PDL 497

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 497

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa delle deputate INCERTI, CENNI

Introduzione dell'educazione socio-affettiva e di genere nelle attività didattiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione

Presentata l'11 aprile 2018

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Onorevoli Colleghi! — La cronaca quotidiana dei rapporti conflittuali, e finanche violenti, che spesso connotano le relazioni di genere, anche tra i più giovani, impone di riconsiderare i percorsi formativi offerti dalla scuola, nell'ottica di promuovere il superamento degli stereotipi di genere, educando le nuove generazioni, lungo tutte le fasi del loro apprendimento scolastico, al rispetto della differenza di genere. Tra gli obiettivi nazionali dell'insegnamento nella scuola italiana è divenuto, pertanto, indifferibile porre espressamente come elemento portante e costante sia la promozione del rispetto delle identità di genere sia il superamento di stereotipi sessisti. Ciò risponde, altresì, all'esigenza di dare puntuale attuazione ai princìpi di pari dignità e non discriminazione di cui agli articoli 3, 4, 29, 37 e 51 della Costituzione.
Questo è anche il senso delle politiche europee in materia: quasi tutti i Paesi europei hanno infatti predisposto in campo educativo e scolastico strumenti di sensibilizzazione e di lotta contro gli stereotipi. In particolare, già con il Quarto programma d'azione (1996-2000) la politica europea delle pari opportunità si era integrata in tutti i settori e nelle azioni dell'Unione e degli Stati membri, ivi compresa l'azione educativa che si svolge nella scuola, pur nel rispetto delle peculiarità e tradizioni dei singoli Stati membri. Di conseguenza, l'Unione europea, con l'obiettivo strategico B4, «Formazione a una cultura della differenza di genere», ha stabilito la necessità «di recepire, nell'ambito delle proposte di riforma della scuola, dell'università, della didattica, i saperi innovativi delle donne, nel promuovere l'approfondimento culturale e l'educazione al rispetto della differenza di genere». In tale prospettiva si collocano anche azioni europee e nazionali relative al settore educativo che devono procedere in due direzioni specifiche: la prima, fissare tra gli obiettivi nazionali dell'insegnamento e delle linee generali dei curricoli scolastici la cultura della parità di genere e il superamento degli stereotipi; la seconda, intervenire sui libri di testo, riconosciuti in tutte le sedi internazionali, come un'area particolarmente sensibile per le politiche delle pari opportunità.
Le stesse problematiche erano già state affrontate dalla risoluzione 2012/2116(INI) del Parlamento europeo, del 12 marzo 2013, sull'eliminazione degli stereotipi di genere nell'Unione europea. Nella parte riguardante la formazione era stata anzitutto affermata la rilevanza dei programmi scolastici nel perpetuare discriminazioni di genere – e, di conseguenza, nel condizionare l'effettiva libertà delle future scelte dei discenti, fattisi cittadini adulti, e l'accesso ai diritti loro spettanti – laddove non correttamente orientati al superamento di stereotipi sessisti. La risoluzione, sulla base di indirizzi pedagogici largamente condivisi, aveva affermato che la nozione di uguaglianza poteva essere instillata nei bambini sin dalla più tenera età e che un'educazione basata sul riconoscimento della parità era la strada da percorrere per il superamento degli stereotipi di genere. Agli Stati membri era stato perciò richiesto di valutare programmi di studi e contenuto dei libri di testo nell'ottica di una riforma complessiva che conducesse all'integrazione delle questioni di genere, quale tematica trasversale, in tutti i materiali didattici, sia in termini di eliminazione degli stereotipi di genere, sia in termini di maggiore visibilità del contributo e del ruolo delle donne nella storia, nella letteratura o nell'arte, anche nei primi livelli dell'istruzione. Gli Stati membri erano stati altresì sollecitati a predisporre specifici corsi di orientamento, nelle scuole primarie e secondarie e negli istituti di istruzione superiore, finalizzati a informare i giovani in merito alle conseguenze negative degli stereotipi di genere, nonché a incoraggiarli a intraprendere percorsi di studi e professionali superando visioni tradizionali che tendevano a individuarli come tipicamente «maschili» o «femminili».
Questi sono gli stessi obiettivi che ci si propone di raggiungere con la presente proposta di legge, anche in ossequio alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77, ed entrata in vigore il 1° agosto 2014. La piena attuazione della Convenzione di Istanbul, infatti, implica necessariamente l'adozione di conseguenti interventi di modificazione della legislazione e della regolamentazione nazionale che consentano la realizzazione degli obiettivi e delle misure da essa recati. Tra questi un ruolo fondamentale potranno svolgerlo progetti di formazione culturale che accompagnino i percorsi scolastici dei ragazzi, a partire dal primo ciclo di istruzione, fornendo adeguati strumenti di comprensione e di decostruzione critica dei modelli dominanti tuttora alla base delle relazioni tra i sessi.
A riguardo, il capitolo III della Convenzione si esprime sufficientemente nel merito delle politiche di prevenzione da adottare: l'articolo 12, paragrafo 1, obbliga le Parti ad adottare «le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull'idea dell'inferiorità della donna»; il paragrafo 4 richiede alle Parti di adottare «le misure necessarie per incoraggiare tutti i membri della società, e in particolar modo gli uomini e i ragazzi, a contribuire attivamente alla prevenzione di ogni forma di violenza che rientra nel campo di applicazione della presente Convenzione»; al paragrafo 5 si legge poi che «Le Parti vigilano affinché la cultura, gli usi e i costumi, la religione, la tradizione o il cosiddetto “onore” non possano essere in alcun modo utilizzati per giustificare nessuno degli atti di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione», mentre al paragrafo 6 si prevede che le Parti adottino «le misure necessarie per promuovere programmi e attività destinati ad aumentare il livello di autonomia e di emancipazione delle donne».
Ancora rilevanti indicazioni si possono trarre agli articoli 13 e 14 della Convenzione: mentre al paragrafo 2 dell'articolo 13, rubricato «Sensibilizzazione», si dispone che «Le Parti garantiscono un'ampia diffusione presso il vasto pubblico delle informazioni riguardanti le misure disponibili per prevenire gli atti di violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione», l'articolo 14, rubricato «Educazione», definisce sul piano dell'istruzione le attività dei Governi rispetto agli atti di violenza che rientrano nel campo della Convenzione, obbligando le Parti sottoscrittrici della medesima a un ripensamento complessivo di saperi e di modalità di relazione all'interno dei sistemi scolastici nazionali, al fine di combattere ogni forma di violenza basata sui modelli socio-culturali di donne e uomini per sradicare i pregiudizi, i costumi, le tradizioni e le altre pratiche basate sull'idea dell'inferiorità della donna o su ruoli stereotipati per donne e uomini, in particolare introducendo «nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi».
È allora evidente l'importanza dell'introduzione di una consapevole prospettiva di genere nei processi-educativi: ciò importa primariamente la decostruzione critica delle forme irrigidite e stereotipate attraverso cui le identità di genere sono culturalmente e socialmente plasmate, stimolando al contempo l'auto-apprendimento della e nella complessità. Il processo riformatore che ha investito il nostro sistema di istruzione ha infatti cercato di rispondere alle istanze di una società pluralista, multietnica e sempre più diversificata al suo interno, ponendo al centro della sua azione lo sviluppo della «persona» come un'identità consapevole e aperta all'interno dei princìpi della Costituzione e della tradizione culturale europea, eppure non pare ancora aver realizzato una scuola intesa come luogo in cui «nella diversità e nelle differenze si condivide l'unico obiettivo che è la crescita della persona». Pur nel rinnovato contesto scolastico in cui al centro è posta la «persona» quindi, le differenze di genere risultano, sul fronte normativo, come diluite, essendo assimilate alle altre differenze. Si pensi al decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca, che all'articolo 16, rubricato «Formazione del personale scolastico», al comma 1, «Al fine di migliorare il rendimento della didattica, con particolare riferimento alle zone in cui è maggiore il rischio socio-educativo, e potenziare le capacità organizzative del personale scolastico», autorizza per l'anno 2014 la spesa di euro 10 milioni, oltre alle risorse previste nell'ambito di finanziamenti di programmi europei e internazionali, «per attività di formazione e aggiornamento obbligatori del personale scolastico» con particolare riguardo «all'aumento delle competenze relative all'educazione all'affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 5 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 [lettera d)]».
Similmente non si può prescindere da un corretto linguaggio anche a livello legislativo e amministrativo quanto a sensibilità rispetto alle differenze di genere: non si tratta infatti di un mero artificio, in quanto una riflessione sull'uso del linguaggio nella stesura degli atti normativi e amministrativi è indifferibile affinché si affermino modelli educativi e di comportamento in grado di mettere in comunicazione e in rapporto tra loro tutte le differenze e in primis quella tra uomini e donne. In tal senso inappropriata appare la nota riportata nell'introduzione alle Indicazioni per il curricolo per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo d'istruzione, pubblicate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel settembre 2012: «Nel testo si troveranno sempre termini quali: “bambini, adolescenti, alunni, allievi, studenti,...” Si sollecita il lettore a considerare tale scelta semplicemente una semplificazione di scrittura, mentre nell'azione educativa bisogna considerare la persona nelle sue peculiarità e specificità, anche di genere».
Diversamente, il riconoscimento del linguaggio come strumento di azione politica all'interno del processo ormai da tempo avviato per la realizzazione della «parità di fatto, cioè a dire l'uguaglianza delle possibilità di ciascun individuo di entrambi i sessi di realizzarsi appieno in ogni campo», era già stato testimoniato dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 1997 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 116 del 21 maggio 1997), recante azioni volte a promuovere l'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità sociale a donne e uomini, che ha posto tra gli obiettivi prioritari volti a promuovere la parità di opportunità tra uomini e donne «la formazione a una cultura della differenza di genere». La stessa direttiva aveva altresì individuato, tra le azioni immediate dell'obiettivo, l'aggiornamento dei materiali didattici, oggetto dell'apposito codice di autoregolamentazione «Pari opportunità nei libri di testo» (POLITE), promosso dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri tra il 1999 e il 2001, nell'ambito del Quarto programma d'azione a medio termine per la parità di opportunità tra le donne e gli uomini (1996-2000), volto a garantire che i nuovi libri di testo e i materiali didattici fossero realizzati in modo da favorire lo sviluppo dell'identità di genere e da rimuovere gli stereotipi presenti in tali strumenti di formazione.
Nei provvedimenti normativi di ambito scolastico adottati negli anni successivi, tuttavia, neppure questo iniziale progetto di rivisitazione del materiale didattico e formativo è stato effettivamente raccolto e regolato, anche a causa dei processi di riforma intervenuti nella scuola, spesso contraddittori, che hanno sottratto spazio nel dibattito pubblico alle questioni di genere. Si è così verificato un processo di dispersione delle buone prassi, invece che la loro ottimizzazione, con il conseguente ritorno ad attività e strumenti didattici che si auspicava fossero ormai superati. Eppure molte sono state le sperimentazioni attuate, nel quadro dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, per il superamento di stereotipi sessisti e l'avvio di buone pratiche educative di genere, i cui risultati sarebbe auspicabile venissero tra loro collegati e organizzati in un'apposita rete destinata allo scambio e alla condivisione dei percorsi seguiti e dei risultati conseguiti. In questo contesto, ad esempio, si colloca anche l'impegno dell'Associazione italiana editori (AIE) a darsi un codice di autoregolamentazione volto a garantire che, nella progettazione e nella realizzazione dei libri di testo e dei materiali didattici, vi sia attenzione allo sviluppo dell'identità di genere e alla rimozione degli stereotipi, come fattore decisivo nell'ambito dell'educazione complessiva dei soggetti in formazione.
Come detto, però, il codice POLITE non è mai stato recepito come norma specifica da far valere erga omnes ed è stata vanificata la pur lodevole e necessaria iniziativa. È necessario, al contrario, che ogni ciclo scolastico e ciascuna disciplina siano consapevolmente orientati all'apprendimento di una cultura di relazioni tra individui liberi, consapevoli dei ruoli di ciascuno nel rispetto delle differenze, anche di genere, condizione questa certamente pregiudiziale sia a una cultura della non violenza, sia al superamento della prevaricazione, intesa come modalità di affermazione di singoli e di gruppi sociali. La società civile stessa interroga su questo il legislatore: non a caso, negli scorsi anni, attraverso una petizione pubblica alla quale avevano aderito più di dodicimila persone, era stata chiesta l'adozione di provvedimenti da introdurre nell'ambito scolastico volti a perseguire la cultura del rispetto e della consapevolezza delle identità di genere analogamente a quasi tutti i Paesi membri dell'Unione europea – e, in particolare, l'adozione del codice POLITE –, con l'introduzione di azioni specifiche da attuare in campo scolastico-educativo attraverso metodologie e contenuti volti alla diffusione di una cultura rispettosa delle identità di genere e alla rimozione degli stereotipi sessisti.
Oggi, anche a fronte degli innumerevoli casi di femminicidi che continuano a registrarsi in tutto il Paese, per contrastare tali fenomeni appare prioritario accompagnare le misure di contrasto sul piano penale, introdotte dal citato decreto-legge n. 93 del 2013, con disposizioni volte specificatamente a prevenire discriminazioni e sessismi prima che essi degenerino in meccanismi patologici di violenze nei confronti delle donne. Tale azione, per la sua specifica valenza, è da svolgere in campo educativo attraverso interventi non estemporanei o generici, ma da programmare all'interno del sistema scolastico, sulla scia di quanto avviene già a livello europeo. La presente proposta di legge intende quindi introdurre disposizioni volte a dare seguito concreto alla citata risoluzione 2012/2116(INI), nonché alla realizzazione del menzionato obiettivo strategico B4, in particolare fissando tra gli obiettivi nazionali dell'insegnamento e delle linee generali dei curricoli scolastici la cultura della parità di genere e il superamento degli stereotipi da un lato, e intervenendo sui libri di testo, riconosciuti in tutte le sedi internazionali come un'area particolarmente sensibile per le politiche delle pari opportunità dall'altro.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità. Competenze socio-affettive e di genere).

1. Le finalità dell'articolo 1, commi 7, lettera e), e 16, della legge 13 luglio 2015, n. 107, sono perseguite attraverso l'offerta formativa inerente le competenze socio-affettive e di genere.
2. Le competenze socio-affettive e di genere coinvolgono le dimensioni cognitiva, dei valori e degli atteggiamenti. Al fine di acquisire tali competenze, i curricula delle scuole di ogni ordine e grado sono integrati con l'educazione interdisciplinare ai princìpi di pari opportunità, all'educazione alla parità tra i sessi e al rispetto delle differenze di genere, all'educazione socio-affettiva, alla soluzione non violenta dei conflitti interpersonali, alla prevenzione della violenza e di tutte le discriminazioni e al contrasto dei discorsi di odio.

Art. 2.
(Compiti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca).

1. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con appositi provvedimenti adottati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede a inserire nelle indicazioni nazionali per il curriculum della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e di secondo grado, i contenuti e le modalità tematiche delle pari opportunità, dell'educazione alla parità tra i sessi e alle differenze di genere, dell'educazione socio-affettiva, della soluzione non violenta dei conflitti interpersonali, della prevenzione della violenza e di tutte le discriminazioni e del contrasto dei discorsi di odio.
2. I contenuti e le modalità tematiche di cui al comma 1 sono adeguati all'età e al grado di maturità fisica e psicologica degli alunni e degli studenti e rispettano il pluralismo culturale.
3. I provvedimenti di cui al comma 1 stabiliscono, altresì, le modalità di valutazione delle competenze sociali e di cittadinanza e forniscono indicazioni sull'uso del linguaggio di genere.

Art. 3.
(Piano per l'educazione socio-affettiva e di genere. Referente).

1. Nel piano triennale dell'offerta formativa è predisposto il piano per l'educazione socio-affettiva e di genere. Esso è volto allo sviluppo delle competenze socio-affettive e di genere attraverso la promozione di cambiamenti nei modelli comportamentali e l'eliminazione di stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla discriminazione delle persone in base al sesso. Nel piano, che può essere aggiornato annualmente, sono indicati i progetti, le azioni positive e la rendicontazione degli interventi attuati dall'istituzione scolastica ai sensi della presente legge.
2. Il piano per l'educazione socio-affettiva e di genere prevede misure, tempi dedicati e contenuti di carattere interdisciplinare, disciplinare, laboratoriale, curricolare ed extracurricolare rivolti agli alunni e agli studenti. Esso indica i criteri di adozione di libri di testo e materiali didattici conformi ai princìpi delle pari opportunità, del rispetto delle differenze e del contrasto degli stereotipi.
3. Il piano per l'educazione socio-affettiva e di genere prevede, altresì, momenti di coinvolgimento delle famiglie e del personale non docente nell'attuazione dei relativi tempi dedicati, misure e contenuti.
4. Il collegio dei docenti nomina tra i docenti un referente dell'educazione socio-affettiva e di genere, con il compito di promuovere azioni e iniziative mirate al rispetto e all'applicazione nel sistema educativo dei valori dell'uguaglianza dei diritti tra uomini e donne, in collaborazione con figure e con organismi di parità del territorio preposti alle politiche per le pari opportunità e con le università. Il referente coordina la programmazione inerente le competenze socio-affettive e di genere secondo le modalità didattico-organizzative previste dal piano triennale dell'offerta formativa.
5. La valutazione della qualità del piano per l'educazione socio-affettiva e di genere è parte integrante del procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche previsto dall'articolo 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80.

Art. 4.
(Condivisione e pubblicità).

1. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca individua, anche attraverso piattaforme telematiche e strumenti digitali, forme di condivisione degli interventi, dei progetti e dei materiali realizzati dalle istituzioni scolastiche ai sensi della presente legge.
2. Le istituzioni scolastiche assicurano l'informazione, la pubblicità e la comunicazione alle famiglie degli interventi educativi deliberati ai sensi della presente legge attraverso apposite comunicazioni e mediante pubblicazione nei propri siti internet in attuazione del patto educativo di corresponsabilità sottoscritto dai genitori degli studenti ai sensi dell'articolo 5-bis del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249.

Art. 5.
(Formazione del personale docente e non docente).

1. Per il triennio 2018-2020, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca inserisce tra le priorità del Piano nazionale di formazione di cui all'articolo 1, comma 124, della legge 13 luglio 2015, n. 107, la formazione del personale scolastico, docente e non docente, alla parità di genere, alla prevenzione della violenza, alla non discriminazione e al contrasto dei discorsi di odio.
2. Le istituzioni scolastiche, nell'ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente e alle attività formative del personale scolastico, mettono in atto attività formative, anche in raccordo con gli enti, con le associazioni del territorio, con le università e con gli uffici scolastici territoriali e regionali, finalizzate all'acquisizione di conoscenze e di competenze sull'uguaglianza di genere, sulla non discriminazione e sulla parità tra donne e uomini e atte a prevenire e a contrastare i discorsi di odio e i fenomeni di violenza.
3. Gli studi educativi e didattici per lo sviluppo delle competenze socio-affettive e di genere sono inseriti tra gli obiettivi formativi dei corsi di laurea per la formazione degli insegnanti di ogni ordine e grado, secondo le finalità della presente legge.

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