PDL 447

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 447

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
LUPI, COSTA, COLUCCI, TONDO, SANGREGORIO

Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di disciplina del lavoro accessorio, del lavoro intermittente e del lavoro a orario ridotto

Presentata il 29 marzo 2018

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Onorevoli Colleghi! — Con questa proposta di legge si reintroduce l'istituto del lavoro accessorio, precedentemente previsto dagli articoli 48-50 del decreto legislativo n. 81 del 2015, applicativo del cosiddetto jobs act, nel quale la prestazione era pagata con un sistema di voucher. Contro tale istituto la Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), aveva proposto un referendum abrogativo. Questa consultazione, prevista per la primavera 2017, non è avvenuta in quanto il Governo Gentiloni ha presentato il decreto-legge 17 marzo 2017, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 aprile 2017, n. 49, con il quale ha soppresso l'istituto del lavoro accessorio.
La decisione di presentare un decreto-legge soppressivo è stata fortemente contestata dal mondo imprenditoriale che aveva individuato nel lavoro accessorio uno strumento in grado di incrementare la flessibilità del mercato del lavoro e, di conseguenza, di aumentare la competitività.
Peraltro, con il medesimo obiettivo di evitare il ricorso al referendum, la Commissione lavoro della Camera dei deputati il 14 marzo aveva presentato una proposta di riforma del lavoro accessorio che tuttavia è risultata anch'essa superata dal decreto-legge n. 25 del 2017.
Successivamente il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, con l'articolo 54-bis, ha previsto una disciplina assai più ristretta delle prestazioni occasionali, introducendo il contratto di prestazione occasionale nel quale sono previsti ambiti ristretti di applicazione (solo le imprese con meno di 5 dipendenti con esclusione delle imprese agricole e dell'edilizia o la pubblica amministrazione nei casi di emergenza, di attività di solidarietà e di manifestazioni culturali) e una quantità ridotta di reddito percepibile e di lavoro utilizzabile, oltre il quale il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
L'articolo 54-bis ha inoltre previsto la creazione di un Libretto Famiglia – nominativo, prefinanziato e acquistabile presso l'INPS o gli uffici postali – per il pagamento delle prestazioni occasionali rese a favore di un utilizzatore da uno o più prestatori nell'ambito di piccoli lavori domestici, assistenza domiciliare e insegnamento privato supplementare.
Nel corso dei mesi successivi la nostra parte politica si è più volte espressa contro la nuova regolamentazione, che rendeva sostanzialmente inapplicabile lo stesso concetto di lavoro accessorio, mentre sarebbe stata opportuna una vera riforma contenente tutti gli elementi che la rendono tale: i buoni per la famiglia per il lavoro occasionale, la liberalizzazione per tutte le imprese del lavoro a chiamata o a intermittenza e la regolamentazione, sempre per tutte le imprese, del lavoro a orario ridotto sull'esempio dei mini-job alla tedesca.
Oppure, in assenza di una riforma in questo senso, sarebbe stato opportuno affrontare il referendum, in quanto la riforma prevista dal decreto-legge n. 50 del 2017 stava facendo tornare al lavoro nero giovani e categorie di lavoratori deboli.
Illuminante in questo senso è la relazione dell'Ufficio del bilancio del Senato al decreto-legge n. 25 del 2017, soppressivo del lavoro accessorio. Afferma infatti la relazione: «vanno valutati gli effetti dal punto della finanza pubblica che discendono dalla possibilità che le prestazioni che finora godevano di aliquote contributive e fiscali agevolate possano transitare verso tipologie contrattuali con aliquote ordinarie (con effetti positivi per l'erario) o verso il lavoro sommerso (con effetti negativi per l'erario)» e che «l'impatto sui saldi dell'abrogazione dell'istituto del lavoro accessorio non sembra potersi escludere» in quanto: «la ratio dell'introduzione dell'istituto era proprio quella di contrastare il lavoro sommerso, favorendone una parziale emersione».
E inoltre: «nel rapporto sull'utilizzo dei voucher pubblicato dal Ministero del lavoro il 22 marzo 2016, si affermava, sulla base dei dati disponibili, che è difficile ipotizzare che il lavoro accessorio abbia rappresentato un'alternativa ad altre forme di inquadramento, se non per quanto attiene al comparto turistico per prestazioni che potrebbero essere state precedentemente realizzate mediante ricorso al contratto a chiamata».
La presente proposta di legge, all'articolo 1, reintroduce quindi, nel decreto legislativo n. 81 del 2015, gli articoli soppressi dal decreto-legge n. 25 del 2017, limitandosi ad incrementare l'importo del costo orario da 10 a 12 euro.

Gli articoli 2 e 3 prevedono:

1) l'ampliamento delle possibilità di utilizzo del lavoro intermittente;

2) l'introduzione di un nuovo istituto denominato «lavoro a orario ridotto».

Con l'articolo 2 si apportano delle modifiche alla disciplina del lavoro intermittente prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 81 del 2015, stabilendo che il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può «utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo». La norma si applica a tutti i settori economici ed è abolita la limitazione per età precedentemente prevista (che era limitata ai soggetti con meno di 24 anni o con più di 55 anni di età). In ogni caso, con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il ricorso ad esso è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari, superato il quale il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. Si stabilisce, altresì, che nei periodi di mancato utilizzo della prestazione il lavoratore non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate. In tale caso gli spetta l'indennità di disponibilità prevista dall'articolo 16 del citato decreto legislativo n. 81 del 2015.
Si rammenta che in caso di malattia o di altro evento che gli renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informarne tempestivamente il datore di lavoro e che il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento.
Il complesso di tali norme non si applica ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
L'articolo 3 prevede l'introduzione del lavoro a orario ridotto, sul modello dei mini-job in uso in Germania. Diversamente dall'istituto del lavoro intermittente, nel quale il lavoratore dà la sua disponibilità e attende la chiamata, nel lavoro a orario ridotto il lavoratore concorda, con un datore di lavoro, l'utilizzo della sua prestazione lavorativa in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.
I limiti posti sono: un periodo massimo di lavoro complessivamente non superiore a settanta giornate nell'arco di un anno e per un monte ore non superiore a 500, anche variamente distribuite tra le giornate lavorative. In caso di superamento del predetto periodo di settanta giorni il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Il costo orario della prestazione di lavoro a orario ridotto è fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative, in attesa del quale il costo orario è fissato in 12 euro.
Il contratto di lavoro a orario ridotto non può dare luogo, per il lavoratore, a compensi superiori a 7.500 euro nel corso di un anno civile. Di conseguenza la prestazione di lavoro del contratto di lavoro a orario ridotto è esente dall'imposta sul reddito delle persone fisiche. Tuttavia il datore di lavoro provvede al versamento per conto del lavoratore dei contributi previdenziali all'INPS, in misura pari al 13 per cento del costo orario, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL, in misura pari al 7 per cento. Di conseguenza il lavoratore ha diritto alle garanzie sociali in caso di malattia e di infortunio.
L'articolo 4 dispone le necessarie abrogazioni, relative al decreto-legge n. 25 del 2017 e all'articolo 54-bis del decreto-legge n. 50 del 2017.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di lavoro accessorio).

1. Dopo il capo V del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, è inserito il seguente:

«Capo V-bis
LAVORO ACCESSORIO

Art. 47-bis. – (Definizione e campo di applicazione). – 1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. Fermo restando il limite complessivo di 7.000 euro, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma.
2. Prestazioni di lavoro accessorio possono essere altresì rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3.000 euro di compenso per anno civile, rivalutati ai sensi del comma 1, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. L'INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio.
3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano in agricoltura:

a) alle attività lavorative di natura occasionale rese nell'ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell'anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l'università;

b) alle attività agricole svolte a favore di soggetti di cui all'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

4. Il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio da parte di un committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno.
5. I compensi percepiti dal lavoratore secondo le modalità di cui all'articolo 47-ter sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.
6. È vietato il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere o servizi, fatte salve le specifiche ipotesi individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
7. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Art. 47-ter. – (Disciplina del lavoro accessorio).1. Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio, i committenti imprenditori o professionisti acquistano esclusivamente attraverso modalità telematiche uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati, per prestazioni di lavoro accessorio il cui valore nominale è fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali. I committenti non imprenditori o professionisti possono acquistare i buoni anche presso le rivendite autorizzate.
2. In attesa della emanazione del decreto di cui al comma 1, e fatte salve le prestazioni rese nel settore agricolo, il valore nominale del buono orario è fissato in 12 euro e nel settore agricolo è pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, incrementato di due euro.
3. I committenti imprenditori non agricoli o professionisti che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio sono tenuti, almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione, a comunicare alla sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, indicando, altresì, il luogo, il giorno e l'ora di inizio e di fine della prestazione. I committenti imprenditori agricoli sono tenuti a comunicare, nello stesso termine e con le stesse modalità di cui al primo periodo, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a tre giorni. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali possono essere individuate modalità applicative della disposizione di cui al primo periodo nonché ulteriori modalità di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma si applica la sanzione amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.
4. Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso dal concessionario di cui al comma 7, successivamente all'accreditamento dei buoni da parte del beneficiario della prestazione di lavoro accessorio. Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.
5. Fermo restando quanto disposto dal comma 6, il concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, effettuando altresì il versamento per suo conto dei contributi previdenziali all'INPS, alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL, in misura pari al 7 per cento del valore nominale del buono, e trattiene l'importo autorizzato dal decreto di cui al comma 1, a titolo di rimborso spese. La percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali può essere rideterminata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in funzione degli incrementi delle aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata dell'INPS.
6. In considerazione delle particolari e oggettive condizioni sociali di specifiche categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i quali è prevista una contribuzione figurativa, utilizzati nell'ambito di progetti promossi da pubbliche amministrazioni, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto, può stabilire specifiche condizioni, modalità e importi dei buoni orari.
7. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali individua con decreto il concessionario del servizio e regolamenta i criteri e le modalità per il versamento dei contributi di cui al comma 5 e delle relative coperture assicurative e previdenziali. In attesa del decreto ministeriale i concessionari del servizio sono individuati nell'INPS e nelle agenzie per il lavoro di cui agli articoli 4, comma 1, lettere a) e c), e 6, commi 1, 2 e 3, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Art. 47-quater. – (Coordinamento informativo a fini previdenziali).1. Al fine di verificare, mediante apposita banca dati informativa, l'andamento delle prestazioni di carattere previdenziale e delle relative entrate contributive, conseguenti allo sviluppo delle attività di lavoro accessorio disciplinate dal presente decreto, anche al fine di formulare proposte per adeguamenti normativi delle disposizioni di contenuto economico di cui all'articolo 47-ter, l'INPS e l'INAIL stipulano apposita convenzione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali».

Art. 2.
(Ampliamento delle possibilità di utilizzo del lavoro intermittente).

1. L'articolo 13 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, è sostituito dal seguente:

«Art. 13. – (Lavoro intermittente).1. Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, a tempo determinato o indeterminato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente, anche con la possibilità di svolgimento delle prestazioni in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.
2. In ogni caso, con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a quattrocento giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari. In caso di superamento del predetto periodo, il rapporto di lavoro intermittente è trasformato in rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
3. Nei periodi nei quali non è utilizzata la prestazione il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta l'indennità di disponibilità di cui all'articolo 16.
4. Le disposizioni della presente sezione non si applicano ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni».

Art. 3.
(Lavoro a orario ridotto).

1. Dopo l'articolo 13 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, come sostituito dall'articolo 2 della presente legge, è inserito il seguente:

«Art. 13-bis. – (Lavoro a orario ridotto).1. Il contratto di lavoro a orario ridotto è il contratto a tempo determinato mediante il quale il lavoratore concorda con un datore di lavoro l'utilizzo della sua prestazione lavorativa in periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.
2. Il contratto di lavoro a orario ridotto è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore a settanta giornate di effettivo lavoro nell'arco di un anno civile e per un numero di ore non superiore a 500, anche variamente distribuite tra le giornate lavorative. In caso di superamento del predetto periodo di settanta giorni, il rapporto di lavoro a orario ridotto si trasforma in rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
3. Il contratto di lavoro a orario ridotto non può dare luogo per il lavoratore a compensi di importo complessivamente superiore a 7.500 euro nel corso di un anno civile. Fermo restando il limite complessivo di 7.500 euro, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun datore di lavoro per compensi di importo complessivamente non superiore a 5.000 euro annui.
4. Il costo orario della prestazione di lavoro a orario ridotto è fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali. In attesa dell'emanazione del decreto, il costo orario è fissato in 12 euro.
5. Il compenso per la prestazione di lavoro del contratto di lavoro a orario ridotto è esente dall'imposta sul reddito delle persone fisiche. Il lavoratore ha diritto alle garanzie sociali in caso di malattia o di infortunio.
6. Il datore di lavoro provvede per conto del lavoratore al versamento dei contributi previdenziali alla Gestione separata presso l'INPS, di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del costo orario, e dei contributi assicurativi contro gli infortuni all'INAIL, in misura pari al 7 per cento.
7. Le disposizioni per l'attuazione del presente articolo sono stabilite mediante regolamento adottato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Per agevolare l'utilizzo diffuso del contratto di lavoro a orario ridotto, con il medesimo decreto sono individuate forme semplificate di gestione, anche utilizzando procedure telematiche avanzate».

Art. 4.
(Abrogazioni).

1. L'articolo 2 del decreto-legge 17 marzo 2017, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 aprile 2017, n. 49, è abrogato. Il comma 2 dell'articolo 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si applica nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 25 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 49 del 2017.
2. L'articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, è abrogato.

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