai commi da 47 a 69 dell'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92, e pendenti nella fase sommaria alla data di entrata in vigore della presente disposizione, previa concessione di un doppio termine per consentire alle parti le integrazioni necessarie ai sensi degli articoli 414 e 416 del codice di procedura civile, proseguono nelle forme di cui al libro secondo, titolo IV, del medesimo codice.
3. Resta ferma l'efficacia esecutiva dei provvedimenti già emessi ai sensi del comma 49 dell'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92, fino alla sentenza che definisce il grado di giudizio.
4. I giudizi di opposizione pendenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione proseguono nelle forme e secondo la disciplina di cui al libro secondo, titolo IV, del codice di procedura civile.
5. Ai giudizi instaurati a seguito di reclamo proposto ai sensi del comma 58 dell'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92, già pendenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, si applica la disciplina di cui agli articoli 433 e seguenti del codice di procedura civile.
6. Ai giudizi già pendenti in Cassazione alla data di entrata in vigore della presente disposizione si applica la disciplina di cui agli articoli 360 e seguenti del codice di procedura civile.
7. Restano ferme le preclusioni e le decadenze già intervenute alla data di entrata in vigore della presente disposizione, fermo restando quanto disposto dal comma 2.
8. Le controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi di cui all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, devono essere trattate dal giudice designato con priorità rispetto ad ogni altra controversia, con la sola eccezione dei procedimenti cautelari e di quelli previsti dall'articolo 28 della citata legge n. 300 del 1970. La tempestiva trattazione delle controversie di cui al presente comma è assicurata dai responsabili degli uffici anche con apposite misure organizzative».

Art. 2.

1. All'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al quinto comma, le parole: «tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro» sono sostituite dalle seguenti: «tra un minimo di dodici e un massimo di trentasei»;

b) al sesto comma, le parole: «tra un minimo di sei e un massimo di dodici» sono sostituite dalle seguenti: «tra un minimo di sei e un massimo di trentasei».

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