PDL 664

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 664

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato VERINI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Presentata il 24 maggio 2018

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge prevede l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, per la durata della XVIII legislatura, a norma dell'articolo 82 della Costituzione.
Nella storia dell'Italia repubblicana, dal dicembre 1962 (legge 20 dicembre 1962, n. 1720) ad oggi, hanno già operato dieci Commissioni parlamentari che, avvalendosi dei poteri volta per volta definiti dalle rispettive leggi istitutive, hanno posto al centro delle proprie indagini e delle proprie iniziative il fenomeno della mafia, nelle sue diverse espressioni, nella sua morfologia, nei suoi collegamenti con la vita sociale e politica. Negli anni, nel corso dei quali ciascuna delle Commissioni ha operato e ha adempiuto ai propri compiti, il fenomeno mafioso ha subìto profonde e radicali modificazioni.
L'impegno contro le mafie e i poteri criminali, per la legalità, non è certo concluso: la mafia è ancora straordinariamente pericolosa e capace di adattarsi, di farsi «camaleonte» della modernità; essa colpisce il tessuto vivo del paese, si insinua negli affari, nella società, nella politica, in Italia come all'estero.
La XVII legislatura appena trascorsa potrà essere ricordata, probabilmente, come una vera e propria legislatura costituente per la lotta contro le mafie e la corruzione, innovativa anche per i contenuti e per i metodi dell'inchiesta parlamentare su tale materia, che si è svolta lungo l'arco di un quinquennio denso di accadimenti di rilievo sul piano nazionale e internazionale. Abbiamo reso la nostra legislazione più avanzata ed efficace. Sappiamo tuttavia che le leggi non bastano. Occorrono comportamenti coerenti per vincere l'indifferenza di chi, ancor oggi, si gira dall'altra parte e fa finta di niente. Dobbiamo ricordare alcune tra le tappe fondamentali: l'introduzione del reato di scambio elettorale politico-mafioso, il nuovo articolo 416-ter del codice penale, l'introduzione del reato di depistaggio, il nuovo articolo 375 del codice penale, l'istituzione della Giornata nazionale dedicata alle vittime (innocenti) delle mafie, da celebrare il 21 di marzo, l'introduzione del reato di autoriciclaggio, le modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, in materia di beni e aziende confiscati alla criminalità organizzata, la legge contro il caporalato in agricoltura.
Già all'indomani della strage di Capaci era stato introdotto nel codice penale quale articolo 416-ter il reato di scambio elettorale politico-mafioso. Tuttavia, alcuni difetti strutturali lo avevano reso di fatto inefficace a reprimere il fenomeno della contiguità politico-mafiosa: con la nuova legge, chi scende a patti con organizzazioni mafiose per farsi sostenere in una competizione elettorale viene punito non solo quando vi sia scambio di denaro, ma anche a fronte di qualsiasi altra utilità come appalti, posti di lavoro, abusi edilizi, aggiustamento di processi. Inoltre la consumazione del reato è anticipata al momento dello scambio delle promesse. Nel gennaio 2013, a ridosso delle elezioni, partì la campagna promossa dalle associazioni Libera e Gruppo Abele, con cui si chiedevano ai candidati trasparenza e l'impegno a riformare l'articolo 416-ter del codice penale per sanzionare più efficacemente lo scambio elettorale politico-mafioso. A pochi giorni dal voto furono 878 i candidati che aderirono, di cui i 274 eletti costituirono in seguito l'intergruppo parlamentare dei «braccialetti bianchi». In pochi giorni vennero raccolte centinaia di migliaia di firme per sollecitare il futuro Governo a integrare la fattispecie del reato di scambio elettorale politico-mafioso comprendendovi l'erogazione di «altre utilità»: fino ad allora infatti l'articolo prevedeva lo scambio elettorale politico-mafioso solo nel caso in cui fosse avvenuta un'erogazione di denaro. La vecchia formulazione aveva trovato scarsa applicazione, poiché il politico che si accorda col mafioso spesso non offre denaro, bensì favori, ad esempio per l'assegnazione di appalti pubblici oppure attraverso l'inserimento di uomini legati alle organizzazioni criminali negli apparati della politica. Il nuovo articolo 416-ter del codice penale rivoluziona la capacità della magistratura di intervenire per spezzare il rapporto tra mafia e politica, perché dopo venti anni la dazione di denaro diventa irrilevante per provare il reato.
È stato approvato, inoltre, e introdotto nel nostro ordinamento il reato di depistaggio: la partita per giungere alla piena verità giudiziaria e storica in merito agli omicidi e alle stragi che si sono consumate in Italia nella storia repubblicana è infatti ancora aperta; una lunga scia di sangue che parte da Portella della Ginestra, passando da piazza Fontana e dalla stazione di Bologna, per arrivare a Palermo, negli anni ’90, con le stragi di Capaci e di via d'Amelio e con il tritolo di Firenze, Roma e Milano. Esiste una ragion di Stato superiore alla ragione della verità di fronte a un omicidio o ad una strage? Per alcuni, probabilmente, sì: il mantenimento dell'ordine. Ma il 5 luglio 2016 il Parlamento ha approvato il reato di depistaggio a carico dei pubblici ufficiali che occultano la verità all'autorità giudiziaria – totalmente o parzialmente – non solo per i fatti di terrorismo e strage, ma anche per vicende legate all'associazione mafiosa, al traffico di droga, al traffico illegale di armi e di materiale nucleare, chimico o biologico. È prevista la pena della reclusione da sei a dieci anni. Si tratta di un provvedimento estremamente importante, poiché i depistaggi sono stati lo strumento utilizzato dai responsabili materiali e morali delle vicende di stragi e di terrorismo nel nostro Paese per rallentare, se non bloccare, le inchieste e per impedire l'accertamento di fatti delittuosi gravissimi sulle trame che da piazza Fontana al 1993 hanno insanguinato l'Italia. Un capitolo ancora non completamente scritto, fatto di omissioni, bugie, distruzioni di documenti, ormai accertate in sede giudiziaria, compiuti da pubblici ufficiali inseriti negli apparati dello Stato.
Un altro dei momenti di svolta che ha caratterizzato la scorsa legislatura va ricondotto sicuramente all'approvazione della legge che ha costituito lo statuto dei testimoni di giustizia e di quella che, riformando il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, è intervenuta in materia di beni e aziende confiscate alla criminalità organizzata: confiscare i beni di provenienza mafiosa, prosciugare il riciclo dei proventi di attività illecite, contrastare le mafie colpendo il loro patrimonio illecito: per questa legge abbiamo lavorato sulla scia della legge che porta il nome di Pio La Torre e Virginio Rognoni, secondo il metodo indicato con forza e applicato con l'esempio da Giovanni Falcone. Il provvedimento si muove su un doppio binario: da una parte presenta misure per il contrasto sistematico delle organizzazioni criminali, per colpirle nelle imprese da esse illecitamente gestite; dall'altra prevede misure economiche di sostegno alle imprese stesse, affinché continuino la propria attività anche dopo la confisca o il sequestro. Solo così possiamo tutelare tutte le persone oneste che vi lavorano e smentire l'odiosa convinzione che «la mafia dà lavoro, lo Stato no». È stata altresì ampliata la cerchia dei possibili destinatari di misure di prevenzione: oltre che agli indiziati di aver aiutato latitanti di associazioni per delinquere, la misura può essere applicata anche a chi sia indiziato di far parte di associazioni criminali finalizzate alla corruzione, fermo restando il requisito della sproporzione dei patrimoni disponibili.
La nuova legge sui testimoni di giustizia, invece, è nata proprio dall'attività della precedente Commissione antimafia: il V comitato della Commissione antimafia della XVII legislatura fu infatti dedicato o proprio ai testimoni, ai collaboratori di giustizia e alle vittime della mafia. Era il 31 marzo, giorno in cui viene ricordata Renata Fonte, assassinata nel 1984 a Nardò, ove era da due anni assessore alla cultura e all'istruzione. Renata Fonte si oppose alla speculazione edilizia che mirava a fare di Porto Selvaggio un luogo privato, per soli ricchi. Oggi, grazie alla denuncia caparbia di Renata, Porto Selvaggio è un parco pubblico a disposizione di ogni cittadino. Con questa coscienza, che diventa impegno a fare ciascuno la propria parte in spirito di servizio, si aprivano i lavori del V comitato. In Italia la denuncia rappresenta ancora una sfida, un valore da inventare pienamente attraverso i comportamenti tanto delle istituzioni, quanto dei cittadini. La forza delle mafie è soprattutto culturale e nel codice mafioso l’«alfa» è senz'altro l'omertà: farsi i fatti propri. Guai a chi rompe il vincolo: chi parla è un infame, meritevole della peggiore morte. Potremmo dire che il testimone di giustizia è in quest'ambiente una sorta di eretico. Il testimone di giustizia è il cittadino onesto che, avendo assistito a un crimine o avendolo subìto, anziché sopportare, anziché girarsi dall'altra parte, anziché cercare scorciatoie, decide di denunciare, di fare i nomi e i cognomi, con ciò esponendo la propria vita e la vita dei suoi familiari a un rischio tale da rendere inadeguate le misure di protezione ordinarie. Il 16 dicembre 2015 veniva presentata alla Camera la proposta di legge n. 3500, recante disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia, frutto della relazione approvata dalla Commissione antimafia: per l'approvazione definitiva del Senato bisognerà attendere il 21 dicembre 2017, ossia pochi giorni prima della fine della XVII legislatura.
Parimenti importanti sono state le iniziative istituzionali di coordinamento nazionale e di cooperazione internazionale, come gli incontri con le «commissioni antimafia» istituite nei consigli regionali, per creare un laboratorio politico regionale e una rete di esperienze e buone pratiche, specialmente in materia di riutilizzo dei beni confiscati, utile ai diversi livelli della legislazione primaria e secondaria, nonché tutte le missioni presso le istituzioni europee e all'estero (Canada, Spagna, Paesi Bassi, Repubblica di San Marino, Malta), per creare occasioni di scambio di esperienze ai massimi livelli politico-istituzionali del Parlamento europeo e degli altri Stati membri dell'Unione europea.
La terza direttrice di lavoro svolto è stata rivolta al piano storico e fattuale, per indagare sugli accadimenti e sulle vicende che hanno coinvolto territori e personaggi importanti per la storia della mafia e dell'antimafia. A tale proposito, è appena il caso di sottolineare, a margine, l'importanza per le nostre istituzioni e il valore simbolico dell'elezione di Sergio Mattarella quale Capo dello Stato: suo fratello fu, infatti, il presidente della Regione siciliana Piersanti, assassinato dalla mafia a Palermo nel 1980. In questo campo del lavoro di inchiesta rientrano molte vicende, recenti o risalenti nel tempo, che sono state ritenute meritevoli di attenzione da parte della Commissione per provare a fornire, in un quadro di leale collaborazione e nel rispetto delle funzioni della magistratura e degli altri poteri dello Stato, un contributo ulteriore di conoscenza e di chiarezza. Oggi il consenso alle mafie si radica in modo particolare anche negli ambienti che debbono il loro benessere o la loro sopravvivenza alle attività economiche che ruotano intorno a esse, com'è normale che avvenga in tutti i campi in cui, in varie parti del mondo, interi settori della società sanno di dovere la propria sopravvivenza ad attività illecite o criminali. Per un lungo periodo storico, la percezione che la società meridionale ebbe delle mafie non coincideva affatto con il concetto di criminalità. Si poteva essere mafioso senza sentirsi né sembrare delinquente e senza essere considerato tale dalla stragrande parte dei concittadini. Oggi mafia e criminalità coincidono, un mafioso è innanzitutto un assassino e un criminale, ma questo cambiamento di percezione è un fatto recente, degli ultimi decenni. E d'altra parte fino al 1982 essere mafioso non era reato; lo era solo se il mafioso commetteva specifiche azioni delittuose. Rimane tuttavia il fatto che le mafie restano uno dei principali fattori di arretratezza del Mezzogiorno e che, in assenza di durature politiche di sviluppo economico e di promozione del lavoro, il progressivo aumento delle diseguaglianze, da tempo in atto, continuerà a fare il gioco delle mafie, alimentato anche da atteggiamenti giustificatori che non avrebbero più motivo d'essere. Non può essere trascurato a tale riguardo anche il cambiamento della posizione della Chiesa cattolica verso il fenomeno mafioso, su cui fino al recente passato raramente si erano registrate pubbliche prese di posizione, mentre, a livello periferico, vi erano stati episodi di deferenza o connivenza verso personaggi mafiosi. Negli ultimi anni, l'istituzione ecclesiastica e la comunità cattolica italiana, nel suo insieme, hanno sempre più consapevolmente assunto come propria preoccupazione la gravità del fenomeno mafioso, esprimendo palese avversione e condanna verso di esso. Tale cambiamento si era manifestato nel tempo attraverso varie dichiarazioni pubbliche della Conferenza episcopale italiana, tra cui importanti quelle del 2010, ed è culminato nella presa di posizione di Papa Francesco e, prima di lui, di Giovanni Paolo II, che il 9 maggio del 1993 tuonò contro i mafiosi dalla valle dei templi di Agrigento. Nel 2014 in Calabria Papa Francesco ha pronunciato nei confronti dei mafiosi la parola «scomunica» («i mafiosi non sono in comunione con Dio, sono scomunicati»), che per decenni era stata assente dal linguaggio dei vertici della Chiesa nei confronti degli stessi. Francesco è stato il primo Papa a esprimersi in questi termini, usando esplicitamente l'espressione «scomunica». D'altronde, nessun Papa prima di Giovanni Paolo II aveva trattato pubblicamente la questione della mafia, né parlato di mafia in un suo discorso, in una sua omelia, in un suo libro prima del 1994. È significativo di questa nuova consapevolezza il fatto che l'intera Commissione parlamentare antimafia sia stata ricevuta il 21 settembre 2017 in un'udienza speciale in Vaticano dal Papa, che ha pronunciato un discorso importante, in cui la Commissione si è pienamente riconosciuta.
La presente proposta di legge istitutiva di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere è sicuramente figlia del lavoro svolto dalla Commissione istituita con la legge 19 luglio 2013, n. 87, la quale, nel documento conclusivo dell'attività, ha lasciato in eredità uno schema articolato che delinea i compiti futuri di un'analoga Commissione, un documento che abbiamo ritenuto prezioso e che abbiamo ritenuto di arricchire inserendo, tra i compiti della commissione medesima, quello di verificare l'attuazione e l'adeguatezza delle disposizioni di cui alle leggi 7 marzo 1996, n. 108, 23 febbraio 1999, n. 44, 26 febbraio 2011, n. 10, e 27 gennaio 2012, n. 3, nonché al decreto del Presidente della Repubblica 19 febbraio 2014, n. 60, in materia di tutela delle vittime di estorsione e di usura, indicando eventuali iniziative di carattere normativo e amministrativo ritenute opportune per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali; quello di verificare l'attuazione e l'adeguatezza della normativa in materia di tutela dei familiari delle vittime di mafia indicando eventualmente iniziative ritenute opportune; quello di programmare un'attività volta a contrastare, monitorare e valutare il rapporto tra le mafie e l'informazione, con particolare riferimento alle diverse modalità in cui si manifesta la violenza o l'intimidazione nei confronti dei giornalisti e alla molteplicità di cause, riferibili immediatamente alle organizzazioni criminali o legate ad altri soggetti, quali esponenti delle comunità politiche o di gruppi di potere economico o finanziario, che pretendono il silenzio sui loro legami collusivi, alle conseguenze degli atti di violenza o di intimidazione sulla qualità complessiva dell'informazione, alla diffusione geografica del fenomeno, con un'attenzione particolare ai territori in cui queste conseguenze si manifestano in modo più evidente, anche all'eventuale fine di adeguare la normativa in materia, riformandola ove necessario, allineandola ai livelli europei, con particolare riferimento alla tutela dovuta ai giornalisti e al loro diritto/dovere di informare, anche favorendo l'emersione del lavoro non contrattualizzato e contrastando normativamente le querele temerarie. Abbiamo ritenuto inoltre necessario attribuire all'istituenda Commissione la facoltà di promuovere nelle scuole, nei mezzi di comunicazione e nella rete internet iniziative volte alla diffusione della cultura della legalità e a stimolare la consapevolezza, la partecipazione e la cittadinanza attiva, valorizzando la responsabilità individuale e quella sociale, con particolare attenzione al mondo giovanile, in sinergia con le associazioni maggiormente impegnate nel settore, anche favorendo campagne informative e iniziative che prevedano la collaborazione tra lo Stato, nelle sue articolazioni, la cittadinanza e il settore privato sociale.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione della Commissione).

1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XVIII legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere in quanto operanti nel territorio nazionale, di seguito denominata «Commissione».
2. La Commissione ha i seguenti compiti:

a) verificare l'attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, della legge 17 ottobre 2017, n. 161, e delle altre leggi dello Stato, nonché degli indirizzi del Parlamento, con riferimento al fenomeno mafioso e alle altre principali organizzazioni criminali;

b) verificare l'attuazione delle disposizioni del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, della legge 13 febbraio 2001, n. 45, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 23 aprile 2004, n. 161, e della legge 11 gennaio 2018, n. 6, riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, indicando eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo che ritenga necessarie per rafforzarne l'efficacia;

c) verificare l'attuazione e l'adeguatezza delle disposizioni della legge 7 marzo 1996, n. 108, della legge 23 febbraio 1999, n. 44, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, della legge 27 gennaio 2012, n. 3, e del decreto del Presidente della Repubblica 19 febbraio 2014, n. 60, in materia di tutela delle vittime di estorsione e di usura, indicando eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo che ritenga necessarie per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali;

d) verificare l'attuazione e l'adeguatezza della normativa in materia di tutela dei familiari delle vittime delle mafie, indicando eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo che ritenga necessarie;

e) verificare l'attuazione delle disposizioni di cui alla legge 23 dicembre 2002, n. 279, relativamente all'applicazione del regime carcerario previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, alle persone imputate o condannate per delitti di tipo mafioso, anche con riguardo al monitoraggio delle scarcerazioni per avvenuta esecuzione della pena o per altre cause;

f) accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, indicando eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo che ritenga opportune per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l'assistenza e la cooperazione giudiziaria, anche al fine di costruire uno spazio giuridico antimafia al livello dell'Unione europea e di promuovere accordi in sede internazionale;

g) verificare l'adeguatezza e la congruità della normativa vigente e della sua applicazione in materia di sistemi informativi e banche di dati in uso agli uffici giudiziari e alle forze di polizia ai fini della prevenzione e del contrasto della criminalità organizzata di tipo mafioso;

h) accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, approfondendo, a questo fine, la conoscenza delle caratteristiche economiche, sociali e culturali delle aree di origine e di espansione delle organizzazioni criminali, con particolare riguardo:

1) alle nuove modalità di azione delle associazioni mafiose e similari mediante condotte corruttive o collusive;

2) agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzate da forte sviluppo dell'economia produttiva;

3) all'infiltrazione all'interno di associazioni di carattere segreto o riservato;

4) ai processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite contro la persona, l'ambiente, i patrimoni, i diritti di proprietà intellettuale e la sicurezza dello Stato, anche con riferimento al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, alla promozione e allo sfruttamento dei flussi migratori illegali e al commercio illecito di opere d'arte;

i) indagare sul rapporto tra mafia e politica, sia riguardo alla sua articolazione nel territorio e negli organi amministrativi, con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive, sia riguardo alle sue manifestazioni che, nei diversi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico-mafioso fino a quelle degli anni 1992 e 1993;

l) indagare sulle forme di accumulazione dei patrimoni illeciti e sulle modalità di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali e accertare le modalità di difesa del sistema di affidamento degli appalti e di realizzazione delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi;

m) verificare l'impatto negativo, sotto i profili economico e sociale, delle attività delle associazioni mafiose o similari sul sistema produttivo, con particolare riguardo all'alterazione dei princìpi di libertà dell'iniziativa privata, di libera concorrenza nel mercato, di libertà di accesso al sistema creditizio e finanziario e di trasparenza della spesa pubblica dell'Unione europea, dello Stato e delle regioni destinata allo sviluppo, alla crescita e al sistema delle imprese;

n) programmare un'attività volta a contrastare, monitorare e valutare il rapporto tra le mafie e l'informazione, con particolare riferimento alle diverse forme in cui si manifesta la violenza o l'intimidazione nei confronti dei giornalisti, alla molteplicità di cause, riferibili immediatamente alle organizzazioni criminali o ispirate da altri soggetti, quali esponenti delle comunità politiche o di gruppi di potere economico o finanziario, che pretendono il silenzio sui loro legami collusivi, nonché alle conseguenze degli atti di violenza o di intimidazione sulla qualità complessiva dell'informazione, esaminando la diffusione geografica del fenomeno, con attenzione particolare ai territori in cui queste conseguenze si manifestano in modo più evidente, e indicare eventuali iniziative che ritenga opportune per adeguare la normativa in materia, conformandola ai livelli europei con particolare riferimento alla tutela dovuta ai giornalisti e al loro diritto/dovere di informare, anche favorendo l'emersione del lavoro non contrattualizzato e contrastando normativamente le querele temerarie;

o) esaminare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto delle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, del riciclaggio e dell'impiego di beni, denaro o altre utilità che rappresentino il provento delle attività della criminalità organizzata mafiosa o similare, con particolare attenzione alle intermediazioni finanziarie, alle reti d'impresa e al sistema lecito e illecito del gioco e delle scommesse, verificando l'adeguatezza delle strutture e l'efficacia delle prassi amministrative, e indicare eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle intese internazionali, all'assistenza e alla cooperazione giudiziaria;

p) verificare l'adeguatezza delle norme sulla confisca dei beni posti nella disponibilità delle associazioni mafiose e sul loro uso sociale e produttivo e indicare eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo ritenute necessarie per renderne più efficace l'applicazione;

q) verificare l'adeguatezza delle strutture preposte alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni criminali nonché al controllo del territorio e curare i rapporti con gli organismi istituiti a livello regionale e locale per il contrasto delle attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso al fine di approfondire l'analisi delle proposte da essi elaborate;

r) valutare la natura e le caratteristiche storiche del movimento civile antimafia e monitorare l'attività svolta dalle associazioni di carattere nazionale o locale che operano nel contrasto delle attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche al fine di valutare l'apporto fornito;

s) svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali, con particolare riguardo alla componente amministrativa, verificando l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, anche con riguardo alla disciplina concernente lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la rimozione degli amministratori locali, e indicare eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo ritenute idonee a prevenire e a contrastare tali fenomeni;

t) riferire alle Camere al termine dei propri lavori nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

3. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.
4. Per i fini previsti dal comma 1, con particolare riferimento alle lettere a), b), c), d), h), l) e m), la Commissione può chiedere al Governo una relazione di valutazione degli effetti che specifici progetti di legge in discussione presso le Camere possono determinare rispetto alle politiche di contrasto delle organizzazioni criminali nelle materie di competenza della Commissione stessa; per i fini previsti dal comma 1, lettera l), analoga relazione può essere chiesta all'Autorità nazionale anticorruzione con riferimento agli effetti rispetto alle modalità di difesa degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi.
5. La Commissione può chiedere al Governo informazioni sulle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata in un'amministrazione locale. A tale fine il Governo comunica al Presidente del Senato della Repubblica, al Presidente della Camera dei deputati e al presidente della Commissione l'avvio delle procedure di verifica ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. La Commissione può altresì chiedere al Governo specifiche relazioni sull'azione di ripristino della legalità svolta nel corso della gestione straordinaria delle amministrazioni sciolte ai sensi dell'articolo 143 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.
6. La Commissione può chiedere al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo di accedere ai registri e alle banche di dati di cui all'articolo 117 del codice di procedura penale, limitatamente ai dati non coperti da segreto investigativo, per finalità connesse ai compiti di cui al comma 1, lettere e), g) e q).
7. La Commissione può promuovere nelle scuole, nei mezzi di comunicazione e nella rete internet iniziative volte a diffondere la cultura della legalità e a stimolare la consapevolezza, la partecipazione e la cittadinanza attiva, valorizzando la responsabilità individuale e quella sociale, con particolare attenzione al mondo giovanile, in sinergia con le associazioni più impegnate nel settore, anche favorendo campagne informative e iniziative che prevedano la collaborazione tra lo Stato, nelle sue articolazioni, la cittadinanza e il settore privato sociale. Essa può altresì promuovere la realizzazione e valutare l'efficacia delle iniziative per la sensibilizzazione del pubblico sul valore storico, istituzionale e sociale della lotta contro le mafie e sulla memoria delle vittime delle mafie, anche in relazione alla verifica dell'attuazione della legge 8 marzo 2017, n. 20, e delle relative finalità.
8. I compiti previsti dal presente articolo sono attribuiti alla Commissione anche con riferimento alle altre associazioni criminali comunque denominate, alle mafie straniere o di natura transnazionale ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 marzo 2006, n. 146, e a tutti i raggruppamenti criminali che abbiano le caratteristiche di cui all'articolo 416-bis del codice penale o che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale.

Art. 2.
(Composizione della Commissione).

1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. I componenti sono nominati tenendo conto anche della specificità dei compiti assegnati alla Commissione. I componenti della Commissione dichiarano alla Presidenza della Camera di appartenenza se nei loro confronti sussista una delle condizioni indicate nel codice di autoregolamentazione sulla formazione delle liste elettorali, proposto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, istituita dalla legge 19 luglio 2013, n. 87, con la relazione approvata nella seduta del 23 settembre 2014, e nelle eventuali determinazioni assunte dalla Commissione nel corso della XVIII legislatura. Qualora una delle situazioni previste nel citato codice di autoregolamentazione sopravvenga, successivamente alla nomina, a carico di uno dei componenti della Commissione, questi ne informa immediatamente il presidente della Commissione, il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati.
2. Il Presidente della Commissione è scelto dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, d'intesa tra loro, sentiti i presidenti dei Gruppi parlamentari, al di fuori dei componenti della Commissione medesima. La Commissione elegge tra i propri componenti, a scrutinio segreto, due vicepresidenti e due segretari.
3. L'ufficio di presidenza è composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari.
4. Per l'elezione a scrutinio segreto, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto il più anziano di età.

Art. 3.
(Comitati).

1. La Commissione può organizzare i suoi lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo la disciplina del regolamento di cui all'articolo 7, comma 1.

Art. 4.
(Audizioni a testimonianza).

1. Ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.
2. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. Per il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124. In nessun caso, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, può essere opposto il segreto d'ufficio.
3. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
4. Si applica l'articolo 203 del codice di procedura penale.

Art. 5.
(Richiesta di atti e documenti).

1. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. Sulle richieste ad essa rivolte l'autorità giudiziaria provvede ai sensi dell'articolo 117 del codice di procedura penale. L'autorità giudiziaria può trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.
2. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto.
3. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici delle pubbliche amministrazioni, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.
4. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Il decreto non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari.
5. Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione di cui alla presente legge.
6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.

Art. 6.
(Segreto).

1. I componenti della Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 5, commi 2 e 6.
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

Art. 7.
(Organizzazione interna).

1. L'attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell'articolo 3 sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.
2. Le sedute della Commissione sono pubbliche. Tutte le volte che lo ritenga opportuno, la Commissione può riunirsi in seduta segreta.
3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di collaboratori interni ed esterni all'amministrazione dello Stato, autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti, nonché di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie da parte di soggetti pubblici, ivi compresi le università e gli enti di ricerca, ovvero privati. Con il regolamento interno di cui al comma 1 è stabilito il numero massimo di collaboratori di cui la Commissione può avvalersi.
4. Per l'adempimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 150.000 euro per l'anno 2018 e di 300.000 euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata d'intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al precedente periodo, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.
6. La Commissione dispone dei documenti acquisiti e prodotti dalle analoghe Commissioni precedenti nel corso della loro attività e ne cura l'informatizzazione.

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