PDL 554

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 554

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BIGNAMI

Istituzione dell'Albo nazionale degli imam

Presentata il 23 aprile 2018

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Onorevoli Colleghi! — Nella complessiva architettura del nostro ordinamento costituzionale – che vede, come princìpi fondanti, la laicità dello Stato e il pluralismo confessionale e culturale – appare indubbia la centralità del diritto di libertà religiosa (articoli 3 e 8 della Costituzione).
Oggi più che mai, però, l'attuazione in concreto della libertà religiosa deve imprescindibilmente passare da una corretta valorizzazione anche dei doveri e dei limiti che la stessa Carta costituzionale correla all'esercizio di siffatta libertà.
Il riferimento va, in particolare, alle specifiche statuizioni costituzionali contenute all'articolo 8, secondo comma («Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano»), all'articolo 19 («Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume») e all'articolo 18, secondo comma («Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare»).
La tematica è evidentemente di stretta attualità, come dimostrato dai frequenti casi di attacchi stragisti in nome del Corano e dal cruento attivismo del terrorismo islamico, oggetto di attenzione non solo internazionale, ma anche nazionale.
A tutt'oggi manca un'intesa con le rappresentanze islamiche e, di conseguenza, manca una legge che ne regoli i rapporti con lo Stato italiano.
A ben vedere, la mancata applicazione ai rapporti con l’Islam dello strumento pattizio e, in generale, del modello collaborativo europeo non costituisce solo un astratto vulnus normativo, ma anche una concreta dimostrazione delle attuali difficoltà in cui versa lo Stato italiano, il quale – nella conclamata assenza di un idoneo coordinamento tra le organizzazioni che compongono la comunità musulmana – si è trovato e continua a trovarsi ad affrontare da solo i rapporti con una religione «senza centro», priva di un'unica istituzione rappresentativa universalmente riconosciuta e, per questo motivo, molto spesso strumentalizzata da sedicenti «predicatori» per dissimulare la creazione (e proliferazione) di centri d'aggregazione politica eversiva.
Si tratta, peraltro, di un'esigenza avvertita anche da autorevoli esponenti della stessa comunità islamica presente in Italia, la quale, in più di un'occasione, ha preso le distanze da ogni forma di radicalismo violento, non solo affermando che «la formazione di una aggregazione islamica moderata e pluralista, che accetti la laicità dello Stato e divenga protagonista del dialogo interreligioso, è un obiettivo di interesse generale», ma anche segnalando che l'obiettivo preliminare dev'essere «risolvere due problemi specifici: la regolazione delle moschee, spesso allocate in luoghi precari e non adeguati, e gestite con modalità non trasparenti; la formazione degli imam, scelti a volte senza i requisiti necessari per svolgere le proprie funzioni in una società laica e pluralista come quella italiana» (Dichiarazione di intenti per la federazione dell’Islam italiano del 13 marzo 2008).
Al fine, dunque, di garantire la libertà di religione e di culto e, insieme, di impedire la proliferazione di centri di aggregazione politica eversiva attraverso una propaganda di matrice estremista jihadista da parte di imam «fai-da-te» e di falsi imam, il presente progetto di legge, nei quattro articoli di cui si compone, propone, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, l'introduzione di una specifica normativa.
In particolare, dopo l'indicazione, all'articolo 1, delle finalità sottese all'istituzione, presso il Ministero dell'interno, dell'Albo nazionale degli imam, l'articolo 2 definisce la procedura d'iscrizione, demandando alla prefettura-ufficio territoriale del Governo del luogo di residenza dell'istante sia l'inoltro della domanda al Ministero, sia la concreta verifica del possesso dei cinque requisiti occorrenti ai fini dell'iscrizione all'Albo.
Si segnala sin d'ora che, tra i prescritti requisiti, sono richiesti – oltre alla residenza legale in Italia da almeno cinque anni, la maggiore età e l'assenza di condanne penali – due specifici requisiti di «affidabilità soggettiva» a garanzia di una fattiva integrazione della comunità degli immigrati di fede islamica nella comunità nazionale italiana: da una parte, l'assenza di collegamenti del richiedente con organizzazioni terroristiche o che, comunque, svolgono opera di fiancheggiamento o propaganda di attività terroristiche (lettera d)); dall'altra, la conoscenza e la condivisione della «Carta dei valori e della cittadinanza», già elaborata dalla Consulta per l’Islam italiano e, come noto, redatta secondo i princìpi della Costituzione italiana e delle principali Carte europee e internazionali dei diritti umani (lettera e)).
L'articolo 3 tratta la sopravvenienza di elementi ostativi all'iscrizione all'Albo, determinando, in caso di intervenuta condanna penale, italiana od estera, passata in giudicato, l'effetto della sospensione o della revoca e richiedendo, in caso di comportamenti pericolosi per l'ordine e la sicurezza pubblica, una verifica in concreto da parte dell'autorità nazionale di pubblica sicurezza.
L'articolo 4, infine, reca la norma transitoria, secondo cui chi, alla data di entrata in vigore della legge, eserciti la funzione di imam ovvero di responsabile della direzione del luogo di culto e intenda continuare a svolgere tale funzione debba iscriversi all'Albo entro tre mesi. La mancata iscrizione ovvero il mancato possesso di uno dei requisiti di cui all'articolo 2 comporta automaticamente la decadenza della funzione di imam o di responsabile della direzione del luogo di culto.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

1. Nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 3, 8, 19 e 20 della Costituzione, in attuazione dell'articolo 18, secondo comma, della medesima Costituzione e al fine di assicurare un equo contemperamento dei valori costituzionali della libertà religiosa e di culto con le esigenze di sicurezza nazionale, ordine pubblico e pace sociale, è istituito, presso il Ministero dell'interno, l'Albo nazionale degli imam, di seguito denominato «Albo».

Art. 2.
(Albo).

1. Per esercitare la funzione di imam è necessaria l'iscrizione all'Albo, previa domanda presentata dall'interessato alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per il luogo di residenza.
2. L'iscrizione all'Albo è subordinata al possesso dei seguenti requisiti:

a) residenza legale in Italia da almeno cinque anni continuativi;

b) compimento della maggiore età;

c) assenza di condanne penali;

d) assenza di collegamenti del richiedente con organizzazioni terroristiche o che, comunque, svolgono opera di fiancheggiamento o propaganda di attività terroristiche;

e) conoscenza e condivisione dei diritti e dei doveri contenuti nella Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione di cui al decreto del Ministro dell'interno 23 aprile 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 15 giugno 2007.

3. Il prefetto verifica, mediante gli organi di pubblica sicurezza, il possesso dei requisiti di cui al comma 2. Qualora uno dei requisiti venga meno, il prefetto ne informa il Ministro dell'interno e chiede la revoca dell'iscrizione all'Albo.

Art. 3.
(Sospensione o revoca
dell'iscrizione all'Albo).

1. In esito a quanto disposto dall'articolo 2, comma 3, nel caso in cui chi è iscritto all'Albo riporti una condanna penale passata in giudicato, sia in Italia che all'estero, il prefetto della provincia in cui è stato commesso il reato chiede al Ministro dell'interno di sospendere l'iscrizione all'Albo. L'assenza di condanne penali, in Italia, è attestata tramite certificato penale del casellario giudiziale e, all'estero, tramite attestato dell'autorità consolare dello Stato di provenienza.
2. Qualora il comportamento di chi è iscritto all'Albo costituisca una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblici, tenuto anche conto di eventuali procedimenti penali in corso, il prefetto competente chiede al Ministro dell'interno di revocare l'iscrizione all'Albo.
3. La revoca dell'iscrizione comporta l'impossibilità definitiva di presentare una nuova richiesta di iscrizione all'Albo.

Art. 4.
(Norma transitoria).

1. Chi, alla data di entrata in vigore della presente legge, esercita la funzione di imam o di responsabile della direzione del luogo di culto è tenuto a iscriversi all'Albo entro tre mesi dalla medesima data. L'iscrizione all'Albo è subordinata al possesso dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 2 dell'articolo 2. L'omessa iscrizione ovvero il mancato possesso dei predetti requisiti comporta la decadenza dalla funzione di imam o di responsabile del luogo di culto.

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