PDL 3525

FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 3525

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati
D'UVA, SIANI, CASO, LATTANZIO, MICELI

Modifiche all'articolo 41 della Costituzione in materia di preservazione dell'economia dai condizionamenti criminali e di destinazione a fini istituzionali e sociali dei beni confiscati alle associazioni criminali

Presentata il 21 marzo 2022

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Onorevoli Colleghi! – Sono trascorsi quasi quarant'anni dall'approvazione della legge 13 settembre 1982, n. 646 (cosiddetta «legge Rognoni-La Torre»), che ha introdotto nel codice penale il reato di associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis e che ha modificato la legge 31 maggio 1965, n. 575, per colpire gli arricchimenti illeciti della criminalità organizzata attraverso le misure di prevenzione patrimoniale.
È stata la prima e la più significativa tappa della costruzione di un sistema disciplinare compiuto ed efficace per il contrasto delle ramificazioni economiche dei sodalizi criminali. Frutto dell'analisi e dell'impegno civile e politico della migliore classe dirigente del nostro Paese, interprete sincera dei valori della Costituzione repubblicana, la richiamata legislazione è stata elaborata grazie al contributo di coloro che, anche a prezzo della vita, sin dagli anni Settanta del secolo scorso, sono stati precursori nell'individuazione dei profili di maggiore pericolosità dei sodalizi mafiosi e nella selezione degli strumenti di prevenzione e di reazione più incisivi per frenarne la capacità pervasiva.
Il sacrificio di Cesare Terranova, Gaetano Costa, Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa, solo per citare alcuni nomi, è stato conseguente anche alla loro lucida intuizione che l'accumulazione di ricchezze e il controllo capillare delle relazioni economiche in un territorio costituiva lo scopo sociale delle strutture criminali e al contempo lo strumento più funzionale al consolidamento e all'aumento delle proprie posizioni di potere.
Il sequestro e la confisca dei beni di provenienza illecita sono stati disciplinati per promuovere una strategia di contrasto che riesca a impedire agli esponenti della criminalità di capitalizzare i vantaggi ottenuti condizionando le attività economiche e a sottrarre loro una tossica forza economica che, unita alla capacità di intimidazione, li rende capaci di alterare la concorrenza e di inquinare il mercato, soffocando e mortificando ogni altra libera iniziativa imprenditoriale di chi sia indisponibile ad assoggettarsi alle pretese di controllo egemonico dei sodalizi mafiosi.
Colpire i patrimoni illecitamente conseguiti e illecitamente utilizzati significa anche assicurare ogni effettiva garanzia alla libertà di iniziativa economica privata, costituzionalmente tutelata dall'articolo 41 della Carta fondamentale.
Ma in questa strategia di contrasto si è manifestata la concreta esigenza di rendere visibile alle comunità, che hanno subìto nelle loro economie l'insediamento del potere economico criminale, la riaffermazione dei valori costituzionalmente protetti, convertendo le ricchezze illecite in benefìci compensativi per la società e in occasioni di sviluppo economico, culturale e sociale per i territori in cui i sodalizi mafiosi hanno operato e pretendono di prosperare.
Nasce da questa esigenza la legge 7 marzo 1996, n. 109, che origina dall'impulso popolare convogliato dall'associazione «Libera» e che ha introdotto una prima organica disciplina della destinazione sociale dei beni confiscati.
La necessità di dare una nuova vita alle ricchezze sottratte alla criminalità ha successivamente indotto il legislatore a istituire l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, di cui al decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50. All'Agenzia è stato affidato il compito di seguire l'iter della confisca e di procedere all'assegnazione del bene all'ente che ne garantisca il più adeguato utilizzo a fini istituzionali o sociali.
La richiamata disciplina, frutto di stratificazioni, è confluita in via sistematica nel codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sul quale successivamente il legislatore è più volte intervenuto con modifiche che hanno riguardato in molti casi le disposizioni volte a garantire un adeguato riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati.
Questo apparato normativo ha meritato l'attenzione anche da parte delle istituzioni europee e sovranazionali e ha ispirato la formulazione di analoghe disposizioni normative in altri Paesi e di strumenti convenzionali volti ad armonizzare la disciplina in materia di contrasto delle organizzazioni illecite negli Stati che, partecipando a organismi internazionali e ispirandosi a esigenze di collaborazione anche sul fronte della prevenzione e della repressione dei reati, vogliono impegnarsi per un coordinamento delle rispettive legislazioni interne.
A livello sovranazionale, si ricordano la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale (cosiddetta «Convenzione di Palermo»), adottata nel mese di dicembre 2000 e ratificata ai sensi della legge 16 marzo 2006, n. 146, nella quale si definisce il reato associativo e si fissano gli strumenti di contrasto, anche con riguardo all'aggressione dei patrimoni illeciti; la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116 (cosiddetta «Convenzione di Mérida»), che per le condotte illecite oggetto dell'accordo prevede un ampio ventaglio di misure sanzionatorie di tipo patrimoniale; e, infine, la risoluzione presentata dal nostro Paese e approvata all'unanimità alla decima Conferenza delle Parti della Convenzione di Palermo del 16 ottobre 2020, denominata «risoluzione Falcone» in omaggio al magistrato ucciso dalla mafia il 23 maggio 1992, nella quale vengono ulteriormente precisate le caratteristiche della criminalità organizzata con riguardo alla sua dimensione economica.
A fronte dell'ormai condivisa necessità di colpire i patrimoni accumulati in forza di condotte criminali o comunque di provenienza illecita, si sta manifestando anche a livello internazionale l'interesse verso i temi dell'amministrazione e della destinazione dei beni.
A tale riguardo, si richiama la risoluzione 8/1, approvata dalla Conferenza degli Stati parte della Convenzione ONU contro la corruzione, svolta ad Abu Dhabi dal 16 al 20 dicembre 2019.
In essa si indica esplicitamente il «riuso a fini sociali» dei beni confiscati come modello che gli Stati parte sono incoraggiati a prendere in considerazione, con evidente richiamo all'esperienza italiana nelle politiche di destinazione dei beni confiscati a beneficio delle comunità danneggiate dalle mafie. La risoluzione 8/1 segue tra l'altro la direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea, che ha già previsto per gli Stati membri un obbligo procedurale di valutare l'adozione di misure che permettano di utilizzare i beni confiscati per scopi di interesse pubblico o sociale.
Sicché può dirsi che l'impianto generale della legislazione italiana è transitato prima nel diritto dell'Unione europea e si è poi sostanzialmente proposto come modello di armonizzazione per le legislazioni di tutti gli Stati parte della Convenzione ONU contro la corruzione.
Alla luce di ciò, sia l'incriminazione delle condotte associative, sia il ricorso a strumenti di aggressione patrimoniale quali il sequestro e la confisca, sia la disciplina della destinazione dei beni confiscati a scopi istituzionali o sociali potrebbero già trovare fondamento nel primo comma dell'articolo 10 della Costituzione, secondo il quale «L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute»; in base a tale disposizione, un assetto normativo innovativo come quello relativo alla confisca e alla destinazione dei beni frutto di attività criminale – che ha peraltro incontrato resistenze e critiche anche nel dibattito interno – potrebbe oggi dirsi costituzionalmente vincolato.
Invero, doveva essere ben presente ai precursori di questa legislazione, che non a caso possono essere considerati tra i padri della patria repubblicana e dei valori fondanti della coscienza civile del nostro Paese, in particolare dopo la drammatica stagione delle stragi degli anni Novanta, il fatto che le garanzie per la libera iniziativa economica, per la libera accessibilità e per la funzione sociale della proprietà rischiano di restare solo formali senza un'effettiva azione di contrasto nei confronti della criminalità organizzata e delle sue pretese di controllo dei rapporti economici.
Appaiono pertanto maturi i tempi per definire nella Costituzione un più ampio principio di tutela della libertà di iniziativa economica privata, stabilendo che il legislatore ordinario abbia non solo la facoltà di indirizzarla e coordinarla a fini sociali ma anche il compito di preservarla dai condizionamenti criminali.
A tale scopo, la presente proposta di legge costituzionale dispone una modifica al terzo comma dell'articolo 41 della Costituzione, nel senso di inserire dopo le parole: «possa essere» le seguenti: «preservata dai condizionamenti criminali, nonché».
Il legislatore quindi dovrà darsi cura di predisporre ogni intervento normativo utile non solo a fini repressivi ma anche per ostacolare le attività di infiltrazione criminale nel mercato legale.
Nella medesima direzione deve essere altresì costituzionalizzato il principio in base al quale i beni confiscati, perché di provenienza illecita, devono essere restituiti alla comunità che ha subìto gli effetti diffusivi delle condotte criminali, attraverso una disposizione che intende assicurare una tutela di rango costituzionale alla destinazione dei beni oggetti di confisca a fini istituzionali o sociali. La modifica proposta non riguarda invece l'istituto della confisca e i suoi presupposti che rimangono oggetto di disciplina a livello della legislazione penale ordinaria.
A tal fine, e in sintonia anche con le fonti sovranazionali sopra richiamate, si propone altresì di aggiungere dopo il terzo comma dell'articolo 41 della Costituzione il seguente: «La legge determina le forme e i modi per la destinazione a fini istituzionali e sociali dei beni confiscati, a qualsiasi titolo, nell'ambito delle attività di contrasto delle associazioni di tipo mafioso e di ogni altra organizzazione criminale».
La storia della lotta alla mafia nel nostro Paese è riconducibile essenzialmente all'attività parlamentare iniziata sin dalle prime legislature repubblicane. Tale attività ha assunto stabile continuità attraverso la successione di undici «Commissioni antimafia», a partire dalla prima Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia, istituita dalla legge 20 dicembre 1962, n. 1720. Sono poi seguiti il difficile percorso della citata «legge Rognoni-La Torre», le leggi istitutive della Direzione nazionale antimafia, di cui al decreto-legge 20 novembre 1991, n. 367, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 gennaio 1992, n. 8, e della Direzione investigativa antimafia, di cui al decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, entrambe ideate da Giovanni Falcone, e ancora le disposizioni approvate sulla scia dell'emergenza del 1992 fino ad arrivare al citato codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011, nonché le più recenti leggi che hanno arricchito un corpus normativo ormai vasto e articolato il quale, come detto, pone l'Italia all'avanguardia in ambito europeo e internazionale per quanto concerne gli strumenti di prevenzione e contrasto del crimine organizzato in qualsiasi forma.
È dunque venuto il tempo di introdurre la lotta alla mafia nella Costituzione, riconoscendo al massimo livello giuridico, con la condivisione da parte del più ampio arco delle forze politiche e parlamentari, un principio già presente non solo nell'ordinamento ma anche e soprattutto nel sentimento civile della grande maggioranza dei cittadini italiani.

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

1. All'articolo 41 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al terzo comma, dopo le parole: «possa essere» sono inserite le seguenti: «preservata dai condizionamenti criminali nonché»;

b) dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:

«La legge determina le forme e i modi per la destinazione a fini istituzionali e sociali dei beni confiscati, a qualunque titolo, nell'ambito delle attività di contrasto delle associazioni di tipo mafioso e di ogni altra organizzazione criminale».

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