PDL 609

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 609

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del
CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO

Istituzione dell'imposta regionale sul reddito (IRER)

Presentata il 10 maggio 2018

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Onorevoli Deputati! – Il consiglio regionale del Veneto, nella seduta del 3 maggio 2018, ha deliberato di riproporre nuovamente all'esame del Parlamento, nell'identico testo, l'iniziativa di legge statale già presentata nella XVII legislatura (atto Camera n. 3778).
La riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione ha dato a molti grandi speranze. Si è pensato, tra l'altro, che il nuovo articolo 119 finalmente conducesse le regioni verso una vera autonomia finanziaria, verso una effettiva possibilità di decidere come spendere le proprie risorse e soprattutto come procacciarsele e in che misura.
Si era infatti consapevoli, come del resto è stato autorevolmente e più volte sostenuto, che la vera riforma istituzionale non poteva che essere la riforma fiscale. Si può discettare di competenze e materie, di potestà esclusive e concorrenti, ma la realtà è che l'autonomia parte da quella finanziaria.
Le enormi sperequazioni nell'uso delle risorse pubbliche in Italia sono troppo note per ritornarvi sopra ancora una volta. L'irresponsabilità dei vari decisori pubblici era ed è direttamente proporzionale all'assenza di una reale autonomia finanziaria.
Ma le speranze suscitate dalla modifica del titolo V sono andate deluse.
La legislazione statale successiva ha depotenziato fino all'inattuazione i princìpi dell'articolo 119.
Anziché attribuire autonomia tributaria – autodeterminazione normativa delle entrate – lo Stato ha riconosciuto alle regioni una facoltà eterodiretta, che nessuno spazio di manovra concede alle regioni, al di fuori di quanto previsto dalla legge statale. Le regioni non possono autonomamente concedere esenzioni, deduzioni e detrazioni.
Il quadro delle entrate regionali, oltre che di matrice fortemente centralista e non differenziabile, rimane complicato e poco trasparente. Non solo il cittadino non è in grado di ricondurre una politica alle sue fonti di finanziamento in una indispensabile logica di responsabilità, ma nemmeno gli addetti ai lavori sono in grado di avere un quadro chiaro dei meccanismi di finanziamento delle regioni. Non si riesce, cioè, a imputare i costi delle politiche a un certo livello di governo, in modo da esercitare consapevolmente la scelta elettorale facendo valere la responsabilità politica.
Tutto l'opposto del federalismo fiscale.
L'autonomia finanziaria regionale, la vera autonomia finanziaria, non è mai stata conseguita e, anzi, continua ogni anno che passa a essere conculcata.
Eppure si può avere una vera eguaglianza tra gli italiani solo se tutti concorrono alle spese pubbliche e se tutti rispondono dell'uso che fanno delle risorse loro spettanti.
Due esempi per tutti: l'addizionale non è uno strumento particolarmente trasparente e attraverso di essa è impossibile fare valere il principio di responsabilità; l'istituzione con legge da parte dello Stato di un collegamento necessario tra entrate e spese regionali è la negazione stessa dell'autonomia.
Il federalismo fiscale, al contrario, sarebbe proprio la realizzazione del nesso tra autonomia e responsabilità: chi spende deve assumersi la responsabilità di reperire le risorse necessarie e di riferire agli elettori del loro uso.
E tuttavia non ci può essere federalismo fiscale senza autonomia impositiva. Finché manca l'autonomia impositiva, non c'è assunzione di responsabilità.
Il principio di responsabilità comporta che i cittadini siano in grado di controllare, indirizzare e giudicare gli amministratori sia per quanto riguarda le spese, sia per quanto riguarda le entrate: soprattutto, delle spese in relazione alle entrate corrispondenti.
Se l'amministratore pubblico è bravo ed efficiente, può permettersi di chiedere ai suoi cittadini meno risorse, diminuendo la pressione fiscale; chi sperpera dovrà alzarla e risponderne di fronte ai suoi elettori.
Il patto democratico passa necessariamente per il controllo delle proprie tasche: senza di questo, non è.
La presente proposta di legge intende dunque dare attuazione all'articolo 119 della Costituzione semplificando il quadro normativo inerente alle entrate delle regioni a statuto ordinario. Si vuole cioè rendere l'imposta sul reddito delle persone fisiche tributo regionale, eliminando le diverse ed eterogenee entrate che oggi alimentano le regioni, in deroga alla Costituzione.
Deve essere chiaro ai cittadini quanto stanno pagando alle regioni e per quali servizi.
Deve essere chiaro alle classi politiche regionali quanto stanno chiedendo ai loro cittadini e quali servizi stanno erogando grazie a quelle risorse.
Si tratta di una riforma che non toglie nulla allo Stato, né alle regioni, ma rimodula le entrate di queste ultime in una logica di autonomia che è responsabilità.
L'imposta regionale sul reddito andrà dunque a sostituire tutte le entrate oggi previste a favore delle regioni.
Come è stato già da tempo osservato, l'opportunità di individuare nell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) la fonte del finanziamento del sistema regionale deriva da un lato dalla considerazione che nel sistema tributario l'imposta sul reddito delle persone fisiche è, per gettito, il tributo più rilevante e rappresenta quindi il più importante serbatoio di risorse per gli enti decentrati; dall'altro lato che, interessando la più ampia platea di contribuenti, consente di coinvolgere nel finanziamento dei livelli decentrati di governo il maggior numero di elettori, giudici ultimi delle politiche delle regioni e dei comuni.
Del resto, in molti Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il gettito dell'imposta personale sul reddito costituisce una parte rilevante delle risorse finanziarie dei governi locali.
Consultando la banca dati del Dipartimento per le politiche di coesione-sistema conti pubblici territoriali della Presidenza del Consiglio dei ministri è possibile acquisire diverse informazioni sugli incassi e sui pagamenti riscontrati complessivamente nel territorio nazionale e, nel dettaglio, in quello di ogni regione.
L'ultimo esercizio disponibile è il 2013. Le cifre estratte parlano di una spesa totale pari a 144.646,2 milioni di euro. Quella del Veneto, in particolare, ammonta a 10.798,6 milioni di euro (corrispondente al 7,5 per cento del totale).
Considerato che, sulla base dei dati forniti dalla banca dati del Ministero dell'economia e delle finanze, il gettito nazionale dell'IRPEF nel 2013 si è attestato a 152.238.194 milioni di euro e quello del Veneto a 13.561.998 euro, si comprende come l'ipotesi di regionalizzare l'IRPEF sia tutt'altro che balzana.
Gli adempimenti necessari per l'attuazione della presente proposta di legge non saranno pochi. Dovranno ovviamente essere modificati la legge 5 maggio 2009, n. 42, il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, recante «Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali», l'articolo 2 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante «Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario», così come diverse altre disposizioni. Sarà il legislatore delegato a farlo.
La norma fondamentale è, però, subito posta; è chiara e può divenire immediatamente operativa: l'IRPEF è introitata dalle regioni e sostituisce tutti i tributi e le entrate attualmente previsti, prendendo il nome di imposta regionale sul reddito (IRER).
Il decreto legislativo di cui all'articolo 3 della proposta di legge adeguerà poi nel dettaglio l'ordinamento all'istituzione dell'IRER. Se non lo farà, comunque nel 2017 l'IRPEF sarà devoluta alle regioni.
È evidente che gli abitanti delle regioni italiane hanno capacità fiscali molto disomogenee. Quelle a maggior capacità provvederanno allora ad alimentare il fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione, con una quota dell'IRER individuata ai sensi del decreto legislativo di attuazione, previa specifica intesa sul punto con la Conferenza delle regioni e delle province autonome.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

Il progetto di legge statale prevede l'attribuzione alle regioni dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) nella nuova veste di imposta regionale sul reddito (IRER), con contestuale modifica delle disposizioni disciplinanti le entrate delle regioni e l'alimentazione del fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione, con una quota dell'IRER delle regioni con maggiore capacità fiscale.
Al Governo è demandato, tra l'altro, il compito di modificare la disciplina e il quadro delle entrate delle regioni e tale modifica potrebbe realizzarsi mediante l'eliminazione (e la relativa sostituzione con l'IRER) delle diverse ed eterogenee entrate che oggi alimentano i bilanci regionali.
Un'analisi sul piano economico-finanziario non può, dunque, prescindere da una riflessione sul gettito dell'IRPEF e sul quadro attuale delle entrate delle regioni.
Intendendo attuare una più compiuta autonomia finanziaria delle regioni sul piano delle entrate, il progetto di legge statale si pone esplicitamente l'obiettivo della piena realizzazione delle previsioni normative contenute nel citato articolo 119 che, come noto, riconosce a regioni ed enti locali autonomia di entrata e di spesa. Autonomia che consiste in:

1) risorse autonome derivanti da tributi ed entrate propri nonché da compartecipazioni ai tributi erariali;

2) fondo perequativo per i territori con ridotta capacità fiscale;

3) risorse di natura aggiuntiva per favorire lo sviluppo e il riequilibrio economico e sociale e comunque per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni.

L'articolo, al secondo comma, stabilisce che la potestà impositiva degli enti autonomi deve esplicarsi in armonia con la Costituzione e con i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario posti, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dal legislatore statale. L'esercizio del potere di coordinamento attraverso la legge statale e regionale sembra poter comportare anche l'indicazione di livelli massimi della pressione fiscale. Il successivo quarto comma, enunciando il principio della corrispondenza tra funzioni attribuite e risorse da destinare alle medesime (cosiddetta clausola di autosufficienza), presuppone implicitamente la libertà di scegliere come reperirle e impiegarle.
Detto che la riforma del sistema tributario delle regioni a statuto ordinario costituisce, da qualche decennio a questa parte, uno dei processi istituzionali più importanti e complessi affrontati dalla politica statale e locale, leggendo l'articolo 119 (nel testo vigente dal 2014, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012) si osserva come appaia esclusa la logica della finanza derivata nel momento in cui «I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa».
In questo senso si era espressa la legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, quando stabiliva che i decreti delegati dovevano informarsi a princìpi e criteri direttivi generali quali l'autonomia di entrata e di spesa e una maggiore responsabilizzazione amministrativa, finanziaria e contabile di tutti i livelli di governo.
In uno scenario di effettivo decentramento fiscale devono riscontrarsi coerenza e interconnessione tra il lato delle politiche pubbliche e le risorse a disposizione delle regioni; inoltre, a seconda dei vincoli, dei momenti e delle necessità, dev'essere possibile:

rimodulare le imposte nel tentativo di aumentare il grado di soddisfacimento dei bisogni ritenuti importanti e improcrastinabili; scelta, questa, da giustificare adeguatamente, in un'ottica di massima trasparenza e responsabilità;

rimodulare le politiche e i programmi in base alla dotazione di risorse, purché in presenza di un quadro previsionale delle entrate certo e affidabile.

Tuttavia l'analisi della situazione vigente evidenzia che l'autonomia impositiva regionale è assai limitata: manca dunque un requisito essenziale per la piena realizzazione del principio di responsabilità. Le regioni, inoltre, incontrano spesso difficoltà nell'effettuare una programmazione economico-finanziaria perché è impossibile conoscere per tempo il quadro e l'ammontare delle risorse disponibili: devono infatti scontrarsi, oltre che con la complessità del quadro stratificato di fonti normative alla base dei trasferimenti statali, pure con frequenti ritardi nella quantificazione definitiva degli importi, a causa dei tempi degli accordi tra lo Stato e le regioni e di tagli che possono avvenire anche in corso d'anno.
Le analisi compiute in più di un'occasione dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome hanno avvalorato la tesi che i suddetti tagli rischiano seriamente di compromettere gli stessi equilibri dei bilanci regionali.
L'indeterminatezza del quadro delle risorse effettivamente disponibili si traduce nelle citate difficoltà di programmazione e, conseguentemente, di previsione degli interventi da destinare alle politiche regionali.
A ciò deve aggiungersi un progressivo assottigliarsi, specie negli ultimi anni, delle risorse libere da vincoli utilizzabili per le politiche regionali.
Prendendo in considerazione il bilancio 2016 della regione Veneto, ad esempio, la complessiva previsione di entrata (al netto di partite di giro e di altre poste tecniche) ammonta a oltre 13 miliardi di euro; di questa cifra, solo poco più di 900 milioni sono risorse libere da vincoli, di cui peraltro buona parte è connotata da elevata «rigidità»: basti pensare alle spese per rimborso di prestiti, agli accantonamenti in fondi ad hoc prescritti dal decreto legislativo n. 118 del 2011, alle spese obbligatorie e di funzionamento, alle somme destinate al cofinanziamento regionale dei programmi a valere sulla programmazione europea.
Con questa situazione sullo sfondo, il progetto di legge statale intende attuare l'articolo 119 mirando contestualmente a una marcata semplificazione del quadro normativo inerente alle entrate delle regioni.
Utilizzando dati ufficiali ricavati dal sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze, si è appurato che il gettito dell'IRPEF complessivo dell'aggregato delle quindici regioni a statuto ordinano ha superato nel 2012 (si consideri che il dato del 2013 non presenta particolari differenze) l'importo di 134 miliardi di euro, senza considerare le relative addizionali regionali.
Tali dati sono stati messi in relazione con le entrate delle regioni. Le entrate sono state poi riclassificate distinguendo le voci che, per la loro stessa natura, continuerebbero a essere introitate dalle regioni rispetto alle voci che con ogni probabilità verrebbero sostituite dall'IRER.
Come si può vedere nella tabella seguente, un'elaborazione basata sui dati relativi ai rendiconti regionali del 2012 stima in circa 118 miliardi di euro la porzione di entrate accertate (da tributi propri o devoluti dallo Stato e somme sostitutive; da contributi e assegnazioni dello Stato) che potrebbero essere oggetto di sostituzione da parte dell'IRER: cifra, dunque, inferiore al suddetto gettito complessivo dell'IRPEF.

Entrate delle regioni a statuto ordinario – Anno 2012
(elaborazione UPI su dati di fonte ISTAT) 1

TITOLI, CATEGORIE E VOCI ECONOMICHE

Previsioni finali

Accertamenti

Totale entrate

157.896.720.363

129.447.269.387

Entrate sostituite dall'IRER

123.444.430.312

118.432.613.723

Titolo 1 – Entrate da tributi propri o devoluti dallo Stato e somme sostitutive

99.515.038.539

99.083.825.610

Titolo 2 – Entrate da contributi e assegnazioni dello Stato2

23.929.391.773

19.348.788.113

Entrate non oggetto di sostituzione

34.452.290.051

11.014.655.664

Titolo 3 – Entrate da rendite patrimoniali, utili di enti o aziende regionali3

4.456.305.692

3.702.401.982

Titolo 4 – Entrate da alienazioni di beni patrimoniali, trasferimenti di capitali e da rimborso di crediti4

3.564.113.489

883.067.022

Titolo 5 – Entrate da accensione di mutui, prestiti e altre operazioni creditizie

23.853.270.232

4.765.991.584

Trasferimenti diretti dall'Unione europea e per conto dell'Unione europea

2.578.600.638

1.663.195.076

Al contempo, l'articolo 4, comma 2, del testo licenziato dal consiglio regionale in data 5 aprile 2016 dispone che dall'attuazione della legge, come pure del decreto legislativo che il Governo adotterà entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore, non devono derivare maggiori oneri a carico della finanza pubblica; con ciò intendendo salvaguardare gli equilibri della finanza pubblica.
A tal fine, come detto, sono state quantificate (utilizzando dati ufficiali) le minori entrate per il bilancio statale dovute al gettito dell'IRPEF (134,3 miliardi di euro) e si è previsto di coprirle:

attribuendo allo Stato le entrate tributarie regionali attualmente vigenti;

sopprimendo tutti i trasferimenti statali alle regioni (per complessivi 118,4 miliardi di euro).

________________

1 Le elaborazioni eseguite dall'ISTAT hanno riguardato le previsioni finali di competenza; queste ultime integrano le analisi sulle entrate accertate e riscosse per titolo, categoria, risorsa e gestione, e le spese impegnate e pagate per titolo, intervento e gestione.
2 Al netto dei fondi statali (di parte corrente e in conto capitale) per conto dell'Unione europea, che rientrano tra i contributi e le assegnazioni statali.
3 Al netto dei trasferimenti diretti dall'Unione europea e da altri enti pubblici per conto dell'Unione europea, contenuti nelle entrate diverse.
4 Al netto dei trasferimenti diretti dall'Unione europea e da altri enti pubblici per conto dell'Unione europea, compresi eredità, donazioni e altri trasferimenti di capitali non dallo Stato.

Il differenziale (circa 16 miliardi di euro) verrebbe garantito dal riversamento di una quota della nuova IRER a favore dello Stato.
Ciò è prefigurato dal contributo di cui al comma 3 dell'articolo 2, che le regioni con maggiore capacità fiscale riverseranno al fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione.
Assodato che il nuovo meccanismo di finanziamento delle regioni dovrà garantire i livelli essenziali di assistenza ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione – ovverosia l'attuale fabbisogno sanitario di ogni amministrazione regionale – i trasferimenti perequativi verranno calcolati sulle risorse che finanziano le cosiddette funzioni non essenziali, previa specifica intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome.

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PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA REGIONALE

Art. 1.
(Oggetto).

1. La presente legge costituisce attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, assicurando autonomia di entrata alle regioni a statuto ordinario.

Art. 2.
(Istituzione dell'imposta regionale
sul reddito).

1. È istituita l'imposta regionale sul reddito (IRER).
2. L'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), istituita dal titolo I del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è attribuita alle regioni a statuto ordinario a titolo di tributo proprio.
3. Le regioni con maggiore capacità fiscale contribuiscono al finanziamento del fondo perequativo di cui all'articolo 119, terzo comma, della Costituzione, con una quota dell'IRER.

Art. 3.
(Delega al Governo).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, un decreto legislativo volto a modificare la legislazione vigente in relazione all'istituzione dell'IRER di cui all'articolo 2, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) adeguamento dell'ordinamento alla sostituzione dell'IRPEF con l'IRER lasciando invariata la rimanente disciplina dell'imposta;

b) modificazione delle disposizioni disciplinanti le entrate delle regioni;

c) individuazione delle disposizioni inerenti all'IRPEF non derogabili dalle regioni;

d) determinazione del contributo di cui al comma 3 dell'articolo 2, d'intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome;

e) modalità di avvalimento degli uffici dello Stato e dell'Agenzia delle entrate da parte delle regioni.

2. A partire dall'anno 2017 l'IRPEF è comunque introitata dalle regioni.

Art. 4.
(Salvaguardia finanziaria).

1. L'attuazione della presente legge è compatibile con gli impegni finanziari assunti con il patto di stabilità e crescita.
2. Dalla presente legge e dal decreto legislativo di cui all'articolo 3 non derivano maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 5.
(Abrogazioni).

1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 3 individua le disposizioni incompatibili con la presente legge, prevedendone l'abrogazione.

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